Australia in libertà 2
2° giorno SYDNEY Partiamo alla volta di Circular Quay, col traghetto che parte di fronte all’acquario e in 10’ ci porta in questa zona, ricca di ristoranti e bar, da dove si gode la vista dei simboli di Sydney: Harbour Bridge e Opera House. Dopo averli fotografati da tutte le angolazioni, decidiamo di visitare la zona di the Rock, ovvero il quartiere storico e turistico di Sydney. Ci fermiamo a mangiare al ristorante ”Caminetto”, naturalmente italiano, e mangiamo una discreta pasta. E’ molto caratteristica questa zona, con strade strette e chiuse al traffico, ricca di negozi di marca e ristoranti italiani. Decidiamo di andare al Taronga Zoo, posto sulla baia in uno stupendo posto. Prendiamo il traghetto che parte sempre da Circular Quay e ci arriviamo in 15’. E’ molto arroccato e bisogna prendere un autobus per arrivarci una volta sbarcati dal traghetto. Ci hanno venduto comunque un Zoo pass dove sono comprese le trasferte e l’ingresso. Ci sono più di 4000 animali in questo zoo, molti dei quali tipici della fauna australiana, come i mitici canguri, i koala, i vombati e altri ancora. Molto bello. Torniamo stanchi in albergo e una brutta sorpresa ci attende: la nostra chiave magnetica non apre la porta della camera. Così scendiamo alla reception per farcela sostituire, ma il tipo ci dice che la nostra prenotazione era per un solo giorno. In effetti da casa avevamo prenotato un solo gg, ma gli spieghiamo che avevamo chiesto al suo collega di estendere il nostro soggiorno ,peccato che si sia dimenticato di registrarlo. Così, armi e bagagli, ci dobbiamo spostare in un altro hotel della stessa catena. Finirà la sfiga? No, perché intanto la nostra valigia non arriva, malgrado la telefonata in aeroporto per avere notizie. L’addetta dice che la nostra valigia è rimasta a Roma … Che strano … E che arriverà sicuramente col prossimo aereo a Sydney. Peccato che noi domani sera partiamo alla volta di Melbourne. Sempre la signora allora ci dice che se riesce ce la fa fermare a Melbourne. 3° giorno SYDNEY La temperatura oggi è più mite, circa 20° e decidiamo di visitare Hyde Park, situato vicino al nostro hotel . E’ un bel parco con un viale alberato, fontane e l’ Anzac Memorial,con una mostra all’interno dedicata ai 9 conflitti d’oltremare in cui combatterono i soldati australiani. Poco più in centro è situata la Sydney Tower, o AMP tower, una torre sottile con una piattaforma panoramica in cima e un ristorante rotante posto a 305 mt. D’altezza. Saliamo con un ascensore interno e ci godiamo la vista di Sydney e dei suoi sobborghi. Proseguiamo verso Circular Quay a piedi e ci imbattiamo in Martine Place,il cosiddetto centro civico di Sydney, un viale pedonale che si estende da Macquarie St. A George St, la via che attraversa tutto il cuore della città. Qui si trova l’ufficio postale, palazzi che ospitano istituzioni finanziarie e un paio di fontane. Capitiamo nell’ora in cui molti escono dagli uffici per il pranzo e camminano velocemente. Questo ci riporta un po’ alla nostra vita frenetica di tutti i gg. E siamo contenti di essere in vacanza. Proseguiamo il nostro cammino e raggiungiamo Circular Quay, dove ci fermiamo per il pranzo e poi continuiamo dall’Opera House verso i Botanic Gardens, il polmone della città, dove molti fanno footing. Un pazzo con un aereo si mette a scrivere nel cielo, con i fumogeni. Tutti a guardare intenti in aria per capire cosa vuole dire : “Sandy, we miss you”, ovvero Sandy ti abbiamo perso????? Ma …
continuiamo il nostro pomeriggio a the Rock, comprando qualche souvenir e poi ci incamminiamo verso l’hotel , dove ritireremo le valigie e ci avvieremo alla fermata degli autobus. Viaggiamo con la Greyhound Pioneer che parte in perfetto orario, alle 20. Gli elementi che ci sono sul pullman sono pazzeschi….Le soste sono solo 2 e si riesce a dormicchiare un poco, malgrado il freddo e la luce. Nel tragitto vedo la luna che è in fase calante, ma dall’alto al basso. D’altronde qui è tutto girato al contrario, anche le stelle. Infatti scorgo la croce del Sud, che al di sopra dell’equatore non si vede, e tutte costellazioni differenti da quelle che siamo abituati a vedere da noi. 4° giorno MELBOURNE Alle 8 siamo a Melbourne, e abbiamo la fortuna di trovare un rent a car nella stazione degli autobus, che ci pratica un prezzo molto conveniente: essendo venerdì c’è la tariffa week-end, se l’auto la consegniamo lunedì entro le 10. Perfetto, non ci resta che telefonare in aeroporto per avere notizie della nostra valigia. Ma ci dicono che senza il file number non si può fare niente. Allora decidiamo di andare direttamente in aeroporto, che dista 20’ dal centro. La guida a destra ci causa qualche problemino iniziale, soprattutto nel traffico cittadino e nell’imboccare le strade in senso contrario rispetto alle nostre abitudini. Per fortuna il cambio è automatico. Arrivati, troviamo il banco “servizio bagagli” e chiediamo informazioni. Fortunatamente questa volta, anche senza numero si riesce a risalire alla nostra valigia , che attualmente si trova a Sydney . Ci chiedono dove alloggiamo questa notte, ma noi siamo in partenza per Phillip Island e non sappiamo ancora dove ci fermeremo a dormire. La signora dice che non c’è problema, appena troviamo un hotel di chiamare per lasciare il recapito, e ce la consegneranno in breve tempo. Scoraggiati pensiamo che ormai non rivedremo più la nostra valigia e ripartiamo. Il rent a car, gentilmente, ci ha dato uno stradario molto dettagliato e riusciamo senza problemi a raggiungere Phillip Island, che dista 137 km da Melbourne ed è unita al continente da un ponte che va da San Remo a Newhaven. L’isola è famosa per la parata dei pinguini, nella parte sud occidentale dell’isola, che avviene ogni sera pochi minuti dopo il tramonto e per il vecchio circuito automobilistico, ora rinnovato e che ospita il Gran Premio Motociclistico d’Australia. Arriviamo all’ingresso del visitor centre con largo anticipo e io acquisto un pile, dato che la temperatura dopo il tramonto scende di parecchi gradi, e aspetteremo i pinguini seduti su una gradinata a pochi metri da uno dei mari normalmente più agitati del mondo. E’ vietato fotografare e anche usare la telecamera. Aspettiamo circa un’ora prima che i primi pinguini escano dall’acqua, intorno alle 18. Sono alti solo 30 cm e si riuniscono in gruppi prima di attraversare la spiaggia che li separa dai loro nidi. Che bello spettacolo, ne è valsa proprio la pena, malgrado il freddo pungente. Nel percorso che poi facciamo per raggiungere la nostra auto vediamo molti pinguini da vicino che emettono suoni, intenti a raggiungere la propria tana per la notte. Andiamo a cena a Cowes, il maggior centro dell’isola, e troviamo una pizzeria di proprietà di italiani. Torniamo al motel e, dopo 10 minuti che siamo in stanza, la padrona ci telefona dicendo che è arrivata una valigia per noi. Evviva!!!! Controlliamo che ci sia tutto, perché la valigia ha il lucchetto manomesso. E per fortuna è così.
5° giorno PHILLIP ISLAND Decidiamo di andare a visitare il Koala Conservation Centre, nel centro dell’isola. Ci sono 28 koala in questo parco di eucalipti, le cui foglie sono l’unico alimento per i koala, che vivono sempre sulla stessa pianta e dormono su di questa per gran parte della giornata. E’ bello perché bisogna cercarli, e tanti sono talmente in alto che si fa fatica a scorgerli. Visitiamo poi il Wildlife park, parco che ospita wallaby, vombati, emu e uccelli di ogni tipo. Sono i canguri i primi che ci vengono incontro ,abituati ai turisti che danno loro crocchette, fornite dal personale all’entrata. Sono molto simpatici, tirano con le loro zampine anteriori la mia mano verso la loro bocca e la lingua mi fa il solletico. Oppure si alzano a dismisura per vedere meglio cosa ho in mano. Ce ne sono di tutte le taglie, e devo dire che quelli grossi fanno un po’ impressione, alti quasi come me. Per fortuna loro non si avvicinano, credo perché nessuno cerca di dare a loro cibo e quindi non sono abituati. Ci sono poi i vombati che sono troppo forti, mangiano in continuazione e per questo ci ricordano i maialini, visto che li ricordano anche nell’aspetto, però hanno il muso come i castori e il posteriore come i koala. Leggiamo poi che sono parenti di questi ultimi. Ci sono altri animali interessanti, come il diavolo della Tasmania, visto solo nei cartoni animati e molto brutto, con quei denti e il corpo da cinghiale spelacchiato. Ci sono anche i koala e questa volta li vediamo da vicino e in movimento, troppo simpatici. La nostra considerazione è che in questo parco abbiamo visto tante specie diverse e se l’avessimo saputo, non saremmo andati al Koala Conservation Centre. Dobbiamo lasciare il parco e continuare nel nostro itinerario, per raggiungere la Bellarine Peninsula e traghettare da Sorrento a Queenscliff , per avvicinarci alla Great Ocean Road. E’ una zona molto verde questa. Facciamo un giro in città, aspettando il traghetto ed è una cittadina molto americana e sicuramente piena di turisti in estate. Qui il surf è lo sport locale, avendo la fortuna in certi periodi di avere onde altissime. Alle 17 traghettiamo, il servizio prevede una corsa all’ora dalle 7 alle 18. Ci impieghiamo 40’ ad attraversare e raggiunta l’altra sponda è quasi buio. Così decidiamo di fermarci per la notte a Torquay, piccola cittadina, ma piena di turisti. Comincia qui la Great Ocean Road e capiamo che molti la pensano come noi perché infatti fatichiamo a trovare una stanza. Troviamo una pizzeria e ci fiondiamo dentro. Spendiamo per 2 pizze e 2 coche $ 23 e troviamo che qui la vita costa mediamente meno che da noi e la gente è molto cordiale. 6° giorno GREAT OCEAN ROAD Questa mattina ci alziamo presto perché abbiamo molta strada da fare. Seguiamo le indicazioni per la G.O.R., che in realtà comincia qualche km dopo Torquay, annunciata da un’arco che sovrasta la carreggiata. I primi km. Non sono un gran che, ci ricordano alcuni tratti dell’ Aurelia che vanno da Savona a Ventimiglia, (a noi molto noti perché abitiamo a 100 km di distanza) con la strada che corre negli immediati pressi della costa. Passiamo da Anglesea, Lorne,Apollo Bay e notiamo un magnifico contrasto tra le spiagge sull’oceano da un lato e le foreste e le montagne dell’Otway Ranger dall’altro. Qualche surfista sfida il mare gelido per allenarsi con il surf. Ad un certo punto si devia all’interno e per un centinaio di km. Siamo immersi nella foresta pluviale. Finalmente tornati sulla costa, si apre dinanzi a noi uno spettacolo straordinario: Loch and Gorge e I Dodici Apostoli. Questi ultimi sono enormi pilastri di roccia che emergono dalle acque agitate dell’oceano, chiamati dodici apostoli perché sono dodici, ma dai punti panoramici se ne scorgono solo sette. Il vento è terribile qui e in effetti questo è il mare più temuto al mondo. Loch and Gorge ha una storia molto triste alle spalle e prende il nome dalla nave che , nel 1878, affondò proprio qui, nave di emigranti che venne trascinata contro gli scogli e solo 2 sopravvissuti vennero scaraventati dalle acque nella stretta gola che oggi prende il nove della nave. Troviamo un posto dove fanno toast e poi decidiamo di tornare verso Melbourne. Troviamo molto traffico in quanto è domenica, e c’è il rientro dal week-end. La strada nella prossimità della città diventa a 3 corsie. Io noto che le macchine sono quasi tutte giapponesi e molte Ford. Qui si dovrebbe tenere la carreggiata sinistra e sorpassare sulla destra, ma si usano indistintamente. Arrivati a Melbourne troviamo un Best Western nei pressi del centro, e vediamo se c’è una camera . Chiediamo poi la strada per andare a cena nel quartiere chiamato “Southbank”. E’ semplice, basta attraversare il ponte che passa sul fiume Yarra, che taglia in 2 la città, e siamo arrivati. Posteggiamo e andiamo sulla passeggiata che costeggia il fiume, da dove si ha una stupenda vista sul quartiere commerciale, dall’altra parte del fiume, ed è molto caratteristico. E’ piena di locali di ogni tipo. Ci fermiamo in quello che ci ispira di più e notiamo ,come in altri locali, che insieme all’insegna è specificato il tipo di licenza. In questo caso è una BYO, ovvero la licenza che permette di accedere ai locali con gli alcolici acquistati altrove. Tornati in albergo decido di “girare la valigia”, perché domani si va al caldo, e la roba pesante non ci serve più. 7° giorno IN VOLO VERSO ALICE SPRINGS E KINGS CANYON La sveglia suona alle 6 perché dobbiamo raggiungere l’aeroporto in tempo per prendere il volo delle 8.40 che ci porterà ad Alice Springs. Consegniamo la macchina in aeroporto e le chiavi le mettiamo in una cassetta, senza alcun controllo, e questo per noi è un po’ strano. Qui si fidano molto, c’è ancora questa fiducia nel prossimo. Purtroppo c’è molta nebbia e ci annunciano che il nostro aereo non può partire. Sul cartellone degli orari notiamo che tanti altri voli sono in sospeso. Passano le ore e le notizie che ci danno non sono molto rassicuranti: prima ci dicono che l’aereo che doveva atterrare da Sydney e portare via noi è tornato indietro, poi fanno partire un altro volo dal nostro gate, poi dicono che l’aereo ci sarebbe ma manca l’equipaggio. Insomma, dopo 5 ore di attesa finalmente si parte. Purtroppo si fa scalo a Adelaide, e perdiamo un’altra ora in aeroporto. Alle 17 atterriamo ad Alice Springs, ritiriamo le valigie, per fortuna questa volta tutte e due, e andiamo ad affittare un auto negli appositi uffici posti all’uscita. Spieghiamo all’impiegata che abbiamo la notte prenotata a Kings Canyon e chiediamo quale strada ci consiglia. Lei ci spiega che sarebbe meglio percorrere la Stuart highway, data l’ora tarda, anche se più lunga perché al tramonto troveremo molti animali sulla strada . Ci sarebbe una strada non asfaltata per tagliare via 200 km, ma non ce la consiglia. Noi ,ormai entrati nello spirito avventuriero, decidiamo invece di percorrere proprio la strada non asfaltata, chiamata Ernest Giles Road. Il primo tratto di km.130 lo percorriamo sull’asfalto, poi al bivio ci avventuriamo in quella che dovrebbe essere una strada pericolosa. In effetti incontriamo in tutto il tragitto 3 o 4 macchine soltanto, ma gli unici animali che vediamo sono mucche al pascolo, incuriosite dal nostro passaggio. Ritornati sulla strada asfaltata, vediamo spesso attraversare la carreggiata piccoli topi e poi molte civette che banchettano. Arriviamo un po’ stanchi al nostro Resort prenotato dall’Italia e per poco rischiamo di non mangiare ,dato che il buffet chiude alle 21 e mancano solo 15 minuti. L’hotel non è niente di speciale, stile motel e il mattino dopo, quando ci presentano il conto della cena e colazione a momenti sveniamo: $130 !!! Sono pazzi ! Se ne approfittano perché nelle vicinanze non c’è niente altro. Ci accorgiamo solo al ritorno che in effetti 20 Km. Prima c’era una stazione di servizio, chiamata Kings Creek Station, dove si poteva mangiare qualcosa, ma la fretta di arrivare e il ritardo accumulato oggi ci hanno fregato. 8° giorno KINGS CANYON O WATARRKA E AYERS ROCK O ULURU Oggi visitiamo il canyon, a 6 km. Dal resort. Finalmente fa caldo, anche se la mattina presto l’aria è freschina. Ci sono due percorsi da fare, uno di 1 ora e l’altro di 3, peccato che il primo lo percorriamo in soli 15 ‘, così torniamo e facciamo anche l’altro, dove c’è un po’ da arrampicarsi per arrivare in cima ed ammirare il panorama. I nostri commenti non sono molto favorevoli e preferiamo dire solo che forse una volta visto il Grand Canyon americano, niente regge il suo confronto. Proseguiamo alla volta di Ayers Rock e questa volta ci fermiamo sia a fare benzina che a mangiare qualcosa al Kings Creek Station. Notiamo che qui la benzina è più cara che in città, comunque molto conveniente confronto alla nostra: £1000 al litro!! Ci sono anche canguri a cui dare da mangiare, ma il cibo costa $1. Dopo aver percorso più di 400 km. Vediamo all’orizzonte un monte, che pensiamo sia Ayers Rock. Ci sembra però di un colore strano, non rosso come abbiamo sempre visto in foto, e la sua figura è analoga, ma non la sua cima, non tondeggiante, ma piatta. Così apro la mia guida e scopro che il monte si chiama Mont Conner. Continuiamo e finalmente scorgiamo lui, il monte sacro per gli aborigeni. E’ veramente maestoso, non me lo aspettavo così, e più ci avviciniamo più aumenta il suo fascino e il suo mistero. Raggiungiamo l’hotel da noi prenotato e scopriamo con nostra meraviglia che si tratta di un appartamentino, con cucina, tinello, salotto, camera e bagno con lavatrice. Peccato rimanerci solo un giorno!! Posate le valigie, ci avventuriamo verso la montagna, pagando $16 per l’ingresso che vale 3 gg. Foto di rito con sfondo il monolito e proseguiamo verso la sua base. Evitiamo di scalarlo perché per gli aborigeni è sacro, e ci sembra giusto rispettarli. Facciamo il percorso chiamato Mala Walk, che inizia proprio alla base della salita alla roccia e gira attorno alla base del monolito. Ci sono molti luoghi sacri, contrassegnati da cartelli, dove è vietato l’ingresso come pure fotografare . Uno di questi è dove le donne partorivano, e ci chiediamo se lo fanno ancora oggi, vista la loro vita primitiva che conducono ancora oggi. Notiamo che la roccia è ricoperta di sabbia del deserto fossilizzata, ed è questa che dà il tipico colore rosso al monolito. Ci sono parecchie striature, formate dall’acqua quando piove. Ci sono guide che spiegano a turisti giapponesi il significato dei geroglifici che si vedono sulle rocce. E’ stupefacente il contrasto della roccia con l’azzurro carico del cielo! Andiamo al punto panoramico, dove ci sono all’incirca 100 macchine parcheggiate in attesa del tramonto, momento in cui il monolito cambia colore. Molti sono appostati con cavalletti sulle auto, gli altri con la macchina fotografica o la telecamera in attesa dell’evento. E puntualmente, col calare del sole la roccia assume dapprima un colore rossissimo, poi mano a mano sempre più scuro, fino a diventare grigia. E’ spettacolare, come pure lo scattare dei flash a ripetizione!! Vediamo i primi aborigeni e ci fanno impressione: alti, nerissimi e il viso quasi deforme, con naso e occhi enormi. Torniamo in camera e ci aspetta questa sera una cenetta cucinata da noi, con spaghetti e pomodoro, comprati nel supermercato del complesso. 9° giorno MONTI OLGAS O KATA TJUTA ED ALICE SPRINGS Andiamo a visitare i Monti Olgas, distanti 30 km. Da Uluru e ci fermiamo al punto panoramico per ammirarli da lontano. Sono un gruppo di rocce più piccole e tondeggianti di Ayers Rock, meno conosciute ma non per questo meno affascinanti .La roccia più alta, 546 m., supera di 200 mt la cima di Uluru. Ci inoltriamo in un sentiero che ci porta in una incantevole gola chiamata Olga Gorge. Torniamo ad Ayers Rock e visitiamo il cultural centre. Mangiamo qualcosa e scrutandoci intorno notiamo che la media delle persone si aggira sui 70 anni. Avevamo già notato questa cosa e anche in seguito avremo la conferma che gli australiani anziani si muovono molto più dei nostri, malgrado le grosse distanze, ma forse proprio per questo più abituati a viaggiare. Prosegue il nostro viaggio di ritorno ad Alice Springs. Ci fermiamo un paio di volte per sgranchirci le gambe e dopo la bellezza di 500 km. Finalmente raggiungiamo Alice S. Cerchiamo un hotel e andiamo in centro per mangiare qualcosa. E’ una cittadina di 22.000 abitanti molto moderna, con bei negozi e ristoranti, tuttavia molto lontana da tutti i centri importanti del paese. Però la vicinanza all’outback le conferisce un’atmosfera particolare e molto turistica. Nella sua periferia c’è una comunità aborigena grande, d’altronde Alice S. È la terra d’origine di uno dei tanti popoli aborigeni australiani. Vivono un po’ come i barboni, sporchi e seduti per terra per gran parte della giornata. Solo alcuni lavorano dipingendo dei tipici quadri, che poi vendono venduti o autonomamente oppure tramite i negozianti. Fanno un po’ impressione, ma sembrano innocui, solo quando sono ubriachi, e lo sono spesso, diventano rissosi ma tra di loro. Questo modo di vivere crediamo sia una loro scelta. Facciamo un giro per il Moll di Alice Springs, pieno di negozi per i turisti e decidiamo di cenare in una pizzeria. Qui incontriamo un siciliano che ha sposato un’aborigena che dipinge, ora fa il suo manager, un personaggio spaziale. Ci vuole vendere logicamente qualcosa, ma la scansiamo dicendo che domani saremo ancora qui. 10° giorno DARWIN E invece oggi siamo di partenza verso l’aeroporto che ci porterà a Darwin. Consegnata l’auto in aeroporto partiamo e in due ore di volo siamo arrivati. La città conta 70.000 abitanti, moderna e vivace, che serve a molti come “città di frontiera”, e quindi con molti turisti di passaggio. Nei week-end invece si riempie a dismisura, essendo una città di mare, e per questo faremo fatica a trovare da dormire. Affittiamo un’altra auto in aeroporto e questa volta, pur trovandoci ancora in un week-end , non c’è nessuna offerta ,anzi per 3 gg. Con una Mitsubishi Mirage paghiamo il doppio che a Melbourne. Notiamo che qui al nord è tutto più caro che al sud, anche gli alberghi. E’ molto facile girarla ,c’è un lungomare chiamato Esplanade e due vie parallele dove sono concentrati tutti i negozi e i ristoranti. Ceniamo da Giuseppe’s e la bruschetta è veramente troppo condita!! Di italiano ha solo il nome a quanto pare!! 11° giorno KAKADU NATIONAL PARK Partiamo alla volta del Kakadu National Park, la cui entrata dista 150 km. Da Darwin. Paghiamo $16.25 a testa per l’entrata che vale 14 gg. E ci riforniscono di cartine per trovare facilmente i punti da visitare. Da lì a Jabiru, località dove pernotteremo, ci sono ancora 100 km. E nel percorrerli ci attraversa la strada prima un dingo, poi un canguro. E’ troppo grazioso il suo saltare. Pianifichiamo il da farsi, e prenotiamo subito la crociera per domani mattina sulle Yellow Water. Posiamo le valigie in camera ( alloggiamo in un hotel a forma di coccodrillo, dove nel muso si trova la reception, nella testa il ristorante, nelle zampe le scale e nella coda i locali di servizio) e andiamo a cercare un punto panoramico. Bisogna arrampicarsi un po’ per avere una visione della pianura dall’alto, ora con qualche pozza, ma nel periodo delle piogge ( da ottobre a aprile) completamente allagata dai fiumi che si ingrossano e rendono impraticabili molte zone. Ci sono delle mosche noiosissime che non ci danno tregua. Decidiamo di trovare qualcosa da mettere sotto i denti, ma gli unici posti dove si mangia sono al Visitor Centre e in centro città, complesso di poche case. Notiamo , qui come ad Ayers Rock, che c’è tutt’un altro modo di sfruttare il turismo rispetto a noi, dove in ogni punto minimamente turistico c’è un chiosco che vende bevande e panini. 12° giorno YELLOW WATER E DARWIN Abbiamo prenotato la crociera alle 9, quindi alle 8 partiamo perché dista 50 km. Dal nostro hotel. Saliamo su classiche barche da lago che trasportano 60 persone circa e partiamo, con 4 imbarcazioni, alla scoperta della palude. E’ molto entusiasmante trovarvisi e quando vediamo i primi coccodrilli, l’adrenalina sale e ci sentiamo tutti un po’ Indiana Jones. Ci sono ninfee che escono dall’acqua e al nostro passaggio si ritirano quasi a scomparire, per poi riaffiorare appena la corrente lo permette. Ci sono uccelli di tutti i tipi, aquile e un pesce di nome barramundi che ogni tanto esce dall’acqua col suo collo simile a una biscia. Quasi tutti i coccodrilli se ne stanno talmente immobili che è difficile scorgerli, chi con la bocca aperta, chi in parte nascosti nella melma e altri al nostro passaggio si rifugiamo sott’acqua. Notiamo anche che ce ne sono di tutte le taglie. Finiamo la nostra gita in bellezza, conoscendo Pippo, un coccodrillo grossissimo che è diventato “amico” dei ranger perché sta sempre vicino al pontile e al quale danno a volte da mangiare. Scesi dal battello controlliamo la cartina e andiamo ad un altro punto panoramico, peccato che dopo 1/2 ora di camminata arriviamo in un punto dove si scorge ben poco, a causa delle piante alte che ostruiscono la visuale. Così decidiamo di uscire dal parco, in direzione Darwin. In definitiva la cosa più bella del parco è stata la crocierina, mentre il parco in sé stesso ci ha un po’ deluso, molte parti di boschi sono bruciati e quindi molte zone sono brulle. Raggiungiamo Darwin e cerchiamo un hotel nei pressi dell’aeroporto, visto che domani la sveglia suonerà molto presto, ma non troviamo niente. Così ci spostiamo in città, dove troviamo un hotel centrale. Ceniamo nel suo ristorante e ci ritiriamo in camera. 13° giorno BARRIERA CORALLINA: CAIRNS E PORT DOUGLAS Alle 5.45 abbiamo il volo per Cairns e con nostro stupore vediamo che il boeing 747 è quello colorato, che si vede in tutti i depliants! All’interno non è poi molto diverso dagli altri, forse i posti sono un po’ più larghi. In un paio di ore siamo a destinazione e nel tratto che porta dall’aereo al ritiro bagagli le pareti sono verde acqua, con pesci colorati e la musica di sottofondo è rilassante ,con le voci del mare carinissimo. Ritirate le valigie vediamo un piccolo cane ,di razza Beagle, con una pettorina con scritto “quarantine detective dog”, che annusa le valigie e si sofferma su alcune. Qui sono molto severi, da uno stato all’altro non vogliono che si porti frutta e semi, per paura delle contaminazioni. Usciti da questa zona non ci resta che sperare di trovare il nostro nome scritto sui molti cartelli che gli incaricati dei vari hotel tengono in mano per farsi riconoscere. A fatica leggo il mio e il tipo ci dice di andare intanto al pulmino, che lui deve aspettare altre persone. Così carichiamo le valigie nel carrello che qui si usa molto attaccare dietro ai pullman e aspettiamo di partire. Sessanta km ci separano dal luogo di mare dove finalmente trascorreremo 3 gg. Di riposo. La strada è piuttosto tortuosa, spesso a picco sul mare, e le spiagge sono poco affollate, forse perché qui è inverno? Dopo un’ora e 1/2 arriviamo davanti all’hotel prenotato con Internet, vicino alla caratteristica spiaggia, lunga 2 km. Posati i bagagli, il tipo dell’albergo ci illustra di tutte le escursioni fattibili, prenotabili da lui. Così decidiamo il da farsi e andiamo in spiaggia a rilassarci un po’. E’ la prima persona che parla in maniera veramente comprensibile. Scopriamo poi che lui e la moglie sono tedeschi emigrati. La spiaggia è’ profonda una cinquantina di mt. E la sabbia è bagnata. Ci chiediamo come mai, lo scopriremo la sera, quando salirà la marea e coprirà tutta spiaggia, fin quasi sulla strada. Qui la temperatura è intorno ai 25°e la sera, col calare del sole, si abbassa notevolmente. Andiamo alla scoperta del centro, una via lunga circa un km. Piena di negozi, bar e ristoranti che conduce al porto, da dove partono tutte le escursioni. Per cenare qui c’è solo l’imbarazzo della scelta e questa sera cominciamo con un locale dove servono principalmente carne. 14° giorno LOW ISLES Questa mattina facciamo colazione in stanza perché, come quasi da tutte le parti, siamo muniti di brocca elettrica per scaldare l’acqua e caffè o tè liofilizzato. Scendiamo in strada perché ci dovrebbero passare a prendere alle 9.20 col pulmino che ci porterà al porto per fare l’escursione. Arriva con qualche minuto di ritardo e notiamo ancora una volta che la media di età è piuttosto alta. Facciamo il giro per caricare altre persone e notiamo che molte sono comodamente ancora in stanza, è l’autista che scende a chiamarle. Qui il turista viene prima di tutto e lo notiamo anche nella gentilezza che hanno nei locali o nei supermercati. Arriviamo al porto e andiamo a pagare alla cassa del Quicksilver, una grossa compagnia che organizza escursioni alla barriera. Noi prenderemo una imbarcazione di medie dimensioni chiamata Wavedancer, che porta all’incirca 200 persone??per raggiungere e visitare l’isola chiamata Low Isles. Mano a mano che ci avviciniamo l’acqua diventa sempre più limpida e chiara. La raggiungiamo in un’ora e con la lancia scendiamo a più riprese. La sabbia è fine e la giornata è calda ma non troppo ed assolata, l’unico neo è l’acqua molto fredda, ma ricordiamoci che qui è inverno!! Facciamo snorkelling nelle vicinanze della riva e malgrado ciò il fondale è molto ricco di corallo blu, rosa, verde ,giallo, tante spugne e enormi conchiglie che si chiudono al nostro passaggio. I pesci non sono molti, ma i loro colori sono fantastici. Dopo un’oretta dobbiamo salire perché ci viene offerto il pranzo sulla barca. Così veniamo riportati indietro, per poi ridiscendere appena finito il “ricco buffet” preparato a bordo. Notiamo che dall’acqua adesso affiorano tutti i coralli prima sommersi e dove prima facevamo snorkelling, adesso l’acqua è troppo bassa e non ce lo permette più. La bassa marea è notevole. Al ritorno sull’imbarcazione uno dello staff si mette a cantare e suonare solo con la chitarra e apprezziamo molto perché è veramente bravo. Arrivati al porto la scena che si presenta per la bassa marea è ridicola: molte barche ancorate sono in secca!! 15° giorno BARRIERA CORALLINA Oggi il pulmino passa un po’ prima perché ci recheremo al porto e una imbarcazione ci porterà alla barriera corallina, che è più distante rispetto all’isola di ieri. La nave si chiama Calypso ed è una piccola imbarcazione con a bordo un centinaio di persone e 70 d’equipaggio. Notiamo che al mattino in porto le barche di ieri in secca sono tornate in mare, ma questa sera … Ci impieghiamo un paio di ore per raggiungere il primo punto in cui ci si può immergere. Siccome il tempo non è granché ci danno da indossare le mute, e in effetti l’impatto con l’acqua è meno traumatico. Intanto uno dello staff ci spiega buffamente come correttamente fare snorkelling, anche se ognuno è libero di andare dove vuole, logicamente nei pressi dell’imbarcazione. Appena in acqua vediamo una tartaruga che ci viene incontro, bellissima. Dopo averla fotografata più volte proseguiamo l’escursione tra coralli e stelle marine di un blu impressionante. I pesci qui sono abbondanti e di tutti i colori e taglie. Dopo ½ si risale per raggiungere un altro punto, e così per altre due volte. Il consiglio dell’albergatore è stato positivo, cioè nel scegliere un’imbarcazione più piccola e quindi meno affollata di turisti, così è più rapido scendere e c’è meno confusione in acqua. Anche qui ci viene offerto un buffet e al ritorno il tè coi biscotti. A un’ora dalla riva ci imbattiamo in una piacevole sorpresa: una balena con un piccolo è davanti a noi e procede nel suo cammino sbuffando e facendoci vedere la sua possente coda. Chissà se rimane in questa zona o se sta migrando? Loro dicono che questo non è il periodo. Una volta al porto veniamo riaccompagnati all’hotel. Oggi è stato veramente bello, i fondali qui sono stupendi, ricchi di colori e vivi!! La nostra ultima sera a Port Douglas si conclude con la cena in una specie di pizzeria, ma la pasta della pizza è senza sale! 16° giorno DA PORT DOUGLAS A SYDNEY Dobbiamo lasciare la stanza, così portiamo la nostra roba in un posto sicuro e torneremo più tardi a recuperarla. Prendiamo il pulmino che fa servizio in città per recarci alla Rainforest habitat, a qualche km. Dal centro. Ci sono canguri di ogni razza, coi koala si può fare la foto ed accarezzarli (profumano di eucalipto, ma non è strano ,visto che si nutrono solo delle loro foglie). Anche i pitoni si possono accarezzare, ma evitiamo. Ci sono uccelli di ogni tipo, pellicani, pappagalli, anatre col becco blu, tutti rigorosamente nel loro ambiente naturale, ricreato. Siamo soddisfatti di questa nostra ultima visita anche perché chissà quando rivedremo tutto ciò… Ritorniamo a recuperare le valigie e con lo shuttle-bus prenotato il gg. Prima raggiungiamo in un‘ora Cairns, dove ci aspetta il viaggio verso Sydney. Notiamo che nelle strade montagnose ci sono ogni tanto delle corsie a sinistra devo i mezzi lenti si spostano per far passare quelli più veloci e non intralciare quindi il traffico. Mentre siamo in aeroporto telefoniamo in cerca di trovare posto per la notte a Sydney. In due ore di volo siamo a destinazione e con un taxi raggiungiamo l’hotel, che si trova su George Street . E’ una sistemazione tipo ostello, anche se la nostra è chiamata Suite perché ha il bagno in camera. Nonostante il freddo per noi pungente le finestre della stanza sono spalancate e non c’è riscaldamento!! Comunque va bene lo stesso, vorrà dire che questa notte dormiremo stretti stretti per scaldarci. Visto che siamo vicini al Planet Hollywood decidiamo di cenare lì. E’ un posto carino ,con mille foto di attori e cantanti, con statue di Stallone imprigionato in un’ampolla. Non possiamo fare a meno di acquistare una maglietta con il logo. 17° giorno SYDNEY E VIAGGIO DI RITORNO Oggi ,ultimo gg. Del nostro viaggio, lo dedichiamo allo shopping e alle foto della città. Ci rechiamo così nel quartiere The Rock e poi al porto, distanti 30’ a passo spedito dall’hotel. Alle 12, con un taxi raggiungiamo l’aeroporto dove ci aspetta un ‘estenuante viaggio di rientro con scali a Melbourne, Bangkok, Roma. Ogni volta bisogna scendere dall’aereo e passare almeno un’oretta tra duty free e punti ristoro. A Roma poi dobbiamo rifare il check-in e tra i voli internazionali e nazionali c’è molta strada da fare e per di più indicata malissimo. Al check-in bisogna essere tutti e due !?!? e con la gentilezza della signorina addetta non si scherza!! Finisce il nostro viaggio con l’arrivo a Milano miracolosamente delle nostre due valigie quasi per prime e domani riprenderà la nostra vita di tutti i gg., jet lag permettendo, col ricordo però incancellabile di questo viaggio fantastico.
Roberto e Raffaella