Australia paese ideale
Si è cercato di non ripetere nel racconto, descrizioni ed informazioni reperibili sulla guida ma di riportare, piuttosto, impressioni e notizie pratiche di cui si possa aver bisogno durante il viaggio, e per vari motivi non idonee ad essere riportate su una guida.
Turisti per caso Siamo partiti con la stampa (carattere 8) di un file contenente tutti i racconti sull’Australia apparsi su Turisti per caso dal 2001, che abbiamo creato con copia e incolla. Col senno di poi, avremo dovuto, con un ulteriore copia ed incolla, mettere vicini tutti i commenti su una stessa località, in modo da non dover poi continuamente sfogliare il fascicolo per trovare e leggere i commenti del posto dove si sta, apparsi su racconti diversi. Infatti a Sydney, che era l’ultima meta e ci restavano solo i fogli di Sydney, ci siamo trovati molto meglio.
Aerei: Volo internazionale: Le tariffe aumentano intorno al 20 Luglio per il passaggio bassa-alta stagione. Il 23 luglio era l’ultimo giorno di bassa stagione per la Thay con la quale siamo partiti (1209 €/pax A/R). Da consultare comunque anche la Quantas (scalo a Francoforte), più costosa, ma che offre agevolazioni sui voli interni, e la Cathay (scalo a Honk-Kong). Escluderei la Korean che passa per Seul e che renderebbe più massacrante il già massacrante viaggio. Consiglio di non fare il biglietto oltre Marzo per poter scegliere i posti più economici e il giorno preferito per il ritorno, tanto si può disdire la partenza entro 48 ore perdendo solo 100 €/testa. Potendo, è meglio stare fuori 35 giorni, almeno per il giro che abbiamo fatto noi. Attenzione, non è possibile cambiare il giorno del ritorno, anche se la Compagnia lo consentirebbe a costo zero, perchè i voli da Bangkok per l’Europa, Roma inclusa, sono pieni fino a Ottobre, infatti a Sydney saremo rimasti altri 3 gg ma è stato impossibile.
Voli nazionali australiani Occorre prenotare dall’Italia per 2 motivi: la tratta per Alice Springs è molto trafficata e si rischia di non poter partire quando si è deciso, facendo sballare il programma successivo e le variazioni dei voli sono costose. Inoltre, il sistema tariffario, consultabile su Internet, prevede fasce via via più costose man mano che si esauriscono quelle meno costose, tipo Red e-deal, oppure gli unici voli che restano sono quelli notturni che rovinano la giornata successiva. Le prenotazioni via Internet sono come al solito eseguibili con carta di credito e viene fornito un codice (ma a noi hanno chiesto sempre e solo i passaporti). Il tempo limite è di 1 h ed il peso di ogni bagaglio non deve superare 20 kg. Ma in una tratta avevamo 29 kg (quantas) e ci hanno solo attaccato un etichetta con la raccomandazione di piegare le ginocchia quando si sollevava la valigia e non abbiamo pagato extra.
Le compagnie aeree australiane sono 3: Quantas (più costosa ma unica in alcune tratte: Adelaide- Alice Springs per esempio e Darwin- Cairns), Jetstar (più economica) con cui abbiamo fatto il volo Cairns – Sydney, e Virgin Blue che non abbiamo mai preso. Alberghi in Australia Nessun albergo è sotto un certo standard, tipo sulle Dolomiti, dovunque si va si va bene. Anche nell’alloggio più scadente, si trova un bollitore e le bustine per il caffè (decaffeinato e non), te, zucchero e a volte cioccolata, condizionatore, frigorifero, ferro da stiro ed asse relativo. Per cui, procurandosi latte e biscotti si può fare colazione in camera. In un caso, ma era un appartamentino, c’era la lavatrice con asciugatore e tutte le stoviglie per cucinare. Le prenotazioni sono inutili nelle grandi città dove siamo stati (Melbourne dove abbiamo prenotato, ma eravamo appena arrivati, Adelaide e Sydney), ma indispensabili per Yulara (al centro dell’Australia dove c’è il monolite, e più tardi si prenota più si spende, fino a rischiare di non trovare posto), per il Kings Canyon, e per Darwin, dove a causa di corse di cavalli abbiamo dovuto dormire in aeroporto dal quale comunque saremo partiti la mattina seguente. Difficoltà abbiamo trovato anche al Kakadu Park, dove abbiamo preso la sistemazione più costosa, ed al Litchfield Park, sempre a nord, dove abbiamo preso la sistemazione più scacciata, diano altrimenti di dormire in una Comunità esotica di Buddisti, peraltro molto originali ma che, a pelle, non ci attirava tanto.
Guida a sinistra: Terrorizzati dalla guida a sinistra stavo per cedere alle suppliche di mia moglie di prendere gli autobus di linea. Ho resistito ed ho avuto la soddisfazione di un “hai avuto ragione” dalla mia amata consorte. All’inizio si aziona il tergicristallo anzichè la freccia, e ciò capiterà anche sul finire del viaggio e si pensa parecchio prima di imboccare una strada che si para perpendicolare alla nostra: “Devo fare la curva larga o stretta? Devo guardare a sinistra o a destra prima di immettermi ?. Caldamente raccomandato il cambio automatico che evita un pensiero in più oltre quelli già citati. Ampio il ricorso alle rotatorie che ovviamente vanno impegnate in senso orario dando la precedenza alle auto che già la stanno percorrendo. Benzina a costi variabili a seconda della località in cui si va. C’è una cartina (acquistabile in Australia) in cui sono segnate le pompe di benzina che verrà fatta esclusivamente dal guidatore andando a pagare nel vicino baracchino. Il traffico, a parte le grandi città, dove comunque si guida decentemente se non si corre e sopportando qualche meritata clacsonata, è praticamente assente per cui l’handicap della guida a sinistra è mitigato e anche se le strade sono solo a 2 corsie, con ogni tanto tratti a 4 corsie espressamente aggiunte per facilitare i sorpassi, si può tenere benissimo una media di 140-150 km orari ove non esistono limiti di velocità (nella Stuart Highway, per esempio, che unisce Adelaide con Darwin e taglia trasversalmente l’Australia da Sud a Nord). Considerate poi che le auto prese in affitto sono revisionate dalla compagnie (Europcar, Hertz, Avis), per cui la guida è confortevole e sicura, più che in Italia. Il mano stradale è in perfette condizioni e ci si accorge di una differenza solo per una diversa tenuta di strada che si avverte sui 150 km/ora. Le distanze sono in km, ma se uno chiede informazioni, nessuno sa quanti km ci vogliono per arrivare in un certo posto !! La risposta sarà in tempo: 3h e ½, 5h,etc, questo perchè inconsciamente si conosce la distanza, la velocità media che si considera è 90 km/h, e dividendo automaticamente il primo valore per il secondo sia ha il tempo necessario. Da notare che noi siamo sempre arrivati prima nei posti, appunto perchè abbiamo tenuto sempre velocità più elevate di quelle considerate nei vari depliants e dalle persone interpellate. A parte le grandi città, nella campagna non si incontra nessuno, per cui la guida è ampiamente facilitata e si può correre. Attenti ai Road Trains, autocarri con fino a 4 rimorchi che vanno superati con almeno 1 km di strada libera davanti a se e assolutamente non rallentare se se ne vede qualcuno dietro che cerca di sorpassare. Fare benzina ogni qualvolta si trova un distributore per …Evitare brutte sorprese nel Nulla. Inoltre, sembra strano a dirsi, lontano dai grandi centri abitati la segnaletica è carente ed imboccare una strada sconosciuta può significare percorrere decine di km senza incontrare anima o cartelli, con le conseguenze che un guasto può generare. Il saluto dei rari guidatori che si incrociano nel Nulla australiano, consiste nel sollevare l’indice destro senza lasciare il volante. Sealed significa asfaltata, unsealed significa sterrata, ma, a parte alcune strade, purtroppo le più intriganti, le sterrate sono spianate e si può andare anche senza 4WD.
Cibo Per gli australiani il cibo non è una priorità ed è solo un mezzo per vivere. Abbiamo assaggiato carne di coccodrillo (gommosa e dura), di emù e di canguro (buone), ma la migliore resta la carne di manzo: portano bistecche favolose che a noi piacciono well done. Cercate di non farvi mettere salsette strane che sviliscono il sapore e soprattutto no onion please (cipolla) che mettono dappertutto. Il pesce nazionale è il barramundi che cucinano bene (anche qui solo alla griglia per andare sul sicuro) e poi frutta e patate lesse e fritte. Altro non hanno, a parte le aragoste, i pesci freschi ed i molluschi che grigliano o friggono seduta stante. Ma mi pare che sia più che abbastanza.
Compagnia Rent a car: Dall’Italia abbiamo impiegato un sacco di tempo per cercare via Internet una compagnia locale che facesse prezzi competitivi rispetto alle big (Hertz, Europcar, Avis e Thriftly), ma alla fine abbiamo preso 2 volte Hertz ed una Europcar, perchè per esempio solo la Hertz assicura l’auto sia quando si prendono i traghetti sia a Kangaroo Islands, dove l’incontro ravvicinato con animali in corsa è assicurato. A proposito, consiglio caldamente l’assicurazione con “eccesso zero”, cioè in caso di incidente per colpa nostra, o perché gli animali rovinano la macchina, si è assicurati per danni alla macchina e non paghiamo nulla. Spendevamo 34 $/giorno per questa assicurazione, altrimenti se ne possono spendere 28 ma con una franchigia di circa 260 $. Nel prosieguo del racconto ci sarà la conferma della giustezza di questa scelta. Per una serie di circostanze e di link abbiamo prenotato le 2 auto della Hertz dall’Italia con lo sconto del 15%, avendo la tessera ACI per i soli sconti (20€). Quando possibile, abbiamo chiesto la formula Km illimitati, ma dalle parti di Ayers Rock hanno consentito solo 100 km al giorno perchè il punto di riconsegna (drop-off), Darwin, era troppo lontano dal punto di presa, Ayers Rock. Al rent-a-car chiedono assolutamente la patente italiana, mentre quella internazionale è opzionale e sarà la polizia a chiederla in caso di controllo, anche se da qualche parte ho letto che basta quella italiana anche per la polizia. Avevamo deciso di non portare la patente italiana, che secondo noi veniva superata da quella internazionale e mia moglie non l’aveva portata mentre io mi ero dimenticato di …Lasciarla a casa… Che Fortuna !!! La patente internazionale dura 3 anni, a meno che non scada prima quella italiana. Si fa alla motorizzazione civile e costa, fra bolli e cose varie, circa 38 euro. È consigliabile, se non si ha l’assicurazione con zero eccess, controllare la macchina con il funzionario, quando si ritira, e soprattutto quando si riconsegna, in modo che venga rilasciata una liberatoria che l’auto è stata riconsegnata come è stata presa senza di lui.
Le tratte che abbiamo fatto con la macchina in affitto sono state: Melbourne- Kangaroo Islands- Adelaide con Toyota Camry della Hertz: (km fatti: 2268, kmetraggio illimitato, 60.5 $/giornox 6 gg (affitto auto), 29.46 $ (restituzione in aeroporto), con assicurazione 0 excess 34 $/giorno x 6 gg (assicurazione Kasko), 106$ (pieno di benzina a fine nolo)= circa 714 $ per 6 gg (Tasse incluse:10%).
Ayers Rock- Darwin con Toyota Tarago della Hertz: (km fatti 3873, kmetraggio gratis: 100 km/giorno, 0.25 cent/km extra (2873 km extra), 101 $/giorno x 10gg (affitto auto), 150$ (restituzione in aeroporto), con assicurazione con 250$ di franchigia, 28$/giorno x 10 gg (assicurazione kasko con franchigia) + spese di cancelleria !! = circa 2300$ per 10 gg (Tasse incluse: 10%). Cairns-Cairn con Toyota Tarago della Europcar: (km fatti: 444, kmetraggio illimitato, 70.36 $/giornox 3 gg (affitto auto), 89 $ (restituzione in aeroporto+ tassa registrazione veicolo + altre spese incomprensibili), con assicurazione 0 excess 31 $/giorno x 3 gg (assicurazione Kasko)= circa 393 $ per 3 gg (Tasse incluse:10%).
Jet Lag: “Se riusciamo a dormire nel tratto Roma Bankgok (15.10-1.45, quando a Melbourne è notte 23.20-9.45), guadagneremo un giorno e fregheremo il Jet Lag”; morale: siamo talmente eccitati che non chiuderemo occhi dall’inizio alla fine del viaggio aereo, salvo piccoli pisolini dettati più dalla noia che dal sonno. Il mio medico mi sconsiglia melatonina, pastiglie e tisane artificiali ma solo un pò di valeriana che nella fretta dimenticheremo di prendere. I primi 2 giorni il Jet Lag si fa sentire e ci ritroviamo, a Melbourne, addormentati sugli autobus o persino camminando…!!! Il terzo giorno la situazione migliora anche perché devo guidare. L’avvertenza è di fermarsi a smaltire il sonno, che prende verso le 16 (le 8 italiane), e una notte insonne che costringerà per 3 volte a fermarci in una piazzola. Al ritorno il Jet Lag costringe alla resa verso le 19 (le 3 di notte australiane) e levataccie ed incontri con gli altri membri della famiglia alle 3 di mattina, però è meno traumatico perchè si può stare a casa a smaltire.
Inizio escursioni: L’orario di inizio viene rispettato in modo maniacale, per cui non pensate che ci sia il minuto accademico: se ci siete bene altrimenti perdete la gita. Per facilitare a volte dicono che la crociera parte alle 10.44… !!! e partirà alle 10.45. Carte di credito: Accettate dovunque la VISA e la Mastercard, molto meno la American Express e la Diner per le quali, una volta, sono arrivati a chiederci fino al 4% in più di sovratassa, ma nei grandi alberghi o per il rent a car sono accettate tutte. A consuntivo risulterà che la VISA electron e la Diners sono le vantaggiose rispetto al cambio in Euro, la VISA classic e l’American Express le peggiori.
Cellulari: Con il “passaport” della vodaphone, attivabile gratuitamente, pagavamo 1 euro parlando per ½ ora al ricevimento di telefonate dall’Italia e con la stessa tariffa del piano tariffario italiano (più 1 euro) se a telefonare eravamo noi in Italia. Gli SMS costano 0.5 euro, quelli ricevuti sono gratis. Abbiamo quindi deciso di non comprare tessere telefoniche australiane ed abbiamo comunicato con SMS tra di noi e con i nostri amici che ci hanno raggiunto una settimana dopo, il 31 Luglio, a Kangaroo Islands.
Cambio: Si usano i dollari australiani AUD ($). Abbiamo cambiato in Italia in banca (dopo averli prenotati 20 gg prima) 1199 euro (incluse commissioni) con il corrispettivo di 2000 $ (rapporto $/€ 0.6 cioè un dollaro viene dato in cambio di 0.6 euro), mentre in Australia il cambio è a 0.64 più le commissioni che si aggirano intorno a 10 $, quindi non conviene. All’aeroporto di Adelaide il cambio era pessimo (0.65 $/€ per chi compra $ con € e 0.55$/€ per chi compra € con $ (per un dollaro ti danno 0.55 euro) con commissioni di 8$ fino a 400$ e del 2% oltre i 400$ sia acquistati che venduti). Per 100 euro quindi danno: 100/0.65=154$-8=146$ cioè 100/146= 0.68$/€ !! In Italia li abbiamo comprati a 0.6$/€, quindi su 100 euro ci hanno dato 100/0.6=167$, quindi una differenza di 21$ ogni 100 euro (167$-146$) e di 210$ ogni 1000 euro. Ogni 1000 euro quindi si perdono 210*0.6=126 euro, il 12.6% !!!!!! Ma, a parte piccole eccezioni, fish and chips take away e le mance, si paga sempre e tutto con carta di credito. Un $ (AUD) è quindi 0.6 euro, cioè un pò meno di 1160 Lire: moltiplicate per 1000 ed aggiungete il 10%. Esempio: 400$ sono 400.000 + 40.000= 440.000 Lire.
Australiani: Popolo sveglio, gentile e disponibile. Non avido di denaro ma preciso ed attento. In ogni situazione pare che esista una procedura, che tutti conoscono, non è elastica ed è messa a punto ed ottimizzata in un compromesso fra gli interessi del cliente e quelli del gestore. Per cui assolutamente inutile chiedere: è possibile…, potrei…: le richieste che cominciano in questo modo non vengono neppure considerate, prima ancora di arrivare alla sostanza, perché ritenute di carattere edonistico e perturbative dell’ordine consolidato e corrente, e ricevono una risposta negativa. A meno che uno ha evidente bisogno, allora la musica cambia diametralmente e si fanno in 4 per rendersi utili. Tra loro scherzano e si lanciano battute, sono sempre allegri, pare che non abbiano problemi e danno sempre il meglio di se stessi. Inglesi non sono perchè pur essendo discreti, si interessano a te ed intervengono spontaneamente se vedono che sei in difficoltà: gli inglesi sono tanto discreti che anche se sei moribondo per terra non intervengono, perché devi ..Chiederglielo altrimenti la considerano un’ ”interferenza” nella sfera privata !!. Nulla a che fare con gli americani per i quali contano solo i soldi, l’efficienza e la competizione che qui non è cercata a tutti i costi ma è un punto di arrivo naturale della procedura. Evidentemente dovendo ricominciare daccapo 2 secoli fa, hanno fatto tesoro degli errori di 4000 anni di cosiddetto sviluppo occidentale. La cosa che colpisce è il metterti a tuo agio col sorriso e con la spontanea fiducia che trapela e che hanno fin dal primo incontro. Anche tra loro quando si incontrano per la prima volta cominciano a parlare in modo semplice e fiducioso, come membri di una grande comunità quali sono.
Coccodrilli Ci sono i Freshy, di acqua dolce, di indole pacifica se non disturbati ed i Salty di acqua salata che però risalgono il corso dei fiumi e si confondono con i primi, a differenza dei quali sono aggressivi e pericolosi per tutto ciò che si trova sui bordi di un fiume (per non parlare di quello che c’è nel fiume) e misura 50x50x50. Infatti le aggressioni sui bordi fluviali da parte dei salty si sono avuti per animali, bambini, o per uomini accovvaciati e che quindi rientravano nelle suddette dimensioni standard. Sono animali preistorici, terribili visu, ma estremamente intelligenti e sensibili: alcuni trasportati da Cairns alla costa opposta del Cape York Peninsula, hanno ritrovato il luogo di origine percorrendo fino a 1500 km !!. In genere, ma non sempre, stanno sulla riva immobili con la bocca spalancata che, a dire che sono Made in China, non si andrebbe molto lontano, altrimenti li si vede nuotare per brevi tratti. I due tipi si riconoscono perché, a bocca chiusa, nei salty i canini inferiori restano fuori dalla mandibola ad abbracciare la mascella, mentre nei Freshy ci sono delle cavità nella mascella che li alloggiano, per cui non si vedono a bocca chiusa. Se il coccodrillo ha la bocca aperta, nel dubbio, è meglio non avvicinarsi.
Quando andare: La stagione secca va da maggio a ottobre e si ha il vantaggio di poter raggiungere tutti i posti con un clima caldo –umido accettabile, e le cascate non sono nel pieno dell’attività. La stagione umida va da Novembre ad Aprile e si ha il vantaggio di una maggiore quantità di acqua, ma alcune zone non sono praticabili ed il clima è caldo-umido insopportabile, ma le cascate sono al massimo.
Osservazioni: Alle 5 del pomeriggio l’attività cessa e tutti si ritirano a casa, a parte i servizi essenziali (benzina, posta,…). Persino a Melbourne abbiamo avuto difficoltà a trovare un ristorante alle 7 di sera anche perché i ristoranti non sono evidenti e segnalati a grandi luci come da noi e spesso occorre andarseli a cercare con via e numero civico alla mano. Ogni paesino, anche il più sperduto, ha un centro informazioni condotto da giovanissimi o da anziani in pensione, ed offre un opuscolo con i punti da vedere intorno che spesso non sono granchè ma sono fatti talmente bene, dal punto di vista formale ed organizzativo che viene la voglia di vederli. In ogni caso ogni punto è corredato da pannelli istruttivi e didattici che, in modo semplice e con il minimo di parole, spiegano la geologia, l’habitat e l’ecosistema del luogo che si visita: veramente elegante, culturale, istruttivo e di buon gusto. Se facessimo noi la stessa cosa, ci vorrebbero 20 anni per visitare l’Italia…!!!! Ma abbiamo la cultura per farlo?? Il soggiorno è stato dal 23 Luglio (partenza) al 19 agosto (ritorno). L’itinerario seguito è stato il seguente: Roma-Bangkok-Melbourne, Ocean Road, Kankaroo Islands, Adelaide > Alice Springs (aereo Quantas: 613$ in 3), >Ayers Rock (aereo Quantas: 561.36$ in 3), Tennant Creek, Katherine, Kakadù Nat. Park, Litchfield, Darwin > Cairns (aereo Quantas:1264$ in 3), Port Douglas, Cape Tribulation, Cairns > Sydney (aereo Jetstar: 453$ in 3).
Per l’Ocean Road occorre un giorno in più per fermarsi oziosamente a Port Fairy, Robe, Coorong Park e fare qualche passeggiata in più nella foresta pluviale.
A Kangaroo Islands bastano ed avanzano 3 giorni, ma è necessario alzarsi presto, specie se si va in inverno quando alle 18 è buio.
Nel Red Center è assolutamente necessario prenotare dall’Italia in modo che si può scegliere l’albergo meno costoso o il pacchetto più conveniente. Avendo una 4WD, la zona sarebbe più interessante ed avventurosa.
Alice Springs: considerata una città di passaggio, merita invece almeno 1-2 giorni pieni.
Kakadu Park: anche qui è consigliabile prenotare perché oltre quelle 3-4 sistemazioni non ce ne sono altre.
Darwin: abbiamo dormito in aeroporto per mancanza di alloggio, ma tutto sommato eravamo di passaggio. Basta accertarsi che ci sia posto con qualche e-mail dall’Italia.
Reef e Cape Tribulation: è la parte che abbiamo curato meno e le conseguenze si sono fatte sentire. Data l’impraticabilità della Barriera Corallina tutti i giorni andata e ritorno, in quanto distante 50 km, cosa che nessuno aveva mai segnalato, perché evidentemente l’amore degli sposini in viaggio di nozze cancella tutte le difficoltà, avremo potuto pianificare l’affitto, con un gruppo, di una barca (o barcone) che ci portasse sul Reef, ormeggiasse vicino ad un’isola, magari senza sbarcare (il soggiorno sulle isole costa anche 500 € a persona (!!!!) e la mattina dopo ripartisse per altra località del Reef. In questo modo si sarebbe risparmiato l’albergo sulla terraferma e, magari spendendo qualcosa in più, saremo stati padroni del reef per 3 giorni. Oppure potevamo prendere un piccolo aereo da turismo in 6, per portarci su un isola la mattina e riportarci indietro la sera, permettendoci di fare il bagno entrando in acqua ed uscendone utilizzando le gambe come nelle barriere che già conosciamo. Ma non sapevamo, e neppure ora, dove affittare l’aereo o se i barconi per piccoli gruppi esistevano, quale era il loro prezzo e dove trovarli. Probabilmente al porto di Cairns avremo trovato maggiori ragguagli, ma non ci abbiamo pensato e, ripeto, abbiamo organizzato male questo tratto.
Sydney: città stupenda: è inutile prenotare perché l’offerta è molto alta ed entro certi limiti è possibile contrattare.
Wheater Sembra di essere a Londra: tempo inaspettatamente variabile con giornate di sole forte alternate a cali di temperatura e pioggerellina sottile. Qualche temporale lo ha fatto: da notare che le piogge non sono state mai accompagnate da tuoni e fulmini. Il carattere discreto e silenzioso degli Australiani è stato mutuato anche dal tempo atmosferico !! Time A Melbourne e Sydney le longitudini sono simili (+8 ore di differenza con l’Italia e 9 quando da noi non c’è l’ora legale). Le ore diventano 8.30 ad Adelaide perché si va verso Ovest. Nei 29 gg di soggiorno australiano abbiamo perso completamente la nozione del tempo, senza sapere che numero e che giorno della settimana era. Non abbiamo letto un giornale italiano ed abbiamo vissuto in un clima di deresponsabilizzazione, nella totale inconsapevolezza di quanto succedeva nel nostro paese.
Note: A forza di guardare il rugby in televisione, ci siamo appassionati !! A differenza del football americano, i giocatori non sono per nulla bardati con caschi e armature varie, eppure i placcaggi non sembrano meno cruenti, però pare che, contrariamente agli USA, può essere placcato solo il giocatore che ha la palla e che quindi se lo aspetta. La palla si passa al compagno solo all’indietro, o si porta con se in avanti oppure la si calcia in avanti. Gli sforzi disperati per portare la palla verso la meta avversaria si risolvono tutti con grandi ammucchiate di giocatori. Una volta abbiamo assistito anche ad una rissa con tanto di cazzotti, spintoni e rincorse attraverso il campo.
1° – 23 Luglio Domenica Il 23 luglio finalmente i ¾ della famiglia (siamo in 3) partono per l’Australia. Dopo aver prenotato mesi prima con la solita preoccupazione che capiti qualcosa fino alla data della partenza, siamo usciti alle 11.30 da casa e alle 13.30 siamo a Fiumicino con l’aereo che parte alle 15.30. Da notare che, conoscendo moglie e figlia, avevo detto loro che l’ aereo partiva 2 ore prima dell’orario effettivo…!!!!. Ciononostante siamo in aeroporto arrivati in zona Cesarini. Siamo sul satellite, uscita C30, il personale della Thai ci saluta con le mani giunte ed abbassando leggermente il capo. Sono riuscito, grazie alla mia altezza, e a dei problemi di circolazione (veri) a farmi mettere nei posti vicini all’uscita di sicurezza (53 a-b-c) nella tratta Roma-Bangkok e con una promessa, che non sarà mantenuta, dello stesso trattamento fra Bangkok e Sydney. Sono le 15.45 e l’aereo (3618 € 3 persone A/R Roma Melbourne), rulla sulla pista e parte. Abbiamo una fame da lupi e dopo un’ora dal decollo ci portano il pranzo con le solite cose sfiziose ma di pessimo gusto delle compagnie aeree. In più ti lasciano il vassoio per un’ora prima di ritirarlo, cosa insopportabile per chi, come me ha anche problemi di … Incontinenza. Durante il volo verrà portato, su richiesta, un altro secondo di carne.
La Thay serve alcolici a bordo ed all’ennesima richiesta di whysky, lo stuart chiude in faccia la tenda della cambusa ad una turista spagnola che si incazza, urla e cerca di afferrare la bottiglia spingendo contro la parete lo stuart che cerca di fermarla; mi alzo per dividerli ma lo stuart la mette KO con perfette mosse di lotta giapponese. All’arrivo a Bankgok, la aspetterà la polizia, che dopo un breve interrogatorio la lascerà andare dopo grandi risate e tutto finirà a tarallucci e whisky !! Siamo nel paese dei Thay ma ci pare di essere in…Italia !! 2° -24 Luglio Lunedì Sono le 7 (ora locale: +5 rispetto a Roma (con l’ora legale, altrimenti si aumenta di un’altra ora)) e siamo sopra Bankgok dopo 10 h di volo, intravediamo i sobborghi, c’è un fiume e, contrariamente alle nostre aspettative di foreste tropicali ed impenetrabili, ci colpisce la miriade di casette molto basse, sparse dappertutto: pensiamo che anche qui il territorio è rovinato dall’urbanizzazione selvaggia, ci chiediamo ancora se italiani e tailandesi abbiano origini comuni. Ci colpisce anche l’incredibile quantità di acqua: fiumiciattoli, pozze (risaie?) e canali dappertutto. Ci fanno scendere e passare il bagaglio a mano ai Raggi X. Alle 8.10 imbarco per Sydney dove arriviamo alle 20.20 (ora locale: +3 rispetto a Bankok e + 8 rispetto a Roma) dopo 9h 10 min di volo Andiamo alla zona transiti e ci fanno ripassare il bagaglio a mano ai Raggi X. Partiamo alle 21.45 con un altro aereo per Melbourne dove arriviamo alle 22.50, dopo uno spuntino con pane e salame. A Melbourne c’è freddo ma per fortuna ci siamo portati le giacche a vento che si renderanno utili anche in altre fasi del viaggio (qui è inverno !!!, anche se è più mite del nostro).
In aeroporto, dopo il controllo passaporti, ed il ritiro bagaglio (che avviene in tempi rapidissimi ed i bagagli stanno già girando quando arriviamo) ci fanno passare al vaglio di un ufficiale sanitario che ci sequestra un panino con prosciutto ed un arancio portati per sicurezza dall’Italia. Questo fatto ci fa ridere, anche se ne comprendiamo il motivo, pensando al casino che gli australiani fecero il secolo scorso, quando alla fine della costruzione della ferrovia lasciarono liberi i cammelli, poi fecero scappare delle volpi che diventarono un flagello, liberarono 24 conigli, importati dall’Europa, che moltiplicandosi distrussero buona parte del foraggio facendo così morire migliaia di capi di bestiame. È proprio vero che si passa da un eccesso all’altro !!!. Ci chiedono se siamo stati in contatto con animali, se abbiamo visitato fattorie nel nostro paese, se abbiamo animali con noi: rispondiamo no a tutto per default, previa studiata e falsa riflessione, per evitare disguidi. Ci domandano se abbiamo farmaci e al nostro sì, aggiungono loro (sigh) che si tratta di medicine per uso personale e ci fanno passare. Al panino si aggiungono le prugne secche dall’Italia (just in case), ma per fortuna non ne avremo bisogno. Prendiamo un taxì alle 24 (39.5 $) quando mi accorgo di aver perso 2 passaporti: ma no forse sono in fondo alla borsa tracolla rossa che mi porto sempre appresso. Alle 0.30 del 24 Luglio arriviamo al BackPacker (180 $/2 notti stanza tripla con colazione inclusa), in Franklin Street, prenotato dall’Italia e scelto perchè si trova nella stessa via dove dopodomani alla Hertz ritireremo la Toyota Camry con aria condizionata e lettore CD che ci porterà per 6 giorni da Melbourne ad Adelaide passando per Kangaroo Islands. La colazione è compresa (un cornetto salato ed un cappuccino (sigh) ed il bagno è in corridoio (doppio sigh) ed il termosifone ad olio in camera non funziona perchè non c’è tensione nelle prese (triplo sigh)). Con il senno di poi saremo potuti andare al Ibis hotel che è in Therry Street che è parallela alla Franklin Street (Hertz) ed è sicuramente più confortevole (99$/giorno camera doppia + charge per 3° persona). In camera mi accorgo che la perdita del passaporto è reale: angoscia e disperazione. Che fare? Ambasciata, consolato, polizia ?. Abbiamo letto che i clandestini in Australia sono tenuti in campo di accoglienza sine die…, no a noi non capiterà, non siamo mica extracomunitari !!, peggio siamo extra- oceaniari. Continuare il viaggio interno senza passaporto ma con la sola patente internazionale ? E poi alla partenza dall’Australia? Mi ricordo che il controllo passaporti era prima del sequestro del panino e forse l’ho lasciato vicino all’ufficiale sanitario, o forse mi è caduto nel tragitto per il taxi, ma comunque il passaporto è in area aeroporto. Aprendo le valige ci accorgiamo che da due valigie è sparito il lucchetto e sono stati rotti gli anelli della chiusura a lampo a cui si attaccava. Controlliamo il bagaglio ma fortunatamente non manca nulla: dovevamo leggere l’oroscopo australe prima di partire…!!.
3° -25 Luglio Martedì Alle 5 di mattina mi alzo per andare all’aeroporto a cercare i passaporti, non senza prima aver segnalato al portiere di notte la mancanza di corrente in camera. È freddo e la nebbia non mi fa vedere a più di 1 metro: l’atmosfera ideale per Jack lo Squartatore. Dopo 15min di quella che resterà una delle più belle ed emozionanti passeggiate del viaggio, aiutandomi con una cartina che a malapena consulto sotto i lampioni gialli, arrivo alla stazione degli autobus in Spencer Street alla Southern Cross Station. Le navette partono ogni 30 min e in 40 min arrivo in aeroporto (15 $ one way, 24 $ A/R). Domando ad una signora della Quantas che mi invia all’ufficio oggetti smarriti dove una signora mi chiede se i passaporti avevano la copertina… Ecco, penso, li ha visti e si vuole sincerare che siano i nostri. Invece no: sfoglia un librone e…Nulla, nessuno li ha portati. “Veda al customer office”, dice, “veda se sono la”. Vado, chiedo se… e dopo 5 min arriva una signora trionfante con i passaporti in mano. La abbraccerei, cosa che faccio baciandola su entrambe le guance. Torno in albergo rivitalizzato e dopo un rapido racconto, preceduto dalla solita scena madre che non li ho trovati ed invece eccoli qua, facciamo colazione e alle 10 usciamo. Il centro di Melbourne è piccolo e si può girare tutto a piedi. Melbourne è una città austera che emana cultura e serietà. Sembra anche una piccola città come può essere Cremona o Piacenza ed invece ha 3 milioni di abitanti ma…Non li dimostra. La prima meta è un giro panoramico con un tranvetto (City Circle tram) che fa un percorso circolare, passa ogni 5- min ed è gratuito. Si può scendere, visitare e risalire,. Il tram finisce le corse alle 17.30 o 18.
Vediamo alla nostra destra il Parlamento con un cartello che espone gli orari delle visite guidate gratuite, scendiamo ai Carlton Gardens e siamo al Museo di Melbourne con descrizione della vita degli aborigeni e Imax annesso (3D sul Reef-biglietto unico da 17 $ adulti e 12 $ fino a -16 anni, che scende a 16 e 8 $ per i clienti dei Backpackers, come noi, e ci hanno creduto solo sulla parola). Sono tanto sinceri e gentili questi australiani che passa la voglia di “arrangiarsi” come spesso capita da altre parti del mondo…Ed infatti non capiterà mai salvo di far passare mia figlia (15 anni) ed il figlio degli amici (16 anni) per 14 enni, quando capitava, ma non ci hanno mai chiesto nessun riscontro, anzi a volte lo hanno suggerito loro di dire che avevano 14 anni e ci hanno dato il biglietto scontato. Ancora il Jet Lag e sul tram la testa crolla, gli occhi si chiudono e perdiamo conoscenza per qualche secondo. Arriviamo a piedi a Cardigan street che percorriamo per un pezzo, poi torniamo indietro e da Victoria street arriviamo al Queen Victoria Market, antico mercato e giriamo fra le bancarelle che espongono pesci freschi di tutte le dimensioni, peccato che non li cucinino davanti: una mia amica mi ha detto che al mercato di Sydney uno si sceglie il pesce che gli viene cucinato e che poi si mangia comodamente seduti in una terrazza vicino. E me lo ha detto come se fosse stata una delle più belle esperienze del suo viaggio. Controlliamo i prezzi della frutta: circa come in Italia a parte le banane a 15$/kg per una tempesta che ha distrutto le piantagioni di banane delle zone tropicali australiane dove sono coltivate. Sempre con il free-tram scendiamo nella Flinder street all’ altezza di King street ed andiamo in Collins street dove c’è l’ingresso al Melbourne observation deck (le Rialto Towers) a vedere il panorama: bellissimo, luci dappertutto ed una visione d’assieme della città (34 $ in 3, con sconto per -15 anni).
Andiamo a cena al Duke of Kent a Troble Street: venendo da Flinder Street e camminando sulla Queen Street, si gira a sinistra all’incrocio con La Troble street e dopo 40 m, sulla sinistra, c’è il ristorante: 3 bistecche welldone e le solite patate lesse con 2 birre ed una coca cola (70 $ in 3).
4° -26 Luglio Mercoledì Melbourne-Cobden via Apollo Bay (282 km) Sveglia alle 6.30, colazione (8-9) gratis e poi si va alla Hertz. Abbiamo dormito bene, siamo attivi e volenterosi. Il tempo è incerto, il cielo è grigio-celeste ma non sappiamo se perchè è coperto o perchè è ancora mezzo buio. Preparo i bagagli mentre chi si fa la doccia e chi smanetta oziosamente col cellulare. Alla Hertz, a 80 m dall’albergo, ci chiedono patente italiana e internazionale, ci danno la cartina di Melbourne, le indicazioni per l’Ocean Road e la cartina di Adelaide dove arriveremo il 31 luglio. L’addetto ci fa visionare l’auto (Camry Toyota con aria condizionata e lettore CD) per eventuali danni esistenti, anche se con l’eccess pari a 0 non dovremo averne bisogno, e ci da indicazioni sull’uso del cambio automatico. Praticamente ci sono solo 2 pedali, quello sinistro è il freno (piede sinistro) e quello destro è l’acceleratore (piede destro), c’è poi, all’estrema sinistra in alto, un poggia piede sinistro. La macchina cambia automaticamente quando raggiunge una certa velocità; c’è poi la retromarcia, la marcia bassa (per salite ripide), il folle e la posizione di parcheggio: queste 4 posizioni si inseriscono con una leva posta sulla sinistra del volante, ma in pratica, si usa solo la retromarcia e la posizione di parcheggio. Ai semafori leggermente in salita non c’è bisogno di premere il freno perchè la macchina resta ferma automaticamente, mentre avanza lentamente in pianura senza premere l’acceleratore. Usciamo da Melbourne in direzione Geelong e facciamo il primo errore dirigendoci verso l’aeroporto, ma una signora al semaforo ci fa segno di invertire la marcia ed imbocchiamo così la strada giusta. Probabilmente è per questa manovra che un mese dopo mi verrà addebitata dalla Hertz sulla carta la somma di 14$ per multa. Sono le 10.30 quando usciamo da Melbourne con la Princes Fwy, diretti verso Geelong. Sole stupendo e caldo. Da Melbourne a Geelong sono 75 km (55 min secondo le stime australiane di 80 km/h di media). Alle 11.00 siamo alle porte di Geelong, prendo confidenza con la macchina e tiro un pò. Ci fermiamo al centro informazioni per sosta tecnica. Il tempo è come a Londra: uno scroscio improvviso di pioggia e poi sole accecante, ora è coperto ma non piove. Facciamo rifornimento in un supermercato di acqua, biscotti e frutta. Da Geelong a Torquay 24 km (1/2h) e da qui inizia la Great Ocean Road (GOR). A Torquay facciamo una deviazione per la famosa spiaggia di Bells Beach ma di surfisti nessuna traccia. Alle 12 siamo a 91 km da Apollo Bay e a 167 da Port Campbell. Passiamo ad Anglesea e Lorne e le vedute della costa sono davvero spettacolari: le rocce di calcare sono basse, levigate e arancioni e contrastano con il blù dell’oceano. Ad Apollo Bay mangiamo al “The Bay Leaf Cafe” 2 ottimi stinchi lessi (37.1$) con patate e Minù si rovescia addosso la zuppa bollente che, giustamente, non ci riportano. Dopo Apollo Bay si entra nell’ Otway Nat. Park e nella foresta pluviale dove restiamo immersi. Arriviamo alle 16 a Lavers Hill dove c’è un crocevia che a sinistra continua l’Ocean Road per Port Campbell e a destra porta sulla C155. Si prende a destra la C155 e dopo il bivio per Ferguson, si svolta a destra dove è scritto Triplet Falls e lì c’è, nella Sky Forrest, la Trip Top Walk (17$), una passerella su cui si sale e che si snoda attraverso e vicino alle cime degli eucalipti ed è comunque interessante l’originalità della costruzione. Alle 16.15 siamo al centro visitatori: il parco chiude alle 17 e la passeggiata dura un ora. Rinunciamo alla Trip Top Walk e torniamo a Lavers Hill, riprendiamo la Ocean Road e ci dirigiamo verso Princetown da dove imbocchiamo la C166 per Simpson e per Cobden, verso l’interno, dove erroneamente abbiamo prenotato la 1° notte sull’ Ocean Road. Potevamo, senza prenotazione, pernottare sulla costa dove gli alloggi tipo B&B non mancano, ma dall’Italia non si riusciva a capire come era la situazione alloggi. Passiamo per Simpson dove ceniamo in un emporio, di quelli che si vedono nei film sulla provincia americana e che è gestito da un’ intera famiglia. Mangiamo fish and chips e vediamo una macchina con cassone, con 2 mucche sopra: l’autista entra nell’emporio e chiede un bicchiere di latte e pensiamo che gli Aussie sono talmente precisi che lui il latte lo vende ai negozi e da questi lo deve comprare. Ripartiamo e dopo 23 km arriviamo a Cobden, nel B&B (Grand Central) prenotato dall’Italia (150 $), eccessivo a conti fatti per lo standard del posto, ma comunque la stanza è grande e rifinita e la colazione è compresa. Il B&B è stato messo su da 2 tedeschi che dopo il viaggio di nozze,sono rimasti in Nuova Zelanda, dove la signora ci dice che ha lasciato il cuore anche se si vive meglio in Australia. Ci fa un interessante discorso sul fatto che in Australia non esistono praticamente le leggi e l’ordine, a suo dire, è basato sulla scarsa, ma onesta, popolazione. Cosa che ci farà riflettere anche in funzione del discorso che ci farà il tassista di Sydney. La giornata è finita, una bella doccia e poi a letto che domani ci aspettano i 12 apostoli.
5° -27 Luglio Giovedì Cobden – Mount Gambier via Port Fairy (360 km) Ci alziamo alle 6 ed alle 7 facciamo una ricca colazione. Quello che era stato definito un errore, si rivelerà una piacevole digressione dal percorso turistico ed un assaggio della provincia australiana che per certi versi pare simile a quella dell’ Ohio e dello Iowa dove si lavora e la vita scorre monotona senza che succede mai nulla.
Alle 8 partiamo per Lavers Hill, per andare alla Sky Forest non vista ieri. Ci perdiamo e facciamo decine di km sulla strada sbagliata, probabilmente su una strada che porta alla Princes Hwy, poi facciamo segno ad un furgoncino, che si ferma e che identifichiamo, dalla scritta, con il man per lo spurgo dei pozzi neri. Ci offre di precederci fino alla retta via e ad bivio si ferma, scende dalla macchina e, messi i gomiti sul finestrino, dalla parte di mia moglie, comincia a chiacchierare perché ha saputo che siamo italiani. È stato nei dintorni di Roma e a Firenze per lavoro. È un tipetto sui 60 e ci accorgiamo che è sdentato e mezzo calvo; dato il posto e il potere che gli riconosciamo per la conoscenza che ha del territorio, e la sicurezza con cui ci parla, con un perenne sorriso ed un tono scanzonato, potrebbe essere uno dei montanari di “Un tranquillo week end di paura”. Arriviamo…Indenni… alla Sky Forrest tramite una strada che ci riporta a Lavers Hill direttamente, senza quindi passare vicino a Princetown come all’andata e con gli ultimi 30 km di magnifica strada sterrata in mezzo alla foresta pluviale, e siamo solo noi qui, noi e lei, nessun altro segno antropico. Imbocchiamo la C155, arriviamo alla Sky Forrest (17 $, 9 $ bambini -16 anni, tot per noi 43 $) e facciamo un bellissimo giro di circa ½ km di 1 h sulla struttura metallica alta 25 m, che gira attorno alle cime degli eucaliptus ed ha una piattaforma alta 47 m da cui si vede tutta la foresta pluviale. È ciò che rimane della foresta preistorica primordiale quando l’Australia si staccò dall’ Antartide per dirigersi verso nord. Uno cammina con le cime degli alberi attorno a se. Ristoro e punto vendita alla fine. Rifornimento benzina a Lavers Hill (148c/l, 74$+56c (1700 Lit/l), 50.38 l), e subito dopo Princetown, facciamo un giro in elicottero (420$) di 40 min sui 12 apostoli e la costa circostante di uno stupendo colore arancione a picco sul mare e tutta coperta di verde.
In effetti è l’unico modo per vedere bene i 12 apostoli, che non abbiamo contato, perchè da un certo punto in poi la strada corre interna e si può vedere la costa solo dai lookout panoramici. Il pilota cerca di fare una visita guidata aerea, attraverso le cuffie e microfono che abbiamo in dotazione, ma non capiamo nulla. Soddisfatti, riprendiamo la GOR e, prima di Port Campbell, ci fermiamo al lookout per vedere Gorge and Loch, un arco che se ne sta li solo soletto fra la costa e l’oceano. Sembra un arco trionfale romano. Prima di Port Campbell ci sono dei tratti di costa bassi dove a sinistra c’è l’oceano e a destra la foresta pluviale fitta fitta. Arriviamo a Port Campbell, tipico villaggio di pescatori sull’oceano, tipo quello del film “La tempesta perfetta” (una strada larga costeggiata da negozietti e magazzini tutti di legno, ma le case dove sono ??) e mangiamo Fish and Chips. Chiedo cozze crude e mi fanno vedere una porzione di cozze congelate sgusciate che “ Se voi te le scongelo”, No, grazie, ma in un villaggio di pescatori…Ecco…Pensavo… “Se vuoi pesce fresco devi andare a pescartelo”, mi dicono. Prendo una porzione di gamberetti (fresca o già scongelata?): 5 gamberetti 10 $. Alle 16 partiamo da Port Campbell ed alle 20, correndo un pò, ormai ho il pieno controllo della Camry, siamo a Mount Gambier (3 ore di auto con 1 ora di sosta per riposare fino alle 17.30), quindi 3 ore di guida nette. Poco prima di entrare a Mont Gambier, sulla sinistra c’è un lodge: Jubelle Motor Inn, dove paghiamo 136 $ stanza + cena in 3 (3 belle bistecche con salsa: 75 $ la stanza e 61 $ la cena. Osservo che le condizioni di sicurezza in Australia sono inferiori a quelle nostre: fili elettrici volanti, ciabatte con fino a 7 spine attaccate. La stanza non è delle migliori ma siamo di passaggio. L’obiettivo era arrivare fino a Robe, a 125 km da qui, ma eravamo troppo stanchi.
6° -28 Luglio Venerdì Mount Gambier – Kingscote (387 km) Sono le 8 di mattina e stiamo andando a visitare il Lago azzurro di Mont Gambier per poi partire per Cape Jervis dove abbiamo prenotato (dall’Italia) il traghetto Sealink per Kangaroo Islands (KI) per le 18. Visto il lago, nulla di eccezionale in confronto al lago di Albano, ma lo pubblicizzavano come un lago da un azzurro intensissimo, imperdibile, alle 8.45 ripartiamo per il Coorong park, ultima meta prima di arrivare a Cape Jervis. Passiamo per Millicent e vediamo il bivio per Beachport. A 15 km da Robe, sono le 10.15,vediamo dei laghi alla nostra sinistra. Alle 10.30 arriviamo a Robe ma prendiamo la circonvallazione e non lo attraversiamo (peccato perchè pare che meriti visto che è un paesello relativamente antico). Dopo Robe il paesaggio è stupendo, le nuvole enormi in un cielo di un celeste profondo che ci ripaga dell’azzurro profondo inesistente del lago. Alberi stranissimi con tronchi contorti ed antichi: tutto sa di primordiale e primitivo. Da notare che la strada è tutta per noi e l’incontro con un veicolo in senso inverso è un avvenimento da commentare. L’autista saluta alzando l’indice dal volante e comincerò anche io a farlo. Il navigatore “umano” di bordo insiste a dire che le pare che il cielo sia più basso che un Europa, non so in base a quale osservazione o principio fisico, ma si sa l’intuito femminile va oltre ogni legge scientifica. Comincia a piovere, poi spunta il sole cocente ed accendiamo e spegniamo in continuazione l’aria condizionata. Alle 10.50 siamo a Kingstone, dove c’è il monumento ad un’ enorme aragosta davanti ad un ristorante che però è chiuso. Mangiamo qualcosa al volo e ripartiamo (Benzina 142.9 c/l la normale mentre il tipo Premium (maggiore numero di ottani) arriva a 148.9 c/l (61 $ di pieno). Alle 11.30, sempre in auto, siamo all’interno del Coorong park e a sinistra si intravvedono dune di sabbie oltre le quali c’è il mare che non vediamo. Non vediamo il 28 Mile, segnalato da Davide Santachiara (cfr. Turisti per caso), alla cui altezza una stradina portava vicino alle dune. Ormai è 1 ora che non incrociamo altre auto, tengo i 110/120 km/h e la strada è bella larga. Alle 12 siamo in vista di Drawon Creek, da dove dovrebbe cominciare una strada sterrata interna al parco. Alle 12.10 siamo alla Loop Road, alla nostra sinistra, con un cartello marrone che invita alla Scenic Road dove andiamo e la strada è ghiaiosa ma percorribilissima a 50/60 orari. Usciamo dalla Loop Road e riprendiamo l’asfalto e alle 13.45 siamo a Wellington. Alle 14 vediamo sulla sinistra il bivio per un traghetto che attraversa il Murray River che ci porta sulla penisola Fleury, così di prendere la strada verso Nord per poi scendere a sud verso Cape Jervis. Passiamo a Strathalbyn e Goolwa e alle 16.15 siamo a Cape Jervis, un agglomerato di case per il turismo a KI, ma in realtà sono le 15.45, perché andando verso est, si diminuisce di ½ ora l’ora ufficiale (+7h 30 min rispetto all’Italia) e siamo quindi in anticipo di 2h 15 min e non possiamo anticipare la partenza perché i traghetti oggi sono solo i 2 fissi (decidono quelli aggiuntivi il giorno prima in base alle esigenze), allora andiamo a fare una passeggiata sulla scogliera li vicino: c’è un vento bestiale ed infatti c’e una schiera di mulini a vento che sfruttano l’energia eolica per fare corrente elettrica. L’oceano mette paura anche se non ci sono onde molto grandi. Alle 18.30 parte il traghetto (392$ 3 persone con auto al seguito A/R), il mare è mosso e si rischia di cadere se ci si alza in piedi, e alle 19.30 siamo a Penneshaw a KI. È buio pesto e prendiamo la strada per Kingscote che non è ben segnalata ma seguiamo il flusso di auto che è sbarcato prima di noi. Dopo 58 km, alle 20.30 siamo all’ Ozone Hotel dove prendiamo possesso della stanza tripla n° 32 al primo piano senza ascensore, carina, in posizione strategica per la visita dell’isola, rispetto alla sistemazione a Pennshaw che sconsiglio vivamente perchè più lontano da tutti i punti dell’isola rispetto a Kingscote. All’inizio pensavamo di pernottare qua e la a seconda di dove andavamo ma ci avevano consigliato dall’Italia di fare perno in un posto e muoversi: e si è rivelato un ottimo consiglio perchè il traffico è scarsissimo, le strade sono buone e in un’ora si arriva dappertutto e poi lo scenario è formidabile e non ci si annoia mai, oltre al vantaggio di non dover ogni giorno aprire e chiudere i bagagli. Da notare che oltre la fila di alberi che sta ai lati della strada, e che da l’impressione di essere nel folto della giungla, ci sono campi coltivati o comunque radure. La stanza doppia costa 121 $, la tripla 141 $, a noi avevano riservato la tripla ma ci hanno fatto pagare la doppia (??). KI è come un giardino terrestre, un Eden, dove uomini ed animali vivono in simbiosi, consapevoli di far parte di un Tutto unico, vi regna la tranquillità, la serenità e quant’altro andiamo cercando durante la vita. Quello che, in chiave cittadina, ritroveremo a Sydney. Accendiamo il riscaldamento ed andiamo, in zona Cesarini, a cena (41 $) che chiude alle 20.30. Alla reception facciamo il biglietto per il Penguin Tour (30 $ con lo sconto famiglia: 2 adulti e tutti i figli (se no:12$ adulti, 10$ studenti, 5 -12 anni). 7° -29 Luglio Sabato (Seal Bay-Parndana wildlife Park, Clifford Farm) (160 km) In albergo facciamo la Continental breakfast + Cook full breakfast 19+15=34 $, a buffet, ottime le paste e la frutta fresca tropicale. (c’era un terzo tipo di colazione con un prezzo inferiore). Facciamo il pieno di cartine in albergo e di benzina: 152 c/l, 63 $, che costa di più, per cui era meglio fare il pieno in Australia. Andiamo a Seal Bay, nel sud dell’isola con la South Coast Road (SCR), a vedere i leoni marini e prendiamo l’obbligatorio tour con la guida, peccato che piova. Il tour dura 40 min e ti porta fin alla spiaggia dove ci sono i leoni marini e poi con lo stesso biglietto si può percorrere una rampa di legno sopraelevata che porta lo stesso alla spiaggia e consente di vedere da vicino (5-6 m) i leoni. Si può comprare solo quest’ultimo biglietto,soluzione consigliabile per chi non conosce l’ australiano che è una lingua a parte. Dicono tea per ti (il te) e lift per left, chainging per changing, ataintion per attention ed altre cose di questo genere. Sconsigliamo di prendere il biglietto cumulativo di KI che include 2 fari (mah!!), le grotte (ne abbiamo tante in Italia) e il Flinder Park (non si paga…!!). Alle 12 finisce la visita e ci dirigiamo verso il Parndana wildlife park (25$ in 3,10$ adulto, 5$ bambini + granaglie per animali), dove arriviamo in 30-40 min riprendendo la SCR e girando a destra su una strada sterrata, la Hickmans. C’è Stanley un pappagallo parlante. E finalmente vediamo per la prima volta i canguri. Diamo da mangiare ai canguri rossi (grandi) attraverso una gabbia, ed uno mi graffia con le zampe anteriori (superiori perchè era in piedi), e chiedo una medicazione guadagnandomi le risa degli allevatori che comunque me la fanno. Mi porterò per tutto il viaggio, e con un certo orgoglio, i 2 graffi riportati durante la campagna canguriana. Poi vediamo i Koala a 20 cm di distanza e li possiamo accarezzare prima che si scoccino e vadano ad appollaiarsi in un punto più in alto. Sono dolcissimi, con gli occhietti semichiusi e le basette da commendatore. Vediamo altri canguri in liberta che appena ci vedono ci corrono appresso per le granaglie che sanno che abbiamo. Vediamo anatre territoriali che ci rincorrono a becco aperto se ci avviciniamo troppo, una maiale smisurato, un cinghiale incazzato e tantissimi uccelli in gabbia. E poi i casuari, specie di Emù con la cresta ossea, sguardo truce e unghie da struzzo da 10 cm…!!!! Diamo da mangiare anche a loro dalla gabbia. C’è anche una pecora a 5 ed una a 3 zampe, portate qui in esposizione dagli allevatori vicini. Vediamo altri canguri correre: che buffi, quando corrono usano le zampe posteriori come molle e quando camminano si appoggiano sulle zampe davanti e sembrano goffi e storpi. Sono timidissimi e inoffensivi come i nostri conigli e, stando su 2 zampe, sembrano …Persone miti e socievoli. Non siamo quasi mai riusciti ad intravedere il marsupio. Lasciamo entusiasti Parndana e alle 16 ci dirigiamo verso Little Sahara, le dune naturali, che non troviamo, allora, sulla via del ritorno andiamo al Clifford Honey Farm dove arriviamo alle 16.25. In effetti il proprietario è proprio Clifford, che dopo aver chiuso alle 17 il negozio (dove vende derivati delle api: miele, saponi, deodoranti ed altro) ci porta gratuitamente a vedere le arnie dove le api (provenienti dalla Liguria) fanno il miele. Le arnie, che credevamo casette di legno in cima ad un palo, sono in realtà delle anonime cassette in metallo chiuse e riempite con dei fogli di plastica ognuno dei quali ha sagomate delle cellette esagonali di plastica che le api riempiono. Metto una mano su uno strato di api e non mi succede nulla. Assaggio un pò di miele graffiato da un foglio ma pensavo fosse più dolce (!!!). Clifford per sicurezza ha portato una arnese che fa fumo e comunque un’ ape mi punge e Clifford mi toglie il pungiglione con uno strano arnese a forma di falce, ma più piccolo: mi terrò la puntura per qualche giorno. Visitiamo anche l’officina dove i fogli di plastica pieni di miele sono svuotati automaticamente grazie alla forza centrifuga del rotore ed il miele raccolto e lavorato. Ci chiediamo come si faccia ad amare il proprio lavoro così tanto, in quanto Clifford è un vero esperto ed appassionato ed ha con le api, nel loro complesso, un rapporto fraterno. La giornata è finita perchè è buio, necesse est tornare in albergo. Durante la strada abbiamo visto un’ infinità di animali morti ai bordi della strada, in verità lo stesso fenomeno lo avevamo notato sull’Ocean Road, ma meno evidente, qualche canguro piccolo, qualche altro piccolo canide, mentre a KI è un continuo, eppure le macchine non sono molte e gli animali, pur moltissimi, dovrebbero essere abituati al traffico e quindi scappare oppure essere prudenti. La spiegazione all’enigma la troverò verso la fine del viaggio: gli animali australiani, in cuor loro, considerano l’Australia il loro territorio e, nonostante 3 secoli di uomo bianco, non si sono abituati alla nuova situazione, per cui quando un canguro attraversa la strada lo fa pensando di saltellare ancora in campagna. E di questo sono stato testimone di persona. Mentre il mio amico guidava, nel nord dell’Australia, abbiamo visto alla nostra sinistra a 20 metri un canguro che saltellava verso la strada; abbiamo continuato a guidare e a guardarlo, e il canguro ha attraversato la strada alla stessa velocità, del tutto indifferente a chi stava passando. Fortuna ha voluto che stavamo andando piano se no lo colpivamo in pieno. Ritorniamo all’Ozone, ceniamo ed a letto, anche perché la sola postazione internet è cara, lenta e puoi aprire solo una pagina per volta: non usate Internet negli alberghi perché è caro ed è strutturato, per caso o a ragione, in modo da far perdere tempo.
8° -30 Luglio Domenica Flinder Chase Park-Remarkable Rocks- Admiral Arch- Koala walk) (252 km) Partiamo alle 9.15 per il grande Flinder Chase Park che sta dal lato opposto dell’isola ad un centinaio di km da Kingscote, non senza aver fatto una ricca colazione e aver lasciato un messaggio ai nostri amici che sono in arrivo stasera..
Primo incidente: Durante la strada per il parco vedo ma non distinguo qualcosa sulla strada e quando me ne accorgo è troppo tardi: metto sotto un Echidna, il bellissimo riccio australiano che lentamente ed ignaro stava attraversando la strada. Sento il colpo e mi fermo. Torno indietro a piedi ed il riccio è li agonizzante, con gli aculei che ancora si muovono. Mi sembra di aver compiuto un mostruoso omicidio, sento profondamente che tutti gli esseri viventi del pianeta, uomo compreso, fanno parte di un unico sistema, mancando gli uni non ci sarebbe vita nemmeno per gli altri, e noi siamo uomini solo per caso, e mentre faccio questa riflessione, su questo, ingigantita e validata dal posto magico in cui siamo, un automobilista si ferma, mi dice qualcosa, del tipo “sono cose che capitano tutte le ore e che l’unica cosa è andare piano e fare quello che farà” : messi i guanti, solleva il riccio e lo depone ai lati della strada. Il ragazzo colpirà per la sua bellezza la componente femminile della famiglia. Alle10. 30 siamo al Flinder Park (15$ adulti, 4.5$ bambini, ma non c’è sbarramento, c’è solo un cartello, eludibile, che invita a fermarsi al centro visitatori, anche perchè a noi non hanno mai chiesto, all’interno dei posti, né biglietto ne prova che confermasse il nostro diritto alle riduzioni di cui qualche volta, il figlio dei nostri amici e nostra figlia hanno usufruito impropriamente giocando sull’età). Comunque non conosciamo ancora bene il territorio e ci fermiamo. Al centro visitatori ci consigliano di andare a Remarkable Rock, Admiral Arche, di fare 2 passeggiate di un’ora ciascuna fino a 2 spiagge e di andare fino a Cape Borda all’estremo Nord Ovest dell’isola. Siamo sulla strada principale del parco e come al solito non c’è nessuno, forse l’ora (11.15) o la stagione (è inverno), fatto sta che arriviamo subito a Remarkable Rock: stupendo, è commovente ci viene da piangere. Il mare, l’Oceano, onde potenti che si infrangono contro gli scogli, incessantemente, senza sosta da milioni di anni, qui pare che ci sia sempre vento, ed è freddo perché viene dall’Antartide. Ci sono rocce di granito rosse immerse nel verde dei prati: sono rocce levigate ed erose dal vento con molti anfratti e pertugi. Leggiamo un cartello che racconta che un tedesco anni fa ha voluto farsi il bagno ed è stato salvato da 2 accompagnatori che però sono annegati al posto suo. Ci sono cartelli che limitano l’avvicinamento al mare, mentre sulle rocce si può liberamente circolare anche se un altro cartello dice che in certe zone delle rocce non si può andare. Ci divertiamo a seguire l‘andamento delle onde che a volte si infrangono su una scogliera ed altre deviano e vanno da un’altra parte. Lo spettacolo è magnifico, il rumore continuo e…Non te ne vorresti mai andare perché il mare ipnotizza ed il posto è incantato. Alle 12.30 lasciamo malvolentieri, ma le parole non rendono, Remarkable Rock per Admiral Arche dove arriviamo dopo 15 min, mia moglie resta in macchina e, con mia figlia, percorriamo la passerella di legno, sospinti da un vento impetuoso che ci ricorderemo per tutto il viaggio come termine di paragone. La passerella, da cui non si può uscire, per la tutela dell’ambiente, ci porta ad un arco di calcare eroso dal mare e dai venti e dal cui soffitto spuntano concrezioni e stalattiti oltre cui si vede l’Oceano. Avvertiamo uno strano odore e ci accorgiamo che li vive una colonia di leoni marini che vediamo molto meglio e senza accompagnatore che a Seal Bay. Scattiamo molte foto specie ai piccoli che ci guardano con gli occhi tondi languidi ed imploranti. Chi ha poco tempo può benissimo rinunciare a Seal Bay e venire qui a vedere i leoni marini. Ritorniamo verso il centro visitatori e giriamo a sinistra verso Sandy Creek dove arriviamo alle 14.15 e cominciamo una delle 2 passeggiate consigliate: la spiaggia di Sandy Creek per cui il cartello prevede un’ora. Arriviamo invece dopo 20 min, costeggiando il letto di un fiume in secca e camminando il primo tratto in sentiero e il secondo sulla sabbia con dune, ad una spiaggia stupenda, tipo Mari del Sud, con onde nemmeno tanto alte che quando arrivano sommergono di un bel tratto la spiaggia che digrada molto lentamente verso il mare. Se non fosse freddo il mare invoglierebbe a fare il bagno anche perché ci siamo solo noi. Cominciamo a parlare di Tsunami ed onde gigantesche e, impauriti da noi stessi torniamo indietro ed incontriamo i primi canguri selvatici, vivi, del nostro viaggio che alla nostra vista scappano: che agilità che hanno a muoversi nella sterpaglia!!! Alle 15.15 ritorniamo alla macchina e ci dirigiamo vero il Koala walk, che sta sulla destra a circa 10 km dal Centro visitatori del Parco tornando verso Kingscote con la South Coast RD, rimandando a domani Cape Borda. All’uscita vediamo dei canguri sul bordo della strada scendiamo e li diamo le ultime granaglie che abbiamo e dei biscotti: non ce ne liberiamo più, ci guardano in piedi imploranti allungando il naso e venendoci dietro saltellando quando corriamo: scena immortalata da un filmino. La parola canguro deriva dalla risposta di un aborigeno al capitano Cook che gli chiedeva come si chiamassero quegli animali, Ka-ga-roo, cioè non-lo-so, rispose l’aborigeno. Alle 15.45 siamo al koala Park: la passeggiata si fa in circa un km di una strada costeggiata da eucalipti dove si fa a gara a chi vede prima i Koala che se ne stanno li appollaiati e tranquilli. Per fortuna 2 di loro si muovono e vanno verso l’estremità di un ramo poi si mettono vicini e si accucciano. Facciamo in tempo a spostarci per evitare di essere concimati. Sono animali pigri e indolenti ma è un piacere guardarli. Sono le 16.15 e ci stiamo dirigendo verso Vivonne Bay dove crediamo di arrivare alle 16.30 ma in realtà arriviamo ad un imbarcadero dove attraccano le barche dei pescatori ma forse non più perchè mi pare che questa attività non sia più praticata a KI e quando ho chiesto ad un ristorante da dove proveniva il pesce che mi apprestavo a mangiare, mi hanno risposto…Dal Sudafrica. Lasciamo il molo ed alle 18 siamo all’Ozone dove incontriamo, con baci ed abbracci gli nostri amici con cui faremo la parte centrale del viaggio. Andiamo alle19 al Penguin Tour (si fa 2 volte al giorno) per la quale avevamo prenotato 2 giorni prima. Alle 19.30 comincia la visita, a cui si arriva a piedi dall’albergo (200 m) e che consiste nella visita all’acquario di Kingscote che, è gestito in modo appassionato e gentile da uno zoologo che sale su una sedia per parlare alle 50-60 persone che lo ascoltano e con le quali si scusa quando squilla il telefono e va a rispondere…!! Torna, finisce l’arringa sui pesci tipici presenti in acquario (c’è anche un tipo di cavalluccio marino, più grande di quelli comuni e che si mimetizza quasi con le piante acquatiche) e ci porta sul Lungomare a vedere i pinguini con un lampada a luce rossa per non abbagliare i piccoli animali che vivono in tubi di plastica appositamente predisposti. Sono teneri ed indifesi. Un pinguino è appena uscito dall’acqua e per raggiungere il suo tubo deve attraversare la strada dove ci sono gli intrusi, tentenna, fa 3 passi avanti e due indietro, poi quando ce ne andiamo guadagna decisamente la sua tana. Meglio fare questa visita appena arrivati a KI perché, con quello che abbiamo già visto da vicino, col buio, la timidezza dei pinguini che non si vedono bene nemmeno con la torcia dell’accompagnatore, la visita risulta piuttosto deludente, nonostante la tenerezza dei pinguini che però …Non si vedono. In albergo la sera facciamo la cena (64 $) degli equivoci: arriva un piatto in meno, ne arriva uno con un’aragostina ed una bistecca, un ½ litigio con la cameriera (mai visto australiani arrabbiati finora !!!!), insomma facciamo incavolare il personale del ristorante dell’ Ozone, scombinando la Procedura. Telefono a Caterina ad Adelaide, dove dobbiamo vederci domani a cena, ma ha l’influenza e sta male. Sposto allora il ritorno con il traghetto dalle 16.30 alle 19.30 di domani , con una semplice telefonata alla Sealink dalla stanza, che non mi metteranno in conto, e alle 21 di sera !!.
9° -31 Luglio Lunedì Emu Bay- Lathami Conser. Park, Stokes Bay – Snelling Beach CapeBorda- Shackle RD-Little Sahara (302 km) Sono le 9 ed oggi lo dedichiamo alla parte nord di KI mentre i nostri amici si apprestano a partire per Seal Bay ed il Flinder Chase Park nell’unico giorno a loro disposizione. Faccio benzina alle 10 (152.8 c/l, 48.28 l, 73.98 $). Vogliamo andare alla Diary Milk, fattoria dove mungono e tosano le pecore, ma non la troviamo allora andiamo verso Emu Bay, a nord, ed incontriamo la fattoria che però è aperta dalle 13 alle 17. Non c’è nessuno e faccio fare a Minù la prima esperienza di guida nell’aia della fattoria: pazzesco: all’estero, in proprietà privata, con una macchina in affitto faccio guidare mia figlia minorenne !! Sarà forse l’aria di KI che non ammette regole se non quelle dettate dalla natura, dal buon gusto e dall’animo umano. Alle 10.45 siamo a Emu Bay:paese carino, sole tiepido e casette sulla spiaggia: tutto molto silenzioso e riposante, ma dove siamo finiti…In Paradiso ????. Non vediamo emù. Ci dirigiamo verso la spiaggia di Stokes Bay, ma prima arriviamo ad un bivio e prendiamo erroneamente a destra. Arriviamo sulla costa dove ci sono dei cottages, anche qui tranquillità e silenzio. Ritorniamo al bivio e giriamo a destra per riprendere la North Coast e alle 11.15 siamo al Lathami Conservation National Park dove c’è una foresta molto folta con dei sentierini che, se avessimo tempo, potremo fare e tutto si risolve in una sosta in un punto di avvistamento. Proseguiamo per Stokes Bay dove arriviamo alle 11.50: un deserto di auto e di umani, solo uccelli. Casette sparse lungo la piccola baia, spiaggia sassosa dove camminiamo, tantissimi uccelli ed anche molte mosche fastidiose. È bello essere qui !!. Attraverso le rocce si potrebbe arrivare ad una spiaggia molto bella ma non tutti vogliono faticare e preferiscono la comodità dell’abitacolo. Alle 12.55 siamo a Smell Beach. Sabbia finissima e viene voglia di fare il bagno ma qui è inverno. Continuiamo la North Coast Road, la prossima tappa è Constitution Hill ma forse la passiamo e non ce ne accorgiamo ed arriviamo al bivio con la River Dam (a sinistra) mentre noi prendiamo a destra per riprendere la North Coast Road che confluisce nella Playfod Highway che ci porterà a Cape Borda, all’estremità occidentale dell’isola, dove arriviamo alle 13.45 e, dopo un gelato al chioschetto, ma non c’è nulla da mangiare, presidiato da una locale per …Gli spiriti, facciamo una breve passeggiata di 20 min fino ad un Belvedere dove c’è uno strapiombo impressionante sull’ Oceano che non è agitato perchè è esposto a Nord, verso il continente. Vediamo 2 canguri di cui uno ha il marsupio da cui spunta un capino. Ci avviciniamo per vedere meglio ed il canguro diventa aggressivo: la prima volta che vediamo mamma canguro che ringhia. Torniamo indietro e, per andare al centro visitatori (l’equipaggio reclama insistentemente il Rancio..Cosa che provocherà diverse discussioni fra noi: l’allarme fame da soddisfare immediatamente ed incondizionatamente) prendiamo a destra la Shackle Road che taglia trasversalmente l’isola, e dove, contrariamente a quanto capitato a Davide Santachiara (cfr Turisti per caso), non incontriamo nessun animale. Alle 15 siamo al Centro visitatori del parco per uno spuntino (53$). Ritornando a Kingscote, per la South Coast RD, ci fermiamo a Little Sahara dove mia moglie si esibisce in una scalata alle dune che la inorgoglisce non meno della scalata sulle piramidi di parecchi anni fa. Le dune sono davvero belle, sembra di stare nel deserto e si susseguono per un lungo tratto tanto che il mare non si vede. Non ci spingiamo molto in la perchè alcune dune sono ripide e si sta facendo buio e non possiamo correre il rischio di perdere il traghetto. Ripartiamo per Pennshaw alle 16.30.
Secondo incidente: A 20 km da Pennshaw, mentre sto sui 110 km/h ed è buio, intravedo un animale che attraversa la strada ed alla mia destra e poi sento 2 colpi sotto la scocca: ho messo sotto qualcosa (esperti del luogo mi diranno, dal pelo rimasto sul paraurti e dalla posizione dell’ammaccatura, che era un wallaby, una sorta di piccolo canguro), è buio e non mi fermo anche perché non ho ancora realizzato cosa è successo. Per fortuna ho fatto l’assicurazione con 0 $ excess (cioè non pago nulla per danni alla macchina, per incidenti per colpa mia) e se non l’ avessi anche se la colpa non fosse mia ed il colpevole di un incidente si fermasse ed ammettesse la sua colpa, la Hertz preleverebbe dalla mia carta di credito la somma corrispondente all’excess scoperto, per poi rifondermi quando avrà avuto il rimborso dalla controparte colpevole. Ma sono procedure lunghe ed impicciose anche se non dubito che in Australia funzionerebbero. All’imbarco del traghetto arriviamo alle 17.15 ma non ce nessuno, nemmeno i nostri amici, e decidiamo di fare un salto al supermercato all’uscita del quale noto una macchia per terra sotto il motore, tipo quelle che ci insospettiscono e che, quasi sempre, non dipendono dalla nostra macchina. Questa invece proviene dalla nostra macchina, odoro e non è olio e quindi è acqua. Mi accorgo che esce dal motore dell’auto, apro il cofano e vedo che il radiatore è ammaccato e l’acqua zampilla a volontà. Non sappiamo che fare e ci piglia il panico, ma ci viene in mente che dobbiamo almeno portare l’auto sulla terraferma. Ci fermiamo ad un distributore a 100 m dal supermercato ed il gestore si fa in quattro telefonando alla Hertz e chiedendo cosa devo fare. Ci dicono che, arrivati in Australia, dopo 2-3 ore arriverà un auto sostitutiva. Mi riempie il radiatore e mi da 2 bottiglie piene, senza chiedermi un centesimo: ecco questi sono gli Australiani, almeno la telefonata alla Hertz poteva farsela pagare. Imbarco l’auto, dopo aver avvisato il personale di bordo che si rende conto della situazione e mi facilita facendomi imbarcare per primo. A bordo chiedo un telefono per richiamare la Hertz per avere tempi più certi per la macchina sostitutiva, ma il telefono è solo per il personale. Allora espongo la situazione ad una signora che lavora al bar e che, impugnato il telefono, si esibisce in una serie di telefonate accorate ed appassionate con la Hertz e mi risolve il problema: lascerò l’auto e le chiavi al parcheggio della Sealink (la società dei traghetti) a Cape Jervis e domani mattina in aeroporto farò la denuncia di incidente, dicendo i km fatti e la situazione del serbatoio che è pieno per 1/3. Arriviamo a Cape Jervis, sbarco, e, non senza aver baciato ed abbracciato l’eroica signora (questi sono gli australiani…), prendiamo il pulmann della Sealink (36 $ in 3) che porta ogni passeggero al proprio albergo di Adelaide (Hotel Western Riviera, 150 $). Sono le 23, siamo stanchi e stressati e andiamo a letto senza cena. Kangaroo Islands: partendo più presto la mattina o nei mesi estivi australiani quando fa buio dopo si potrebbe visitare la distilleria delle foglie di eucaliptus, la Island Pure Sheep Dairy (fattoria dove fanno latte e latticini), il Paul’s Place wildlife Sanctuary (una sorta di Parndana) e la Murray Lagoon. Ma comunque un giorno in più a Kangaroo Islands non è mai troppo perché tutto emana cultura, rispetto ed amore per la natura ed i suoi abitanti sono fra le persone più miti e tranquille che ho incontrato in vita mia.
10° -1 Agosto Martedì Adelaide- Alice Springs- Ayers Rock (aereo) Adelaide. Ci svegliamo presto e via in taxi (12.50$) in aeroporto che dista 15 km (da Roma a Fiumicino sarebbero 40€, cioè 67$) e da dove partiremo alle 9.45 per Alice Spring. L’autista è iracheno ed è contento di vivere ad Adelaide, anche se gli manca la famiglia che però conta di far venire al più presto. Faccio denuncia alla Hertz per l’incidente a KI e l’impiegato mi chiede se c’erano testimoni e poi aggiunge che i wallaby non possono testimoniare. Pago 713.46$ (60.5$/g x 6 gg, 34$/g assicurazione con 0$ excess, + spese + tasse + rifornimento serbatoio). La fattura non mi arriverà mai per fax all’albergo di Ayers Rock. Piccolo giallo all’aeroporto: facciamo il check in per Ayers Rock (abbiamo prenotato in tempi diversi gli aerei Adelaide-Alice Springs e Alice Springs-Ayers Rock e quando ho fatto la seconda ho invertito il Christian name con il Family name per cui dal Family risulto prenotato solo fino ad Alice, fino a dove, appunto, l’impiegato mi ha fatto la carta di imbarco, ma non ce ne accorgiamo subito e attraversiamo il controllo bagagli a mano con il solito spogliarello di marsupio, cintura, tasche, etc… Ci riporta alla realtà un SMS dei nostri amici ai quali l’impiegato aveva chiesto se anche loro, come noi (sigh) volevano la carta solo fino ad Alice. Ripassiamo il varco controllo, andiamo dall’impiegato che non ci trova prenotati per Ayers Rock e che ci rimanda alla biglietteria dove l’impiegato continua a non trovarci nonostante il numero di prenotazione che gli sventolo sotto il naso. Finalmente si accorge dell’inversione dei nomi e ci conferma la prenotazione per Ayers Rock ma dovremo ritirare i bagagli ad Alice Springs e li rifare la carta di imbarco. Domanda: avevo prenotato io sia per i nostri amici che per noi, perchè loro non hanno avuto problemi? Risposta: non lo so. Mi aggiro al market dell’aeroporto di Alice, scartabellando qua e la e quando esco ho in mano la mappa dei Northern Territory che riporta anche l’ubicazione dei distributori di benzina che sarà molto utile. Arriviamo ad Alice Springs e signora e signorina vanno al negozio di abbigliamento a cercare un paio di pantaloni che per fortuna non trovano. Ritiriamo i bagagli, facciamo il check-in per Ayers Rock dove arriviamo in perfetto orario alle 13.30. Affittiamo la Toyota Tarago con cambio automatico a 8 posti prenotata dall’Italia e, dopo il pagamento di 1500 $ e 200 di deposito e l’assestamento dei tanti e non necessari bagagli delle 2 famiglie, ci dirigiamo (6 km) a Yulara, il centro abitato in pieno deserto che accoglie i visitatori del Red Center (Uluru e Olgas). L’albergo è il più lussuoso: Sails in the Desert: 2 bellissimi letti ad 1 piazza e ½ con 5 cuscini di raso per uno ed un lettino che non useremo, terrazza e vasca da bagno. Abbiamo prenotato dall’Italia un pacchetto di 5 notti (2 Yulara, 1 Kings Canyon, 2 Alice Springs, pagando 1536$ e chiedendo invano per e-mail di sostituire la 2° notte ad Alice Springs con una notte a Tennant Creek. A Yulara riusciremo a farcela abbuonare pagando 1288 $: 464×2 a Yulara, 172 al Kings Canyon e 188$ a Alice Springs). Altri alberghi sono: The lost Camel hotel, ma hanno solo stanze doppie piccole in cui un terzo letto non entra ma comunque sarebbero state disponibili 2 stanze doppie. Desert Gardens hotel, Outback Pioneer hotel (il meno costoso, camere con bagno in comune, alcune “ensuite” hanno bagno in camera), Emu walk apartments e 2 campeggi. Un altra sistemazione di lusso, un po distante da Yulara, è il Latitude 131, ma non ne sappiamo nulla. A YULARA è necessario prenotare dall’Italia. Qui il monopolio è della Voyages (alberghi, ristoranti, supermercati e distributori di benzina) che fa i prezzi che vuole. Metto l’accappatoio fornito dall’albergo e via in piscina dove faccio il bagno ma l’acqua è freddina. Alle 17.30 vengono a prenderci col bus per portarci alla cena Dinner in the Desert prenotata dall’Italia (365$ in 3) che per un pelo non perdiamo. Il bus ad un certo punto gira a destra su una strada sterrata e dopo un pò scendiamo La cena si svolge in un posto bellissimo, dove la terra rossa contrasta con i cespugli verdi del deserto con in lontananza il monolite rosso che veglia su di noi. Ci offrono ottimi assaggini di carne di canguro e di emù e sentiamo per la prima volta il Didgeridoo, lo strumento aborigeno fatto con un ramo cavo di eucaliptus che emette un suono nasale molto riposante e che ho provato a suonare rimediando solo sonore pernacchie. Andiamo poi nella “sala da pranzo” sotto le stelle dove, all’imbrunire mettono delle candele sui tavoli ed illuminano con delle torce il sentiero che va ai bagni. Ci sediamo al tavolo ed aspettiamo il nostro turno per servirci al buffet allestito rapidamente davanti ai nostri occhi. Mangiamo carne stufata (emù barramundi, canguro, vitello, pollo e coccodrillo, contornini e frutta tropicale. Il tutto innaffiato con vino locale. Ad un certo punto spunta un sedicente astronomo industrializzato e gasato che ci inonda di parole sul cielo, sulla storia del posto e sulle usanze degli aborigeni, almeno per quello che riusciamo a capire. Spiega, a noi dell’emisfero nord, saremo 60-70 persone con gli australiani, le differenze con l’emisfero sud, ci mostra le uniche galassie visibili ad occhio nudo, quelle di Magellano, la piccola e la grande, la croce del sud e la via lattea che avevamo visto anche in macchina una notte a Kangaroo Islands, e ci eravamo detti che qui è sempre la notte di San Lorenzo perché le stelle sono sempre più numerose che da noi. Ci mostra anche qualche costellazione. Però il cielo è nuvoloso e il decantato telescopio, citato da molti viaggiatori, non viene montato. Siamo a tavola con una coppia di australiani che vivono a 100 km a nord di Sydney e che sono in vacanza. Hanno, loro o un loro parente, un possedimento di terre che, facendo i conti, risulta circa 0.5% del territorio italiano, quindi grande come una regione italiana, e ci tengono a rimarcare che sono in tutto 20 milioni in un territorio più grande dell’Europa. Il chiacchiericcio dei presenti rovina l’atmosfera di per se stessa magica del luogo, e la nostra amica fa saggiamente notare che sarebbe bastato osservare il silenzio ed ascoltare il silenzio dei luoghi per rendere sacra l’adunanza. Portarsi comunque un giacchino perché la sera è fredda. Alle 23 siamo di nuovo in albergo. Che dire ?? Avremo fatto già molti viaggi, non saremo stati in viaggio di nozze, non avremo capito le spiegazioni, non avremo mangiato bene, ma questa cena ci pare proprio sopravalutata e ne avremo fatto volentieri a meno sostituendola magari con una passeggiata al tramonto nel deserto, dove avremo visto lo stesso paesaggio, seguita da una cena a base di bistecche grigliate in un ristorante o un BBQ di Yulara..
11° -2 Agosto Mercoledì Ayers Rock- Olgas (Katja Tutja) Mi alzo molto presto la mattina e faccio una passeggiata per il villaggio di Yulara, che si snoda in senso circolare e si ritorna sempre al punto di partenza. La giornata tende al caldo ma ora c’è freschetto e si parte noi sei per vedere le Olgas (Kata Tjiuta) alle 10.30, dopo aver fatto la spesa al market che è proprio vicino all’albergo, nell’isolato dove è il Lost Camel hotel. Alle 11.30 siamo all’ingresso del parco che comprende il monolite e le Olgas (25$/ciascuno e dura 3 giorni consecutivi) ed i ragazzi sono gratis perché diciamo che tutti e due hanno meno di 16 anni. Dopo 1 km c’è il bivio: a sinistra il monolite il cui color pesco lo fa sembrare di cioccolato, a destra le Olgas (Kata Tjuta in aborigeno), dove arriviamo dopo 40 km. Ci fermiamo ad un look-out vicino per vederle da lontano. Competono con il monolite, meno potenti forse ma più variegate e, pare il contrario, più alte del monolite di 200m. Sono rosse e lisce. Non sono i monti di Picnic a Hanging Rock che si è svolto nello stato di Victoria, ma lo potrebbero essere. Alle 12 cominciamo la passeggiata nella valle dei venti di 3 h (le passeggiate sono 3: 1, 2 o 3h) che dopo 7 km ci riporterà al punto di partenza. Facciamo il nostro primo incontro con le fastidiose mosche ma abbiamo comprato i capelli con la retina al supermercato (10 o 12 $) e in fondo non sono così fastidiose. Il sentiero è facile ma da fare con prudenza per non scivolare sui sassi che sostituiscono la ciottolata e sono dello stesso materiale delle rocce. C’è vento ed il caldo non si sente ma non possiamo disidratarci per cui abbiamo un litro di acqua a testa. In estate la passeggiata è consentita solo fino ad un certo punto perchè poi è pericolosa per il gran caldo. Al bivio, a destra si inizia il circuito di 7.4 km. Alle 13 un cartello avvisa che mancano 4 km, possibile che abbiamo già fatto 4 km ? Forse abbiamo preso il percorso intermedio, ma continuiamo a camminare. Alle 13.45 siamo nella valle del vento, un lungo canalone in discesa dove soffia il vento, ma non come quello di Admiral Arch a KI, e che sbuca in un prato con una foresta pianeggiante e verde con tutte le montagne rosse intorno: sembra una quinta di palcoscenico appositamente creata per noi. Il canalone è all’ombra e possiamo un pò rinfrescarci. Il ragazzo del nostro team cerca un posto per fare la pipì ma non vuole uscire dal sentiero per non fare brutti incontri…Con serpenti e varani !! Mia moglie rotola sui sassi e sbatte il sedere ed il malleolo: nulla di grave e continua a camminare. Durante il percorso ci sono 2 posti dove si può riposare e fare rifornimento di acqua. Sono le 16.20 e stiamo guardando il monolite da un point of view lungo il sentiero; per vederlo cambiare colore occorre guardarlo, poi girarsi per 2-3 minuti e poi guardarlo di nuovo, ripetendo l’operazione per almeno 15 volte: si passa dal color pesco al colore rosso acceso man mano che la luce del sole diminuisce. Prendiamo la macchina e andiamo poi al Visitor Center dove c’è la storia degli aborigeni e del loro rapporto con il parco. Veniamo a sapere che gli Aborigeni sono fatti contenti e canzonati perchè la proprietà del Parco è formalmente loro ma la gestione è affidata all’ Ente Parco che è in mano allo Stato, gli aborigeni ne sono i custodi ma non abbiamo visto nessun ranger aborigeno durante il soggiorno ma forse non siamo stati fortunati. Ritorniamo a Yulara e andiamo a cena da Gecko’s un ristorante mediterraneo, sulla piazza principale (82$ per 3 bistecche con contorno, i prezzi sono alti). Fa freddo e mi becco un raffreddore che mi porterò appresso per 3 giorni). Facciamo un pò di spesa al market della Voyages, i prezzi sono alti e caricano 1% se si paga con carta di credito. Per ripicca, prendo 2 barrette di cioccolato che mangio prima di arrivare alle casse, ignaro delle telecamere di cui mi accorgo solo dopo.
12° -3 Agosto Giovedì Uluru- Kings’ Canyon (303 km) Ci alziamo all’alba per vedere l’alba sul monolite, oggi è alle 7.23 come ci hanno detto in albergo, e poi ripartiremo per il Kings Canyon. Ci sono 2 punti panoramici, uno a est per vedere l’alba e l’altro a ovest per vedere il tramonto, ambedue regolamentati da un filo oltre il quale non si può andare. C’è un sacco di gente che aspetta, chi seduto in comode poltroncine, chi sul tetto della macchina, chi vicino al camper e prepara la colazione, insomma l’alba è un must al quale non si può rinunciare. Troviamo un posto in prima fila. È davvero bello, il monolite prima è scuro, poi pian piano si sveglia e diventa di un rosso acceso e poi riprende il solito colore pesco. Alle 7.40 andiamo a fare uno dei 2 sentieri che circondano il monolite e consentono di andare a toccare le pareti di Uluru, il Mala Walk (2 km) ed il Multiti Julu Walk (1 km) che facciamo per primo. Sotto pareti di roccia ai piedi del monolite, vediamo antichi dipinti aborigeni con cartelli che spiegano che i cerchi concentrici rappresentano pozze d’acqua o i nidi delle formiche del miele, mentre gli alberelli, tipo abete, rappresentano delle piume. Andiamo a fare l’ altro sentiero, Mala Walk di ca 2 km, che porta ad una pozza perenne creata dall’acqua piovana circondata da cespugli verdi, attraverso i quali rosseggia la roccia di Uluru: pare un esedra romana. In alcuni posti, dove gli aborigeni fanno le loro cerimonie, ai piedi di Uluru, è vietato fotografare. Un altro sentiero, il Mala Puta Walk, porta ad un posto dove venivano relegate le donne aborigene macchiatesi di qualche mancanza: deve essere la parola più antica del mondo, oltre che il mestiere, pensiamo. Torniamo in albergo, paghiamo il conto (Sails in the desert 928$ per 2 notti la tripla) e alle 11.30, caricati i bagagli, torniamo a Uluru per la scalata (ca 350 m in altezza), che viene sconsigliata, per motivi spirituali, dagli aborigeni ma nessuno perora la loro causa e poi sarà vero che ci tengono tanto??. Secondo noi hanno chiesto agli aborigeni di esprimere un desiderio, ovviamente che non desse molto fastidio all’ establishment bianco e loro hanno espresso il desiderio che nessuno salga sul monolite ma i bianchi lo hanno fatto diventare un semplice invito. C’è un cartello in più lingue che invita a non salire perché, dice, se vi capita qualcosa noi (aborigeni) saremo molto tristi nel pensare ai vostri parenti che vi stanno piangendo. Comunque, nei mesi caldi è meglio non salire perché si rischia l’infarto, facilitato dal caldo e dalla fatica della scalata. Alle 12.30 cominciano la scalata, io mi aiuto con la catena, che inizia dopo 20 min dalla base del monte, mentre il mio amico, zainetto sulle spalle, sale come se facesse una passeggiata in via del Corso. Non è difficile però perchè la parete è ruvida e se uno cade resterebbe sul posto, però è impressionante quando guardi in basso. Il panorama che si gode appena si sale un pò è splendido e si vedono prati ed alberi verdi ed in lontananza le Olgas e poi la terra rossa tutto intorno. Arrivo fino al primo plateau, mi riposo 10 min e scendo senza usare la catena. Posso dire di averlo scalato, anche se non sono arrivato in cima. Torniamo a Yulara dove facciamo il pieno (170.7 c/l, 26.33 l, 44.95$). Anche la benzina, come gli alberghi ed i ristoranti di Yulara sono gestiti dalla agenzia Voyages e quindi non c’è concorrenza ed i prezzi sono alti. Partiamo per il Kings Canyon con la Lasseter RD che lasciamo, ad un certo punto, per la Luritja RD. Al bivio con la Ernest Giles RD, prendiamo a sinistra continuando la Luritja Road. Notiamo che i cartelli “Allacciate le cinture sono scritti, oltre che in inglese, solo in giapponese, tedesco ed italiano !! Alle 15.30, dopo 10 km da Curtain Spring, alla nostra destra si staglia un altro monolite simile a Uluru, che deve essere il Monte Connor. Alle 16.30 mancano 130 km per il Kings Canyon, alle 17.15 mancano 6 km al Kings Canyon Resort e 10 km al Kings Canyon vero e proprio, ed il paesaggio è virato decisamente dal brullo del deserto al verdeggiante, quasi rigoglioso. Abbiamo finora fatto 293 km in 2h 30 min. Alle 17.30 siamo al Kings Canyon Resort (172$ la tripla), l’unico hotel del luogo, tipo motor inn con le camere a schiera sulla strada, isolato nel Nulla, nel Outback. I cellulari non prendono. I ragazzi prendono 2 racchette e giocano a tennis, noi facciamo una doccia e poi tutti assieme al ristorante al di la della strada, proprio davanti all’albergo dove grigliano le solite bistecche di canguro, emu e coccodrillo, che uno si sceglie prima, e le solite patatine e insalata. L’ambiente all’interno è molto caratteristico con un cantante vestito normale che canta motivi dei tempi di Elvis Presley e ci piace pensare che qui sono rimasti un pò indietro, tipo Amish, ma poi realizziamo che l’età media dei turisti è altina ed anche noi contribuiamo a ciò. Ma stiamo nei tavoli fuori perché dentro c’è molto rumore. 13° -4 Agosto Venerdì Kings’ Canyon – Alice Springs (474 km) Alle 6.30 il mio amico ed io partiamo per una passeggiata sul Canyon, e alle 7.30 siamo al parcheggio delle auto da cui partono 2 passeggiate una sopra il Canyon (3 h) e l’altra all’interno (meno faticosa 1 h). Le formazioni rocciose del Kings Canyon sono dovute alla cementazione della sabbia, per l’apporto di silice da parte dell’acqua piovana, che viene ridotta in strati sovrapposti in rocce di arenaria modellate e tondeggianti che sembrano quasi igloo. Assomiglia al Grand Canyon americano, solo che è più piccolo. Il primo tratto è in salita e relativamente faticoso, anche perché fa freschetto, ma dopo 5 min di salita, la strada è sempre pianeggiante o lievemente in salita . Il paesaggio è spettacolare, pare lunare e finalmente capiamo che le macchie bianche sulla roccia sono le deiezioni degli uccelli. Alle 8 facciamo una deviazione sulla destra su un look-out da cui si vede il burrone sotto, pieno di piante. È un piacere camminare sulle rocce, rotonde e levigate e per nulla ripide. Alle 8.45 si arriva al Giardini dell’Eden, un posto fresco con un acquifero cieco alimentato da acqua piovana, un paradiso terrestre assolutamente da vedere (a 6 min A/R a destra dalla strada principale), con tanti eucaliptus intorno ed anche palme. Sono le 9.15 e siamo sulla cresta del Canyon. Alle 10.15 siamo di ritorno al parcheggio. Abbiamo fatto 3h 15 min di passeggiata, facendo i 2 sentieri laterali previsti e prendendoci tutto il tempo necessario per fare fotografie e riprese. Alle 12 il resto del nostro gruppo inizia il giro più breve (1 h) che li porterà all’interno del Canyon, che noi abbiamo visto dall’alto. Per il ritorno ad Alice Springs ci sono 2 possibilità, una è fare la Meerenie RD e poi la Larapinta Drive che in 280 km porta ad Alice Springs e consente, nei pressi di Hermannsburg, di visitare la Palm Valley, agglomerato di palme antichissime, nel Fink Gorge NP. C’è anche un campo di petrolio e gas che sarebbe interessante vedere. L’altra possibilità è di piegare a sud, fare la Luritja RD e poi a sinistra la Lasseter HWY, che porta ad Alice con 474 km. Ci piacerebbe fare la prima, previo permesso di pochi $ perché è territorio aborigeno, ma ce lo sconsigliano perché è sconnessa e la possono fare solo i 4WD. Ci dirigiamo allora verso sud e contiamo di fare i 474 km in 5h. Vediamo sparsi lungo la strada dei “meloni” e ne assaggiamo uno ed è secco ed amaro. I meloni erano stati piantati per dare da mangiare ai cammelli usati per costruire la ferrovia e che, liberati, vagano oggi per l’Outback. Alle 15 siamo vicino al Monte Ebbenezer, dopo 50 km che, lasciata la Luritja, abbiamo preso la Lasseter, e ci fermiamo per uno spuntino (38$). Il paesaggio ridiventa arido e brullo con soli cespugli bassi, rispetto alla zona con alberi e vegetazione rigogliosa che abbiamo appena lasciato. Pare che stiano allargando la strada ma, se così fosse, ci chiediamo a cosa serva perchè qui il traffico è davvero scarso. Alle ore 16 la mia amica fa il suo battesimo di guida in Australia. Alle 17.40 siamo vicini alla Arcobalen Valley ma non possiamo fare la strada che è percorribile solo dalle 4×4 ed temiamo di impantanarci nel terreno sabbioso. Ad Alice mancano 90 km e contiamo di arrivarci alle 18.30. Nei dintorni di Alice aumentano gli animali morti sulla strada, un canguro, una mucca e tanti altri piccoli animali del deserto. Alle 19, dopo il tramonto, arriviamo all’ Alice Spring Resort, un bell’albergo con stanze a 2 letti queen ad 1+1/2 piazza e corridoi larghi come quelli di Shining. Come consigliato dalla Lonely, per motivi di sicurezza (ma forse esagerando) andiamo a cena in macchina all’ Overlander Steakhouse, dove spendiamo 120$ in tre mangiando filetto di canguro ed altre cose sfiziose e a Minù regalano un cartello con la sigla del locale ed una testa di toro in mezzo. Il gestore del locale pare un aborigeno ed ha una mimica facciale straordinaria. In fondo al locale un cantante ed un’ orchestrina allietano chi è solo venuto a bere qualcosa e l’atmosfera è quella di un Saloon del far West, ma d’altra parte tutta l’atmosfera da queste parti è pionieristica. Mettono la bandierina del tuo paese e ci divertiamo a riconoscerle tutte. Come al solito italiani dappertutto. Soddisfatti andiamo a nanna, ma non prima di aver avuto la brutta notizia che i posti per il giro in mongolfiera di domani mattina sull’Outback sono esauriti ma almeno ci siamo risparmiati un’alzataccia alle 4.
14° -5 Agosto Sabato Alice Springs- Tennant Creek ( 505 km) Sono le 8 e siamo in partenza per visitare i dintorni di Alice Springs, (benzina 149.9 c/l, 22.13 l, 33$). C’e freddo ed ho la felpa ed il giaccone. Andiamo prima al più lontano Chandler Chase Park (15$ in due adulti) per la passeggiata Sandwick Chasm di 50 min (A/R) di 1.7 km, ma ce ne sono più lunghe. Arriviamo ad una gola bellissima fra 2 pareti verticali di almeno 30 m, lisce e rosse che costeggiano il letto del fiume che, essendo stagione secca, non c’è. Alle 10, camminando nel letto del fiume-che-non-ce, finiamo la visita ed arriviamo alle 10.30 al Simpson Gap, più vicino ad Alice, dove si percorre una gola che porta ad un laghetto molto bello. Sulle rocce vicine avvistiamo una colonia di wallabies. Questo sentiero è simile al precedente, forse migliore per la presenza del lago e quindi l’uno vale l’altro. Alle 12.20, dopo aver ripreso Minù, che per un colpo di pigrite acuta era rimasta in albergo, siamo al Desert Park (20$ adulto, 10$ bimbo 5-16, 35$ adulto + 2 bimbi, 14$ studenti) che sta a 10 km a nord di Alice, percorrendo la Stuart e svoltando a sinistra. Per la prima volta un cartello invita a chiudere la macchina ed a nascondere le cose di valore. Pensiamo che la raccomandazione sia per i numerosi aborigeni che abbiamo visto vagare scalzi e senza meta ad Alice e nei suoi dintorni. Desert Park consiste in una passeggiata, veramente bella ed istruttiva, su un circuito in cui ci sono delle gabbie con tutti gli animali del deserto, uccelli e pappagalli. Bellissimo è il centro documentale sulla geologia e gli animali antichi e che, con pannelli sintetici e chiari, illustra la formazione e la deriva dei continenti. Apprendiamo che prima della Pangea i continenti erano lontano e poi si sono riuniti, cosa che rifaranno alla fine dell’attuale deriva. Viene anche spiegata la vita minerale, vegetale ed animale del deserto.
La vita degli aborigeni è posta in modo chiarissimo ed apprendiamo che sono stati loro per primi ad appiccare il fuoco a pezzi di foresta in modo che nascessero degli arbusti più forti e freschi dei precedenti ed inoltre per fare delle linee tagliafuoco che evitassero al fuoco di occupare aree sempre più vaste. Vederli così ora, ubriachi, sporchi, demotivati e senza scopo, mette tristezza, tuttavia gli australiani hanno molto però solo negli ultimi anni, per integrarli ed orientarli al modo di vivere occidentale ma loro sono refrattari e non si adattano. A Kuranda (Cairns) abbiamo visto alcuni aborigeni commercianti perfettamente integrati e più simpatici ed immediati degli australiani (tipo i napoletani), ma devono essere un caso raro nello squallore generale. Ci convinciamo che i primi conquistadores non devono essere stati teneri con loro ed in quasi 3 secoli hanno sviluppato un innata diffidenza ed ostilità, non manifesta e repressa, verso tutto ciò che è bianco e addirittura la maggior parte non parlano neppure inglese. Tornando al Desert Park, vengono poi ricreati i vari scenari naturali australiani, il deserto arido ed il deserto verde ed in ogni zona a una certa ora il ranger fa una presentazione sul posto: la formazione permanente che avevo visto anche in Francia. Verso la metà del circuito è stupendo il padiglione coperto che racchiude tutti gli animali notturni e diurni del deserto. In ogni vetrina, al buio o illuminata, c’è un animale: pitoni, topi, uccelli notturni e diurni, ciascuno circondato dalla ricostruzione del proprio ambiente naturale. Alcuni si muovono altri stanno immobili attorcigliati su se stessi. Eccezionale un insetto verde, verso l’uscita, che si mimetizza fra le foglie e si stenta a vedere. Sono le 14.45 e finiamo la visita al Desert Park. Ci dicono che anche il Rettil Park è molto bello ma una delle 2 signore del gruppo ha un cattivo rapporto con i serpenti e sagacemente non ne parla, ma ce ne accorgiamo perché è proprio lei l’ ispiratrice del gruppo. Siamo in partenza per una lunga e faticosa strada nel deserto (che proprio deserto non è) per Tennant Creek, ma che resterà una bellissima ed unica esperienza, mentre ci avevano consigliato di prendere l’aereo fra Alice Springs e Darwin, proprio per la monotonia della situazione che siamo in pochi a provare e per l’aspettativa montante di raggiungere la località stabilita dal ruolino di marcia.
Intorno a noi l’Outback, il Nulla e nessuno, ma non un Nulla controllato e organizzato come in America, qui il Nulla è sempre stato tale e incontrollato. Sto andando a 140 km/h sulla Highway Stuart che ameremo, spunta a destra un pannello solare (a chi serve poi?), qualche antenna e quasi nessuna macchina in entrambe le direzioni, la griglia per il drenaggio dell’acqua negli avvallamenti, qualche aborigeno sul ciglio della strada (a fare che poi?) ed i pali della luce che scorrono paralleli alla strada, unica presenza continua della civiltà. Ci sono indicatori di pioggia sulla Highway Stuart ed infatti piove abbastanza nella stagione umida e ciò spiega il verde che ci circonda, insomma è un deserto per modo di dire. Ogni tanto qualche sentiero carrozzabile che si perde nella pianura sterposa. La strada è rettilinea che pare l’Appia Antica e si può correre senza stress. Dopo 50 km di perfetto rettilineo incontro la prima curva che si affronta tranquillamente a 130. Curve fatte per correre. Alle 13.30 siamo a Elliot dove mangiamo qualcosa in una Roadhouse. Alle 16.15 senza accorgermene tocco i 160, diminuisco e resto sui 150 di crociera. Un cartello bianco con una banda nera trasversale e senza numero, indica che non esiste limite di velocità anche se si susseguono i cartelli di raccomandazione a tener cara la propria vita, a non correre ed a fermarsi se si ha sonno. Intorno sempre l’outback!!, cespugli verdi alti 2 m, alberelli che sembrano alberi da frutto e fa impressione sapere che non appartengano a nessuno che li valorizzi, anzi appartengono a se stessi, e poi termitai molto alti che sembrano tombe arabe. Abbiamo letto al desert Park che il peso di tutte le termiti australiane supera di gran lunga il peso di tutte le mucche ed i canguri australiani messi insieme…!! Benzina e caffè, gratuito per il guidatore, al Ti-Tri-Roadhouse (179 c/l, 37.43l, 67$) alle 16.45. Alle 17.20 siamo in vista di Bevaw Creek, e mancano 106 km alle Devil Marbles che dobbiamo raggiungere assolutamente entro il tramonto per non perdere lo spettacolo del cambiamento di colore. Alle 18, dopo 3 e 15 min di auto e 401 km, alla media di 124 km/h siamo alle Marbles. Le rocce di granito, alcune in equilibrio che pare precario, sono magnifiche, di un rosso stupendo ed è facile e rilassante camminarci sopra e si può salire in alto. Sono, secondo gli aborigeni, le uova del serpente arcobaleno. Il mio amico racconta che, pur stando fermi, gli aborigeni conoscono benissimo l’Australia perché fra tribù contigue si sono scambiati le storie delle cose che il serpente arcobaleno ha creato in tutta l’Australia. Il tramonto è africano, non ci sono nuvole e ce lo godiamo dall’alto di una roccia. Alle 18.50 ripartiamo, di notte, per Tennant Creek, a 91 km, dove arriviamo alle 19.45 e che ci da l’impressione di una città del Far West con uno stradone al centro e le case ed il Saloon ai lati, dietro nulla. Ci sono 3 alberghi pappabili come vediamo dai depliants presi in una Road House. Ci informiamo presso 2 alloggi: il Desert Sands, un appartamento grande da 6 posti a 90$, o 2 stanze triple a 90$/l’una, il Bluestone Motor Inn, dalla parte opposta della strada) 2 stanze triple a 120$/l’una con colazione inclusa. Scegliamo l’ultima opzione. Gli altri cenano in albergo e Minù ed io andiamo a cercarci un ristorante tipico, chiediamo e ci indicano il Rusty Spur lungo la Highway Stuart, dopo il Blue Store Motor Inn e dopo l’Eldorado (un altro Motel), a sinistra, provenendo da Sud. La porta è molto discreta e non si direbbe che lì c’è un ristorante che ci viene esplicitamente indicato. Il cow-boy, perchè come tale è vestito e ci piace pensare che non sia solo folklore, ci porta una fanta ed una birra, la seconda rigorosamente senza bicchiere, considerato un opzional qui, una bella bistecca di manzo con patate ed una pizza all’ananas (53.50$). Torniamo in albergo facendo una stradina laterale e vediamo un bar aperto dove ci sono solo aborigeni, che abbiamo visto giocare sulla strada anche al nostro arrivo. Sono considerati proprio un corpo separato dagli europei, sarà perchè non sono portati al lavoro sistematico, sarà perché in passato sono stati bastonati, fatto sta che anche al turista più superficiale non sfugge questa sorta di appartheid che, creato prima volontariamente, persiste oggi spontaneamente. Ripeto che non sanno una parola di inglese, vanno in giro stracciati, sembrano zingari, tranne qualche eccezione, e sembra che non abbiano prospettive. Vivrebbero bene a contatto con la natura e bevono tanto. Ci hanno detto che grazie al divieto di portare alcolici all’interno di un villaggio aborigeno, gli omicidi sono diminuiti da 5 ad 1 per anno. Il governo sta cercando di responsabilizzarli e di inserirli in qualche lavoro attinente al turismo ma da quanto abbiamo capito la gran massa non riesce ad integrarsi. E bisogna stare attenti quando si guida di notte perché stanno sulla strada e non si vedono. 15° -6 Agosto Domenica Tennant Creek- Katherine ( 673 km) Dopo colazione andiamo alla visita alla miniera d’oro di Tennant Creek (Battery Hill Mining center, 52$/famiglia,2 adulti + children fino a 15 anni). Ci si arriva imboccando la Peko RD a destra, andando sulla Stuart verso Nord. La visita è stata da me caldeggiata da alcuni giorni anche se alla fine dovrò ricredermi. Non è ne una miniera in attività, nè ex-attiva, ne ci sono dimostrazioni col mercurio per il recupero dell’oro, ma una ricostruzione di una galleria con le attrezzature, queste vere, con le quali i minatori perforavano la collina per seguire i filoni d’oro. L’ambiente è ben ricostruito e sul soffitto ci sono delle reti che frenano i sassi che, gia staccatisi, cadrebbero per terra ostruendo il passaggio o, peggio, sulla testa dei visitatori. La visita è condotta da un’ anziana signora che, a sue spese, ha ripristinato la miniera a fini turistici. Alle 11 finisce la deludente visita che potrebbe essere consigliata a chi non è mai stato in una galleria e alle 11.15 partiamo per Katherine dove, secondo i nostri piani passeremo la notte (benzina, 152 c/l, 46.75 l, 63.84$). Alle 15.15, dopo 400 km ed una deviazione sbagliata a Newcastle Water, grazie anche alla cartina che riporta lì un Historic site, arriviamo in un posto carinissimo, Daly Waters, nel pub storico dell’800, il più antico dei Territori del Nord (Benzina 162 c/l, 46.32 l, 75.04$ con pompa stile ‘900), dove ognuno lascia qualcosa di personale che può attaccare in qualche parte del locale. Io ho lasciato una fotografia che sta all’estremità destra del bancone a circa 1.5 m di altezza. Ci sono poi mutande, tessere scadute, un reggiseno, delle magliette, insomma un modo originale e simpatico per attirare clienti nel locale che d’altra parte è l’unico in pieno deserto. Anzi, non è fatto per attirare i clienti , deve essere una di quelle cose che nasce per scherzo, un conto non pagato, un regalo, e che poi diventa un’abitudine ed un rito da compiere. La cucina chiude alle 14 e quindi dopo aver scelto … accuratamente dal menù, dobbiamo accontentarci di un panino e di un dolce, peraltro buoni, che mangiamo nel cortile annesso godendo dell’amenità e della veracità del luogo. Peccato perchè stasera c’è uno spettacolo di musiche country e si potevano mangiare bistecche e barramundi alla brace (Beef&Barra). Alle 16.30 ripartiamo con dispiacere da Daly Waters con destinazione Mataranka, a 160 km a nord, dove ci sono delle piscine termali con acqua a 35°C e dove arriviamo alle 17.45, quindi sui 150 km/h di media. Ci sono tanti camper, ma oggi è domenica e domani è vacanza (il pic-nic day !!) C’è un ristorantino con pista da ballo e tavoli di legno, il tutto coperto da un telone di plastica, e lucette colorate appese, tipo locale anni ’60 dei nostri lungomare. Pensiamo come questi australiani, pur così progrediti, non abbandonino per partito preso le cose semplici, genuine ed ancora valide del passato. Mi metto il costume nella toilette del ristorante e con il figlio dei nostri amici percorriamo un sentierino che ci porta ad una pozza di acqua termale, tipo Saturnia ma l’acqua è meno calda. Ci accorgeremo solo dopo che a monte c’è un’altra pozza dove forse l’acqua è ad una temperatura superiore. C’è un cartello che invita alla prudenza ed a non allontanarsi per evitare l’incontro con i coccodrilli di acqua dolce (i freshy) che comunque, se non disturbati, non danno fastidio. È un bellissimo bagno ristoratore e viene voglia di restare a mollo per ore. Data la deludente visita alla miniera, il consiglio è di partire prima da Tennant Creek, pranzare bene a Daly Waters, prima delle 14, e farsi 2-3 ore di bagno a Mataranka. Alle 18.30 ripartiamo per Katherine a 113 km, dove arriviamo alle 19.30, abbiamo corso meno perchè è notte e perso un pò di tempo a trovare il ristorante Katiès Bistro (77.5 $ in un bel giardino) con annesso il Knotts Crossing Resort che offre varie sistemazioni e noi abbiamo preso la più economica (discreti Bungalows a 105$ in 3 ma i posti letto sono 4) e che è collegato col ristorante passando per i…Bagni !! Stiamo all’aperto e finalmente riprendo lo stinco come a Apollo Bay: squisito. I nostri amici trovano le lenzuola sporche e se le fanno cambiare. 16° -7 Agosto Lunedì Katherine- Jabiru (Kakadu National park- Crocodile hotel) (353 km) Ci alziamo alle 7 ed andiamo a chiedere all’agenzia annessa all’albergo se c’è posto per la crociera al Katherine River Gorge all’interno del Nitmiluk NP. Le gite su barconi da 50-60 persone, sono da 2, 4 e 8 ore e partono alle 9.00. Scegliamo la gita da 4 ore (154$: 2 adulti e un child) che include 3 gole, quella da 2 ore fa 3 gole. Usciamo dall’albergo e giriamo 2 volte a destra e dopo 24 km arriviamo alle gole dove, dopo un pò di fila per cambiare il voucher con i biglietti, saliamo a bordo di una motonave. Per 2 volte ci fanno cambiare imbarcazione perchè il fiume è in secca. Vediamo le gole, tra magnifiche pareti di arenaria rosse, ma non i coccodrilli, no bagno perchè l’acqua è gelida, anche se alcuni lo fanno e vediamo solo qualche uccello spellachiato, un serpente ed un rospo nell’anfratto di una roccia che, data la scarsità di altre forme di vita, è un evento eccezionale. Quà e là si vedono comunque le piccole spiagge dove, ci dicono, i coccodrilli vanno a deporre le uova. Abbastanza deludente perchè, vista una gola, il panorama e sempre lo stesso. Meglio affittare una canoa (53$/2 persone per 4 h), remare fino a che uno se la sente, fermarsi a mangiare sugli scogli, fare qualche piccola escursione all’interno e poi farsi trasportare dalla corrente al punto di partenza (le escursioni in battello infatti risalgono il fiume), trasportando la canoa quando è necessario. Alle 15, dopo uno spuntino, torniamo al resort dove, caricati i bagagli, partiamo per il Kakadu National Park. L’intenzione è di pernottare a Coinda per essere pronti l’indomani per la crociera alle Yellow River.
Presa una deviazione di 20 min, strada bruttina, ondulata e gibbosa a non più di 90 km/h, andiamo alle Edith Falls che sono molto carine, anche se pò in secca, e c’è un laghetto molto tranquillo. Il suggerimento è di limitare ad un giro in canoa di 2h le Katherine Gorge, o a 2 ore col battello, venire alle Edith Falls, fare un picnic, riposarsi e fare un bagno nel lago: alle 15 l’acqua è abbastanza calda e si può anche andare sotto la cascata e fare un idromassaggio…!! I prezzi del ristorantino annesso sono abbastanza accessibili: 2.5$ 3.0$ una portata. Alle 16 ripartiamo per il Kakadu National Park (KNP), 80 km a Pine Creek. C’è parecchio traffico (relativamente allo standard australiano) ma oggi è festa (pic-nic day). Alle 16.30 facciamo benzina a Pine Creek (150.5 c/l, (91 ottani), 157.5 c/l (95 ottani), 56.40 l, 84.88$), uscendo per 300 m a sinistra dalla Stuart Highway. Tornati sulla Stuart, immediatamente dopo Pine Creek, alle 16.45 prendiamo a destra per il KNP, a sinistra si andrebbe a Darwin. Il paesaggio fuori è sempre lo stesso monotono ed affascinante dell’Outback. Alle 17.40 arriviamo ad un Information Center dove chiediamo per la notte: a Coinda solo una stanza tripla libera, a Jabiru un appartamento con 6 posti ( 2 stanze da letto) a 290$, oppure al Crocodile, l’albergo a forma di coccodrillo, 2 stanze triple a 170$ /stanza scontate perchè ci metteranno vicini ai condizionatori dell’albergo che fanno molto rumore, ma che poi sarà ampiamente sopportabile. Si consiglia di prenotare dall’Italia per evitare sorprese: qui siamo in alta stagione e gli alloggi scarseggiano. Alle 18.30 c’è il bivio per Coinda e andiamo a informarci per la crociera di domani alle Yellow Waters: gli orari sono: 6.44, (2h, 50$ adulti, 25$ 2-14 anni), 9 (2h), 11.30 (1h e ½, 43$ adulti, 22$ 2-14 anni), 13.15 (1h e ½), 14.45 (1h e ½), 16.30 (2h). Prendiamo i biglietti: abbiamo pagato 112.5$ facendo passare i ragazzi (15 e 16 anni) per child. In ogni albergo si possono comunque prendere i biglietti. Alle 18.45 partiamo da Coinda per Jabiru e dobbiamo vedere quanto ci si mette per regolarci poi per domani: 35 min. Il Crocodile è l’albergo già descritto ampiamente in Turisti per caso, c’è la piscina ed il ristorante a buffet costa 42$ adulti e 1.5$/anno di età per i ragazzi ed occorre prenotare appena si arriva, anche per lo stesso giorno. Che dire? È un buffet molto fornito, ma la qualità come al solito non è eccelsa ma comunque è un piacevole diversivo dopo i pranzi arraffazzonati degli ultimi giorni. Parcheggiamo la macchina vicino alle camere e scarichiamo i bagagli. C’è un cartello sulle cose che si possono fare al KNP nella stagione secca: Yellow Water, Nouralgie rock, Ubirr e poi anche Jim-Jim Falls, le Queens e Arnfold che, visto che non ci possiamo andare, (non abbiamo la 4 WD), non sappiamo cosa siano e non lo approfondiamo.
17° -8 Agosto Martedì Kakadu National Park Alle 5.45 puntuali partiamo ed alle 6.35 arriviamo all’imbarco, non evidentissimo, della crociera sulle Yellow Water, un ramo della piana alluvionale del South Alligator River. Ci sono 2 barconi e molti turisti: la visita a quest’ora è molto gettonata perché, assieme a quella al tramonto, consente di vedere gli animali all’opera. Una gita Splendida, non ci sono parole per esprimere la gioia di vedere centinaia di uccelli, svolazzanti, a caccia di pesci o fermi sugli alberi, memorabile la scena di un pellicano, gustata col binocolo, che cattura un pesce, lo recupera, lo perde, lo riprende e se lo mangia, e così i nidi di uccelli con i piccoli che sporgevano il capino..!!. Aquile appollaiate sulle cime degli alberi a 3 metri di distanza, aquile che volteggiano in coppia, a caccia, un infinità di mangrovie e ninfee e vediamo anche i barramundi, i pesci locali, cibo preferito di una delle Signore del gruppo, che escono ed entrano in acqua. Coccodrilli immobili con la bocca aperta, ne vediamo però alcuni vicino alla barca che nuotano e poi Pippo il gigantesco coccodrillo semiaddomesticato che da mostra di se vicino all’imbarcadero di partenza dove ritorniamo alle 8.45. Benzina a Coinda (155.9 c/l, 35.33 l, 55.08 $). Colazione al centro visitatori (cappuccino 4$), e ad un caffè che si fa attendere e che si battezza “very long”, davanti alla cameriera che ribatte: ” Hi, Darling I had a lot of orders, relax yourself ”. Partiamo alle 10.05 per Nourlangie Rock ma ci fermiamo prima al Murray look out (assolutamente da evitare perchè dopo 20 min di salita su una strada bruciata c’è una piattaforma dalla quale non si vede granchè perchè le cime degli alberi sono più alte e comunque si vedrebbe solo la foresta fitta fitta e verde. Ripartiamo alle 11.15 e dopo 10 km ci fermiamo a Nourlangie Rock alle11.40, molto interessante per le pitture rupestri, più complesse ed elaborate di quelle di Uluru. Si fa un giro circolare, leggermente in pendenza, i ranger fanno visite guidate ad ore prestabilite (h:10.15 e 15.00). Alle 13 torniamo al parcheggio e ci rechiamo al vicino Billabong walk: un laghetto paludoso che si può vedere scendendo dalla macchina ed andando verso il lago: ninfee e la bella striscia di roccia di Nourlangie Rock sullo sfondo. Inutile fare il possibile giro del lago perchè si vedrebbe sempre lo stesso panorama. Restiamo un pò in adorazione e ripartiamo per il centro visitatori di Ubirr, Bowali, sulla strada per Ubirr, dove arriviamo alle 13.40. È molto interessante: fanno un film di 45 m sulla vita nel parco, gli animali e gli aborigeni. Ne approfitto per schiacciare un pisolino, allungandomi su 3 poltrone rimaste libere, data l’ora calda ed il jet lag residuo,…!!. Nelle sale annesse fanno vedere quanto di meglio c’è nel parco, fra cui scheletri o pezzi di coccodrillo, fauna e flora e c’è anche un baretto che vende panini, insomma si possono spendere qui le ore più calde della giornata. Dal centro visitatori alle 15.30 partiamo per Ubirr. Dopo 2.5 km arriviamo all’incrocio fra Jabiru, a destra, dove c’è il nostro albergo, e la strada per Darwin, a sinistra, che prendiamo e dopo 1.5 km c’è il bivio a destra per Ubirr, dove arriviamo dopo 42 km costeggiando per un pezzo l’East Alligator River. Ubirr è il centro archeologico degli aborigeni. A metà strada prenotiamo, in un road house, la crociera sull’East Alligator River di domani mattina dalle 9 alle 10.45. Alle 16.50 arriviamo al posto da cui partirà la crociera di domani, e ci avventuriamo su uno scivolo per barche fin quasi ad un metro dalla riva del fiume. Perché?? Perché cerchiamo l’avventura e speriamo di vedere un coccodrillo che si avvicina alla riva dalla quale faremo giusto in tempo a scappare. Ma in cuor nostro sappiamo che non è così, il coccodrillo non si preannuncia e quello che ci può capitare è di vedere una testa verde rugosa che ci si avventa contro e ci trascina in acqua. Restiamo qualche minuto immobili vicino alla riva, aspettando assieme all’adrenalina che si concentra, l’imponderabile che non avverrà. Dopo ancora poca strada siamo a Ubirr, il sito archeologico degli Aborigeni. La passeggiata dura 30-40 min ed i dipinti sono come quelli di Nourlangie Rock, forse più complessi e stilizzati, cambiano i disegni ma la tecnica e la novità è sempre la stessa. Sono quattro graffitti di scarso interesse artistico, culturale e storico che potrebbe aver fatto un bambino ma che hanno il fascino di poter risalire a 20000 anni fa. Alla fine del breve percorso, si sale saltellando sulle rocce ed in 5 minuti si arriva su una collinetta a vedere il tramonto. Più che una collinetta è un’altura e c’è un grande silenzio disturbato dal chiacchiericcio inutile del centinaio di turisti che dopo di noi arrivano e consumano con noi anche il tramonto. L’East Alligator River è sotto di noi mentre sopra alcune aquile volteggiano a caccia. A sinistra Nourlangie Rock, a destra la piana del fiume. Il tramonto, con questo scenario, è indescrivibile, si sente l’origine, il mitico Ur, il principio e la fine del mondo, tutto si ridimensiona, la natura qui è sovrana, le alture intorno diventano rosse, il disco rosso infuocato del sole sparisce in 3 minuti, le rocce si infuocano ed alle 18.30 incombe l’oscurità. Il chiacchiericcio prosegue indisturbato dall’inizio alla fine ma scalfisce appena la sacralità del luogo.
Si suggerisce di andare via subito dopo il tramonto per evitare la consistente fila di auto che va verso Jabiru dove ceniamo anche oggi al buffet. 18° -9 Agosto Mercoledì Kakadu Park- Litchfield (322 km) Alle 9.30 inizia la crociera all’ East Alligator River. 2 barche da 12 persone ciascuna partono dall’imbarcadero, vicino al quale il solito cartello di “warning saltwater crocodiles”. Risaliamo il fiume e godiamo delle sponde con le tipiche piante acquatiche, a picco sul fiume, alcune aggettanti altre con le radici scoperte, insomma il solito spettacolo ma che si ripete ogni volta con quadri diversi che entusiasmano come se fosse la prima volta. Il fiume è tipicamente tropicale, con acque giallastre e apparentemente calme e sponde basse dove abbonda la vegetazione. Vediamo in tutto 3-4 coccodrilli con la bocca spalancata e così immobili che potrebbero essere benissimo Made in China e sono tutti salty come ci fa notare la guida. Ad un certo punto sbarchiamo sulle sponde dell’Arnhem Land, territorio aborigeno, e dopo una breve passeggiata nei dintorni in ordine sparso, la guida ci fa un discorso sull’uso degli attrezzi degli aborigeni, lacci, cestini e bastoni ma non il boomerang perchè essendoci molti alberi da queste parti non si usa. Alle 11.45 finisce l’interessante ma non esaltante crociera sul fiume. Dopo aver ripreso l’auto, parcheggiata vicino a dove ci siamo imbarcati, ci rechiamo a fare la passeggiata Mardebilisongsong, facile, di 1.5 km che a volte costeggia lo stesso fiume. Alle 12.15 incontriamo un altro sentiero, Sandstone e River, di 6.5 km, di grado moderato che si percorre in ca 4 h, ma noi continuiamo a fare la nostra da 1.5 km. Alle 12.30 finiamo il sentiero, dopo aver visto un canguro selvatico che fugge alla nostra vista. Partiamo per Darwin sulla Arnhem RD. All’Aurora Resort facciamo uno spuntino (27.60$) e benzina (161.4 c/l, 32.84 l, 53.00$). Stiamo andando a vedere il pasto dei coccodrilli che inizia alle 15 ed ora sono le 14.30 ed abbiamo appena passato il West Alligator River. Speriamo di vederlo oggi. Alle 15 siamo al bivio con la Kakadu Road che connette la Arnhem con la strada che porta a Coinda. Alle 15.30 arriviamo sopra l’Adelaide River e 50 m dopo sulla sinistra c’è una svolta che porta ad uno dei 3 posti dove fanno la crociera per il pasto ai coccodrilli. Purtroppo qui la crociera è già partita. Qui sono da 1 e ½ alle h: 9, 11, 13 e 15 (38$ adulti, 70 a famiglia: 2 adulti e children -16 anni). Più avanti (direzione Darwin) dopo 3 km, a destra, uscendo dalla Arnhem RD, dopo una strada sterrata di 15 min c’è il jumping croccodrils windows (30$ adulti, 70$ famiglia) dove organizzano la crociera agli stessi orari solo che durano 1 h invece di 1h e ½ come l’altro, ma anche qui è troppo tardi e rimandiamo la crociera a domani. Alle 16.20 siamo diretti a Batchelor per trovare alloggio prima del Litchfield Park. Le 16.30 e siamo al bivio fra la Arnhem e la Stuart Highway: prendiamo a sinistra e dopo 3 km c’è la crocodile Farm (10$ adulti e 5.5$ bambini 3-16 anni), un allevamento dove allevano ed ammazzano coccodrilli per farne articoli di pelle, ma è chiuso perché il pasto era alle 14. Il primo pezzo della Stuart Highway (direzione Alice Springs) è a 4 corsie di marcia, ed ogni 100 m si può invertire la marcia, mediante stradine al cento della carreggiata. Siamo a Bacthelor alle 17.30 al Butterfly Resort (75$ e 85$ per 2 stanze di diversa qualità ma bagno comune) consigliato dalla Lonely, e tutto emana oriente e misticismo, ma è trasandato e sporco e viene ribattezzato ‘l’alloggio del buddista. La incontriamo un’aborigena seduta che salutiamo guardandola negli occhi, mentre lei abbassa i suoi, gesto tipico aborigeno che considerano una sfida il guardarsi negli occhi e quando andiamo via l’aborigena è sparita, o l’hanno fatta sparire ?, si domanda il mio amico che straordinariamente si domanda qualcosa. Peccato per la schifiltoseria della mia consorte, a cui tutti sono curiosi di chiedere come ha fatto a vivere un mese in Africa, perché avremo potuto fare qualche conoscenza interessante e visitare la gabbia con le farfalle e gli uccelli che dovrebbe essere da qualche parte. Dopo circa 800 m, continuando la strada per Litchfield, ci fermiamo ad un resort (Batchelor Resort della catena Best Western, 155$ la tripla), ma non c’è posto, peccato perchè è un posto carino, c’è la piscina il minigolf ed il maneggio. Andiamo allora più avanti e, dopo una svolta a sinistra e 13 km, arriviamo a dei bungalows gestiti da una tedesca e dove passo la sera nel bagno ad ammazzare le zanzare che poi mi diranno che non pungono. La cena è inclusa nel prezzo (105$ + 20$ deposito che ci sarà restituito) della stanza ed include salsicce e crauti, mentre le bevande sono a parte. La sera si canta e si balla con il marito (o cognato) della padrona che fa da animatore e pianista e che, in nostro onore, suona un sacco di canzoni italiane. Si esibiscono anche 2 ragazze olandesi molto brave. Balliamo anche noi un ballo casereccio.
19° -10 Agosto Giovedì La colazione non è inclusa nel prezzo. Alle 8.30 partiamo per vedere le cascate, specialità del Parco, anche se in stagione secca non sono spettacolari come in umida. Le uniche visibili sono le Walgi, le Tolmer e le Florence Falls, in ordine di distanza decrescente dall’uscita del parco. Tutte le altri sono accessibili mediante sterrati fattibili solo con 4WD, ma sempre cascate sono. Sulla strada per le Walgi, alle 9.00 arriviamo ai Termite Mouls, i termitai magnetici, detti così perchè vengono costruiti in direzione Nord-Sud per sfruttare al meglio il caldo del giorno. La zona è recintata e le foto sono belle solo dall’alto se ci si arrampica sulla transenna. Sembra veramente un cimitero arabo come più volte avevamo letto. Arriviamo alle 10 alle Walgi Falls, le più lontane: ci sono 2 belle cascatelle ed una pozza d’acqua dove si potrebbe fare il bagno, se l’ acqua fosse meno fredda. Purtroppo il figlio dei nostri amici perde, o meglio qualcuno la trova e non la riporta al Ranger, la macchina fotografica ed è uno scoramento generale, non tanto per la macchina, ma per le bellissime foto di 10 giorni di fantastico viaggio. Alle 10.30 partiamo e ci dirigiamo verso le Tolmer Falls, e ci attraversa la strada un wallaby saltellando alla stessa velocità che aveva quando l’abbiamo visto 5 secondi prima a 20 metri dalla strada. Che incoscienti questi animali australiani. I nostri cani si mettono accanto ad una persona per attraversare la strada, ma è pur vero che il territorio è loro e noi siamo gli intrusi… Alle 10.40, con una deviazione a destra della strada, siamo alle Tolmer Falls che però si vedono da un belvedere al quale si arriva dopo 3 minuti di strada. Alle 11.50 siamo alle le Florence Falls che si raggiungono dopo un percorso sterrato e dopo 135 scalini di una scala in legno che, in 15 minuti, portano sul fondovalle. Facciamo un bagno, molto bello, in questa pozza d’acqua fresca e cristallina, e un idromassaggio sotto 2 cascate sotto cui si può andare a fare un idromassaggio. Ci mettiamo e leviamo il costume per fratte.
Ripartiamo alle 12.50 per dirigerci decisamente sulla Arnhem RD, la strada che porta agli imbarchi per la crociera del pasto ai coccodrilli. Alle 13, sempre all’interno del parco, dopo una svolta di 1 km rispetto alla strada principale, arriviamo alle Buley Rockhole che consistono di pozze naturali decrescenti, scavate nella roccia, che accolgono l’acqua portata da una cascatella. Visto che sono molte, ognuno può scegliersi la sua “vasca da bagno” e stare a mollo prima di grigliare al più vicino tavolo da picnic. Sulla strada a piedi per le pozze vediamo anche un serpente in mezzo alla strada, che stuzzichiamo con un ramoscello, ma che lui non si fila di pezza e sguscia fra i cespugli. Alle 13.25 usciamo dal parco e alle 14.20 siamo al bivio fra la Stuart HWY e la Arnhem RD, siamo ai limiti della riserva ma decidiamo di fare benzina dopo la crociera. Alle 14.45 siamo all’imbarcadero della crociera che parte alle15, “Spectacular Jumping Crocodile Cruise”, del Northern Adventurer: venendo dalla Stuart da sud, dopo aver girato a destra sulla Arnhem, non è la prima crociera, che si incontra sulla sinistra, ma la seconda a sinistra. Un’altra si incontra continuando sulla Arnhem (con alle spalle Darwin che dista 64 km), girando a destra immediatamente prima del ponte sull’Adelaide River. Spendiamo 130$ (70$ famiglia e 30$ x 2 adulti che divideremo in 2 famiglie, quindi 65$ a famiglia). Mentre aspettiamo vediamo e fotografiamo un bellissimo varano, amico dei locali. Siamo in prima fila, facciamo congetture sui posti migliori da occupare sulla barca a 2 piani che è avanti a noi ma che poi si rivelerà solo un passaggio per raggiungere la vera barca, più piccola, che è ormeggiata a fianco. Ogni posto vale l’altro perchè ci si sposta continuamente e ci si alza in piedi per vedere i coccodrilli all’opera, anche se il marinaio invita continuamente a sedersi, specie quando la barca è in movimento. La crociera, sarà pure turistica, però finalmente vediamo i coccodrilli in azione. Appena, la barca percorre il fiume il coccodrillo Made in China, immobile sulla sponda, si anima, capisce che si mangia, si immerge e viene verso la barca come un motoscafo: si vedono solo gli occhi gelidi e tremendi. Un marinaio sospende un blocco di carne su una corda che viene sporta dalla barca ed invita il coccodrillo a saltare per prenderla. L’animale sparisce e dopo un pò l’acqua ribolle e spunta sulla verticale il coccodrillo che, con un movimento ondulatorio, oscillando il corpo a destra e a sinistra, tipo giocatore di pallanuoto quando si eleva, cerca di afferrare la carne. Il marinaio gli concede 3 tentativi, se il coccodrillo non salta abbastanza, non afferra la carne, non mangia e si passa oltre. Ci appoggiamo con la barca sulla riva dove c’è un coccodrillo gigantesco, sarà almeno 9 metri e pare che abbia 80 anni come ci riferisce il marinaio. Ha una testa enorme, primordiale e rugosa, e fa paura, si muove leggermente ed un coccodrillo che nuotava lì vicino fugge via. È immerso nel fango, pare che soffra del peso di se stesso e del tempo. Il marinaio gli dà la carne come se fosse un vecchio all’ospizio, senza farlo saltare, il coccodrillo la afferra e se ne va in acqua disturbato da tutti noi che ci accalchiamo su un lato per vederlo. Suscita la tenerezza ed il rispetto che si deve agli anziani. Alle 16.20 finisce la bellissima crociera e ritorniamo all’imbarcadero dove assistiamo al pasto dei pitoni che, messi in dei rettilari, ingoiano molto lentamente ma inesorabilmente i polli scuoiati che gli vengono dati. Ci avvolgono poi con dei pitoni ammaestrati per la felicità dei ragazzi che si fanno fotografare: foto con pitone da far vedere ai compagni di scuola !!! Benzina alle porte di Darwin (146,9 c/l ). Andiamo a Darwin dove cerchiamo subito un albergo per poi vedere la città, visitare il museo del Northern Territory dove è ricordato il ciclone Tracy, che nel 1974 distrusse la città, con suoni e immagini ripresi da un videoamatore e poi andremo a farci una bella mangiata di pesce. Solo che non consideriamo l’imponderabile: per una stramaledetta corsa di cavalli, non ci sono più alloggi, e poi c’è una riunione dello Stato Maggiore, ed esercitazioni con centinaia di militari al seguito, insomma sono 2-3 mesi che Darwin è sotto assedio e questo non lo avevamo considerato. Dopo aver provato in 3-4 posti, decidiamo di prendercela comoda ed andiamo al ristorante (Rorkes Drift Bar, 145$ in 6) dove mangiamo sia il Barramundi che una Beef Steak, che il mio amico proclama senza rivali di canguri, emù e coccodrilli. Darwin è un paesone di mare, con una certa animazione e con molti locali all’aperto fino a sera, sul lungomare è in corso un concerto. Gli Australiani valorizzano qualunque cosa, c’è persino un museo (Heritage Aviation center) dove ci sono i resti di un B-52 e di uno Zero giapponese della 2° guerra mondiale, ferraglia da esposizione. Ci rechiamo poi all’aeroporto di Darwin dove passeremo la notte perché l’indomani abbiamo l’aereo alle 6.45. Consegniamo la macchina con la quale abbiamo fatto 3873 km in 10 giorni. Andiamo alla Quantas e chiediamo se possiamo partire alle 4.55 invece che alle 6.45 e ci dicono di tornare verso le 2. Il mio amico ed io adocchiamo 2 tappeti molto lunghi, arrotolati e messi uno a fianco all’altro e ci mettiamo, in serie, nell’ incavo fra loro. Le donne ed i ragazzi si sistemano nelle poltroncine della sala d’aspetto con mugugno delle signore che, seppur abituate alle più scomode esperienze internazionali, si perdono in un…Aeroporto. Non resta che aspettare. Avremo potuto, come seconda opzione, cercare di dormire in aeroporto e partire alle 6.45, senza rovinarci la giornata di domani. All’aeroporto di Cairns il cambio è 0.64 $/euro per chi acquista $ con euro e 0.56 $/euro per chi acquista euro con $. 20° -11 Agosto Venerdì Cairns- Port Douglas (130 km) Dopo una dormita, corta ma profonda, alle 2.30 sappiamo che partiremo prima, alle 4.55. Arriva sul cellulare del mio amico una telefonata angosciata della loro amica dell’agenzia di Roma che ha accesso al terminale e vede lo spostamento e non ne capisce il motivo: sarà tranquillizzata e ringraziata.
Il volo proviene da Singapore e procede per Cairns. Alle 6.50 atterriamo a Cairns, siamo stanchi morti perchè stanotte abbiamo dormito 1 ora e ci chiediamo chi sarà il temerario che guiderà la macchina. Ma il tempo, come al solito stringe e passiamo all’azione prendendo una Toyota Tarago all’Europcar perchè la Hertz non l’aveva e alle altre compagnie (AVIS e Thriftly) costava di più. Salta l’idea di prendere 2 macchine perché la nostra amica galeotta che ci ha spinto fino a qua e che avrebbe dovuto unirsi a noi, è troppo affascinata dalla costa occidentale e poi non c’è il volo diretto per Cairns.L’aeroporto di Cairns ha le pareti verdine tappezzate da pesci pagliaccio e da pesci palla. Sono le 7 e stiamo andando al deposito bagagli e poi andremo a Port Douglas dove pernotteremo ed il giorno dopo andremo nella foresta pluviale. Un omone gigantesco con calzettoni fino al ginocchio ferma i passeggeri e chiede loro la carta d’imbarco in uscita per indirizzare o meno verso la dogana. Ci aspetta un cane (quarantine protection) che annusa i bagagli ma poichè siamo venuti da Darwin (domestic flight) non ci annusa e ci lascia andare. In 10 minuti siamo a Cairns semicentro e andiamo al Centro Informazioni, sulla strada principale, dove prenotiamo tutto: gita a Kuranda (299.25$ in 3 adulti (adulti 97$, child 4-14 48$)), albergo di Port Douglas (189$) e le tre notti a Cairns al Queen Court (387$ tripla) da dove l’intenzione è di andare per 3 giorni consecutivi sulla barriera corallina (Reef) dopo aver visto il nord con la foresta pluviale, ma il programma finirà miseramente. Partiamo verso il Nord con la Captain Cook HYW e Port Douglas a 72 km è la nostra prossima destinazione. Nei dintorni di Cairns c’è il Tjapukai Cultural park, dove si illustra la vita degli aborigeni e, cosa principale per noi, fanno dimostrazioni sul lancio del boomerang che da solo però non vale il biglietto carissimo e non ci andiamo. Alle 12 finiamo la visita a delle cascate li vicino, molto bella, la vegetazione lussureggiante e anche il fiume, ma niente in confronto a Litchfield, il regno delle cascate anche in stagione secca. Abbiamo comunque un assaggio della foresta pluviale che, fantastico, quasi invade la stradina che ci porta al sentiero. Dopo le cascate facciamo la strada per Smithfield che non passa per la costa al posto della quale abbiamo una foresta con delle colline alte 600-700 m. Dopo Palm Cove, un quartiere residenziale di lusso sul mare, la strada si affaccia sulla costa, e per la prima volta, da Cairns, vediamo il mare e la spiaggia che sono grigi entrambi. Arriviamo a Ellis Beach, ci sono dei bungalows che si potrebbero affittare ma non sappiamo se c’è posto o meno e poi non ci interessa perché abbiamo già prenotato. Ci fermiamo ad un look out (Rex look oppure Oak look out) dove vediamo la preparazione ed il decollo di un deltaplano con istruttore e turista trasportato, riportato anche sulla Lonely Planet. Alle 13.25 dopo una strada molto tortuosa che corre sulla costa e poi all’interno, arriviamo a Port Douglas. Mangiamo al volo in un chiosco che griglia pesci freschi e cose di mare: squisito. L’appartamento è un pò fuori città, ma è fornito di batteria da cucina che sarà utile. Ci facciamo un sonno ristoratore e ci svegliamo alle 17.30 ancora rimbambiti e alle 18.30 siamo a Port Douglas: casette basse, colorate e prefabbricate in legno, ed è una tipica cittadina di mare di lusso come può essere Taormina o Portofino. Andiamo a cena in un ristorante greco (ma si può essere più…!!), perché in quello consigliato dalla Lonely, Salsa Bar&Grill (wharf street) c’era la fila e spendiamo 78$. A stomaco pieno andiamo a letto,non senza prima aver fatto una zuppiera di spaghetti al ragù, che ci fanno riappacificare con l’Australia da questo punto di vista, comprati in un supermercato di passaggio, dove, in applicazione ad un’ omonima legge Bersani c’è una farmacia fornitissima ed il proprietario è lo stesso come ci dicono.
21° -12 Agosto Sabato Mi alzo alle 5.30 e vado sulla spiaggia a fotografare l’alba ma ci sono troppe nuvole ed il sole non si vede contrariamente alle tante persone che fanno jogging o che portano a passeggio il cane. Alle 9.30 partiamo per il Mossman Gorge Forrest a 17 km da Port Douglas. La strada per arrivarci è stretta, senza margini, ed è fiancheggiata dalla foresta:magnifico. Fa caldo umido ed ha piovuto, ma non ci avevano detto che era la stagione secca?. Alle 10.10 cominciamo il percorso circolare nella foresta del Mosmann. La foresta è interessantissima, vegetazione dappertutto. Certe radici partono dall’albero ed assumono una forma a cuneo con la quale si infiltrano nel terreno, altre, di forma cilindrica perfetta, percorrono sulla superficie decine e decine di metri tanto, facendo continue curve, tanto che sembrano dei tubi di un oleodotto. Arriviamo ad una pozza d’acqua grandicella dove alcuni fanno il bagno e si fanno trascinare dal fiume per brevi tratti. Non abbiamo costume e proseguiamo. Attraversiamo un ponte sospeso. C’è un’albero splendido attaccato dal ficus strangolatore che avvolge l’albero e alla fine si sostituisce a lui, come avviene nelle foreste brasiliane. Leggiamo un cartello che mostra una delle foglie e descrive una pianta, stinging tree, dalla quale dice di tenersi lontano in caso di incontro perché la puntura delle sue foglie è supervelenosa e costringe il malcapitato a soffrire dolori lancinanti che necessitano probabilmente di morfina. Ora, sapevamo che l’Australia aveva una fauna pericolosa, per cui passi per i serpenti più velenosi del mondo, passi per le meduse velenosissime il cui dolore nemmeno la morfina riesce del tutto a lenire, passi per gli squali che inibiscono dai bagni per 9 mesi all’anno, passi per i coccodrilli estuarini che ora non si vedono e dopo sei nella loro pancia, passi per i ragni supervelenosi che ti aspettano al varco immobili sui tronchi degli alberi, ma, sinceramente che anche le piante fossero un pericolo micidiale e incombente, no questo davvero non ce lo aspettavamo. E tutto questo è gelosamente conservato dai pacifici ed ospitali australiani.
Alle 12.20 finiamo il sentiero, ci riposiamo e alle 13.10 partiamo per Cape Tribulation e dopo 30 km, alle 13.30 svoltiamo a destra per il Ferry Cross che attraversa il Daintree River. Arrivati sull’altra sponda, svoltiamo a destra e dopo 5 min di auto, siamo alla spiaggia di Cape Kimberly. Proseguiamo e, appena entrati nella “Cape Tribulation Section”, ci fermiamo al Look-out poco dopo che è molto bello. Arriviamo alle 15.50 a Cow Boy Beach ed andiamo a vedere la spiaggia che merita anche la passeggiata di 2-3 km fino agli scogli che la fiancheggiano. Ripartiamo ed alle 17 siamo al Coconut Village, prenotato dall’ Italia, ed è ancora giorno. Andiamo alla reception con la macchina poi, fatto le pratiche parcheggiamo l’auto al parcheggio dove ci viene a prendere una macchinetta elettrica che carica i bagagli e noi e ci porta in stanza. Le stanze sono bellissime, tutte in legno, immerse nella foresta, siamo entusiasti, si vedono gli alberi dappertutto. Prendiamo possesso delle camere alle 18, e dopo 15 min ci prepariamo per andare a mangiare qualcosa e poi alla passeggiata notturna nella foresta pluviale. Sono le 18.30, uscendo dal parcheggio a marcia indietro urto un auto con un danno alla portiera, e, animato dal più alto senso civico, consiglio di non fermarci, ma il mio amico dice che non è corretto e allora lasciamo un bigliettino sulla macchina con le nostre coordinate in albergo. Verremo contattati da 2 inglesi, affittuari dell’auto danneggiata, che ci ringraziano calorosamente perché, non avendo fatto l’assicurazione kasko, avrebbero dovuto pagare interamente il danno. Ci diamo appuntamento per la mattina seguente a colazione. Pensiamo che almeno così, non certo grazie a me, in Inghilterra rivaluteranno l’onestà degli Italiani.
Arriviamo all’appuntamento per la passeggiata nella foresta col Ranger, che ci fa disporre in fila indiana ad 1 m di distanza l’uno dall’altro, con la raccomandazione di cambiare posizione ogni tanto, cosa che puntualmente avviene perché la maggior parte dei turisti sono stranieri o australiani. Noi tendiamo ad evadere dalla fila, eccitati come siamo dalla nuova esperienza. Vedremo i seguenti animali: rane, cavalli, ragni attaccati agli alberi, bellissimi dragoni incollati verticalmente agli alberi e talmente mimetizzati che solo l’occhio esperto del Ranger riesce a scorgerli, uno wallaby che è scappato, un nido con un uccellino e poi un sacco di lucciole. Ad un certo punto il Ranger ci invita a spegnere le torce e piombiamo in un buio assoluto, parzialmente mitigato dalla luce della luna. Stanchi ma soddisfatti, torniamo al Cocnut. Prenotiamo, per domani e direttamente alla Reception del Cocnut Resort, il Safari in 4WD che comincia alle 13.30 e finisce alle 17 (i bambini non hanno sconto e paghiamo 303$ in tre). 22° -13 Agosto Domenica Facciamo colazione alle 8 al ristorante del Cocnut dove incontriamo gli inglesi con i quali compiliamo il modulo di incidente. Andiamo alla spiaggia di Cape Tribulation che si trova alla fine della strada asfaltata verso Nord. Sembra una spiaggia da Mari del Sud, al centro una sabbia finissima e, sul lato destro una foresta di Mangrovie che si inoltra nel mare, con il solito contorcimento dei rami. Raggiungiamo il look-out e ci dispiaciamo per il cielo coperto che avrebbe potuto darci la gioia di una sosta e forse anche un bagno sulla spiaggia. Vediamo poi la spiaggia di Mial Beach, a 350 m dalla precedente, e si parte sempre dallo stesso piazzale, anche questa bellissima.
Alle 13.30 siamo nel posto convenuto per l’appuntamento dove siamo solo noi e ne approfittiamo per un fish and chips nel chiosco vicino. Intraprendiamo lo sterrato da Cape Tribulation verso Nord e che in 3 ore porterebbe a Cooktown. La strada, che non avremo potuto fare con la nostra Toyota, perché ci sono pendenze fino al 15%, è stupenda, e la guida, un inglese che sta qui da 20 anni e che non si sogna di tornare in Europa. Ci spiega un sacco di cose fra cui di non mettere il gomito fuori dal finestrino perché ci sono delle foglie seghettate e molto resistenti che potrebbero portarci via la pelle e poi che il motivo per cui per terra ci sono i coralli è che al tempo del capitano Cook qui c’era il mare e quindi gli alberi sono giovani e per questo motivo la maggior parte è stata sradicata dai cicloni che spesso si abbattono su questa costa. Gli chiediamo di queste piante supervelenose e ci mostra una cicatrice che ancora si vede dopo 6 anni: “è come se ti mettessero una sigaretta accesa sulla pelle per 5 secondi”, ci racconta, ma per fortuna le piante velenose poste sul ciglio della strada sono state tutte estirpate, ma hai visto mai?. Arriviamo alle 15.15 ad una pozza d’acqua alimentata da un fiume che sembra il posto delle fate. L’acqua non è limpida nè cristallina, ma leggermente torbida e ciò aumenta il fascino ed il mistero del posto. È un posto fatato, rocce affioranti, il sole spunta dopo 2 ore di pioggia e filtra, attraverso un aria tersa e trasparente, dalle cime degli alberi sull’acqua verdina, vorremo fare il bagno ma sarebbe come contaminare, violare questo posto magico, un posto di una bellezza rara e le parole non riescono a rendere l’emozione ed il piacere fisico di trovarsi in questo posto. No faccio né foto né riprese perché le immagini svilirebbero le immagini e le emozioni mentali che suscita il suo ricordo. Facciamo colazione a base di te e biscotti, portati dal nostro autista-guida che ci racconta di strane storie di coccodrilli e di aborigeni.
Alle 16.20 siamo alle cascate di Wangi Wangi dove c’è una comunità aborigena che vive qui. Camminiamo sulle rocce. Qui volevano fare un parcheggio x auto, poi hanno scoperto delle piante rare che vivono solo qui e, per fortuna, hanno desistito. Ripercorriamo a ritroso la strada che avremo volentieri continuato fino a Cocktown, di cui è sindaco un ambientalista che 20 anni fa si era opposto alla costruzione della strada in cui siamo.
Alle 17.30 ripartiamo per Cairns (Benzina a Cairns,134.9c/l) dove arriviamo alle 19.30-20. Siamo al Queen Court, la colazione non sarà granchè ma la stanza è pulita ed accogliente: abbiamo la vista sul piazzale dell’albergo e comunque non è vero,come ci hanno detto all’ufficio turistico, che dista 10 min a piedi dal centro di Cairns, ma almeno mezzora. Peccato che avevamo paura di non trovare posto, se no potevamo girare per il centro e trovare da soli un albergo collocato meglio. 23° -14 Agosto Lunedì Partiamo alle 8.50 per Kuranda: viene a prenderci il pullmino dell’agenzia con cui abbiamo prenotato. Alle 9.30 partiamo col trenino, stile belle epoque e tutto in legno ed attraversiamo i sobborghi di Cairns. Alle 10.30, saliamo a circa 700 m sulla collina nel tratto fra Caravonica (a nord di Cairns) e Kuranda ( a nord-ovest di Cairns). Il panorama nulla di eccezionale, almeno in confronto con quello che abbiamo visto e vissuto finora, vediamo la foresta pluviale con varie gole ed anche una diga , case, una valle e passiamo sotto parecchie gallerie. Alle 11.10 scendiamo ad un lookout e alle 11.15 ripartiamo, ma nulla di quelle magnifiche gole che dicevano e si può fare a meno del trenino, almeno per i meno classici e più alternativi e si può andare a Kuranda con un autobus di linea spendendo molto meno. Alle 11.30 siamo alla stazione di Kuranda e poi dopo 5 minuti a piedi, al mercatino. I negozi sono tutti molto specializzati, Didgeridoo, pitture aborigene, boomerang (6 $ con le istruzioni per lanciarlo), coccodrilli imbalsamati (una testa 200$), uova di emù. Ci sarebbe anche la possibilità di prendere in braccio un koala, ma ciò significa andare al giardino zoologico e non abbiamo tempo. Il mercatino è prettamente turistico anche se hanno cose carine. Tanti bar, ristoranti e chioschi. Alle 14.30 prendiamo la Sky Forrest per tornare a Cairns, siamo sospesi nel vuoto e sotto di noi nulla. Scendiamo ad una stazione per una sosta di 15 min. I prezzi della Sky rail sono: 37$ (adulto), bimbi 4-14 18.50$, famiglia 2 adulti e 2 bambini 92.50: SOLO ANDATA, 54 adulti, bambini 27, famiglia 135 A/R. Arriviamo alle 15.45 alla fine della funivia e il pullmann ci riporta in albergo. Andiamo a cena alle 21.15 al ristorante Pesci, sul Bordwalk Pier e prenotiamo la crociera per il Reef perché in albergo hanno fatto tante telefonate ma non c’era mai posto.
24° -15 Agosto Martedì Sveglia alle 7 e colazione. Andiamo sul Reef con la società Sun Lover Reef Cruises (540$ per 3 persone), che è l’unica disponibile con la barca con i vetri sul fondo che permetterà di vedere il Reef anche a chi non sa nuotare. Alle 8.55 viene, puntualissimo, a prenderci il bus che ci porterà all’imbarco. Abbiamo fatto l’errore di prendere il pulmann con il pacchetto e ciò ci costerà 13*3=39$ in più: conveniva decisamente prendere il taxi che con 7-8 $ ci avrebbe portato tutti e tre all’imbarco. Alle 9.30, dopo che il pulmann fa il giro degli alberghi, siamo al porto dove convertiamo il voucher con i biglietti. Al porto c’ è uno stanzone dove c’è il check inn di tutte le crociere che partono dall’unico Terminal: Green Island, Passione, Tuta Dive, Sur Lover Reef Cruise (la Nostra), Reef Magic, Sea Star, Quick Silver. Quest’ultima è la numero uno e la più costosa (199$ adulti, 99.50 $ fino a 14 anni inclusi) ma la migliore perché, partendo da Port Douglas, arriva a Agincourt, un reef al limite della barriera, poco prima della piattaforma continentale che sprofonda, e dove, essendoci un maggiore ricambio con l’oceano, l’acqua è più limpida. Ma non sapremo mai come veramente è perché non c’era posto. Saliamo dunque all’ultimo piano del catamarano, grossa fesseria perché, come per i terremoti, si sente di più il mare ed infatti dopo un ora di navigazione vomito anche l’anima. E pensare che credevamo chi marinai schierati con le buste in mano fossero lì per scena o per un inutile ed eccessiva precauzione australiana. Si parte alle 10 ed e alle 11.30 siamo al Moore Reef, a 45-50 km dalla costa, ad un pontone ancorato sul fondo in mezzo all’oceano. La barca attracca e scendiamo sul pontone dove occupiamo un tavolo, vicino a cui ci sono i contenitori delle maschere, boccagli e pinne. L’attrezzatura per le immersioni si affitta ma si rivelerà una bufala perché fanno stare schierati sul fondo con le bombole e fanno un pò nuotare vicino al fondo, ma stiamo parlando di un’altezza di 4 metri !!!! Ad un certo punto mettono una corsia con boe rosse ogni 10 metri, con assoluto divieto di oltrepassarla e che forma un semicerchio e racchiude un pezzo di mare, poi un marinaio sale su una sedia tipo arbitro da tennis che controllerà noi che snorkelliamo assieme ad altre 150 persone: non è certo quello che aspettavamo, il grado di industrializzazione ci spaventa e vorremo non essere mai venuti, qui non c’è il Reef ma un’immagine surrogata del Reef, manca anche l’emozione e quel pizzico di incertezza e di imponderabile che accompagna chi visita il Reef con le sue correnti ed i suoi animali pericolosi. Ci tuffiamo: alla nostra destra vediamo dei pesci colorati, degli Zanclus (idolo moresco) ed una tartaruga (messa lì dalla pro-loco??) che seguiamo finchè alla nostra destra compare un fotografo con bombole al seguito che ci invita ad una fotografia. Un grosso pesce accompagna il fotografo e su sua richiesta lo bacia!!, ricevendone in cambio uno “zuccherino”. Insomma, grande giorno per i giapponesi ma per noi che al mare ci siamo nati, su un isola, anche se del mediterraneo, questa escursione si rivela una bufala, anche perché la differenza di potenziale con le nostre aspettative è molto alta. Facciamo snorkelling sul reef per 1 ora e ½, entro la corsia e poi alle 14, anche perché il freddo si fa sentire, ritorniamo sul catamarano a mangiare un buffet anonimo che avevano contrabbandato per ottimo buffet di mare (di mare ci sono solo i gamberetti freddi di frigorifero: come a Jabiru, devono essere una specialità qui). Alla fine del buffet sparecchiano in 5 minuti e compaiono le fotografie scattate dal fotografo e magliette e cartoline del Reef e della Costa. C’è il sommergibile semisommerso, la barca con i vetri angolari per vedere il fondo, poi c’è il momento in cui danno da mangiare ai pesci. Si va sotto il pontone in un teatro sommerso mentre dall’alto uno butta in acqua del cibo:improvvisamente centinaia di pesci si accalcano per mangiare ed è un trionfo di colori e dimensioni. Alle 16.10 ripartiamo per Cairns dove arriveremo dopo 1h e ½. Andiamo ancora a cena dall’ormai collaudato Pesci. 25° -16 Agosto Mercoledì Alzataccia alle 6 di mattina per fare i bagagli e la colazione. Alle 8.30 partiremo per Fitzroy Islands col traghetto che dobbiamo riprendere alle 15 per partire alle 19.15 per Sydney, ma alle 18 dobbiamo essere in aeroporto (invece di ½ prima per via della scoperta dei terroristi a Londra). Alle 8.30, cambiati il voucher con i biglietti (105 $ biglietto famiglia per 3 persone inclusa tassa di imbarco di 5$ a persona, 42$ un adulto) parte il traghetto per Fitroy. Siamo sul tetto a prendere il fresco, il sole non picchia, e il comandante guida il timone con i piedi. Leggo le coordinate di Cairns: 16° 54 min 29.8 s. Sud 145° 47 min 24.4 s Est: se fossimo a180° Est saremo agli antipodi di Greenwich. Arriviamo alle 9.45. Gli adulti decidono di scoprire l’isola a piedi, con annessa scalatina alla collina, mentre i ragazzi ed io decidiamo di andare in spiaggia. Dovranno venire con noi fino alla spiaggia dove ci lasceranno i bagagli per essere più liberi. Ad un certo punto la strada si biforca e noi prendiamo a destra, loro prendono a sinistra ma dovremo comunque convergere alla spiaggia. Invece, la nostra strada è impraticabile per via degli scogli, che comunque ci piacciono e ci fermiano soddisfatti. Relaziono con un sms raccomandando di tornare indietro a lasciarci i bagagli in modo che possano iniziare la loro passeggiata. Poi ci rilassiamo. Dopo 1 ora ci vengono a cercare, perché non ricevo i messaggi che mi hanno mandato, e ci convincono ad andare con loro sulla spiaggia dove, avendo cambiato idea, si erano spaparanzati al sole. Ma se noi stavamo bene sugli scogli non potevano lasciarci in pace ? No, perché secondo loro si stava meglio sulla spiaggia e visto che avevano cambiato idea e non passeggiavano più, noi ci dovevamo adeguare !!. Ma è democrazia questa? Un pò deludente Fitzroy, ci sono 2 spiaggette, di cui di una ho detto, a cui si arriva con un sentierino di 15-20 min, altrimenti ci si può mettere sugli scogli a prendere il sole, ai lati del molo di arrivo. Il mare torbido o limpido a seconda che la baia sia riparata o meno e la batimetria è di circa 2 metri a 4-5 metri dalla riva; qualche corallo, qualche pescetto ma nulla di eccezionale. L’acqua era sui 24°C, ma quando si usciva c’era un vento fastidioso e freddo. Nell’estate locale, quando c’è tempo bello uno si prende un pò di sole, fa il bagno nell’acqua limpida e poi si gode il sole sulla spiaggia, ma in questo periodo fare il bagno è solo una forma di esibizionismo. Maschera e pinne si possono prendere in affitto. Siamo al molo alle 16 a Cairns dopo un bel viaggio di ritorno con acqua calma, e siamo al Merlin Wharf, da dove partono tutte le crociere ed è alla fine del lungomare di Cairns dove c’è il Shangri là hotel, all’inizio dell’Esplanade dove (100 metri più in là) c’è la piscina pubblica dove fanno il bagno quando nella loro estate ci sono le meduse ed il bagno a mare non si può fare. Hanno scoperto da poco delle meduse, più piccole ed ancora più velenose delle tristemente note meduse scatola e da cui sarebbe difficile proteggersi perché passerebbero facilmente attraverso le maglie delle reti poste a salvaguardia di alcune spiagge. I nostri amici hanno cambiato i soldi a 0.6425: 320 euro (inclusi 10 euro commissione) hanno avuto 498$. Che ladroni questi australiani nel cambio !!.
Puntualissimi alle 19.15 partiamo con la jetstar per la quale abbiamo alleggerito le valigie, trasferendo parecchi kili in apposite buste di plastica che ci portiamo discretamente in aereo che risulta completamente pieno.
Siamo a Sydney alle 22 ed in 15 min in albergo con taxi (30$ noi e le valige: conviene prendere il taxì se si è in 3). Siamo a Sydney al Capitol Square (140$ tripla+10$ colazione se prenotata il giorno prima) nel pezzo di Campbell Street fra George Street e Pitt Street che sono poi le 2 vie principali di Sydney. Siamo adiacenti al quartiere cinese, che da pochi anni è diventata la comunità più numerosa, prima era quella italiana. Da questo punto ci si può spostare a piedi, o prendere il taxi, se si ha fretta, che è meno costoso che a Roma. La camera (n° 204), prenotata via internet, è piccola e non sappiamo dove mettere le valige. Ecco perché ci hanno fatto un forte sconto rispetto alla tariffa standard. Mi affaccio alla finestra, sono le 22.40 e non c’è molto passeggio. Non ci pare vero di essere a Sydney.
26° -17 Agosto Giovedì Usciamo alle 10 per cercare un altro albergo perchè, oltretutto, il giorno dopo qui è tutto pieno. Lasciamo gratis le valige al deposito bagagli e percorriamo George Street allontanandoci dal centro. Al Grace hotel la camera tripla costa 279$. Vediamo anche una stanza a 60$, ma è sopra un pub e c’è un cattivo odore e poi manca l’ascensore, con tutti questi bagagli !!!!. Intanto vediamo Sydney che è una grande città ma dal traffico ordinato e dal silenzio potrebbe essere Cremona o Piacenza. Prendiamo la stanza all’Ibis Hotel (149$ che è un buon prezzo per una tripla al centro di Sydney), in Pitt Street, andando sulla Campbell con alle spalle George Street, subito dopo aver girato a sinistra. E’ a un tiro di schioppo da Hyde Park, un polmone verde di Sydney. Il sabato il prezzo sarebbe aumentato a 189$ per poi ridiscendere a 149$ la domenica ed i successivi giorni feriali, ma comunque partiamo sabato mattina. Siamo a 30 min di cammino, dall’Opera House da The Rocks e dalla Baia. Se pare molto, sarebbe come andare da Porta Pinciana a Piazza Venezia, passando però da via Veneto e via del Corso, e comunque tutto in pianura.
Alla Thay non riusciamo a spostare il volo, nonostante preghiamo in ginocchio e ci dichiariamo disposti a fare scalo da qualsiasi altra parte in Europa e a pagare pure un supplemento. Ci spiegano che il problema non è da Sydney a Bangkok ma da Bangkok a Roma e che tutti i voli per le capitali europee sono pieni fino ai primi di ottobre La stanza è grande e accogliente, il collegamento a Internet la solita fregatura perché vogliono 4$ per ½ ora, mentre in George Street ad un Internet Point un ora costa 2$. Passeggiamo per Sydney andando verso Circular Quay e vediamo fa fuori la torre. Andiamo subito all’acquario, perché siamo acquariofili (50$ per la famiglia) e assistiamo al pasto dei coccodrilli, pinguini e foche. Fanno anche quello degli squali ma in un giorno diverso. Stupenda la vasca con gli squali: si cammina in un tunnel sottomarino ed si è affiancati dagli squali a 10 cm di distanza, allungando la mano si potrebbero toccare i denti. Ci dicono che gli squali provano a mangiare gli altri pesci con cui convivono nell’acquario, ma questi sono più veloci e riescono solo a scalfirli, anche se ogni tanto si accorgono che ne sparisce qualcuno. Una manta si piazza sul vetro sopra di noi e possiamo vederla nei minimi dettagli, persino quando respira. Purtroppo l’ambiente è buio e le riprese vengono male. Vediamo tutti i pesci tropicali ben noti ed alla fine della visita ci si può sedere e, con il sottofondo di una musica particolare, ammirare, attraverso un vetro enorme dell’acquario, i pesci più strani che continuamente passano. Il pasto del coccodrilli è alle 15 e 2 inservienti entrano nell’area con 2 polli morti in mano e, protetti da una tavola di legno, provocano, divertendosi, il coccodrillo che, affamato, assalta più volte sulla tavola e cerca di impadronirsi del cibo. Dopo 20 minuti di questo tira e molla finalmente riceve la preda e se la trascina in acqua. All’uscita dall’acquario pensavamo di andare al Casinò di Sydney dove, pagando un fisso, si può mangiare da un buffet che pare che sia ricco in carne dolci e anche molto pesce. Ma mia figlia è minorenne e pensiamo che non ci facciano entrare. Al tramonto raggiungiamo la torre (60$ per la famiglia) per andare alla quale si entra in un supermarket. Saliamo all’ultimo piano trascurando il ristorante girevole, very expensive, che è al piano di sotto (non siamo mica in viaggio di nozze…) e ci godiamo il magnifico panorama che comprende la città e la baia tutta attorno. All’uscita vediamo un film sull’Australia compreso nel biglietto. Sono le 20.30 quando prendiamo la monorotaia dove non c’è molta gente e dopo un giro completo, scendiamo alla fermata Paddy’s Market, vicino al quartiere cinese che, anche di notte, è illuminato a giorno. Chiediamo ad una ragazza cinese quale è il migliore ristorante cinese di Sydney e lei molto gentilmente ci accompagna, chiacchierando, al Golden Century Seafood in Sussex Street 399 (94$ in 3) dove, dopo 15 minuti di fila, ci fanno sedere al piano di sopra, dove ci sono solo cinesi e pensiamo che questo sia un buon segno di qualità e di genuina cucina cinese. Ci impicciamo da matti perché ci ostiniamo a fare la traduzione letterale dei piatti cinesi che fanno in Italia e ci guardano con occhi da “Ma questi sono pazzi”: chips o nuvolette di drago?: boh; il pollo al bambù ?: hanno i funghi ma non il bambù (avremo supposto il contrario), riso alla cantonese ?? riso si ma Cantonese rice che significa ? e così via con altri nomi che fanno strabuzzare gli occhi al di-per-se-stesso-gentile cameriere cinese. Conoscono solo gli involtini primavera (spring rolls). Alla fine io prendo i calamari perché li indico su un tavolo vicino, mia moglie il pollo con i funghi e gli spring rolls, mia figlia il riso e comunque ci portano porzioni enormi e tutte molto gustose. Dal ristorante siamo in 10 minuti di cammino in albergo.
27° -18 Agosto Venerdì Oggi andiamo sul ponte di Sydney (Sydney Harbour Bridge). Il taxì ci porta per errore sotto la parte iniziale del ponte, quella verso Sydney, da dove partono le scalate fino alla cima del ponte. Rimedierà non facendoci pagare il pedaggio di 3 $ che pagano tutte le auto, pubbliche e private, che attraversano il ponte. E’ un serbo, sposatosi qui con un’australiana e che il governo cerca di rispedire in Serbia, separandolo dalla moglie ed ha già avuto una sentenza in tal senso. Si sfoga con noi in maniera accorata e pare sincero, almeno dal suo punto di vista. Dice che qui i giudici sono asserviti alla politica, non sono, insomma indipendenti. Non ci vediamo chiaro nel suo racconto, ma non vogliamo dare troppa confidenza e non facciamo domande. Pensiamo che per qualche motivo sia un “indesiderabile” ed i giudici, in mancanza di leggi apposite, cerchino di assecondare la volontà delle istituzioni. La separazione brutale dalla moglie, che da qualcuno potrebbe essere ben accolta tanto da regalare il suo 3xmille allo stato, ci sembra crudele e tuttavia questa precisione e categoricità rientra nello spirito australiano per cui dura lex, sed lex. Diciamo che qui i treni arrivano in perfetto orario, ma da noi, per il motivo opposto, uno che arriva in ritardo alla stazione, può ancora sperare di prendere il suo treno e siamo contenti di vivere in Italia con tutte le sue approssimazioni, degne di un paese reale ed umano, con i contorni molto sfumati. Ci facciamo lasciare all’inizio del ponte (Nord Sydney) dalla parte opposta di Sydney, poi abbiamo girato a destra e poi ancora a destra e siamo arrivati a una stazione del treno, 50 metri avanti c’è una scala che porta alla parte pedonale del ponte, dalla parte dell’ Opera House.
Non bisogna fare il piccolo, stretto e pericoloso marciapiede che costeggia la strada veicolare perché ad un certo punto finisce e bisogna tornare indietro, come ci segnala il casellante sbracciandosi. C’era anche un cartello di divieto di accesso ma lo abbiamo visto solo al ritorno
Iniziamo la passeggiata alle 10.30, affianco a noi un traffico pazzesco di auto e mezzi pesanti, ma il nostro sguardo è sempre rivolto a sinistra verso l’Opera House. Alle 10.30 arriviamo alla fine del ponte dove c’è il pilone da cui partono le scalate sul ponte: la gente sale sul cornicione del ponte, munita di imbracatura, e pensiamo che si veda un magnifico panorama. Scendiamo dal ponte ed arriviamo al quartiere The Rocks che visitiamo rapidamente. Sono le 11.20 ed andiamo a vedere l’Opera da vicino ma dall’esterno, lasciandoci a destra e poi alle spalle Circular Quai che è il punto nevralgico dei trasporti di Sydney: da qui partono tutti i Ferry Boat per la baia e l’autobus per Bondi Beach, la famosa spiaggia dei surfisti: fa un caldo bestiale. Ogni volta che si passa sul ponte con la macchina si pagano 3$. Dopo l’Opera, dove abbiamo preso i biglietti per il concerto di stasera, (essendo esauriti i biglietti dell’Opera per l’Olandese Volante e per un Musical che si svolgono contemporaneamente) torniamo a Circular Quay dove ci spariamo un piatto di lasagne e 2 panini con salame comprati nella rosticceria al centro del largo (25$ per un piatto di pasta grande, 2 panini con salame e 3 bibite). Facciamo un biglietto giornaliero per i Ferry della baia, come consigliatoci dalla bigliettaia che ci da biglietti e piantine, e prendiamo i traghetti in questa sequenza per poter vedere il tramonto sotto il Ponte con l’Opera House sullo sfondo: jetty (wharf) 4 (molo 4) poi al 3 e poi al 5 (adulti 15.40, 7.70 ragazzi per un biglietto giornaliero). Dal wharf n° 4, il ferry si lascia a destra l’Opera House ed i giardini cinesi, piega verso destra e fa il percorso da Circular Quay a Watson Bay in 30 min (1 h A/R). Vediamo tante case adagiate sulla baia e pensiamo che siano le case degli impiegati che ogni giorno prendono il ferry per andare a Sydney e poi tornano a casa e passano dalla metropoli al paesello rilassante dove c’è tutto a portata di mano. In effetti abbiamo visto molti impiegati che, completo nero e borsa, prendevano con noi il ferry. Sbarcati a Circular Quay andiamo al jetty 3 e partiamo per Manly, un paesotto quasi all’uscita della Baia dove c’è una spiaggia famosa come Bondi Beach e dove arriviamo alle 16. Percorriamo il viale principale, lungo circa 200 m, che ci si para davanti all’uscita del ferry, e che è costeggiato da negozietti di tutti i tipi. Prendo un cartoccio con pesce fritto che dalla bontà sembra pescato e cotto seduta stante. Alla fine del viale, arriviamo alla spiaggia sull’Oceano, il mare è mosso ed alcuni con la muta ne approfittano per fare surf.
Dopo 45 minuti a zonzo per Manly, ritorniamo sui nostri passi e riprendiamo il ferry e a metà strada ci coglie il tramonto con i soliti colori stupendi ed il disco del sole che si inabissa oltre le colline che circondano la Baia. Arrivati a Circular Quay ci aspetta l’ultimo traghetto che parte dal jetty 5, passa sotto il Ponte di Sydney (Harbour Bridge) e vediamo il Luna Park dipinto da mille luci, poi sotto il Pyrmont Bridge e fa una fermata vicino all’acquario, in Darling Harbour, dove scendiamo. Ormai è notte e col flash non si possono fare fotografie a lunga distanza. Per prendere i posti migliori sui traghetti conviene aspettare ed individuare dove mettono la passerella per salire che non è quella per scendere. I taxi non sono costosi: spendiamo 8.5$ per andare dall’acquario fino all’Opera House dove arriviamo alle 19.20. Il concerto (56$ adulti, 25$ ragazzi, Schumann, Dvorak e Brahms) inizia alle 20. Andiamo un pò in giro, usciamo sulla terrazza e dominiamo la Baia. Tutto è rilassato e tranquillo. L’opera è molto bella dall’esterno, con le vele che ci danno l’impressione della sequenza dell’ apertura di un’ ostrica però la Casa della Musica di Roma, punto mitteleuropeo, è più moderna, fatta 30 anni dopo, e molto più grande, anche se l’esterno è più grossolano e goffo di quello dell’Opera House di Sydney. L’ambiente del preconcerto è da primi del novecento con abiti lunghi e smoking. Il concerto è bello ma il pubblico mi delude perché applaude alla fine di ogni movimento, pensavo che fossero più competenti, però ci sono molti stranieri e forse sono loro che applaudono quando non dovrebbero. Facciamo molte fotografie con flash, durante le brevi assenze della maschera che, comunque, ci riprende 2 volte. Alla fine del Concerto, prendiamo un taxi che ci porta a casa (10$) dove arriviamo distrutti.
28° -19 Agosto Sabato Alle 9 usciamo dall’albergo, mangiamo qualcosa al volo ed andiamo a The Rocks, alla sinistra di Circular Quay per le ultime compere. C’è un mercatino di cose artigianali e curiose e molte stampe antiche di Sydney. Compriamo dei boomerang, alcuni che si lanciano veramente e che sono corredati dalle istruzioni, ed altri che esistono solo a scopo decorativo. Compriamo anche un disco di musiche aborigene in una discoteca indicataci da un figlio di napoletani che si sono trasferiti qui e che, sentendoci parlare in italiano, si è fermato per aiutarci. Ci dimentichiamo purtroppo di comprare le musiche del Didgeridoo. Torniamo a piedi in albergo facendo George street, la città dello shopping borghese di Sydney, mentre quello di lusso lo abbiamo visto a Pitt st., Castlereagh st., ed Elisabeth street. Alle 12.40 prendiamo un taxi per arrivare all’aeroporto, è un cab, un taxi tipo furgoncino e parte esattamente da 2.90$ come i taxi piccoli. E’ la prima volta dopo tanti anni che ci prende la nostalgia e vorremo che una mano invisibile ci impedisse di partire, tanta è la serenità e la sicurezza che diffonde da questa città e tanto è la cordialità, l’eleganza, la signorilità e l’ospitalità, che ci ha circondato in questi pochi giorni. Insomma, ci sembra di perdere fisicamente qualcosa. Partiamo in perfetto orario alle 16.30. Alle 19.55 australiane la velocità dell’aereo è 500 miglia/h, altitudine 36000 piedi, la distanza da Bkok è 2929 miglia, T esterna -52°C. Ora siamo sulla verticale di Katherine e stiamo puntando verso Darwin e ci chiediamo se abbiamo fatto lo stesso sogno: l’Australia. Alle 1.10 australiana (22.10 Bkok, 17.10 italiana siamo a Bkok). 29° -20 Agosto Domenica Sono le 2.30 di Sydney, 18.30 di Roma e le 23.30 di Bkok, fra 10 min ci si imbarca per partire alle 0.20 per l’Italia: mi sono fatto mettere il posto vicino al finestrino.
La cosa peggiore di questo viaggio è che a un mese dal ritorno i ricordi, depurati dai piccoli inconvenienti del corpo e dell’anima, e ingigantiti e estrapolati dal contesto geografico dove siamo andati, si trasformano in un benessere puro dello spirito e sentiamo di avere vissuto un periodo tremendamente bello che ci manca e che ci crea difficoltà nel pensare ed assaporare il viaggio successivo perché, pur mutatis mutandis, temiamo che non ci possa dare le stesse sensazioni del nostro straordinario e fatato viaggio australiano. Capiamo nelle sfumature chi dice che l’Antartide è l’ultimo posto da vedere, per noi finora è l’Australia. Il troppo breve periodo ci ha fatto optare per forza per una formula “senza respiro”, dove, anche per accontentare tutte le componenti del gruppo, bisognava vedere tutto e tutto, in maniera quasi ragionieristica. E’ mancata, forse, la partita a carte seduti su una panchina di un parco, o il caffè australiano seduti ai tavolini di un bar a guardare la gente che passava. Anche questo ci avrebbe dato molto, come normalità nella straordinaria esperienza umana e culturale fatto in 29 giorni. 29 giorni di Australia, che con macchine in affitto e non badando a spese, ma non buttando i soldi, ci sono costati 4600€/testa.
Nella scelta del viaggio molto ha fatto un’ amica di quelle che non decantano, che non raccontano nei particolari, dalle quali, insomma, non esce un quadro idilliaco di quello che hanno visto, ma che invece ti dicono a pezzi, in modo frammentario, inframmezzando gesti di entusiasmo appena accennati a pause ed incertezze e riflessioni, che fanno pensare che il loro pensiero sia interrotto dalla nostalgia e dall’emozione, inespressa, che hanno provato e questo suscita la curiosità e la voglia di andare a vedere. Siamo a disposizione per chi volesse altre informazioni sull’itinerario che abbiamo seguito.
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