Amato Cile: dai mille volti e le molteplici meraviglie

Un mese itinerante tra Patagonia, Atacama e Rapa Nui, con cuore aperto e occhi sgranati.
Scritto da: Costanza Russo
amato cile: dai mille volti e le molteplici meraviglie
Partenza il: 17/12/2019
Ritorno il: 15/01/2020
Viaggiatori: 2
Spesa: 4000 €
“Meravigliati ogni giorno per qualcosa e la tua anima ti sorriderà sempre”

Pianificare un viaggio è un po’ come viverlo in anticipo. Ho percorso, con la mente curiosa e sensazioni accese, il viaggio che da lì a breve avrei iniziato; quel viaggio che ci porterà nella fredda e selvaggia Patagonia, quasi ai confini del mondo; nel Nord del Cile tra i deserti colorati; sull’Isola di Pasqua per capire cosa si prova ad essere nel luogo civilizzato più remoto al mondo. Sentivo già la pioggia sul poncho, la fatica nelle gambe, il profumo della rugiada al mattino; mi smarrivo nei sentieri poco segnalati, nelle nuvole basse, negli sterrati fangosi, nel blu dei ghiacciai e nei vulcani incappucciati di neve.

Sentivo di nuovo il caldo sulla pelle, quello secco del deserto di Atacama, molto più a nord; le colonne di vapore dei geyser, i canyon che alternano sabbia alle pareti rocciose, le lagune altiplaniche azzurrissime. E infine, Rapa Nui, l’Isola di Pasqua, dal fascino mistico concentrato in un minuscolo lembo di terra. Assaporavo il ceviche, le empanadas, l’asado e i frutti di mare al pil-pil annaffiati dal rinomato vino cileno; ascoltavo incantata le leggende di molti luoghi cileni, ballavo a ritmo della cueca. È l’immaginario di un Paese e la sua gente che conserva l’essenza di un passato profondo.

Ma, prima o poi, finalmente il momento tanto agognato arriva. Percorri ogni metro di quelli schedulati, metti un flag ad ogni tappa, rendi reale ogni visualizzazione, rivivi tutte le sensazioni che avevi immaginato, mentre un mese vola e tu non riesci ad arrestarlo se non con le parole scritte su un diario.

PRIMA TAPPA: Santiago e PATAGONIA (17/12/2019 – 03/01/2020)

Itinerario Patagonia: per non dipendere dai bus pubblici (rari) o dall’autostop, alcuni noleggiano l’auto a Puerto Montt, da dove parte la Carettera Austral, e fanno il drop off alla fine della strada, ma il costo di noleggio è veramente esagerato, quindi per chi ha poco tempo ed è attento alle spese, la cosa migliore è noleggiare la macchina a Puerto Montt e fare la parte settentrionale della Carretera, restituire la vettura a Puerto Montt e da lì prendere un volo per Coyhaique dove si noleggierà un’altra macchina per visitare la parte meridionale. Noi abbiamo scelto questa opzione e siamo rimasti soddisfatti.

Se si vuole andare ancora più a sud della Carettera Austral per visitare Torres de Paine, consiglio di volare da Balmaceda su Puerto Arenas e lì prendere un’altra auto. L’alternativa è solo via mare o arrivarci dall’Argentina (attenzione che in macchina il passaggio da uno Stato all’altro è caro e occorre chiedere preventivamente il foglio di autorizzazione).

Cosa portarsi: vestirsi a strati è il miglior modo per affrontare la Patagonia dove in un giorno si susseguono tutte le stagioni. Il poncho é indispensabile, come calzature impermeabili e abbigliamento tecnico. Non portatevi tacchi, sarebbero ridicoli anche all’Ultimo dell’anno!

Clima: noi siamo passati dal piumino e felpa alle maniche corte nel giro di 3 giorni. Durante la nostra permanenza abbiamo vissuto tutte le stagioni. Ci é mancata solo la neve ma ci siamo andati vicini durante il trekking a Cerro Castillo e nel deserto di Atacama.

Cosa aspettarsi:

I “che meraviglia” a fine vacanza saranno incalcolabili. I paesaggi sono fantastici e non avrete visto mai un concentrato di tanta bellezza naturale tutta insieme! La Patagonia è come un grande parco divertimenti per gli amanti della natura. Ogni curva o svalicamento riserva emozioni e scenari inaspettati. Montagne innevate; pascoli con mucche, pecore, capre e cavalli; distese di fiori viola, rosa, fuxia e gialli; laghi, fiumi e torrenti di un turchese abbagliante. Tutta la Carettera Austral da Cerro Castillo in poi è sterrata e tortuosa. Usate molta prudenza perché è facile incontrare cani, mucche o pecore in mezzo alla strada e magari dietro ad una curva o locali che sfrecciano a velocità folli. Noi abbiamo rischiato un paio di frontali con dei camion e vi assicuro, non è stato piacevole. Trovare autostoppisti lungo la polverosa Carettera è normale, come è normale fermarsi. Sono per lo più studenti cileni o giovani sudamericani. Noi ad ogni passaggio dato abbiamo ricevuto, in cambio, informazioni e scambio di esperienze. Prestate attenzione ai ciclisti, i veri eroi della Patagonia che affrontano le salite e le discese sterrate della Carettera, carichi come muli, in tutte le condizioni atmosferiche. Abbiamo incontrato una coppia di francesi sui 25/30 anni, in bici, che avevano intenzione di rimanere in Sud America per un anno, percorrendo il Cile per ritornare dall’Argentina. Quasi tutte le persone che abbiamo incrociato nel nostro viaggio si stavano prendendo una “pausa” dai 4 mesi ad un anno e mezzo. Noi, con il nostro mese di vacanza, che sembrava già tantissimo, ci siamo sentiti piccoli così = !

Il popolo cileno è molto cordiale e genuino, non hanno ancora l’atteggiamento opportunista nei confronti del turista. Sempre sorridenti e rilassati. Con i cileni, non aspettatevi di poter colloquiare in inglese. Anche nelle strutture turistiche o ristoranti l’unica lingua è lo spagnolo. Sulla Carettera Ausrtal, da Coyhaique in poi i posti dove fare rifornimento sono solo a Rio Tranquillo, Cochrane e O’Higging. Attenti a non ritrovarvi senza benzina! La polvere sull’auto e dentro l’abitacolo sarà una costante. A 80 km da Puerto Tranquilo in direzione Coyhaique, la strada viene chiusa ogni giorno (non si sa fino a quando..), a parte i festivi, dalle 13 alle 17. Occhio se dovete prendere il volo a Balmaceda perché non ci sono altre strade! A parte Coyhaique e Cochrane, che sono cittadine più grandi, non aspettatevi di trovare negozi, se non qualche piccolo mini market.

Nella Patagonia, i cileni sono molto attenti alla sostenibilità ambientale. Nei supermercati non vengono distribuiti sacchetti, ognuno arriva con la propria borsa. La raccolta differenziata è presa seriamente. Nessuno fuma. È tutto molto pulito e nei parchi non si trova una carta abbandonata per terra. Il cibo è eccellente e cucinato molto bene. I piatti tipici sono il ceviche (una rielaborazione di quello peruviano) e il cordero (l’agnello), empanadas e churrasco di derivazione messicana. Il vino, anche quello, è di alta qualità, soprattutto il rosso e il drink nazionale è il Pisco. Se avete la fobia dei cani, il Cile non fa per voi. Sono ovunque e spesso randagi ma sono buoni e dagli occhi dolcissimi. Se fate loro una carezza vi seguiranno ovunque. In dicembre/gennaio le giornate sono molto lunghe. Godrete della luce fino alle 22.30!

Tips:

Se si vuole fare la Carettera Austral, consiglio di portarsi scorte di acqua, cibo e carburante, perché i centri abitati sono molto pochi e non tutti hanno distributori di benzina.

Portare un dizionario di spagnolo perché questa é l’unica lingua parlata in Patagonia.

Se si vuole scendere da Puerto Montt, prenotare i traghetti in anticipo (se possibile), perché in alta stagione si rischia di non riuscire ad imbarcarsi, rimanendo bloccati anche per giorni.

Portare contante a sufficienza, raramente le strutture e ristoranti accettano le carte di credito.

Viaggiare di giorno perché le strade non sono illuminate e le curve non sono segnalate.

Controllare che la macchina a noleggio abbia la ruota di scorta, cric e possibilmente i cavi batteria.

Tenersi a distanza da autocarri perché è facile che si scheggi il parabrezza.

Scaricare mappe off-line perché internet è quasi sempre assente o la linea è a intermittenza. Noi abbiamo utilizzato la App “Here We go”.

Non servono adattatori per la corrente. Le nostre prese vanno benissimo.

Farsi la patente internazionale se si vuole noleggiare l’auto.

SANTIAGO (1 giorno e mezzo)

Santiago, città di grandi contraddizioni e opposti. A primo acchito, la sensazione è di trovarsi nella classica città sudamericana. Palazzi ottocenteschi in condizioni non troppo dignitose si fondono a luccicanti grattacieli; ambulanti abusivi stendono la loro mercanzia sui marciapiedi del centro di fronte a file di banche sorvegliate da militari armati; il fetore dei senzatetto si mescola agli olezzi degli street food che vendono cibi e bibite indecifrabili; ballerini di tango ballano indisturbati zigzagando tra le macchine che con i loro clacson sembrano andare a ritmo con i loro passi. Bambini seminudi sguazzano nelle fontane e, ovunque, segni della rivoluzione in corso. Frenetica, cosmopolita, ribelle, affannata, affascinante. Ecco come vedo io Santiago, dopo il primo momento di sconcerto. Una particolare combinazione di trambusto sudamericano e riservatezza europea. Girando per Santiago si respira palesemente aria di rivoluzione.

I cileni si riversano quotidianamente lungo le strade della città per riunirsi in Piazza Italia. Imbrattano i muri con il loro disappunto, fischiano e suonano i clacson all’impazzata al passaggio delle camionette militari, si accampano nelle piazze principali, accendono fuochi in mezzo alle strade. Difendono i loro diritti usurpati da una dittatura di politici corrotti. Vengono attaccati dai militari che si incontrano ad ogni ora per le vie di Santiago, ma loro resistono, giorno dopo giorno. Lottano per avere il diritto all’istruzione, alla salute, per avere pensioni più alte, perché venga riconosciuto legalmente l’aborto e non ci siano più disuguaglianze sociali e sessuali. Lottano per la loro dignità. Grande rispetto per questo popolo!

COSA VEDERE

CENTRO: affollato, rumoroso e caotico rappresenta il cuore di Santiago. È facilmente girabile a piedi e concentra le maggiori attrazioni in: Plaza de Armas, il cuore simbolico di Santiago con le sue due strade pedonali affollatissime; Mercado Central con le sue pile lucenti di pesce fresco; Museo Chileno Precolombiano con tanto di storia delle etnie cilene, gli alti totem mapuche e l’affascinante esposizione di tessuti andini; Palacio de la Moneda, sede ufficiale della zecca; Cerro Santa Lucia, il bel parco cittadino dal quale poter godere di un bel panorama della città; Barrio Lastarria, il nostro quartiere preferito con la lunga e stretta strada acciottolata con bar e ristoranti alternativi e venditori ambulanti lungo i marciapiedi.

BARRIO BELLAVISTA: quartiere tranquillo e assonnato durante il giorno, la sera si trasforma in un borgo dove far baldoria fino alle ore piccole. Con le sue pittoresche vie e le sue piazze acciottolate è il luogo giusto per sfuggire alla caoticità del centro. Bello perdersi tra le verdi vie residenziali a est di Constitución e gli isolati ricoperti di graffiti a ovest.

CHASCONA: è la casa che Pablo Neruda ha acquistato per la moglie Matilde Urrutia, nel periodo in cui erano amanti. Neruda amava il mare quindi la sala da pranzo è stata costruita come la cabina di una nave e il salotto ricorda un faro. La casa è un saliscendi labirintico di ambienti diversi. Una porta segreta, che sembra un armadio, si affaccia sulla sala da pranzo e porta ad una scala a chiocciola che sale al piano superiore. Quando aveva nuovi ospiti, il beffardo Neruda si nascondeva dietro la porta e, con gli ospiti seduti a tavola, apriva le ante e faceva la sua sorprendente apparizione! Arredata con estro e armonia, in quasi ogni vano c’è un componente d’arredo vintage di Fornasetti.

CERRO SAN CRISTOBAL: è il punto panoramico più alto della città, facilmente raggiungibile da Barrio Bellavista a piedi prendendo una ripida e tortuosa stradina di terra battuta o con la funicolare. Questo è il parco più grande della città dove la bianchissima statua della Madonna, alta 14 mt, svetta dal picco. Se la salita è stata faticosa e volete dissetarvi con qualcosa di bizzarro e tipico, prendete assolutamente un Mote con Huesillo, una bibita rinfrescante non alcolica a base di succo caramellato, mais e pesca sciroppata.

CENTRO GABRIELA MISTRAL: è un centro culturale dove, quasi tutti i giorni, si tengono concerti e spettacoli. Il secondo giorno partiamo in pullman alle 19.30 dal Terminal Vitacura con Turbus (biglietti acquistati online). Prendete una tariffa Premium anche se è un po’ più costosa. Il viaggio notturno è comodissimo, siamo al secondo piano, in prima fila, e i sedili diventano un letto. Ci danno una coperta e dell’acqua e, nonostante il traballio del bus, la notte vola. Partiamo con uno spettacolare tramonto e 30 gradi e arriviamo al Terminal Rodoviario di Puerto Montt con la condensa sui vetri, la nebbia e 5 gradi. Benvenuti in Patagonia! Dal Terminal prendiamo al volo il pullman per l’Aeroporto El Tepual, (30’) per ritirare la nostra auto, una Duster, da Keddy by Europcar.

Pernottamento: Hotel Cumbres Lastarria: bell’hotel, colazione di alta qualità e ottima posizione. Vale i soldi che chiede.

Ristoranti – Barrio Lastarria:

Chipe Libre: suggerisce diverse varianti di Pisco, il drink tipico cileno. Il cibo è molto buono. Provate il Pil-pil. Prezzi cari per la media cilena. Ambiente molto bello.

Sur Patagonia, Barrio Lastarria. Ottimo ristorante con prezzi giusti. Se vi piace l’agnello assaggiate il cordero accompagnato da una morbida polenta e frutti di bosco. Si scioglie in bocca e l’abbinamento è eccellente.

Mulato: grazioso il plateatico sulla via Lastarria. Ottimo cibo e prezzi allineati con gli altri locali del quartiere.

NORD PATAGONIA

La Carretera Austral (ufficialmente ruta CH-7) è la strada che collega Puerto Montt con Villa O’Higgins voluta dal dittatore Augusto Pinochet, la cui costruzione è cominciata nel 1976 ed è terminata nel 1996. Costruita per scopi militari attraversa regioni altrimenti non raggiungibili se non via mare, si estende per 1.240 km tra paesaggi selvaggi e incontaminati e termina a Villa O’Higgins. La strada è asfaltata solo in alcuni tratti, la maggior parte del percorso è infatti sterrato.

LA ZONA DEI LAGHI E DEI VULCANI (1 giorno)

Da Puerto Montt, in un’oretta, arriviamo a Puerto Varas, una ridente cittadina sul lago Llanquihue. Una via principale che ricorda quelle di qualche paese montano e molto fermento. Raggiungiamo l’hotel Dreams de Los Volcanes che ci consegna subito la stanza, dotata di una spettacolare vista lago. Il vulcano Calbuco (2000 Mt) e il vulcano Osorno (2660 mt), si stagliano sulle placide acque, proprio di fronte a noi, incappucciati di neve e parzialmente coperti dalle nuvole. Decidiamo di fare il giro del lago Llanquihue che richiede circa tre ore e mezza. Ce ne metteremo molte di più perché durante il tragitto faremo tre soste assolutamente consigliate:

Cafe de Grano: fermatevi per un caffè o un sandwich de salmon ahumado in questo ristorantino in riva al lago, lungo la strada per Lago Todos Los Santos. Sedevi all’aperto, sulle panche di legno di fronte al vulcano Osorno, e mentre ingerirete i vostri bocconi, attendete che il cielo attorno alla cima del vulcano si ripulisca dalle nuvole. Estasiante!

Saltos del Rio Petrohue.

Si può rimanere ipnotizzati da tutta questa bellezza, così tanto da perdere la percezione del tempo mentre fissi la cima del vulcano incappucciato di neve che fa da sfondo all’acqua impetuosa del fiume Petrohue, alle sue cascate e alla lava nera pietrificata delle ultime recenti eruzioni. Volti lo sguardo per immergerti nelle immense, verdi praterie dove centinaia di mucche pascolano indisturbate.

Lago Todos Los Santos.

La lunga spiaggia appare ancora più nera dal contrasto generato dall’alta collina verde che sprofonda nelle acque blu del lago. E’ circondato da tre vulcani: l’Osorno, che lo separa dal lago Llanquihue, il Puntiagudo e il Monte Tronador.

Pernottamento: Hotel Los Vulcanos a Puerto Varas

Ristoranti: Fogon Las Buenas Brasas – al di sotto delle aspettative. Cibo non particolarmente eccezionale e prezzi alti.

CHLOE (3 notti)

Da Puerto Varas a Chiloè il tragitto é semplice. Si prende la direzione per Puerto Montt, poi Pargua (1 ora), si va verso il porto dove si può prendere quasi al volo il traghetto, visto che ogni 10 minuti ne arriva uno. Si paga a bordo. Chiloé è la quinta isola del continente per estensione, abitata da gente di mare fiera e molto cordiale. Il primo impatto quando metti piede sull’isola è di essere finiti in Paradiso. Verdeggianti colline battute dal vento, cavalli e mucche al pascolo, fitte foreste alternate a carnosi cespugli di ginestre in fiore, strade ondulate tenute perfettamente, casette di legno dagli svariati colori. Tutto disposto in una perfetta armonia di pace, sfumature, profumi, forme ed immagini. Non si può non pensare che non riservi altre peculiarità che la contraddistinguono. La diversità si riconosce nell’architettura e nella cucina dell’isola: le famose scandole (delle specie di tegole di legno) che ricoprono le facciate delle case; le palafitte in riva al mare; le caratteristiche chiese in legno (16 delle quali dichiarate Patrimonio dell’Umanitá dall’Unesco); e il rinomato curanto, uno stufato di carne, patate e frutti di mare.

COSA VEDERE

ANCUD

Appena sbarcati sull’isola, si avverte subito una sensazione di pace e calma assoluta. Cominciamo a percorrere l’ondulata strada principale, che interrompe filari di ginestre, pascoli e foreste per dirigerci ad ANCUD, una vivace cittadina con una via principale piena di localini e negozietti. Qui troviamo un ufficio informazioni che purtroppo é chiuso. Un signore passa lì per caso e noi ne approfittiamo per chiedergli come poter raggiungere la pinguineria. Sembra felice di poterci aiutare e ci fornisce molte informazioni utili. Acquistiamo una schedina telefonica (chip) che ci tornerà molto utile per poterci orientare meglio, anche se a volte la connessione lascia un po’ a desiderare. Il mio consiglio é comunque di scaricare la App “Here we go” per avere le mappe Offline.

La strada per raggiungere da Acud il Monumento NATIONAL Islotes de Punihuil é semplice. Poi, basta solo affidarsi a uno dei barcaioli a riva, che con 14.000 pts, vi farà trascorrere una mezz’ora piacevole zigzagando tra le tre isole dove si riproducono i pinguini di Magellano e di Humboldt. Purtroppo, si riusciranno a vedere solo dalla barca perché non è permesso sbarcare sull’isola, quindi meglio avere un cannocchiale per vederne i dettagli.

QUEMCHI:

Delizioso paesino con il rinomato ristorante El Chejo, uno dei migliori di tutta l’isola. Gustiamo un ottimo ceviche de salmon e una zuppa di pesce allietati dalla musica locale, vagamente tirolese. Fate una visita alla chiesetta verde pisello e arancione di Nostra Senora de Los Dolores. Ha una luce particolare. Prima di QUEMCHI non perdetevi l’Isla de las Almas Navegantes collegata con una lunga passerella alla terraferma di Aucar. Un breve sentiero porta ad una splendida chiesetta che guarda su un altrettanto meraviglioso cimitero. Qui si respira aria di pace e spiritualità.

CASTRO è la capitale di Chiloé. È costruita su due lembi di terra che abbracciano la baia. Dopo aver lasciato la bucolica campagna si viene assorbiti dal traffico caotico, in un dedalo di sensi unici e strade molto pendenti, da fare un baffo a San Francisco. Vivace e chiassosa come tutte le capitali, conserva i tratti tipici chiloti con le palafitte colorate che si affacciano sul mare. Un ottimo punto per ammirarle è dal Ponte, in uscita da Castro verso Quellon. Se non volete usare la macchina, il miglior modo è prendere i Collectivo, delle berline nere con un’insegna sul tetto, oppure il classico taxi. Entrambi si riconoscono dalla targa gialla con scritta nera. Una cosa bizzarra, che sicuramente noterete, è che qui nessuno usa gli ombrelli, pur essendo un’isola molto piovosa, questo perché la pioggia è spesso accompagnata da un forte vento, al quale nessun ombrello potrà resistere. Io con il mio GORE-TEX sono stata benissimo! Una delle attrazioni principali è la neogotica e classica Iglesias San Francisco, nominata Patrimonio dell’Umanità dall’UNESCO, che rompe le convenzioni con la sua facciata gialla e decorazioni malva e viola. La vecchia chiesa fu distrutta in un incendio nel 1902 e l’attuale fu terminata nel 1912. Venne disegnata da un architetto italiano, Eduardo Provasoli, e mescola un disegno neogotico classico con la tradizione costruttiva locale.

Ristoranti: Se avete molto appetito, recatevi al Ristorante Donde Elario per una porzione esagerata del piatto tipico locale: il Curanto, un mix di frutti di mare (cozze gigantesche), marzo, pollo e patate. Un altro ristorante per assaporare invece dell’ottimo chevice è la Palafita da Octavio.

Pernottamento: Cabana Queltehue; 117€ per 3 notti. Semplice e spaziosa, con una utilissima stufa a legna e dei proprietari molto cordiali. Si trova affianco al cimitero, cosa che può suonare un po’ macabra, ma qui i cimiteri sono luoghi sereni, pieni di fiori e girandole. Nessuno spirito ci ha tirato i piedi durante la notte!

DALCAHUE: mercato artigianale della domenica. Sul mare. Iglesia de Dalcahue nella piazza principale. Fu costruita alla fine del XIX secolo al posto di un’antica cappella di missionari gesuiti. Da qui, i traghetti passano in continuazione per portarti all’Isla Quinquao (vedi sotto). 2.500 pts a tratta.

ISLA QUINQUAO

Un mosaico ondulato di pascoli punteggiati da piccoli villaggi, un idillio campestre. Si raggiunge dal piccolo porto di Dalcahue. I traghetti arrivano e partono in continuazione e il biglietto si fa direttamente a bordo. In 5 minuti si arriva sulla sponda di Quinquao. Facilissimo, quindi non inventate scuse e trovate qualche ora per visitare questa splendida isoletta!

Achao: è domenica e il paesino sembra disabitato. Bellissime casette di legno colorate e dalle più variegate forme. Nella piazza principale troneggia la barocca Iglesia nostra Senora de Loreto, la chiesa più antica delle chiese cilote.

Quinquao: qui è presente un’altra spettacolare chiesa con un piccolo prato in entrata. È la chiesa più grande delle chiese cilote. Tra Quinquao e Achao fermatevi, se è aperto, al ristorante Peumayen, all’interno di una tenuta ben curata e verdeggiante. Qui c’è un Mirador spettacolare e la simpatica Sefira, un incrocio tra un lama e un’alpaca. Proseguendo dopo Achao, prendete la piccola via sulla sinistra che, passando da paesaggi mozzafiato, vi porterà a Curaco de Velez, dove una piccola e misteriosa chiesetta, circondata da un prato verdissimo, si affaccia sul mare. Con la bassa marea la spiaggia sembrerà surreale.

TENAUN

Tornati sull’isola di Chiloé proseguite verso Tenaun, dove troverete un’altra chiesa particolare, azzurra e bianca. Il nome Tenaun significa “tre Monti” e si pensa che le tre torri dell’Iglesia de Tenaun simboleggino questa particolarità dell’ambiente circostante.

MUELLE DE LAS ALMAS

Il tragitto di un’ora abbondante di macchina verso Cucao e un trekking di un’altra ora sotto la pioggia battente, valgono senz’altro la pena se gli occhi sono colmi di tanta bellezza. Il paesaggio è mozzafiato: da una parte le dolci colline verdeggianti sferzate dal vento, dall’altra l’alta scogliera con il suo Oceano urlante. In estate questo è un trekking molto frequentato, si parla di 700 persone al giorno. Noi siamo dei privilegiati perché ci siamo goduti la sua vista in maniera immacolata. Forse perché siamo sotto Natale o perché è una giornata di pioggia, ma lungo il tragitto gli incontri con umani sono stati veramente pochi. Avvolto nel folklore e nella mitologia, il “molo delle anime” è una sinuosa passerella che si estende per 17 mt sullo sfondo di un paesaggio fiabesco e sembra scomparire oltre la scogliera alta 70 mt. La leggenda narra che le anime erranti attendano su questo molo il passaggio di un pescatore, il loro Caronte, per essere trasportate nell’Aldilà, altrimenti si aggireranno dolenti nella zona per l’eternità. Vorrei proprio capire dove pensano di trovare un passaggio in barca, queste anime, considerando che oltre il ponte si sprofonda in una scogliera alta 70 mt e per un povero umano raggiungere il molo dal mare sarebbe pura utopia… Arrivati al ponte sentiamo degli strazianti singulti, quasi umani, quando di umani ci siamo solo noi due. Ci guardiamo perplessi, attorno a noi non c’è anima viva. Ma forse è meglio non parlare di anime perché lo sconcerto potrebbe trasformarsi in paura.

Ci avviciniamo alla scogliera già pronti a dire alle anime erranti che non siamo pescatori e non possiamo salvarle, quando scorgiamo vicino al mare, a confondersi con le rocce, una colonia di foche! Il mistero è risolto ma ciò non toglie che questa parte dell’isola rimane la più misteriosa, fiabesca e selvaggia di quelle perlustrate finora.

Lasciamo Chiloè per dirigerci a Puerto Montt con rimpianto ma con la curiosità di muoverci verso la prossima, attesissima tappa.

Pernottamento a Puerto Montt da Depto. Altos de Tenglo, un appartamentino in una zona periferica, con una vista spettacolare sul mare e un boxer bianco di nome Calì. È la vigilia di Natale e, non essendoci ristoranti aperti, optiamo per una cena frugale a casa.

Il giorno dopo, riconsegniamo la macchina all’aeroporto e prendiamo il volo per Balmaceda che si trova circa a metà della Carettera Austral, per iniziare la terza tappa del nostro viaggio.

CENTRO PATAGONIA

Giunti all’aeroporto di Balmaceda ritiriamo la nostra Nissan X-trail alla Europe Car. In questa zona è preferibile prendere un 4X4, perché gran parte della strada, verso sud, sarà sterrata. Consiglio: se siete in due, dividetevi i compiti perché la fila può essere lunga: uno di voi aspetterà le valigie, l’altro si metterà in coda per il ritiro della vettura. Cercate di prendervi un bel margine di tempo anche per la restituzione perché, essendoci un unico sportello, dovrete fare la stessa fila del ritiro.

COYAHIQUE (2 notti)

Il percorso da Balmaceda a Coyhaique è molto rilassante. Una strada poco trafficata che si perde all’orizzonte, attraversa immense praterie con pecore, mucche e cavalli al pascolo. Verso Coyhaique i brulli pascoli si trasformano in prati viola e lilla. Scopriamo essere i bellissimi fiori di lupino che in questo periodo danno il meglio della loro fioritura.

La cittadina di Coyhaique non è niente di speciale ma ha il distributore di benzina (cosa importantissima da queste parti), dei mini market, ristoranti e bar. Al supermercato non conviene andare, se non al di fuori degli orari di punta.

Trekking:

Reserva Nac. Rio Simpson. 3 km semplici. Nulla di speciale.

Reserva Nac. Dos Lagunas: 5,5 km attraverso un bosco, che abbiamo battezzato foresta stregata per via degli alberi “barbuti” che la popolano. I lunghi filamenti creano delle specie di ragnatele che rendono il bosco spettrale. Causa di un innocuo lichene che si annida negli alberi. Questo trekking vale decisamente più la pena. Belle viste panoramiche.

Pernottamento al Patagonia Domus, che affitta delle tende a forma di igloo. Attorno solo una vasta prateria e le montagne parzialmente innevate. Entrambe le mattine, abbiamo visto un anello di arcobaleno appoggiarsi sulla cima del monte di fronte all’entrata. Esperienza stupenda!

CERRO CASTILLO (1 notte)

Dopo il rifornimento di benzina, iniziamo il nostro viaggio verso Villa Cerro Castillo. Prendiamo per Balmaceda e proseguiamo in direzione Cochrane. Finalmente il sole esce per più dei 5 minuti ai quali siamo abituati e davanti a noi si aprono scenari mozzafiato. Montagne nere, rosse, parzialmente innevate o verdi smeraldo, con i fiori di lupino lungo la Carettera e i torrenti. Poco prima di arrivare a Villa Cerro Castillo diamo un passaggio ad una ragazza colombiana che lavora in paese. È proprio lei a indicarci dove dirigerci per iniziare il trail alla Laguna di Cerro Castillo, il bel giro che abbiamo programmato di fare oggi. Senza il suo aiuto non avremmo mai individuato, perché non indicato, il punto di partenza. Si trova alla fine di una curva della Carettera, poco prima del Benvienito a Villa Cerro Castillo. Proprio lì bisogna fare una svolta a gomito e prendere una strada battuta. Seguire le indicazioni per Puesto Huemul, oltrepassare un ponte e parcheggiare. Un baracchino di legno con un ranger chiederà di segnare i propri dati e prenderà nota della vostra presenza. Il prezzo da pagare é piuttosto alto (18.000 CLP a testa) ma ne varrà senz’altro la pena. Arriviamo poco prima delle 12:00, tempo massimo per l’accesso. Ci dicono che dobbiamo affrettarci e cercare di essere in vetta al massimo per le 15:00 per comunicare la nostra presenza al ranger della laguna. Il percorso è di 14 km con un dislivello di 1.100 mt, praticamente tre ore solo di salita, in alcuni punti molto ripida, e altrettante di discesa, ma il percorso è così bello che mitiga la fatica. Proprio nell’ultimo strappo, dove la terra si trasforma in roccia, inizia a piovere. Fa freddo, siamo soli lungo tutto il tragitto e la pioggia, nonostante i poncho, ci congela. Vediamo la prima neve mentre la pioggia si trasforma in acqua ghiacciata. Le mani dolgono ma noi andiamo avanti, passo dopo passo. Arriviamo alla laguna e nonostante le nuvole basse che ci avvolgono e un forte vento gelido, la vista che appare davanti a noi è commovente. Il Cerro Castillo con il suo ghiacciaio domina una laguna turchese. Cascatelle di acqua che scivolano dalla nera montagna la alimentano. Siamo soli, o così crediamo di essere, quando ad un certo punto esce dal nulla un ragazzo. È il ranger della laguna, ci chiede se siamo gli “italiani” e lo notifica via radio alla base. Intanto la nebbia sta salendo, lo salutiamo e prendiamo subito la strada del rientro con il timore di non riuscire ad individuare i segnali gialli che tracciano il sentiero. Ripassiamo dal ghiaione, facendo attenzione a non scivolare nelle scarpate, ci aggrappiamo alla corda per non perdere l’equilibrio con qualche raffica di vento, scendiamo per i ripidi sentieri di fango, oltrepassiamo, ampie distese di cespugli in fiore e silenziosi boschi. Finalmente il sole spunta nuovamente e ci facciamo scaldare dai suoi caldi raggi. Arriviamo alla base stremati, dopo 5 ore e mezzo, quando normalmente ne occorrono 7, gli occhi pieni delle meraviglie viste e grandi sorrisi complici. Un trekking faticoso ma caldamente consigliato (meglio che partiate verso le 9:00 della mattina, non fate come noi!).

Pernottamento: a 300 mt dall’entrata al parco, c’è il Refugio Cerro Castillo, dove alloggeremo per una notte. Il cottage che ci danno è il non plus ultra. Le ampie finestre danno proprio sul Cerro Castillo, che nel frattempo si è liberato beffardamente dalle nuvole e sul torrente che scorre ai suoi piedi. La vista è da palpitazioni e, dopo una doccia bollente, cessare la contemplazione per andare a cena è molto difficile.

Villa Cerro Castillo è un pueblo di 4 case, un mini market e tre ristoranti, di cui due chiusi! Il pranzo al sacco è saltato per via della fretta e della pioggia, e l’unica energia durante il tragitto l’abbiamo ricavata da un po’ di frutta secca e acqua del torrente. Affamati e assetati ingurgitiamo un numero di calorie esorbitanti al ristorante vicino al mini market e nonostante siano le 22:00 e il cielo sia ancora chiaro, il letto é il nostro unico pensiero.

PUERTO RIO TRANQUILO (3 notti)

La strada da Cerro Castillo a Puerto Rio Tranquilo è noiosissima, piena di cantieri e di buche. Ovviamente è tutta sterrata. Tre ore che sembrano infinite! Quando però comincia ad aprirsi alla vista l’acqua turchese del lago General Carrera, tutta la stanchezza rimane un ricordo. Puerto Rio Tranquilo è un sonnolento paesino sul lago, tutto centrato sul turismo. Ci dirigiamo subito all’ufficio informazioni per organizzare i prossimi due giorni. Ci mette in contatto con un’agenzia del luogo, l’Adventure Patagonia (Alejandro), che miracolosamente ci trova due posti per il giorno dopo per il trekking al ghiacciaio Exploradores (80.000 CLP a testa) e ci prenota il tour in kayak alla Capilla de Marmol (40.000 CLP a testa) per il giorno successivo. Miracolosamente è uscito il sole e le previsioni per i prossimi giorni sono buone. Tutto sembra ancora più bello!

Pernottamento: La Cabana Estrella dove trascorreremo le prossime tre notti è abbastanza spartana rispetto le altre ed è dotata di una stufa a legna, essenziale per la prima notte.

Ristoranti: La Bruja, ristorantino tipico, dal clima accogliente, staff simpatico e ottimo cibo.

Glacier Los Exploradores

L’alba ci da il buongiorno vestita di rosso. Il meeting point è davanti al baracchino dell’agenzia alle 8:00. Partiamo in van con altri 7 clienti di tutte le nazionalità, di cui una ceca, sposata con un italiano, con il quale sta facendo un giro per l’America Latina di un anno in camper. Di personaggi del genere ne troveremo a bizzeffe. Sana invidia!

Percorriamo la X728 per un’ora e mezza, fino alla fine. Scendiamo, veniamo muniti di ghette, ramponi e pranzo al sacco e iniziamo il nostro trekking di due ore e mezza verso il ghiacciaio. Si supera un ripido bosco per trovarsi in una zona rocciosa e brulla. Gli equilibrismi sulle rocce per due ore richiedono concentrazione e, più ci si avvicina, più occorre essere prudenti perché il ghiaccio si nasconde sotto il ghiaino. Poi finalmente comincia a vedersi il bianco mantello del ghiacciaio che forma onde omogenee e si insinua tra i monti. Indossiamo ghette e ramponi, le guide ci fanno un briefing veloce su come salire e scendere dai ripidi dirupi, come camminare in cresta onda e il tragitto che faremo. Difficile spiegare quanto sia emozionante toccare questo suolo ghiacciato. Lo facciamo con referenza, per non disturbare. Crepacci, grotte, tunnel. Entriamo e usciamo dai suoi grovigli, sbalordendoci dei colori che il ghiaccio assume in base alla quantità d’ossigeno: dal blu cobalto al verde acqua marina. Consumiamo il nostro pasto in contemplazione.

Il rientro sarà più veloce. Il nostro gruppo è molto allenato e arriviamo alla base in anticipo di un’ora.

Tips:

– il trekking è per gente abbastanza allenata.

– vestirsi a strati perché sul ghiacciaio il tempo cambia frequentemente. Munirsi di guanti, protezione solare e occhiali da sole.

– portare un ricambio o un poncho in caso di pioggia.

– Acqua.

Catedral de Marmol

Il giorno dopo, l’appuntamento con il pick-up è alle 7:00. Ci hanno consigliato questo orario perché è il migliore per le condizioni del lago e del vento, perché ci sono meno turisti e la luce è migliore. Al piccolo porticciolo ci consegnano il kayak e, accompagnati dalla guida, remiamo per mezz’ora fino alle spettacolari cave. Devo dire che lo sforzo di svegliarsi così presto è compensato dalla vista della Capilla e Catedral di Marmol, definite tra le grotte più belle al mondo. Il vento e il mare hanno forgiato la roccia calcarea creando arcate e passaggi che ricordano una cattedrale. I colori dalle variate sfumature di bianco, nero e azzurro spiccano sulla superficie del lago turchese. È un’apoteosi per gli amanti della fotografia, veri tesori naturali.

PUERTO RIO TRANQUILLO – PUERTO BERTRAND – CONFLUENCIA RIO BAKER/RIO NEFF

Avendo ancora buona parte della giornata libera e non essendo riusciti a prenotare per tempo l’escursione al Glacier San Rafael, ci dirigiamo verso Puerto Bertrand. La strada lungo la sponda meridionale del Lago General Carrera è uno dei tratti più belli di tutta la Patagonia. È uno dei percorsi più drammatici e silenziosi, quindi prendetevi del tempo per fermarvi e ammirare i panorami lungo il percorso. Venendo da Puerto Tranquilo, subito dopo il raccordo con Cruce Maitèn, la strada si inerpica sulla riva del pittoresco Lago Negro. La viewing platform sulla destra è una delle iconiche viste della Carretera Austral.

Fate una sosta alla frazione di Puerto Bertrand per ammirare lo straordinario colore del fiume Baker che scorre dal Lago Carrera verso il Pacifico nel villaggio di Tortel. Le sue acque sono di una tonalità incredibilmente vivida di turchese. Per coloro che cercano una scarica di adrenalina, le rapide lungo Rio Baker sono tra le migliori in Cile per il rafting e il kayak. Poco più avanti si passano le cascate di Confluencia dove il fiume Neff, fortemente sedimentato, si unisce al Baker per creare un colore ancora più spettacolare dell’acqua. Si tratta di una dolce passeggiata di 15 minuti, dalla strada fino alle cascate.

COCHRANE (2 notti)

Tra la Confluencia e Cochrane si estende l’enorme Parque Patagonia, il cui sterrato corre lungo il parco per 690 kmq attraversando la steppa Patagonica, foreste, fiumi, montagne e lagune. È un parco recente che si sta dotando di ottime infrastrutture, tra cui un lussuoso hotel, e che rischierà, in futuro, di richiamare più turismo di Torres del Paine. Tutto è costruito con materiale riciclato o locale. Guidate con prudenza perché è facile trovare i guanacos, lama cileni, che attraversano la strada! L’entrata del parco si trova a 11 km ad est dalla Carettera e non è a pagamento. Qui si snodano dei trail tracciati accuratamente dalle varie difficoltà/distanze. A 18 km a sud si sviluppa Cochrane. È definita una delle “città” più grandi della Carettera, anche se in realtà è un paesino con una manciata di ristoranti, una piazza, una chiesetta, qualche negozietto e il più grande ospedale della Patagonia, che sarà operativo da marzo. È l’ultimo dell’anno ma le strade sono semideserte. Cerchiamo subito il nostro alloggio “ Residential Rubio”, la cui stanza è così piccola da non riuscire quasi a farci entrare i bagagli. Andiamo immediatamente alla ricerca di uno dei due ristoranti suggeriti, con la speranza di trovarli aperti. Il primo ha già tutto prenotato; il secondo, La Isla, che si trova in fondo al paese, ha gli ultimi due posti disponibili. Prenotiamo senza esitazione. A cena vedremo una processione di disperati che, con la speranza negli occhi, chiedono se c’è un posto libero. Non riusciremo a vedere la mezzanotte perché in una città così sonnolenta, non si può che dormire.

Il giorno dopo, con sole splendente, 26 gradi e tanta protezione solare, torniamo a Parque Patagonia, percorriamo senza fretta il percorso ad anello di 16 km del trail Valle di Avilés che percorre la spettacolare valle di Avilés, che collega i Monti Jeinimeni alla valle del Chacabuco. Il tragitto è semplice e molto bello, passa attraverso la fiorita steppa che parte dalla Casa de Piedra fino alla Pasarela, un ponte tibetano che sorvola un terrificante precipizio che si inabissa nel Rio Chacabuco. Da lì si svolta per prendere il sentiero che riporterà verso il parcheggio. La sera del primo gennaio, Cochrane si presenta ancora più deserta del giorno prima. È tutto chiuso e trovare un ristorante aperto è impossibile. Miracolosamente, individuiamo un piccolo mini market con i battenti aperti. Acquistiamo delle uova e il minimo indispensabile per organizzare una frugale cena. Fortunatamente, il giorno prima avevamo dato disdetta della seconda notte a Residencia Rubio e avevamo prenotato, più o meno per gli stessi soldi, una Cabana spettacolare (della stessa proprietà del ristorante ISLA) con stufa a legno, soppalco, giardinetto e cucina. Il giorno successivo sarà quasi esclusivamente di viaggio. Da Cochrane a Coyhaique occorrono 6 ore di viaggio, con soste veloci a Rio Tranquilo e Cerro Castillo. Ci godiamo tutto il percorso illuminato dal sole; diamo uno strappo ad un neozelandese che proviene da Ushuaia, quasi alla fine del mondo, diretto in Alaska dove vorrebbe arrivare entro un anno in autostop o a piedi! In Nuova Zelanda lavorava in banca e si occupava di trading valutario, ma annoiandosi un po’, ha deciso di prendersi una pausa di un anno. Incredibile! Grande ammirazione per chi sa godersi la vita in maniera così avventurosa.

Patagonia tips:

A Puerto Varas, andare al Saltos del Rio Petrohue.

A Chiloé, fare il trekking al Muelle de Los Almas.

A Chiloé (Quemchi), ordinare un Curando o un Ceviche de salmon da Al Cehjo

A Villa Cerro Castillo, fare il trekking alla Laguna Cerro Castillo e ammirare il suo intenso colore turchese.

A Puerto Rio Tranquilo, vedere la Capilla e la Catedral de Marmol in kayak e fare il trekking al Glacier de Los Exploradores.

A Cochrane fare il trail Avilès al Parco Patagonia.

A Cochrane, andare alla Confluencia del Rio Baker con il Rio Neff

NORD DEL CILE – ATACAMA (03/01/2020 – 07/01/2020)

Partiamo da Balmaceda alle 10.30, scalo a Santiago e arrivo a Calama alle 18.00. I 4.400 mt di lunghezza del Cile si percepiscono in queste lunghe ore di volo. Preleviamo il nostro pickup Mitsubishi rosso fiammante, perfetto per gli sterrati che ci accompagneranno in questa tappa. La prima impressione è di delusione (ci ricrederemo a breve!). Facciamo subito paragoni con la Patagonia: il verde dei pascoli, il gorgoglio dei ruscelli, le cime innevate. La strada verso San Pedro di ATACAMA, che sarà la nostra base per i prossimi giorni, è un lungo rettilineo piatto, brullo e polveroso. Unica variante al tema sono le pale eoliche che ruotano pigramente. Poco prima di San Pedro, lo scenario muta e si farà più interessante. Entriamo in un canyon di rocce rosse, il colore acceso dalla luce dell’imminente tramonto. Ci fermiamo in una piazzola per ammirare il paesaggio e notiamo decine di teste che spuntano dalle rocce, orientate verso il sole che cala.

Arriviamo all’Hostal Montepardo alle 20:00 e veniamo accolti da Rodrigo che ci mostrerà la nostra stanza e ci fornirà utili informazioni. In stile bohemien, dalle note boliviane e messicane, con due gattoni arrotolati sulle poltroncine del patio, il colore azzurro delle porte e il mattone delle pareti, al B&B si respira una profonda pace. Si trova a 15 minuti a piedi dalla polverosa, chiassosa e affollata via principale, Caracoles, dove si alterna un passaggio confusionario di cani (sempre in gruppi da tre), turisti, bambini che giocano, venditori ambulanti, gente in bicicletta, butta-dentro di tour operator e ristoranti. Insomma, per chi come noi, proviene da luoghi dove per due settimane l’unico frastuono era quello del vento, lo shock è immediato. Ceniamo da La Estaka, un bel ristorantino con musica dal vivo. Piuttosto caro ma con un ottimo ceviche. San Pedro è un villaggio caratterizzato da case in adobe, costruite con fango ed erbe fatte essiccare, ed è situato nella precordillera, cuore di uno degli scenari più spettacolari del Cile settentrionale. Imponente e maestoso, il vulcano Licancabur (5.916 mt) domina il paese con la sua forma simmetrica e conica. Tra le escursioni da annotare nella trama dei nostri ricordi, a parte Quebrada de Jeri che non ha nulla di speciale, c’è:

Laguna Chaxa: fa parte della riserva naturale Los Flamencos, a 65 km da San Pedro e 2.300 mt sopra il livello del mare. Qui sembra che l’Universo si sia sbizzarrito a creare i colori più delicati usando gli acquerelli. Una laguna azzurra nel mezzo di una crosta di sale dove hanno deciso di vivere colonie di fenicotteri di tre diverse specie. La sua particolare bellezza è da attribuire ad un processo idrico e geomorfologico di evaporazione delle acque che provengono dalla Cordigliera delle Ande. È un paesaggio surreale che mostra tutto il suo splendore là dove il sale acquisisce colori diversi che vanno dal bianco, al rosa, al rosso.

Costo di ingresso: 2.500 CLP.

Valle della Luna: l’entrata di questo spettacolare parco è poco distante da San Pedro. Dune di sabbia si alternano a rocce rosate creando degli scenari mozzafiato. Lasciate la macchina nei vari parcheggi lungo la vallata e incamminatevi a piedi nei sentieri tracciati per arrivare ai miradores dai quali ammirare la creatività del vento che ha creato onde di sabbia e spianato le rocce rendendole enormi tavole dai dirupi verticali o lunghi scivoli che si inabissano nel terreno. Andate la mattina verso le 09:00 per trovare la luce migliore e non oltre le 13:00 (poi il botteghino chiude), con lo stesso biglietto avrete la possibilità di tornare per il tramonto. Se non avete molto tempo, fermatevi almeno alla prima sosta, la Duna Mayor, e inerpicatevi sul sentiero che vi porterà sulla cresta. Da lì si domina la vallata e si avrà una chiara idea della magnificenza del paesaggio.

Costo ingresso: 3.000 CLP

Lagune altiplaniche Miscanti e Meniques: a un’ora e mezza da San Pedro (90 km), percorrendo una strada spettacolare, che da piatto deserto si trasforma gradualmente in una distesa di cespugli gialli, si arriverà senza nemmeno rendermene conto, a 4.200 mt.

La conca della azzurrissima laguna Miscanti è delimitata a ovest dalla catena montuosa Chuculaque e a est da quella di Puntas Negras. Ha una forma ovale di 15 km di lunghezza e si sviluppa ai piedi del vulcano Ipira, 5.622 mt. Per la sua ricchezza naturale, ospita diverse specie di animali, tra cui le vicunas, una delle 4 razze di lama (le altre sono: lama, alpaca e guanaco) e il Flamenco cileno. Proseguendo sulla stessa strada, s’incontrerà a breve distanza la verdissima laguna Miniques, anch’essa meritevole di un adeguato reportage fotografico. Il paesaggio è di un’incantevole bellezza e trasmette una grande pace. Le nuvole sono così basse che sembra di poterle toccare con un dito e il cielo di un blu così intenso da sembrare finto. L’idillio sarà interrotto dall’arrivo di un fronte nuvoloso minaccioso e bluastro e un forte vento che, da lì a poco, ci costringeranno a rientrare. Lungo la strada, le temperature crollano e una pioggia mista a ghiaccio (che la notte si sarebbe trasformata in neve), ci accompagnano per una buona mezz’ora.

Portate sempre con voi una felpa o un piumino leggero perché i cambiamenti del tempo sono repentini, soprattutto nel pomeriggio. Attenzione anche all’altitudine che può creare problemi. Affrontate le vostre escursioni con saggezza, partendo gradualmente dalle mete con le altitudini inferiori.

Costo ingresso: 5.000 CLP

Valle de Marte o de la Muerte: questo sito è locato a circa 3,5 km da San Pedro. È un luogo surreale dove frastagliate rocce rosse dalle forme più stravaganti creano un canyon percorribile in auto, dopo aver pagato l’ingresso. Si giunge fino ad un parcheggio ai piedi di un’enorme duna di sabbia, dove sarà facile trovare amanti del sandbording. Arriviamo verso il tramonto, dopo essere tornati dall’escursione alle lagune altipianiche. Anche qui, stranamente, il meteo non ha fatto sconti e la Valle de la Muerte ci accoglie con un vento potente e una fastidiosa tormenta di sabbia. Il cielo nero, oltre la duna, crea un’aurea drammatica spettacolare. Non riusciamo a percorre il sentiero a piedi ma ci arrampichiamo, tra le folate di vento, sulla duna di 70 metri godendoci uno spettacolo unico e memorabile.

Costo ingresso: 1.500 CLP

Geyser di El Tatio: i tour organizzati per visitare questo luogo enigmatico partono tutti verso le 04.30 per arrivare in tempo per l’alba. Su consiglio di Rodrigo dell’hostal Montepardo, partiamo alle 07:00, per goderci i geyser senza troppo affollamento. La scelta non poteva essere più azzeccata per due motivi: la spettacolare strada che conduce fino ai geyser, che in andata avremmo dovuto percorrere al buio, e le temperature più alte (qui si va anche a -10). Come dicevo, solo il percorso in andata è valso la pena di tutto il viaggio! Paesaggi idilliaci con montagne innevate di fresco proprio di fronte a noi, il vulcano Putana (unico attivo) fumante, la terra color cacao interrotta da sprazzi di verde e bianco, lagune con fenicotteri, lama e guanaco allo stato brado. Ad ogni curva di sterrato, viene spontaneo fermarsi per scattare una foto o semplicemente godersi certi scorci meravigliosi. Arriviamo ai geyser, a 4.320 mt di altitudine, alle 09:00 e sembra di essere stati catapultati in un cerchio dantesco. Colonne di vapore alte diversi metri escono da bocche gorgoglianti di acqua bollente. La terra nera come il carbone lascia spazio solo a ciuffi di vegetazione gialli e rossastri. Un gran pianoro circondato dalle montagne brulle, dove decine di geyser lungo un percorso delimitato, attirano l’attenzione dei turisti. È presente anche una minuscola piscina termale, strapiena di gente, dove non siamo assolutamente invogliati ad entrare. Al rientro, l’autista di un pulmino in panne, pieno di turisti, ci ferma disperato e ci chiede se possiamo dare un passaggio a tre clienti.

Avevo letto qualcosa sull’inaffidabilità dei mezzi di alcuni tour operator e con questo ne ho avuto la prova. Quindi attenti a chi vi rivolgete se non siete auto-muniti! A metà strada ci fermiamo al pittoresco villaggio di Machuca, abitato da 120 anime e con una chiesetta in adobe, come il resto delle abitazioni, molto caratteristica. Qui, veniamo attratti dall’unico baracchino del paese che è specializzato nella grigliata di spiedini di lama. Vorrei precisare che delle specie di camelidi presenti in Cile, solo il lama può essere legalmente ucciso a scopo alimentare, in quanto si alleva, gli altri sono specie protette.

Costo d’ingresso ai geyser: 10.000 CLP

Mirador Coyote: come farsi mancare un tramonto nel deserto? L’ultimo giorno il cielo è così limpido e i colori così vividi che il calar del sole può essere solo spettacolare. Guidiamo oltre San Pedro, verso Calama, entrando nel canyon di rocce rosse che delimita la strada e poco più avanti raggiungiamo il Mirador Coyote. Il punto panoramico è già gremito di gente, c’è chi si è portato anche tavolino e sedie. É così vasto che, dopo un giro di perlustrazione, troviamo la giusta postazione senza problemi. Il panorama oltre il precipizio è arricchito dalle frastagliate e ondulate rocce sottostanti e la grande distesa di sabbia, sulla destra, è mossa dal vento. Il sole scende lento dietro le montagne, pennellando il paesaggio di rosa, mentre la gente infreddolita fa un rapido rientro alle proprie vetture.

Valle de Arcoisis: mai ci saremmo aspettati un’altra emozione sulla via verso l’aeroporto. Pensavamo di aver visto ormai ogni tipo di paesaggio, ma ancora una volta siamo stati piacevolmente sorpresi! La Valle dell’Arcobaleno si estende tra San Pedro e Calama, nel versante orientale ed è una tavolozza di colori che comprende tutte le sfumature del verde (mai viste finora in natura) mescolate al mattone. Tutta roccia, con poca vegetazione, le colline sono ricchissime di minerali, dal quarzo allo zinco e devono a questo la particolarità che le contraddistingue.

Non fatevi mancare questa tappa perché è tra le più belle che abbiamo visto!

Tips:

Godetevi il tramonto nella Valle della Luna o al Mirador Coyote.

Cercate di toccare le paffute nuvole perché vi sembreranno così basse da poterle raggiungere con un salto.

Fate attenzione, guidando, ai guanaco, cani o lama che attraversano la strada senza preavviso.

Fatevi sorprendere dalla pioggia del deserto.

Osservate i mulinelli del vento e contate quanti secondi si fermano nello stesso punto. Rimarrete sorpresi.

Prendete un enorme succo naturale, all’ombra dei grandi ombrelloni, nella Plaza des Armas.

Pernottamento: Hostal Montepardo – San Pedro di Atacama

Ristoranti in centro (via Caracoles o trasversali):

Adobe: molto carino e ottimo cibo, caratterizzato da un grande fuoco acceso all’inizio della sala, nella parte scoperta.

La Estaka: è un ristorante ampio, curato, accogliente e per alcuni versi anche sofisticato, dove poter assaggiare specialità cilene e non, con la cura dei particolari ed un servizio veloce e cortese. Prezzi paragonabili a quelli italiani.

Inka’s Gourmet: cucina peruviana. Ottimo chevice ma il locale l’ho trovato abbastanza squallido. Servizio lento, nonostante i pochi clienti. Non avevano birre.

Sol Inti: Se volete qualcosa di più rustico, ma buono questa può essere una buona scelta. Staff simpatico e genuino.

INTERMEZZO: VALPARAISO (1 giorno) – 08/01/2020

Il giorno dopo il nostro rientro a Santiago decidiamo di avventurarci alla volta di Valparaiso che tutti ci descrivono come meta imperdibile. Il tempo è poco perché il tragitto in pullman (Turbus, 7.800 CLP a/r) richiede due ore, ma vogliamo farci almeno un’idea. Partiamo dal terminal più vicino alla nostra abitazione (in centro c’è ne sono almeno tre) acquistando i biglietti direttamente al Botteghino della Turbus. I pullman per Valparaiso sono molto frequenti e riusciamo a partire praticamente al volo, così come sarà il rientro. Arrivati al terminal principale di Valparaiso, le scelte per dirigerci in centro sono due: il tram o l’autobus. Optiamo per la prima (300 CLP) e ci vorrà una buona mezz’oretta prima di arrivare nel cuore della città vecchia e la zona del porto. Gironzoliamo un po’ a caso finché alle 15.00, ci dirigiamo a Plaza Sotomayor, dove ci hanno detto parta giornalmente un tour (Tours 4 Tips) non a pagamento (chi vuole lascia una mancia tra i 7.000 CLP e i 15.000 CLP) che organizza una passeggiata verso le mete imperdibili di Valparaiso. Peccato non fermarci un giorno in più perché alle 10:00 a.m. c’è sempre un secondo tour che ti porta nella zona meno turistica e più autentica della città. Le guide, tutti ragazzi, sono molto brave e preparate e si può scegliere se far parte del gruppo in inglese o spagnolo. Un’ottima iniziativa perché non occorre prenotarsi, solo recarsi nel centro della piazza all’ora del meeting point e individuare i ragazzi che indossano una maglietta a righe bianche e rosse. Il tour dura tre ore e si concentra sui quartieri di Cerro Alegre e Cerro Conception, che si trovano in collina, raggiungibili mediante la funicolare più vecchia della città che si inerpica quasi in verticale su uno dei 42 colli della città. Entrambi i borghi sono caratterizzati da splendidi murales, alcuni di facile intuizione, altri difficili da interpretare. Tutte le vie sono colorate e variopinte. Un grande murales di Dani Reveco, quasi tutto in bianco e nero, è un garbuglio di figure ed oggetti. Concentrandosi sulla continuità delle forme si può leggere la chiave interpretativa che riguarda il consumismo e la situazione sociale del Cile.

Curiosità:

Guardatevi intorno e, se vedrete immagini di un occhio o qualcuno senza un occhio, sarà in riferimento a quanto recentemente accaduto in Cile, quando durante le manifestazioni di protesta nei confronti dei politici corrotti e del Governo, la Polizia ha attaccato i civili sparando pallottole a salve negli occhi, ledendoli gravemente. É per questo che, al passaggio di una camionetta dei Carabineros, la gente si copre spesso un occhio.

Plaza Sotomayor, le finestre del Ministero della Cultura sono tappezzate di disegni di occhi.

A Valparaiso i bus urbani si fermano con un’alzata di mano. Si sale e si scende quando rallentano ai semafori o a causa del traffico.

Sui pullman extraurbani, una volta in viaggio, l’autista non va disturbato tanto che si chiuderà dentro la sua cabina senza possibilità di essere visto.

Tips: fate il tour della città con Tours 4 Tips, che si finanziano solo con le mance.

ISOLA DI PASQUA (5 giorni), 09/01/2020-13/01/2020

Partiamo dall’aeroporto di Santiago la mattina alle 10:30 e arriviamo a Rapa Nui dopo 5 ore e una differenza di fuso di 2. L’Isola di Pasqua è il luogo abitato più remoto al mondo, a ben 3.700 km dalle coste del Cile. Vi vivono 7.000 anime, concentrate nel villaggio principale Hanga Roa ed è una terra ricca di misticismo, tradizioni ed energia. Il clima è tropicale e mai caldo. Le temperature vanno dai 18°C di minima, in inverno ai 23°C di massima, in estate. Le verdi colline spoglie da alberi si distendono fino al mare esibendo scogliere nere, frutto delle eruzioni dei molteplici vulcani dell’isola, ormai non più attivi. I fiori gialli e ruggine si mescolano armoniosamente al resto dei colori e al rosso mattone degli sterrati. La cosa che salta subito all’occhio è l’enorme quantità di cavalli allo stato brado che a volte partono al galoppo, regalando una suggestiva sensazione di libertà.

E poi ci sono loro, i 1.000 Moai, le grandi sculture (5-10 mt) che rappresentano l’attrattiva principale dell’isola. Il significato della loro origine, secondo gli attuali discendenti maori, è di essere monoliti augurali portatori di benessere e prosperità, ed è per quello che guardano verso il villaggio; mentre quelli più piccoli sono rappresentazioni di antenati defunti. Molti di loro sono muniti di un copricapo rosso (pukao), ricavato da un’altra roccia, che potrebbe rappresentare un turbante o dei capelli molto lunghi raccolti sulla testa. Sono dislocati un po’ ovunque ma per vederli occorre acquistare il biglietto del Parco Nazionale ($55.000 CLP con validità 10 gg) ed esibirlo in ogni sito. L’isola si gira in macchina, in bici, scooter, quad o a piedi. Noi abbiamo organizzato le cinque giornate a disposizione così:

I giorno: avendo a disposizione solo il pomeriggio, non essendo auto-muniti e alloggiando al camping Tipanie Moana che si trova a 20 minuti a piedi dal centro, ci concentriamo sulla visita di Hanga Roa e del primo, splendido sito di Moai, Ahu Tahai, ai margini del villaggio, dove si trova l’unico esemplare con le pupille di ossidiana e la sclera di corallo bianco.

II giorno: escursione giornaliera del tour dell’isola e visita ai 7 siti principali:

1) Volcan Rano Kau: il microclima presente nel cratere crea delle condizioni favorevoli di umidità e luce tanto da essere considerato uno dei luoghi più importanti per la conservazione della flora nativa. La sensazione di essere sulla cresta del cratere senza dover subire pericoli, infonde una grande tranquillità.

2) Orongo: in questo sito è presente un piccolo museo che vi ragguaglierà sulla storia di questa misteriosa civiltà, sui loro riti e tradizioni. Appena fuori dalla costa si trova la piccola isola di Motu Nui che ha avuto un ruolo chiave nella storia di Orongo. La leggenda narra che per assicurare una miglior riproduzione degli uccelli, il dio Make-Make, lasciò sull’isola dei pennuti perché potessero moltiplicarsi. Una volta all’anno i capi di differenti tribù si affrontavano in un’estenuante competizione (tangata manu) per accaparrarsi il titolo di Dio per un anno. In poche parole, la gara consisteva nel calarsi usando mani e piedi dai 300 mt di scogliera, nuotare fino all’isolotto Moto Nui, attendere giorni o settimane che i manutara facessero le uova, prenderne uno e riportarlo indietro intatto ripercorrendo lo stesso tragitto a ritroso. Oltre ai rischi di cadere dalla scogliera o venire assaliti dagli squali, c’era la lotta tra i concorrenti per cercare di rompere le uova degli altri. Chi riusciva ad arrivare per primo con l’uovo intatto era proclamato vincitore e, unito al titolo onorario, riceveva in dono una vergine.

In questo sito si trova inoltre la ricostruzione delle case, delle specie di igloo di pietra con una porta piccolissima d’entrata che permetteva il controllo di chiunque vi accedesse.

3) Volcan Rano Raraku: fu il centro dell’arte monolitica di Rapanui, dove si scolpivano, direttamente dalla roccia vulcanica, la maggior parte dei Moai che poi venivano trasportati nelle differenti zone dell’isola. Ci sono molte teorie su come fosse stato possibile trasportare diverse tonnellate (il più grande ne pesa 86!) anche per 12 km, nel resto dell’isola. Una prima ipotesi è che venissero trasportati tramite tronchi sui quali venivano fatti rotolare ma la più attendibile sembrerebbe essere quella che due gruppi di uomini trascinassero in avanti la statua tramite una corda, proprio come faceva un terzo gruppo che la reggeva in verticale.

Questo è decisamente il mio sito preferito, non solo per il numero di Moai presenti, ma per la bellezza del suo paesaggio, dove i cavalli partono al galoppo dopo un lungo nitrito. Un sentiero di 1500 mt conduce alla scoperta del sito tra saliscendi, punti panoramici e enormi monoliti.

4) Ahu Tongariki: é la più grande piattaforma dell’isola. I suoi enormi Moai (i più grandi dell’isola) furono abbattuti durante le guerre civili e nel XX secolo subirono molti danneggiamenti durante uno tsunami. Nonostante ciò, dopo un’opera di restauro, i Moai hanno ripreso il loro posto, allineati uno vicino all’altro, con il mare alle spalle. Non si può dire di aver visitato Rapa Nui se non si è stati qui. Attenzione che il biglietto del Parco Nazionale, qui e a Rano Raraku permette di entrare una sola volta. Per vedere l’alba invece non ci sono problemi perché fanno entrare liberamente.

5) Anakena: è la spiaggia principale dell’isola di Pasqua. La sua sabbia bianca e fine, il mare turchese, le piccole onde e le palme fanno di lei una meta ideale per rilassarsi e poltrire. Ma Anakena non è solo questo. È considerata il fulcro della cultura e della storia dell’isola e luogo di approdo del primo re che insidiò il primo centro abitato. Alle sue spalle, a far contrasto con il bianco della sabbia, si trova una piattaforma con 7 Moai. Sono tra quelli meglio conservati dell’isola in quanto, quando furono abbattuti, rimasero sepolti sotto la sabbia che li preservò dalle intemperie.

6) Ahu Akivi: é una piattaforma cerimoniale con 7 Moai ben conservati. Rappresentano i 7 esploratori inviati dal re Hotu prima del suo viaggio di colonizzazione e sono stati eretti e allineati nel punto dove nasce il sole in autunno e primavera. Ciò era di grande aiuto per gli agricoltori che avevano così la percezione del tempo e del cambio del clima. Sono gli unici che guardano verso il mare ma solo per il fatto che il villaggio si trovava tra loro e l’Oceano.

7) Puna Pau: è il luogo dove i pukao, i copricapi dei Moai, venivano realizzati. Venivano fatti rotolare dalla collina e poi trasportati fino al Moai di competenza.

III giorno: noleggio auto + trekking di 2 ore fino al vulcano più vecchio di Rapa Nui, il Poike.

IV giorno: loop a piedi di 20 km con partenza da Hanga Roa, passando tramite uno sterrato da Ahu Tahai, Ahu Te Peu, ANA te Pahu, per poi tornare dalla strada principale. Spettacolare e con poco dislivello. Tramonto dalla terrazza sul mare de “La Kaleta”, ottimo ristorante (un po’ caro) nei pressi del porticciolo di Hanga Roa, subito dopo i Diving centers.

V giorno: alba nella parte opposta dell’isola, a Tongariki, e rientro a Santiago.

È curioso che Rapa Nui sia avvolta da tanti misteri. Oltre a quello relativo ai Moai c’è quello dell’estinzione della sua popolazione. Il primo europeo sull’isola fu un olandese che già descrisse l’isola come brulla e senza alberi, cosa molto strana perché la costruzione dei Moai necessitava di tanti tronchi, i cui resti sono stati trovati sull’isola. Si pensa che per costruire sempre più statue, la popolazione abbatté tutti gli alberi distruggendo l’ecosistema e creando la desertificazione e la mancanza di risorse per la sopravvivenza. Questo avrebbe innescato una sanguinosa guerra civile terminata con la morte della maggioranza della popolazione. I racconti arrivano a parlare perfino di cannibalismo. Un recente studio ha invece ipotizzato che le palme siano morte a causa del ratto polinesiano, arrivato probabilmente con i primi coloni e che la popolazione sia stata colpita da malattie importate dai primi esploratori e parte di essa deportata come schiavi. Nel 1877 sull’isola si contavano appena 111 abitanti.

Pernottamento: Camping Tipanie Moana: affitta sia tende che bungalows. Economico.La struttura è decadente, il nostro bungalow era molto spartano, con due stanze minuscole con letto singolo, una doccia che non si riusciva a miscelare, un doccino che non stava nella staffa. Passi tutto ma lo sporco no. Sebbene riassestassero la stanza ogni giorno, il concetto del pulito era molto soggettivo, fatto sta che ogni notte subivamo la compagnia di qualche enorme scarafaggio ai piedi del letto o in bagno. Idem nella cucina in comune.

Pepé, il proprietario, è molto gentile ma questo non può giustificare la cattiva tenuta del campeggio.

Ristoranti:

-Tataku Vave, sulla sponda occidentale del piccolo porticciolo oltre Punta Roa, a 10 minuti a piedi dal centro di Hanga Roa. Ottimo! Cibo delizioso e abbonante. Spettacolare terrazza in riva al mare. Staff simpatico. Frequentato dai locali (questa la dice lunga).

Se doveste avere la nostra fortuna, potreste incappare in una festa di compleanno con canti folkloristici, palloncini e torta di panna montata.

– La Kaleta: in punta al porticciolo di Hanga Roa, dopo i Diving center. Terrazza sul mare e grandi vetrate. Cibo più ricercato quindi un po’ più caro, ma le porzioni di ceviche sono enormi, quindi volendo può essere un piatto per due.

Il più buon Pisco Sour (drink locale) di tutta la vacanza!

Tips:

Portate con voi una felpa, anche se è estate perché il clima varia di frequente.

Portate abbondante cash perché ci sono pochi ATM e spesso non accettano carte di credito.

Portate uno spolverino impermeabile perché le brevi piogge torrenziali sono frequenti.

Non perdetevi l’alba a Tongariki e il tramonto a Hanga Roa.

Fate almeno un trekking nella verdeggiante campagna.



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