Anche l’India ha le “sue” Maldive, ed è un magnifico arcipelago dove scoprire il lato vista mare del paese più popoloso al mondo

Partiamo in 4 (io, mio marito e i nostri due figli di 19 e 21 anni), pronti per festeggiare il nostro 25° anniversario di matrimonio, con destinazione Isole Andamane e India. Alla fine, più che un viaggio, si è rivelata una vera e propria esperienza di vita, simo tornati tutti un pochino cambiati, l’India è uno di quei posti che ami o che odi. Per quanto ci riguarda l’abbiamo amata tanto!
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Cosa vedere sulle Isole Andamane e in India
Havelock
Abbiamo deciso di dedicare 7 giorni pieni alle Isole Andamane e di arrivarci direttamente senza pernottamento a Calcutta. È stata una sfaticata ma si può fare. Tra l’altro da gennaio 2025 è stato abolito il visto per le Andamane e non è più necessario fare lunghe code a Port Blair, la burocrazia indiana si fa più snella. Per contro le isole Andamane sono poco conosciute, lontane e difficili da raggiungere. Ma quando si arriva la fatica è ripagata da un vero e proprio paradiso! Havelock: è indubbiamente l’isola che ci è piaciuta di più.
Abbiamo trascorso le prime 2 notti al Barefoot resort, un eco lodge molto bello sulla spiaggia di Raganagar (spiaggia n. 7). Il New York Times la mette al primo posto della classifica mondiale ed è sicuramente la più bella delle spiagge da noi visitate, anche fuori dalle andamane.
Il Barefoot vale la spesa anche solo per l’accesso diretto al lato meno frequentato della spiaggia. Sono pochissime le strutture in questa parte dell’isola. I tramonti sono da brividi! A quell’ora si riversa una moltitudine di gente, ma sono tutti concentrati nella zona di accesso della strada, basta spostarsi di 100 mt verso il Barefoot e si è praticamente da soli. Agli indiani piace stare tutti attaccati quindi trovare una spiaggia solitaria nelle Andamane è semplicissimo. Loro arrivano con fotografo al seguito, scattano una miriade di foto e se ne vanno. Non fanno il bagno, o almeno non come lo intendiamo noi! Si bagnano appena, pochi minuti (tutti belli vestiti). È un turismo mordi e fuggi, fatto per lo più di benestanti coppiette in viaggio di nozze. La spiaggia di Raganagar è sabbiosa, non ci sono coralli. La settimana precedente si sono schiuse le uova delle tartarughe, ma noi non abbiamo avuto la fortuna di vederle. I servizi offerti al Barefoot e lo standard dei lodge è alto per gli standard indiani, difficilmente si trova di meglio, le capanne con il tetto in paglia sono molto distanziate tra loro, immerse nella foresta, la struttura fornisce delle torce per girare quando si fa buio, il ristorante è ottimo e ciò è una buona cosa in quanto il resort è fuori mano e non ci sono ristoranti vicini. Noi ci siamo spostati in taxi o tuk tuk. Il ristorante si chiama Elephant in onore dell’ultimo elefante (di proprietà del resort) presente nell’isola che è morto qualche anno fa….. quello che nuotava in mare e che si vede in molte foto delle Andamene…. in realtà oggi ad Havelock non ci sono più elefanti ed il campo di lavoro è stato chiuso.
Il giorno seguente ore 8,30 ci siamo fatti portare con 2 tuk tuk al punto di partenza della spiaggia di Elephant Beach (la n. 3). Il tracking dura poco meno di 40 minuti ed è molto bello, consiglio di arrivare presto per godere della spiaggia prima che arrivino i turisti. È zeppo di gonfiabili, barche, moto d’acqua, giochi d’acqua di ogni genere che tanto piacciono agli indiani e molte bancherelle di frutta…. ma superando questo breve tratto e camminando verso sx si arriva in paradiso, in una spiaggia deserta tutta per noi. Si tratta anche di un punto snorkeling ben raggiungibile da riva, davvero molto bello. Attenzione però a tornare indietro prima dell’alzarsi della marea! Molto molto belli i tronchi degli alberi, oramai quasi fossilizzati e che giacciono sulla spiaggia come vere e proprie opere d’arte della natura sulla (abbattuti dallo tzunami). La spiaggia unica nel suo genere è perfetta per lo snorkeling.
Il giorno seguente ci siamo dedicati ad un’escursione in barca e allo snorkeling (Barefoot Scuba). Ottima organizzazione, solo noi 4 con 2 guide subaquee che nuotando ci indicavano ogni tipo di pianta, corallo o pesce particolare che sicuramente noi non avremmo mai notato, molto molto interessante. Noi avevamo il nostro equipaggiamento ma lo affittano tranquillamente. Io preferisco comunque utilizzare la mia maschera. Snorkeling molto intenso e anche faticoso per chi è poco allenato o ha paura di allontanarsi ma mi sono sempre sentita sicura.
Nel pomeriggio ci siamo trasferiti in un’altra struttura situata nella spiaggia numero 3. Questa zona offre il vantaggio di essere maggiormente indipendenti negli spostamenti, potendo raggiungere a piedi numerosi locali sulla spiaggia ed il vicino il villaggio n. 3, che è il principale dell’isola.
La struttura da noi scelta è stata l’Exotic Bech Resort), resort semplice ma in perfetta posizione per le nostre esigenze, fronte spiaggia per potere godere a pieno delle meravigliose albe su questo lato dell’isola.
Full Moon Cafè adiacente all’hotel è il miglior posto che abbiamo trovato per bere qualcosa e mangiare, molto bello stare in riva al mare mangiando l’aragosta o semplicemente bevendo una limonata home made o un Lassi (yogurt liquido aromatizzato in vari modi).
Il villaggio n 3 è il fulcro dell’isola con un vivace mercato della frutta e verdura ed una pescheria, diversi baracchini dove mangiare le loro specialità. All’inizio eravamo titubati ma poi ci abbiamo preso gusto, samosa fritti, spiedini, il famoso Chai (te aromatizzato al latte) e tantissimi Lassi.
A bordo dei nostri soliti 2 tuk tuk ci dirigiamo a sud dell’isola nella spiaggia di Kalapathar. Qui la strada finisce dove comincia un sentiero che dopo un’ora circa di tracking porta alla Secret Beach, non ben segnalato ma si trova alla fine di un’area relax dotata di panchine carine, sdraie di legno, bungalow ristoro e molte bancherelle. Anche qui è bene arrivare presto perché poi arrivano indiani in quantità. Non abbiamo percorso tutto il sentiero ma è piacevole e a tratti sbuca fuori in calette carine. La parte della spiaggia fino all’area ristoro è perfetta per foto sugli scogli affioranti della bassa marea, ma proseguendo la spiaggia si fa perfetta per lo snorkeling.
Risalendo facciamo sosta nella bella spiaggia di Vijaynagar (la n. 5). Ci siamo fatti lasciare all’accesso dell’Hotel Munjoch, ottima scelta perché abbiamo usufruito di lettoni fronte spiaggia sotto le palme, assolutamente deserti. Tutti gli ospiti erano in escursione (come vi dicevo gli indiani fanno tutto in gruppo) e la spiaggia era letteralmente solo per noi, parliamo di km di spiaggia incontaminata dalla sabbia finissima. Per fare il bagno bisogna però camminare circa 200-300 mt a causa della marea.
La spiaggia n.2 è molto diversa, a tratti con mangrovie ma c’è il Nemo Point, punto molto bello di snorkeling facilmente raggiungibile anche dalla spiaggia, ma che noi abbiamo raggiunto con l’escursione in barca.
Il 24/2 alle h 10,00 trasferimento in traghetto Makruzz da Havelock a Neil Island
Neil island
Un’ora di traghetto è sufficiente per raggiungere la piccola isola di Neil. Ma al nostro arrivo troviamo una brutta ed inaspettata sorpresa! Alla reception ci dicono che le autorità hanno sospeso (da 15 giorni) tutte le escursioni in barca con divieto di balneazione ovunque oltre la barriera corallina. Sono stati molto vaghi e ancora la corsa non ci è chiara. Qualcuno parlava di un avvistamento di un coccodrillo nei pressi del ferry. Avevo sentito parlare del problema coccodrilli marini nelle Andamane, una decina di anni fa c’è stato un attacco ad una turista americana nella spiaggia di Raganagar ad Havelock. I coccodrilli sembra siano arrivati con lo tsunami, si trovano sulla costa ovest dell’isola di Havelock dove non ci sono spiagge e vi sono corsi d’acqua che vanno all’interno in zone paludose di mangrovie. Ci hanno spiegato che i coccodrilli non amano le barriere coralline.
La ragione per la quale abbiamo deciso di trascorrere 3 giorni nella tranquilla Neil Island è che qui i coccodrilli non si sono mai visti, o almeno loro dicono così! È’ bastato, sembra, un avvistamento di un pescatore per mettere in allarme tutta l’isola. Qualcuno parlava di un boicottaggio per accentrare il turismo ad Havelock. La cosa strana è che ci hanno vietato pure le gite e i tracking nella foresta. È una cosa che non si capisce. Fatto sta che non abbiamo potuto fare un serio snorkeling, non siamo usciti in barca e ci siamo accontentati di stare a riva, ad ogni spiaggia c’era la security di pattuglia, è stata una grandissima delusione! A ciò si aggiungano tre giorni di tempo bruttino, qualche piovasco e le maree con orari a noi poco congeniali. La marea si sposta ogni giorno di un’ora ed è molto lenta. Per noi l’alta marea (che equivale a potere fare il bagno) arrivava alle 8 della mattina e alle 8 di sera. Chiaramente con il tramonto alle ore 17,00 la marea è stata un grosso problema. Se aggiungiamo il problema coccodrillo avvistato in un lato dell’isola, la ricerca della spiaggia giusta diventava difficile.
Ho notato che gli indiani sono estremamente prudenti, per esempio non amano che si faccia snorkeling in autonomia. Tenete presente che a bordo piscina del nostro resort c’erano numerosissime norme di sicurezza per gli indiani. Si vedono scene pazzesche di indiani vestiti che fanno il bagno nell’acqua bassa della piscina tutti rigorosamente con il salvagente! Appena appena c’è un po’ di corrente o onda in mare, la security è pronta a soccorrere i bagnanti, sembra che gli indiani abbiano una bassissima acquaticità e si anneghino facilmente. Inoltre sono portati ad imitare gli occidentali e questo rappresenta per loro un serio pericolo. Quindi effettivamente anche la storia del coccodrillo non la capisco! A Marsa Alam un’amica mi ha raccontato che uno squalo ha attaccato una turista, in Thailandia un altro amico ha pestato una sorta di scorpione d’acqua ed è stato immobilizzato 2 settimane, in Australia ci sono gli attacchi frequenti di squali…. e tutto continua…. Qui alle Andamane un coccodrillo “fantasma” ha paralizzato letteralmente il turismo dell’isola. In generale quando di va nei posti selvaggi come questi un pò di rischio c’è sempre ma non credo che qui ci siano più pericoli che in altri luoghi, basta usare il buon senso come ad esempio non avventurarsi nella foresta o nelle spiagge di sera. Le spiagge erano costantemente perlustrate da guardiani, anche di notte con la torcia.
Per la nostra permanenza a Neil Island abbiamo scelto il Silver Sand Resort, che pur essendo una struttura di lusso non corrisponde nemmeno ad un 3 stelle per i nostri parametri… ma si sa, siamo in India. No wi-fi. Struttura carina immersa in un giardino tropicale curato, buona colazione ma non per noi occidentali a meno che non ci si accontenti di pane tostato con la marmellata. Spiaggia privata molto suggestiva all’alba ma non adatta alla balneazione. Nel complesso buona scelta perché adiacente all’unico villaggio al centro dell’isola, equidistante da tutto e perfetto per i nostri tour in bicicletta.
Neil è molto molto più tranquilla rispetto ad Havelock, non c’è traffico, non esistono quelle strutture che tanto piacciono ai turisti indiani con capanne super luminose per le coppiette in viaggio di nozze, feste rumorose o giochi d’acqua. Qui la vita scorre lenta. Si incontrano parecchi turisti occidentali, diversi italiani, ma turisti comunque un po’ particolari, diciamo alternativi, un po’ hippy…. abbiamo incontrato un’antropologa, una coppia di italiani che gestiva un rifugio negli appennini che aveva lasciato tutto per venire a trascorrere qualche mese qui, amanti della natura, dello yoga e non solo.
Qui a Neil Island bisogna guardare ancora con maggiore attenzione elle maree.
Il primo giorno abbiamo visitato la spiaggia di Sitapur, quella che mi è piaciuta maggiormente. Camminando per un pezzo fino al relitto sulla spiaggia verso sx si arriva in spiagge paradisiache meno battute dal vento. Qui abbiamo fatto snorkeling senza allontanarci troppo dalla riva. Il pensiero coccodrillo comunque c’era. La parte iniziale della spiaggia pur essendo splendida per il paesaggio non è adatta alla balneazione per il vento e le onde alte. La sabbia è color ocra in contrasto con le sfumature di vari colori di blu dell’acqua e la roccia stranamente bluastra con delle particolari formazioni di muschio di un verde acceso. Dietro il verde brillante della foresta che incombe sulla spiaggia, ci sentivamo come Robinson Crusoe! davvero mai vista una tale bellezza!!!
Poi ci siamo diretti a sud nella spiaggia di Ram Nagar, perfetta per lo snorkeling, una delle poche per noi data la marea e l’avvistamento del coccodrillo nella parte opposta dell’isola. L’accesso migliore è dal Sea Shell resort.
Abbiamo velocemente visitato la spiaggia Baratpur, tutti dicono la più bella, ma a noi a non è piaciuta un granché, ha la vista sul ferry ed è piena di gente. Per contro ci sono tante bancarelle dove fare shopping e ristorantini sulla spiaggia. A noi è andata bene così perché è arrivata una pioggia improvvisa e ci siamo rifugiati un uno dei tanti ristorantini.
A Neil Island i ristoranti ci sono ma sono strutture più semplici, è necessario più spirito di adattamento rispetto ad havelock. I prezzi in generale sono molto molto più bassi, si mangia anche con 2 euro (non street food ma seduti comodi con pasti abbondanti e pesce fresco). Ottimo il ristorante Avisa dove abbiamo mangiato un’aragosta galattica! Ma è necessario informarsi sempre prima chiedendo il prezzo perché l’aragosta comunque rispetto al resto del menù costa molto di più e tendono a fregare i turisti. Bisogna inoltre informarsi sulla tecnica di cottura. Ci hanno servito il povero carapace vuoto con annessa ciotolina. L’ aragosta stracotta era stata tagliuzzata e immersa un una salsa d’aglio. That’s India!
Ci sono tantissimi baracchini per strada dove fare una sosta dalla biciclettata e farsi aprire un cocco, anche nelle spiagge dove avevo letto non doveva esserci nulla.
Le strade a Neil island sono recentemente asfaltate, ottime direi! E non si rischia la vita come nel resto dell’India. Al rientro da Sitapur abbiamo visitato una scuola, esperienza toccante, sono stati felici di farci entrare. Come fare un passo indietro di cent’anni!
Il giorno seguente ci siamo dedicati alla parte ovest dell’isola.
Lakshmanpur beach n. 1 è la punta estrema ovest, dove il mare a nord (lato ventoso) e quello a sud (lato calmo) si uniscono in una meravigliosa lingua di sabbia, raggiungibile attraverso una bellissima strada ben asfaltata immersa nella foresta. Noi abbiamo trovato un pò di brutto tempo, tantissimo vento e onde alte. Un fascino particolare. Subito a colpirci è stata la tanta spazzatura nella spiaggia. A mio marito è subito venuto naturale raccogliere quella intorno a noi, ma poi ci siamo fatti prendere la mano e ci siamo messi tutti a ripulire la spiaggia. L’uomo della sicurezza della spiaggia forse si è vergognato e dopo un po’ anche lui si è messo a ripulire…. alla fine tutti insieme in poco meno di un’ora abbiamo ripulito la spiaggia, con l’aiuto di qualche! (i bidoni ci sono ma non li usa nessuno!). E’ stata una bella soddisfazione!
Proseguiamo per Lakshmanpur beach (la n. 2, chiamata anche Natural bridge). E’ da visitare assolutamente con la bassa marea, con scarpe adatte agli scogli taglienti e acqua. Ci sono tantissimi turisti indiani ma anche qui basta spostarsi un po’ a sx raggiungendo il secondo arco naturale e si rimane quasi da soli. L’accesso alla spiaggia passa attraverso un sentiero gremito di bancherelle colorate ben fornite di cibo e artigianato locale molto conveniente (noi abbiamo acquistato collanine di pietre dure e perle).
Sulla strada di ritorno, ripassando per il villaggio notiamo della confusione in strada, era una festa induista. Ci siamo fermati incuriositi e qualcuno ci ha fatto cenno di entrare in un piccolo tempietto, ci siamo tolti le scarpe e ci hanno offerto dei piattini con frutta varia e dolcetti. Poi la festa si è spostata in una struttura più grande. Tutti erano vestiti nel loro abito migliore, ci hanno invitato ad entrare ma alla fine ci hanno lasciato fuori dai cancelli, molto probabilmente per il nostro abbigliamento da mare poco consono….. un po’ ci è dispiaciuto ma capiamo… Tutti sono stati molto gentili ed accoglienti!
Port Blair
In mattinata lasciamo la bella isoletta di Neil per raggiungere Port Blair. Avevo letto che non ne valeva le pena ma ho voluto fare comunque uno scalo tecnico per non rischiare di perdere il volo. Spesso i traghetti subiscono ritardi o cancellazioni per brutto tempo.
In effetti la città è come me l’aspettavo, tremenda, non ci ha lasciato nulla. Abbiamo visitato la prigione di Cellular Jail ma non abbiamo compreso a pieno il significato di ciò che abbiamo visto. C’era tantissima gente, gruppi di circa 50 persone che partivano uno dietro l’altro, tutti in lingua Indi. Inutilmente abbiamo certato un tour in inglese (anche privato) ma niente da fare, regnava solo la confusione, nessuno sapeva nulla, anche questa è india…. Quindi letto qualche documento all’entrata sulla storia della prigione e fatto una breve visita ce ne siamo andati sconsolati. Immagino che con una spiegazione tutto sarebbe stato molto diverso.
Poi ci dirigiamo al mercato di Aberdeen sperando di consolarci con shopping, anche questo molto deludente. Abbiamo trovato a fatica qualcosa di decente da mangiare per l’ora di pranzo. La sera siamo andati a colpo sicuro in un ristorante fuori Port Blair.
Abbiamo dormito all’Hotel Atlanta, per la verità piuttosto triste…. Ma a Port Blair difficile trovare di meglio a meno che non si salti completamente la città e si scelga qualche resort sul mare, cosa che vivamente consiglierei.
Varanasi
La mattina seguente, il 28/2, prendiamo il volo per Varanasi, con scalo a Calcutta. Su Varanasi potrei scrivere un libro tanto siamo rimasti colpiti da questa città. Tutti sanno che è la città più sacra per gli induisti e avevamo tanto letto…. ma nulla di ciò che sapevamo ci avrebbe mai preparati ad uno shock culturale di tale livello.
Cominciamo col dire che la nostra struttura, l’unica in India che non ha voluto la prenotazione tramite Booking o altro, alla fine si è rivelata una fregatura. All’ultimo momento ci informano di non avere più la disponibilità delle nostre camere! Ci avrebbero messo in una struttura adiacente con una camera che loro definiscono “Budget”. Secondo la nostra esperienza di strutture indiane considerate 4 stelle, eravamo del tutto terrorizzati solo all’idea. Per fortuna non avevamo lasciato la Carta di credito. Una volta giunti all’aeropprto di Varanasi ci siamo messi alla ricerca e abbiamo trovato un’altra sistemazione, tutto sommato non male, ma fuori dal centro. Consiglierei comunque di rimanere in zona Ghat (gradinate sul Gange) per godere appieno la città e non dovere passare 4 volte al giorno il calvario di un traffico infernale.
Lasciamo i bagagli in hotel e ci dirigiamo verso il centro, non abbiamo mai visto così tanta gente compressa che fosse qualcosa di diverso da un concerto. Il taxista dell’aeroporto ci dice che non gli è permesso entrare in città e ci chiama un tuk tuk (questa volta almeno a Varanasi sono a 4 posti e non ne dobbiamo prendere due). Ma anche questo ad un certo punto si ferma dicendoci che non gli è permesso andare oltre e ci lascia nelle mani di un risciò trainato da un povero ragazzo in bicicletta che ci ha portato sino all’area pedonale. Ci siamo sentiti molto in colpa e a disagio, poi ci hanno spiegato che quell’uomo grazie a noi portava a casa una paga. Ma ancora non eravamo convinti, soprattutto i miei figli non hanno capito… Da li al ghat ci sono voluti altri 20 min a piedi. Per tornare comunque bisogna fare dei cambi, poi abbiamo scoperto che i tuk tuk possono girare solo in parti ristrette, bisogna scendere e prenderne un altro che abbia la licenza di passare dall’altra parte della città. Tuk tuk sono incredibilmente elettrici! L’india è terra di contrasti e Varanasi ne è il simbolo più grande. Tutti guidano come matti, ci sembra di essere agli autoscontri, di rischiare la vita ad ogni momento, non c’è un vero e proprio senso di marcia, delle strisce, nulla… vige la legge del far west dove chi suona più forte e si butta per primo vince! Non esistono marciapiedi.
Il giorno dopo ci miniamo di tappi per le orecchie e mascherina anti smog e rifacciamo il tutto il calvario! I tuk tuk convivono miracolosamente (e senza che alla fine si sia visto un qualche incidente) con migliaia di pellegrini che girano scalzi (quasi tutti letteralmente scalzi), risciò, mucche sacre che vagano indisturbate per gli stretti vicoli, tantissimi cani randagi, scimmie, capre e persino cammelli. In tutto ciò sudiciume ovunque, pensate solo ai pedi scalzi e agli escrementi.
Ma allora perché andare a Varanasi? Perché nonostante la sporcizia ed il traffico assurdo a Varanasi si respira un’energia senza eguali. Gli indiani anche più poveri affrontano un lungo peregrinaggio per arrivare fin qui e bagnarsi nel Gange da almeno 5 ghat diversi (ghat è la parola che descrive la congiunzione tra la terra ed il fiume, non semplici gradini). Ce ne sono 84, convivono insieme ad oltre 2000 templi antichissimi. Ogni re andato a morire a Varanasi si è fatto costruire un palazzo, uno più splendido dell’altro. È tra le 10 città ancora abitate più antiche del mondo (3500 anni), sembra di tornare indietro nel tempo! I pellegrini, gli indiani che girano per Varanasi non sono semplicemente turisti. Quelli che possono dormono in una delle migliaia guest house e dormitori, gli altri si formano un giaciglio di fortuna lungo il fiume, quelli che per noi ad un’occhiata veloce potrebbero sembrare dei barboni in realtà non lo sono, sono solo pellegrini che coronano il sogno di una vita. Si legge negli occhi di questa gente la felicità quando riescono finalmente a bagnarsi in quell’acqua che per noi è lurida ma che per loro è sacra. Lavano e stendono i panni, si lavano i denti, fanno il bagno, cremano i loro morti e gettano le ceneri nel fiume, mangiano, dormono … insomma fanno tutto nello stesso luogo sacro. Tanti anche gli anziani ed i malati che vogliono morire qui.
Insomma è stata un’esperienza forte, quasi traumatizzante, sicuramente non adatta a tutti. Sotto le tende si intonano canti di preghiera, ad ogni dove ci disegnano sulla fronte un simbolo beneaugurante, ci danno ghirlande di fiori, ci annodano fili colorati ai polsi, insomma ci accolgono a braccia aperte convinti che anche per noi questi riti sacri siano benauguranti. Ci consegnano i cestini con fiori e lumini da fare scorrere nel gange e così con qualche timore di cadere in acqua abbiamo obbedito….
I ghat sono letteralmente pieni di santoni chiamati Agori, personaggi che non siamo riusciti a comprender. Sappiamo che per diventare tali devono pregare nei templi per almeno 15 anni e entrare in completa simbiosi con madre terra. Questa filosofia li porta a provare tutte le esperienze possibili, le cose belle ma anche quelle brutte, tutte le sostanze comprese droghe, compreso anche il cannibalismo (si cibano dei morti nelle piroghe che non hanno terminato la cremazione perché la famiglia non aveva abbastanza denaro per la legna…). Ho visto con i miei occhi un Agori andare a cospargersi di cenere del morto nel crematorio. Nessuno piange durante le cerimonie perché porta sfortuna e tutto si svolge con rituali ben precisi, numerosi sono i barbieri che rasano la testa al figlio maggiore del defunto e che accompagnano la salma, ricoperta di fiori e drappi. Scene che noi occidentali mai comprenderemo!
Noi abbiamo fatto un tour privato in barca di un’ora e mezza, lo consiglio per vedere pian piano la vita scorrere nei ghat. La guida non ci ha voluto portare vicino alle piroghe a piedi, noi ci siamo tornati in autonomia cercando di osservare il massimo rispetto, comunque pochi secondi bastano, anche per via della cenere e dell’aria irrespirabile.
Io ho anche pestato una grossa cacca, non voglio nemmeno sapere di cosa.
I templi sono tantissimi, il problema è che si deve entrare scalzi e questo a Varanasi è stato uno scoglio insormontabile, anche perché in molti templi gli induisti si bagnano dalle fontanelle sacre e quindi in diversi punti oltre allo sporco si aggiunge il bagnato. Abbiamo visitato un paio di templi un po’ fuori città ed erano più puliti. Il Durga Mata Madir è quello che mi è piaciuto di più e il Sankat Mochan temple (abitato dalle scimmie, questo più bello da fuori che da dentro).
Calcutta
All’aeroporto chiamiamo un Uber che per la verità tarda un po’ ad arrivare perché taglia XL (essendo noi in 4 con i bagagli, 1100 rupie). Già lungo il tragitto dall’aeroporto alla città (40minuti circa) capiamo che siamo in un’India completamente diversa da Varanasi.
Abbiamo prenotato 2 notti in un Heritage hotel, The Astor, dall’architettura tipicamente coloniale. Anche questo come glia altri 4 stelle aveva le sue belle pecche, la camera dei miei figli nemmeno finestrata. La posizione su Sheskspire street però è perfetta per la visita alla città. Ci servono la colazione migliore qui in India!
Subito notiamo insegne luminose, modernità, centri commerciali tipici di una grande metropoli. Calcutta è la terza città più popolosa dell’India. Incredibilmente ci sono pure i marciapiedi e possiamo camminare per strada senza timore di essere presi sotto.
Arriviamo la sera tardi e l’indomani ci dirigiamo subito al Mercato dei fiori che sta proprio sotto il ponte Hohrah, vale la pena di arrivarci non solo per il mercato ma anche per vedere il ponte e la vista che si gode da metà ponte verso il mercato e l’immensa stazione dei treni sull’altra sponda.
Percorriamo per un tratto il ponte e poi scendiamo e ci addentriamo nel mercato vero e proprio. Un po’ intimorisce per la confusione ed i vicoli stretti ed angusti ma comunque ci è piaciuto molto, un’esperienza che rifarei, fiori di mille colori in quantità industriali.
Il nostro mezzo di trasporto a Calcutta è il taxi. Prendiamo sempre quelli gialli, iconici, sono una vera esperienza, risalgono agli anni 50 e sono assolutamente da vedere prima che scompaiano del tutto. C’è anche la metropolitana che qui sembra funzionare molto bene ma noi preferiamo gustarci la città durante il tragitto. Gli autobus sono coloratissimi e dipinti. Ogni tanto passano i tram Heritage degli anni 20 ma non riusciamo a capire dov’è la fermata, anche questi un pezzo di storia! Alla fine per chi ha poco tempo come noi va bene il taxi. Il traffico è caotico, ci sono molte auto, ma anche tuk tuk, risciò e abbiamo visto qualche “uomo cavallo”, cioè risciò a piedi.
Ci dirigiamo verso College street, la zona delle università di Calcutta, circa 1 km di bancarelle piene zeppe di libri su entrambi i lati. Decidiamo di fermarci a mangiare all’iconico Indian Coffe House, per la verità non abbiamo mangiato tanto bene ma vale la pena fermarsi per bere qualcosa in questo locale ritrovo dell’intellighenzia indiana negli anni 50.
Poi assistiamo ad un corteo di studenti in protesta contro la separazione nelle università tra donne e uomini. Fino a qualche anno fa anche nei mezzi di trasporto le donne sedevano in aree diverse. Calcutta (Kolkata per loro) a differenza di Delhi che è la capitale amministrativa e di Mumbai che rappresenta modernità e divertimento, è la capitale intellettuale e culturale dell’india. Pur essendo stata fondata in tempi relativamente recenti dalla Compagnia Orientale delle Indie britannica nel 1690 è ricca di storia ed è piena di edifici a prima vista fatiscenti (ma pieni di fascino) risalenti all’epoca coloniale. Calcutta è stata capitale dell’India fino al 1911.
Ci dirigiamo poi nella zona del New market per fare shopping, compriamo sete e spezie a buon mercato. La zona è molto popolare, India verace, piena di street food, cuore pulsante della città.
Riprendiamo il nostro taxi e andiamo alla sede delle Suore Missionarie della Carità dove facciamo visita alla tomba di Santa Madre Teresa di Calcutta. I miei figli non comprendono a pieno e malapena sanno chi è, io invece mi sono emozionata tantissimo. Luoghi semplicissimi, tomba semplicissima che da sulla strada vicino ai poveri, abbiamo visitato camera dove è vissuta ed è morta. Interessante anche il museo con dei reperti veramente unici. Le suore riescono a trasmettermi una pace infinita.…. andateci….
Ultima tappa è stato il tempio Birla Madir, ordinato, pulito e luccicante ma che non m i ha lasciato alcuna emozione o perlomeno nulla in più rispetto agli altri visti precedentemente.
La zona est del Meidan (parco) dove si trova il nostro Hotel è completamente diversa, più ordinata, viali curati e puliti. Basta spostarsi in po’ e si torna nell’India degli street food e dei contrasti. Abbiamo visitato la cattedrale di Saint Paul (che a dire la verità non mi dice niente) e l’imponente Victoria memorial. Si tratta di un edificio interamente di marmo circondato da un parco ben curato e pieno di scoiattoli, dove decidiamo di riposarci un po’. La giornata è lunga perché partiamo alle 3,00 del mattino. Purtroppo abbiamo dedicato solo una notte a Calcutta ma ne meriterebbe almeno un’altra.
Facciamo un lungo aperitivo a base di martini e altri cocktail, che ci sono mancati molto in india e poi ci dirigiamo verso il ristorante del nostro hotel (ristorante Kebab e Que). Per noi una decisione strategica perché da li ripartiamo con i bagagli verso l’aeroporto. Ma devo dire una sorpresa, lo consiglio vivamente. Il cameriere è bravissimo e con pazienza ci consiglia dei piatti un po’ diversi dai solito cibo indiano. Dopo 2 settimane non ne potevamo più.
Nell’immaginario collettivo Calcutta è legata a Madre Teresa di Calcutta e ai poveri, ma in realtà non ho visto più povertà qui che a Varanasi, anzi. È una città che sta galoppando velocemente, si stanno costruendo altre 3 linee della metropolitana, sicuramente molto caotica ma anche una meta interessante da non perdere.
Considerazioni finali e consigli utili sulle Isole Andamane
Tengo a precisare che non ho trovato molte informazioni on line prima di partire, soprattutto per le Isole Andamane, forse a causa del poco sviluppato turismo europeo in questa parte del mondo. Molte info inoltre erano già vecchie, l’india si muove ad una velocità pazzesca e tutto cambia rapidamente. Non ci sono siti ufficiali indiani ben fatti, o almeno io non li ho trovati, quindi penso che alcune info che darò di seguito potranno essere di grande utilità prima di programmare il viaggio.
Costi
Havelock è più turistica e la più costosa ma non si spende mai sopra le 1000 rupie a testa per mangiare, i prezzi si abbassano notevolmente a Neil e ancor di più a Varanasi e Calcutta. Si può mangiare tranquillamente con 2/3 euro. Una corsa in taxi a Calcutta costa circa 300 rupie. I voli interni costano come una low cost nostra. Traghetti circa 10 euro a tratta a testa.
Maree
vanno tenute in considerazione. Noi abbiamo scaricato un’app che secondo me è indispensabile per visitare le spiagge delle Andamane nei momenti giusti della giornata. Alcuni punti non sono raggiungibili con l’alta marea.
Turismo indiano
Hanno gusti opposti ai nostri, noi cerchiamo di prendere il sole in luoghi deserti ed intimi, loro amano accalcarsi e stare in mezzo alla confusione, quindi per noi è perfetto! Basta evitarli spostandosi leggermente… Anche i servizi sono a misura di turismo indiano. Consiglio strutture semplici perché si rischia comunque di trovarsi nel mezzo di feste di matrimonio indiane, karaoke, divertimenti pensati per loro ma che in genere a noi occidentali non piacciono. Pochissimi i turisti occidentali ad Havelock, non abbiamo incontrato nessun italiano.
Mezzi di trasporto
Per i 3 voli interni abbiamo utilizzato Indigo e ci siamo trovati benissimo. I tre voli assolutamente precisi negli orari e tariffe come una nostra low cost.
Per i trasferimenti in traghetto nelle isole abbiamo utilizzato la Makruzz, ce ne sono altre ma hanno meno orari e poi c’è il traghetto governativo molto più economico ma anche molto più lungo e meno affidabile. Consiglio di acquistare i traghetti con anticipo. Io li ho acquistati 15 gg prima ed i posti economy erano terminati, ho dovuto prendere una tratta con biglietto Deluxe più costoso e non ne valeva la pena. L’aria condizionata è folle, è stata necessaria una grossa felpa.
Ad Havelock abbiamo utilizzato solo tuk tuk, a Neil Island (lunga appena 7 Km) abbiamo affittato biciclette.
Wi-fi
Solo in poche strutture. Consiglio di prendere una Sim locale. Noi ci abbiamo messo un bel po’, si trova solo a Port Blair ed è necessario andare in un punto preciso della città (tragitto per scovare il posto di circa 3 km), inoltre è necessario esibire passaporto ed il visto (che noi non avevamo dietro), fare le fotocopie di entrambi (non è stato affatto facile trovare dove le facessero).
Cambiare valuta e ATM
Non ci sono ATM ad Havelock e Neil island, solo a Port Blair. Ma in qualche modo ci hanno cambiato al market. Consiglio di fare tutto prima in aeroporto. Nelle Andamane raramente si paga con Carta di credito. Nelle città invece è più semplice.
Hotel
Nemmeno nei migliori hotel abbiamo trovato cassetta di sicurezza, frigo bar. L’acqua non è mai in bottiglie sigillate. Noi la compravamo sempre fuori. La costante generale è comunque un livello di pulizie basso, poca cura nei particolari, asciugamani e lenzuola mai candide. Se non richiedete specificatamente non passano nemmeno per le pulizie della camera. In nessun Hotel abbiamo trovato servizio lavanderia, aspetto da tenere in considerazione perché qui ci si sporca facilmente ed alla fine della giornata non si vuole indossare nuovamente le stesse luride cose, consiglio di portare diversi cambi.
Pericoli
Non abbiamo visto criminalità e ci siamo sempre sentiti al sicuro, tanto da lasciare tranquillamente le cose nella borsa in spiaggia. Animali ce ne sono, grossi ragni e lucertole, serpenti non ne abbiamo visti. Tantissimi cani randagi, ma tutti molto tranquilli. Le persone sono estremamente gentili, mai invadenti nelle isole, sempre rispettose anche a Varanasi. Le cose cambiano a Calcutta dove comunque si deve essere determinati nell’allontanarli soprattutto nella zona del New market.
Selfie
Gli indiani sono molto attirati ed incuriositi da noi occidentali ed infatti ci fermano in continuazione per farsi foto con noi, ma non si accontentano di una foto di gruppo, ognuno di loro vuole la foto separatamente. Se gli si da corda il tam tam si sparge e non si riesce più ad andarsene.
Cibo:
a noi piace tantissimo il cibo indiano. Ma ammetto che dopo 2 settimane quando siamo arrivati a Calcutta abbiamo ceduto alla tentazione di un ristorante Italiano (Fabrica)…. che mi ha sorpreso con una pizza davvero niente male! Chiaramente la cucina indiana è molto piccante ma ricordandosi di chiedere si può anche mangiare qualcosa di meno aggressivo per le nostre papille gustative! In generale la cottura con il forno Tandouri tende a piacerci di più perché senza sughi e lascia i pezzi di carne più interi. Si mangia quasi esclusivamente pollo, poco mutton (carne ovina), nelle Andamane tantissimo pesce. Noi sceglievamo spesso il whlole fish (pesce intero) perché alla lunga mangiare pesce sempre ricoperto di masala e sughi vari stanca. Ottimi i vari bread (chapati, naan, parotha…). Il Thali è il classico piatto tondo metallico con e varie ciotoline/portate, comprende un po’ tutto e lo si trova già composto o da comporre a scelta, spesso per noi è stata la soluzione più buona e più conveniente. Gli indiani angiano tantissimo vegetariano (il paneer è il formaggio). Raramente hanno acqua in bottiglia, raramente fredda di frigo, noi ce la portavamo sempre dietro, negli hotel e nei ristoranti. Niente forchette, si mangia con le mani aiutandosi con il naan (pane) ma chiedendo le portano, i coltelli invece sono rari. Frutta in india non tantissima, soprattutto anguria e papaya. Nelle isole tanta papaya e manghi piccoli (del tipo un po’ acidulo), bananine strepitose completamente diverse come gusto dalle nostre e tantissimi cocchi. Dimenticavo, non si beve alcol. Lo sapevo prima di partire ma credevo che in qualche modo alcune strutture fornissero almeno della birra. In verità siamo riusciti a berci una birra solo a Calcutta e solo in alcuni locali.
Igiene pubblico
Nelle Andamane questo è un serio problema, non è nella loro cultura la cura dell’ambiente. Ci hanno invitato ad una cerimonia induista in un tempietto del villaggio di Neil Island. Luogo per loro sacro, ma tutt’intorno una marea di rifiuti, raggruppati proprio li davanti a questo luogo sacro, è evidente che non si pongono il problema, a loro non da fastidio, perché rimuoverli sarebbe stato molto semplice e veloce. La situazione migliora molto nelle isole. Nel continente le cose cambiano. La sporcizia, a Varanasi soprattutto, tocca livelli indescrivibili! Difficile trovare dei bagni per noi accettabili. La povertà c’è ma comunque mi aspettavo una situazione peggiore. Non ho visto gente malnutrita, storpi, corpi abbandonati o cose del genere. Vero è che ci siamo limitati alle zone turistiche, probabilmente in alcune aree di Varanasi e Calcutta ci sono ma noi non le abbiamo viste. Credo che l’India di qualche anno fa fosse già molto diversa da quella dei giorni d’oggi, l’analfabetissmo è molto diminuito ed economicamente si percepisce in Paese che galoppa velocemente verso il benessere.
Costi totali viaggio per persona
- Volo Qatar Euro 580
- 3 voli interni Indigo Euro 230,00
- 3 traghetti Makruzz Euro 50,00
- Hotel 490,00
- Assicurazione sanitaria Euro 100,00
- Spese varie cibo, escursioni, guide, parcheggio aeroporto, hotel Malpensa
Totale: 1800 euro a persona