Avventure Iberiche

Non sempre scegliere una determinata Nazione quale meta di un viaggio, nasce da un ragionamento razionale. Alcune di esse, si concretizzano partendo da un sottile ed intenso moto del cuore. Forse perché dentro di te senti quel determinato popolo simile al tuo, pur nella sua diversità di base. O perché vorresti renderti conto di persona e...
Scritto da: Elena Rapisarda
avventure iberiche
Partenza il: 25/03/2002
Ritorno il: 28/04/2002
Viaggiatori: in coppia
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Non sempre scegliere una determinata Nazione quale meta di un viaggio, nasce da un ragionamento razionale. Alcune di esse, si concretizzano partendo da un sottile ed intenso moto del cuore. Forse perché dentro di te senti quel determinato popolo simile al tuo, pur nella sua diversità di base. O perché vorresti renderti conto di persona e “ sul posto” in che cosa consiste una eventuale similarità o differenza che sia.

Così, piano piano inizi a sognare di andarci, di esserci, di conoscere.

Così, la voglia di Spagna si fece largo nei nostri pensieri e divenne progetto, e lo realizzammo questo viaggio, per due anni di seguito.

Due mesi intensi di scoperte, di immersione totale nella quotidianità della vita spagnola.

Due i viaggi, e non volutamente, iniziarono entrambi un 25 di marzo. Essi si fondono nella memoria in un tutt’uno. Ne emerge pertanto una sequenza di ricordi e di vissuto senza soluzioni di tempo, ma solo di luoghi.

La pioggia ed un forte vento ci tennero compagnia quasi fino a San Remo. Già cominciavamo a dubitare di aver scelto il periodo più adatto per intraprendere il nostro vagabondare spagnolo.

Ma il nostro fedele Camper ci offriva un riparo tiepido e confortevole. Eravamo a casa ! Dopo aver varcato la frontiera francese ed abbandonato il Principato di Monaco, non senza esserci immersi, nel vero senso della parola, nel bellissimo ed affascinante acquario di Monaco, arrivammo senza problemi alla frontiera con la Spagna. Finalmente avremmo conosciuto il Paese di Cervantes. Prima però dovemmo fare i conti con il famoso Mistral, che ci scosse di colpo dal viaggio fino ad allora tranquillo con una prima raffica violentissima quanto inaspettata lungo il rettilineo che da Arles porta a Nimes. Sentimmo letteralmente il Camper sbandare e prudentemente e velocemente riducemmo l’andatura a poco più di 30 all’ora.

Il Maestrale ci accompagnò per tutta la Camarque, bellissima e romantica e ci costrinse a fermarci in un paesino al riparo di poche case. Non è un vento costante, ma sono raffiche violente ed improvvise e di solito dura almeno tre giorni.

Comunque anche se rallentati finalmente arrivammo alla frontiera con la Spagna. Scesi un attimo dal Camper per sgranchirmi le gambe e quasi fui spazzata via dalla furia del vento. Scendendo attraverso la Meseta che costeggia la parte più di ponente dei maestosi Pirenei ,un po’ alla volta finalmente dimuinì di intensità e potemmo arrivare con una certa tranquillità alle porte di Barcellona.

In un piccolo e semivuoto campeggio passammo una notte tranquilla preparandoci ad assaporare il nostro ingresso in quella stupenda città con calma e riposati il giorno dopo.

Dimenticavo; la Camargue è famosa per gli allevamenti di ostriche e noi ne facemmo una bella scorta.

La cena fu favolosa, mancava solo il lume di candela. Le ostriche freschissime, profumate di mare e la nostra allegria innaffiata da un ottimo vinello della Borgogna. Inutile dire che dormimmo come due ghiri.

Al mattino seguente fummo svegliati da un sole primaverile, il cielo ero terso, il vento si era tramutato in una gradevole brezza. Un’ottimo caffè all’italiana, una doccia calda e via verso la scoperta di Barcellona.

Arrivando, dopo circa un’ora ci trovammo incanalati nella lunga via : la Diagonal, che taglia in due Barcellona e lungo la quale si dipartono le strade più belle e palazzi fantastici. Il Paseo de Gracia, i palazzi fiabeschi di Gaudì. Brevi scorci che ci conquistarono subito. Come sempre la zona dei Campeggi si trova verso l’aeroporto e quindi attraversammo tutta la città avendo un primo assaggio delle bellezze della capitale catalana. I nomi dei Campeggi sono fantasiosi: El Toro Alegre, La Balena che ride, ed altri simili.

Noi scegliemmo Las Filipinas perché a pochi passi dalla fermata di una linea di autobus che ogni 20 minuti collega questa zona con la Plaza dell’Universidad, proprio nel centro di Barcellona.

Eravamo in pochi, due Camper tedeschi, due piccoli Westfalia addossati gli uni agli altri quasi a ripararsi, una famigliola di portoghesi di Oporto e noi. Le piazzole non erano delimitate e a due passi dalla spiaggia dove il mare un po’ imbronciato ci accompagnò abbastanza rumorosamente mentre ci davamo alle faccende domestiche e a un pranzetto in puro stile italiano: una ottima ed abbondante spaghettata alla Carbonara.

Le solite informazioni circa gli orari, una passeggiata lungo il mare spumeggiante, e la preparazione per la visita vera e propria all’indomani scelta e studiata a tavolino seguendo i precisi ed esaurienti consigli dell’immancabile libro del TCI. Compagno fedele pieno di preziose notizie.

Barcellona Non ci metti molto a capire che i catalani hanno la così detta: marcia in più.

L’arte della quale è intrisa questa stupenda città, affascina subito per le sue molteplici e fantasiose espressioni.

Di Gaudì, il prolifico ed immaginifico architetto, tanto si è già parlato. Ma quando ci si trova davanti alle sue opere, ci si perde nelle loro forme armoniose che non conoscono angoli o linee rette, ma morbide curve e merletti e colori.

Lungo lo spettacolare Passeig de Gràcia, al numero 13: Casa Battlò, ci esaltò con la sua ardita facciata a mosaici, le sue forme armoniose e fantastiche. Da lì, scendendo, al 92, un altro capolavoro: Casa Milà detta anche La Pedrera che è stata dichiarata Patrimonio Mondiale dall’UNESCO.

L’arte di Gaudì è una “provocazione” di curve ardite, di balconi in ferro di una delicatezza estrema, di comignoli fiabeschi che si stagliano nel cielo.

Ma il Passeig de Gràcia è un continuo scoprire.

Altri architetti, forse meno famosi di Gaudì, ma altrettanto capaci, vi hanno realizzato palazzi di una bellezza inconsueta. Certo ispirandosi al grande ed unico Maestro..

Vi si può ammirare la Casa Llèo Morera di Domènec i Montaner dove si trova il Museo del profumo. Casa Amatller di Josep Puig i Cadafalch di ispirazione gotico.Nordica e dove ha sede il Museo Amatller d’Arte Ispanica.

Il Passeig de Gràcia , che si snoda largo e diritto, con un bellissimo viale centrale,fu realizzato per unire due altre arterie importanti : la Gran Via de les Corts Catalane, lunga 7 kilometri e l’Avinguda Diagonal, di ben 8 kilometri di lunghezza.

Esse costituiscono la parte di Barcellona che prende il nome di Eixample e fu costruita verso la metà del XIX secolo dopo che furono abbattute le vecchie mura.

Ci fermammo una decina di giorni, quella prima volta a Barcellona e ce la facemmo tutta a piedi. Strada per strada, casa per casa, barri per barri.

Nel Barri Gòtic, la parte più antica, ci perdemmo nelle strette vie medioevali che si dipartono dalla piazza Sant Jaume, raccolta, quasi intima, dove di fronte all’antica Cattedrale si trovano il Palazzo dell’Ajutamjent, cioè il Comune e il Palau de la Generalitat. Ricordo con struggente chiarezza, le cristalline e dolorose note di una chitarra. Un ragazzo seduto in un angolo dava libero sfogo al suo bisogno di esprimere l’anima in musica. E si infilava nelle strette strade gotiche, tra i palazzi color della terra catalana e mi entrò nell’anima. Ed ancora la sento. Aveva le dita intirizzite e mezzi guanti di lana ormai logori lo riparavano a mala pena. La Cattedrale, come tutte, almeno quelle e sono tante, che ho visitato in Spagna, sono immerse in un perenne buio rotto dalle fiammelle tremanti di infinite candele che i fedeli accendono in nome della fede riposta specialmente nella Vergine.

Le Chiese spagnole non sono solo luoghi di culto, ma ricordano a chi ne varca la soglia il dovere della sofferenza senza la quale non c’è redenzione. Incutono un reverenziale timore ed un senso di colpa. Perché qualche cosa di cui pentirsi sempre c’è nell’uomo.

Non fu la prima né l’unica volta che mi sentii trasportata in pieno Medio Evo.

In compenso, sulla piazza, tra la Cattedrale e il palazzo dell’Ajutamjent, la domenica, una banda suona ritornelli popolari e ritmati “ la Sardana”. Si formano allora spontaneamente dei girotondi di persone, le più diverse per età ed estrazione sociale, che messi cappotti, borse ed altro,sul selciato, nel mezzo, tenendosi per mano, danno vita a girotondi leggeri con piccoli passi cadenzati. Anch’io mi sono unita a loro accettata con la spontaneità giocosità dello spagnolo che cede di fronte al ritmo ed alla sua naturale predisposizione per la letizia ed i rapporti umani. Momenti di inserimento totale ed armonioso.

In una delle strade laterali scoprimmo una volta un ristorante: La Cuinota: la cucinetta. Sbirciando vidi mobili d’epoca ed un’aria don chisciottesca che mi rapì. Entrammo e mangiammo in un museo. Pranzo ottimo con maitre in guanti bianchi. Parlammo dell’Italia e del loro bellissimo paese . Ci scambiammo quasi le identità ed in ultimo ci fece accompagnare in una visita.

Innumerevoli sale con tavole già imbandite per la sera con tovaglie splendenti di lino, porcellane finissime e calici istoriati. Un sogno. E fu un sogno anche il conto, ma aggiungemmo al costo del pasto, ottimo, anche il fatto che l’avevamo consumato in un luogo antico e vero. Non ci lamentammo perché avevamo trovato una rarità dove si abbinava l’arte della cucina con quella dei secoli passati.

A Barcellona Gaudì sovrasta tutti e tutto. Da qualsiasi parte , se solo sali di pochi metri dal livello del mare, dominano le guglie della Sagrada Famiglia.

Ci si sente interdetti dinnanzi a quel monumento alla cristianità.

Non so se Gaudì fosse un vero credente. Spesso gli artisti non lo sono, so solo che al cospetto di questo eterno cantiere, dimentichi i lavori in corso e ti senti dolorante come il Cristo emaciato e scarno sulla croce. Ti senti felice e puro al cospetto della Natività sul Portale principale. La Sagrada Famiglia la vivi da vicino e da lontano, dal basso e dall’alto. Nel marmo che ricorda la visita di Giovanni Paolo II, e nei bracci delle gru che tentano da decenni di capire che cosa volesse e come, costruire il Maestro Gaudì. Perché si, Gaudì la Sagrada Famiglia l’aveva tutta nel cervello e nel cuore, ma non lasciò progetti sui quali basarsi per ultimare la sua costruzione; quando già settantenne fu investito da un tram.

Da Placa de Calalunya, dove platani ombrosi si accompagnano a curati giardini arricchiti da fontane e numerosi e moderni gruppi scultorei, contornata da imponenti edifici che costudiscono discretamente i segreti di importanti Istituti Bancari, si raggiungono le Ramblas.

In tempi lontani, sul lato occidentale delle mura datate XIII secolo e poi demolite, scorreva un torrente.

Il salotto di Barcellona lo trovate qui, dove oggi si incontrano più stranieri che catalani. Dove la vita scorre sia di giorno che di notte fra canti di uccellini variopinti, innumerevoli fiori, artisti di strada che si esibiscono per poco o niente e tanti piccoli gruppi o singoli ognuno dei quali esprime la propria voglia di musica, la più contrastante, rimettendosi alla mercè della bontà dei passanti..

Le Ramblas nei suoi tre tratti con diverse nomenclature attraggono irresistibilmente il turista più che il catalano.

Le opere d’arte, espresse in palazzi e teatri come il Liceu, storico ed antico sancta Sanctorum di cantanti non solo spagnoli. Distrutto da un incendio negli anni 90 e ricostruito a tempo di record.. Uno dei più bei teatri d’Europa che io, amante della lirica e vissuta alla sua ombra, ho percorso con un leggero batticuore procurato dall’atmosfera speciale che vi aleggia . Accompagnata dalla squisita disponibilità di un personaggio speciale: un guardiano o meglio un innamorato del suo teatro..

Le Ramblas con i suoi lampioni creati da un Gaudì ancora giovanissimo e la residenza dei Guell anche questa uscita dalla fertile mente di Gaudì. Il suo mercato della Boquerìa con la sua profusione di profumi e colori. I banchi di pesce che sono opere d’arte e dove ci misi più di mezz’ora per scegliere dei gambas che erano un’ode al dio del mare.

Il Museo delle Cere sulla sinistra scendendo verso la Placa de la Porta della Pau a due passi dal Porto con sulla destra l’imponente edificio dell’Arsenal e la passeggiata che dal mare fa da cornice al Parco sulla collina Montjuìc. Ricordo che la salimmo a piedi presi dalla bellezza di scoprire ad ogni curva un nuovo scorcio sul porto dove, tra l’altro si trova anche la riproduzione fedele della Santa Maria di Cristobal Columbos.

Eccomi arrivata dove volevo:al monumento del nostro italianissimo genovese Cristoforo. Se i Re Cattolici e specialmente Isabella, non avessero molto intelligentemente intravisto nella pazza impresa (per quei tempi senz’altro) del nostro connazionale una speranza di poter arricchire il regno castigliano di nuovi tesori e terre, il povero Cristoforo Colombo, dopo aver invano bussato alle porte di casa propria non avrebbe versato nelle casse spagnole un tesoro immenso fatto di nuove terre da incamerare, tesori aurei e una infinita riserva di schiavi.

Esso si erge alto e snello su un piedistallo dove in bassorilievo sono incisi i più salienti episodi legati alla sua avventura nel Nuovo Mondo. Il suo sguardo spazia lontano verso quel mare che ha segnato tutta la sua vita. Quel mare che sfidò e vinse. Quella gloria che lo accolse tardi e che fu postuma. Grazie Barcellona per questo indistruttibile riconoscimento anche se si chiama Cristobal. Noi, suoi concittadini, allora fummo ciechi e sordi. Peccato che (come quasi tutti i colonizzatori), avete ucciso, depredato e schiavizzato tanti popoli per la sola disgrazia di essere gli abitanti di terre ricche e sfruttabili.

Ma la storia purtroppo si ripete sempre… La vera natura dei barcellonesi catalani è oltremodo borghese, mentre Madrid rimane attratta dalla natura europea di Barcellona, essi guardano alla capitale con un senso di rispetto e di dispetto. La vera natura dei catalani vi verrà svelata solo nell’intimità delle loro case. Se si ha la fortuna di essere invitati a far parte del loro cerchio, allora vi si riveleranno tutte le contraddizioni che hanno fatto grande questo popolo. La loro passione per i cibi tradizionali, la leggerezza delle conversazioni argute. La disponibilità mentale e la cortesia.

Tolta la corazza di probi uomini d’affari, di lavoratori rivolti solo alla parte materiale della vita, si scoprirà che il catalano è gentile, allegro, arguto, pieno di fantasia, ma…Terribilmente borghese.

Da una parte ha profuso capitali per far costruire opere d’arte uniche da Gaudì ed innumerevoli geni dell’architettura. Dall’altra ha curato meticolosamente i sogni borghesi di espansione commerciale.

Ma i catalani hanno sempre quella marcia in più che li distingue: Ricasso, Mirò, lo stesso Gaudì così arabeggiante.E non dimentichiamoci di Salvador Dalì! Più mi sono avvicinata alle loro opere e più ho avuto la strana sensazione che in qualche modo, questi geni del modernismo, spesso si prendessero gioco dei propri simili.

Ammetto, tra le arti figurative preferisco un Velasquez , un Goya. Forse non ho la fantasia necessaria per diventare una fans di un Mirò, un Dalì o un Picasso . Anche se quest’ultimo non è catalano di nascita, ma per scelta caratteriale ed artistica. Mi perdonino gli estimatori, ma la mia è una piccola e personalissima voce, che certamente non può in qualcun modo influenzare la riconosciuta grandezza di questi pittori entrati prepotentemente nella storia delle arti figurative moderne.

Barcellona e i catalani ti conquistano e ti fanno desiderare di tornare ancora e sempre. Ma la Spagna è tutta bella, interessante e tanto, ma tanto viva.

Oggi sono dolorante nell’anima.

La notizia dell’attentato a Madrid mi ha colpita oltre i limiti umani. Non ho parole, ma la mia solideriatà totale e la mia comprensione vanno a quel popolo che con tanta dignità, con tanto coraggio ha subito l’affronto fatto a tanti suoi figli togliendo loro la vita in un modo vile ed esecrabile.

Oggi più che mai mi sento anche SPAGNOLA.



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