Andalusia Olé!

Itinerario "on the road" attraverso quasi tutta l'Andalusia, fra città ricche di storia e splendidi scenari naturali
Scritto da: LucaGiramondo
andalusia olé!

Andalusia Olé!

(by Luca, Sabrina e Leonardo)

Venerdì 15 Aprile

Finalmente! Dopo quasi tre anni (962 giorni per l’esattezza) senza volare, a causa del maledetto Covid, torneremo a salire su di un aereo, anche se negli occhi ci sono, purtroppo, le terribili immagini della guerra, da poco scoppiata in Ucraina, che speriamo non degeneri.

Torneremo quindi a solcare i cieli, ma non andremo troppo lontano da casa in questa settimana che include le festività pasquali. La nostra meta sarà infatti l’Andalusia, la più meridionale ed una delle più vaste regioni spagnole (con poco più di 87.700 chilometri quadrati). Un viaggio che avevamo già prenotato per aprile 2020 e poi annullato per ovvi motivi. pandemici.

Prendiamo il via, in una tiepida giornata primaverile, dieci minuti dopo le 10:00 del mattino e un quarto d’ora più tardi imbocchiamo l’autostrada A14 a Faenza, diretti a nord. In questo modo, mentre sull’altro lato della carreggiata imperversa il traffico, che genera la prima coda di stagione, noi procediamo senza intoppi e cinque minuti prima delle 11:00, a Bologna, prendiamo a seguire la A1. Così facendo alle 12:40 siamo a Milano, che oltrepassiamo mediante la tangenziale ovest, e alle 13:20 ci fermiamo a pranzare in un’area di servizio, ormai in vista dell’aeroporto di Malpensa.

Subito dopo ci rechiamo a lasciare l’auto al Ciao Parking e da lì, con la navetta gratuita, raggiungiamo l’area partenze del Terminal 1.

Imbarchiamo le valige nel complicato banco “fai da te” della Easyjet e poi, oltrepassati tutti i controlli, ci mettiamo in attesa della partenza al Gate A04, quindi, alle 17:22, in leggero ritardo, il volo EJU 2735 prende quota virando subito verso ovest.

Fila via tutto liscio, senza sobbalzi, e, mantenendo lo stesso fuso orario, alle 19:17 atterriamo nell’aeroporto Malaga Costa del Sol. Recuperiamo sani e salvi i bagagli e una volta usciti ci rechiamo a ritirare l’auto a noleggio prenotata fin da casa con la compagnia Record Go, così, poco più tardi, ci consegnano una Seat Ateca bianca (targata 0606 LRS) e con quella diamo il via al viaggio “on the road” per le strade dell’Andalusia . Per oggi però copriamo solo la breve distanza che ci separa dalla località di Campanillas e dalla Posada de España Malaga, struttura turistica che ci ospiterà per le prossime tre notti.

Giungiamo a destinazione intorno alle 21:00, mentre il sole è appena tramontato. Portiamo i bagagli in camera e poi usciamo a cena nelle vicinanze al ristorante Menson Piqueras, dove mangiamo ottima carne ad un prezzo onestissimo, quindi torniamo all’hotel per il giusto riposo, dopo una giornata piuttosto stressante.

Sabato 16 Aprile

Ci accingiamo così ad iniziare il primo giorno di visite in Andalusia e cominciamo proprio dalla località nella quale siamo atterrati: Malaga, che con oltre mezzo milione di abitanti è il capoluogo dell’omonima provincia, oltre che una città effervescente e ricca di storia, che diede anche i natali, nel 1881, al pittore Pablo Picasso.

Un po’ perché è il sabato di Pasqua, un po’ perché gli spagnoli sono restii a partir presto la mattina, le strade sono semideserte quando prendiamo il via dalla Posada de España, poco prima delle 9:00.

Ci fermiamo a fare una veloce spesa al Lidl e poi andiamo a lasciare l’auto in un parcheggio interrato vicinissimo al centro storico. Da lì poi, a piedi, andiamo alla scoperta di Malaga, dove il sottoscritto era già stato, ben 37 anni fa. A quei tempi però non c’era ancora l’elegante Paseo del Muelle Uno, una bella passeggiata lungo il porto sovrastata da un’avveniristica struttura, e non c’era neanche lo stravagante e colorato Centre Pompidou, succursale dell’omonimo museo parigino.

A poca distanza c’era invece, senza dubbio, la Plaza de Toros de la Malagueta, dove entrai per assistere alla prima ed unica corrida della mia vita . fu un’esperienza folcloristicamente interessante, ma non entusiasmante, alla quale non sono più intenzionato a presenziare. Scattiamo così qualche foto degli esterni e poi proseguiamo nelle visite.

Dalla Plaza de Toros ci spostiamo quindi ancor più verso il centro per giungere nelle vicinanze della vecchia Alcazaba, fortezza ispano-moresca risalente all’XI secolo, posizionata sulle alture che dominano la città, ed è in questa fase che Sabrina nota un cartello con le indicazioni per la salita tramite un comodo ascensore . scelta che si rivelerà azzeccatissima!

In questo modo ci ritroviamo nella parte più alta del complesso con i più affascinanti ambienti in stile arabo, come l’incantevole Patio de la Alberca, e le viste panoramiche dalle principali torri comprese nelle fortificazioni e poi seguiamo la visita tutta in discesa passando per i giardini ed i limitrofi bastioni.

Alla fine usciamo dall’Alcazaba proprio nei pressi dell’antico Teatro Romano, o di ciò che ne resta, risalente all’epoca di Augusto (I secolo d.C.) e scoperto casualmente nel 1951, durante i lavori di costruzione di un nuovo palazzo.

Passeggiando arriviamo quindi nella scenografica Plaza de la Merced, alla cui estremità settentrionale si trova la casa natale di Pablo Picasso e nello stesso angolo, su di una panchina, la statua del famoso pittore.

Da Plaza de la Merced ci avventuriamo poi nel dedalo di viuzze del nucleo storico di Malaga e così arriviamo, in Calle San Agustin, al palazzo che ospita il Museo Picasso, allestito solo nel 2003, che nelle sue sale racchiude una discreta panoramica di opere del noto artista, per certi versi discutibili, ma indubbiamente affascinanti.

Ora resta da vedere, a breve distanza, solo la grande Catedral de Malaga, un colossale edificio la cui costruzione, svolta sul sito di un’antica moschea, si protrasse per oltre duecento anni a partire dalla prima parte del XVI secolo. Il risultato è uno dei più sontuosi monumenti religiosi di Spagna in stile rinascimentale-barocco, con interni riccamente decorati e dalle impressionanti dimensioni (la volta a cupola supera i 40 metri di altezza!).

Uscendo dalla cattedrale percorriamo infine i viali antistanti, ancora fiancheggiati dalle grandi tribune montate per le processioni del Venerdì Santo, e nelle vicinanze ci fermiamo a pranzare con i nostri panini in una piccola area verde, prima di dichiarare conclusa la visita alla bella città andalusa e ripartire per la seconda parte di giornata.

Recuperata l’auto andiamo verso l’interno della regione e le montagne che s’innalzano alle spalle di Malaga. In questo modo, dopo meno di un’ora, giungiamo all’ingresso del Parque Natural Torcal de Antequera, un’area protetta di 12 chilometri quadrati istituita nel 1978 allo scopo di preservare un sito di grande interesse paesaggistico, inserito dal 2016 anche nel Patrimonio dell’Umanità dell’Unesco.

Lì lasciamo il nostro mezzo e poi, grazie ad una navetta, raggiungiamo il cuore del parco, dove si concentrano i luoghi di maggiore interesse, perché la riserva è nota, soprattutto, per i numerosi pinnacoli di roccia calcarea dalla sagoma contorta ed il profilo seghettato, la cui origine risale ad un fondale marino di circa 150 milioni di anni fa.

Noi andiamo ad iniziare dalla breve scarpinata che porta al Tornillo del Torcal, la più famosa e bizzarra fra le conformazioni del parco: una serie di “frittelle di roccia”, di diverse dimensioni, impilate una sull’altra, che si stagliano sull’azzurro dell’odierno cielo andaluso.

Subito dopo c’incamminiamo lungo la Ruta Amarilla, un sentiero ben segnalato che percorre, con diversi saliscendi, buona parte della zona, caratterizzata da rocce pericolanti e scenografici pinnacoli, spesso accostati, con un po’ di fantasia, ad animali ed oggetti comuni (il gallo, il drago, il robot, ecc).

Impieghiamo quasi due ore a seguire un percorso non difficile, ma a tratti accidentato, sempre contornati da belle vedute e alla fine ne usciamo decisamente soddisfatti . peccato solo per la lunga attesa della navetta per il ritorno.

Riconquistata l’auto andiamo poi spediti verso il termine della tappa e, tornati anche in vista della città di Malaga, intorno alle 19:00 giungiamo alla Posada de España. Ci rassettiamo un poco, quindi usciamo a cena nei paraggi al Restaurante Manoli II. Anche lì mangiamo bene, spendendo il giusto, e così concludiamo una bella giornata, allietata da un bel sole ed una piacevole temperatura . e se il buongiorno si vede dal mattino credo sarà un’ottima vacanza.

Domenica 17 Aprile

Inizia per noi abbastanza presto questo giorno di Pasqua 2022 in terra andalusa . La sveglia suona già prima delle 7:00 e mezzora più tardi siamo a consumare una veloce colazione, prima di prendere strada con sollecitudine verso l’interno e le montagne della regione. Abbiamo infatti un appuntamento inderogabile, poco dopo le 9:00, per l’entrata al Caminito del Rey, un vertiginoso sentiero che si sviluppa lungo una gola, così chiamato perché fu percorso nel 1921 dal re Alfonso XIII in occasione dell’inaugurazione della diga sul fiume Guadalhorce.

Il Caminito negli anni Novanta del secolo scorso versava in condizioni disastrose ed era diventato tristemente famoso come il sentiero più pericoloso al mondo. Fu allora chiuso nel 2000 e riaperto nel 2015, dopo ingenti lavori di ripristino. Oggi si possono così percorrere in completa sicurezza le passerelle in legno che a tratti si sviluppano ad oltre cento metri di altezza, appese alle pareti verticali di un severo canyon, spesso sovrastanti il vecchio, impressionante e malmesso tracciato.

Intorno alle 8:30 giungiamo così al parcheggio nei pressi dell’entrata nord del Caminito. Lì lasciamo l’auto e a piedi ci avviamo verso l’ingresso vero e proprio, che dista un chilometro e mezzo. Oltrepassiamo un tunnel pedonale poi, seguendo un facile sentiero in discesa, arriviamo in netto anticipo alla meta, dove ci consegnano un caschetto protettivo . e subito dopo ci avventuriamo lungo il Caminito del Rey, che si sviluppa attraverso le gole chiamate Desfiladero de los Gigantes.

In prima battuta solchiamo uno stretto canyon, abitato da migliaia di rondini, nel quale penetrano a fatica i raggi del sole. Percorriamo così altissime passerelle, che inizialmente intimoriscono un po’ Sabrina e Leonardo, poi il contesto si apre in una ridente vallata, fiancheggiata da severe montagne, e poco più avanti si stringe nuovamente per inoltrarsi nel punto più impressionante del percorso.

Mentre sopra alla nostra testa volteggiano decine di grossi pennuti (probabilmente rapaci) i paesaggi si fanno sempre più emozionanti e vertiginosi, fino all’attraversamento del canyon su di un ponticello sospeso nel vuoto. Le passerelle escono poi dalla gola, letteralmente aggrappate alle pareti verticali della montagna, e in questo modo ci accompagnano verso il termine di un’avvincente esperienza.

Dove finisce il sentiero restituiamo i caschi protettivi e da lì un comodo servizio di autobus ci riporta al punto di partenza a recuperare l’auto, ma non abbandoniamo subito il luogo, perché prima vogliamo fare ritorno alla base del canyon per scattare alcune foto e solo dopo ci avviamo verso il proseguo della tappa.

Ci fermiamo a consumare il pranzo di Pasqua fra le montagne, con la vista che spazia in lontananza su alcuni laghi artificiali e poi, nel primo pomeriggio, arriviamo nella cittadina di Antequera, definita il crocevia dell’Andalusia, che conserva importanti testimonianze del passato, anche decisamente remoto.

Prima di tutto ci rechiamo infatti alla sua periferia per visitare i monumenti preistorici, dichiarati nel 2016 Patrimonio dell’Unesco. Prima il Tholos di El Romeral, un tumulo dell’età del bronzo formato da un corridoio e due sale circolari, poi i due tumuli risalenti al 2500 a.C. chiamati Dolmen de Viera e Dolmen de Menga. Soprattutto quest’ultimo stupisce per le fattezze ed il peso delle pietre utilizzate per costruirlo. Da qui, in lontananza, si vede chiaramente anche la Peña de los Enamorados, una enorme rupe, che sembra un viso di profilo, alla quale è legata una leggenda di due giovani innamorati (lei musulmana e lui cristiano). Dobbiamo però fare tutto piuttosto in fretta perché, essendo la domenica di Pasqua, i siti archeologici chiuderanno i battenti già alle 14:30.

In netto anticipo sulla tabella di marcia andiamo poi a parcheggiare vicino al centro storico di Antequera, quindi a piedi partiamo per esplorarne i luoghi di maggiore interesse.

Passiamo dalla Iglesia del Carmen, una delle oltre trenta chiese della città, ma è chiusa, allora proseguiamo per irte scalinate e giungiamo di fronte all’Arco de los Gigantes, grande porta risalente al XVI secolo, che dà accesso alla cittadella, con le antistanti fortificazioni che offrono un bel panorama sulla città.

Appena varcato l’arco seguiamo poi le indicazioni, sulla destra, per l’ingresso all’Alcazaba, ex fortezza araba risalente al XIII secolo . Non resta molto dell’antico complesso, ma le possenti mura di cinta inglobano due torri, la Torre del Homenaje e la Torre Blanca, dalle quali si godono splendidi panorami sulla sottostante distesa di case bianche, con la sagoma della Peña de los Enamorados all’orizzonte.

Appena usciti dall’Alcazaba andiamo a vedere anche l’attigua Collegiata de Santa Maria Mayor, che presenta una bella facciata in stile rinascimentale, quindi rientriamo con calma all’auto.

Ora, secondo i piani previsti, non rimane che spostarsi di una ventina di chilometri al paese di Archidona, per vedere la sua originale Plaza Ochavada, di forma ottagonale. Fu realizzata nel XVIII secolo, con caratteristiche ispirate all’urbanistica francese, ma circondata da edifici con elementi di pura tradizione andalusa . Il risultato è splendido, peccato solo per i troppi tavoli dei locali prospicienti, che deturpano decisamente l’ambiente

Da Archidona andiamo poi in direzione di Malaga ed il termine della tappa, per completare la quale manca meno di un’ora di strada, infatti già prima delle 18:00 siamo a parcheggiare l’auto davanti all’hotel.

Ci riordiamo un po’ e poi, per cena, andiamo verso Playa de la Misericordia, una delle spiagge di Malaga, ancora brulicante di vita, vista la calda giornata di sole primaverile che ha superato anche i trenta gradi di temperatura. Lì mangiamo un buon piatto di pasta al ristorante Sicilia Bedda e poi torniamo alla Posada de España per trascorrervi l’ultima notte di questo primo scorcio di vacanza.

Lunedì 18 Aprile

Poco prima delle 9:00 siamo pronti a lasciare Malaga e ad intraprendere l’itinerario che ci porterà a scoprire gran parte dell’Andalusia.

Partiamo dalla Posada de España e andiamo a nord-ovest, inizialmente per la stessa strada che porta al Caminito del Rey, ma poi proseguiamo in direzione del medesimo punto cardinale, contornati da una campagna incredibilmente verde, non compresa nei miei ricordi di una Andalusia decisamente più estiva.

Appena passate le 10:00 giungiamo così nel paese Setenil de las Bodegas, annoverato fra i cosiddetti Pueblos Blancos, famosi nella regione, ma al contrario della quasi totalità di questi villaggi, costruiti sulla cima di alte formazioni rocciose, gli abitanti di Setenil preferirono rifugiarsi dai pericoli costruendo le loro case sotto alle rocce sporgenti scavate dal corso del Rio Trejo.

Andiamo a lasciare l’auto in un parcheggio interrato nei pressi del centro e a piedi ci dedichiamo alla visita . una visita breve ma davvero piacevole, allietata da caratteristici e suggestivi scorci.

Riconquistato il nostro mezzo, al termine di un percorso circolare, ci muoviamo poi da Setenil verso la città di Ronda, storico agglomerato andaluso, che dista una ventina di chilometri, così, dopo una veloce spesa per acquistare i beni di prima necessità, ci rechiamo a parcheggiare sotto ad una piazza (la Plaza de la Merced) e da lì andiamo, a piedi, alla scoperta del centro.

Prima di tutto vediamo la storica Plaza de Toros, una delle più antiche arene di Spagna, inaugurata oltre duecento anni fa, davvero bella, con le sue caratteristiche tribune ad arcate, quindi, tornati a percorrere le vie della città, assaporiamo, dal punto panoramico posto a sud-ovest del monumento, il primo scorcio del Puente Nuevo, simbolo di Ronda, costruito nel 1759 a cavallo della spettacolare gola del Rio Guadalevín, che divide la città vecchia da quella più recente.

Seguiamo quindi la sponda settentrionale del baratro lungo il Jardines de Cuenca, un percorso pedonale con belle viste sul canyon e sul Puente Nuevo. Lì ci fermiamo a pranzare con i nostri panini e alla ripartenza guadagniamo l’estremità opposta della gola, dove si trova il Puente Viejo, che la tradizione popolare attribuisce ai romani, ma che sarebbe molto più recente (XVI secolo).

Oltrepassiamo quest’ultimo ponte e poi, scendendo per una ripida via, giungiamo al cospetto dei Baños Árabes, antichi bagni arabi risalenti al XIII secolo. Sono i meglio conservati di tutta la Spagna, caratterizzati da tre sale sormontate da volte con fori a stella, dai quali penetra la luce . ma dobbiamo fare tutto piuttosto in fretta, perché il sito sta già chiudendo i battenti.

Risaliti al Puente Viejo entriamo quindi nella parte più vecchia di Ronda e prima di tutto, prospiciente questo lato del canyon, ci rechiamo a visitare la Casa del Rey Moro, un decadente palazzo settecentesco chiuso al pubblico, dai cui giardini si accede però a La Mina, una lunga scalinata, di 237 gradini scavati nella roccia, attribuita al re musulmano Abomelic. Un passaggio segreto che conduce sul fondo della gola, da dove si gode di una spettacolare veduta. Doveva fungere da via di fuga in caso di assedio della città, ma fu proprio da qui che l’esercito cristiano riuscì ad entrare a Ronda del 1485.

Risaliti al punto di partenza con tanta fatica ci dirigiamo poi verso la chiesa più importante della città, la Real Colegiata de Santa Maria la Mayor, antica moschea trasformata in cattedrale all’epoca dei Re Cattolici. Ne esploriamo i ricchi interni, un mix di stili architettonici, dal moresco al gotico, al rinascimentale e al barocco e poi saliamo anche in cima all’edificio, con belle viste sui tetti e la campagna circostante.

Passeggiando infine per le vie del centro storico di Ronda, fiancheggiate da pittoresche dimore, giungiamo al via del percorso pedonale in discesa che porta al Mirador del Puente Nuevo, un altro percorso stancante (compresa la successiva risalita), ricompensato però dallo splendido scorcio del ponte con la sottostante cascata del Rio Guadalevín.

Sfiniti dopo gli innumerevoli saliscendi di Ronda riprendiamo strada poco dopo le 15:30 e in breve ci spostiamo, sulle vicine alture, al paese di Grazalema, uno dei Pueblos Blancos annoverato fra i più belli di tutta la Spagna. Infatti offre alcuni begli scorci lungo le sue stradine, che percorriamo velocemente, prima di ripartire per l’ultimo obiettivo di giornata.

Una trentina di chilometri ci dividono dalla Cueva de la Pileta, una grotta alla quale si può accedere solo con prenotazione, che noi abbiamo per le ore 18:00.

In perfetto orario giungiamo a destinazione e, in compagnia di altri due anziani turisti tedeschi, intraprendiamo la visita dell’anfratto che, per motivi di conservazione, non è illuminato e lo si può esplorare solo con l’ausilio di alcune semplici torce.

Il vasto antro sotterraneo, scoperto nel 1905, è abitato da numerose colonie di pipistrelli ed è caratterizzato da svariate conformazioni calcaree, ma va famoso, soprattutto, per le sue pitture preistoriche. La guida così ci accompagna e ci spiega con passione ogni tratto del percorso di visite, soffermandosi su tutti i particolari, ed è una emozione indescrivibile trovarsi al cospetto di linee tracciate da mani umane fin quasi a quarantamila anni fa . un’esperienza unica, circa la quale ci meravigliamo solo dello scarso interesse turistico riservatogli . ma forse è meglio così!

Usciamo molto soddisfatti dalla Cueva de la Pileta che son quasi le 19:00, consapevoli che da lì dovremo percorrere ancora circa novanta chilometri, in gran parte di contorta strada di montagna, per giungere al traguardo di questa giornata. Scendiamo così, per lunghi tratti d’asfalto, fin quasi alla costa del Mar Mediterraneo e, intorno alle 20:30 giungiamo a La Linea de la Conception, proprio davanti alla famosa Rocca di Gibilterra, che visiteremo domani, all’Hotels Campo de Gibraltar.

Facciamo check-in e poi saliamo in camera a rassettarci un poco, quindi, invece di cenare in hotel a quaranta euro a testa, per la stessa cifra mangiamo tutti tre, anche piuttosto bene, nel vicino e modesto Hostal Restaurante Carlos, ponendo fine ad una bella giornata di vacanza.

Martedì 19 Aprile

Ci sono un po’ di nuvole in cielo, ma non è previsto tempo brutto e non dovrebbe peggiorare, in compenso soffia un vento teso da ovest, che speriamo non influisca sul funzionamento della funivia che dovrebbe portarci in cima alla Rocca di Gibilterra.

Facciamo colazione e poi, lasciando le valigie in deposito all’hotel, ci spostiamo, in auto, di poche centinaia di metri, fino al parcheggio presso il confine con Gibilterra, enclave britannica in terra spagnola la cui origine risale ai Trattati di Utrecht del 1713.

A piedi attraversiamo la dogana, senza particolari problemi, quindi saliamo sull’autobus che va verso il centro città. Autobus che, come tutti gli altri veicoli (ma anche i pedoni), attraversa letteralmente la pista dell’Aeroporto Internazionale di Gibilterra, così quando capita che deve atterrare un aereo scatta un semaforo ed il traffico si blocca, senza mezzi termini . Certo che la mancanza di spazio in alcuni casi è davvero drammatica!

Arriviamo comunque a destinazione, a breve distanza dal cable car (la funivia), che, a quanto pare, è operativa. Acquistiamo così il salatissimo biglietto e subito dopo prendiamo il via per la vetta della famosa Rocca di Gibilterra.

Giunti alla sommità ci rechiamo subito nella terrazza del cosiddetto “Top of the Rock”, da dove possiamo scattare qualche foto del vastissimo panorama circostante (con le coste africane ben visibili al di là dello stretto, identificato con le mitiche Colonne d’Ercole), mentre il sole fa timidamente capolino fra le nuvole.

Ci avviamo poi a piedi lungo i sentieri della Upper Rock Nature Reserve, la riserva naturale che abbraccia l’intero promontorio, e così facendo avvistiamo le prime simpatiche bertucce, esemplari di primati tipici del luogo, che, abituati al la presenza dell’uomo, si mettono quasi in posa per farsi fotografare.

In questo modo guadagniamo il punto panoramico dello Skywalk, dove si può camminare in una terrazza a sbalzo sul vuoto, con il pavimento in vetro, quindi arriviamo, non senza fatica, al picco di O’Hara’s Battery, laddove si trovano due enormi cannoni della seconda guerra mondiale. Da lì ci godiamo le vastissime vedute ed esploriamo tutti i tunnel, ma anche i bunker, che si sviluppano intorno agli insediamenti bellici, poi cominciamo a scendere di quota lungo i tracciati carrabili della Rocca, fino a giungere nei pressi della St. Michael’s Cave.

Questa grotta, con stalattiti e stalagmiti, la cui sala principale è stata trasformata in un originale auditorium, offre un interessante spettacolo di luci multicolore al quale prendiamo parte, prima di proseguire nel nostro percorso di visite.

Sempre scendendo arriviamo poi nel punto in cui si può attraversare il Windsor Bridge, un ponte sospeso che offre interessanti panorami sul sottostante agglomerato urbano di Gibilterra, e subito dopo conquistiamo anche Aspen Den, il luogo dove si concentra la maggior parte delle bertucce, infatti ce ne sono parecchie, sparse qua e là a far pennichella.

Successivamente, rimanendo in quota, affrontiamo un lungo tratto di strada che ci porta, poco dopo mezzogiorno, al Great Siege Tunnel, un complesso sistema difensivo scavato nella Rocca dagli inglesi, per piazzare nuovi cannoni, durante l’assedio del 1779-83. Visitiamo così l’intera serie di tunnel, con le sue stupefacenti postazioni belliche ricavate dentro la montagna, e all’uscita pranziamo al sacco nei paraggi, prima di scendere definitivamente a livello del mare.

Con l’ausilio dell’autobus facciamo quindi ritorno al confine e, approdati nuovamente in terra spagnola, recuperiamo prima l’auto e poi i bagagli in hotel, così da riprendere il nostro itinerario, quando però son già passate le tre del pomeriggio.

Transitiamo così nei pressi della città di Tarifa, da dove le coste africane vi vedono ancor più distintamente, e appena più a nord giungiamo alle rovine di Baelo Claudia, colonia romana che, nel I secolo d.C., sotto l’imperatore Claudio, assunse le caratteristiche di città imperiale, dotandosi di un teatro, di un grande foro e di un degno complesso termale . La città decadde poi nel secolo successivo in seguito ad un devastante terremoto.

I resti archeologici in sé e per sé non sono nulla di trascendentale, ma sono inseriti in un bel contesto ambientale e in definitiva il sito, dal punto di vista prettamente scenografico, risulta migliore di tanti altri osservati a spasso per l’Europa.

Da Baelo Claudia, ormai nel tardo pomeriggio, ci spostiamo ancora poco più a nord, al Pueblos Blancos di Vejer de la Frontera, un tipico borgo andaluso, arroccato su di un’altura rocciosa, dove, seppur sfiniti dopo le lunghe camminate di giornata, ci concediamo una piacevole passeggiata lungo i suoi vicoli, fiancheggiati da case imbiancate a calce, e le caratteristiche piazzette, dal sapore ispano-moresco.

Ora resta da percorrere ancora un lungo ma agevole tratto di strada (circa 160 chilometri), che conduce alla periferia della città di Siviglia e più precisamente all’abitato di Castilleja de la Cuesta, dove giungiamo un quarto d’ora dopo le 20:00 e dove prendiamo alloggio per questa notte, ma anche la prossima, nella struttura privata di La Casa del Carmen.

Depositiamo i bagagli e poi usciamo subito a cena mangiando buona carne al Ristorante El Paradas, prima di andar a riposar le membra al termine di una bella ma faticosa giornata.

Mercoledì 20 Aprile

Eccoci pronti ad affrontare la visita di Siviglia, capitale della regione autonoma dell’Andalusia e suo principale agglomerato urbano, con circa settecentomila abitanti (più del doppio considerando l’area metropolitana), ricca di storia millenaria.

Purtroppo il meteo non è eccezionale, perché ci sono un po’ di nuvole in cielo, comunque facciamo colazione nel locale sull’altro lato della strada, di stessa proprietà della nostra struttura, e subito dopo prendiamo il via da Castilleja de la Cuesta sull’autobus M-160, che in una manciata di minuti porta al capolinea di Plaza de Armas, quasi nel centro storico di Siviglia, e da lì ci avviamo, a piedi, per esplorare la città.

Dopo poche centinaia di metri siamo così di fronte alla Plaza de Toros de la Real Maestranza, la più antica di tutta la Spagna, i cui lavori di costruzione iniziarono nel 1758, che sta alla corrida come lo stadio di Maracanà sta al calcio. Ne varchiamo l’ingresso per scorrere velocemente l’annesso Museo della Tauromachia, ma soprattutto per vedere la storica arena, capace di dodicimila spettatori . mentre il sole comincia a far capolino fra le nuvole.

Dalla Plaza de Toros arriviamo poi in pieno centro, in Plaza de San Francisco, sulla quale prospetta il municipio, e, lungo le vie adiacenti, davanti all’interessante Capilla de San Josè, piccolo scrigno del barocco spagnolo, che però è chiuso per restauri. Allora ci spostiamo nella vicina Plaza del Salvador, alla Iglesia del Divino Salvador, secondo edificio religioso della città dopo la cattedrale, con la quale divide il biglietto cumulativo d’ingresso . I suoi interni sono, in effetti, un tripudio di decorazioni barocche risalenti al XVIII secolo.

A breve distanza da quest’ultima chiesa ci rechiamo poi a vedere, in Calle Cuna, il Palacio de la Condesa de Lebrija, splendida residenza nobiliare del XVI secolo decorata in stile rinascimentale-mudéjar, ma anche con importanti reperti romani, collezionati nel tempo dalla contessa di Lebrija.

Con il sole ormai padrone incontrastato del cielo arriviamo, subito dopo, al cospetto dell’imponente Metropol Parasol, scenografica e grandiosa opera dell’architetto tedesco Jürgen Mayer-Hermann, inaugurata nel 2011 e ritenuta la struttura in legno più grande del mondo. Struttura che, indubbiamente, offre un colpo d’occhio spettacolare, con le colonne a forma di fungo alte oltre trenta metri e l’ondulata copertura a formare, appunto, un gigantesco parasole . Grazie ad un ascensore saliamo anche alla sommità della costruzione, da dove si possono cogliere splendidi ed estesi panorami della città.

Dal Parasol ci spostiamo quindi, un po’ più verso la periferia di Siviglia, al Palacio de las Dueñas, accattivante residenza nobiliare appartenuta alla famosa casata l’Alba e risalente al XV secolo, che comprende eleganti giardini ed un bel cortile porticato, che è una profusione di stucchi e delicati azulejos.

Passato già abbondantemente mezzogiorno facciamo poi ritorno verso il centro città e, dopo una sosta per pranzare in un tranquillo giardinetto, arriviamo a La Casa de Pilatos, splendido palazzo cinque-seicentesco considerato la più raffinata ed opulenta dimora signorile di Siviglia. Il nome deriva da Ponzio Pilato la cui casa, a Gerusalemme, pare assomigliasse proprio a questa nelle forme, ma non certo nelle decorazioni, vista la dovizia di stili adottata, dal mudéjar al gotico e al rinascimentale, con numerosi e raffinati azulejos alle pareti, concentrati soprattutto nello strabiliante patio principale.

Una volta esplorata La Casa de Pilatos ci avventuriamo nel Barrio de Santa Cruz, il quartiere più caratteristico di Siviglia . un dedalo di viuzze e piazzette nascoste fiancheggiate da tipici palazzi andalusi, e lì ci fermiamo a dare un’occhiata all’Hospital de los Venerables Sacerdotes, un complesso religioso, sede di un vecchio ospizio, che comprende una piccola cappella interamente ricoperta di affreschi ed una importante collezione di dipinti, incluse alcune opere di Diego Velázquez, famoso pittore sivigliano.

Mentre, purtroppo, tornano a farci visita le nubi ci accingiamo, poco dopo, ad affrontare il clou delle visite al capoluogo andaluso a cominciare dall’imponente cattedrale, nata nel XV secolo, dopo la riconquista di Siviglia, sul sito di un’antica moschea e che, di proporzioni gigantesche, voleva essere il simbolo della vittoria cristiana sull’islam. In effetti è la terza al mondo per dimensioni: 130 metri di lunghezza e 76 di larghezza, con le volte che culminano a 56 metri dal suolo. Della vecchia costruzione araba però rimane solo la splendida Torre de La Giralda, alta più di cento metri, un tempo minareto e poi il campanile della cattedrale.

Grazie ai biglietti già acquistati presso la Iglesia del Divino Salvador saltiamo la fila all’ingresso e in breve ci troviamo a contemplare gli interni dell’edificio religioso, che stupiscono per la vastità e le sontuose decorazioni. In particolare spicca la tomba di Cristoforo Colombo, sorretta da quattro cavalieri, che rappresentano i quattro grandi regni di Spagna. Ma non vi è la certezza assoluta che all’interno si trovino i resti dell’illustre navigatore, perché anche a Santo Domingo c’è una tomba di Colombo e la disputa fra i due lati dell’oceano, ormai ultra centenaria, non ha ad oggi decretato un vincitore, anche se Siviglia ha un leggero vantaggio.

Proprio di fianco alla cattedrale si trova il Real Alcázar, palazzo dichiarato Patrimonio dell’Umanità dell’Unesco nel 1987, che risulta una magnifica sintesi di stile architettonico cristiano e mudéjar, per il quale abbiamo prenotato l’ingresso alle 16:30.

Gli interni, soprattutto quelli compresi del cosiddetto Palacio de Don Pedro, risalenti al XIV secolo, sono una vera e propria meraviglia. In particolare il Patio de las Doncellas, il Patio de las Muñecas ed il Salón de Embajadores, sono un trionfo di stucchi ed archi moreschi, che lasciano letteralmente a bocca aperta. Interessanti sono anche i giardini ed il singolare Baños de Doña Maria de Padilla, oltre che le sale del cosiddetto Palacio Gotico, attraversate alla fine del lungo percorso di visite.

Usciamo dall’Alcázar che son già passate le 17:30 e, nonostante la stanchezza accumulata, siamo ancora determinati a completare l’itinerario turistico previsto. Passiamo così prima davanti all’Hotel Alfonso XIII, che nel 1928 era considerato il più lussuoso d’Europa, e poi all’Antigua Fabrica de Tabacos, immenso edificio ora sede dell’Università di Siviglia, e passo dopo passo giungiamo alla grandiosa Plaza de España.

Costruita in occasione della Esposizione Ispano Americana del 1929 è un semicerchio di duecento metri di diametro fiancheggiato da sfarzosi padiglioni in mattoni rossi, decorati con variopinti azulejos . Splendida la sfilata dei 48 che identificano le provincie iberiche, impreziositi da panchine multicolore. Di fronte ai padiglioni poi uno specchio d’acqua segue la forma curvilinea della piazza ed è attraversato da quattro decoratissimi ponti che rappresentano gli altrettanti regni della corona spagnola: Castilla, Aragón, León e Navarra.

Il luogo appare architettonicamente splendido, peccato solo che manchi il sole a baciarlo. Allora ci accontentiamo della situazione e una volta scattate le dovute foto ci trasciniamo verso il termine della tappa, passando nei pressi della Torre del Oro, costruzione araba, risalente al XIII secolo, un tempo inglobata nel sistema difensivo della città.

Camminiamo così fino al capolinea degli autobus di Plaza da Armas e lì saliamo nuovamente sul bus M-160 che poco dopo ci riporta, stanchissimi ma decisamente appagati, a Castilleja de la Cuesta.

Senza troppi fronzoli, più tardi, usciamo infine a mangiare una pizza, sulla via principale della località, da Telepizza, prima di riportare le nostre stanche membra a consumare il meritato riposo.

Giovedì 21 Aprile

Questa nuova giornata sarà un po’ al di fuori degli schemi dei tradizionali viaggi in Andalusia. Così dopo colazione, salutata La Casa de Carmen, partiamo in direzione nord-ovest rispetto a Siviglia e pochi chilometri fuori città ci fermiamo prima di tutto a vedere il sito archeologico di Italica, antica colonia romana del II secolo a.C. che diede i natali a ben due imperatori: Traiano e Adriano.

Le rovine, come spesso accade non troppo spettacolari, comprendono i resti di un grande anfiteatro e di alcune abitazioni, pavimentate con splendidi mosaici.

Dedicate le giuste attenzioni al sito riprendiamo poi strada verso il medesimo punto cardiale e verso la Sierra Morena, antico sistema montuoso che si estende in questa zona dell’Andalusia, ai confini con il Portogallo.

Dopo un’oretta di viaggio giungiamo così a Minas de Riotinto, una località mineraria di antichissime origini. Si narra infatti, secondo la leggenda, che il primo a sfruttare le risorse di questa terra sia stato, addirittura, re Salomone, nel X secolo a.C.. Di certo c’è però che i romani ne fecero un ampio uso a partire dal IV secolo a.C..

Prima di tutto ci rechiamo, nel cuore della cittadina, al Museo Mineiro de Riotinto, per convalidare i biglietti di accesso ai luoghi di maggiore interesse del territorio, già presi da tempo, ma anche per visitare velocemente il museo stesso.

Subito dopo ci precipitiamo, visto l’orario inderogabile, a circa sette chilometri di distanza, alla Mina de Peña del Hierro, una spettacolare miniera a cielo aperto, sfruttata fino al XX secolo e raggiungibile, alla sua base, tramite duecento metri di tunnel scavato nella roccia. Il grande cratere, sul cui fondo si è formato un laghetto, ha pareti multicolore, dovute alle sfumature dei minerali presenti, che possiamo osservare anche dall’alto, dopo una breve scarpinata.

Più tardi, tornati sui nostri passi verso Minas de Riotinto, passiamo accanto ad una enorme montagna artificiale, tutta fatta di scorie minerarie, e arriviamo alla partenza del Ferrocarril Turistico-Minero, una storica ferrovia risalente al XIX secolo, che corre accanto al fiume Rio Tinto. Il tragitto, costellato di vecchi giacimenti, dovrebbe essere il clou delle visite odierne.

Pranziamo così alla stazione, in attesa della partenza prenotata per le 13:30, e all’orario stabilito prendiamo il via sulle vecchie e traballanti carrozze. Il treno però non è l’oggetto di principale interesse di questa avventura, ma è l’ambiente circostante ad attirare maggiormente l’attenzione. Transitiamo infatti fra i resti arrugginiti di vetuste miniere e paesaggi caratterizzati da terre colorate, ma soprattutto seguiamo il corso del Rio Tinto, un fiume, per certi versi unico, oppure rarissimo, al mondo.

Le acque di questo semplice torrente scorrono in un terreno ricco di minerali, in particolare di ferro, e per questo motivo assumono una tonalità rossastra . tonalità che poco dopo la partenza del treno è lieve e poi aumenta progressivamente . È incredibile! . Dopo tanti viaggi e tante meraviglie viste in giro per il mondo non pensavo di rimanere così sorpreso e stupito da questo fiumiciattolo, la cui linfa assume riflessi impensabili, soprattutto al capolinea della ferrovia, dove scendiamo ad osservare da vicino il flusso e dove sembra di veder scorrere . sangue!

Con calma facciamo poi rientro al punto di partenza, consci di aver consumato un’esperienza che è andata ben oltre le aspettative.

Ripresa strada dopo la splendida escursione ferro-fluviale passiamo dal Mirador Minas de Riotinto, da dove la vista spazia sulle più grandi miniere a cielo aperto d’Europa (tutt’ora in attività, ma chiuse al pubblico) . una voragine immensa, purtroppo non baciata dal sole, che nel frattempo se ne è andato dietro alle nuvole.

Ci avviamo allora lungo la strada che, proseguendo poco più a nord, porta al paese di Aracena, presso il quale abbiamo una prenotazione alle 16:30 per le Grutas de las Maravillas, delle grotte con stalattiti e stalagmiti che sono fra le più visitate di Spagna.

L’antro è caratterizzato da numerose conformazioni calcaree distribuite fra più sale, con numerosi laghetti sotterranei . bello, ma ormai abbiamo visto decine di luoghi simili e forse ci aspettavamo qualcosa di più.

A questo punto della giornata ci mancano ancora oltre duecento chilometri per giungere al termine della tappa, con il pomeriggio che è decisamente inoltrato, così partiamo con sollecitudine.

Torniamo in direzione di Siviglia, che attraversiamo affrontando anche un po’ di traffico, e proseguendo verso est, circa a metà percorso, ci fermiamo nella cittadina di Carmona per fare una veloce visita alla locale Necropoli Romana, una delle più importanti dell’Andalusia, con centinaia di tombe scavate nella roccia fra il I ed il II secolo d.C., un intermezzo tutto sommato interessante lungo la strada che conduce a Cordoba, rinomato centro che visiteremo domani.

Poco dopo le 20:30 arriviamo così a destinazione, all’Hotel Oasis, nella prima periferia della città, e nella stessa struttura ceniamo, in attesa del nuovo giorno, che speriamo non sia caratterizzato da cattive condizioni meteo, come le previsioni lasciano intendere.

Venerdì 22 Aprile

La sveglia a Cordoba, uno dei principali e storici insediamenti dell’Andalusia, che un tempo fu anche capitale della Spagna musulmana, è con il cielo grigio e grossi nuvoloni . ma almeno non piove (e pensare che la ricordo in estate, qualche decennio fa, con quaranta gradi all’ombra!).

Facciamo colazione e poi check-out all’Hotel Oasis, lasciando le valigie in deposito, prima di partire in auto verso il centro città.

Piazziamo così il nostro mezzo in un parcheggio a pagamento, il più possibile vicino ai luoghi di maggiore interesse, e poi, da lì, ci avviamo a piedi alla scoperta di Cordoba, mentre come purtroppo previsto . comincia a piovere.

Prima delle 9:00 siamo così all’ingresso della Mezquita-Catedral, che a quest’ora si può visitare gratuitamente. Il monumento, che da solo vale la visita alla città, pone le sue origini in una grande moschea, fatta erigere nell’VIII secolo d.C. dal re musulmano Abd ar-Rahman e più volte ampliata. Annoverato fra i maggiori capolavori mondiali dell’arte islamica, nel XVI secolo l’edificio fu in parte sventrato per inserirvi al centro una sontuosa cattedrale cristiana . da qui il nome Mezquita-Catedral, che la rendono un’opera praticamente unica al mondo.

L’interno è spettacolare . Una “foresta” composta da 856 colonne (un tempo erano 1293), sovrastate da archi a strisce bianco rosse. e sul lato meridionale la Maksura, l’area di preghiera riservata ai califfi e alla corte, con le decorazioni più belle, che raggiungono il loro apice nel Mihrab, la nicchia rivolta a La Mecca.

Ci godiamo il luogo, neanche troppo affollato in questo momento della giornata, per circa mezzora, fin quando scade il tempo delle visite gratuite e veniamo letteralmente messi fuori.

Nel frattempo è smesso di piovere e filtra pure qualche timido raggio di sole, così andiamo prima nelle vicinanze a vedere la caratteristica Calleja de las Flores, una stretta viuzza tempestata di vasi di fiori con vista sul campanile della Mezquita, e poi, attraversando il corso del Rio Guadalquivir sul Puente Romano (struttura più volte ricostruita nel corso dei secoli, facente parte in origine dell’antica Via Augusta), giungiamo di fronte alla Torre de la Calahorra, piccola fortezza di origine araba, compresa nelle vecchie fortificazioni della città.

Riguadagnata la sponda settentrionale del Guadalquivir ci rechiamo poi a visitare l’Alcazar de los Reyes Cristianos, la meno spettacolare fra le fortezze di origine araba delle maggiori città andaluse, ampiamente rimaneggiata durante il Regno di Castiglia, che ospita una bella collezione di reperti romani al suo interno e all’esterno interessanti giardini terrazzati.

Diretti verso il cuore di Cordoba, poco dopo, ci fermiamo a dare una occhiata alla bella Capilla Mudéjar de San Bartolomé che, risalente al XIV secolo, è uno dei migliori esempi di arte mudéjar in città e poi alla Puerta de Almodovar, aperta sul tratto di mura meglio conservato delle antiche fortificazioni.

Ci immergiamo quindi nella Judería, il vecchio quartiere ebraico, che con il suo dedalo di viuzze offre caratteristici scorci, e uscendone verso nord, subito dopo, passiamo di fronte alle undici colonne corinzie appartenenti ad un Tempio Romano de I secolo a.C., per giungere presso il Palacio de Viana, splendida residenza rinascimentale disseminata di verdeggianti patio, che però siamo costretti ad esplorare sotto ad una improvvisa e fitta pioggia.

Quando usciamo dal palazzo smette anche di piovere, così ci avviamo a completare il giro turistico di Cordoba, passando prima dall’ampia Plaza de la Corredera, seicentesca piazza porticata, l’unica in stile castigliano dell’Andalusia, dalle cui 360 finestre un tempo si potevano seguire le corride, che danno anche il nome al luogo, e poi dalla più angusta Plaza del Potro, dove si teneva il mercato del bestiame, come ricorda il puledro (el potro) che corona la fontana al centro dell’allungato spazio cittadino, che fra l’altro si trova vicinissimo al parcheggio dove abbiamo lasciato l’auto.

Alla ripartenza del nostro tour on the road passiamo così a recuperare le valigie in hotel e poi, mentre ci dirigiamo poco fuori Cordoba, al sito archeologico di Medina Azahra, che comprende le rovine di una città-palazzo fatta costruire nel X secolo dal califfo Abd ar-Rahman III, comincia purtroppo a piovere con insistenza.

Ci fermiamo così a pranzare con i nostri panini nel parcheggio del sito e poi temporeggiamo in attesa di una tregua meteo, fin quando, ormai nel primo pomeriggio, prendiamo coraggio e saliamo sulla navetta che conduce alle vestigia.

Sotto ad una leggera pioggerellina ci avviamo così ad esplorare le rovine, interessanti sotto diversi aspetti, ma poi comincia a piovere più forte, allora acceleriamo i tempi e, quando concludiamo il percorso di visite, ci ritroviamo tutti belli bagnati.

Riconquistata l’auto ripartiamo così con la ventilazione al massimo per asciugarci e sotto ad un vero e proprio diluvio arriviamo, ad una manciata di chilometri di distanza, alla successiva meta, il Castillo de Almodóvar del Rio, una fortezza di origine araba risalente all’VIII secolo e poi rimaneggiata, che domina il paesaggio, praticamente a picco sul fiume Guadalquivir.

Viste le condizioni meteo contrarie ci accontentiamo però di scattare qualche foto degli esterni e poi proseguiamo nell’itinerario, anche in considerazione del fatto che, successivamente, è previsto un lungo tratto di strada, durante il quale confidiamo in un miglioramento.

Vana speranza . infatti, quasi sempre sotto la pioggia battente, intorno alle 17:30, arriviamo nel paese di Alcalá la Real, proprio sotto la Fortaleza de la Mota, importante rocca fortificata, la cui storia si perde a ritroso nei secoli, che saremmo intenzionati ad esplorare.

Anche qui temporeggiamo un po’, fin quando sembra che voglia, finalmente, smettere di piovere, allora ci dedichiamo alla visita. Tutto sommato intrigante, malgrado le viste panoramiche fortemente penalizzate ed un forte vento, non certo piacevole.

Tornati, alla fine degli eventi, in controllo del nostro fedele mezzo di trasporto ci avviamo poi verso il termine della tappa.

Sfioriamo la famosa città di Granada, che vedremo dopodomani, e superando in autostrada un passo montano a quasi 1.400 metri di quota (a soli cinque gradi di temperatura!) planiamo quindi verso la cittadina di Guadix. Lì non piove e non sembra neanche lo abbia fatto nelle ultime ore, ma sulle vette più alte dei dintorni si nota addirittura qualche spruzzata di neve fresca!

A Guadix prendiamo così alloggio per la notte alla Cueva Pedro Antonio de Alarcon, una vera cueva scavata nella roccia, tipica della zona, e più tardi ceniamo nell’omonimo ristorante, auspicando per domani un rapido miglioramento delle condizioni meteo.

Sabato 23 Aprile

È piovuto durante la notte anche a Guadix e quando ci alziamo, con ampi sprazzi di cielo sereno sulla testa, non lo fa più, in compenso fa tanto freddo, solo sei gradi!

Lasciamo i bagagli in grotta e poi partiamo per esplorare i paraggi, cominciando proprio dal centro di Guadix, dove vediamo prima di tutto la bella cattedrale, costruita fra il XVI ed il XVIII secolo sul sito dell’antica moschea, in uno stile che spazia fra elementi gotici, rinascimentali e barocchi, ma anche la dirimpettaia Plaza de la Constitución, che è un esempio di progettazione urbana rinascimentale del tardo Cinquecento.

Subito dopo ci muoviamo, nella periferia dell’abitato, al Barrio de las Cuevas, dove c’è la maggior concentrazione di storiche e tipiche abitazioni scavate nella roccia, e lì saliamo a piedi al Mirador Padre Poveda, una terrazza panoramica dalla quale si ha un bel colpo d’occhio sui tanti camini di areazione che escono dalla terra come funghi, sinonimo delle numerose dimore trogloditiche della zona.

Dal Barrio ci spostiamo poi di una manciata di chilometri a ovest di Guadix. Superiamo il paese di Purullena e giunti nella località di Beas de Guadix deviamo su di una strettissima carrareccia che sale, con forti pendenze, al Mirador del Fin del Mundo, un punto panoramico che spazia sulle conformazioni a calanchi sottostanti . davvero intrigante, peccato solo che il sole sia un po’ latitante.

La strada di accesso al luogo è tutta cementata, a parte però le ultime decine di metri, in piano e su sterrato, che sono un delirio causa il fango presente, così rinunciamo precauzionalmente al successivo mirador, quello di Purullena: quattro chilometri, tutti su sterrato, che non ci sembra proprio il caso di affrontare, viste le piogge di questa notte.

Torniamo allora alla nostra cueva a recuperare i bagagli e poco dopo partiamo, imboccando l’autostrada, in direzione della città di Almeria e del Mar Mediterraneo, mentre non possiamo fare a meno di notare, ancora una volta, le vette circostanti imbiancate di neve.

Scendendo di quota ed entrando nell’area geografica del cosiddetto Desierto de Tabernas, l’unico deserto, considerato geologicamente come tale, localizzato in Europa, il cielo si ripulisce completamente dalle nuvole e la temperatura sale, fin quasi a venti gradi. Il luogo, fin dagli anni Sessanta, è stato teatro di migliaia di riprese cinematografiche e pubblicitarie, che lo hanno portato ad essere conosciuto come la Hollywood europea.

Giunti così nei pressi del parco divertimenti Mini Hollywood ci fermiamo, ma non per il parco, eccessivamente turistico, bensì per seguire un breve tratto del cosiddetto Sentiero del Deserto, che parte proprio dal parcheggio adiacente . Sentiero lungo il quale scendiamo, fra eccellenti vedute, fin sul fondo di un canyon. Da lì poi si potrebbe anche proseguire per formare una sorta di anello, ma noi preferiamo fare ritorno, comunque soddisfatti, al punto di partenza per la medesima via.

Passato ormai mezzogiorno ci spostiamo quindi di una manciata di chilometri al vicino Fort Bravo Texas Hollywood. Pure questo è un parco divertimenti, ma ha anche una sua storia. Fu infatti set cinematografico di numerosi film di successo, in particolare del mitico Sergio Leone, come “Il buono, il brutto e il cattivo” e “C’era una volta il west”, ma anche altri, come “I magnifici 7”, “L’ultimo dei moicani”, “Lawrence d’Arabia” e pure “Indiana Jones e l’ultima crociata” . in tutto oltre settanta!

Pranziamo nell’area di parcheggio del parco e poi andiamo alla sua scoperta: un insieme di edifici fittizi ambientati nel far west americano, che però appaiono piuttosto fatiscenti e necessiterebbero di un copioso restauro . Il tutto risulta oltremodo suggestivo, soprattutto in occasione di un simpatico spettacolo western con tanto di sparatorie ed inseguimenti a cavallo, messo in scena da un apposito cast di attori, al quale assistiamo prima di lasciare definitivamente il luogo, assediato nel frattempo da un fastidioso vento.

Con largo anticipo guadagniamo così la costa mediterranea, nei pressi di Almería, per completare il lungo trasferimento di giornata.

Andiamo ad occidente lungo il profilo costiero per un bel tratto, attraversando anche la zona degli Invernaderos, uno sterminato mare di plastica formato dalla più grande concentrazione di serre al mondo, prima di svoltare nuovamente verso l’interno e la città di Granada.

Lungo questo ultimo tratto di strada tornano ad addensarsi le nuvole e addirittura piove quando, a fine giornata, giungiamo all’Hotel Camino de Granada, che ci ospiterà per la notte . Non è previsto però brutto tempo per domani, quando andremo alla scoperta della città . speriamo bene!

Domenica 24 Aprile

Mentre la vacanza volge ormai irrimediabilmente al termine ci svegliamo a Granada, la città che, sviluppatasi ai piedi della Sierra Nevada, fu l’ultima roccaforte araba in Spagna.

Era il 2 gennaio 1492 quando l’ultimo re della dinastia Nasride (Boabdil) consegnò le chiavi della città e della fortezza dell’Alhambra ai Re Cattolici. L’epopea araba di al-Andalus si concluse così a Granada nello stesso anno in cui Cristoforo Colombo (in ottobre) scoprì le Americhe.

All’inizio di questo conclusivo giorno di vacanza in Andalusia scosto così timoroso le tende della stanza d’hotel per guardar fuori . non piove più. Ci sono però ancora parecchie nuvole sulla nostra testa, ma anche qualche beneaugurante sprazzo di sereno.

Poco più tardi, infatti, il cielo si ripulisce, mentre facciamo check-out e lasciamo le valigie in deposito all’hotel per andare verso il centro città, con il termometro che però segna solo otto gradi di temperatura.

Andiamo a lasciare l’auto nel Parking San Augustin, proprio dietro la cattedrale, e da lì partiamo alla scoperta di Granada.

Prima di tutto ci dirigiamo verso la celeberrima Alhambra, il monumento più visitato di Spagna, inserito fin dal 1984 nel Patrimonio dell’Umanità dell’Unesco, che pone le sue origini nel IX secolo, ma che deve le sue fortune al periodo compreso fra il XIII e il XIV secolo, allorquando i sovrani Nasridi trasformarono il luogo in un magnifico palazzo-fortezza, vero e proprio scrigno di arte islamica in Europa.

Oltrepassiamo la monumentale Puerta de la Justicia e arriviamo giusto in tempo per visitare l’Alcazaba, la parte più antica del complesso dell’Alhambra, risalente al XIII secolo, un intricato sistema di fortificazioni che culmina nella Torre de la Vela, da dove si ha un bel colpo d’occhio sulla città, con in lontananza la Sierra Nevada imbiancata.

Subito dopo ci presentiamo all’ingresso del Palacio Nazaries, prenotato con larghissimo anticipo, qualche mese fa, per le 9:30, e in perfetto orario varchiamo la soglia del cuore dell’Alhambra, un complesso architettonico strabiliante, composto da fiabesche arcate e volte dorate, preziosi intarsi e raffinati stucchi, che raggiungono l’apoteosi nel famosissimo Patio de los Leones, con al centro la fontana nella quale l’acqua sgorga dalle bocche di dodici leoni in marmo, ma anche la Sala de los Reyes, dove spiccano un paio di rarissimi dipinti nascosti tra le volte, davvero inusuali fra le decorazioni arabe, e poi le fantasiose Sale de los Abencerrajes e de dos Hermanas, con elaboratissimi soffitti.

Usciti dal Palacios Nazaries attraversiamo il Giardino del Partal, dominato dall’omonimo quattrocentesco palazzotto e, uscendo dalle fortificazioni, arriviamo al cosiddetto Generelife, il sontuoso palazzo d’estate del sultano, caratterizzato da rigogliosi giardini con giochi d’acqua e splendidi cortili porticati, con la vista che spazia sulla fortezza dell’Alhambra e più in lontananza sulla città di Granada . un quadretto niente male!

Più tardi, rientrati nelle fortificazioni, completiamo la visita passando a dare un’occhiata al Baño de la Mezquita, antichi bagni arabi, e l’attigua Iglesia Santa Maria de Alhambra, costruita sulle rovine di una vecchia moschea, ma anche il Palacio de Carlos V, l’edificio più recente del complesso, edificato nel XV secolo, in netto contrasto stilistico con tutto quanto il resto, ma che presenta un accattivante cortile circolare, realizzato secondo un modello tipico del rinascimento.

Usciamo dalla Puerta de la Justicia che è quasi mezzogiorno, con gli occhi ancora pieni di meraviglia, e ci rechiamo, nella medesima collina, a vedere anche il Jardin de el Carmen de los Mártires, un interessante giardino ottocentesco che si sviluppa intorno ad una residenza con un bel patio nasride.

Scesi definitivamente dall’altura dell’Alhambra andiamo a consumare i nostri panini nella centralissima Plaza Nueva, sulla quale prospettano la monumentale facciata in stile manierista della Cancelleria Reale e la cinquecentesca Iglesia de Santa Ana, il cui campanile in origine era un minareto.

A pancia piena ci avviamo poi lungo la Carrera del Darro, una stretta via che si sviluppa in fregio ad un piccolo canyon, di sovente scavalcato da ponticelli in pietra, e lì giungiamo al Baño Árabes el Mañuelo, bagni arabi ben conservati risalenti all’XI secolo, ai quali dedichiamo un breve lasso di tempo, prima di tornare a Plaza Nueva per salire sull’autobus che dovrebbe portarci, in cima alla collina del quartiere di Albayzín, al Mirador San Nicolás.

Dalla piazzetta antistante la bianchissima Iglesia de San Nicolás si ha in effetti uno splendido colpo d’occhio sull’Alhambra e da lì poi sui può intraprendere la discesa lungo le strette viuzze di Albayzín, l’antico quartiere arabo, il più caratteristico di Granada. Una passeggiata che termina nella graziosa Plaza San Gregorio, con la bianca facciata dell’omonimo convento, e poi in Calle Caldereira, un vicolo stracolmo di negozietti, che sfocia di nuovo nei pressi di Plaza Nueva.

A questo punto della giornata ci dedichiamo poi alla visita della parte bassa della città e vorremmo cominciare dal Palacio de la Mandraza, che nel XIV secolo ospitava una scuola coranica (madrassa), un bell’esempio di architettura mudéjar, ma è inspiegabilmente chiuso, allora ci mettiamo in fila, sul lato opposto della piccola piazza sulla quale prospetta, per entrare nella Capilla Real, la cappella dove sono sepolti i Re Cattolici Isabella I di Castiglia e Ferdinando II di Aragona, oltre alla figlia Giovanna “La Pazza” e suo marito Filippo “Il Bello”.  Le tombe sono sovrastate da un elaborato mausoleo in stile gotico-isabellino, che purtroppo, però, non si può fotografare, così come lo scettro della regina e la spada del re, collocati in una sala adiacente.

Usciti dalla Capilla Real ci rechiamo a vedere, ad un isolato di distanza, il cosiddetto Corral del Carbón, un antico caravanserraglio attentamente restaurato e poi, passando per l’ottocentesca Plaza Bib-Rambla, giungiamo al cospetto della grande Cattedrale di Granada, forse stretta eccessivamente fra altri edifici, che le impediscono di risaltare a dovere. Le sue immense proporzioni si esaltano però nella Capilla Mayor, alta 45 metri, mentre la sua architettura è un mix di stili che va dal gotico al rinascimentale, dovuto ai tempi di costruzione, che si protrassero per quasi due secoli.

Dalla cattedrale andiamo quindi un po’ più in periferia, prima alla barocca Basilica San Juan de Dios, che però è chiusa per restauri, e poi al vicino Monasterio de San Jerónimo, di origine cinquecentesca, che invece è aperto e anche molto bello. In particolare la sua chiesa, realizzata in stile tardo-gotico, è tutta magistralmente dipinta a colori molto accesi e offre uno splendido colpo d’occhio.

Da qui, ormai stanchi, andiamo a recuperare la nostra auto che sono quasi le 17:00 e dal parcheggio ci spostiamo ad un quartiere periferico di Granada per effettuare l’ultima visita di giornata e anche del viaggio: quella al Monasterio de la Cartuja, un altro gioiello di questa splendida città.

Il complesso religioso, eretto fra il XVI ed il XVIII secolo dai monaci certosini è un vero e proprio capolavoro del barocco, un trionfo di marmi colorati, colonne, sculture e volte affrescate . la degna ciliegina sulla torta del nostro itinerario.

Ora non resta che tornare all’Hotel Camino de Granada a ritirare le valigie e poi andare spediti verso Malaga per chiudere il cerchio del viaggio.

Il tragitto è tutto su strada a scorrimento veloce così, senza intoppi, intorno alle 19:30, arriviamo all’Hotel Ibis Budget Malaga, a soli tre chilometri dall’aeroporto, dove passeremo l’ultima notte in Andalusia.

Più tardi ceniamo all’interno della struttura e poi andiamo in camera a sistemare i bagagli, ma anche a riposare, in considerazione dell’imminente partenza verso casa e la levataccia prevista.

Lunedì 25 Aprile

Alle 6:30 suona la sveglia che dà il via al viaggio di ritorno, così poco dopo le 8:00 lasciamo l’Ibis Hotel e alcuni minuti più tardi siamo a consegnare la fedele Seat Ateca alla Record Go, con la quale, in Andalusia, abbiamo percorso 2.068 chilometri.

Entriamo nel terminal dell’aeroporto di Malaga e subito spediamo le valigie, poi, oltrepassati i controlli di sicurezza, ci imbarchiamo, in tempi brevissimi, sul volo Easy Jet EJU 2734 che, in leggero ritardo, alle 10:27, spicca il volo per l’Italia . un volo senza sussulti, che ci porta ad atterrare sulla pista di Milano Malpensa alle 12:32.

Un’ora più tardi, dopo aver ritirato i bagagli, pranzato in aeroporto con un costosissimo panino e fatto rientro con l’apposita navetta al Ciao Parking, partiamo con la nostra auto verso casa.

Così facendo, intorno alle 14:30, scavalchiamo il corso del fiume Po’ e torniamo anche nella nostra regione, poi un altro giro di lancette ci porta ad imboccare la A14 a Bologna. Infine, pochi minuti dopo le 16:00, usciamo dall’autostrada a Faenza e alle 16:20 concludiamo felicemente il viaggio davanti al cancello della nostra abitazione.

Bella, anzi bellissima, l’Andalusia, come del resto ci aspettavamo. Splendidi in particolar modo i centri abitati, crocevia di civiltà ricchissimi di storia, ma anche gli aspetti naturalistici non sono da sottovalutare, per un viaggio dalle mille sfaccettature, dove ogni particolare è stato un successo, meritevole di un Olé! Acclamazione spagnola, ma soprattutto andalusa, che si addice perfettamente al caso.

Torniamo così soddisfatti da questa nuova avventura, con l’auspicio che sia solo il la ad una nuova serie di viaggi attraverso il mondo intero, dopo la sosta forzata per il maledetto Covid!

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