Azzorre paradiso del trekking

Questa estate con Stefania abbiamo scelto una destinazione fuori dai grossi flussi turistici, uno dei pochi posti al mondo dove ad agosto si incontrano pochi italiani! Le isole Azzorre sono un angolo sperduto di Europa in mezzo all’Atlantico, a un terzo del viaggio verso l’America. Al momento della loro scoperta nel quattrocento erano...
Scritto da: mapko64
azzorre paradiso del trekking
Partenza il: 25/07/2008
Ritorno il: 18/08/2008
Viaggiatori: fino a 6
Spesa: 2000 €
Questa estate con Stefania abbiamo scelto una destinazione fuori dai grossi flussi turistici, uno dei pochi posti al mondo dove ad agosto si incontrano pochi italiani! Le isole Azzorre sono un angolo sperduto di Europa in mezzo all’Atlantico, a un terzo del viaggio verso l’America. Al momento della loro scoperta nel quattrocento erano disabitate e non hanno posto problemi di colonizzazione ai portoghesi. Se la popolazione e le architetture sono occidentali, la natura invece è completamente diversa: grazie all’abbondanza delle piogge, il suolo vulcanico è ricoperto da una rigogliosa vegetazione dall’aspetto tropicale. Molte specie non sono autoctone ma sono state portate dall’uomo, diffondendosi per tutte le isole. L’arcipelago è formato da nove isole, divise in tre gruppi. Con Stefania ci siamo concentrati su quelle centrali, Terceira, Sao Jorge, Pico e Faial con l’aggiunta di Sao Miguel, l’isola più grande appartenente al gruppo occidentale. Per una parte del viaggio si è unito a noi Michele, un nostro amico che vive a Lisbona. Insieme a Margarita, la sua ragazza portoghese, ha scelto di visitare anche l’isola di Flores, la più occidentale, alla quale noi abbiamo preferito rinunciare per prendercela con più calma. L’aspetto più bello del viaggio sono stati i trekking, attraverso paesaggi meravigliosi costellati di laghi incontaminati, caldere lussureggianti, fitte foreste e coste a strapiombo sul mare. I percorsi non sono particolarmente impegnativi, con l’eccezione dell’ascesa al vulcano di Pico, la cima più alta del Portogallo a oltre 2300 metri di quota. Dal punto di vista artistico si distingue Hangra do Eroismo a Terceira, per i suoi edifici storici ricordo di un’epoca di ricchi commerci. Il porto di Horta a Faial, invece, è il degno erede delle grandi tradizioni nautiche delle Azzorre, punto di passaggio obbligato per chi attraversa l’Atlantico. Prima di partire eravamo un po’ preoccupati per le notizie sul tempo mutevole delle isole. Invece siamo stati fortunati, scegliendo escursioni lungo la costa nei giorni di maltempo che di solito si concentra nell’interno. Dall’Italia abbiamo prenotato tutti i pernottamenti (mentre Michele sfruttando il suo portoghese ha cercato le sistemazioni sul posto) ma non le auto a noleggio; spesso abbiamo avuto difficoltà a trovarne una disponibile e le tariffe sono risultate abbastanza care. Ed ora il diario di viaggio. Abbiamo seguito il seguente itinerario: Lisbona – Terceira – Sao Jorge – Pico – Faial – Sao Miguel – Lisbona.

Venerdì 25 luglio: Roma – Lisbona La sera, dopo una giornata di lavoro, un volo TAP ci porta diretti a Lisbona. All’aeroporto incrociamo Michele proveniente da Ginevra. Raggiungiamo il centro in taxi: siamo alloggiati alla Pensao Geres a due passi dal Rossio. Davanti al teatro nazionale nel Rossio un piccolo concerto costituisce il nostro primo approccio con la vita notturna di Lisbona. Sabato 26 luglio: Lisbona La mattina visitiamo il Parque das Nacoes: costruito lungo la riva destra del Tago in occasione dell’Expo 98, presenta una serie di costruzioni avveniristiche, a cominciare dall’Estacao do Oriente, capolinea della metro, opera del celebre architetto spagnolo Calatrava,. La maggiore attrattiva è costituita dall’Oceanarium, il più grande d’Europa. Si articola intorno a un’immensa vasca centrale, circondata da quattro acquari minori che riproducono gli habitat del Nord Atlantico, dell’Antartico, del Pacifico e dei tropici. La visita si sviluppa su due livelli, terrestre e sottomarino. Nella vasca centrale ammiriamo curiosi sunfish, grossi fino tre metri, squali e mante; negli ambienti laterali pinguini, pulcinella di mare e vivaci nutrie. Nei piccoli acquari al piano sottostante un pesce trombetta proviene dalle Azzorre mentre un drago marino giallo è perfettamente mimetizzato tra le alghe. Terminata la visita, ci avviamo verso la torre Vasco de Gama, rinunciando a prendere la funivia. Sullo sfondo il lunghissimo Ponte Vasco de Gama, quasi diciotto chilometri, alterna tratti sospesi a tratti sul livello dell’acqua. La torre è in restauro e non si può salire in cima. Tutto il complesso parco oggi è quasi deserto e un po’ triste. Tornati in centro, Michele ci conduce al Miradouro di Santa Caterina. Pranziamo seduti ai tavolini di un chiosco con un ottimo “toast”, ammirando il panorama verso il fiume sul Ponte 25 Aprile, che con il suo colore rosso assomiglia al Golden Gate di San Francisco. Una statua è dedicata al gigante Adamastor personaggio delle Lusiadi, il poema epico nazionale che esalta la forza e il coraggio dei navigatori portoghesi. Adamastor simboleggia lo Spirito del Capo delle Tempeste che si opponeva alle navi che volevano “doppiare” l’Africa. Discesi sul lungofiume, raggiungiamo Belem in tram. Nel sobborgo si trovano alcune delle maggiori attrattive della città, primo fra tutti il Monastero dos Geronimos, capolavoro dell’arte manuelina, dichiarato dall’Unesco patrimonio dell’umanità. Il portale sul fianco destro verso la piazza è un tripudio di statue. L’interno stupisce per l’altezza degli snelli pilastri rivesti di bassorilievi e la fitta trama di nervature stellari delle volte gotiche. Due sarcofagi accolgono le spoglie di Vasco de Gama e Camoes, autore delle Lusiadi. Passiamo poi alla visita del candido chiostro: i due ordini sono un trionfo di decorazioni scultoree. Sulla riva del fiume negli anni ’60 è stato costruito l’imponente Padrao dos Descobrimientos, dedicato ai grandi navigatori portoghesi, rappresentati allineati uno dietro l’altro e rivolti al fiume. Nella pavimentazione del piazzale antistante, un planisfero illustra le loro scoperte con le relative date; quella delle “nostre” Azzorre è avvenuta nel 1427. La passeggiata fino alla Torre di Belem consente di apprezzare belle viste sul fiume e il Ponte 25 Aprile. Alcuni locali pescano con le canne. La torre è il simbolo di Lisbona e rappresenta un altro capolavoro dell’arte manuelina. Circondata dall’acqua, ha l’aspetto di una nave, anche se il lato verso il lungofiume oggi è all’asciutto. Le decorazioni hanno un aspetto moresco ma non mancano i simboli della monarchia come la sfera armillare. All’interno c’è una grande ressa e per salire in cima, attraverso l’unica scala, bisogna sfruttare una sorta di senso unico alternato. Terminati i “doveri” del turista, ci dedichiamo ai piaceri del palato gustando i famosi dolci di Belem, tradizione centenaria della pasticceria vicino al monastero; mangiati caldi, sono squisiti. A cena siamo ospiti a casa di Michele che ci prepara una carbonara. Durante il tragitto di ritorno in metropolitana Michele subisce un tentativo di borseggio: quando mette le mani in tasca, il portafoglio non c’è più ma voltandosi di scatto e scuotendo il ragazzino dalle mani leste riesce a farglielo cadere e recuperarlo. Lisbona è piena di borseggiatori: ovunque ci sono poliziotti (anche se a quanto pare non sono molto utili) e cartelli che segnalano di fare attenzione. Domenica 27 luglio: Lisbona Giornata dedicata a un lungo giro a piedi per la città. Per prima raggiungiamo la cattedrale, la Se Patriarcal dalla severa facciata caratterizzata da due massicce torri e un rosone. Davanti, sferragliano in salita piccoli tram gialli, uno degli elementi più pittoreschi di Lisbona. Un museo moderno in mezzo ai palazzi conserva i pochi resti di un teatro romano. Raggiungiamo il Miradouro di Santa Lucia, allietato da un pergolato. Sulla parete esterna della piccola cappella due azulejos raffigurano l’antica piazza Terreiro do Paco (antenata di Praca do Commercio prima del terremoto) e l’assedio di Lisbona durante la riconquista cristiana. Continuando lungo il percorso del tram deviamo poi verso Sao Vicente de Fora. In chiesa sono in corso i preparativi per un matrimonio ma molto più interessante è il monastero, una vera sorpresa. Dopo una scenografica cisterna con volta a botte, visitiamo una serie di sale decorate da azulejos, ritrovando di nuovo l’assedio di Lisbona. Proseguiamo attraversando un paio di chiostri fino a una sala che ospita i sobri sepolcri dei monarchi portoghesi. Al primo piano una serie di bucolici azulejos settecenteschi riproduce le favole di La Fontaine. Ai confini dell’Alfama raggiungiamo Santa Engracia, imponente edificio bianco con cupola centrale, completato negli anni ’60 e utilizzato come Pantheon Nazionale (oltre alle tombe di molti politici, conserva anche quella di Amalia Rodriguez, famosa cantante di fado). Non possiamo esimerci dalla scalata alla cupola: dalla cima oltre al “solito” panorama con le bianche case dai tetti di tegole dell’Alfama, ci si affaccia anche all’interno della chiesa come a San Pietro a Roma. L’Alfama è uno dei quartieri più pittoreschi di Lisbona, un fitto dedalo di stradine dal sapore popolaresco. Questo almeno recitano le guide! In realtà alcune parti sono diventate turistiche e i tavolini dei locali hanno invaso le strade. Ne approfittiamo per un pranzo veloce. Vagando qua e là incrociamo le due bianche chiese del quartiere, Santo Estevao e Sao Miguel. E’ domenica, giornata di bucato e, in mancanza di spazio, qualcuno ha steso i panni su una rete di recinzione! Ormai è tempo di riprendere quota, risalendo i colli della città. Lisbona è la città dei panorami! Per prima raggiungiamo la chiesa di Nossa Senhora da Graca; dal miradouro cambiamo visuale rispetto al mattino, ammirando la collina del castello e la Baixa. Proseguendo si scala un altro colle fino alla cappella della Senhora do Monte; da qui il panorama è ancora più vasto e si scorge gran parte della città moderna. Tornando sui nostri passi, raggiungiamo il Castello di Sao Jorge; costruito in cima al colle che domina la Baixa, ha una storia molto antica. Oggi al suo interno ospita giardini ma la maggiore attrattiva sono di nuovo i panorami insieme alla passeggiata lungo i bastioni. Questa mattina il chiostro della Se era chiuso; torniamo quindi alla cattedrale per visitarlo. I lavori di scavo, fermi da tempo, gli conferiscono l’aspetto di un cantiere. La sera per cena ci spostiamo al Bairro Alto, il quartiere della vita notturna. Nella minuscola “Cantina do bene estar” gustiamo ottimo pesce innaffiato da vino dell’Alentejo. Lunedì 28 luglio: Lisbona – Caiscais – Lisbona Per completare il giro di Lisbona oggi sfrutteremo i mezzi pubblici; acquistiamo quindi il biglietto giornaliero che da libero accesso anche ai pittoreschi elevador. Come sempre iniziamo la giornata dal Rossio, l’ombelico della città; Don Pedro IV scruta il traffico dall’alto della colonna centrale mentre su un lato sorge il teatro nazionale. Sulla piazza affacciano due pasticcerie, teatro di molte nostre colazioni: “Suica” e il “Caffè Nicola”. A pochi metri praca da Figueira, ai piedi della collina del castello, è ornata dalla statua equestre di Don Joao I ed esibisce una terza interessante pasticceria, la “Confeteria Nacional”. Dal Rossio, superata la bella facciata neomanuelina della stazione, si raggiunge una terza piazza, Praca dos Restauradores da cui parte il boulevard di Lisbona, la Avenida da Libertade. Ormai è giunto il momento di salire sui colli: l’Elevator della Gloria, ripidissima funicolare, ci porta al miradouro di Sao Pedro de Alcantara. Siamo sul lato opposto alla Baixa, rispetto a quello esplorato ieri. Raggiungiamo la chiesa di Sao Roque, dalla bianca facciata rinascimentale. L’interno invece è un tripudio barocco, in particolare le cappelle laterali con esuberanti retabli. Nella sagrestia, dipinti con episodi della vita di San Francesco Xavier propongono esotiche ambientazioni indiane. La piazzetta dove si affaccia il Carmo è una delle più piacevoli della città. La chiesa gotica era la più imponente di Lisbona ma dopo i crolli del terremoto del 1755 non è stata più ricostruita. Oggi costituisce un’affascinante rovina, con archi e colonne che si alzano verso il cielo. La parte absidale invece si è conservata e ospita le opere più interessanti del museo archeologico, tra cui il sarcofago di D. Goncalo da Sousa (XV sec.). Un bassorilievo di alabastro è dedicato alla vita di Gesù (1554); nella flagellazione gli aguzzini hanno il volto cattivo, ancora colorato. Nelle cappelle laterali si conservano una mummia in posizione fetale, proveniente dal cimitero di Chanchay in Perù (XV/XVI sec.), e alcuni vasi chimu. Dietro la chiesa si erge l’Elevator di Santa Justa, ottocentesco ascensore in ferro che sale dalla Baixa. Dalla terrazza superiore si ammira l’abside del Carmo e la vista spazia sul Rossio. Siamo nel quartiere del Chado, oggi integralmente risistemato dopo l’incendio degli anni ’80. Il caffè “Brasileira” era uno dei luoghi preferiti dal poeta Pessoa: la statua che lo ritrae seduto a un tavolino attira i turisti desiderosi di una foto ricordo. Le piccole vetture dei tram sono un simbolo di Lisbona; la linea ventotto attraversa tutto il centro, dal Chado alla chiesa di Nossa Senhora da Graca. Decidiamo quindi di sfruttare il nostro biglietto giornaliero anche per un giro in tram. Al ritorno scendiamo in Praca do Commercio, affacciata sul Tago. La parte bassa della città fu totalmente distrutta dal tremendo terremoto del settecento; il marchese di Plombal decise di ricostruirla con criteri moderni, innalzando l’odierno reticolo della Baixa, dal Rossio verso il fiume. La Praca di Commercio costituisce la parte monumentale dell’intervento. Oggi si presenta come una vasta spianata, che per la verità trasmette una certa sensazione di vuoto anche per lo stato di abbandono del lato verso il fiume. Sugli altri tre lati sorgono edifici gialli con portici; verso la città si apre un Arco Trionfale da cui parte la pedonale Rua Augusta, asse della Baixa. Al centro della piazza troneggia invece la statua equestre in bronzo di D. Jose I (1775). Per pranzo decidiamo di tornare al miradouro di Santa Caterina, sfruttando l’Elevator da Bica, forse il più pittoresco con la funicolare che sferraglia tra le case del quartiere. Dalla stazione Cais do Sodre, sul lungofiume, partono i treni per le località balneari affacciate sull’oceano, oltre l’estuario del Tago. Dedichiamo il pomeriggio alla visita di Caiscais; la strada pedonale e le spiagge sono affollate di bagnanti. Superati la chiesa e il castello, non visitabile, la costa diventa rocciosa offrendo begli scorci. L’aspetto più interessante però è costituito senz’altro dal mercato del pesce. Si tiene il pomeriggio ed è molto “tecnologico”. I compratori siedono in tribuna, forniti di un telecomando per partecipare all’asta. Un tabellone indica il peso, il lotto, la specie, la barca e il codice del compratore. S’inizia con la vendita di corvinas da oltre dieci chili e di polvo (polipi). Al mio fianco siede una signora cicciona vestita di verde con fazzoletto in testa; dalla catenina d’oro al collo pende una mano con un braccialetto. E’ strano assistere a un’asta silenziosa. Gli acquirenti sono pochi e le casse sono divise in varie pile, secondo il compratore. La sera tornati a Lisbona, ceniamo di nuovo al Bairro Alto, al “Bota Alta”, gustando ottimi pesciolini fritti assolutamente vietati ma serviti in molti locali, accompagnati dal caratteristico pane all’aglio. Martedì 29 luglio: Lisbona – Praia da Vitoria – Hangra do Eroismo Arrivo alle Azzorre All’aeroporto di Lisbona l’autobus di linea ci lascia al terminale dei voli internazionali e con un secondo bus dobbiamo spostarci ai voli nazionali (sono pochissimi, viste le dimensioni del Portogallo!). Il volo per le Azzurre Centrali, fino all’isola di Terceira, impiega quasi tre ore poiché deve compiere un terzo del tragitto per l’America. Sbarchiamo a Praia da Vitoria, dove ritiriamo la macchina a noleggio, prenotata insieme all’alloggio alla “Quinta do Martelo”. Una strada a scorrimento veloce taglia l’isola verso Hangra do Eroismo ma noi proseguiamo qualche chilometro fino a Sao Mateus, dove si trova la Quinta. In giro per Hangra do Eroismo Dedichiamo il pomeriggio alla visita di Hangra do Eroismo, dichiarata dall’Unesco patrimonio dell’umanità per i suoi edifici storici. La cittadina è carina, con case imbiancate a calce piene di finestre, ma appare un po’ finta, quasi una piccola Svizzera; a ricordarci che siamo in Portogallo, i prossimi giorni, saranno i punti panoramici sulla costa non esenti da spazzatura. Al porto un mostruoso muraglione di cemento accoglie chi arriva dal mare: una montagna è stata sventrata e tamponata. Gli alberi delle barche a vela dondolano nelle acque, davanti alla facciata celeste e bianca della chiesa della Misericordia. Il cielo è un alternarsi di nuvole e squarci di sereno. Gli splendori dell’epoca passata, di un impero di colonie e commerci, sopravvivono nelle chiese e nei palazzi nobiliari. Negli interni il legno la fa da padrone, sui soffitti e le pareti intagliate. Colpiscono in particolare la vasta sala del municipio e la libreria del palazzo Bettancourt. In un paese di viaggiatori non poteva mancare, a fianco della cattedrale, la statua di Giovanni Paolo II, il “papa girovago”, ricordo della sua visita. I turisti sono molto pochi e gli stranieri quasi del tutto assenti. Visitiamo la chiesa e il convento di San Francesco, adibito a museo. L’esposizione eterogenea include anche un grosso cranio di tirannosauro. Dal memoriale a forma di obelisco sopra i giardini del Duca di Terceira si domina tutta Hangra Terminato il giro per la città, raggiungiamo in macchina il monte Brasil che chiude con la sua mole boscosa un lato della baia. Batterie antiaeree puntate verso il cielo ricordano passati timori di nemici mai arrivati. La guarnigione militare è ancora al suo posto nel forte alla base del monte. Dall’alto il panorama si spinge oltre Hangra, fino a due isolotti rocciosi in mezzo al mare che splendono al sole in contrasto con il resto del paesaggio all’ombra delle nuvole. Dopo cena, in Praca Velha c’è un concerto ma attira solo poche decine di persone. Mercoledì 30 luglio: Hangra do Eroismo – Trekking sulla costa ovest Trekking sulla costa ovest Vista la giornata nuvolosa decidiamo per un trekking lungo la costa, consigliato dall’ottima guida della Sunflower. In auto raggiungiamo la fermata dell’autobus di Serreta e alle 10:15 iniziamo la passeggiata. Una strada asfaltata in discesa, superato un faro, ci conduce fino a un punto panoramico sulla costa. Una scala in cemento costruita direttamente sulla roccia scende quasi al mare. La vista è bella con pareti verticali a strapiombo sulle acque. Dopo le nuvole, il sole è tornato ad allietare il paesaggio. Qualche bottiglia di plastica e un po’ di schiuma in mare non compromettono l’aspetto selvaggio, con le onde che si infrangono sui macigni. Per proseguire il trekking dobbiamo tornare indietro e imboccare (alle 11:10) un sentiero sulla sinistra che procede parallelo alla costa. Attraversiamo una foresta dall’aspetto tropicale, piena di splendidi ginger lilly, grossi fiori gialli. Si tratta di una specie importata dall’Himalaya che si è diffusa in modo incredibile in tutte le Azzorre e accompagnerà molte delle nostre passeggiate. A mezzogiorno raggiungiamo una vijia, un casotto bianco in muratura utilizzato in passato per l’avvistamento delle balene. Il panorama sulla costa si spinge fino al faro di punta Serreta da dove veniamo: rocce a strapiombo, prati divisi in piccoli appezzamenti da muretti di pietra e il verde della foresta. Alle 12:30 proseguiamo facendo una deviazione, dopo un breve tratto sulla strada asfaltata che corre intorno all’isola. Attraversiamo una vera e propria “foresta tropicale”, con distese di felci sotto un fitto groviglio di alberi. Alle 13:00 siamo di nuovo sulla strada e raggiungiamo la fermata dell’autobus di Cabo Raminho. Dopo un’attesa di mezzora, passa l’autobus diretto a Hangra e posso tornare indietro a recuperare la macchina. Biscoitos A Biscoitos, in passato la lava è arrivata fino alla costa. Il mare su questo lato è molto più agitato e le onde producono alti spruzzi, infrangendosi sulle rocce nere. Le scogliere riparano alcune piscine naturali, nelle quali è possibile fare il bagno, anche grazie all’opera di cementificazione operata dai portoghesi. L’acqua è freddina ed è impressionante stare a mollo a pochi metri dal mare in tempesta.

Hangra Tornati a Hangra, lasciamo Michele al porto, dove lo attende il catamarano per Sao Jorge, e ne approfittiamo per visitare il palazzo dei Capitani Generali, accompagnati da una giovane e simpatica guida. L’edificio nacque come collegio dei gesuiti e il giro inizia con la chiesa, restaurata dopo il terremoto del 1980. Nel cortile del palazzo facciamo il primo incontro con un dragon tree centenario e il suo figlioletto. Questi alberi dall’aspetto preistorico sono caratteristici delle Azzorre, con una fitta chioma a ombrello. Non hanno gli anelli annuali e la loro età può essere solo stimata dal numero di biforcazioni dei rami (ciascuna indica una florescenza che tipicamente avviene con una frequenza inferiore all’anno). Le foglie o la corteccia tagliate secernono una resina rossa conosciuta come sangue di drago. Gli antichi la utilizzavano come colorante mentre nel medioevo era molto ricercata da maghi e alchimisti che le attribuivano virtù terapeutiche. La visita del palazzo è interessante, attraverso ambienti dai soffitti di legno. La guida è prodiga di spiegazioni storiche. Scopriamo che il nome Azzorre deriva da un navigatore italiano ammirato dalle acque azzurre oppure, secondo un’altra ipotesi, dal nome di un uccello, azor, che in realtà non vive in queste isole (nella bandiera è raffigurato proprio quest’uccello, insieme a nove stelle, una per isola). Giovedì 31 luglio: Hangra do Eroismo – Trekking a Misterios Negros A Terceira soggiorniamo alla Quinta do Martelo, a Sao Mateus da Calheta. Il complesso riproduce una fattoria tradizionale e questa mattina ne approfittiamo per fare un giro: passeggiamo tra i recinti degli animali e visitiamo le botteghe del fabbro e del barbiere. A colazione c’è un’ampia scelta di gustosi formaggi locali; facciamo quattro chiacchiere con il cameriere tuttofare, un ragazzo brasiliano che parla italiano. La giornata sembra migliore di ieri; decidiamo quindi di salire in macchina fino alla Serra di Santa Barbara, a oltre 1000 metri di quota. Attraversiamo prima una fitta foresta, poi ampi prati verdi. In cima la vista spazierebbe su buona parte dell’isola ma siamo avvolti da nuvole che corrono veloci; il paesaggio con la selva di antenne assume toni spettrali. Spunta un pallidissimo sole e per un attimo si distingue la sagoma del Monte Brasil. Ridiscesi in basso, ci spostiamo al centro dell’isola. Lungo la strada interminabili e spettacolari siepi di ortensie. Trekking a Misterios Negros Raggiungiamo la Lagoa do Negro, un laghetto in mezzo al verde vicino alla Grotta du Natal. Quando iniziamo il trekking, sul percorso circolare “ufficiale”, sono le undici. Per mezzora attraversiamo pascoli e un rigoglioso tratto di macchia, fino a Lagoinha do Vale Fundo, circondata dagli alberi. Saliamo infilandoci tra due colli vulcanici; ci arrampichiamo tra sassi neri in una fittissima vegetazione. Alle 12:15, terminata la salita, sbuchiamo all’aperto e poco dopo ci si apre davanti una vista meravigliosa su colline di lava nera che emergono da un tappeto verdissimo di vegetazione. All’una siamo sotto il Pico Gaspar. Salgo alla caldera del basso cono vulcanico, completamente ricoperta di vegetazione. Il lato più alto verso il mare non è raggiungibile. Alle 13:30 siamo di ritorno alla Grotta du Natal. In giro per il centro di Terceira Dopo pranzo torniamo sulla Serra di Santa Barbara; questa volta la vetta è sgombra di nuvole, che corrono invece più in basso, nascondendo comunque Hangra ma consentendo per lo meno una visione più ampia rispetto alla mattina. Ripercorrendo i nostri passi, torniamo alla Grotta do Natal per visitarla (apre solo nel pomeriggio). L’ingresso si trova in un edificio affollato di turisti portoghesi che fanno un gran baccano. Indossato un casco protettivo, scendiamo nella grotta di origine vulcanica. Un altare ricavato nella roccia presenta un semplice crocefisso, ottenuto incrociando due rami. Molto più interessante è la Grotta do Carvao, una voragine profonda un centinaio di metri con una vasta apertura circolare in cima. La discesa attraverso una lunga scala è impressionante, nonostante gli interventi umani. Poco lontano raggiungiamo Furna do Enxofre, un sito di acque bollenti e fumarole in mezzo a rocce con i colori dei minerali. Tornando alla Quindo do Martelo, ci fermiamo a Sao Bartolomeu. Nella piazzetta vicino alla chiesa sorge un imperio, uno dei più belli delle Azzorre, riconoscibile dalla corona nel timpano. Questi edifici, presenti in molti villaggi, sono il fulcro della festa per l’elezione dell’imperador, che per un anno dovrà occuparsi dell’assistenza ai poveri. Per cena raggiungiamo il porticciolo dei pescatori a Sao Mateus, dominato dalla bianca chiesa. Venerdì 1 agosto: Hangra do Eroismo – Trekking a Lagoinha – Velas Trekking a Lagoinha Raggiunta in auto Serreta, alle 9:45 iniziamo il trekking. Un tratto aperto con vista sulla costa, finalmente allietata da una giornata di sole pieno, è seguito da una fitta foresta. Dopo mezzora attraversiamo un bosco di cedri giapponesi dagli alti fusti e dopo un’altra ora di salita arriviamo in cima. In lontananza si scorge Sao Jorge, oltre un mare blu incredibilmente calmo. Sotto di noi, la verde foresta appena attraversata e il promontorio del trekking fatto insieme a Michele; a destra, Biscoitos. Raggiunto il crinale, poche decine di metri più in basso compare una meraviglia, Lagoinha. Lo specchio d’acqua riflette il verde del bosco che lo circonda mentre il prato sulla riva è il posto ideale per rilassarsi. Siamo soli, accompagnati dal cinguettio degli uccelli. A mezzogiorno iniziamo il percorso di ritorno (il sentiero è un anello circolare) in discesa lungo ampi pascoli erbosi e un canalone scivoloso, racchiuso tra pareti che si stanno sgretolando. Il sentiero costeggia per un lungo tratto un profondo canyon ricoperto di vegetazione. All’una e mezzo raggiungiamo la macchina. Ieri siamo passati più volte vicino a un recinto con un parcheggio affollato di macchine. Solo la sera abbiamo scoperto che si trattava del posto dove vengono venduti e acquistati i tori da combattimento. Oggi però non è giorno di mercato e non c’è nessuno! Traversata Hangra do Eroismo – Velas Il pomeriggio, lasciamo Terceira con il catamarano veloce che arriva fino a Horta nell’isola di Faial. Siamo fortunati: la giornata è bella e il mare calmo. Mi piazzo all’aperto per godermi la traversata. Che differenza con due giorni prima: Michele ci ha raccontato che la nave ballava per il mare grosso e quasi tutti hanno vomitato (non mi sembra poi così strano poiché i portoghesi anche oggi non fanno altro che smangiucchiare ed ingurgitare birra). Sul ponte c’è grande allegria: si scherza, si ride e si canta; consumata una bibita, un tipo lancia la lattina in mare. Chiacchiero con un signore bassetto che indossa una scoppola siciliana; ha lavorato in Canada e parla un po’ italiano. La ragazzina con cui viaggia rimane sorpresa dal fatto che riconosco la sagoma del Pico do Gaspar. Durante la traversata fa una breve apparizione un gruppo di delfini. Finalmente raggiungiamo Sao Jorge. Superata la punta orientale con il faro e l’isolotto di Topo, navighiamo di fronte a pareti verticali di roccia. L’isola ha un profilo molto più montagnoso di Terceira. Una cascata, una casetta nel nulla; questa parte di Sao Jorge sembra disabitata e selvaggia. Le nuvole coprono il pianoro sopra i dirupi; sulla riva appare un paesino di poche case. Il profilo dell’isola si addolcisce: una piana verde è punteggiata di casette bianche. Quando approdiamo a Calheta ormai il cielo si è aperto. Dopo un’altra mezzora di navigazione arriviamo a destinazione a Velas. Velas Il paese è piccolo ma molto piacevole. Dal porticciolo si attraversa la Portao do Mar, raggiungendo la piazza centrale con la chiesa. Una strada pedonale, con la pavimentazione che reca rappresentazioni dei lavori tradizionali, conduce a una seconda piazza con un bel giardino e al centro il palco rosso per la banda musicale. Dietro il paese, la mole del Morro Grande. Ritroviamo Michele che ci aveva preceduto. Oltre il braccio di mare, l’isola di Pico con l’inconfondibile sagoma del vulcano accompagna il tramonto. Siamo alloggiati in una pensione piccola ma centrale la “Hospedaria Austrália”.

Sabato 2 agosto: Velas – Trekking alle fajas Sao Jorge è apprezzata per i trekking, molti dei quali si sviluppano su percorsi che non ritornano al punto di partenza. Sfruttando l’assenza quasi totale degli autobus, per accompagnare gli escursionisti i tassisti hanno imposto delle tariffe salate, fissate da una tabella fornita direttamente all’ufficio del turismo. Per oggi decidiamo quindi di affittare una macchina, rivolgendoci all’agenzia “Rent a Car Ribeiro” e modificando il trekking lungo la costa settentrionale per trasformarlo in un percorso di andata e ritorno. Trekking dalla Faja dos Cubres alla Faja da Caldeira de Santo Cristo In macchina raggiungiamo la costa nord, superando Norte Pequeno. Dall’alto la vista spazia su Faja dos Cubres e più in lontananza su Faja da Caldeira de Santo Cristo, con le loro lagune. Le fajas sono strette pianure costiere ai piedi di pareti verticali di roccia, prodotte da eruzioni vulcaniche o da frane. Sono la caratteristica più spettacolare di Sao Jorge. In passato molte erano raggiungibili solo attraverso ripidi sentieri dal pianoro centrale oppure via mare. Parcheggiata la macchina nella Faja dos Cubres, alle 10:50 iniziamo il trekking. Il sentiero si sviluppa con saliscendi lungo la costa con viste spettacolari sul mare, da un lato, e montagne verticali coperte di vegetazione, dall’altro. In lontananza si scorge l’isola di Graciosa. Ci fermiamo in riva al mare, lungo una distesa di sassi scuri levigati, in verità abbastanza sporca, e Michele ne approfitta per un bagno nell’oceano. Alle 12:15 arriviamo alla Faja da Caldeira de Santo Cristo. Il paesino di poche case, dominato dalla bianca chiesa, sorge a fianco di una laguna racchiusa da un anello di sassi aperto con un passaggio sul mare. Non è raggiungibile in auto ma solo a piedi o con le popolari moto a quattro ruote che circolano alle Azzorre. Siamo veramente in un posto sperduto! Il sentiero proseguirebbe per un altro tratto sulla costa, risalendo poi al pianoro centrale. Noi invece all’una ripartiamo per il percorso di ritorno e alle 14:15 siamo di nuovo a Faja dos Cubres, dove pranziamo in un bar. Trekking da Loural a Sao Tomè (faja de Sao Joao) Risalendo in macchina sul pianoro centrale siamo avvolti dalle nuvole ma confidando sulle migliori condizioni verso il mare dedichiamo il pomeriggio a un secondo trekking, questa volta sulla costa meridionale. Superata Calheta, proseguiamo per un bel tratto fino ai tre borghi di Lourais. Alle 16:00 lasciamo la macchina all’ultima casa e iniziamo il trekking. Subito una ripida discesa ci pone qualche difficoltà suscitando l’ilarità di un gruppo di operai che ci consiglia di procedere piano. Un ponte scavalca un burrone con un laghetto pieno di vegetazione. Attraversiamo qualche terrazzamento coltivato a mais e una casa in pietra abbandonata. Dopo mezzora raggiungiamo, in mezzo al nulla, l’abitazione di un vecchietto che si affaccia al nostro passaggio. Per terra sono stese a stagionare piccole forme di formaggio. Procediamo con grande cautela sulla discesa ripida e scivolosa fino alla costa. Il sole è tornato e il paesaggio è molto bello, ancora più selvaggio di quello dell’altra costa. Terreni coltivati con mais, banane e uva. Finalmente alle 17:15 siamo a Sao Joao: una lunga fila di case con una bella chiesetta dal campanile centrale a punta. Ci ristoriamo al bar di fronte, dove Michele ci sta aspettando da un pezzo, ammirando un dragon tree. Ripartiamo alle 17:30 e dopo mezzora, sempre camminando lungo la costa, raggiungiamo Saramagueira, il gruppo di case dove termina il sentiero. Grazie alle precise indicazioni della guida Sunflower (“prendere la scala dopo la casa con un rubinetto alla parete”) riusciamo a individuare la salita che s’inerpica per un dislivello di 450 metri, fino al pianoro centrale. Il percorso ha una forte pendenza ed è estenuante, in compenso i panorami sono molto belli come anche la natura che attraversiamo: prima un fitto bosco, poi terrazzamenti per coltivazioni ormai abbandonate. Alle 19:10 siamo in vetta. La vista spazia su entrambi i lati della costa; nell’interno si scorge il paese di Sao Tomè. Michele ci ha preceduto e facciamo appena in tempo a vederlo salire su un pick-up: ha chiesto un passaggio per recuperare la macchina a Lourais.

Punta orientale In macchina raggiungiamo Topo e il faro situato sulla punta orientale dell’isola; di fronte Ilheu do Topo, curiosamente popolato, oltre che dagli uccelli, anche da una colonia di capre. Tornando indietro di qualche chilometro ci fermiamo a Santo Antao; domani è in programma una tourada (i poveri tori sono “parcheggiati” in un recinto) e nel frattempo è stato allestito un palco dove più tardi suonerà un gruppo locale. Di fronte c’è la festa per l’inaugurazione di un ristorante e decidiamo di approfittarne. Dopo cena per tornare a Velas ci aspetta un lungo percorso notturno. Lungo la strada ci fermiamo a Calheta, un vero mortorio la sera. Domenica 3 agosto: Velas – Trekking al Pico de Esperanca Trekking al Pico de Esperanca e alla Faja do Ovidouro Questa volta per il trekking “unidirezionale” non ci resta che affidarci a un taxi (35 euro la spesa). Alle dieci il tassista ci lascia nel centro dell’isola vicino al Pico das Caldeirinhas, all’imbocco del percorso ufficiale segnalato da un cartello. Procediamo su una strada di ghiaia accessibile anche alle auto, nel primo tratto limitata da rigogliose siepi di ortensie. Si prosegue in un paesaggio ondulato di prati verdi. Siamo sul pianoro al centro dell’isola e intorno si levano varie colline, per primo Pico do Carvao (954 metri). Dopo quaranta minuti raggiungiamo uno stagno, dove sguazzano alcune papere. Il percorso, battuto da un forte vento, alterna viste sulle due coste e più in lontananza su Graciosa, come sempre sgombra di nuvole, e sul vulcano di Pico. Superata la targa che ricorda le vittime di un incidente aereo, alle undici e mezzo iniziamo la salita al Pico de Esperanca; dopo mezzora siamo in vetta a quota 1053 il punto più alto dell’isola. In basso il cratere erboso è occupato da uno stagno, dove gracchiano le rane. La vista è stupenda: sui due lati si allunga la “spina dorsale” di Sao Jorge, una serie di verdi colline costellate di stagni che sembrano green di campi di golf. In mare possiamo vedere tutte le Azzorre Centrali, Pico, Faial, Terceira e Graciosa; le fajas sulle due coste invece sono nascoste dai ripidi precipizi. Il vulcano di Pico con la sua mole sembra sorvegliare la situazione. Terceira in lontananza è ricoperta di nuvole che si concentrano sopra l’isola lasciando libero il mare. A mezzogiorno e mezzo iniziamo la discesa proprio mentre arriva un folto gruppo di escursionisti, inclusa una famiglia con tre bambini che si arrampicano senza problemi fino in cima nonostante il vento fortissimo (del resto sono freschi e riposati poiché si sono fatti portare in macchina fin sotto il Pico). La discesa verso la costa settentrionale è lunga anche perché dobbiamo seguire le curve della strada. Nel primo tratto volgiamo lo sguardo verso il Pico de Esperanca, allineato con altri due picchi, tutti dalla forma vulcanica. Alla fine il percorso diventa asfaltato e in forte pendenza fino a sbucare sulla strada principale. Alle tre e un quarto siamo a Norte Grande; la chiesetta bianca con cornici scure e torre campanaria a punta è molto carina e la panchina sotto il frondoso albero di fronte è il posto perfetto per un meritato riposo. Per scendere alla Faja do Ovidouro, raggiungiamo prima il miradouro. La vista sulla faja, occupata da un paesino moderno, è incantevole: scogli di lava nera proteggono la piana, circondata da acque cristalline. Lo strapiombo è talmente a picco che nemmeno si vede, nascosto della vegetazione. Un ripido sentiero in discesa, facilmente percorribile per i “gradini” in pietra, ci porta in venti minuti alla faja; davanti al porto un gruppo di faraglioni neri, uno forma un arco naturale. Più avanti, sulla punta, nella lava si apre un canyon invaso dalle acque del mare. Il minuscolo farol in mezzo alla vegetazione fa sembrare Stefania un gigante. Dopo tanto camminare, concludo in bellezza l’escursione con un bagno rinfrescante. La lava fuoriuscita in epoca preistorica dal Pico de Esperanca ha formato una barriera di scogli proteggendo un’ampia piscina naturale. I locali si sono attrezzati per sfruttare l’opportunità: una lunga scala e una passerella sospesa consentono di raggiungere il mare. Il posto è affollato di bagnanti. Tornati in paese, incrociamo subito il tassista, solerte nel recuperarci, portarci a Velas e intascare i 35 euro. Lunedì 4 agosto: Velas – Trekking a Ponta Rosais Trekking al farol di Ponta Rosais Finalmente riusciamo a fare un trekking sfruttando gli autobus pubblici, raggiungendo Ponta dos Rosais, il paesino dopo Rosais da cui parte l’escursione per l’omonima punta. L’autobus ci lascia proprio all’imbocco del sentiero; sono le dieci. Camminiamo su una sterrata, superando prima un bosco e poi pascoli su colline verdeggianti. Il tempo è brutto e le nuvole limitano la visuale; per un tratto piove. Alle undici e mezzo raggiungiamo il faro, situato sulla punta occidentale dell’isola e abbandonato in seguito al terremoto del 1980. La costruzione in cemento, circondata da edifici fatiscenti, ha un aspetto spettrale, esaltato dalla giornata grigia. Forse si trattava di una postazione militare. Sulla punta lo strapiombo verso il mare è impressionante, con rocce marroni e grigie. In mare un faraglione a punta forma un arco naturale. Sulla strada del ritorno, una lunga pista rettilinea in terra rossa, camminiamo in mezzo alle nuvole. All’una e un quarto siamo al Parco di Sete Fontes. La piccola cappella e la barca, collocata su una riproduzione in pietra di Sao Jorge, sono avvolti dalle nuvole. Il parco è un rigoglio di piante, alcune tropicali, mentre in un recinto convivono cervi dalle lunghe corna e maiali vietnamiti. Ripresa la marcia, ci facciamo dare un passaggio fino a Rosais, dove ci rifocilliamo in un bar nell’attesa dell’autobus per Velas. Salita al Morro Grande Il Morro Grande è la montagna che troneggia alle spalle di Velas. Il sentiero per la vetta parte da una chiesetta alla periferia del paese. Qualcuno ha piantato la tenda nel prato davanti; è piena di oggetti, probabilmente non si tratta di un turista! Si sale zigzagando fino a quota 161 metri dove una torre diroccata segna la cima e si domina tutto il paese. La caldera dell’antico vulcano è occupata dalla vegetazione. Vi giro intorno; un paio di conigli scappano al mio passaggio. Una sella si apre giusto di fronte allo stretto tra Faial e Pico, permettendo di scorgere in lontananza il monte Guia di Horta. La visione più bella però è sul lato opposto a Velas, dove la costa forma un’insenatura circondata da montagne a picco (inclusa quella su cui mi trovo!) con un faraglione e la spianata centrale in cui spicca il verdissimo campo di calcio. Martedì 5 agosto: Velas – Madalena – Prainha Traghetto Velas – Madalena Lasciamo Sao Jorge con il traghetto per Pico. E’ una bella giornata di sole e il paesino bianco di Velas si allontana circondato da verdi montagne. Verso occidente la costa precipita in mare con il Morro Grande; più lontani, il faro e il faraglione di Ponta do Rosais. Le nuvole si concentrano sulla parte orientale dell’isola, nascondendo il Pico de Esperanca; verso Pico invece formano una striscia che avvolge a metà il vulcano lasciando intravedere la punta. La costa di Pico appare meno scoscesa rispetto a quella di Sao Jorge anche perché l’incombente mole del vulcano schiaccia un po’ tutto. Dopo quaranta minuti attracchiamo a Sao Roque. Il molo ospita molti container ma le barche a vela sono pochissime. Nel tratto verso Madalena il mare si fa grosso e dopo un po’ di balli a prua mi devo sedere per il mal di mare. Sbarcati a Madalena ritiriamo la macchina a noleggio prenotata telefonicamente con l’agenzia “Oasis”. Costa da Madalena a Sao Roque La costa da Madalena a Sao Roque è caratterizzata da una serie di paesini costruiti utilizzando la pietra nera lavica, residuo della grande eruzione del settecento. La lava arrivò fino al mare e raffreddandosi formò i Misterios, curiose formazioni rocciose modellate dalle onde. Ci fermiamo a Porto do Chacorro, dove l’oceano infilandosi tra le rocce rumoreggia rombando. A Lajido visitiamo un paio di adegas, edifici di pietra nera utilizzati per produrre e conservare l’apprezzato vino locale. Museo delle balene a Sao Roque A Sao Roque l’unica attrazione è il museo ospitato nella vecchia fabbrica per la lavorazione delle balene. S’inizia con un’esposizione di disegni su denti di balena che ritraggono marinai e velieri, una tradizione delle Azzorre. Le foto della macellazione di un capodoglio sono impressionanti: l’operazione era fatta all’aperto davanti alla fabbrica e impegnava 40/60 persone. Il museo espone i grossi macchinari utilizzati per la lavorazione, molti fabbricati negli USA; c’è persino una piccola centrale elettrica. Ci sono grossi bollitori, essiccatoi per la farina, caldaie a vapore. L’olio era il prodotto principale: esportato in Europa, era usato per produrre lubrificanti, profumi e farmaci. Le ossa trasformate in farina servivano come fertilizzante. Dalle interiora si ricavava un olio ricco di vitamine. L’esposizione include anche una lancia utilizzata per la caccia. Prainha A Prainha siamo alloggiati in una villetta a due piani in mezzo al verde (http://xicoevora.Googlepages.Com). Il paese, dominato dalla chiesa, degrada verso la costa sud dell’isola. Anche qui la lava ha creato piscine naturali che grazie all’ausilio del cemento sono perfettamente fruibili per il bagno. Il posto è molto piacevole e il bagno rilassante. Per cena ci siamo organizzati facendo la spesa: torniamo all’italica pasta, innaffiata da un ottimo vino locale, “Tera de Lavas”. La nostra casetta in pietra nera affaccia a oriente verso lo stretto che separa la punta di Sao Jorge da Pico. All’ora del tramonto la quiete regna sovrana: il vento è scomparso lasciando qua e là batuffoli di nuvole che si accendono di rosso. Gli uccelli cinguettano allegri mentre siedo vicino al piccolo orto e ai due alveari della “tenuta”. Sao Jorge è una lunga striscia di montagne, una nave ormeggiata in mezzo al mare con le basse punte di Rosais e Topo. Durante la notte le sterne si fanno sentire con il loro verso simile al pianto di un bambino. Mercoledì 6 agosto: Prainha – giro dell’isola Giro lungo la costa orientale Dedichiamo la giornata a un giro lungo la costa di Pico. Al museo marittimo di Santo Amaro ci accoglie un anziano signore. Ci racconta che è vissuto per molti anni negli Stati Uniti, a Rhode Island, per poi tornare alle sue origini e aprire questo piccolo museo in memoria del padre, famoso costruttore di navi: ha ricreato modellini di legno delle sue navi ed espone anche interessanti foto d’epoca. Il museo dell’artigianato invece è ospitato nelle stanze di un’abitazione. Stefania ne approfitta per acquistare una festina, una bambolina vestita con abiti tradizionali di stoffa. Superata Piedade, raggiungiamo il faro sull’estremità orientale dell’isola, Ponta da Ihla. Da qui parte un trekking di tre ore fino a Piedade ma dovendo recuperare la macchina ne percorriamo solo un tratto per quaranta minuti, per poi tornare indietro. Il percorso si snoda lungo una costa di rocce scure che formano bizzarre formazioni e numerose insenature. Il mare turchese completa il paesaggio. Nel primo tratto numerosi gabbiani se ne stanno appollaiati sugli scogli. Ripresa la marcia lungo la costa, siamo ormai sul versante settentrionale. Una deviazione ci porta a Calheta de Nesquim con la chiesa di Sao Sebastiao, datata 1856, davanti al porticciolo. Sono in corso i preparativi per la festa di stasera e i dolci portati in offerta sono conservati in una stanzetta, ma noi sceglieremo la più celebre festa di Sao Mateus. Lajes Il lungomare di Lajes appare fatiscente con una vasta spianata in attesa dei lavori di rifacimento finanziati dall’Unione Europea (ma non si vede nessuna attività in corso). La cappella di Sao Pedro del 1460 è stata rovinata dai restauri. Il paese conserva qualche casa pittoresca; sul lungomare c’è un po’ di animazione per la presenza dei turisti in attesa del whale watching ma niente di più. Un museo è dedicato alla caccia alle balene, completamento di quanto visto a Sao Roque. La visita inizia con la proiezione di un filmato in bianco e nero girato negli anni settanta, dedicato proprio alla caccia. La vedetta raggiunge la vija, il casotto dal quale scrutare il mare. Tutto il paese è in attesa del segnale, trasmesso via radio. Passano le ore e quando finalmente è avvistata una balena, tutte le attività si fermano. Chi stava giovando a pallone, chi si stava radendo dal barbiere, tutti corrono al porto. Le lance sono già pronte con le fiocine legate sulla fiancata. Una barca a motore le rimorchia fino alla zona dove sono state viste le balene. Poi è issata la vela e si procede a remi per non spaventare i cetacei. La prima fiocina colpisce la povera balena che subito s’inabissa, ma ormai non ha scampo. Gli uomini la prendono per stanchezza, trafiggendola con altre fiocine quando riemerge per respirare. Nel museo è esposta “Sta Teresinha”, una whale boat del 1928. Si tratta di una lancia a remi lunga quasi undici metri, con la possibilità di issare un albero; di lato sono legate le fiocine. Un cartello illustra le balene presenti alle Azzorre, il diffusissimo capodoglio (chacalote in portoghese, sperm whale in inglese) fino all’enorme balena azzurra. Un bel dipinto ottocentesco ritrae il porto di Horta circondato da velieri, mentre Pico appare dominata dal vulcano. Uscendo dal museo, provo un senso di tristezza per le povere balene ma anche di ammirazione per quegli uomini rudi che affrontavano una caccia pericolosa con semplici lance in modo completamente diverso dal massacro operato dalle moderne baleniere. Festa del Senor Bom Jesus a Sao Mateus Oggi a Sao Mateus è il giorno della festa patronale, la seconda per importanza di tutte le Azzorre e non ci lasciamo sfuggire l’occasione. In paese la gente è già in attesa, lungo la strada della processione. Ritroviamo anche Michele che è stato raggiunto da Margarita, la sua ragazza portoghese. L’attesa è rallegrata dalla banda musicale e dalle offerte culinarie delle bancarelle. La chiesa dalla bianca facciata con due torri è gremita di fedeli. All’interno i pilastri dipinti a colori vivaci le conferiscono un aspetto un po’ kitsch. Una signora porta in offerta due grossi pani dolci; altri più prosaicamente fanno un’offerta in denaro e ricevono in cambio un santino. Dietro l’altare centrale, la statua di Gesù ha i capelli lunghi, un mantello e una corda al collo. Nella navata destra dietro una vetrina, la corona e lo scettro d’argento dell’imperator; una statuetta ritrae la madonna di Fatima e due pastorelli. Ci sono tutti gli elementi per la classica festa di paese e molti si sono attrezzati con sediolini per aspettare comodi. Altri sono pronti con i ceri in mano, acquistati nell’imperio di fronte la chiesa. Il paese sorge sotto il vulcano, oggi nascosto da incombenti nubi scure. Finalmente ha inizio la processione. Dal podio della banda un sacerdote introduce le varie statue portate in giro per il paese. S’inizia con San Paolo, ritratto con la spada, che esce portato a spalla da un gruppo di “fortunati” e sfila tra due file interminabili di persone. Segue una banda musicale. Escono poi San Giovanni Evangelista con la penna d’oca e la Madonna, ciascuna statua seguita dalla banda di un paese dell’isola. Il gran finale, dopo una lunga introduzione, è riservato al Bom Jesus. La statua dell’altare centrale è preceduta dal vescovo di Hangra in pompa magna e seguita dalle eleganti autorità civili. Dopo quasi due ore le statue fanno ritorno davanti alla chiesa ma battendo i locali sul tempo ce ne andiamo a mangiare in uno dei tanti spazi allestiti per la festa. Giovedì 7 agosto: Prainha – Ascesa al vulcano Trekking al vulcano di Pico Oggi il tempo sembra migliore e decidiamo quindi di tentare l’ascesa al vulcano. Recuperati Michele e Margarita a Sao Roque, raggiungiamo Cabeco das Cabras a quota 1231 metri. I portoghesi si sono attrezzati per i trekkers che devono registrarsi in un moderno edificio, dichiarando le proprie generalità, l’ora di partenza e l’ipotetico orario di ritorno (anche perché esiste la possibilità di passare la notte sul vulcano piantando la tenda nella caldera). Alle 8:15 iniziamo l’ascesa affrontando un tratto sassoso molto ripido che subito ci fa capire che non si tratterà di una passeggiata! Dopo mezzora raggiungiamo una caverna. La vista spazia sulla piana verso Madalena, con un piccolo cono vulcanico verde, i due faraglioni e più in là l’isola di Faial, con Horta e la caldera coperta dalle nuvole. Alle nove, superato il primo dei paletti che segnalano il percorso fino alla vetta, entriamo nelle nuvole. Proseguiamo in salita e dopo un’ora ormai siamo sopra il grosso delle nuvole, anche se ci si vede meno di prima perché siamo completamente controsole: le creste di fronte sono ombre nella nebbia tra i bagliori del sole! Alle 10:30 le nuvole si sono aperte e riusciamo a vedere tutto il tratto percorso fino al parcheggio; la vista è meravigliosa e la quiete regna sovrana. Procediamo lentamente, con fatica, tra i sassi. Si sale ormai sulla pomice coperta da macchie di verde e fiorellini viola. Il sentiero si fa più agevole, affrontando la salita finale lungo il cono del vulcano. Alle 11:15 improvvisamente appare la visione del Piquinho, il piccolo cono che si erge in cima al vulcano: una montagna sopra la montagna, punteggiata di escursionisti che si arrampicano a quattro zampe. Scendiamo nella caldera circondata sul lato da cui veniamo da un anfiteatro di pareti verticali di roccia; di fronte il Piquinho. Qualcuno ha piantato una tenda, altri bivaccano con le provviste; il cielo completamente terso illumina il paesaggio. Con Michele camminiamo fino a una stazione per la misurazione dell’inquinamento atmosferico degli USA! Sul lato di Sao Roque la vista è sbarrata dalle nuvole sotto di noi; gli unici squarci consentono di contemplare Madalena con i faraglioni e più lontano l’isola di Graciosa (almeno così mi pare). L’ascesa al Piquinho è molto divertente. Dopo avere osservato dal basso le evoluzioni degli escursionisti, spesso bloccati davanti a pareti verticali, con Michele decidiamo di affrontare l’arrampicata. Siamo fortunati perché riusciamo ad accodarci a una guida che sta accompagnando una ragazza e conosce perfettamente la strada migliore. Il trucco è seguire il tratto roccioso arrampicandosi a quattro zampe, evitando gli scivolosi tratti sassosi. Subito prima della cima si raggiunge un passaggio obbligato, una specie di scala naturale tra due pareti di roccia. In vetta lo spettacolo è emozionante. Sembra di essere su un aereo in un giorno di pioggia con il manto delle nuvole che ci circonda su tutti i lati. Un pilastro di cemento segna il punto più alto di tutto il Portogallo (2351 metri); aggrappando i ferri che escono dagli angoli, mi sembra di essere alla guida di un’astronave. Scherzo con un francese dicendo che sto pilotando l’anticiclone delle Azzorre mentre siamo assaliti da sciami di moscerini. Certo senza nuvole la vista avrebbe spaziato su tutte le isole, ma anche così è affascinante (dobbiamo accontentarci dei soliti squarci su Horta e Madalena). La caldera più in basso ha un aspetto lunare; Stefania e Margarita sono piccolissime. Durante la discesa, senza il riferimento della guida, perdo il percorso più agevole e finisco in mezzo ai sassi ma, procedendo con cautela aggrappato alle rocce e spesso avanzando seduto, riesco a tornare sano e salvo alla caldera. L’impresa è durata in tutto un’ora. Alle 13:50 partiamo per la lunga discesa. Il pendio risplende per il verde dell’erbetta e il viola dei fiori; rientrati tra le nuvole, la pacchia è finita. Alle 15:45 ricompare la vegetazione di bassi cespuglietti; camminiamo sulla terra sassosa non più sulla pietra. Superata la grotta, affrontiamo l’ultimo tratto reso scivoloso dalla pioggia. Alle 16:30 con Stefania terminiamo le nostre fatiche e ci registriamo sul librone. Michele e Margarita arriveranno solo dopo tre quarti d’ora. Michele e Margarita devono prendere il traghetto per Horta: li accompagniamo quindi a Madalena, approfittandone per un’occhiata alla chiesa. Sulla strada di ritorno, che attraversa il centro dell’isola verso Sao Roque, facciamo una rapida sosta alla Lagoa do Capitao.

Venerdì 8 agosto: Prainha – Madalena – Horta Madalena e dintorni A metà mattinata abbiamo il traghetto per Horta. Raggiunta Madalena, ci spostiamo verso il villaggio di Criacao Velha. Nei paraggi è stato restaurato il Moinho do Frade, una macchia rossa in mezzo al nero dei muretti di lava e al verde delle vigne. L’uva di questa regione fornisce un ottimo vino poiché la pietra lavica rilascia di notte il calore accumulato durante il giorno asciugando l’umidità dell’aria. L’importanza del sito è stata riconosciuta anche dall’Unesco, come ampiamente ricordato dalla cartellonistica. Sullo sfondo il vulcano sgombero di nuvole sembra farsi beffa di noi! Nel museo del vino di Madalena il grande dragon tree non soffre di solitudine. Nel giardino ci sono una settantina di parenti a fargli compagnia che lui raggiante governa con l’esperienza della sua larga chioma centenaria! Al porto riconsegniamo la macchina a noleggio; una veloce traversata ci porta a Faial, la nostra quarta isola. Horta A Horta abbiamo prenotato una stanza in una casa privata, tramite Francisco Evora, la stessa persona che ci ha procacciato la casa di Pico (http://xicoevora.Googlepages.Com). Arrivati a destinazione, suoniamo alla porta ma non ci risponde nessuno. Telefono allora a Francisco che avevo già sentito più volte, cercando aiuto quando non riuscivamo a trovare un’auto a noleggio a Pico. Risponde solo dopo vari tentativi ma il suo portoghese per me è incomprensibile. Altra attesa e dopo un po’ si presenta in bicicletta. Non ha però le chiavi della casa che appartiene alla madre! Fa appena in tempo a scavalcare dal retro per aprirci che compare l’anziana signora con la spesa. Le stanze però sono tutte piene e Francisco propone di alloggiarci a casa sua. La sistemazione è più periferica; insistiamo quindi che vorremmo rimanere qui e miracolosamente compare una stanza libera: ci sistemano nel salone doppio affacciato sul patio e arredato con mobili “impegnativi”! Dedichiamo il pomeriggio alla visita di Horta, iniziando dal Cafè Sport di Peter. Un tempo era il punto d’incontro dei navigatori degli oceani, come il bar nello spazio degli Astroppisti, un vecchio fumetto del “Giornalino”. Nello spazio vuoto tra una stella e l’altra il vecchio bar univa viaggiatori di pianeti lontani dall’aspetto diverso. Nel mezzo dell’Atlantico il caffè di Peter aggregava i rudi navigatori di tutte le razze. Oggi invece ai tavolini siedono i turisti di mezzo mondo, anche se l’arredo è rimasto quello di una volta: dal tetto pendono i gagliardetti delle barche passate di qui, su una parete un planisfero mostra la rete di cavi stesi dalla Cable & Wireless (molti passavano per le Azzorre). Nel museo al piano superiore si trovano vari cimeli. Una collezione di denti di balena incisi e disegnati con la china presenta velieri e vari ritratti, alcuni molto belli, tra cui quello di Costeau e di tre generazioni di proprietari del caffè (incluso l’attuale). Il modellino di una nave è fatto con ossa di balena. La grossa mandibola di una balena mostra le incavature per 50 denti. Il corno di un narvalo lungo tre metri sembra una vera e propria alabarda. Una foto mostra una tempesta a Porto Pim con un’onda di 60 metri che ha il profilo di Nettuno. Il porto è sicuramente il più affollato delle Azzorre, pieno di barche a vela in grado di affrontare l’oceano. Lungo le banchine del molo, i navigatori di passaggio hanno dipinto ciascuno un quadretto, formando una lunga successione d’immagini colorate, alcune molto spiritose. Proseguendo la passeggiata, raggiungiamo la chiesa barocca di San Salvatore; all’interno ha un ricco retablo e pareti con azulejos nell’abside. Il collegio dei gesuiti annesso, distrutto dal terremoto del 1926, è stato restaurato e ospita un museo, eterogeneo ma interessante. Impressionante la mostra fotografica dedicata all’eruzione del vulcano Capelinhos nel 1957. L’eruzione sottomarina provocò altissime nubi di vapore d’acqua, poi le ceneri coprirono vaste distese di coltivazioni mettendo in ginocchio l’economia locale. Dopo un mese si era formata un’isoletta; una foto mostra il faro parzialmente interrato dai materiali eruttati. Nel 1958 ci fu un terremoto e la popolazione organizzò processioni di penitenza per placare l’ira divina. Il fenomeno durò un anno, prolungando Faial verso occidente di un buon tratto. La mostra prosegue con un buffo mantello nero ottocentesco fornito di un gigantesco cappuccio, seguito da una sezione dedicata all’arte sacra, ricca di statue lignee. Si passa poi alle foto che celebrano i 130 anni del porto di Horta, inaugurato nel 1876. Il primo approdo si trovava a Porto Pim e solo nell’ottocento fu costruito il muraglione che protegge quello attuale, molto più grande. Anche le rotte marittime che collegavano l’Inghilterra e l’Australia passavano di qui (e poi nel canale del Nicaragua come è riportato su una cartina). In una stanza sono esposti incredibili modellini, costruiti con un materiale ricavato dall’albero di fico. Sono leggerissimi! Il palazzo della Sociedade Amor da Patria pesa 200 grammi e ritrae l’edificio con grande dettaglio, incluse le persone all’interno sedute ai tavolini. La bianchissima Torre di Belem sembra di zucchero. Una sequenza di navi va dalle imbarcazioni dell’antichità ai grandi velieri. Anche le vele sono ricavate con quest’originale materiale, ridotto in lamine sottilissime. Lasciato il museo, raggiungiamo l’originale del palazzo della Sociedade Amor da Patria, un bianco edificio con due dragon tree a fianco della scala centrale. In piazza della Repubblica altissimi honey locust trees mentre nella piazza della Torre dell’Orologio altri dragon tree sfoggiano le loro chiome sullo sfondo del vulcano di Pico. A Horta è in corso la Festa del Mar e la sera tutta la gente che non abbiamo incontrato nelle altre isole sembra essersi concentrata alla marina per l’evento. Il lungomare è una sequenza di ristoranti all’aperto e bancarelle. La gente fa lo struscio, siede sul muretto, ascolta la banda, aspettando il concerto delle 23:30 di un apprezzato gruppo portoghese. Sabato 9 agosto: Horta – Whale watching Whale watching Mattinata dedicata al whale watching, considerata una delle maggiori attrattive delle Azzorre. Ci affidiamo a “Norberto”, l’agenzia subito di fronte all’approdo dei traghetti; il costo dell’escursione è 55 euro, lo stesso di tutte le altre agenzie. Dopo una spiegazione da parte del titolare, un capellone di mezza età che avrà vissuto l’epoca dei figli dei fiori, saliamo sul gommone destinato ai portoghesi. Michele e Margherita hanno fatto il loro whale watching a Lajes nell’isola di Pico e “curiosamente” anche noi siamo condotti fino a lì. La lunga traversata, più di un’ora, diverte moltissimo la signora al mio fianco che grida a ogni salto sulle onde. La giornata nuvolosa non aiuta la visione. Proprio di fronte a Lajes facciamo i primi avvistamenti, scorgendo gli spruzzi dei chacalote. Dall’acqua emerge appena una pinna che non riesce a dare l’idea delle dimensioni dei cetacei anche perché non possiamo avvicinarci più di tanto per non disturbarli. Una volta ossigenati i polmoni sollevano la testa, poi la pinna e scompaiono anche per quaranta minuti raggiungendo profondità di migliaia di metri. Un paio di volte riesco persino ad immortalare la coda prima dell’inabissamento. Lo spettacolo però tutto sommato è deludente anche per l’eccessiva aspettativa! Durante il percorso di ritorno un gruppo di delfini ci accompagna per un tratto, saltellando allegramente intorno al gommone. Porto Pim Il pomeriggio a Porto Pim troviamo la nostra prima spiaggia delle Azzorre. La baia è stata il porto di Horta, prima che nell’ottocento fosse costruito l’attuale. Racchiusa tra i monti Guia e Queimado è un perfetto approdo naturale. Ne approfitto per fare il bagno; l’acqua non è fredda anche perché non sprofonda mai. Mentre Stefania si riposa sulla spiaggia, percorro la strada che conduce in cima al monte Guia fino a una cappella. La vista è molto bella ma la giornata nuvolosa spegne i colori. Sul lato opposto scopro un’altra insenatura spettacolare: la caldera di un vulcano è stata invasa dal mare che ha aperto un intero lato. Domenica 10 agosto: Horta – Giro dell’isola Caldera di Faial Una strada in salita, prima attraverso una bella foresta poi tra ininterrotte siepi di ortensie, porta ai mille metri della caldera al centro di Faial. Sono alla guida della vecchia Fiat Punto di Francisco Evora, unica soluzione per procurarci una macchina poiché tutti gli autonoleggi non avevano disponibilità. Attraversato un tunnel pedonale, si raggiunge l’interno dell’immensa caldera. Spira un vento fortissimo e il paesaggio è avvolto da nuvole che corrono veloci. La caldera circolare è profonda 400 metri ed è interamente ricoperta dalla vegetazione. E’ incantevole; le nuvole la avvolgono muovendosi come fumi di alambicchi. In basso, proprio in mezzo, un piccolo cono è ricoperto di verdi cespugli. Un percorso gira alto tutto intorno ma è allagato e battuto dal vento; decidiamo quindi di rinviare la passeggiata a una giornata migliore. Un gruppo di portoghesi, ignorando il divieto, scende in basso. Mi fermo a guardare le nuvole: s’infilano nella caldera dal lato opposto al nostro, scendono verso il basso, risalgono e fuggono di lato. Costa settentrionale Lasciata la caldera, raggiungiamo subito la costa nord (Faial è la più piccola tra le isole visitate). A fianco della strada un falco ha catturato un coniglio e non lascia la preda nemmeno al nostro passaggio in macchina. Vicino Praia do Norte, la vista si apre sulla faja in basso. La raggiungiamo in macchina con una deviazione (il paesino si chiama proprio Faja), affacciandoci sul litorale sassoso. Tornati sulla strada principale, proseguiamo per Capelinhos, punta occidentale dell’isola. Vulcano Capelinhos L’eruzione del 57/58 ha prolungato l’isola verso occidente. Il vecchio faro non domina più il mare ma davanti a lui si staglia una montagna di pietra lavica. Sarebbe vietato scalarla ma faccio il portoghese ignorando il divieto. Dalla cima si dominano tre colli: quello scuro, dove mi trovo, e i due rossi sulla punta verso il mare. Sull’altro lato, a sinistra la costa precipita in mare con rocce brune e rosse mentre a destra si frastaglia in bassi scogli battuti dalle onde. Il soffio del vento, il gracchiare delle sterne e il rombo lontano del mare sono gli unici rumori. Oggi tutto è calmo ma cinquanta anni fa era un inferno di lava e fiamme. Trekking al Cabeco Verde La rinuncia al trekking intorno alla caldera ci lascia il tempo per un’altra passeggiata. Scegliamo di percorrere un tratto del percorso Capelo – Capelinhos, fino alla vetta del Cabeco Verde. Dopo qualche difficoltà di orientamento, alle 14:45 parcheggiamo la macchina alla fine del tratto asfaltato e iniziamo il trekking. Superati un paio di bivi, in un’ora raggiungiamo la vetta, affaticati per il caldo e la salita. Dall’alto si ammira il panorama su Capelinhos, preceduto dal verde Cabeco do Canto, naturalmente anche questo con la sua piccola caldera. Il verde dell’isola s’interrompe bruscamente con le ceneri di Capelinhos; il nuovo vulcano da quassù sembra una grande piattaforma concava. La caldera di Cabeco Verde (487 metri) si mantiene fedele al nome del monte ed è completamente ricoperta da una lussureggiante vegetazione. Durante la discesa si registra la perdita di una lente dei miei occhiali! Alle 17:00 siamo di nuovo alla macchina. A Horta è la serata di chiusura della Festa do Mar. Sopra un palco, un gruppo si esibisce in una serie di danze tradizionali, ma il gran finale con i fuochi di artificio mi sorprende quando sono già a letto addormentato. Stefania invece ha la forza di alzarsi e ammirarli dalla nostra casa, alta rispetto alla marina. Lunedì 11 agosto: Horta – Ponta Delgada La mattina, visitiamo il piccolo giardino botanico di Flamengos che conserva varie specie endemiche delle Azzorre a rischio di estinzione; molti fiori sono incantevoli e non mancano neppure i piccolissimi “non ti scordar di me”. Saliamo poi di nuovo alla caldera nella speranza che oggi la situazione meteorologica sia migliore, invece è peggiore di ieri: non si vede assolutamente nulla e affacciandosi verso la caldera sembra di avere davanti un muro grigio. In compenso scopriamo che il percorso circolare parte dal “belvedere” superiore e non dal tunnel. Ieri questo secondo non era praticabile per la pioggia notturna ma l’altro era fattibile. Porca miseria! Come al solito alle Azzorre se il tempo è brutto bisogna dirigersi al mare; a Castelo Branco, sulla costa meridionale, infatti, c’è il sole. Non riusciamo però a trovare il punto di partenza del trekking segnalato in zona. Imbocchiamo una strada laterale verso il mare che ci porta a due passi dal Morro di Castelo Branco, un imponente promontorio montuoso che si staglia sulla costa. Per pranzo raggiungiamo Praia do Almoxarife, a pochi chilometri da Horta. La baia ha una lunga spiaggia di sabbia scura, molto più bella di quella di Porto Pim. Dopo un hamburger in un bar, faccio un bagno tonificante. Il tempo è notevolmente migliorato e proviamo a tornare alla caldera ma a poche centinaia di metri dalla vetta il sole scompare e siamo di nuovo avvolti dalle nuvole! Sembra proprio che siano fisse qui! Percorriamo comunque per una quindicina di minuti il sentiero attorno alla caldera. Si cammina in uno stretto passaggio tra le siepi di ortensie e il filo spinato; verso il basso non si vede nulla. Un gruppo di turisti aspetta sconsolato che migliori la visibilità, ammazzando l’attesa con la lettura. Noi invece gettiamo la spugna con il ricordo di quanto visto ieri. Lungo la strada ci fermiamo ai mulini rossi, sulla montagna tra Horta e Praia. Riconsegnata la macchina di Francisco alla gentile madre, recuperiamo i bagagli raggiungendo il Cafè Sport per una cena frugale. Una corsa in taxi ci porta al minuscolo aeroporto con la pista collocata proprio in riva al mare. L’aereo per Sao Miguel è a elica; voliamo con la SATA la compagnia della Azzorre. A Ponta Delgada un’altra corsa in taxi ci porta in centro, alla “Casa Vitoriana” dove abbiamo prenotato un mini appartamento. Per noi è uno choc: dopo tanti giorni nei minuscoli centri delle Azzorre siamo di nuovo in una città con il traffico delle automobili e persino un’autostrada. Martedì 12 agosto: Ponta Delgada – Trekking lungo la costa ovest Trekking Mosteiros – Socorro La mattina il tempo è pessimo. Ci giochiamo quindi la carta del trekking lungo la costa occidentale. Alle 7:50 prendiamo l’autobus per Mosteiros che in un’ora ci porta a destinazione, in un paesaggio spettrale avvolto nella nebbia. Scendiamo davanti alla chiesa e facciamo quattro passi in paese aspettando che il tempo migliori. Alle porte delle case sono appese buste con il pane. Raggiungiamo il lungomare caratterizzato da formazioni rocciose e alcuni faraglioni al largo. Alle 9:40 iniziamo il trekking descritto molto dettagliatamente dalla Sunflower ma non incluso in quelli ufficiali. Si parte dalla chiesa affrontando una salita mozzafiato che in venti minuti ci porta alti sulla costa, per poi proseguire nella direzione di Ponta Delgada. Per un lungo tratto camminiamo lungo una strada sterrata, tra alte pareti di terra alternate a distese di canne. Ogni tanto si apre un pertugio e possiamo volgere lo sguardo verso Mosteiros e i suoi faraglioni. Alle 11:00 al miradouro di Ponta do Escavado ci accoglie il sole. La vista spazia a destra su Mosteiros e a sinistra sulla bassa Ponta da Ferraia con gli scogli battuti dalle onde. Una bianca vija domina il paesaggio. Proseguiamo su una sterrata, dove purtroppo è deviato l’intenso traffico automobilistico a causa dell’interruzione della strada asfaltata. Alle 11:50 raggiungiamo il punto panoramico su Ponta da Ferraia. Nell’ottocento in mare spuntò l’Ilha Sabrina, prodotta da un’eruzione sottomarina, ma resistette pochi mesi, nonostante un capitano inglese vi avesse piantato la union jack. In basso, la punta più occidentale di Sao Miguel presenta un piccolo cono vulcanico e i resti scuri della lava fuoriuscita dal vulcano Camarinhas alle nostre spalle. Un tipo si lancia dal piazzale con il parapendio centrando quasi i turisti affacciati a guardare il panorama! Decidiamo di scendere alla faja per fare il bagno nell’acqua calda. Un cartello spiega che con la bassa marea la temperatura dell’acqua sale di dieci gradi ma a quest’ora ci deve essere l’alta marea! All’una riprendiamo la nostra marcia lungo la strada costiera asfaltata, deviando poi per un sentiero in mezzo alla vegetazione. Superati gli edifici abbandonati di un’antica tenuta agricola, ritroviamo la strada costiera a Socorro. Il paese è formato da poche case con una chiesetta in cima a una scalinata. Sono le due del pomeriggio e rinunciamo all’ultimo tratto del percorso fino a Candelaria e Rabo di Asno, anche perché riprende a piovere. Ci appostiamo quindi alla fermata, in attesa dell’autobus per Ponta Delgada. Ponta Delgada Dedichiamo il pomeriggio alla visita di Ponta Delgada. Dopo avere raccolto un po’ di materiale all’ufficio del turismo, raggiungiamo la piazza centrale: un tempo, i tre archi costituivano l’ingresso alla città dal porto, prima che fosse creata la marina. Nella piazza retrostante si trova la Matriz, dedicata a Sao Sebastiao. La facciata è arricchita da un bel portale mentre all’interno la semplice navata centrale contrasta con gli altari barocchi e il grande arco di legno lavorato che incornicia l’abside. La Camera Municipal potrebbe essere scambiata per il municipio di una cittadina tedesca. A un’estremità del porto, il forte Sao Bras ospita il museo militare, interessante perché, oltre alle solite armi, illustra anche vari aspetti della vita militare, insieme a strumenti per le trasmissioni (un telefono da campo) e per uso medico. Di fronte al forte, Piazza Cinque Ottobre, meglio conosciuta come Campo San Francisco, ospita alcune belle chiese. Dal convento femminile della Nossa Senhora da Esperanca, attraversato un chiostro, si accede a una cappella. Un primo ambiente presenta pareti laterali decorate da azulejos con episodi della Via Crucis da un lato e della Natività dall’altro. In fondo si apre una stanza ottagonale tutta ricoperta di maioliche e legni intagliati. Dietro un vetro, si trova un busto ligneo di Gesù con le corde ai polsi, un mantello rosso e una corona di spine dorate. La statua esposta solo un’ora al giorno è oggetto di profonda devozione, come Cristo dei Miracoli. La gente prega inginocchiata su tappeti. In una stanzetta laterale sono conservati i mantelli indossati dalla statua, tra cui il più ricco offerto da un americano nel 2000. Terminata la visita, passiamo alla chiesa di Sao Josè su un altro lato della piazza. All’interno il grande ambiente culmina in una volta a botte con architetture dipinte e un’abside interamente ricoperta di legno dorato intagliato. La sera nell’anfiteatro sulla Marina si tiene un concerto di Mariza. La giovane cantante bionda, molto popolare in Portogallo, ha una voce incredibile che trascina il pubblico. Il suo fado mi entra nell’anima. Mercoledì 13 agosto: Ponta Delgada – Trekking alla Lagoa di Fogo Trekking alla Lagoa do Fogo Giornata dedicata al trekking alla Lagoa do Fogo. Alle sette e un quarto prendiamo il bus diretto a Vila Franca do Campo. Questa volta seguiamo la costa sud verso oriente, scendendo dopo un’ora ad Agua de Alto. Alle 8:15 iniziamo il trekking, allietato da una splendida giornata; percorriamo una strada asfaltata che sale in una valle verdeggiante. Vorremmo fare il giro circolare segnalato dalla Sunflower ma perdiamo l’imbocco del sentiero e raggiungiamo invece il cartello che segna l’inizio del percorso ufficiale. C’infiliamo in un bosco pieno dei soliti ginger lilly gialli; dopo mezzora, una foresta di eucalipti. Alle 9:45 raggiungiamo un edificio per il pompaggio dell’acqua. La vista si apre su Vila Franca, il mare e l’isolotto di fronte. Camminiamo lungo una levada, una canalizzazione in pietra che ci accompagna per un paio di chilometri fino a una diga (10:30). Il paesaggio è di un verde intensissimo. Proseguiamo infilandoci nella valletta scavata dal Ribeira da Praia, costellata dai casotti per il pompaggio dell’acqua. Alle undici arriviamo a destinazione: la vista della Lagoa do Fogo si apre improvvisa e meravigliosa. Le acque circondate da basse montagne sono verdi come la vegetazione. Sulla riva di ciottoli una piccola stazione meteorologica. Lontane, alte sulla cresta, le macchine dei turisti parcheggiate al miradouro; la gente scende per il sentiero serpeggiante come una colonna di formiche. In acqua nuotano pesciolini, subito attratti dalle molliche dei nostri panini, e qualche pesce più grande. Faccio il bagno; il fondo è un po’ melmoso e si tocca. Il silenzio è interrotto solo dal verso dei gabbiani. Intorno al lago non si scorge neppure un’opera dell’uomo. A mezzogiorno ripartiamo, seguendo per il ritorno il percorso che la Sunflower consigliava per l’andata. Il sentiero sale costeggiando il lago e dall’alto lo spettacolo è ancora più bello, con le acque azzurre e turchesi e una piccola laguna chiusa da una collinetta che sembra un’isola. Prima di lasciare la Lagoa do Fogo gli concediamo un ultimo sguardo. Si domina ormai quasi l’intero bacino: sotto di noi una spiaggia di sabbia bianca piena di gabbiani, l’acqua forma una tavolozza di colori, dal celeste al verde, al turchese fino all’intenso azzurro della parte centrale. Meraviglioso! Il sentiero comincia a scendere in picchiata con viste sull’isolotto di Vila Franca: la piccola laguna in mezzo rivela la sua origine vulcanica. Alle 13:15 passiamo su un ponte che scavalca un ruscello avvolto da una fitta vegetazione. Dopo un quarto d’ora siamo all’imbocco del sentiero mancato all’andata. Siamo stati fortunati perché questo percorso, tutto al sole, è molto più ripido per cui la scelta ottimale è fare il giro nel verso che senza volere abbiamo seguito! Alle due raggiungiamo finalmente la strada costiera all’altezza di Praia. Ne percorriamo un breve tratto fino all’Hotel Baia Resort, ai margini di una bella spiaggia. Ci ristoriamo ai tavolini all’aperto del bar ristorante. Prima del bus di ritorno c’è tempo per un tuffo in mare. Ponta Delgada Tornati a Ponta Delgada, raggiungiamo il parco Jose do Canto, un giardino ricco di alberi giganteschi provenienti da tutto il mondo, creato nell’ottocento per opera del giardiniere da cui prende il nome. Si tratta di veri e propri colossi tra i quali non sfigura un magnifico eucalipto dalla bianca corteccia. Possiamo ammirare tra gli altri un albero della canfora e uno della carta. Il vero signore del giardino è comunque un Ficus Elastica con immense radici tentacolari che sembra strappato a un tempio di Angkor in Cambogia. Ci sediamo davanti un po’ preoccupati che possa animarsi e avvinghiarci! Passeggiando nei vialetti superiamo una pianta di papiro e un canneto di bambù scricchiolante al vento, fino all’albero della gomma appartenente sempre alla famiglia dei Ficus. L’orto botanico, subito dietro la “Casa Vitoriana”, è in realtà un giardino pubblico abbellito da qualche stagno e rovina romantica. Un dragon tree ha intrecciato i rami con un grande albero e per questo le sue chiome sono meno compatte. Un altro esemplare di Ficus Elastica attrae una coppia di sposi alle prese con il servizio fotografico. La sera ci raggiungono Michele e Margarita provenienti dall’isola di Flores.

Giovedì 14 agosto: Ponta Delgada – Furnas La mattina ritiriamo la macchina a noleggio che abbiamo prenotato telefonicamente per i prossimi tre giorni. Ci consegnano una Fiat Punto dalle gomme lisce; alle nostre proteste, l’impiegato della “Flor do Norte” risponde che in Portogallo gli standard per considerare una gomma liscia sono diversi dall’Italia! Ripercorriamo la strada costiera di ieri, raggiungendo Vila Franca do Campo. La prima capitale dell’isola conserva alcuni interessanti edifici storici. La chiesa di San Michele Arcangelo si differenzia dal solito schema delle Azzorre per la facciata scura in basalto. Dal porto rivediamo l’isolotto vulcanico, ammirato dall’alto durante il trekking alla Lagoa do Fogo. Sopra la città si trova la cappella di Nossa Senhora da Paz; costruita in cima a una scalinata, ricorda in piccolo la chiesa del Bom Jesus, vicino Braga sul continente. Il panorama è molto bello. Proseguendo lungo la costa raggiungiamo il paesino di Ponta da Garcia, dove una vija è tornata alla sua vecchia funzione di avvistamento di balene, questa volta al servizio delle agenzie che fanno whale watching. Terminata l’attività mattutina, un gruppo di uomini gioca a Napoleone mentre noi ne approfittiamo per gettare uno sguardo in mare con il potentissimo binocolo. Lasciata la costa, pieghiamo all’interno fino a raggiungere la Lagoa das Furnas. Ci fermiamo alle calderas lungo la riva. Pozze di acqua bollente avvolgono di fumo i turisti. Un tizio cala in una buca un sacco con la pentola per il cozido. Nei paraggi, altre buche sono state già chiuse: carni e verdure devono cuocere per ben sette ore. Un sentiero corre intorno al lago e in due ore lo percorriamo tutto. Nel primo tratto lungo la costa ovest attraversiamo un bosco di alti pini di Norfolk, seguito da un fitto canneto di bambù. Si raggiunge poi la chiesa gotica di Nossa Senhora das Vitorias costruita nell’ottocento, completando il giro lungo la strada asfaltata. Lasciato il lago, raggiungiamo Furnas. Le calderas si trovano proprio in mezzo alla città ma la vergognosa spazzatura che le imbratta rovina la visione. Alcuni sacchi di verdura stanno cuocendo nell’acqua gorgogliante. Numerose cannelle gettano acque ricche di minerali a varie temperature; procediamo a qualche assaggio. Ripresa la strada verso la costa nord, una deviazione ci porta subito a Pico do Ferro. Il panorama sul lago circondato da colline boscose è molto bello: l’ombra delle nuvole corre sulle acque verdi, più lontano il blu del mare, di lato la caldera con il paese di Furnas. Proseguendo raggiungiamo la fabbrica del te di Gorreama, circondata dai bassi cespugli verdi delle piantagioni. Un dipendente ci accompagna nella visita. Al piano superiore sono stese a essiccare per un giorno le foglie appena raccolte. Al piano terra grossi macchinari servono per le varie fasi della lavorazione: la sterilizzazione (solo per il tè verde), il filtraggio e altre ancora. Il profumo di tè pervade tutta l’aria. Nel piano interrato il tè viene posto a fermentare per tre ore in appositi cassetti. Gran parte della lavorazione è manuale e un gruppo di donne imbusta il prodotto finito: riempiono la confezione, la pesano, la ripiegano, la sbattono e la ripongono. Lo stabilimento produce 40 tonnellate di cha l’anno. Un assaggio e un acquisto sono d’obbligo. Tornati a Furnas visitiamo lo stupefacente Parque Terra Nostra, un vero rigoglio di piante provenienti da tutto il mondo. Subito ci accoglie un imponente Metrosideros barbuto dalla Nuova Zelanda. Superata la biglietteria, un laghetto marrone di acque calde invita al bagno che rimandiamo però alla fine della visita. Percorrendo i vialetti in alcuni momenti sembra di camminare nella giungla. Dalla Cina proviene l’albero dell’amore, dall’America le gigantesche sequoie mentre le inhame dalle grosse foglie sono una specie autoctona delle Azzorre: formano un vero fiume di verde ricoprendo interamente un ruscello! La sezione dedicata ai fiori è un tripudio di colori; i nostri lilium impallidirebbero davanti ai loro parenti del parco. Alla fine del giro con Michele ci buttiamo nella piscina davanti alla Casa do Parque, antica residenza dei visconti di Praia. L’acqua marrone sgorga da due bocche a 36 gradi; c’è da augurarsi che il suo colore sia dovuto a motivi naturali! Il bagno caldo è rilassante, in particolare sotto i due getti, dove sono sottoposto a un vigoroso massaggio. Ceniamo a Furnas al “Tony’s Restaurante”: abbiamo prenotato il cozido. Ci servono due porzioni perfettamente in grado di sfamarci tutti e quattro. Si tratta di una specie di bollito: la lenta cottura nelle acque calde rende carni e verdure particolarmente saporite. Venerdì 15 agosto: Ponta Delgada – Trekking alle Sete Cidades Le Sete Cidades sono considerate una delle meraviglie delle Azzorre. In macchina raggiungiamo per primo il miradouro do Lagoa do Canario. La vista è fantastica! Spazia su tre laghi a diverse altezze: la Lagoa Azul, la Lagoa de Santiago verde e sotto di noi la Lagoa Rasa blu, più alta e piccola, quasi nascosta dagli alberi. Le nuvole spengono i colori ma rendono il luogo affascinante e pieno di mistero. In basso le bianche case delle Sete Cidades. Scendiamo alla Lagoa do Canario, pochi passi fino al bacino invaso dalla vegetazione come in una palude. Nel frattempo orde di portoghesi sopraggiungono in macchina per onorare il ferragosto con un barbeque. In macchina ci spostiamo al miradouro Vista do Rei, il più famoso, già affollato da gitanti che si godono il panorama sui due laghi, la Lagoa Verde e la Lagoa Azul, separati da una stretta striscia di terra percorsa dalla strada. Un grosso albergo giace abbandonato sull’altro lato della strada; per fortuna il suo colore lo rende abbastanza mimetizzato nella vegetazione. Trekking alle Sete Cidades Alle Sete Cidades si possono combinare vari trekking; noi decidiamo di fare il giro completo dei due laghi in verso antiorario, mantenendoci sempre in quota e partendo dal versante più alto. In macchina torniamo quindi indietro, superando il miradouro della Lagoa do Canario e fermandoci poco dopo a Mata do Canario. Un fotogenico acquedotto coperto di muschio segna l’inizio del sentiero; sono le undici. Attraversiamo un bosco di alti “abeti”; le rocce sono coperte di muschio e il paesaggio è verdissimo. Passa un locale con una moto a quattro ruote, veicolo molto popolare alle Azzorre. Dopo venti minuti usciamo dalla fitta vegetazione; uno stretto rettilineo asfaltato sale ripido a fianco dei pali della luce. I prati verdi e il cielo grigio ricordano l’Irlanda. Terminata la faticosa ascesa, siamo in cima al Pico da Cruz a 845 metri di quota, il punto più alto del percorso. Il tempo si è aperto e il paesaggio molto più luminoso appare bellissimo: a destra, il miradouro do Canario, davanti, lo specchio verde della Lagoa de Santiago e più lontano, la massa della Lagoa Azul con le acque chiazzate blu e celesti. Intorno, verdi prati, boschi e più lontano l’oceano. All’una camminiamo con il mare da un lato e il lago dall’altro. Ormai si vedono entrambi gli specchi d’acqua; su un prato smeraldo le mucche pascolano voracemente. Il sentiero, che corre sui monti che chiudono la caldera a occidente, sembra un tratto della muraglia cinese, insolitamente collocato tra l’azzurro del mare e lo smeraldo del lago! Una macchina sfreccia sul percorso come in un rally. Alle 13:40 ci sediamo su un prato per il pranzo a base di panini. Siamo sul lato opposto alla Vista do Rei, con i due laghi in posizione frontale. La leggenda racconta che una principessa s’innamorò di un pastore ma il padre la volle dare in sposa a un nobile. Il pianto dei due giovani creò i laghi, quello verde più piccolo con le lacrime di lei, quello azzurro più grande con le lacrime di lui. Il vento ha spazzato via le nuvole e le acque brillano alla luce del sole; due farfalle si rincorrono volteggiando. Unico rumore fastidioso il rombo dei motori di moto e auto che hanno preso il sentiero per una pista da corsa. Alle 14:20 riprendiamo la marcia. Per alcuni tratti i laghi non si vedono più, dominiamo invece la costa ovest dell’isola verso la quale degradano verdi prati mentre i costoni a picco sono invisibili. Dopo mezzora un cartello segnala che abbiamo percorso dieci chilometri da Mata di Canario mentre ne mancano sei per Vista do Rei. Un tratto lungo la strada asfaltata ci conduce a un miradouro su Mosteiros. La vista sui faraglioni in una giornata di sole è spettacolare: tre dita spuntano dall’oceano sorvegliate dall’isolotto più grande! L’ultimo tratto sterrato è disturbato dal continuo passaggio delle auto che sollevano grandi polveroni. Alle 16:20 finalmente giungiamo al miradouro da Vista do Rei. Il sole brilla alle nostre spalle, illuminando le acque smeraldine. Intorno, ogni cresta della caldera è stata violata; il pilastro del Pico da Cruz è un minuscolo puntino. Nonostante la grande folla e i coatti che sgommano sulle moto, la natura riesce ugualmente a trasmettere un profondo senso di pace. Rimane il problema di recuperare la macchina parcheggiata a Mata do Canario. Con Michele m’incammino sulla strada in salita confidando in un passaggio ma i turisti che sfrecciano in macchina non sembrano commuoversi. Una fontana ci concede almeno il conforto di una rinfrescata. Camminiamo ormai da un bel pezzo, quando finalmente una coppia tedesca si ferma dandomi un passaggio. Tornando a recuperare gli altri, scopro che abbiamo camminato per tre chilometri risparmiandone due! Costa nord occidentale In macchina lasciamo Vista do Rei, scendendo verso i laghi fino alla strada che attraversa la striscia di terra che li separa. A Sete Cidades gettiamo appena uno sguardo alla bianca chiesa in fondo a un vialetto alberato, proseguendo fino a Mosteiros sulla costa. Nelle piscine naturali non ci lasciamo sfuggire l’occasione per un bagno rinfrescante. La luce del tardo pomeriggio conferisce al posto un fascino particolare. Per tornare a Ponta Delgada decidiamo di seguire la costa nord occidentale, ma arrivati ad Ajuda troviamo la strada bloccata: è in corso una processione per la festa del quindici agosto. Non ci resta quindi che parcheggiare e accodarci ai fedeli. Uno stretto tappeto di fiori è stato sistemato per terra; le donne sono vestite con eleganza mentre gli uomini arrancano sotto il peso delle statue. Il serpentone procede lentamente per le frequenti soste dei portatori che poggiano le statue sui bastoni per riposarsi. Decidiamo di anticipare il giro e scendere in paese aspettando l’arrivo della processione davanti alla chiesa, illuminata per la festa. C’è una gran ressa; alcuni biliardini sono stati sistemati in mezzo alla piazza mentre da un palco proviene la disco music. Sotto un tendone è stato allestito un grande spazio per soddisfare gli appetiti. Sabato 16 agosto: Ponta Delgada – Sao Miguel orientale Vicino Ponta Delgada, a Faja de Baixo, visitiamo una piantagione di ananas. Il delicato frutto fu portato nelle Azzorre dal Sudamerica nell’ottocento ed è coltivato in serre di vetro. La maturazione è lunga e complessa, tanto che le basse piante durante le fasi dello sviluppo sono trapiantate da una serra all’altra. Quando arriva il momento, dopo quasi due anni, la serra è riempita di fumo bruciando foglie verdi. Il fumo spinge tutte le piante a maturare insieme (un’orgia vegetale!) permettendo di raccogliere i frutti della serra in un’unica volta. Mentre ci aggiriamo tra le piante, un gatto s’infila dentro una serra e contribuisce all’irrigazione! Michele e Margarita non sono stati alla Lagoa di Fogo per cui decidiamo di andare al miradouro in modo che possano almeno ammirarla dall’alto. Nell’interno però il tempo è nuvoloso e come ci era successo alla caldera di Faial non si vede assolutamente nulla. Proseguiamo quindi in discesa lungo la strada fina a Caldeira Velha. Un sentiero percorre una foresta tropicale con felci dalle grandi foglie. Una piccola pozza di acqua bollente si colloca questa volta in uno scenario naturale non contaminato dal cemento. Raggiungiamo una cascata che forma un laghetto dove si può fare il bagno, anche grazie alle opere di “perfezionamento” dei portoghesi; bello il colpo d’occhio sulle pareti di roccia rossa. Per cambiarsi ci sono delle cabine di legno dove qualcuno ha lasciato segni indecenti del suo passaggio. L’acqua è tiepida e il bagno piacevole. In macchina raggiungiamo Ribeira Grande, secondo centro dell’isola, sulla costa nord. La piazza centrale è allietata da un giardino, ombreggiato da colossali alberi barbuti originari delle Nuova Zelanda, davanti al municipio bianco con torre e arco. Su un lato della piazza si trova la chiesa barocca dello Spirito Santo. Pranziamo nel giardino consumando lo squisito ananas preso alle piantagioni, insieme al panzerotto e al panino con la bifana acquistati in una pizzeria. Da Ribeira una strada verso l’interno conduce fino a Caldeiras da Ribeira Grande, un villaggio termale con vecchie case e una sorgente di acqua calda. Ripresa la marcia verso est, lungo la costa settentrionale di Sao Miguel, ci fermiamo al Miradouro di Santa Iria, ammirando il panorama verso il mare. A Fenais da Ajuda il campo di calcio è adibito a parcheggio e un camion si è sistemato davanti alla porta. La chiesetta e decorata a festa mentre gli altoparlanti trasmettono musica rock. Il piccolo cimitero si trova sul promontorio affacciato sul mare; molte tombe hanno lapidi metalliche che assomigliano a semafori. In paese c’è una forte puzza di pipì; non si può certo dire che i locali siano attenti alla pulizia! Proseguiamo fino a Ribeira dos Caldeiroes, affollata di turisti. Nella valle attraversata da un ruscello e ricca di felci, sono sistemati alcuni mulini ad acqua mentre una cascata avvolta nella vegetazione forma un bel quadretto. Finalmente raggiungiamo Nordeste, il paese più remoto dell’isola che in passato si preferiva raggiungere per mare piuttosto che via terra. La piazza centrale è dominata dalla solita chiesa bianca. A pochi chilometri si trova Ponta do Arnela; una stradina scende in picchiata fino al faro, situato questa volta a livello del mare. Ignorando il cartello che segnala pendenze del 25%, decidiamo di percorrere in macchina i 500 metri. La strada è stretta con tornanti mozzafiato, come la via Krupp di Capri. La vista sul faro, collocato sopra un bianco edificio esagonale, è fantastica, come anche quella sulla costa con pareti verticali di roccia. La strada prosegue fino al porticciolo in un groviglio di tornanti ma è meglio non esagerare! Al ritorno per ridurre il peso procedo da solo in macchina, con grosse difficoltà sui primi tornanti ripidissimi. Per fortuna la jeep che mi si para di fronte si commuove e fa un lungo tratto in retromarcia per farmi passare. Superata Ponta da Madrugada, la strada piega all’interno in una zona montagnosa fino a raggiungere Povoacao sulla costa sud. La chiesa di Nossa Senhora do Rosario risalente al XV secolo è molto carina. Margarita è rimasta molto delusa dalla mancata visione della Lagoa do Fogo. Il tempo sulla costa è buono, decidiamo quindi di fare un secondo tentativo. Superate Furnas e Vila Franca do Campo, pieghiamo di nuovo verso l’interno ma salendo in quota ritroviamo le nuvole. Sono le otto di sera e la situazione è peggiore della mattina: la nebbia mi costringe a procedere con grande prudenza. Naturalmente al miradouro non si vede assolutamente nulla e, poiché siamo già scesi per un buon pezzo, decidiamo di non tornare indietro: raggiungeremo Ponta Delgada dal lato di Ribeira Grande. Dopo cena ci spostiamo a Campo San Francisco: c’è aria di festa con i monumenti della piazza tutti illuminati. Un gruppo di fiati si esibisce dal palco mentre la gente si accalca ai chioschi che vendono cibo e alcolici. Adulti e bambini si divertono giocando a biliardino. Domenica 17 agosto: Ponta Delgada – Lisbona Questa mattina abbiamo il volo di ritorno per Lisbona e all’aeroporto dobbiamo riconsegnare l’auto a noleggio. L’agenzia non ha un banco e si presenta un signore al quale chiedo i documenti: si rivela essere il titolare! All’ora di pranzo siamo di nuovo nell’Europa continentale e approfittando del fatto che non abbiamo imbarcato bagaglio, raggiungiamo rapidamente il centro con il bus navetta. Il biglietto acquistato ci permette di utilizzare anche tutti gli autobus per la giornata di oggi. Alla Pensao Geres per una sola notte ci danno una camera molto più piccola rispetto a quella del precedente soggiorno ma poco male; un rapido spuntino alla “Suica” e in tram raggiungiamo il Museo Nacional de Arte Antiga sul lungofiume. Chiude alle sei e abbiamo solo due ore a disposizione; saranno appena sufficienti. Al primo piano si comincia con la pittura europea. L’opera più coinvolgente è il Trittico delle Tentazioni di Sant’Antonio, pieno dei mostriciattoli cari a Bosch: un uccello pattina con un imbuto in testa, un tipo dalla testa grossa cammina con un girello, un altro seduto ha una testa al posto del torso, in alto pesci volanti, innumerevoli demoni sbucano da un grosso frutto spaccato. Anche le tinte del quadro contribuiscono all’atmosfera apocalittica. Il piano superiore è dedicato alle tracce portoghesi nel mondo: nei manufatti delle terre raggiunte dai grandi navigatori spesso emerge la commistione tra le culture differenti. Molto bello il mobilio indo-portoghese in ebano e avorio: una cassettiera è decorata da scene con elefanti, tigri e principi. Uno scrigno cingalo-portoghese è tutto scolpito a bassorilievi: su un lato reca una fascia di guerrieri sopra elefanti, sull’altro dragoni cinesi. I biombos giapponesi sono grandi paraventi dipinti; ritraggono, sullo sfondo di architetture orientali, le caravelle occidentali con i loro equipaggi di nobili europei con i pantaloni gonfi. Meravigliosa una saliera del Benin. Un’altra sezione è dedicata alla pittura portoghese ma l’unica opera degna d’interesse è il Polittico di San Vincenzo opera di Goncalves (1470/80), formato da sei pannelli. Nei due centrali il santo indossa un mantello rosso broccato; i 58 personaggi tutto intorno rappresentano uno spaccato della società portoghese del tempo. La scultura è presente con molte opere tra cui una fontana cinquecentesca con due teste, re e regina, che versano l’acqua. Nella sezione dei preziosi la croce d’oro (1214) appartenuta a Don Sancho I, secondo re del Portogallo, è arricchita da pietre preziose ma a questo punto scocca l’ora di chiusura. Terminata la visita, facciamo una puntata a Belem, per rivedere la magnifica chiesa ma anche per gustare di nuovo le mitiche paste, prodotte dal 1837. La sera ceniamo insieme a Michele e Margherita alla “Primavera do Jeronimo” nel Bairro Alto. Chiudo con le sardine con le quali avevo iniziato! Per il dolce ci spostiamo al miradouro di Santa Caterina, consumando su una panchina le paste extra acquistate a Belem. Lunedì 18 agosto: Lisbona – Roma Il volo serale per Roma ci concede un’altra giornata a Lisbona. Dal miradouro di Sao Pedro de Alcantara raggiungiamo Praca do Principe Real; la grande cisterna sotto il giardino ospita una sezione del Museo dell’Acqua. Nei paraggi si trova il Giardino Botanico, considerato il più importante in Europa ma che forse apprezzeremmo ancora di più se non venissimo dal rigoglio delle Azzorre. Tra le varie piante, alcune tentacolari, ritroviamo un dragon tree. Una voliera ospita varie specie di farfalle. Oggi però si vedono solo le meravigliose Monarca, arancioni e nere con macchie bianche; sono posate sulle piante e possiamo ammirarle da pochi centimetri. Ridiscesi verso Avenida da Libertade, dopo un’occhiata all’imponente monumento al marchese di Plombal, pranziamo in un caffè. Prima della partenza ci rimane ancora il tempo per le piazze della Baixa e un saluto a Michele.



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