Aruba

Erano anni che "puntavo" Aruba come possibile meta di vacanza, poi prendevo i cataloghi, guardavo i prezzi e… archiviavo per tempi economicamente migliori, rivolgendomi a destinazioni caraibiche più “commerciali”. Quest’anno ce l’abbiamo fatta.
Scritto da: Stefania C.
aruba
Partenza il: 06/07/2006
Ritorno il: 18/07/2006
Viaggiatori: fino a 6
Erano anni che “puntavo” Aruba come possibile meta di vacanza, poi prendevo i cataloghi, guardavo i prezzi e… archiviavo per tempi economicamente migliori, rivolgendomi a destinazioni caraibiche più “commerciali”. Quest’anno ce l’abbiamo fatta. Grazie ad un time-sharing, abbiamo prenotato 2 settimane di vacanza a luglio, un volo KLM Roma-Amsterdam-Oranjestad e…via! Dopo la stagione degli uragani 2005, andare in un’isola che non presenta questo tipo di pericoli era già un buon inizio. Per prima cosa mi ha colpito il vento. L’isola è battuta dagli alisei e i primi giorni per me sono stati un po’ fastidiosi, poi mi sono abituata. Il lato positivo è che il vento tiene lontane le zanzare, e anche le nuvole, che corrono nel cielo velocemente riducendo il rischio pioggia. Chi desidera la classica isola dei Carabi, rigogliosa di palme e foreste, cambi destinazione: Aruba è piuttosto desertica. La costa est è rocciosa, battuta dall’oceano dai colori scuri. Fortemente sconsigliato –se non addirittura proibito- immergersi in quelle acque violente. Ma vale la pena di fare un salto anche da questa parte dell’isola, che ha comunque un suo fascino per il paesaggio selvaggio e “lunare”. Il famoso Natural Bridge è crollato, ma si possono ammirare tanti altri capolavori creati dal mare che modella le rocce su cui si infrange. Per chi vuole visitare la Natural Pool, indispensabile un fuoristrada. Noi avevamo noleggiato un’automobile e non ci siamo potuti arrivare perché la strada è particolarmente sconnessa. Tutte le strutture turistiche sono sulla costa ovest, più riparata, con spiagge orlate di palme (piantate ad hoc? Il resto dell’isola è così desertico da far venire qualche dubbio sull’origine della vegetazione di questa zona). La costa ovest è un susseguirsi di spiagge e baie, spesso deserte, o talvolta attrezzate con ombrelloni di paglia per i turisti “di passaggio”. All’estremo sud, Baby Beach è una splendida laguna con un “canale” di collegamento all’oceano in cui è emozionante fare snorkeling. Peccato che il paesaggio “maldiviano” sia guastato da una raffineria di petrolio alle sue spalle. Qui si possono affittare lettini ed ombrelloni, per la verità un po’ cari (ma meno che in Italia). Proseguendo verso nord sulla costa, oltrepassata Oranjestad, inizia la zona degli alberghi. Il nostro era sulla famosa Eagle Beach, che pare sia considerata una delle 10 spiagge più belle del mondo. Gli alberghi su Eagle Beach hanno solo uno svantaggio: dalla struttura principale, per arrivare in spiaggia occorre attraversare una strada (secondaria, ma pur sempre una strada). Noi abbiamo una bimba di 10 anni che in Italia non aveva mai attraversato la strada da sola prima (e nemmeno dopo!), quindi abbiamo “sperimentato” attraversamenti per una mezza giornata (come tutti i bambini, era attirata più dalla piscina che dal mare e continuava ad andare avanti e indietro) e poi ci siamo rilassati lasciandola muovere in autonomia: tutti guidano con prudenza e si fermano per lasciar attraversare i pedoni. Dopo Eagle Beach c’è Palm Beach (dove si concentrano gli alberghi delle grandi catene americane con impatto ambientale devastante), al termine della quale inizia Fisherman’s Hut, la spiaggia dei surfisti, come colori del mare secondo me la più bella. Segue una zona, lunga qualche chilometro, di calette rocciose molto suggestive e infine, verso la punta nord dell’isola, ecco Harashi Beach, con le sue piccole divertenti onde (e i nidi di tartaruga transennati!). Noi abbiamo noleggiato un’auto per 3 giorni per girare l’isola (99 dollari), ma in realtà si può andare su e giù per la costa ovest servendosi dei mezzi pubblici (2 dollari a tratta a/r). I pulmini passano ogni 20 minuti circa e il biglietto si fa direttamente a bordo. Comodissimi. Data l’alta concentrazione di turisti nordamericani in time-sharing, nell’isola è possibile trovare numerosi fast food (tutte le maggiori catene, in cui si mangia davvero con due soldi) e i supermercati sono fornitissimi, anche se un po’ cari perché ad Aruba si importa TUTTO. Invece l’acqua corrente è potabile e gratuita: qui c’è il più grande impianto di desalinizzazione del mondo! L’offerta di ristoranti è molto ampia, praticamente si possono assaggiare tutte le specialità del globo. I prezzi sono mediamente alti (cioè come in Italia!), ma è possibile anche fare qualche “affare”. Negli hotel vengono infatti distribuiti giornalini realizzati per i turisti che riportano anche le “offerte speciali” della settimana. Ad esempio, il ristorante che il tal giorno fa l’”all you can eat” di pesce a 19,90 dollari (i bambini generalmente pagano la metà). Molti ristoranti, inoltre, offrono il “menu del giorno” a prezzi molto interessanti rispetto al menu alla carta (es. New England Fish Chowder + aragosta intera del Maine + dolce a 20 dollari). Avevamo avuto indicazioni allarmanti sui prezzi di Aruba prima della partenza, ma io direi che il costo della vita è allineato al nostro, anche per quanto riguarda souvenir e abbigliamento. Ad Aruba si trovano tutte le griffes e gioiellerie meravigliose (non dimentichiamo che fa parte delle Antille Olandesi), ma anche negozi a prezzi abbordabilissimi. Quindi: non è Cuba, ma sicuramente nemmeno la Costa Smeralda. I negozi però fanno orari improponibili: chiudono alle 18:00. Infine: la natura. Oltre alle spiagge ed i paesaggi desertici, nell’isola si incontrano ovunque aironi, pappagalli, colibrì, rapaci, uccelli e iguane di ogni tipo e colore. Esistono vere e proprie zone ecologiche dove è possibile fare birdwatching o assistere alla deposizione delle uova da parte delle tartarughe marine. Ad Aruba c’è molta attenzione all’ecosistema ed esistono anche rifugi per animali abbandonati, a testimonianza di un certo grado di civiltà (inusuale in quell’area del mondo, ma probabilmente dovuto ad un tenore di vita più elevato rispetto ad altri Paesi dei Caraibi e del centro-sud America, dove la priorità è la risoluzione dei disagi “umani”). Per concludere, Aruba è stata addirittura superiore alle aspettative. Certo, bisogna partire ben coscienti del fatto che difficilmente si incroceranno altri italiani con cui fare “gruppo”, che la formula turistica rispetta il modello “americano” (con tutti i pro e contro), e che gli abitanti di Aruba sono abbastanza gentili, ma ben lontani dalla travolgente simpatia di altre popolazioni del centro-sud America. Ma aveva detto bene mio padre, prima della nostra partenza: “Andate tranquilli: è un paradiso!”


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