Assaggio di parigi
(N.B.: sono solo suggerimenti maturati sulla base della nostra personale esperienza, da prendere quindi con spirito critico, tenendo conto dei propri gusti e delle proprie esigenze) DORMIRE: Hotel Agora Saint Germain (42, rue des Bernardins): noi in realtà ne avevamo scelto un altro (il gemello Abbatial Saint Germain, dello stesso proprietario), siamo finiti lì per un disguido, ma comunque si trovano entrambi nel quartiere latino a 150 metri di distanza uno dall’altro. La strada su cui affaccia il primo (boulevard saint-Germain) è più bella e centrale. In questo ci siamo trovati benissimo per pulizia e cortesia del personale. L’ubicazione di entrambi è strategica: 200 mt dalla cattedrale di Notre Dame, fermata metro a due passi (Maubert-Mutualitè), 10 minuti dal Pantheon, imbarazzo della scelta fra panetterie, supermercati, bar e ristorantini nelle vicinanze, anche di cucina etnica.
MANGIARE: -Boulangerie-Patisserie Eric Kayser per la colazione o il pranzo al sacco. E’ una catena e ce ne sono diverse sparse in tutta la città. Uscendo dall’albergo, sulla sinistra, se ne trova una fantastica divisa in due locali: panetteria (per le baguette, il pane al formaggio ecc) e bar/pasticceria in cui poter prendere anche un discreto espresso.
Costo di 2 croissant + 2 caffé: 5 euro (contro gli 11 richiesti per la colazione in albergo); pain au fromage (mitico!!) 2,80 euro; baguette da 1,10 euro in su (da provare quella nera, con farina di segale!). Si trova al numero 8 di rue Monge.
-Le Coq’Agile per la cena: locale caratteristico, a conduzione famigliare molto piccolo e accogliente in cui si mangia benissimo. Menu a partire da 12 euro (antipasto, secondo+contorno, dolce) ma è possibile anche ordinare alla carta. E’ al 35 di rue Descartes (ci si arriva in 10 minuti a piedi dall’albergo, appena oltrepassato il Pantheon e poco prima di arrivare alla famosa rue de Mouffettard).
-Chez Clément: anche questa è una catena, noi siamo stati in quello situato in zona St.Michel (raggiungibile a piedi dall’albergo, in una ventina di minuti circa). Prezzi leggermente più alti (menu fissi a partire da 19 euro), ma servizio estremamente curato nonostante fosse molto affollato. Il locale è carino, arredato con gusto e caratterizzato da tavolini bassi tipo quelli da salotto e comode poltroncine al posto delle normali sedie. E’ un luogo in cui è piacevole trattenersi a chiacchierare anche dopo il pasto. La piazzetta su cui affaccia ha un che di fiabesco e ricorda vagamente la cittadina di Bruges: 9, Place St André-des-arts.
P.S.: superato l’imbarazzo iniziale, abbiamo trovato azzeccatissimo ed estremamente vantaggioso il consiglio, dato da molti altri viaggiatori su questo sito, di ordinare come bevanda, a parte vino o birra, della semplice “eau en caraffe”…Pena altrimenti vedersi addebitare sul conto 5 o 6 euro per una bottiglietta di minerale…A quel punto uno li spende per del vino o della birra, ma per l’acqua è davvero una presa in giro!! ABBONAMENTI MEZZI PUBBLICI: Sconsiglierei decisamente la Paris visit, almeno da quanto abbiamo potuto capire noi. Tornando indietro, considerando anche che a capodanno i mezzi pubblici per un giorno intero sono gratuiti e che girare a piedi è molto agevole, farei due biglietti singoli per la Rer (andata e ritorno dall’aeroporto) e un semplice carnet da 10 biglietti per la metro. Per ammortizzare la spesa dei 46 euro della paris visit avremmo infatti dovuto, oltre ai viaggi da e per l’aeroporto, farne almeno 6 al giorno in metro. E così non è stato…Suggerirei di valutare bene cosa si vuol fare, quindi studiarsi i vantaggi e i costi delle varie opzioni. Considerando anche che per un giorno si può valutare l’abbonamento a uno dei tanti traghetti di Batobus che solcano la Senna e che permettono di salire e scendere a piacimento per visitare i luoghi di interesse. Costo: 11 euro, validità un giorno intero. Fermata e biglietteria più vicina all’albergo: cattedrale di Notre Dame.
SOUVENIR: L’ultimo piano delle Galeries Lafayette è interamente dedicato ai souvenir: dalla torre Eiffel in tutte le salse e le grandezze, ai sottobicchieri decorati con immagini del Moulin Rouge, fino alle sfere con la neve dentro, passando per dolciumi e bottigliette di liquore, ma a noi i prezzi sono parsi decisamente più alti che in altre zone. Abbiamo l’abitudine di riportare una tazza da ogni luogo che visitiamo: la stessa che lì costava 15 euro, l’abbiamo vista a Rue de Rivoli a 7 e comprata in un negozietto lungo la Senna per 5…
DATI TECNICI: Periodo del viaggio: 29 dicembre 2008-02 gennaio 2009 Operativo voli: arrivo ore 9:10, ripartenza ore 20:10 (perfetto per poter sfruttare pienamente i 5 giorni) Costo totale del viaggio, comprensivo di volo aereo (prenotato Air France ma “rivelatosi” poi Alitalia), tasse, assicurazione, albergo (colazione esclusa): 1.043 a persona (prenotazione ad agosto su expedia) SITI CONSULTATI (oltre agli innumerevoli racconti di viaggio su TpC e ai siti specifici di monumenti, attrazioni e musei della città): -http://www.Ratp.Fr/ (per i mezzi pubblici) -http://www.Parismuseumpass.Com (per tariffe e ingressi cumulativi nei musei) -http://www.Parigiviaggi.It -http://en.Parisinfo.Com/
E questo è il resoconto…
29 DICEMBRE Aria gelida e sferzante, di quelle da non poter respirare senza affondare naso e bocca dentro una sciarpa calda, lastre di ghiaccio ovunque a ridosso dei marciapiedi, stalattiti che pendono dalle fontane, e un sole velato a incorniciare il tutto: Parigi ci appare così, all’alba del 29 dicembre, quando il nostro aereo (prenotato ad agosto!) atterra puntalissimo.
Da Internet abbiamo stampato una quantità industriale di appunti successivamente anche rilegati con cura e in una tasca dello zaino giacciono perfino una piccola guida acquistata per eccesso di scrupolo, insieme a un minuscolo dizionario italiano-francese, ma nessuno dei due, una volta giunti sul posto, sa esattamente cosa fare per raggiungere il centro… Gli appunti? Boh, sì li ho letti, mi pare sia da prendere la Rer B ma chi se lo ricorda più? Avvistiamo delle macchinette distributrici di biglietti per il treno ma ci pare troppo facile: davanti alla biglietteria con l’omino in carne e ossa si snoda una fila chilometrica, lì davanti invece non c’è praticamente nessuno…E infatti scopriamo che serve moneta spiccia (che naturalmente non abbiamo) o carta di credito, ma soprattutto che dagli aggeggi automatici è possibile acquistare soltanto biglietti singoli, nessun abbonamento. Dalla mente infreddolita e tutta presa dalle novità emerge il fioco ricordo di un possibile abbonamento da fare per 5 giorni…Ma costi, vantaggi e compagnia bella, proprio non mi sovvengono. Con un eroico e faticosissimo atto antipigrizia mi decido a sfilare un guanto e a cacciare dallo zaino perlomeno gli appunti e dopo una lettura sommaria conveniamo di optare per la Paris Visit estesa alle zone 1-6. Mai scelta si è rivelata più infruttuosa: 46 euro a testa letteralmente buttati al vento dato il costo esorbitante della stessa ma soprattutto gli eventi favorevoli di quei giorni non contemplati nei consigli di viaggio. Dalle 17:00 del 31 dicembre infatti alla stessa ora del 1° gennaio si viaggia gratis su tutti i mezzi pubblici…Ma questo lo apprenderemo solo in un secondo momento quando ci consoleremo al pensiero che se non altro, il piccolo e preziosissimo tagliando, si è rivelato di grande utilità tutte le volte che abbiamo preso la metro, senza dover stare a pensare alla trafila monete/macchinette/istruzioni/biglietti…
Saliamo sul treno della rer pieno di gente e in poco più di mezzora siamo in centro. Scendiamo alla fermata St.Michel da cui non fatichiamo a trovare il nostro albergo, Abbatial Saint Germain, anche quello prenotato in agosto. Il gentile omino della reception esita qualche secondo di troppo a trovare la nostra stanza, finché si illumina affermando tutto solerte che “ah…Ma non è qui! siete stati spostati nell’altro albergo, sempre di nostra proprietà, a 150 mt da qui!”. Davanti alle nostre facce perplesse ci rassicura dicendo che è stato appena rinnovato e che è sicuramente migliore di quello…Sarà, a noi una simile botta di fortuna pare un po’ improbabile, ma comunque riprendiamo i nostri trolley e ci rassegniamo a seguire l’omino sorridente in strada dove ci indica il vicino “Agora Saint Germain”. L’edificio si trova effettivamente a neanche due minuti dal primo, ma a differenza di quello, è arroccato su una stradina in salita e ha un aspetto decisamente meno invitante. L’altrettanto cortese signora della seconda hall ci dà il benvenuto con un largo sorriso consegnandoci le chiavi di una stanza al 3° piano e indicandoci l’ascensore. Quando si aprono le porte, una sola domanda ci guizza velocemente per la testa, ma evitiamo di enunciarla, tutti presi come siamo a compiere ogni manovra possibile per far stare nello strettissimo spazio noi due + due valigie + lo zaino, e alla fine, pur non avendo ben chiara la risposta, constatiamo che lì dentro, in qualche strano modo…Siamo riusciti ad entrarci! L’angusto corridoio su sui si riaprono le porte conduce a una stanza che quanto ad ampiezza non è più confortante, ma avevamo letto dell’esiguità dello spazio nelle camere degli alberghi francesi ed eravamo quindi in qualche modo preparati. Quello che invece proprio non ci aspettavamo è la finestra con una magnifica vista sul…Cortiletto interno, purtroppo in gran parte invisibile data l’impossibilità di affacciarsi più di tanto a causa del muro antistante…Scongiurando l’insorgere immediato di un attacco di claustrofobia, ridiscendiamo dalla gentile signora, lasciando però questa volta armi e bagagli dove sono, e chiediamo che almeno, visto il cambiamento di albergo non previsto (e senza nemmeno uno straccio di preavviso, pur avendolo prenotato con larghissimo anticipo), ci assegnino una stanza più confortevole, possibilmente con vista sulla strada, anche in mezzo al traffico, anche rumorosissima, purché…Si riesca a vedere almeno uno spicchio di cielo! Lei apre le braccia sconsolata, dicendo che no, le stanze sono tutte così, non ne esistono che affaccino sulla strada. Perplessi e non del tutto convinti, torniamo dall’omino dell’Abbatial, questa volta arrabbiandoci un pochino. Lui spiega che da circa un mese si è rotto l’impianto di aria condizionata e che per questo motivo il 5° e 6° piano sono inagibili, e i clienti sono stati dirottati sull’altro albergo, che comunque, ci ripete, è “decisamente migliore”. Non lo mettiamo in dubbio, ma noi quella camera che affaccia sul muro proprio non la vogliamo. Lui si mette al telefono, bofonchia qualcosa in francese di cui capiamo soltanto la parola “expedia” (siamo noi!!), un’attesa che dura qualche minuto, poi sorride ancora, mette una mano a coprire il microfono e ci chiede: “va bene una stanza al primo piano che affaccia sulla strada?” Urca, l’hanno costruita sul momento! “Sì sì è perfetta”, rispondiamo tutti contenti. Chiude la comunicazione e ci rispedisce dalla gentile signora, la quale ci accoglie per la seconda volta con un ennesimo scintillante sorriso, per nulla imbarazzato, cui noi rispondiamo prontamente celandoci dietro un “te possino!” a denti stretti e ci consegna le nuove chiavi. Recuperiamo i bagagli dallo sgabuzzino, pardon, dalla prima camera e finalmente entriamo in una stanza dalle dimensioni sempre molto ridotte ma questa volta luminosa, pulita, ben arredata e soprattutto estremamente accogliente, con un’ampia finestra, dotata di vasi di gerani e perfino di un minuscolo abete, che dà direttamente sull’ingresso dell’albergo. Rincuorati e soddisfatti, disfiamo i bagagli, ci rinfreschiamo e scendiamo in strada a goderci le meraviglie della capitale francese. Lo scherzetto della stanza ci è costato la bellezza di un paio di ore buone sacrificate a tutto ciò che invece avremmo potuto già visitare, ma alla fine, data la stanchezza dei giorni precedenti, data la voglia fortissima di fare niente, data la bella giornata di sole, nonostante il freddo, decidiamo di andarcene a zonzo senza meta per prendere confidenza con la città e goderci i visi della gente, gli scorci panoramici, la festosa e scintillante aria natalizia che occhieggia da ogni luminaria. Passiamo accanto alla imponente Cattedrale di Notre Dame, davanti alla quale staziona una fila di considerevole entità. Guardiamo su se riusciamo a scorgere almeno il profilo dei leggendari Gargoyles, così misteriosi, così affascinanti, ma l’altezza è notevole, e visto che oggi è all’insegna dell’ozio, tenteremo di entrare in un altro momento, con meno fila, magari svegliandoci presto domani mattina…Ci sfilano accanto, una dopo l’altra, la Sainte Chapelle, pure quella ambita da una fila a serpentone, e la Conciergerie, prima di svoltare su una strada laterale che ci porta dritti verso la Senna. Decidiamo di percorrerne la riva destra, ammirando i banchetti di librai e venditori di souvenir. Peccato non conoscere nemmeno mezza parola di francese: paiono nascondersi tesori in quella carta ingiallita, sulle copertine di vecchi libroni di fiabe, tra le pagine un po’ irrigidite di vecchi fumetti dall’aspetto stropicciato. E poi antichi 45 giri, locandine di film, attestati, medaglie, cartoline e biglietti d’auguri scritti da chissà chi, chissà quando. Sembra un po’ di passeggiare per il lungotevere dei librai, con la differenza però che qui affianco anziché il Tevere scorre la Senna, che questo tratto non lo stiamo percorrendo per andare al lavoro e che le copertine e i biglietti sono scritti in una lingua sconosciuta che conferisce loro un alone decisamente più misterioso e affascinante…Giungiamo nei pressi del Louvre dove da un’ entrata laterale ci addentriamo nel cortile della piramide di vetro. Le fontane circostanti zampillano a fatica fiotti di acqua ghiacciata e sulle parti nascoste dal sole è tutto un lago cristallizzato. Siamo arrivati a Parigi non prendendo nemmeno in considerazione l’idea di visitare il Louvre. Perchè sono solo 4 giorni, perchè è capodanno e c’è una folla oceanica, perchè non si può volere tutto e un assaggio al volo, di questo, non ci basterebbe…Siamo a Parigi per godercela così com’è, senza pretese, consapevoli di una visione molto sommaria e nulla più, decisi, già prima di arrivare, a volerci tornare in un periodo più tranquillo, meno freddo, ugualmente affascinante. Percorriamo i giardini delle Tuileries, pieni di statue di donne un po’ in sovrappeso e di fontane con le stalattiti, di bambini imbacuccati e di piccioni e cornacchie alla ricerca di briciole abbandonate. In Place de la Concorde, imponente, sterminata, gettiamo un occhio verso la sommità della ruota panoramica, allestita forse per le feste natalizie, che rovina un po’ il panorama di giorno ma vi si integra perfettamente al calar del buio, quando si accende delle stesse lucine blu che ornano le interminabili file di alberi degli Champs Élysées. Facciamo appena in tempo a fotografare gli inserti dorati dell’obelisco che la batteria della digitale ci abbandona. Anche di questo eravamo consapevoli: nemmeno ci siamo preoccupati di ricaricarla, desiderosi come eravamo, per una volta, di un viaggio in assoluta “scioltezza”…Riprendiamo ancora il lungosenna, questa volta con il fiume che ci scorre sulla destra, pieno di battelli e traghetti stipati di persone in piedi che fotografano tutto. Passiamo davanti al “palazzo con l’erba intorno”, ma ahimé non possiamo immortalarlo; scorgiamo da lontano le cupole di vetro del Grand Palais che tanto lo fanno somigliare a delle belle serre, come quelle del padiglione cinese di Bruxelles o quella delle farfalle dell’Hoffburg di Vienna.
Un obiettivo, nel vagabondare senza meta di questo pomeriggio, in realtà ce lo abbiamo: è vedere lei, la torre, il gigante di ferro che sovrasta la città! Ne scorgiamo la vetta già durante la nostra passeggiata, ma nulla fa presagire la sua reale maestosità e solo trovandosi sotto, accanto a una delle sue “zampe” e col naso in su, si riesce, vagamente, a intuirne l’altezza. La fila davanti alla Tour Eiffel è davvero improponibile e ci strappa un sorriso ironico: davanti alle due biglietterie si snodano delle serpentine già piuttosto lunghe ma l’impresa non è compiere quelle: è arrivarci!!! Perchè molto prima di loro c’è un serpentone gigantesco che arriva a toccare confini indicibili…Ci rassegniamo ad ammirarla così, almeno per il momento, rimandando a uno dei giorni seguenti la fioca speranza di raggiungerne la sommità…Decidiamo intanto di affrontare la fila, ben più modesta, davanti all’unico baracchino che vende dolciumi e hot dog. Sono le 3, la fame si fa sentire, il freddo richiama energie da ogni parte e un hot dog bollente ci pare un miraggio. Mezzora di attesa e ne agguantiamo due fumanti per la modica cifra di 11euro (dopotutto siamo pur sempre sotto la torre Eiffel, come pretendere meno?), o almeno così mi pare, visto che quello di Fabio, il tizio del chioschetto ha fatto solo finta di scaldarlo: è freddo! Più freddo del clima circostante! Mormoro un sincero “oh mi dispiace”, sfodero perfino un’aria contrita e partecipe, mentre tutta felice che non sia capitato a me, addento il mio rigenerante paninozzo caldo caldo!! Ah l’amore…Cosa sarebbe se non, per esempio, adattarsi a mangiare un hot dog freddo davanti alla gioia malcelata dell’Amato bene graziato da tanta ingiustizia?? Rinfrancati (chi nella pancia, chi nello spirito…) riprendiamo la nostra passeggiata che ci riconduce, lentamente, verso l’albergo. Il freddo è pungente, siamo in piedi dalle 3 di stanotte e un riposino è quello che ci vuole. Una volta giunti in albergo però decidiamo di sforzarci di studiare un po’ la cartina della città, più che altro per capire quello che possiamo vedere il giorno seguente e come muoverci. Stiliamo un programma di massima finché crolliamo sfiniti…
Ci risvegliamo che è ora di cena e imbacuccati e ancora più infreddoliti ci mettiamo in cerca di un ristorante diretti nella leggendaria rue Mouffettard di cui parlano tanti viaggiatori. Non facciamo in tempo a raggiungerla che la nostra attenzione è catturata da un locale piccolo, carinissimo, davanti al quale un cartello promette “solo cucina tradizionale”. Il rischio è notevole, ma noi siamo coraggiosi e ci piace assaggiare la cucina locale, così entriamo, salutiamo una simpatica ragazzetta dagli splendidi capelli lunghissimi e ci accomodiamo scegliendo due menu completi: antipasto a base di crostini con sopra non-so-bene-quale-patè, pollo grigliato con salsa di funghi accompagnato da patatine fritte e una deliziosa tarte tatin per me. Fabio invece gioca pesante e ordina una fondue di formaggi locali (selezione di tre tipi) + una paradisiaca crème brulée a seguire. Soddisfatti e rimpinzati, decidiamo di concederci un giro notturno sugli Champs Élysées che però raggiungiamo in metro. Il colpo d’occhio una volta usciti dai sotterranei è veramente mozzafiato: avvolto nell’atmosfera calda e scintillante delle luminarie natalizie, la vista del viale fa dimenticare in fretta il gelo dei 6 gradi sotto zero…O perlomeno lo rende leggermente più sopportabile! Con coraggio sfiliamo le mani dai guanti per immortalare l’Arco di trionfo, quindi azzardiamo una passeggiata che ben presto ci rapisce in un vortice di colori e guizzi luminosi. A colpirci però sono anche le vetrine dei negozi: dalle auto parcheggiate “appese” al muro del caffè Renault, all’orso a grandezza naturale del negozio di abbigliamento, fino ai due ingressi monumentali, interamente addobbati di rosso, della maison Cartier.
30 DICEMBRE Il tempo dalla finestra dell’albergo, contrariamente alla grazia di ieri, si preannuncia uggioso e freddissimo. Le previsioni meteo, consultate fino al giorno prima, e che davano come certissimi cielo sereno e sole spaccapietre almeno fino al 2 gennaio…Anche questa volta hanno toppato! Abbiamo puntato la sveglia relativamente presto con la ferma intenzione di metterci in fila per la Torre Eiffel. Dopo una ricca colazione a base di croissant e pain au chocolat da Kayser, ci attardiamo a gironzolare tra i banchi in allestimento di un mercato poco distante. Pesce, formaggi, lumache e poi frutta, dolciumi: tutto a sfidare il gelo del mattino e disposto in file ordinate da sapienti mani sull’orlo dell’assideramento. Notiamo che la città si sveglia tardi: il mercato, che da noi è pronto già dalle 7, qui, alle 9 passate, è ancora da finire. Giunti alla torre con un cambio di due metro ci mettiamo in fila (già considerevole) davanti alle serpentine ancora chiuse. Troviamo questo piuttosto strano visto che l’orario di apertura è passato da un po’, ma il mistero è presto svelato origliando da una signora andata a informarsi e tornata indietro a darne notizie al suo gruppo: l’accesso alla torre per il momento è bloccato a causa del gelo, non si sa quando riaprirà! La gente si guarda perplessa ma decide ugualmente di non abbandonare il proprio posto, che dopo l’arrivo di fiotti di altre persone, ora al confronto appare un po’ meno scoraggiante. Noi invece decidiamo di abbandonare l’impresa: scattiamo qualche foto da ogni angolazione e ci dirigiamo mesti verso il complesso di Les Invalides. La via per raggiungerlo (parallela al lungofiume) è carina e piena di bei negozietti, peccato per il cielo sempre più grigio e la pioggia che inizia ad annunciarsi…
Alla biglietteria del complesso non troviamo alcuna fila e come prima cosa decidiamo di vedere la tomba di Napoleone, nonostante l’ingresso comprenda anche la visita al museo delle armi. Maestoso, imponente, grandissimo, il sarcofago di porfido che contiene altre 5 bare a proteggere il corpo dell’illustre condottiero, occupa tutta la visuale sottostante la magnifica cupola: riempie talmente la scena che della vicina tomba del figlio, morto a Vienna nel 1832, noi nemmeno ci accorgiamo…Ma ne apprenderemo la presenza solo a posteriori, rileggendo gli appunti…
Scendiamo nella cripta ad ammirarla da vicino e le giriamo attorno. Tornando su notiamo, sul lato sinistro, un monumento funebre rappresentato da un gruppo di 8 militari in divisa che reggono in spalla una bara: la luce azzurrognola proveniente da una vetrata laterale conferisce all’insieme un che di spettrale ma ricco di fascino. La visita al museo delle armi ci porta via un’ora buona tra parte riservata alla prima e parte alla seconda guerra mondiale. Suggestivo e ben organizzato, restiamo di stucco davanti a un cartellone con il bilancio planetario delle perdite di uomini subite da ciascuna nazione. Fuori ha preso a piovere più intensamente. Fotografiamo divertiti la divisa di un rappresentante della gendarmerie di guardia al cancello, quindi ci incamminiamo verso l’antistante fermata della metro dove è in corso una manifestazione di protesta. Un uomo parla da un palco improvvisato, acclamato da una piccola folla che agita bandiere e striscioni mentre altri tre individui inscenano un episodio di impiccagione e si lasciano fotografare mettendosi perfino in posa! Con la metro facciamo un salto in piazza della Bastiglia dove immortaliamo la Colonne de Juillet prima di risalire in metro e dirigerci verso il nostro albergo, che raggiungeremo non prima di aver visitato il Pantheon. L’orario è propizio: sono quasi le 2, la gente è a mangiare e alla biglietteria la fila è molto ragionevole…Vediamo i tizi che ci precedono tirare fuori timidamente la paris visit e ottenere uno sconto sul biglietto, ci guardiamo perplessi sbrigandoci a imitarli e pensando che allora a qualcos’altro serve quel prezioso tagliando!! Il Pantheon ci sorprende per bellezza e visioni suggestive: al centro troneggia, nel suo moto perpetuo il famoso pendolo di Focault, una sfera di 28 kg appesa a un filo lungo 67 metri che scende dalla cupola. Restiamo a fissarne il movimento rapiti e pieni di curiosità, quindi scendiamo nella cripta cui si accede da una lunga scalinata in cui le luci si fanno più fioche e discrete. Sfilano le tombe di famosi personaggi della storia francese: da Voltaire a Rousseau, da Marat a Braille, fino ai coniugi Pierre e Marie Curie, quest’ultima unica donna ad aver avuto sepoltura qui dentro. Le tombe sono spoglie e disadorne: non un fiore, non una corona tranne che su una piccolissima minoranza. Una signora a guardia dei lunghi corridoi invita al silenzio con sibili sonori che fanno più rumore del brusio indistinto di tutti i visitatori messi insieme…Uscendo andiamo dritti verso il ristorantino di ieri sera, che tanto c’è piaciuto, ma ahimè…Lo troviamo desolatamente chiuso, cosicché –purtroppo- ripieghiamo sul locale immediatamente successivo e mangiamo a denti stretti cercando di ignorare l’approssimazione davvero evidente della pulizia, la svogliatezza del cameriere, la vista inevitabile del termosifone poco distante che perde acqua da ogni parte e costringe il personale a passare e ripassare con secchi e stracci neri come la pece…
Terminato il singolare banchetto, guardiamo fuori dalla vetrate il tempo sempre più imbronciato e sempre più piovoso, stabilendo perciò di dedicare il pomeriggio alla visita di un centro commerciale. La scelta cade sulle Galeries Lafayette in cui ci accoglie un caldo sovrumano, da serra equatoriale. Sarà la differenza abnorme col freddo esterno, sarà che i 6 piani rigurgitano di gente affannata e intenta allo shopping, ma a noi questo edificio, alle soglie del nuovo anno, sembra più un formicaio in piena attività che un agglomerato di negozi. Ci spogliamo del superfluo mentre vorremmo trovarci proprio in costume da bagno e a fatica ci facciamo largo tra la folla riuscendo miracolosamente a trovare le scale mobili per raggiungere l’ultimo piano, i 4000 mq di souvenir…Lì se mai fosse possibile, la gente è anche di più: solo che parla quasi interamente italiano; si chiama da una parte all’altra, si spintona, si consulta a distanza (urlando per superare il fragore) sul pensierino da portare a Tizio o a Caio. Gironzoliamo buttandoci nella mischia e cercando di afferrare anche noi qualche oggetto per poterlo rigirare sottosopra e saperne così il prezzo, fino a quando, al colmo del surriscaldamento, raccogliamo le energie appena sufficienti a scattare un paio di foto al nucleo centrale, con la cupola e l’albero di Natale alto 20 metri, e riscendiamo giù impazienti di guadagnare l’uscita. Una volta in strada anche il clima esterno ci pare meno freddo ma quasi simultaneamente mi esplode un mal di gola pazzesco che accende una luce sinistra sui rimanenti due giorni parigini…Faccio finta di niente e mi dedico ad ammirare il colpo d’occhio delle luminarie di questo edificio: un tocco orientaleggiante per un numero incalcolabile di lucine a intermittenza…
Incantevole, anche se nemmeno lontanamente paragonabile allo sfavilìo che ammireremo di lì a poco, arroccati sul parapetto del Trocadero, proprio in faccia alla Tour Eiffel. Giungiamo lì, naturalmente, che sono passati giusto venti minuti dallo scoccare delle 18: ce ne attendono quindi altri 40 prima di riuscire a vedere le ulteriori 20000 lucine di cui si accende la torre a ogni scoccare di ora, ma l’attesa viene abbondantemente ripagata da uno spettacolo che lascia senza fiato, dove anche i rumori sembrano attutirsi, il brusio arrestarsi, il mondo intorno fermarsi ad ammirare quello scintillio che rapisce.
31 DICEMBRE Il mal di gola si fa sempre più pressante, in maniera direttamente proporzionale al peggioramento inarrestabile del tempo. Ma siamo a Parigi e le cose da vedere sono ancora moltissime! Dopo la solita colazione da Kayser (con l’accortezza di evitare di esprimerci a gesti e sforzarci invece di enunciare nello scarsissimo francese che conosciamo il tipo di croissant desiderato, pena il vedersi prendere a male occhiate dalla commessa…) andiamo dritti alla cattedrale di Notre Dame con la ferma intenzione, dopo un giro panoramico all’interno, di affrontare qualunque fila per accedere alle torri. Svoltato l’angolo però, vediamo infrangersi l’ambizioso proposito su un cartello che avverte che le stesse sono “momentaneamente” chiuse a causa del ghiaccio. E due! Non del tutto convinti di non essere su una puntata di Scherzi a parte, ripieghiamo sulla passeggiata verso l’Hotel de Ville. La giostra antistante sa di dolce e di antico, alle 9 del mattino c’è già gente che compra zucchero filato o sfreccia sulla vicina pista di pattinaggio. Proseguiamo verso il Beaubourg, dove osserviamo curiosi la coloratissima fontana, animata da strambi personaggi, i cui meccanismi sono però rallentati da lastroni di ghiaccio che penzolano da tutte le parti o galleggiano sull’acqua stantia. Agli omini di ferro tuttavia questa semimmobilità, questo moto stentato, donano perfino di più…Dopo qualche foto comprensiva delle sedie a forma di labbra di un caffè nelle vicinanze, riprendiamo la metro per scendere in rue de Rivoli e farci una passeggiata fino al quartiere dell’Opéra. La fermata metro in questione, con le sue teche e le sue statue, è un assaggio bizzarro e inatteso del museo sovrastante, perciò…Fotografiamo pure quella! La passeggiata nella famosa via dei portici si compone di svariate soste per l’acquisto di souvenir e cartoline e una volta lasciata quella, iniziamo a scorgere l’imponente e bellissimo edificio che ospita il teatro. Percorriamo il viale su cui domina incontrastato facendo altre soste per mangiarci un secondo croissant in un’altra appetitosissima boulangerie, fotografare la vetrina di una boutique tutta rosa, immortalare la “scuderia Ferrari” con i modellini in miniatura esposti davanti all’entrata. Ammirato il maestoso palazzo dell’Opéra, proseguiamo verso la chiesa della Madeleine, che però troviamo chiusa. Così indugiamo un po’ davanti alle vetrine di quel tempio della pasticceria di lusso che è Fauchon, sgranando gli occhi davanti a scatole di cioccolatini e gelatine di frutta da oltre 300 euro e gironzolando sempre più incuriositi, fra i preziosi scaffali presidiati da guardiani severissimi…Poco prima di arrivare qui abbiamo fatto una capatina anche alla Maison du chocolat, dove l’odore intenso di cioccolato inebria non appena si schiudono le porte e una schiera di commessi in giacca e cravatta servono la clientela da dietro banconi stracolmi di fantasmagorie dolciarie. Un paradiso per gli occhi, un po’ meno per il portafogli ma sicuramente da vedere e assaporare almeno col naso! Tornando verso l’albergo becchiamo al volo un supermercato dove facciamo rifornimento di acqua, salumi e frutta. Oggi il pranzo sarà al sacco, ma naturalmente senza rinunciare alle prelibate baguette di Kayser. La fila davanti alla panetteria arriva sul marciapiedi antistante ma questo, come scopriremo pian piano, succede un po’ a tutte le ore. Diligentemente in fila per uno, i clienti vengono tuttavia serviti abbastanza in fretta dato l’alto numero di commessi dietro al bancone e la sveltezza con cui si muovono. Acquistiamo la famosa baguette nera, appena sfornata, più un pain au fromage da svenire; saliamo in camera e allestiamo il nostro pranzetto parigino suggellandolo con un italianissimo caffè espresso preparato con la moka e il fornelletto elettrico da viaggio posizionato sul bidoncino di latta per la spazzatura, rovesciato… Fidi e inseparabili compagni di viaggio da tempi ormai immemorabili, il signor Fornelletto e la signorina Moka hanno viaggiato con noi un po’ ovunque: dal Kenya alla Tanzania, dal Marocco all’Egitto e ancora su e giù per l’Europa, in anni di onoratissimo servizio, senza mai deluderci. Nicchia segreta e irrinunciabile di abitudini famigliari e sapori casalinghi, tra un assaggio e l’altro di “espressi” locali…
Rifocillati a dovere usciamo di nuovo, tra il cielo e la pioggia onnipresenti in un’accoppiata a quanto pare inscindibile, e ci mettiamo in viaggio verso la collina di Montmartre. Saliamo al Sacré Coeur con la funicolare (sfoggiando orgogliosi la nostra quasi immacolata paris visit!!), davanti alla quale, nonostante il cospicuo numero di persone in coda, l’attesa non si protrae oltre i 10 minuti. Sugli scalini antistanti l’enorme e bellissima basilica, staziona una folla variopinta intenta alle più varie attività: chi assiste al concerto improvvisato di un cantante rap, chi ai prodigi calcistici di un ragazzotto in bilico su un muretto, chi cerca di svicolare dall’assillo di venditori di varia mercanzia. L’atmosfera è davvero particolare: l’impressione è quella di trovarsi in un mercato, più che sulla collina di un luogo sacro, ma indubbiamente il fascino risiede anche in questo. Facendoci largo tra l’assembramento di gente riusciamo a raggiungere l’ingresso della chiesa, ma appena mettiamo il naso dentro, ingenuamente con la digitale appesa al collo, ci sentiamo intimare di riporla nelle tasche e di non scattare foto per nessun motivo al mondo. Obbediamo con un po’ di dispiacere ma in fondo trovando giusta la regola. Almeno fino a quando non notiamo, con una punta di sarcasmo, che all’interno della chiesa, come in molte altre di Parigi, stazionano delle macchinette automatiche da cui è possibile acquistare monete da collezione, che i ceri votivi da “offrire” hanno un listino prezzi dai 2 euro in su, che sul lato destro della cattedrale (proprio al suo interno!!) si aprono le porte di un negozio di libri e souvenir, che il tanto decantato rispetto consistente per esempio nel non scattare foto, ha un’interpretazione tutta personale che sfocia nel commercio discutibile condotto all’interno di questo strano posto…La bellezza del luogo non ne viene offuscata, ma una punta di delusione ci fa sorridere con amarezza di fronte a quello che ci appare come un modo di fare piuttosto ipocrita.
Una volta fuori imbocchiamo il viale prospiciente la scalinata, ricolmo di negozietti e di gente che li visita. Cediamo al richiamo di una crepe ripiena di nutella fumante che pur non rivelandosi una delle migliori assaggiate, appaga ugualmente la nostra voglia di dolce ma soprattutto di conforto per il freddo intensissimo!! Scendiamo verso Pigalle raggiungendo il famoso Moulin Rouge, scintillante di locandine che promuovono spettacoli ed eventi per la notte più lunga dell’anno. Passeggiamo divertiti fra sexy shop e supermercati dell’eros dalle insegne ammiccanti, come in un curioso e insolito luna park, dove la sensazione prevalente è quella di un quartiere fatto di gioco e ironia, senza morbosità e tutto sommato pulito, almeno al confronto di certe zone di altre città, dove magari non esiste un viale con questi locali uno in fila all’altro, ma spettacoli di altra e ben più triste natura.
Il pomeriggio dell’ultimo giorno dell’anno si conclude con una breve sosta in albergo, seguita da un’ottima cena al nostro ormai affezionatissimo Coq’Agile, a base di coq au vin e crème brulée, innaffiati da una rinvigorente bottiglia di Bordeaux e suggellati da un espresso “ristretto” della casa tutto sommato gradevole. L’atmosfera è calda e conviviale, il cuoco esce spesso dalle cucine per venirci a chiedere come va e sforzandosi, lui, di pronunciare qualche parola di italiano, a sfatare il mito del nazionalismo sfrenato di questo popolo e della sua scarsa simpatia. Ce ne congediamo a malincuore una volta arrivate le 11, ma l’intento è quello di trascorrere il passaggio al nuovo anno sulla spianata degli Champs Élysées. In realtà siamo stati fino all’ultimo indecisi se dirigerci al Trocadero, ma su consiglio di più di una persona ripieghiamo sulla via più famosa dove pare si svolgano i più importanti festeggiamenti. Arriviamo a una fermata della metro stipatissima di persone e dobbiamo lasciare andare via tre treni prima di riuscire a entrare anche noi. La promiscuità dei vagoni stipati all’inverosimile favorisce incontri e conoscenze fugaci con altri italiani. Il tempo di uno scambio di battute, il soffio di una caramella che cade a terra nel maldestro e forse troppo ambizioso tentativo di mettersela in bocca fra quella bolgia infernale… Riguadagnata la superficie veniamo trascinati da una folla oceanica diretta sul lungo viale, percorso da altri fiumi di persone che transitano alternativamente nei due sensi di marcia per raggiungere non capiamo bene quale luogo. Ci rifugiamo davanti all’entrata di Cartier e attendiamo lì lo scoccare della mezzanotte, da cui ci dividono appena 15 minuti. L’Arco di Trionfo, che svetta sulla miriade di teste assembrate in un formicolio incessante, rifulge di tutta la sua maestosità e sprigiona un fascino se possibile ancora più forte, avvolto com’è nella magia di questa notte speciale. Siamo curiosi di sapere cosa avverrà, se ci sarà un conto alla rovescia generale, dei fuochi, l’esplosione di un boato di gioia. Ma, ahimé, ci accorgiamo quasi per caso che la mezzanotte è arrivata così, in sordina, quasi in punta di piedi, sottolineata soltanto da un tintinnare di bicchieri “veri” che alcune coppie previdenti, intorno a noi, hanno portato con sè insieme a una bottiglietta da stappare. Niente altro. Guardiamo l’orologio per accertarci che sia veramente scoccata la mezzanotte, mentre indugiamo ancora nell’attesa fiduciosa del piccolo boato di qualche innocuo petardo, del bagliore di una stella filante, dello scoppiettio di una irrisoria miccetta!!! Niente di tutto ciò: a Parigi il capodanno si saluta in silenzio, composti, senza nemmeno troppo fragore. Solo il brusio di fiumane di gente che va da una parte all’altra del lungo viale addobbato. E dei timidi fuochi sparati dal balcone di un condominio su una via laterale…
Ma questo capodanno per noi è speciale di suo e nel bacio che lo suggella c’è tutto il rumore della trepidante attesa del matrimonio che verrà. Un flash back di immagini avvia il rotolio confuso di pensieri inarrestabili: i fiori, l’anello, il borgo antico, la richiesta ufficiale, l’emozione fortissima. E mille volte sì…Il silenzioso capodanno parigino fa dunque da contraltare ai battiti accelerati dei nostri cuori! Tornando verso l’albergo ci chiediamo cosa sarà successo alla Torre Eiffel, se hanno festeggiato in modo diverso, poi la scorgiamo dal vetro della metropolitana risalita per un breve tratto in superficie: ha cambiato colore, da blu elettrico con le stelle della comunità europea si è tinta di un luminosissimo giallo oro che la rende, se possibile, ancora più magica.
1° GENNAIO: Ci alziamo alle 8 con il suono della sveglia e la città, specialmente oggi, dorme ancora. Il tempo è un misto di nevischio e nebbia fitta: a malapena si scorge il campanile della chiesa poco distante. Fa come al solito molto freddo, con in più l’aggravante della forte umidità. Kayser è aperto anche oggi, per la nostra felicità e subito dopo colazione partiamo verso il quartiere della Defénse.
Il paesaggio che ci accoglie, immobile e completamente immerso nella nebbia, ha un che di surreale: dei grattacieli non si vede la fine, la spianata su cui svetta il Grand arche è visibile per metà e lo stesso, mastodontico edificio, sembra una costruzione di Lego messa lì per caso. Il suo fascino risiede nella sua imponenza, pienamente intuibile solo da un confronto con le costruzioni che lo circondano. Ci dobbiamo allontanare parecchio per riuscire a farlo stare nelle foto, ma a causa della nebbia, l’immagine che ne scaturirà sarà quella di un enorme arco stilizzato, avvolto in una nube densa di fumo che ne confonde perfino i contorni.
Da un arco all’altro: riprendiamo la metro per andare a vedere quello di Trionfo “il giorno dopo”. Bello come sempre, svetta sugli Champs Élysées spenti e addormentati, vuoti e pieni di malinconia.
Facciamo una puntatina in place Vendome, addobbata con tendine di luci argentate che pendono dai balconi e futuristici alberi di natale bianchi fatti di tubi di plastica pieni di porporina, assemblati insieme.
Questo è tutto quello che riusciamo a vedere di Parigi in questo prima giorno del nuovo anno: dopodichè torniamo in albergo per una sosta dovuta a uno strano malessere diffuso e mi ritrovo a letto con 38 e mezzo di febbre!! La stessa non impedirà uno spuntino a base della mitica baguette (questa volta bianca) e di una fetta di torta di pasta sfoglia e composta di mele…
2 GENNAIO: Ultimo giorno di permanenza: la febbre per fortuna è scesa. Mentre ci prepariamo vediamo dalla finestra scendere candidi fiocchi di neve che in breve imbiancano le macchine parcheggiate. Lasciamo i bagagli in albergo, dopo aver riconsegnato le chiavi della stanza e andiamo dritti alla fermata del Batobus “sotto” la cattedrale di Notre Dame. La temperatura è stranamente gradevole, soprattutto c’è un pallido ma tenace spiraglio di sole a regalarci finalmente la visione di una Parigi più luminosa. In questi giorni infatti è come se l’avessimo sempre vista di sera, costantemente sotto un cielo nero e carico di pioggia. Il giro sul battello è piacevole e romantico e allevia (anche se non del tutto) il dispiacere di non averlo potuto compiere il giorno precedente. Riusciamo perfino a scorgere il Palais de Tokyo, sul quale svetta l’unica camera di cui si compone lo stravagante Hotel Everland, esempio di architettura nomade, appena giunto qui da Lipsia e in attesa di andarsene in giro per altre città…
Scendiamo alla fermata Jardin des Plantes, sperando di poter visitare gli stessi, ma ci accorgiamo che in realtà si trovano parecchio distanti da dove si ferma il battello, dunque aspettiamo il successivo, gironzolando un po’ per le vicinanze e risaliamo diretti questa volta alla Tour Eiffel. Qui la fermata è esattamente ai suoi piedi, ma noi la vogliamo ammirare in tutto il suo splendore, dunque attraversiamo il ponte e saliamo su al Trocadero per scattare le ultime foto e salutarla come si deve. S’è fatta quasi l’ora di pranzo e decidiamo quindi di riavvicinarci verso il quartiere di Saint Germain des Prés anche per visitarne la chiesa che però, ahimé, tanto per cambiare, troviamo chiusa! Tra chez Leòn di “brusselliana” memoria e chez Clemènt incrociato per sbaglio questa mattina, decidiamo per quest’ultimo come luogo in cui consumare il nostro ultimo pasto parigino. Il locale è pieno di gente, ma aspettiamo solo una decina di minuti prima che ci venga assegnato un tavolinetto in una sala un po’ appartata che affaccia direttamente sulla bellissima e minuscola piazza St André-des-arts. Prendiamo due menu da 26 euro, gustando degli ottimi raviolini di pesce serviti come antipasto, insieme a delle caramelle di sfoglia fritta e ripiena di formaggio e mele, più una porzione di anatra all’arancia e una di salmone alla griglia accompagnati la prima da un purè e il secondo da un misto di verdure saltate al burro. Concludiamo con il dessert: l’immancabile crème brulée per Fabio e un godurioso cestino di cialda contenente due palline di gelato ai gusti cioccolato e fragola, sormontate da una nuvola di panna montata decorata con gelatine di frutta e cilindretti di marshmallow ricoperti di cioccolato!! Un inaspettato (perchè ho ordinato sulla base della fascinazione del nome, senza sapere di cosa si trattasse!!) e graditissimo ritorno all’infanzia…
Torniamo verso l’albergo a recuperare i bagagli ma facciamo una nostalgica sosta da Kayser per acquistare il dolce di sfoglia e mele e il pane al formaggio, da riportare in Italia.
Con i nostri trolley al seguito ci incamminiamo mesti verso la fermata metro St Michel, per prendere nuovamente la Rer B. Infiliamo per l’ultima volta il talloncino della paris visit nei tornelli e per fortuna non lo buttiamo via, dal momento che come scopriremo poi, anche all’aeroporto ci servirà pure per uscire!! Arriviamo al terminal 2 diligentemente due ore prima del volo, che tuttavia, scopriamo presto avere un ritardo di un’ora. Poco male: ai banchi del check-in c’è fila e i controlli al metal detector sono lunghi e scrupolosi, tanto che chiedono a tutti indistintamente, bambini compresi, perfino di togliere le scarpe. Si conclude così il nostro breve assaggio di Parigi, con la consapevolezza di averne avuto solo una visione superficiale e l’intenzione di tornare un giorno a visitarla per bene. Ma soprattutto, con la gioia incontenibile dell’appuntamento al 24 luglio, quando avrà inizio il viaggio più bello e importante della nostra vita a due…
Luna