Angkor : la pietra e la giungla
Partiti da Bologna per Phnom Penh con volo Thai via Roma e Bangkok, arriviamo nella capitale della Cambogia verso le dieci del mattino. E intanto vogliamo dirvi che la Thai è proprio la migliore compagnia aerea con la quale abbiamo sinora volato (e ne abbiamo provate parecchie). Formalità doganali d’entrata più che rapide, il che ci pare già un buon segno di cortese accoglienza in questo paese. L’albergo l’abbiamo prenotato via internet, perchè mia moglie ed io amiamo ancora viaggiare col “fai da te” in quasi ogni parte del mondo. Si chiama Renakse ed è in una posizione ottima, davanti al Palazzo Reale e a ridosso del lungofiume, ma ha stanze tanto grandi quanto vecchie e malandate. In compenso il personale è gentilissimo ed efficientissimo e mentre noi ce ne andiamo a zonzo per la città, loro ci procurano due biglietti aerei interni per volare il giorno dopo fino ad Siem Reap. D’altra parte, e lo diciamo qui adesso una volta per tutte, in questo viaggio abbiamo scoperto che gentilezza, sorrisi aperti ed efficienza sono davvero una caratteristica della gente cambogiana nel suo complesso.
La stagione è splendida e la temperatura sui 30 gradi.
Visitiamo la Pagoda d’Argento e la parte aperta ai turisti del Palazzo Reale (dove risiede re Sihanouk)e il museo archeologico e passeggiamo per il lungofiume. Ovunque, incontriamo persone con le gambe mutilate dalle mine. E in giro si vede tanta gente, ma tutta giovanissima. Pare che di quarantenni in Cambogia non ne esistano quasi più : tutti spazzati via da una guerra civile durata vent’anni e inframmezzata dai quattro del folle e sanguinario regime di Pol Pot. Adesso a mandare avanti questa nazione forse finalmente pacificata sono rimasti solo i ventenni e gli adolescenti, ma di mine se ne trovano ancora nascoste dappertutto e così la tragedia non è ancora finita.
Phnom Penh è una città che sta ancora risvegliandosi lentamente dall’incubo, con edifici fatiscenti o diroccati e strade devastate, dove solo la zona lungo il fiume Mekong (e ministeriale e del Palazzo Reale) è stata in qualche modo rimessa in sesto, eppure grazie al sorriso della sua gente non riesce a metterci veramente a disagio. Ceniamo ottimamente in un ristorante con veranda sul fiume, il Ponlok, che è un locale per stranieri e per residenti ricchi, con quasi più camerieri che clienti ed una scelta sterminata di pietanze. E paghiamo la nostra cena nove dollari in due ! 2° giorno.
Ci azzardiamo a prendere due mototaxi, ovvero ci sediamo sul sedile posteriore di due motorini che ci portano al mercato centrale. A Phnom Penh ci sono pochissime auto, poche biciclette ed una quantità impressionante di motorini che ti sfrecciano attorno da tutte le parti : attraversare a piedi una strada durante le ore di punta è impresa quasi impossibile.
Quanto al mercato, è affollatissimo e pieno di roba in vendita, dal cibo ai vestiti a tutto il resto. Certo, cose piuttosto povere, ma che fanno comunque capire che a Phnom Penh non si vive più di stenti. Al ritorno, saliamo su due più tranquilli ricsciò a pedali e quando in seguito lasceremo la Cambogia, sul nostro volo troveremo due turisti ingessati causa caduta da un motorino, il che non ci stupisce proprio. Nel pomeriggio, voliamo fino a Siem Reap, la cittadina a ridosso della zona archeologica di Angkor, che è l’obiettivo del nostro viaggio. All’aeroporto, ci mettiamo d’accordo con un tassista per farci condurre da lui in auto ogni giorno nelle nostre visite ad Angkor. Costo giornaliero di un auto con autista e aria condizionata: venti dollari. L’alternativa sono i mototaxi già detti, per sei dollari a testa. A Siem Reap alloggiamo al La Noria Guesthouse, anche questo prenotato con una e-mail via internet. Venti stanze in cinque bungalows carini e in mezzo ad un gran bel giardino di palme e fiori: una stanza per 25 dollari a notte. Le uniche pecche : il cane di un vicino che abbaia durante la notte e un ristorante carissimo (fra gli 8 e i 10 dollari a testa).
3° giorno.
Interamente dedicato ai due siti più importanti di Angkor: la cittadella di Angkor Thom, col tempio buddhista del Bayon e altri edifici, e il fantastico tempio induista di Angkor Wat, la cui silouette si staglia anche sulla bandiera cambogiana. Edifici imponenti di quasi mille anni d’età, quando l’impero khmer era all’apice della sua potenza e dominava tutta l’Indocina. Oggi strappati alla giungla che negli ultimi secoli era tornata ad ingoiarli, in uno scenario di rara suggestione.
Per accedere alla zona archeologica-turistica occorre fare un pass per il quale serve una foto-tessera che è meglio portarsi dall’Italia (e una foto vi serve anche per fare il visto di entrata in Cambogia direttamente all’aeroporto quando arrivate)e che può essere di uno-tre-sette giorni, per 20-40-60 dollari a persona. A Siem Reap, dopo il tramonto non c’è proprio altro da fare che andarsene a cena e poi a letto. Questa sera e poi tutte quelle successive noi ceniamo al Bayon, un ristorantino anche questo per turisti, dove si mangia sotto un pergolato. Il cibo è vario e squisito, il servizio perfetto, il gestore molto simpatico e tutto questo ci costa attorno ai 4 dollari a testa. Però attenzione : nelle vicinanze ci sono anche un ristorante New Bayon e un Bayon 2. 4° giorno.
Andiamo al codiddetto “Fiume dei mille Linga” e al tempio di Banteay Srei. Il primo si trova a circa 40 Km da Angkor e per arrivarci impieghiamo due ore, il che la dice lunga e giusta su quelle che sono le condizioni della strade cambogiane. Si tratta di un torrentello con diverse rocce tutt’attorno scolpite con raffigurazioni di divinità induiste (Brahma, Shiva e Vishnu, per intenderci), fra le colline ed in uno scenario naturale delizioso. Ma per arrivarci, percorriamo il sentiero guidati da un ragazzino in uniforme militare, perchè queste colline sono ancora tutte costellate di mine. Anche Banteay Srey è un tempio induista e si trova a 30 km da Angkor, sulla stessa strada che abbiamo fatto per venire alle colline. E’ piccolo, ma è un autentico gioiello di raffinatissime sculture, le più belle e le più conservate di tutta la Cambogia. 5° giorno.
Ancora un giorno in gran parte dedicato ai tanti templi di Angkor che ancora non abbiamo visto. Fra questi, il Ta Prohm, dove le antiche pietre e le radici ed i tronchi di imponenti alberi secolari si intrecciano in un abbraccio di rara e straordinaria suggestione e compongono un inno tanto alla forza vitale della natura quanto all’ostinata caparbietà umana (in posti così si diventa per forza poetici).
6° giorno.
E’ il momento di lasciare la Cambogia. La nostra vacanza continua, perchè ora ce ne andiamo due settimane in Thailandia, ma questa è un’altra storia. Alla partenza da Siem Reap, ci fanno pagare 20 dollari a testa di tasse aeroportuali. A quella internazionale da Phnom Penh, altri 40 dollari a persona. Non c’è che dire, i Cambogiani hanno ben deciso che le strutture destinate prevalentemente agli stranieri debbano essere gli stranieri a pagarle.