Autumn in New York

IL VIAGGIO E’ risaputo. L’uomo, con la scoperta della velocità, ha eliminato il viaggio, e rimangono soltanto gli arrivi e le partenze. Te ne accorgi quando ti capita di salire su un aereo dell’Alitalia, con 12 ore di ritardo (l’aereo, non te, che sei da mezza giornata a Malpensa 2000 a imprecare), imbottito di psicofarmaci per...
Scritto da: Giampiero Orselli
autumn in new york
Partenza il: 24/11/2000
Ritorno il: 26/11/2000
Viaggiatori: in coppia
Spesa: 2000 €
IL VIAGGIO E’ risaputo. L’uomo, con la scoperta della velocità, ha eliminato il viaggio, e rimangono soltanto gli arrivi e le partenze. Te ne accorgi quando ti capita di salire su un aereo dell’Alitalia, con 12 ore di ritardo (l’aereo, non te, che sei da mezza giornata a Malpensa 2000 a imprecare), imbottito di psicofarmaci per superare la paura del volo (te, non l’aereo che deve andare a più di 1000 all’ora e a certe cose c’è abituato). Destinazione New York. Finalmente decolli, la chimica comincia a fare il suo mestiere, e ti addormenti di fronte a un episodio di Mr. Bean che hai gia visto 16 volte in tivù, mentre una hostess cerca di farti mangiare una porzione di salmone affumicato imboccandoti. Quando ti svegli, negli oblò dell’aereo appare lo skyline di Manhattan, il più grande pianeta multiculturale del mondo. Altro che Star Wars. Lo choc è forte, come tutte le volte che ti trovi di fronte fisicamente a un’immagine che hai visto mille volte al cinema, in televisione e sui giornali (un po’ come incontrare Sharon Stone sull’ascensore, tornando a casa). Tre quarti d’ora di viaggio sulla linea A del metrò (perché non hai certo i soldi per il taxi), e scendi alla stazione di Time Square. L’effetto è una via di mezzo tra una pastiglia di LSD, il viaggio finale di 2001 Odissea nello spazio, e la scenografia di un concerto dei Pink Floyd. Difficile da sostenere soprattutto se pensi che poche ore prima eri alla fermata dell’autobus sotto casa tua che aspettavi il 45 barrato per arrivare all’aeroporto. Ma questo si è già detto. Il viaggio non esiste più: solo arrivi e partenze. Dunque meglio limitarsi ad alcune immagini su New York, raccolte da te che sei un viaggiatore, inesperto, sprovveduto, provinciale, e indeciso a tutto nell’affrontare “la grande mela”. PICCOLO DIZIONARIO NEWYORKESE BARNES E NOBLES – E’ il nome di una catena di librerie disseminate per tutta Manhattan. Molto apprezzate dai turisti e dai perdigiorno locali per le loro toilette (coda garantita). Sono dotate anche di servizio bar, con caffè americano lavico e ciambelle meravigliose. Immagine cult: “No, i libri di Alberto Bevilacqua sono anche qua!” CANTIERI – I cantieri a Manhattan sono così grandi che sembra ci debbano costruire una città intera. I muratori di New York sembrano tutti modelli di Kelvin Klein (in realtà sono modelli di Kelvin Klein che hanno scoperto che a fare i muratori si guadagna di più). Immagine cult: Un muratore di Kelvin Klein che mangia un hot dogs bevendo una bottiglia di wiskey (roba che neanche il fegato di Superman…). CASA DI WOODY ALLEN – Pellegrinaggio di rito alla casa di Woody Allen su Central Park, seguendo l’indirizzo trovato su Panorama (Fifth Avenue 930). Momento di raccoglimento e commozione (per poi scoprire, al ritorno a casa, che Woody Allen ha traslocato di recente). Immagine cult: la portineria del palazzo di Woody Allen: 200 metri quadri in stile Luigi XVI, più portiere nero in livrea. CENTRAL PARK – Il polmone verde di New York, stupendo al punto da far sembrare i parchi londinesi orinatoi per cani. Immenso come la foresta amazzonica, colorato come un dipinto di Monet, gotico come un racconto di Lovecraft. A tutte le ore c’è qualche miliardario che fa footing e qualche immigrato che gli porta a spasso i cani, (ma di Richard Gere e Wynona Ryder neanche l’ombra). Immagine cult: la veccchina che abita di fronte alla casetta di Peter Pan e che non risponde quando la saluti rispettosamente. Sicuramente un fantasma. CHINATOWN e LITTLE ITALY – Due assurdi stradoni, uno in fila all’altro. A Chinatown ci sono migliaia di cinesi, a Little Italy l’unico italiano sei tu. Lo capisci dai numerosi templi buddisti dentro le vetrine di Chinatown. A Little Italy, l’unico segno di religiosità militante è un’immagine stinta di papa Woityla, nella vetrina di una salumeria,con tanto di lucine colorate. Immagine cult: il nome della pizza Margherita scritto in cinese. CHRYSLER – Non c’è dubbio, con il suo completo in stile liberty e le sue decorazioni formato gargoyle, è il più bel grattacielo di New York Immagine cult: Le porte degli ascensori sono così belle che non te la senti di entrare, così ti limiti a guardarle e te ne vai. DAKOTA – Meraviglioso edificio gotico sulle rive di Central Park, caratterizzato dai bassorilievi con le facce di capi sioux. Sicuramente costruito su antico cimitero indiano,con tanto di maledizione annessa. Al suo interno, nel 1968, Roman Polanski girò Rosemarie Baby e davanti al suo portone, l’8 dicembre del 1980, fu ucciso John Lennon (l’inquilino più famoso). Fa persino paura passarci di fronte, altro che andarci ad abitare. Immagine cult: la collina di Strawberry Fields, proprio davanti al Dakota, meta di fan dei Beatles, di giapponesi, e di fan dei Beatles giapponesi. DONNE – Non si notano particolarmente (al contrario che a Parigi o a Bologna). Balzano agli occhi soltanto certe nere meravigliose (ma quelle ci sono anche qui). Immagine cult: Una donna poliziotto che si rifà il trucco nello specchietto dell’auto di servizio. EMPIRE STATE BUILDING – Un’ora di coda per arrivare in cima, ma ne vale la pena (la vista è di quelle che si portano nella tomba). Molto affascinanti le scale interne (ma è sconsigliabile farle in salita). Immagine cult: un piccione posato sulla ringhiera del terrazzo (chi l’avrebbe mai detto che arrivavano così in alto). GRAND CENTRAL STATION – La stazione centrale di New York (ti ricordi la scena clou de Gli Intoccabili, quella con Kevin Costner e la carrozzina in stile Eisenstein?). Cinema, cinema e sempre cinema. Immagine cult: Tanti piccoli treni pronti a partire. Più in là, da qualche parte, gli Stati Uniti. GRANDE MELA – Perché New York è soprannominata “The Big Apple”? Pare che sia per un manifesto pubblicitario che, negli anni Settanta, ebbe un grande successo. Raffigurava una grande mela sullo sfondo della città. A proposito di pubblicità: il più grande manifesto pubblicitario di New York è New York stessa. Dopo averla visitata una volta, puoi stare certo che ci tornerai e che ne parlerai bene agli amici. Immagine cult: L’enorme modellino pubblicitario con il Concorde a Time Square. Macabro, molto macabro. JAZZ – A New York, per sentire del buon jazz, non hai alcun bisogno di andare in qualche localino fumoso del Greenwich o della 42esima strada. A New York, il jazz è ovunque. Esce dai tombini, dai tubi di scappamento delle auto, dai comignoli delle case. E anche se non esce da nessuna parte, in realtà, ti sembra di sentirlo. Immagine cult: due jazzisti nella metropolitana di Time Square, che suonano con il piattino davanti. E sono i più grandi jazzisti che tu abbia mai sentito. LIMOUSINE – Sono auto lunghe più o meno quanto un tram, con tutti i vetri oscurati. A Manhattan sono più numerose dei taxi e questo la dice lunga sul tenore di vita dei newyorkesi. (Un mistero: A Manhattan non ci sono distributori di benzina, eppure c’è pieno di macchine. Chissà…). Immagine cult: La limousine posteggiata di fronte al Dakota. Tu immagini che dentro ci sia Yoko Ono e resti in attesa che esca per farle lo sgambetto. LUCI – Le mille luci di New York, dopo mezzanotte sono quasi tutte spente, (per risparmiare energia e perché i newyorkesi abitano tutti altrove). Manhattan è deserta, e cominci a temere che ci sia stata la fine del mondo e tu sia l’unico sopravvissuto. Poi vedi la luce di un drugstore che alle tre del mattino ti serve riso tailandese. Allora ti tranquillizzi: la fine del mondo c’è stata per davvero. Immagine cult: Le vetrinette dei drugstore piene di bevande dai colori fosforescenti. Vorresti comprarne una, ma poi il tuo fegato ti manda un avviso di chiamata, e lasci perdere. MAC DONALD – Colpo di scena. I Mac Donald di New York sono esattamente uguali a quelli di Roma, Parigi e Praga. Vedi alla voce: globalizzazione. Immagine cult: L’uomo sandwich di Mac Donald che fa una pausa per mangiare se stesso. MALAVITA – Tutte le guide dicono di stare attenti ai rapinatori, eppure non se ne vede nemmeno uno. Ci rimani così male che ti vien voglia di rubare un portafoglio. Immagine cult: Il red-angel sulla metropolitana con la faccia da giovane marmotta. PONTE DI BROOKLIN – E’ il nonno di tutti i ponti di New York e il punto di riferimento di tutti i masticatori di chewingum del mondo. Pare che traversarlo a piedi sia un’emozione unica (se soltanto si capisse come si fa a salirci sopra). Immagine cult: Il ponte che sparisce nella nebbia e sembra portare in un’altra dimensione. QUESTIONARIO – Per andare a New York non c’è più bisogno del visto. Basta un passaporto in regola e una cinquantina di dollari in tasca per ogni giorno che uno prevede di trascorrere là. Unica formalità: la compilazione sull’aereo di uno spassoso questionario in cui il viaggiatore deve dichiarare di non essere un terrorista, un killer o uno spacciatore di droga, (capita spesso che terroristi, killer e spacciatori di droga, distratti dalle hostess, mettano la crocetta nel posto sbagliato e vengano smascherati e arrestati). Immagine cult: I poliziotti di New York, che sono ovunque e fanno più paura dei ladri, che invece sono molto più snob. SIMPATIA – Finalmente un luogo comune che corrisponde al vero. I newyorkesi sono simpaticissimi. Sia il miliardario che fa footing a Central Park, sia il nero del ghetto che cammina con un impianto stereo sulla spalla si faranno in quattro per indicarti una strada, sforzandosi addirittura di parlare la tua lingua, (prova a ripetere l’esperienza con un londinese o un parigino e poi riferiscimi). Immagine cult: Il venditore di ciambelle senegalese che racconta che suo fratello fa il vuo cumprà a Rimini. t.V. – La tivù è accesa ovunque, 24 ore al giorno. Centinaia di canali, tra cui uno interamente dedicato a New York che aggiorna continuamente su furti e rapine, facendo passare la voglia di uscire dall’albergo. La tivù americana è molto trash, ma non come quella italiana (infatti gli USA sono l’unico paese al mondo che ha snobbato Il grande fratello). Immagine cult: Vedere gli stessi telefilm che ci sono in Italia, (fa un certo effetto). TEMPO – New York, rispetto all’Italia ha sette ore in meno di fuso orario e sette gradi in meno di temperatura. Quando arrivi ti ritrovi, in un istante, ringiovanito e congelato. In compenso gli impianti di condizionamento sono onnipresenti e micidiali. Bronchite garantita. Immagine cult: Temperatura sotto zero, e un tassista di colore che guida a piedi nudi. TOMBINI FUMANTI – Appena ne vedi uno capisci che sei proprio a New York (anche se ci eri già arrivato da solo). Pare che siano la valvola di sfogo degli impianti di riscaldamento. Balle. Nei sotterranei di New York c’è una civiltà nascosta, che vive immersa in un fiume di lava. Altro che termosifoni. Immagine cult: Il tipico homeless di New York che si siede sul tombino per riscaldarsi il fondoschiena. TRE GIORNI – Cercare di visitare New York in tre giorni e come voler leggere Guerra e Pace in un pomeriggio. Ti scatta la paranoia di vedere più posti possibili e ti costringi a un “tour de force” degno delle fatiche d’Ercole. Visiti il Metropolitan (che per girarlo tutto ci vorrebbero due anni di vita intensa), in tre quarti d’ora. Percorri Manhattan su e giù, con un passo che ti farebbe squalificare alla grande maratona. Visiti i grandi magazzini Macy (che richiedono più tempo del Metropolitan) in 18 minuti. Dormi tre ore per notte, perché la città è là fuori che ti chiama continuamente, con voce di sirena, e tu non puoi resistere. Immagine cult: il Babbo Natale di Macy, che quando scopre che sei italiano ti fa sedere sulle sue ginocchia e ti parla con uno strano accento di Cesenatico. FINALE – E il momento di tornare a casa, dopo tre giorni che ti hanno dato l’illusione di aver visto tutto e di non aver visto niente. Comunque stai tranquillo: Tu te ne vai da New York, ma New York non se ne va da te. E’ già lì che ti aspetta. Alla prossima. Giampiero Orselli – New York City – 24/25/26 novembre 2000


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