Atomi di Myanmar di Birmania

27 giorni da sola, 27 giorni di pensioni trovate al momento, di mezzi pubblici di ogni tipo, vip bus e catorci, di passaggi gratuiti in pick up, di silenziose piroghe tradizionali in legno, di rombanti lance a motore
Scritto da: kipling
atomi di myanmar di birmania
Partenza il: 16/07/2015
Ritorno il: 16/08/2015
Viaggiatori: Una
Spesa: 2000 €
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27 giorni da sola. 27 giorni di incanto, di improvvisazione, 27 giorni di incontri, di confronti, di apertura verso il mondo.

27 giorni di pensioni trovate al momento, di mezzi pubblici di ogni tipo, vip bus e catorci ingombri di sacchi di riso, di passaggi gratuiti in pick up, di silenziose piroghe tradizionali in legno, di rombanti lance a motore.

Mercati tribali, alcuni autentici, altri meno, sentieri di fango, placidi villaggi di palafitte, pagode senza tempo. Una popolazione mite, sorridente, con grandi speranze per il futuro. Il mio viaggio si svolge 3 mesi prima delle storiche elezioni che porteranno la National League for Democracy di Aung San Suu Kyi alla vittoria.

Visi interessantissimi da fotografare. Per vederli, ecco il link: http://randagianelmondo.altervista.org

Prima di raccontare tutto questo, alcune indicazioni pratiche.

CAMBIO (aggiornato a luglio 2015)

La valuta della Birmania è il Kyat (MMK)

1 MMK = 0.00076 Euro 1 Euro = 1273.77 MMK

Come per i dollari, è assolutamente necessario utilizzare banconote euro in perfetto stato, tipo quelle nuove di zecca erogate dai bancomat. E’ meglio disporle in un portafoglio che possa contenerle in posizione distesa. Ovunque li vendono, alle bancarelle. 1 USD per un esemplare in plastica e decori cinesi, 2 USD per uno molto carino foderato in bambù (a Sagaing)

SPESE

Avevo veramente paura di sbancare, prima della partenza. Tuttavia i miei timori sono risultati infondati, e sono riuscita a contenermi. E’ comunque vero che si tratta del paese con il peggior rapporto qualità/prezzo fra quelli del sudest asiatico, soprattutto per le sistemazioni.

Ho speso, in tutto, 736050 MMK (Kyat).

113000 MMK per cibo ed acqua. Minimo 300 MMK per cibo da strada preso a Yangon, 700 una zuppa di noodles sempre in strada a Hsipaw, max 4900 in un ristorante indiano.

L’acqua l’ho pagata da un minimo di 180 MMK in un supermercato a Hpa An a 500 durante il trekking a Hsipaw

Alberghi, spesa 384350 MMK. Minimo 8 USD per una stanza con ventilatore e bagno condiviso alla Lily The Home a Hsipaw (che consiglio caldamente), max 25 USD. I prezzi li ho indicati in dollari americani, ma ho sempre pagato in MMK, moltiplicando per 1150 o 1200, a seconda dei casi.

Trasporti, spesa 238700 MMK, tutto incluso, bus, taxi, barche, bici, ingressi, sovratassa per macchina fotografica, tassa per entrare a Bagan e Inle, ecc ecc

Totale in Euro : 560 (20.74 al giorno)

Totale con voli : 1233 Eu

VOLI

Qatar Airways – 559 Euro, comprato con molto anticipo, per coniugare basso prezzo e coincidenze veloci.

16/7/15 Malpensa 16.05 – Doha 22.55 / QR120

17/7/15 Doha 01.10 – Bangkok 12.05 / QR828

15/8/15 Bangkok 20.05 – Doha 22.55 / QR829

16/8/15 Doha 00.45 – Milano 06.10 / QR123

Air Asia

19/7/15 Bangkok 10.50 – Mandalay 12.15 / FD244 – 46 Euro

14/8/15 Yangon 08.30 – Bangkok 10.15 / FD252 – 68 Euro

Molto più economico volare su Bangkok e poi spostarmi con Air Asia piuttosto che arrivare direttamente in Birmania da Milano

Qatar Airways vanta di essere la miglior compagnia economica del mondo, ma sinceramente come servizi a bordo preferisco Emirates.

L’aeroporto di Doha è spaziale, sprigiona lusso da ogni poro.

SPOSTAMENTI INTERNI

BUS

Le tratte che collegano le località più turistiche (Bagan, Lago Inle) a Yangon e Mandalay offrono ampia scelta di orari e prezzi. E’ possibile spostarsi con grande comfort in bus notturni dotati di sedili ampi e reclinabili che effettuano tragitti diretti.

Nel resto del paese si viaggia su bus dipinti a colori vivacissimi simili ai nostri extraurbani. Prezzi esigui. L’aria condizionata va a fortuna. Partono di solito nelle primissime ore della giornata, al più tardi alle 6.30. Meglio acquistare i biglietti senza intermediari. In alternativa, catorci piuttosto scomodi

TRENI

Utilizzati nella sola tratta Kalaw-Shwenyaung, in prima classe. Comodo, ma lento. Mi sembra di capire dalla mia esperienza che, se non ci si affida ad un’agenzia che fa pagare commissioni salate, l’unico modo di avere i biglietti è presentarsi un’ora prima dell’arrivo del convoglio.

TAXI

Molto usati anche dai backpackers per visitare località non raggiungibili dai mezzi pubblici, esempio Kakku. I prezzi non sono bassi, ma è abbastanza facile trovare compagni di viaggio per dividere le spese. Nel diario di viaggio troverete tutti i dettagli

BARCHE

Molte città (es. Mandalay-Bagan, Mawlamyine-Hpa An) sono collegate via fiume, oltrechè via terra, ma gli spostamenti sono lenti, quindi mi sono servita di barche soltanto sul Lago Inle. Il costo di una escursione tipica toccando i “5 days market” è 15 USD, località più distanti tipo Inthein o Samkar sono un discorso a parte.

CLIMA / ABBIGLIAMENTO CONSIGLIATO

Caldo/umido. La Lonely Planet definisce “torrida” Mandalay, ma dopo 2 giorni a Bangkok atterrando qui ho provato come un senso di sollievo. Caldo è caldo, nulla da dire, ed il sole brucia, ma sono sufficienti acqua, cappellino ed una spalmata di protezione solare sulle porzioni di pelle esposta. Luglio/agosto è la stagione dei monsoni, e io di pioggia ne ho trovata tanta, in quantità così eccezionale che anche molti birmani ne erano stupiti. La zona più colpita lo stato di Rachine, con migliaia di morti, ma tutto il sud, compresa parte di Yangon, è stata inondato. Ho dovuto cambiare l’itinerario di viaggio in corso d’opera. La colpa di questi disastri, come dappertutto nel mondo, è il surriscaldamento del clima, il degrado ambientale, la deforestazione, lo sfruttamento del suolo, l’abusivismo edilizio, ecc.

E’ preferibile indossare capi che non lascino scoperte spalle e cosce, non solo nei templi. Qui, le calze non sono permesse. Ciabatte aperte con una suola comoda mi sembrano la soluzione migliore, un po’ d’impiccio le scarpe con lacci.

Tessuti traspiranti e leggeri come il lino sono perfetti. Un poncho impermeabile per riparare dalla pioggia è sicuramente utile, ma non favorisce la traspirazione. A voi la scelta. A Bagan, equilibrismi con ombrello e macchina fotografica mentre si pedala in bicicletta possono essere pericolosi, l’unica forse è accettare di buon grado di inzupparsi sino alle ossa. Viste le temperature, non è così spiacevole.

Sulle alture, Hsipaw, Kalaw, durante la sera rinfresca, ed è meglio avere a disposizione un pile o una giacchetta. Apro una parentesi sul tema “la calzatura adatta durante la stagione delle piogge in clima caldo umido”. La prima cosa d’istinto che mi viene in mente sono i gambali di gomma tipo pescatore, così si è sicuri di restare asciutti. Uno li compra sul posto, li usa e poi li regala. Però non sono comodi per la camminata, e fanno sudare. Mi sono portata dietro scarpe da trail in goretex, che sarebbero state perfette se non fosse che in certi casi sono sprofondata nel pantano sino oltre le caviglie, per cui l’acqua è entrata da sopra. Gli scarponcini alti li avevo lasciati a casa perchè temevo che sarebbero stati esagerati rispetto al clima, e troppo gravosi da trasportare. Col senno di poi, avrei dovuto aggiungerli al bagaglio.

TREKKING NELLA STAGIONE DELLE PIOGGE

Ni. Per i dettagli rimando alle sezioni di Hsipaw e Kalaw.

Diciamo che ci sono dei contro, sguazzare nel fango non è il massimo della vita; sicuramente il cielo cupo ha alterato i colori dei paesaggi, ma non i rapporti con le persone, che sono la cosa più cara che mi rimane. Per cui sono comunque contenta di averlo fatto

PER I SINGLES CHE VOGLIONO RISPARMIARE

Purtroppo è vero: in Birmania alcune escursioni costano, e bisogna per forza affidarsi a mezzi privati. Per chi viaggia solo possono essere delle mazzate, ma non è detta l’ultima parola… Consiglio, soprattutto a Mandalay e Nyaungshwe, di soggiornare in alberghi dove ci sia un bel giro di ospiti, saranno i gestori stessi a formare i gruppi, ed accorpare i singles ad altri partecipanti. Per itinerari meno richiesti, potete cercare voi stessi di convincere i vostri vicini di stanza (io ho seguito questa strategia per Kakku e Inthein).

Esempi : il Nylon Hotel di Mandalay, NK Villa o Aquarius Inn a Nyaungshwe, Lily the home o Charle’s a Hsipaw.

Per i trekking, potete fare come sopra detto, oppure recarvi nelle agenzie più rinomate, e ci penseranno loro. A Hsipaw mi sono appoggiata all’hotel, a Kalaw all’agenzia di Sam’s Family

ALBERGHI

Come già detto nella sezione “Spese”, è confermato, come si legge in molti forum, il pessimo rapporto qualità/prezzo, soprattutto a Yangon. Chi viaggia “basic”, pur accontentandosi, deve mettere quindi a budget qualche soldino in più. Una stanza decente, con bagno, parte dai 20 USD. Ho però notato che in molte guesthouse i wc e le docce in comune sono puliti e moderni. Ho speso da un minimo di 8 USD per un’ottima singola con bagno in comune a Hsipaw (Hotel Lily the Home, che straconsiglio) ad un massimo di 25 a Bagan (Nyaung U, Pan Cherry Guesthouse). La palma del peggiore va alla Garden Guesthouse, proprio davanti alla Sule Pagoda di Yangon (13 USD). Veramente una schifezza, sporco in maniera allucinante. Dettagli e tante foto nel diario di viaggio.

COMUNICAZIONI

Ho scoperto appena atterrata a Mandalay che molte notizie riportate su guida e forum non sono più aggiornate.

I cellulari italiani ora funzionano in Birmania.

Vi sono 3 gestori locali di fonia, Telenor, MPT e Oredoo, la ricettività è discontinua, e dipende dalle zone. Oredoo ha funzionato a Mandalay, Hsipaw, Bagan, e al sud. A Kalaw sono stata completamente isolata. A Nyaungshwe stranamente non funzionava niente, ma bastava spostarsi di qualche km, sulla terraferma o sull’acqua, e tornavo raggiungibile.

Ci sono ovunque chioschi che vendono sim cards, al prezzo di 5 USD, a cui si deve aggiungere la ricarica

CIBO

Una mezza delusione. Il famoso curry birmano è pesante, poco profumato e unto rispetto a quello indiano o thai. Soprattutto con le verdure, dà più l’impressione di “caponata”, piuttosto che curry vero e proprio.

SHOPPING

Una favola.

Piuttosto che all’Aung San Market di Yangon, consiglio di fare acquisti qui :

– bancarelle di Sagaing/Mingun (monili e fermacapelli di semi di anguria, molto economici ed originali, non li ho visti altrove, ciabattine in bambù di moltissime varietà)

– bancarelle alla Pagoda Phaung Daw Oo, in mezzo al lago Inle

– bancarelle del mercato che si tiene, dietro alla suddetta Pagoda, in determinati giorni (bigiotteria di tipo etnico, camicie, sarong e pantaloni di foggia shan

– bancarelle Shwezigon Paya a Nyaung U

– venditori ambulanti in zona Bagan per batik veramente belli, nei colori naturali, che poi non si trovano più altrove

Relativamente all’Aung Sang Market: almeno una metà è dedicato alle pietre preziose, centinaia di bugigattoli che vendono tutti le stesse cose, pochissimi avventori, in gran parte interessati a chincaglieria di giada da pochi euro. Le fatture rilasciate, stranamente, riportano sempre la medesima ragione sociale, Shwepynann. Un po’ deludente, esclusi i gioielli, molti articoli sono gli stessi che si trovano anche a Bangkok, al Chatuchak Market.

Della bella bigiotteria etnica che chiunque vendeva sul lago Inle qui ci sono poche tracce, idem delle camicette in seta e altri articoli tessili, rare le ciabattine.

VALE LA PENA ANDARCI?

Assolutamente sì. Straordinario. Un incanto davvero

Pedalare nella piana di Bagan, anche sotto la pioggia, non ha prezzo. Idem la vista dall’alto dei templi. Chissà che meraviglia deve essere con un meteo appena appena decente. Escursione in canoa a Maing Thauk, sul Lago Inle, come sopra. Kakku, fantastica. Inthein, stessa cosa. Paesaggi meravigliosi a Hpa An

Mezza delusione: la golden Rock. E la Shwedagon Paya di Yangon. Forse perché ero alla fine del viaggio, e pagode ne avevo già viste tante… 🙁

FREGATURE / CRIMINALITA’

Niente di che. Unico episodio spiacevole da segnalare a Kyaikto, dove un mototaxi mi ha seguito, nonostante lo avessi fanculizzato più volte, sino alla mia guesthouse, per pretendere una commissione.

SALUTE

Fate attenzione a dove mangiate. Sono il tipo che non disdegna le bettole, ma questa volta a Bagan mi sono beccata una dissenteria mica da ridere, e ho dovuto prendere il Normix

CANI RANDAGI, GATTI E ALTRI ANIMALI

I cani in Myanmar fanno veramente una vita da cane. Ce ne sono un’infinità, ma non sono aggressivi. Questa almeno è la mia esperienza. Se vi troverete a tu per tu in un luogo isolato, molto probabilmente si allontaneranno appena vi vedono. La gente li caccia in malo modo, non appena cercano di “accasarsi” presso qualche cortile, o riparo, o porticato. Non sono abituati ad essere coccolati. Molto triste. Unica consolazione: qui almeno non li mangiano..

I gatti paiono ben tollerati e ronfano tranquilli non solo nei posti più improbabili, tipo i sellini delle moto parcheggiate, ma anche nelle case private, nei negozi, nei ristoranti, nelle guesthouse e nei templi di ogni ordine e misura, per la gioia di tutti gli amanti di queste creature 🙂

A parte qualche geko e scarafaggio in camera non ho visto in giro altri animali, nemmeno scimmie. Le temevo al monte Zwegabin di Hpa An, ma per fortuna non si sono fatte vive.

DIARIO DI VIAGGIO

MANDALAY 19 e 20 luglio 2015

Trasporti

Volo Air Asia Bangkok – Mandalay

Faccio un piccolo passo indietro. I due giorni precedenti, 17 e 18 luglio, li ho trascorsi a Bangkok, perché era molto meno costosa l’opzione Qatar Milano/Bangkok + Air Asia su Mandalay piuttosto che volare direttamente in Myanmar da Milano.

Ho trascorso l’ultima notte nella capitale Thai in un ostello vicino alla stazione Hualamphong, da cui sono partita con l’espresso delle 7, costo 20 baht, che mi ha scaricato all’aeroporto Don Muang dopo alcune fermate e circa un’ora di sferragliamento. E’ questa la via più economica per raggiungere questo aeroporto. Don Muang si trova sulla tratta delle linee ferroviarie a nord della capitale (Chiang Mai).

L’immigration a Mandalay non presenta problemi di sorta, ho fatto il cosiddetto on line visa application e tutto fila liscio come l’olio. Cambio 400 Euro in aeroporto, al tasso di 1316:1.

Air Asia offre un bus gratuito dall’aeroporto al centro città

Quando si tratta di lasciare la città in direzione Hsipaw, penso si tratti semplicemente di andare al terminal e mettere le chiappe su un bus senza informarmi prima. Vedere la sezione “Hsipaw” per conoscere tutta la storia.

Dormire

Durante il trasferimento dall’aeroporto conosco Josè, velista giramondo spagnolo, e Rebeca e Natalia, due ragazze del Costarica che però studiano in Cina. Il bus ci scarica nei pressi del palazzo reale, in una giornata calda e parzialmente soleggiata

José ha una vaga idea di dove possano trovarsi gli hotel economici in zona, tutti siamo d’accordo nel voler spendere il meno possibile, e quindi ci dirigiamo verso il Nylon. Sostiamo per una ispezione anche alla Royal Guesthouse, quasi prospiciente, e che sarebbe anche migliore, ma purtroppo non ha abbastanza camere libere. La camera singola costa 14 USD ed è piuttosto spoglia. Ha però acqua calda, ventilatore, ed aria condizionata. Scarsissima la colazione.

Mangiare

La prima sera, con i ragazzi, ceniamo in un ristorante vicino al Nylon (2650 MMK), economico e buonissimo. La sera seguente, trovandolo già chiuso, capito all’angolo fra la 83 e la 26, dove si cucina direttamente in strada, tra una gran folla seduta a bassi tavolini di plastica tipo asilo e scarafaggi che slalomeggiano fra i piedi. Ci si sistema dove c’è posto, ed io invito ad accomodarsi accanto a me una giornalista e la sua amica proprietaria di gioielleria. Occupavo da sola un tavolo da 4, ed essendo straniera, ho visto che loro erano un po’ esitanti, ma con un sorriso ho risolto tutto. Interessante conversazione sullo stato Shan. La cena è ottima, 2000 MMK per un chicken byriani.

Impressioni

Molto più affascinante e meno torrida di come la descrivono. Il grado di appeal credo dipenda dal fatto se sia o meno il punto di approdo in Myanmar, l’impatto col caldo forse è legato alla città di provenienza. Essendo nel mio caso Bangkok, ho provato addirittura sollievo.

Escursioni

Mi ero concessa da programma un giorno in più di permanenza, ma ho cambiato volentieri i piani iniziali dopo aver conosciuto José, Natalia e Rebeca che, avendo pochi giorni per visitare tutto il Myanmar, e potendo dedicare soltanto un giorno e mezzo a Mandalay, mi hanno chiesto di unirmi a loro e condividere i costi di trasporti privati.

Dopo aver posato i bagagli in stanza, e senza neanche riposarci e pranzare, ci ritroviamo tutti in strada cercando un tuk tuk che ci faccia fare il giro della città (2500 MMK la mia quota, quindi 10mila in totale).

La prima tappa è la Mahamuni Paya, una delle più importanti pagode della città, in seguito le pagode alla base della Mandalay Hill, ed infine la Mandalay Hill, in cima alla quale dozzine di studenti sono in agguato per fare lezione di inglese. Scoppia un temporale di proporzioni bibliche.

Il mattino seguente, ci attende un concentrato delle bellezze che i dintorni della città hanno da offrire. Sagaing, Mingun, Inwa, Ubein. I miei amici partono stasera, io in realtà avrei potuto permettermi più calma, ma temo di non trovare altri con cui condividere taxi, e fare tutto coi mezzi pubblici prenderebbe troppo tempo. Il mio quarto di taxi è 11500 MMK.

Sagaing

Mi lascia un po’ indifferente la visita alla U Min Thonze Cave, è un po’ burino da ammettere, ma sono molto più interessata ai souvenirs che non alla lunga sequenza di Buddha sul pavimento piastrellato di verde tipo bagno di autogrill.

Più rimarchevole la Sagaing Hill, e la vista dal tempio di Soon Y Ponya Shin: colline punteggiate di templi dorati, ed il grande fiume Iwwawaddy sullo sfondo.

Mingun

Nulla di particolare da annotare. La cosa più curiosa è stato scorgere innumerevoli cani accucciati nei cunicoli del tempio per sfuggire al gran sole. Qui ho comprato la Sim Oredoo 2500 MMK

Inwa

Sicuramente il migliore dei 4. Merita sicuramente una visita approfondita. Calessini trainati da cavalli attendono gli stranieri sulla riva del fiume. Accolgono obbligatoriamente soltanto due persone a bordo, il prezzo di partenza è sui 15/20 dollari, ma ho sentito gente lamentarsi che poi a mezza corsa pretendono di più, o vanno dove vogliono. Non è vero che i siti sono distanti decine di km, com’essi dicono per far desistere dal fai da te, tuttavia, poiché non ci sono indicazioni, è bene arrivare preparati. Secondo me la bicicletta sarebbe l’ideale. La zona è troppo vasta da pattugliare a piedi in 60/90 minuti, per cui, noi ci siamo limitati al sito più vicino, e ad un altro poco distante. La nota positiva è che siamo capitati in un villaggio dove non c’era nessun turista.

Molto piacevole camminare fra i campi, cercando di scorgere in lontananza, oltre le chiome degli alberi, lo svettare di guglie e stupa dorati.

Scavalcando la recinzione di un ingresso secondario, riusciamo a non pagare i 10 USD del biglietto turistico. Non ci sentiamo in colpa per questo, perché tanto i proventi vanno al Governo, che ha spudoratamente dichiarato di non volerli investire per il mantenimento dei siti. Il Maha Aung Mye Bon Zan Monastery è splendidamente quasi deserto nelle prime ore del pomeriggio, ma ho letto che può essere molto affollato la mattina quando orde di macchine fotografiche cercano di immortalare la questua dei monaci.

U Bein Bridge

Gli stranieri arrivano su questo ponte in teak lungo circa un chilometro soprattutto per fotografare i tramonti. Capitandoci di domenica, incontriamo anche un sacco di gente del posto, in una atmosfera piacevole di festa paesana. Molti studenti universitari, e monaci, si ritrovano qui per incontrare turisti, e fare esercizio di inglese

HSIPAW 21 22 23 25 luglio

Trasporti

La prima lezione che imparo durante questo viaggio è che in Birmania non è come l’anno scorso in Sri Lanka che scendevo in strada e praticamente riuscivo ad andare in ogni dove quasi ad ogni ora del giorno. Da Mandalay a Hsipaw gli unici due pulman più confortevoli sono fissati per le 5.30 e 6. Quello che mi ritrovo alle 7 in un bus terminal Pyi Gyi Myat Shin desolatamente vuoto, a parte i taxi collettivi, è uno scassone la cui partenza è prevista da lì a poco. Forse uno dei peggiori mai presi, il pavimento è completamente ricoperto da sacchi di roba, che bisogna ovviamente calpestare per salire, scendere, e raggiungere i propri posti. Il fondo, sino a metà della lunghezza veicolo, è completamente stipato di merce. Sedili sgangherati. Si parte abbastanza puntuali, e la corsa si rivela meno peggio del previsto, solo un po’ più lenta, ma neanche troppo, rispetto alle autolinee più blasonate. Facciamo tappa a Pyin Oo Lwin, per circa 20 minuti.

Lo sgangherato veicolo mi lascia in centro paese, vicino al mercato, mentre quelli “normali” di solito sostano sulla strada principale Lasho-Mandalay, in prossimità della chiesa battista

Per lasciare la città, in direzione Bagan, mi faccio furba e chiedo info prima. Sezione “Bagan” per leggere tutta la storia

Dormire

Una delle passeggere sul bus mi consiglia il Northern Land Hotel, situato molto vicino alla nostra fermata. E’ nuovo di pacca, e mi mostrano una stanza davvero bella per 22 USD. Guardando la mappa della Lonely Planet, intuisco di essere vicina al Lily, e mi ci dirigo. Sottopongono alla mia attenzione una delle loro camere dell’edificio principale, a 20 USD, leggermente inferiore come qualità al Northern Land, ma punto decisa verso l’edificio attiguo, meno recente, che ospita le sistemazioni più economiche, 8 USD. I bagni in comune sono veramente puliti, e sembrano rimodernati da poco. La sola libera rimasta è la A2, al piano terreno, proprio accanto all’ingresso. E’ davvero minuscola, e tutti passano davanti all’unica finestra, che tengo comunque aperta per arieggiare. In ogni caso, si tratta di dormirci una notte. Al rientro dal trekking mi accaparrerò la A5, che secondo me è la migliore, secondo e ultimo piano, con balcone. La consiglio caldamente.

I padroni dell’hotel, dopo la registrazione dei miei dati, mi consegnano una piantina fotocopiata, prodighi di informazioni. Un ascensore modernissimo conduce all’ultimo piano, che ospita un ristorante pulito, e piastrellato di marmo. La vista dalla terrazza che circonda tre lati è stupenda. La colazione, inclusa nel prezzo, è forse la migliore di tutta la vacanza, ci si serve a buffet. Thè, caffè, succhi, acqua, pancakes, pane tostato, marmellate, riso fritto, uova, noodles, una meraviglia.

Affittano biciclette, credo 1 USD

Mangiare

Nei pressi della pensione Charle’s ci sono parecchi bar, un frullato sostanzioso lo pago 1000 MMK.

I ristoranti da me provati sono Mr Food, cibo cinese, media dei piatti 2000 MMK, San, specializzato anche in grill, leggermente più caro, 2600 MMK per involtini di pollo alla piastra molto gustosi e gradevolmente presentati, e poi il ristorante vegetariano di fronte a San, 1500 MMK per un riso fritto. Bancarelle di cibo lungo la Thazin Street cucinano all’istante vari tipi di noodles (700 MMK)

Trekking

E’ il motivo principale per cui si viene a Hsipaw. Rimanendo fuori la notte, ci si porta dietro il meno possibile, mentre il resto del bagaglio viene custodito in hotel. Costo sui 15000 MMK a testa. Sono compresi i pasti, ma non l’acqua, di cui è possibile rifornirsi strada facendo (500 MMK, anziché i 300 che costa in città). Indispensabile portarsi una torcia, un asciugamano, e direi anche un sacco lenzuolo.

I gruppi in genere sono formati da circa 4/5 persone. Durante la notte si viene ospitati a casa della guida, in un villaggio sulle colline intorno a Hsipaw. Non si tratta di veri e propri trekking di montagna, bensì di camminate attraverso piccoli borghi e colline verdeggianti.

Si vede come vive la gente del posto, le possibilità di reale contatto dipendono dalla propria voglia di interagire, e dalla guida, ovviamente, che funge da traduttore. L’esperienza può essere molto appagante, ma anche no, dipende dai casi. Io ed un’altra ragazza del gruppo, una persona molto curiosa ed aperta, ci siamo offerte di aiutare a cucinare, o compartecipare in altre faccende. Le signore di casa ci hanno detto che noi eravamo gli ospiti, non dovevamo disturbarci, ecc ecc. Siamo comunque andate in cucina, ci hanno mostrato la loro dispensa, come macinano i cereali, ecc. ma la nostra impressione è che loro si siano fatti l’idea che tutti gli stranieri vogliano essere serviti e riveriti come in un albergo, e questo ci è spiaciuto un po’. Un discorso interessante che ho affrontato con la guida è stato di come noi turisti veniamo “giudicati” da queste minoranze etniche. Mi ha spiegato che con molta pazienza, è riuscito a convincere, soprattutto le curiosissime donne, che non siamo tutti ricchi sfondati come petrolieri kazaki. E che ovvio che il livello di vita è completamente diverso, ma che la maggior parte, per lo meno di quelli che viaggiano con questo stile, devono rinunciare a qualcosa per riuscire a risparmiare. Altri ragazzi invece sono riusciti a far “scivolare” il discorso sul tema della politica.

Le case non hanno acqua corrente, ovviamente. Il bagno è fuori, e per lavarsi c’è un rubinetto ed una tazza cui attingere acqua. Si dorme poi sopra materassi di gomma piuma, scordatevi i memory foam, direttamente sul pavimento. La mia meta è Htang Sang, per pranzo invece ci siamo fermati a Pam Kham. Si mangia cibo locale, semplice ma commestibile, riso e verdure. L’esperienza è positiva, pur con alcuni “contro”, per lo meno nel periodo dei monsoni.

Durante questa stagione i sentieri si riempiono di fango, di rigagnoli più o meno tumultuosi che scendono verso valle, ed è facile scivolare nei pochi tratti veramente ripidi. E’ comunque faticoso camminare sotto una pioggia torrenziale, vedendo poco o niente di ciò che c’è attorno, attenti solo a dove si mettono i piedi per non restare impaludati. Un altro avviso, per chi ha raggiunto gli “anta” ed oltre. Valutate bene l’età degli altri componenti, perché se capitate in mezzo a ventenni atletici, sarà dura stare loro dietro.

Lo rifarei? Col senno di poi, sì. Ponendomi la stessa domanda mentre arrancavo fradicia, con le scarpe inzuppate e gli occhiali appannati, non ne ero così sicura

In generale

Forse il mio giudizio su Hsipaw è un po’ condizionato dalle pessime condizioni atmosferiche al momento del mio soggiorno.

E’ sicuramente una cittadina gradevole, con alberghi e ristoranti per tutte le tasche ed interessanti escursioni nei dintorni, a piedi o in bicicletta, paesini abitati da minoranze etniche, templi, punti panoramici che, per via del poco tempo o della pioggia non ho potuto effettuare.

Il Shan Palace, una villa, più che palazzo, l’ho visto solo da fuori, c’è però una storia molto interessante alle spalle, e sicuramente vale la pena di approfondire, se si ha la possibilità di intrattenersi coi padroni di casa.

Gradevole, anche sotto la pioggia, è la cosiddetta Little Bagan, un agglomerato di piccoli stupa poco fuori dal centro, raggiungibili con una breve passeggiata

KYAUKME 24 luglio

Trasporti

Escursione giornaliera da Hsipaw. Bus scalcagnato alle 10 di mattino, ma c’è una corsa anche alle 7. 1000 MMK. Il ritorno è intorno alle 16, però sempre meglio chiedere conferma all’autista.

Dormire

Alcuni stranieri incontrati a Nyanungshwe mi hanno detto che ora a Kyaukme ci sono 3 guesthouse che accolgono stranieri, io ne ho vista una sola. Non avendo pernottato, non sono in grado di dare informazioni.

Mangiare

Non ci sono veri e propri ristoranti, nell’accezione occidentale del termine.

Un bar abbastanza pulito, che però serve solo cose dolci, e poi molte sale da thé. L’unica che ho trovato che offriva anche zuppe o riso è piuttosto sporca, credo si chiami Paan Cherry, una noodle soup 500 MMK.

In generale

Non ho visto altri stranieri in città. Forse erano tutti a far trekking sulle colline. La gente è piuttosto cordiale.

Il mercato offre interessanti spunti fotografici, I templi arroccati sulle colline ai quattro punti cardinali secondo il mio giudizio non sono impedibili, soprattutto sotto la pioggia.

BAGAN 26 27 28 luglio

Trasporti

Bus da Hsipaw costo 15300 MMK. Parto la sera, verso le 19, sotto una pioggia battente. La compagnia dovrebbe essere KTK, l’unica parola scritta in caratteri latini sul coloratissimo biglietto. Anche in questo caso non è che il mezzo sia un granchè, la metà posteriore è zeppa di merci, bagagli e zaini dei passeggeri compresi, più un un ubriaco svaccato a ronfarci sopra. Ogni tanto si rianima, prende coraggio e, perduto nei suoi sproloqui con amici immaginari, si avventura barcollando nel corridoio fra le due file di sedili, alla prima curva perde l’equilibrio, cade, e rimane lungo disteso a imprecare. Quando inizia a diventare molesto, qualcuno in malo modo lo ricaccia in fondo da dove è venuto. Arrivo a Bagan alle 5 del mattino circa. Dormito niente. Secondo la Lonely Planet il terminal bus dovrebbe essere in città, a circa 500 metri dalla pensione dove ho appuntamento con Aileen, la mia amica cinese. Purtroppo però la guida non è aggiornata, e la stazione è stata spostata, ovviamente nella periferia più lontana. La corsa in taxi costa 5000 MMK contrattando animatamente, ma so di alcuni cinesi che sono arrivati sino a 3000. Evidentemente per gli europei il tariffario è diverso…

I templi occupano una superfice di circa 6/7 km quadrati di terreno piuttosto pianeggiante. Per spostarsi sono a disposizione biciclette, 1500 MMK, bici elettriche (credo sui 7/8 USD), e calessi. Io mi sono trovata benissimo con la bicicletta normale.

Nonostante la Lonely Planet ne parli, non sono riuscita a trovare nessun pick up locale che porti al Monte Popa, ho anche chiesto a gente del posto, ed al loro terminal, ma nisba. Tuttavia, le agenzie organizzano taxi collettivi per 10 USD andata/ritorno, che mi sembra un prezzo accettabile.

Per trasferirmi da Bagan a Kalaw ho scelto un minivan diurno (15000 MMK), compagnia Minn Thar Express. Dettagli nella sezione “Kalaw”

Dormire

Il grosso dilemma a Bagan è dove dormire. I templi principali sono a Old Bagan, che è ovviamente la zona più cara, con hotel di fascia medio/alta. Le alternataive sono New Bagan, dove sono sorte recentemente moltissime nuove pensioni, o Nyaung U, l’area con le sistemazioni più economiche. L’appuntamento con Aileen è alla Pan Cherry Guesthouse, una delle più economiche della zona economica. Trovarla è stato un lavorone. Offre stanze singole con bagni in comune a 7 USD, ma questi non sono all’altezza della Lily di Hsipaw. Io e Aileen inizialmente volevamo piantare le tende lì, ma poi ci siam dette chissenefrega scialiamo, ed abbiamo upgradato ad una doppia con aria condizionata e bagno interno, 25 USD, senza colazione. Cyviour, una ragazza malese con cui Aileen ha fatto amicizia, si sistema nelle singole, e poi viene da noi a lavarsi.

Letti comodissimi, doccia ok, aria condizionata silenziosa. Qualche zanzara in giro, per fortuna ho la mia zanzariera personale.

Mangiare

Moltissimi ristoranti, in genere abbastanza cari.

Accanto a Pan Cherry ci sono due tea houses dove va la gente del posto. Una, Perfect, è la preferita delle amiche cinesi, ed in effetti non è male: colazione 1100 MMK e 1000 MMK per una zuppa di noodles.

Il mio ristorante preferito è invece the Moon, miglior curry di verdure più il mio adorato ginger tea 5000 MMK, un po’ costoso, ma veramente carino, pulito, e molto frequentato.

Il primo giorno ho invece mangiato in un posto di cui non ricordo il nome, ma solo l’ubicazione. In direzione da Nyaung U verso Old Bagan, al bivio per Ananda, sulla sinistra. Pasto di curry tipico birmano 2900 MMK.

Non so se sia per colpa loro o della colazione da Perfect, ma mi sono beccata uno squaraus allucinante, che mi sono trascinata per giorni. Anche la mia amica cinese è stata male, lei pure con febbre.

Altra cena consumata da Spice, a Nyaung U, 800 MMK per una zuppa tipo liofilizzata knorr (quella sera non mi sentivo bene)

Impressioni

Il primo giorno, io Aileen e Cyviour, dopo aver visitato la Shwezigon Paya, percorriamo a piedi la Anawratha Road, sino a Old Bagan, perlustrando tutte le pagode che ci capitano a tiro. Rientriamo con un passaggio offertoci da un pick-up. Piove a tratti.

Il secondo giorno, colpita da “squaraus”, lascio libere le amiche, (Cyviour mi prende in giro dicendo che noi europei abbiamo lo stomaco debole) e parto molto tardi, verso le 10, dopo aver affittato una bicicletta presso un’agenzia poco distante da Perfect Tea House. Anche la Paan Cherry ne ha disponibili, ma questa è più comoda perchè ha il cestello, e quindi non devo tenermi lo zainetto sulla schiena. Anche oggi piove: il lato buono è che non corro il rischio di essere ustionata dal sole, quello negativo è che devo fermarmi ogni 3 secondi ad asciugare gli occhiali, ed in più il poncho antipioggia mi fa sudare come un maiale. Dopo una sosta esporativa ai templi di Old Bagan, mi fermo a pranzo da “The moon”, lì nei paraggi, alcuni secondi prima che la pioggia, già abbastanza insistente, si trasformi in uno scroscio tropicale violentissimo. Appena accenna a smettere, ma devo attendere parecchio, proseguo per New Bagan. Noto grande espansione di cantieri e pensioni e ristoranti nuovi di pacca. Paiono migliori di quelli di Nyaung U, ma qui non scorgo birmani in giro, solo turisti.

Oltrepassata New Bagan, viro a sinistra in direzione aeroporto. L’intenzione è quella di seguire i consigli di un cameriere del ristorante The Moon, ossia arrivare al Thisa Wadi, e poi pedalare lungo il sentiero che taglia verso il Dhamma Yan Gyu, ma purtroppo c’è talmente tanto fango che rimango impiantata, scendo dalla bici e la spingo, ma in alcuni punti sprofondo sino alle caviglie nella melma. Per un po’ mi ostino a proseguire, ma poi mi trovo davvero in difficoltà, per cui ritorno sulla strada normale, che ripercorro in senso inverso, immergendomi in tutte le pozzanghere che trovo per lavare la bici, che è in uno stato pietoso. Quando la restituisco, il tizio dell’agenzia mi guarda malissimo.

Nella notte si sente male anche Aileen. Terzo giorno, ultimo mio a Bagan, mentre Cyviour va al Monte Popa, io e Aileen affittiamo nuovamente le bici per ripercorrere tutto quello che ci siamo perse. Io sto così così, e mi fermo ovunque ci sia una toilette, ossia nei templi più importanti, ma almeno riesco a controllare l’intestino, Aileen va molto peggio e quando non ce la fa più si infratta fra i cespugli riparandosi con il mio ombrello. Torniamo da “The Moon” per strafocarci di ginger tea, sperando che ci guarisca. Rientriamo presto.

Morale: due giorni pieni a Bagan sono secondo me sufficienti, uno in più per il Monte Popa

Giudizio: splendido, nonostante il meteo avverso (non ho visto né albe né tramonti, ed è una grazia del cielo quando smette di piovere un po’). Pedalare sotto la pioggia a Bagan non ha prezzo. Ovunque ti giri vedi stupa, pagode. Se già così è un incanto, non oso immaginare che cosa possa diventare con un tempo almeno decente.

La gente alla fine tende a concentrarsi ai monumenti più grandi, Ananda, tanto per dirne uno, per cui in qualsiasi altro posto che non sia Old Bagan è veramente facile essere in pochi a godere di questa straordinaria bellezza. Spettacolari le vedute dalle cime degli stupa. Su quelli più importanti è davvero un’impresa rimanere in contemplativo silenzio, circondati come si è da idioti che si producono in una infinità di selfie nelle pose più originali, ovviamente per loro. Allontanandosi un po’ si riesce a trovare la vera pace cosmica e sublime. La maggior parte degli interni sono spogli, con alcune eccezioni, tipo il Sulamani, che presentano muri decorati da affreschi con scene della vita di Buddha.

Molto suggestiva la Shwezigon Paya di notte.

Consigli per lo shopping

Alla base di un tempio, uno dei primi sulla destra in direzione da Nyaung U a Old Bagan, credo sia Uyingyi Paya, sono stata avvicinata da un ragazzo che vendeva batik splendidi, al costo di 5 USD, colorati con le sfumature della sabbia ed altri materiali naturali. Non li ho più visti da nessun’altra parte, nemmeno nei templi principali, e mi sono pentita di non aver comprato niente. Bellissimi gli ombrellini di carta di riso, tipici della zona di Pathein

Varie

All’ingresso in città si paga una tassa di 20 USD, impossibile eludere.

KALAW 29 30 31 luglio

Trasporti

Per trasferirmi da Bagan a Kalaw ho scelto un minivan diurno (15000 MMK), compagnia Minn Thar Express, partito verso le 8.30, dopo aver raccolto tutti gli occupanti ai vari alberghi, e arrivato alle 15. Pensavo fosse più veloce del bus ma mi sbagliavo. Ha bucato, ed inoltre si è fermato per circa 45 minuti per l’usuale sosta pranzo degli autisti, che hanno però mangiato (credo gratis) intascandosi la tangente in un ristorante dal menu costoso che aveva tutta l’aria di stare lì per acchiappare polli da spennare. Con sdegno rifuggo sempre da questo genere di intrallazzi, per cui mi sono comprata frutta al mercato, e ne ho approfittato per cambiare soldi in banca ad un cambio vantaggioso, essendo la città in cui abbiamo sostato assai poco turistica. (non ne ricordo il nome)

Da Kalaw a Inle (Shwenyaung) ho invece optato per il treno. Quando domando gli orari ferroviari in reception in hotel le ragazze mi guardano come se il mio problema fosse costruire una navicella spaziale. Per cui, come al solito, della serie chi fa da sé fa per tre, vado in stazione, dove scopro che non si può prenotare in anticipo, ma soltanto comprare i biglietti un’ora prima della partenza. Per non ripetermi troppo, relativamente a dettagli e foto vi rimando alla sezione “Lago Inle”

Dormire

Passo a tappeto alcuni hotel che si trovano sulla strada principale, dove mi lascia il minibus, che prosegue verso il lago Inle. Tutti sembrano seguire la stessa filosofia nel prezzare le loro sistemazioni. Camere economiche, ma neanche troppo, visto che comunque vogliono almeno 15 USD, tetre, umide, illuminate se va bene da bocche di lupo, al piano cantina. Camere di vari livelli con finestra a partire dal piano terra, sui 20/25. Winner è il meno caro di tutti, ma le stanze non sono granchè, poi Pine Land Hill e New Shine, graziosi, sui 25 USD. Arrivo all’Honey Pine, stessa solfa, vedendomi decisa ad andarmene, scendono a 20. Aggiudicato. Mi danno una stanza al piano terra, luminosissima, ma che non mi piace granchè perchè è proprio vicino alla reception. Provo a dire che voglio un piano alto, ma fermamente mi viene risposto che per 20 USD è il massimo cui posso aspirare.

Poiché nel bagno, pur pulitissimo, ci trovo un grande scarafaggio, decido di spostarmi il giorno dopo al Seint Hotel, dove per lo stesso prezzo mi danno la colazione, ed una matrimoniale graziosissima al secondo piano, con grandi finestre, ed addirittura un balcone, che è una delle particolarità che io apprezzo di più (per il bucato).

Le ragazze alla reception sono carinissime, e mi accolgono con un buon succo di arancia, ma non sono in grado di fornire informazioni turistiche. Domando loro del treno e mi guardano come fossi un marziano. Non hanno mappe, non hanno niente. Decido che non è il caso di appoggiarmi a loro per il trekking.

L’hotel più bello in città è il Dream Villa, una villa davvero deliziosa, tuttavia le camere costano il doppio che al Seint.

Mangiare

Meno scelta che a Hsipaw. Segnalo la Poe Poe Bakery che vende vari tipi di dolci. Consumo i pasti quasi sempre da Everest, un ristorante nepalese. Non mi sembra vero di potermi abbuffare di profumato curry indiano, mille volte meglio di quello birmano, unto e pesante. Media di 3700 MMK per un dhal al curry, riso, chapati. Il mio amato lemon honey ginger qui costa 1000 MMK.

Il ristorante del Seint Hotel prepara ottime colazioni, buonissimi i pancake con miele, ma per il resto della giornata è desolatamente vuoto. L’ultima sera piove a dirotto, e mi tocca fermarmi per cena, perché non ho voglia di infradiciarmi. Già temo qualche disastro intestinale, lo squaraus di Bagan è in via di dissolvimento solo perché finalmente ho deciso di prendere il Normix, e non vorrei intossicarmi di nuovo. Mi fanno aspettare una vita, ma il piatto che ho scelto, carne a pezzetti con basilico, peperoncino e riso è veramente ottimo, e non mi provoca nessun malore.

Impressioni

La strada in salita per arrivare a Kalaw è splendida. La cittadina è incastonata fra pini e vallate in una magnifica posizione, un paesaggio che sembra alpino. Già con il cielo bigio è un piacere passeggiare su stradine sterrate che si diramano dalla strada principale, la Circular Road, con il cielo terso e sole a palla deve essere una goduria. Decisamente, ritengo Kalaw molto più interessante di Hsipaw.

Trekking

Vista l’inefficienza del Seint Hotel, prenoto il trekking da Sam’s, una delle agenzie più rinomate in città. Non ho molto tempi a disposizione, e fisso quindi per l’escursione da un giorno, anziché i 3 che occorrono per arrivare al Lago Inle. Dopo aver verificato che il gruppo che parte l’indomani è composto da ventenni, decido di pagare qualcosa in più (da 8 si passa a 13 USD), per avere una guida tutta per me.

Dal poco che vedo, il trekking di Kalaw mi sembra più scenico di quello di Hsipaw. In ogni caso, il confronto è ad armi pari, in quanto in entrambe le occasioni la pioggia scroscia copiosa. Si tratta di un paio di dollari, ma consiglio di verificare, in caso di trip giornaliero, se il pranzo sia compreso o meno, dato che a me l’hanno fatto pagare. Il circuito credo sia di 13/14 km, ma su terreno fangoso sembrano di più. La pioggia battente per fortuna non è stata continua, ma è comunque un fastidio. Camminando ai bordi dei sentieri il terreno sotto i miei piedi è piuttosto fermo, ma alcuni tratti sono composti esclusivamente da fanghiglia e pozzanghere che cerco di oltrepassare saltellando, ma rimanendo comunque impantanata sino alle caviglie.

Fra l’altro, portandomi dietro strascichi di problemi intestinali, ogni devo appartarmi, sperando sempre che non sopraggiunga nessuno. Dopo circa 3 ore di cammino raggiungiamo un villaggio dove si sta celebrando una specie di festival, e tutti gli abitanti sono radunati al tempio.

Grazie alla guida è possibile comunicare. Le donne e i bambini sono curiosi ed aperti, gli uomini si sono limitati a squadrarmi in lontananza. Tramite la guida, che traduce, domando ad alcune signore se posso fotografarle. Quando mostro loro il risultato, ridono, e dicono di non essere mai state fotografate prima. Mi sembra un po’ strano, dato che il paesino è battuto costantemente da turisti.

Per l’ora di pranzo arriviamo ad un magnifico belvedere, dove ci viene servito il pranzo. Curry (indiano), lenticchie, chapati, buonissimi manghi. Questa è tappa obbligata per tutti i trekking, ci sono ragazze che proseguono per il lago, ed un gruppetto di giovani che come me fa l’escursione giornaliera. Siamo tutti ricoperti di fango sino alle ginocchia, tranne due francesi con pantaloni coloniali beige immacolati e mocassini intonsi. Incuriosita dal loro aspetto, attacco conversazione, per scoprire che il viewpoint è comodamente raggiungibile in macchina!

Al ritorno seguiamo una pista differente, quindi il lato positivo è che pur in giornata si vedono paesaggi vari. Lasciamo la strada principale e ci infrattiamo in un bosco, successivamente costeggiamo un lago lungo un ripido pendio, e per non scivolare e sprofondare nella terra viscida devo letteralmente balzare da ogni radice affiorante all’altra.

Raggiungiamo una vasta distesa di risaie, e le oltrepassiamo avanzando sui sottili sentieri di delimitazione. Attraversiamo ruscelli tenendoci in equilibrio su tronchi d’albero, supero le prove decorosamente, sino all’ultimo ostacolo dove mi produco in una pessima figura, perdo stabilità e finisco coi piedi in acqua. Rientriamo a Kalaw e ci accoglie un tiepido sole, sembra una presa in giro..

PINDAYA: 30 luglio

Non è semplice raggiungere Pindaya senz’auto a disposizione, ma con un po’ di buona volontà ce la si può fare. Il posto più comodo dove fare base è Kalaw, perché qui ci sono più alberghi e agi. Se uno invece vuole vedere meno turisti può fermarsi ad Aung Ban, che ospita un bellissimo mercato, a detta della gente del posto, e dove comunque esiste qualche buco dove sistemarsi. Ovviamente alla reception del mio Seint Hotel di Kalaw non hanno nessuna idea di come andare a Pindaya, se non con un taxi al prezzo di 35 USD a/r, e neppure la Lonely Planet è molto precisa in proposito. Sono sicura comunque nella possibilità dell’impresa e quindi, subito dopo aver depositato i bagagli in hotel inizio a pattugliare sulla Circular Road gli unici punti che ritengo strategici, ossia la fermata dei bus, ed il ritrovo dei mototaxi, rompendo i maroni a tutti, anche quelli che non spiccicano una parola d’inglese. Mi dicono che il minivan per Aung Ban, dove devo cambiare, fa capolinea nello spiazzo dietro al mercato. La partenza dovrebbe essere al mattino presto. Mi precipito allo spiazzo, ed inizio ad interrogare tutti facendo una media delle risposte. Come risultato, mi materializzo in loco il mattino dopo alle 6, ed effettivamente un bel pulmino compare in scena poco dopo di me. Partiamo alle 6.45 e dopo credo mezz’ora arriviamo a Aung Ban, in zona clock tower, mentre ha di nuovo iniziato a piovere. Nessuno ha idea dell’orario del bus per Pindaya, c’è chi dice le 8 e chi le 11. Ovviamente molti mototaxi si offrono. Le 8 non sono molto lontane, mi metto al riparo sotto ad un balcone e attendo. Transitano alcuni pick up, già strapieni. Finalmente se ne ferma uno, vuoto: il tizio al volante propone 2000 MMK. Tentenno. In cabina, seduto, c’è un monaco. In genere non accetto passaggi, soprattutto se sono tutti uomini, ma queste non mi sembrano poi persone così terribili, anzi il monaco è rassicurante, per cui mi accomodo, sola, nel cassone. Mi sembra di essere a Pechino Express!

Giunti a Pindaya, il driver accosta accanto ad un animatissimo mercato, e mi fa un cenno come per dire “sparisci”. Scende accompagnato dal monaco, e si dilegua. Sono incerta sul da farsi, insicura di aver interpretato bene. Lo aspetto qualche minuto e poi mi rendo conto che, se davvero avesse voluto i soldi, li avrebbe ritirati prima di andarsene.. Le grotte le vedo a mezza costa su una collina davanti a me, decido di incamminarmi costeggiando il lago. Passo accanto ad un albergo con vista, il Pindaya, le cui camere più economiche costano 40 USD, ed il Conqueror, di cui non chiedo i prezzi. Colpita da attacco di dissenteria, evito di andare al Green Tea Restaurant, che mi sembra molto costoso, anche solo per una colazione, preferendogli una più semplice tettoia di bambù dove mi servono yogurth freschissimo e thè verde.

Accanto alla scalinata che conduce alla Shwe Oo Min Paya, una distesa di statue bianche di Buddha, e contadini che caricano quintalate di cavoli sui trattori.

L’ingresso costa 3000 MMK + 300 MMK per la macchina fotografica.

Nella grotta sono custodite più di 8000 Buddha, di ogni dimensione e materiale. Alcuni uomini stanno applicando lamine dorate su alcune statue

Ridiscendo in paese e, per rietrare a Kalaw, chiedo informazioni al gentile gestore dell’economico Myit Phyar Zaw Gji Hotel, situato vicino al mercato. Mi dice che un bus è previsto per le 14, e gentilmente mi invita ad accomodarmi nella sua reception per aspettarlo. Ma c’è tempo per pranzare, per cui lo ringrazio, e mi incammino verso U Sake, dove una zuppa di noodles costa 1000 MMK. Per tutto il tempo sono stata l’unica straniera, a parte qualche turista arrivato in macchina alle grotte mentre io uscivo. Andando quindi di mattina, si può essere certi di stare tranquilli. Il minibus alle 14 c’è davvero. Rientrata a Aung Ban, con un mototaxi (2000 MMK), mi faccio riportare a Kalaw.

LAGO INLE: 1 2 3 4 5 6 7 AGOSTO

Trasporti

Da Kalaw a Inle (Shwe Nyaung) ho optato per il treno. Lonely Planet considera il tragitto come “scenic route”: i panorami mi hanno lasciato tiepida, con eccezione di una gola strettissima le cui pareti di roccia quasi sfiorano i finestrini.

Quello che invece è interessante è osservare il mondo che ti ruota intorno durante la sosta alle stazioni, assorti passeggeri in attesa, venditori ambulanti, contadini, molti giovanissimi, che lavorano nei campi.

I biglietti possono essere comprati soltanto un’ora prima della partenza del treno, 1100 MMK in classe turistica. Puntavo alla seconda classe, non tanto per il risparmio, quanto per il contatto con la popolazione locale, ma la mia richiesta è stata ignorata. La procedura è piuttosto complessa, i dati di ogni straniero, numero di passaporto compreso, vengono scrupolosamente annotati su un registro.

L’interno del vagone è decente, pochissimi i viaggiatori accomodati. Stranamente, partiamo puntuali. Mi è stato detto che, il giorno prima, per via delle forti piogge, il ritardo è stato di 5 ore.

Fuori dalla stazione di Shwe Nyaung, una ressa epocale, e tanti taxisti esosi. 1000 MMK uno shared pick up verso Nyaung Shwe, la cittadina sulle rive del lago. I turisti vengono scaricati ognuno al propro domicilio. Inventatevi un albergo a caso, se non avete prenotato nulla, tipo me, per evitare che il driver vi porti nei posti dove percepisce commissione.

Dormire

Non avendo, come detto, nessuna prenotazione in saccoccia, mi faccio scaricare alla Four Sisters GH. Ho letto su Wikitravels che all’angolo hanno aperto una nuova guesthouse di cui parlano bene, la Pan Kha Laar Inthan. Come da descrizione, in effetti, questa pensione è graziosa, con una bella terrazza in bambù e artigianato etnico che si affaccia sui campi, attorniata da case private, e molto vicina al fiume, uno degli immissari del lago. Mi offrono una bella stanza, con materassi comodi posizionati direttamente per terra, a 15 USD, che è un buon prezzo considerando che siamo forse nella città più cara del Myanmar.

Lo scoglio è che sono apparentemente sola, fuori da tutto, la tipa che mi accoglie non parla una parola di inglese. Comunico a gesti. Non c’è nessuna colazione, che da web pareva invece compresa, e non sa nulla dei tours sul lago. Poiché la mia intenzione primaria qui è quella di aggregarmi ad altri, pena sbancare il conto corrente, mi sento un po’ persa. Scoprirò il mattino dopo, quando ormai pago il conto perchè ho deciso di andarmene, che la signora un po’ indolente con cui ho avuto a che fare il giorno prima non è la padrona, una tipa in gamba che mi sta parlando ora in un ottimo inglese, ma soltanto una vicina di casa, chiamata a tamponare una situazione di emergenza. Invece, ritornando alla sera precedente, ancora ignara di tutto ciò, mi avvio in centro, che dista comunque un 10 minuti di cammino. Qui interpello varie agenzie, ma nessuno raggruppa singles. D’altra parte li capisco, perché accorparmi ad altri quando possono spillarmi la cifra intera? Devio quindi verso il molo, interrogando direttamente i barcaioli. Questi sono più ottimisti, e mi propongono di farmi viva l’indomani sul presto, verso le 7, in attesa che arrivino altri singles con la stessa necessità.

Un po’ preoccupata per le mie finanze, decido che forse è meglio traslocare. Mentre mangio qualcosa al Red Star, noto un grazioso hotel davanti, con un discreto via vai di backpackers. Ad occhio mi sembra costoso, ma tento la fortuna. Fortunatamente, hanno stanze libere, 20 USD, e per l’escursione non devo preoccuparmi, ci pensano loro. Sono al settimo cielo. Non mi sembra vero 🙂

Trascorrerò il resto del soggiorno a Nawng Kham, detto da tutti NK Villa. Dapprima nella stanza 05, una grande tripla tutta per me, ed infine nella 02, una doppia. Ottima colazione, forse non abbondantissima. Un manager molto cordiale, e prodigo di consigli. Gentilissimo il personale. Qui ho incontrato tantissima gente per condividere barche e taxi per le escursioni (vedere appunto alla voce “escursioni”)

Mangiare

Il Red Star è il ristorante meno costoso che ho trovato, il cibo è buono, e quindi quasi sempre stata loro fedele. Ho poi provato il ristorante nepalese “Everest”, gemello di quello di Kalaw, ma con meno scelta. Ultimo pranzo prima di partire al One Owl Grill, sulla strada principale. Arredato in legno, e molto pulito. Serve anche cibi occidentali. Un po’ caro.

Vi sono comunque parecchie bancarelle, alcune delle quali vendono esclusivamente dolci (squisiti)

Impressioni

Non ho parole, ovviamente in senso positivo. I miei luoghi preferiti sono Kakku, Inthein, e Maing Thauk. Le classiche escursioni in barca che fanno, ossia lago, pagoda dorata e mercato dei 5 giorni sono piuttosto turistiche, anche se non c’è la ressa dei mercati galleggianti di Can Tho in Vietnam o di quelli Thai. Nei mercati la gente del posto vende principalmente cibo, si sono poi aggiunte alcune bancarelle di souvenirs. Molti spunti fotografici. Maing Thauk è un villaggio che si raggiunge in barca ma anche con un’ora circa di bicicletta da Nyaungshwe. Qui è possibile fare un giro in canoa che, al contrario delle lance, riesce a raggiungere i canali più stretti, ed insinuarsi in mezzo alle case. E’ un modo silenzioso, semplice, ecologico per osservare la vita quotidiana sul lago

ESCURSIONI

LAGO INLE CLASSICO, PAGODA PHAUNG DAW OO – BARCA A MOTORE CONDIVISA

Appena giunta al Nawng Kham, sono le 8.00 di mattina, riesco ad aggiungermi ad una coppia scozzese per l’escursione “classica” che comprende mercato a rotazione in un paesino sulle rive, il cosiddetto “5 days market”, pagoda Phaung Daw Oo, visite varie a laboratori, e pranzo non compreso nel prezzo, che è di 15 USD in totale per la barca, quindi 5 a mio carico. Siamo di martedì e non ricordo il nome del paese dove si tiene il mercato. Sembra piuttosto autentico, i beni offerti appartengono alla economia locale, non ci sono souvenirs. Qualche turista in giro. Diciamo che mi ricorda il mercato di Muang Sing in Laos, dieci anni fa.

Attraversando le placide acque del lago, facendoci largo fra palafitte e giacinti d’acqua, avvistiamo i primi pescatori che muovono i remi con la caratteristica rotazione delle anche.

Visitiamo un laboratorio di sigari, e uno di stoffe, nei villaggi di Kaylar e Nam Pan. E’ possibile comunque chiedere di andare oltre. Noi accettiamo la proposta del barcaiolo di buon grado, primo, perché gli artigiani ci spiegano i procedimenti di fabbricazione, che è sempre qualcosa che non conoscevamo prima, ed è interessante, secondo perché non siamo obbligati a comprare (i prezzi sono altissimi), terzo perché possiamo visitare una casa tipica in legno sul lago, affacciarci dalle finestre o balconi, vedere il villaggio da un’altra angolazione, quarto, sono molto venale, perché possiamo approfittare della loro toilette :).

Mangiamo in un ristorante turistico sul lago, Shwe Kyar Pwint, parecchio caro, ovviamente, 3500 MMK un riso fritto che era la pietanza più economica. Porzioni grandi

La Pagoda Phaung Daw OO dal mio punto di vista non è nulla di speciale dal lato estetico, ma diventa affascinante per l’osservazione dei riti di preghiera dei devoti. Sono custodite qui cinque statue – tre di Buddha e due dei suoi discepoli – risalenti al XII secolo e ricoperte di fo­glie d’oro, che nel corso degli anni i fe­deli hanno applicato in tale quantità da renderle irriconoscibili, se non l’avessi infatti letto avrei pensato che fossero dei semplici sassi. Tutto intorno, poi, vi sono molte bancarelle di souvenirs, secondo me interessanti. Comprate qui i vostri gingilli di bigiotteria etnica in simil argento, tanto tengono poco posto, perchè poi a Yangon di queste cosine non c’è traccia. Scoppia un temporale di dimensioni bibliche proprio mentre sono intenta a contemplare una delle imbarcazioni reali a forma di uccello dorato usate per il trasporto dei buddha durante le processioni sotto una passerella coperta. Il nubifragio si placa presto ma continua un lieve stillicidio. La giornata era comunque già grigia sin dal mattino presto.

Proseguiamo per il monastero dei gatti salterini, Nga Phe Kyaung. Dopo tanto marmo e mattone, non sempre pulito, è piacevole camminare a piedi nudi sopra un lucido e scricchiolante pavimento di tek, ammirando una notevole collezione di belle statue in legno di Buddha di pregevole fattura. Avevo sentito dire che i gatti non saltano più, ed infatti è vero. Per lo meno, nella mezzora in cui io sono stata presente non c’è stato nessuno show, tutti i gatti erano intenti a poltrire, e a prendersi le carezze dei turisti.

Rientro verso le 15.30-16.00

KHAUNG DOING E MAING THAUK, I VILLAGGI SUL LAGO – BICICLETTA E CANOA

Il noleggio di una bici normale costa sui 1500 MMK, e mi rivolgo a Red Star, il ristorantino. Le bici hanno il cambio, ma sono pesanti e non tutte in perfette condizioni, anche se la manutenzione viene comunque fatta dall’anziano padre di una delle ragazze del ristorante (lo vedo spesso all’opera ad armeggiare con i suoi attrezzi chino sul cambio). Altri esercizi noleggiano mountain bikes al prezzo di circa 7-8000 MMK. I villaggi raggiungibili in bici sono Khaung Doing, poco dopo un sito di sorgenti calde, e Maing Thauk. L’escursione alla prima location non mi fa impazzire, le hot springs sono una specie di complesso di lusso, a pagamento, ovviamente, e lungo la strada non ci sono grandi attrattive, se non un monastero a mezza collina, raggiungibile con una breve scalinata, da cui si ammira un discreto panorama.

Il villaggio offre qualche scorcio carino, ma nulla di più. Ovviamente, è raggiungibile anche in barca, per chi non volesse sfacchinare.

Maing Thauk si trova invece dalla parte opposta, e dire che mi ha entusiasmato è riduttivo, tant’è che l’ultima mattinata deciderò di tornarci. Sulla strada, ben indicata, una vineria offre assaggi della produzione locale e bei panorami al tramonto sul lago; poco avanti torreggiano grandi palafitte lussuose che fanno parte di costosi resort.

Il fulcro di Maing Thauk è composto da palafitte, ed un lungo pontile, fatto costruire grazie ad una donazione di Peter Wheeler di Lonely Planet, che verrà distrutto dalle forti piogge nei giorni seguenti, e che al momento della prima visita collega la strada principale alle palafitte.

La mia scoperta di questo luogo incantato avviene in un grigio pomeriggio di quasi pioggia, sono circa le 15, l’ora di uscita da scuola e frotte di ragazzini si riversano galoppando sul pontile, mentre gli adulti li aspettano a bordo delle loro piccole imbarcazioni per riportarli a casa, mi limito a scattare qualche foto, declinando ogni offerta di tour in canoa che mi viene proposta.

La seconda nostalgica visita si svolge in una quasi soleggiata mattina dell’ultimo giorno di permanenza a Nyaungshwe, a distanza di qualche giorno. Il pontile è crollato per via delle forti precipitazioni, ma trovo al solito posto l’anziano barcaiolo in attesa di clienti, ed accetto volentieri di essere accompagnata in un tour fra il silenzio dei canali, in mezzo alle case. La piroga scivola insinuandosi fra scene di vita quotidiana, l’isola officina con operai al lavoro, la scuola, le donne che lavano i panni, le oche che sguazzano seguendo la nostra scia, i gatti acciambellati al sole, i bambini che giocano, remano, si fanno il bagno. Con il bel tempo il paesaggio sembra rianimarsi e rivivere. 3000 MMK per 40 minuti, li vale tutti.

INTHEIN – TAXI CONDIVISO

Inthein fa parte del normale circuito dei 5 days markets, e risulta essere anche molto turistica. Si raggiunge normalmente attraversando il lago, ma si trova sulla stessa strada per Khaung Doing, solo un poco più a sud, quindi non è vero che è un remoto avanposto in mezzo alla giungla, raggiungibile solo in barca, come ho letto in certi articoli della sezione viaggi on line di noti quotidiani. Ho visto gente persino raggiungerla in bicicletta! Altro che posto fuori dal mondo!

Per via delle forti piogge, la via acquatica ci è stata sconsigliato dal gestore di NK Villa, perché pericolosa. Parlo al plurale perchè anche qui sono riuscita a fare proseliti. E’ per questo che dico che è necessario che i singles si scelgano sistemazioni molto frequentate, in modo da riuscire sempre a trovare qualcuno con cui condividere le spese. Non ho faticato a convincere Steve, uno dei tre ragazzi vietnamiti che già faceva parte della spedizione a Kakku, rientrato entusiasta e che quindi si fida di me. Le altre due componenti della troupe sono state due donne austriache, da me “rimorchiate” durante la colazione, Andrea e Suzanne. Una di loro mi ha guardato con curiosità, come se pensasse “ma cosa vuole questa”, dopodichè mi ha detto “yes” e mi ha seguito senza neanche chiedermi prezzi. Non pensavo di risultare così convincente 🙂

Dovendo quindi muoverci via terra, abbiamo riconfermato lo stesso autista di Kakku, costo totale 30000 MMK, mia quota 8000 (ho fatto cifra tonda). Non era giorno di mercato, quindi l’atmosfera era molto tranquilla. Una bella giornata di sole ha reso i colori ancora più vividi. Gli stupa, qui 1600, appartengono a vari stili architettonici, alcuni sono stati restaurati, e ricoperti di calce bianca, o vernice dorata, altri si presentano nell’aspetto originale in mattoni, un po’ diroccati ed in parte soffocati dalla vegetazione. Il loro fascino però secondo me consiste proprio in questa dimostrazione del fluire millenario del tempo, e della rivincita della natura, che si riprende quello che è suo. In genere, i turisti stranieri, preferiscono proprio questa originale verginità. I fedeli buddhisti, per acquisire meriti, con le loro donazioni avanzano pretese sullo stile con cui i vari stupa devono essere restaurati. Non c’è lo sforzo di ingegnarsi a mantenere il modello originale, purtroppo spesso, anzichè recuperare il vecchio, lo si ricopre con cemento alla brutta eva. E’ come se, per restaurare la Venere di Botticelli, piuttosto che rimettere in sesto l’originale ci si dipingesse sopra Teomondo Scrofalo.

Branchi di cani randagi hanno colonizzato il territorio, ma non sono pericolosi. Evitano l’uomo e sono troppo presi nelle loro baruffe gerarchiche. L’autista ci accompagna a mangiare in un bel ristorante sul fiume, sulle cui rive le donne sono intente a fare il bucato.

Rientriamo verso le 15

KYAUK TAING – BARCA A MOTORE CONDIVISA

Per l’ultima intera giornata che trascorro sul Lago Inle, l’intenzione sarebbe quella di andare a Sankar, sulle rive sud e ben oltre. La località mi è stata descritta come molto affascinante da un viaggiatore che conosce la zona e di cui mi fido molto, Alessio. Vista la distanza da Nyaungshwe, circa 3 ore solo di andata, è meno frequentata, e si sta aprendo al turismo soltanto ora. Il prezzo è alto, vista la lontananza, 60 USD, ma Suzanne e Andrea mi accompagnerebbero. La situazione meteo è però molto incerta. Sankar nei giorni scorsi era isolata per via delle forti piogge, ed era pericolosissimo arrivarci, per via delle forti correnti. Lasciando da parte per una volta il gestore di NK Villa, ci rivolgiamo ad un’agenzia poco distante, sempre sulla stessa via. Anche se al momento Sankar sembra essere tornata raggiungibile, poichè soltanto i più esperti saranno in grado di condurci a destinazione, di tutti quelli interpellati dalla proprietaria soltanto uno acconsente, e poco dopo ci raggiunge per prendere accordi. Stabiliamo anche un piano B, caso mai dovesse piovere forte durante la notte.

L’indomani mattina, a colazione, Andrea mi annuncia seria che durante la notte purtroppo è piovuto tantissimo (io non me ne sono accorta) e che quindi secondo lei, anche se il barcaiolo fosse ancora disposto, l’opzione Sankar non le sembra prudente. Concordo con lei. Alle 7 abbiamo l’appuntamento in agenzia. Esponendo alla proprietaria i nostri dubbi, lei ci suggerisce un’alternativa che arrivi ad esplorare le rive sud del lago entro i limiti di sicurezza, ma senza addentrarsi sino a Sankar. La prima sosta sarà alla pagoda Phaung Daw Oo, che tutti abbiamo già visto, ma oggi è di scena il 5 days market, dopodichè arriveremo a Kyauk Taing, villaggio famoso per le ceramiche, dove ha luogo un’altra fiera, e poi alle pagode di Thaung Tut. 30000 MMK da dividere in tre.

Che abbia piovuto molto me ne rendo conto quando arriviamo al grande mercato sul retro della Pagoda, la radura su cui si svolge è un pantano unico, grandi cartoni sono stati disposti fra una bancarella e l’altra per agevolare il transito dei pedoni. Molti venditori di dolci cercano di prendere per la gola il pubblico assiepato ad osservare le varie fasi di preparazione.

Forse è il mercato più turistico che ho visto: ci sono bellissimi souvenirs, bigiotteria etnica, camicie, i caratteristici pantaloni da pescatore, insomma un sacco di roba. Consiglio di fare acquisti qui, in questi mercati, piuttosto che a Yangon, che offre molta meno scelta. Oltre agli stranieri, affollano le bancarelle anche diversi gruppi di Pao, vestiti negli abiti tradizionali, che stanno facendo la spesa.

Ho comprato un sacco di roba.

Kyauk Taing è un mezzo pacco, solo mezzo perché il villaggio è piuttosto autentico, ed un’artigiana molto abile ci mostra come velocemente e con poca argilla riesce a creare bellissimi vasetti, ma purtroppo il mercato non c’è.

Pranziamo quindi desolatamente sole, sotto la grande tettoia deserta dove il mercato si svolge, nei giorni ovviamente prefissati, e ripartiamo. Il Sito di Thaung Tut è carino. Siamo gli unici esseri umani in visita.

Questa è la prima nota positiva, la seconda è che le tacche del cellulare, completamente morte a Nyaungshwe in mezzo alla civiltà, sono qui tutte e cinque belle arzille, per cui ne approfitto per chiamare casa, dove mi davano già per dispersa, visto il silenzio dei giorno precedenti.

Rientrate a Nyaungshwe, chiedo a Andrea se vuole andare a protestare in agenzia per il mancato mercato. La risposta è “sono troppo stanca per litigare”. Convengo con lei che non ne valga la pena, ad ogni modo siamo venute a contatto di un altro scorcio di questa terra meravigliosa e sconosciuta, e tanto ci basta

KAKKU – TAXI CONDIVISO

Il costo del taxi è 60000 MMK, ma fortunatamente riesco a coinvolgere con il mio entusiasmo altri 3 ragazzi vietnamiti ospiti della mia pensione. L’autista è il marito di una delle donne che lavora al prospiciente ristorante Red Star. Persona tranquilla, premurosa, affidabile. Non solo ci conduce dove inizialmente stabilito, ma ci suggerisce ulteriori soste in siti meritevoli lungo la strada, ci aspetta senza metterci premura, ci fa assaggiare cibo locale da lui acquistato alle bancarelle, funge da traduttore, per cui molto volentieri gli lasciamo una discreta mancia e lo ricontattiamo per altre escursioni.

Prima sosta, non prevista, è Nar Baung. Scorgiamo dal finestrino un mercato rurale, un grande campo dove ruminano bovini, e gruppi di persone li osservano e valutano. L’autista gentilmente ferma e ci accompagna. Accanto allo spiazzo erboso, in un’area dedicata, curiosiamo in quello che credo sia il mercato più genuino e tradizionale visto. Molti dei clienti sono appartenenti alle minoranze etniche, le cosiddette hill tribes, riconoscibili dagli asciugamani annodati in testa a guisa di turbante.

Non ci sono souvenirs. E’ chiaro che si tratta di una specie di fiera, un’occasione di festa e di ritrovo per gli abitanti, perché è stato organizzato un torneo di chinlon, il gioco tipico che consiste nel passarsi una palla di rattan.

Il sito religioso di Kakku, spettacolare, è composto da circa 2500 pagode, piccole e snelle, l’altezza media è solo 3/4 metri, dagli stucchi finemente decorati come merletti. Silenzio quasi assoluto attorno, rotto soltanto dal tintinnare dei campanellini sulle sommità delle guglie, e dal cinguettio degli uccelli. Pochissimi visitatori.

Particolare pratico, l’ingresso al sito costa 3000 MMK. Alcuni affermano che sia obbligatorio pagare una guida Pah-o per la visita. In effetti ho visto una coppia di francesi che erano accompagnati da una ragazza appartenente a questa etnia, ma noi siamo entrati da soli e nessuno ci ha detto niente.

Anche oggi il tempo non aiuta, nuvoloso prima, piovoso dopo. E’ stato comunque bellissimo. Abbiamo pranzato nel ristorante che è situato di fronte al sito (2500 MMK), credo si chiami Hlaing Konn Restaurant

Nel pomeriggio, rientrando, visitiamo alcune località minori, degne comunque di nota, suggeriteci dal nostro driver. Tang Caves e relativa Pagoda, la Hamsi Mahamuni Pagoda, la Sulamuni Pagoda a Taungyy. Non c’è nessuno, ed è bellissimo esplorare da soli.

L’ultima sosta è al Shwe Yuan Pi Monastery, molto amato dai fotografi, e che si trova alla periferia di Nyaungshwe. Sopraggiungiamo proprio durante la preghiera dei novizi. E’ possibile assistere.

MAWLAMYINE 8 9 10 AGOSTO

Arrivare

Mi sono trattenuta a Nyaungshwe un giorno in più, per via delle forti piogge che hanno isolato il paese a sud della capitale. La mia idea iniziale era di andare da Nyaungshwe direttamente a Bago, infine ho deciso di dirigermi a Yangon, in ripresa dagli allagamenti, con un bus notturno, e da lì a Mawlamyine, sicura ed all’asciutto. Il Myanmar mi dà l’idea di essere il classico posto dove rischi di rimanere bloccato per giorni, e preferisco non rischiare. Un pick up mi preleva direttamente agli NK Villa, e mi conduce al terminal a Taunggy, dove, alle 18.30, mi ritrovo sprofondata in una comodissima ed ampia poltroncina reclinabile su un bus vip Shwe Nan Taw. A bordo ci rifocillano con panini preconfezionati e bibite, ma lungo la strada è d’ordinanza la sosta ad un “autogrill” per il rito della cena degli autisti, al che tutti ne approfittano per ingozzarsi nuovamente.

Approdiamo verso le 6.30 nell’enorme stazione di Aung Mingalar di Yangon. Due piazzali, da quello che vedo, ma potrebbero essere di più, e centinaia di bus. Trovare quello per Mawlamyine sarebbe un ago in un pagliaio, per cui chiedo informazioni e ricompenso con 500 MMK l’anima pia che giunge in mio soccorso.

Il bus, un extraurbano ordinario, con aria condizionata, parte alle 8 e giungo a destinazione verso le 13 (6000 mmk). Un mototaxi mi porta in città, sul lungomare, per 1000 MMK

Dormire

Sul bus mi sono fatta una panoramica di quanto la città ha da offire in quanto a pernottamenti, focalizzandomi sulla Breeze Guesthouse, in quanto economica, sul lungo mare, e non troppo distante da alternative poco più care. L’edificio, pur in bella posizione, è piuttosto sciatto. Mi fanno vedere alcuni sgabuzzini tetri e umidi, (18 USD) percorrendo un lungo corridoio buio come un cunicolo. Penso agli scarafaggi : non ci siamo. Allora saliamo al piano superiore, dalla cui lunga balconata si apre un magnifico panorama, e la brezza spazza via l’odore di chiuso ed umido. Mi mostrano una stanza microscopica, con la moquette sporchissima e due finestre con vista spaziale, 12 USD. Notando la mia esitazione, mi offrono prima uno sconto, e poi mi mostrano la lavagna delle prenotazioni, come per dire “su, dai, non fare la schizzinosa, come vedi altri ci hanno privilegiato”. Mi dirigo al Sandalwood. E’ leggermente più costoso, ma tutta un’altra cosa.

I letti sono morbidi, hanno materasso degno di questo nome, un buon odore. Potevano evitare di piastrellare tutto di bianco come un ospedale, ma almeno è pulito. 22.5 USD con colazione. Alla reception c’è un impiegato che parla uno splendido inglese, sorridente, gentilissimo, ed informatissimo. La clientela è composta da lavoratori asiatici in trasferta, e backpackers leggermente meno spiantati

Mangiare

La prima sera, sabato, su consiglio dell’efficiente receptionist vado sul lungomare, in direzione sud, dove hanno allestito centinaia di tavoli, bancarelle, ed un maxischermo che trasmette le partite inglesi. Mi sa che tutta Mawlamyine è lì, gruppetti di uomini, famiglie, ragazzi. Si mangia pesce, specialità tipo trippa e frattaglie varie, e poi i classici risi e zuppe.

Il turnover è impressionante, i cuochi lavorano senza sosta, i camerieri rapidissimi fra i tavoli prendono le ordinazioni, e si esibiscono in spericolati equilibrismi con i piatti di portata. Riso fritto 1500 MMK

Presso il Grandmother & Grandfather, frequentato anch’esso da gente del posto, oltre a stranieri, per 2000 MMK mangio una zuppa di noodles cinese. La vista è bellissima, i tavoli esterni danno l’impressione di stare a mare, e la brezza mitiga un po’ il calore.

Il Daw Yoe, raccomandatomi dal receptionist e dalla Lonely Planet mi ha un po’ deluso. Curry birmano unto e pesante.

Impressioni

Come tutte i luoghi che hanno riferimenti letterari, e che hanno ospitato scrittori, Mawlamyine mi aveva inizialmente incuriosito, anche se era stata esclusa dall’itinerario per problemi di tempo. Il ripescaggio della città dove vissero Kipling e Orwell, scampata ai tifoni, è stato un colpo di fortuna ai danni dell’allagata e isolata Bago. Complice anche il ritornato bel tempo, ne sono stata favorevolmente colpita. La Mahamuni Paya e la Kyaikthanlan Paya, sicuramente non all’altezza della Shwedagon, si riscattano quando si considerano i panorami offerti. La vista di cui ho goduto è la migliore in Myanmar. Isole sul mare scintillante, pagode dorate sui pan di zucchero ricoperti di rigogliosa vegetazione. In aggiunta a ciò, grande facilità ad interagire con la gente del posto, anche monaci, che si avvicinano per praticare l’inglese. Gli interni della Mahamuni Paya sono spettacolari, sembra di stare in uno scrigno, un caleidoscopio, uno sfavillio di specchi e di pietre preziose che si riflettono come migliaia di piccoli soli e stelle. Al calar della sera, poi, l’atmosfera diventa veramente magica, il grande basamento e le sale si affollano di devoti intenti nei loro rituali di offerta e di preghiera. Forse qui ho vissuto appieno le sensazioni che invece mi sono mancate a Yangon.

E’ piacevole passeggiare sul lungomare, e ci sono alcuni edifici coloniali un po’ malandati, ma affascinanti.

Escursioni

HPA AN – BUS

Per colpa delle piogge, e per paura di rimanere bloccata, non ho dedicato a Hpa An il tempo che si merita, ossia almeno 2 o 3 giorni. Approfittando del cielo sereno, ho preferito la gita in giornata, dopo aver appreso che è collegata a Mawlamyine da una serie di bus pubblici. Partenza 8.45 su bus scalcagnato che mi ricorda quello per Hsipaw, oramai una vita fa, 1000 MMK.

Le due ore di percorrenza, nonostante i sedili sderenati e scomodossimi, non mi sono pesate per niente. Le strada percorsa è fiancheggiata da panorami straordinari, forse fra i più belli visti, sontuosi faraglioni calcarei ricoperti di boscaglia, una vegetazione esplosiva, un delirio verde, nuvole di panna e sprazzi di cielo azzurro che si riflettono nella pianura ancora parzialmente allagata

Purtroppo il tempo è tiranno. Concordo con un mototaxi (7000 MMK) una visita velocissima alle due attrazioni maggiori, il Monte Zwegabin e Kyauk Kalap, tralasciando le famose Saddan Caves che sono ancora allagate.

La scalinata che porta accesso al monastero in cima allo Zwegabin si trova ai Lumbini Garden, dove mi aspetta il mio taxista. Il pallido sole ha di nuovo lasciato spazio ad una pioggerellina di tipo britannico, fine fine, e non c’è anima viva in giro. Sparse nel parco un migliaio di statue di Buddha, ed un grazioso laghetto. L’idea iniziale era quella di arrivare un giorno prima e dormire al monastero, ora purtroppo l’unica cosa che mi resta da fare è una breve ascesa della ripida e scivolosa scalinata, per qualche foto ricordo, prima di ripartire al volo.

Il sole ritorna a far capolino verso le 13, quando raggiungiamo Kyauk Kalap, una pagoda in equilibrio su una falesia sottilissima. Alla base, un piccolo monastero, chiuso per preghiere e meditazione dalle 12 alle 13. Tempismo perfetto, dunque 🙂 Non ne ho approfittato, ma leggo che i monaci offrono pasti vegetariani ai visitatori. E’ possibile aggirarsi fra i piccoli caseggiati che ospitano i religiosi. Il panorama di cui si gode è straordinario, nuovamente, so che mi ripeto, fra i migliori del viaggio.

Dopo un veloce raid nell’unico supermarket di standard europeo che io abbia mai visto in Myanmar, Phoe Lamin, dove compro vari tipi di junk food per pranzo, a malincuore lascio la bella cittadina intorno alle 14.30, sempre con tariffa 1000 MMK. Ci sono bus sino alle 16, a quanto pare, ma, anche se vorrei trattenermi qui ancora a lungo, preferisco non rischiare.

Consigli

Leggendo in rete gli itinerari, raramente vedo comparire Hpa An. Stra-consiglio invece di includerla, perchè ne vale davvero la pena

Partire

Bus per Kyaikto alle 9.20 (7000 MMK)

KYAIKTO 10 11 AGOSTO

Trasporti

Bus da Mawlamyine alle 9.20 (7000 MMK). Sono sicura che ce ne sia un altro al mattino più presto, ma difficile avere orari certi. Io mi ero informata al terminal dei bus il giorno prima. Kyaikto è lo snodo principale che fa capo alla roccia d’oro, città che apparentemente ha poco da offrire, non molto turistica, ma qui, sulla via principale, fermano i bus sulla tratta Yangon – Mawlamyine, e sempre qui fanno capolinea i pick up per Kinpun, che è invece il villaggio da cui partono i camion di pellegrini e che ospita diversi alberghi e ristoranti. La mia idea iniziale era appunto proseguire fino a Kinpun, ma il solito temporale tropicale che mi attende alla discesa dal bus mi fa cambiare idea. Poco prima della fermata, vicino ad una grande rotonda che segnala l’ingresso in città, la vista di un paio di guesthouse mi tranquilizza. Visto che sono le 13, ed i pick up per Kinpun partono principalmente la mattina presto, decido di fermarmi qui. Mentre sono in attesa che spiova almeno un pochino per incamminarmi verso la guesthouse, sono assalita da stormi di mototaxi, che respingo fermamente. Qui incontro gli esseri più asfissianti di tutta la Birmania. Uno di questi, un malato di mente, forse, più che un vero e proprio procacciatore d’affari, nonostante i miei numerosi tentativi di fanculizzarlo mi segue sino alla guesthouse, pretendendo una commissione. Il gestore per fortuna crede alla mia versione, e lo caccia a mani vuote.

Per prima cosa, mi procuro un biglietto bus per Yangon per l’indomani, 7000 MMK, compagnia Thein Than Kyaw. Scelgo quello notturno delle 22.30, ma è un errore, perché la visita alla Roccia d’Oro mi tiene occupata soltanto sino a mezzogiorno circa, ed avrei fatto in tempo a prendere la corsa del primo pomeriggio. Prendere prima il biglietto è stato un errore, ma non potevo saperlo. E’ stato un errore non tanto per il pomeriggio perso a Kyaikto, senza nulla da fare, quanto piuttosto perché il bus notturno arriva a Yangon alle 2.00 di notte.

Dormire

Happy Guesthouse, per 13 USD mi offrono una stanza di generose dimensioni (anche se la finestra affaccia su un corridoio e non sul giardino), con tv, aria condizionata, colazione scarsa e bagno pulito esterno.

Gentilissimi, sono andati loro in moto al baracchino della Thein Than Kyaw a comprarmi il biglietto.

Mangiare

Soprattutto la sera, scarsissime proposte. Sulla strada principale, in zona mercato, vi sono poche bancarelle che non hanno grande offerta. Mi hanno però preparato dei noodles con una salsina che sembrano spaghetti al pomodoro, buonissimi, ma freddi. 300 MMK : è stato il pasto meno costoso della vacanza!

In centro ho invece scoperto Parrot, una pasticceria che però, sino alle 20, prepara anche piatti semplici, tipo noodles, riso, ecc. Un riso fritto 2500 MMK, succo di arancia 500 MMK. Molto richieste le loro torte e gelati, un via vai continuo di clienti.

Impressioni

Cercando di ammazzare il tempo, nel tardo pomeriggio vagando ho per caso raggiunto un monastero molto carino, con una piccola roccia d’oro in miniatura, ed una splendida vista sulla valle sottostante.

Lo spiacevole episodio di benvenuto del mototassinaro aggressivissimo è stato compensato da un dolcissimo arrivederci, di un motociclista qualsiasi che mi ha vista camminare in strada alle 8 di sera con i bagagli, e mi ha offerto un passaggio gratuito sino alla fermata bus.

Escursioni

ROCCIA D’ORO – PICK UP

Mi sveglio presto, svuoto la stanza, lascio tutto in reception, e mi precipito al capolinea dei pick up; facilmente individuo quello diretto a Kinpun, aiutata dagli autoctoni, e sempre svicolando dalle aggressive pressioni dei mototaxi. Il tragitto si svolge in una simpatica atmosfera, quasi tutti gli occupanti sono donne di ritorno dal mercato, ed il pavimento straripa di merci, tanto che è difficile riuscire a tenere i piedi poggiati a terra. La corsa mi costa 500 MMK all’andata e altrettanti al ritorno. Dalla piazza centrale di Kinpun mi viene indicato il punto di partenza dei camion, e la biglietteria (5000 MMK andata e ritorno). Sui cassoni nel retro sono sistemate file di panche di legno dove si accomodano le persone. Accomodarsi è una parola grossa, in quanto si è stipati come sardine, e si parte solo quando si è al gran completo.

Alla partenza splende il sole, ma il camion per circa 45 minuti si inerpica zigzagando lungo i fianchi di una montagna, ed arriviamo a destinazione immersi in una fitta nebbia.

I forestieri pagano altri 6000 MMK di ingresso. Il sentiero asfaltato che porta all’ingresso è fiancheggiato di negozietti, tutti chiusi, soltanto qualche venditore ambulante di dolci, acquisto dolcetti di riso avvolti in foglie di banano. Costeggio alcuni hotel. Tranne uno, il Mountain Top, che non vale comunque il prezzo (150 USD), gli altri sembrano proprio delle bettole

Impressioni

Il santuario più sacro e venerato della Birmania non mi ha fatto una grande impressione. Poca gente, poche scene di devozione dei fedeli, più turisti che pellegrini : ho fatto un giretto, fra una cacca di cane ed un topo morto lasciato lì, e poi sono rientrata. Me lo immaginavo situato in un diverso contesto, più natura e meno artificiosità umana.

YANGON: 12 13 AGOSTO

Arrivo

Il mio bus, partito alle 22.30 da Kyaikto, arriva alle 2 alla stazione Aung Mingalar di Yangon. Piazzale deserto, uffici delle compagnie sprangati. Non mi sento di farmi portare in città a quest’ora, perché non ho prenotato nulla, e le pensioni economiche in genere non hanno la reception aperta durante la notte. Liberatami dei taxisti, inizio a vagare cercando un posto dove fare mattina. Non ci sono sale d’aspetto comuni, ogni bugigattolo che vende biglietti di solito ha qualche sgabello dove la gente si accomoda prima di partire, ma non a quest’ora. L’unica luce accesa è quella di una compagnia superlusso, M Express Scania, mi avvicino e chiedo di potermi rintanare qui per qualche ora, l’impiegato è confuso, spiego la mia situazione, intuisce la mia angoscia e acconsente. Mi sdraio su 3 sedie di plastica, bersagliata dallo stillicidio di condensa di un condizionatore, e dormo sino alle 7. Lascio una mancia al mio angelo custode, che si schermisce e vorrebbe rifiutare. Un taxi mi accompagna per 7000 MMK sino alla Sule Paya

Dormire

La Sule Paya mi sembra essere il centro nevralgico della città, ho visto che ci sono in zona pensioni economiche, e inizio la ricerca, mentre l’alba tinge di rosa il cielo lattiginoso e la città lentamente si sveglia. Forse per via del poco riposo, non sono lucida e vago a casaccio, perdendo l’orientamento. Sono posizionata a sud ovest della pagoda, mentre invece alberghi migliori, anche se più cari, sorgono alcune centinaia di metri a nord est. Capito alla Okinawa Guesthouse, 15 USD una stanza pulita, ma molto piccola, senza bagno, e con il materasso direttamente a terra. Le parti comuni comunque sono molto ben curate, tuttavia.

La Mahabandoola Guesthouse, proprio a lato, è allucinante già da fuori, e dentro è anche peggio. Per fortuna le singole (8 USD) sono tutte occupate, altrimenti potrebbe venirmi la tentazione…

Arrivo quindi alla Garden Guesthouse, dirimpetto, sporchissima pure questa. Della serie facciamoci del male, mi approprio di un cubicolo lurido per 13000 MMK, il peggiore del viaggio. Ho paura a sdraiarmi sul letto, anche protetta dal mio sacco lenzuolo. Le coperte, che più che altro hanno l’ampiezza di asciugamani grandi, sono maculate da chiazze giallastre, ed odorano di liquidi umani vari.

Accanto alla mia stanza c’è uno sgabuzzino dove hanno lasciato nei bidoni sacchetti di pane vecchio; non puzzano, ma temo possano attirare topi e scarafaggi. Guardo storto un inserviente incontrato in corridoio, e dopo qualche ora i rifiuti spariranno. In effetti, recensioni postume su tripadvisor narrano di ratti morti incontrati sulle scale.

Le scale, dicevo, sono il top. Dei gattini hanno ucciso un geko, che resterà in bella mostra, con la sua testa mozzata, per tutto il mio soggiorno, senza che nessuno si degni di spazzarlo via. Stesso discorso per una pozzetta di piscio umano, in un angolo su un pianerottolo.

Uniche note positive: i gattini, le finestre nella camera, non così scontate, il relativo silenzio, e la vista dal ristorante (stendo un velo pietoso sulla colazione)

Unici motivi per rimanere: il prezzo e la posizione

Mangiare

Imbararazzo della scelta, e prezzi per tutte le tasche, soprattutto le mie 🙂 Un sacco di localini sulla Mahabandoola Road (all’intersezione più o meno verso la 37a) dove vendono gustosi samosa e altri stuzzichini variegati. Sulla Anawratha Road ristoranti indiani nominati sulla Lonely Planet, ad esempio Nylar Biriani, 4900 MMK, molto pulito e frequentato, ma abbastanza caro.

Raccomando Golden Bell, una tea house vicino all’Aung San Market, fra Center Hotel e KFC, 1000 MMk una zuppa di noodles.

Golden Land Chetty Restaurant, ottimo cibo indiano, proprio davanti alla mia Gueshouse, dall’altra parte della rotonda, 2200 MMK vegetable curry e dolcetti.

Tutto intorno ai Mahabandoola Gardens, la sera, piccoli banchetti di cibo da strada, e venditori di frutta

Impressioni

E’ un dato di fatto che Yangon venga riconosciuta come poco attraente. Il mio giudizio anche sull’unica cosa degna di nota che propone, la Shwedagon Paya, è intiepidito dal fatto che arrivo qui alla fine del viaggio, dopo aver visto già centinaia di pagode e templi. Forse gioca un ruolo sfavorevole anche il tempo piovoso che mi tormenta durante la visita al luogo sacro. Niente alba, niente tramonto, come a Bagan. Ho invece gradito la camminata “coloniale” proposta da Lonely Planet, una immersione nel caos cittadino fra vecchi edifici multicolore, stradine ricolme di gente, banchetti di libri, il mercato del lungofiume, l’animata Strand Road, e, finalmente, un sole deciso che mi arroventa la pelle.

Escursioni

SHWEDAGON PAYA

3000 MMK il taxi, più 8000 MMK di ingresso. Non posso dire che non mi abbia colpito, tuttavia forse mi aspettavo un’emozione diversa, qualcosa di più coinvolgente. L’atmosfera intrisa di fervore religioso, indubbia, non mi ha distratta dalla pioggerellina sottile. E’ stato bello, comunque, sedersi in mezzo ai fedeli in preghiera, ed assaporare l’attimo.

CENTRO CITTA’

Dicono che sia sporco, ma a me non è sembrato. I miei standard sono però molto elastici, ed il metro di paragone cui faccio riferimento è l’India.

I Mahabandoola Gardens, bordati di alberi, sono un’oasi di pace, mentre ripenso alle feroci repressioni di cui sono stati teatro negli anni recenti. Gli alti edifici di vetro azzurro del lato est rappresentano la modernità cui il paese anela, il City Hall, la High Court, la Immanuel Baptist Church, dall’altro lato, sono i testimoni del passato coloniale.

SULE PAYA

Quasi snobbata e velocemente visitata (mi vergogno a dirlo). E’ stata l’ultima della serie, quando forse il mio entusiasmo era già in fase calante. Sicuramente parlo da ignorante, e da ingrata, nonchè incapace ad apprezzare.

AUNG SANG MARKET

Sinceramente, non ho capito l’utilità nel mantenere decine e decine di banchetti di oreficeria, tutti uguali, che vendono tutti le stesse identiche cose, e dove peraltro nessuno si azzarda a sganciare più di una manciata di dollari per comprare braccialettini di giada da spiaggia. Bisognerebbe essere pazzi, credo, a pensare che qui si possano fare affari, ed impegnarsi in spese importanti.

Datemi retta, fate altrove i vostri acquisti (vedere la voce “shopping”)

Utile per ammazzare il tempo se venisse a piovere, e per assaggiare i deliziosi flan cucinati da alcune signore (zona centrale al primo piano)

Partenza

Taxi 7000 MMK per l’aeroporto internazionale. Ore 8.30 volo Air Asia per Bangkok (68 Eu)

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Lago Inle



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