Altopiani andini del Cile e della Bolivia: alla scoperta di un nuovo pianeta
Così dopo aver trascorso qualche giorno in Brasile a Rio de Janeiro ed aver poi visitato le Iguazu Falls (bellissime), abbiamo riposto bermuda e costumi da bagno e sfoderando maglioni di lana e piumini ci siamo diretti verso il Cile, un paese più conosciuto per l’Isola di Pasqua (grande rimpianto non esserci andati… sarà per la prossima) che per le sue bellezze sulla terraferma.
Se vi state chiedendo se questo possa essere un viaggio adatto a tutti la risposta è no, non lo è. Per affrontare questa avventura è necessario essere per così dire un minimo “navigati”, sia per le difficoltà legate all’altitudine che comunque fin da subito si fa sentire, sia per le condizioni spartane a cui si va incontro durante i vari percorsi, a partire dagli “hostal” in cui pernottare (rifugi spartani senza riscaldamento e spesso senza acqua calda) ai punti di ristoro (assenti, si pranza all’esterno di jeep o minivan a temperature estremamente rigide) all’assenza di qualsivoglia struttura che si avvicini ad un wc.
Il Cile è un Paese molto particolare. Attraversa tutta l’America del Sud come fosse una “zip” che tiene assieme le altre nazioni limitrofe, racchiudendo un’infinita varietà di paesaggi, dal mare, alle grandi vette innevate, ai vulcani, ai geyser, ai ghiacci polari per terminare con la famosa Terra del Fuoco.
In pratica, un coacervo di luoghi diversi e di razze (tanti volti dai classici caratteri indios ma altrettanti dai tratti occidentali).
Santiago del Cile ci si presenta come una metropoli interamente circondata dalle Ande eternamente innevate. Ma abbiamo rivolto giusto uno sguardo su questa impressionante città poiché la nostra destinazione finale (per modo di dire) sarebbe stata Calama (Nord del Cile).
Atterrando su Calama (altitudine 2260 s.l.m.) si poteva già ammirare dall’oblò dell’aereo il paesaggio variare abilmente dal bianco della neve delle Ande di Santiago ai gialli, agli ocra e al rosso mattone della Cordigliera delle Ande sulla quale tuttavia, sebbene l’altezza fosse ragguardevole, di neve non se ne scorge granché, dal momento che è allocata nel grande Deserto de Atacama, “el desierto màs àrido del mundo”, solo qualche millimetro di pioggia ogni 10-15 anni.
Arrivati a Calama ci adoperiamo per un transfer diretto a San Pedro de Atacama, a circa 1 ora di distanza (alt. 2500 s.l.m., 25 C° – 6 C° media tra la max. e la min.), una cittadina caratterizzata dai colori caldi del deserto e dal clima gradevole situata alle pendici dell’imponente vulcano Licacanbur (5.916 s.l.m.) in una enorme depressione tra le Ande della Cordigliera Centrale e quelle della Cordigliera Orientale.
San Pedro vanta circa 4000 anime, per lo più impiegate nelle numerosissime agenzie turistiche, nei ristoranti, nei negozi di souvenirs, in ogni angolo presenti oltre ad un piccolo ospedale, una chiesetta ed una bella piazza centrale. In altre parole una piccola oasi nel deserto nata per soddisfare le esigenze dei turisti e per tale motivo anche estremamente cara rispetto ad altre località cilene.
In ogni caso, passeggiare per le viuzze polverose (sempre accompagnati da qualche docile cagnolino randagio) è decisamente piacevole, sia per la quantità di escursionisti che si incontrano provenienti da ogni parte del mondo, sia per l’atmosfera “hippy” e scanzonata che vi si respira.
I ristoranti variano da semplici casupole di fanghiglia adibite a punto ristoro a veri e propri locali alla moda, dove davanti a grandi bracieri è possibile consumare egregiamente carne e pesce di qualità per circa 15-20 euro a testa (Elena ha mangiato ottimi gamberi ecuadoriani nel bel mezzo del deserto! Sì, proprio così!).
Per quanto riguarda l’artigianato locale, i classici cappelli con para orecchie in lana di alpaca o i diffusissimi calzettoni con lama ricamati (un “must have” di ogni escursionista donna che metta piede a san Pedro!) costano poco ma se potete acquistateli in Bolivia dove vengono venduti a nemmeno un quinto del prezzo.
Abbiamo alloggiato all’Hostal Masairi appena fuori dal centro (10 minuti a piedi). Caratteristico e dall’atmosfera semplice e familiare ma come tutte le sistemazioni qui di prezzo medio, decisamente spartano. Vi consigliamo di alloggiare nei pressi di Caracoles, la via centrale dove si svolgono tutte le attività e la vita sociale della cittadina.
Una premessa sull’acclimatamento. Quando da zero si arriva a 2500 metri di altitudine è chiaro risentirne un poco ma basta camminare piano, non fare sforzi eccessivi, idratarsi molto e mangiare leggero (i gamberi ecuadoriani scelti da Elena sono l’ideale…!).
Noi non ne abbiamo risentito particolarmente, un paio di aspirine sono state sufficienti ad alleviare i sintomi del naso (perennemente) chiuso e dell’emicrania, per il resto nessun altro particolare problema fisico. In ogni caso, è consigliabile organizzare le escursioni in modo intelligente cercando di acclimatare il proprio fisico in modo progressivo aumentando la difficoltà data dall’altitudine col passare dei giorni.
La prima escursione (non semplicissima ma comunque accessibile a tutti) prevedeva una piacevole camminata attraverso la cosiddetta Valle della Luna (stessa altitudine di San Pedro), riserva protetta di una bellezza struggente a circa 1 ora di bus da San Pedro.
Dopo circa 45 minuti di trekking siamo giunti sulla cima (2800 s.l.m.) di una cordigliera di rocce intervallata da altissime dune di sabbia dorata, liscissime e perfette come il vento le ha plasmate (anche perché è vietato calpestarle) ed il panorama che si è stagliato sotto ai nostri occhi era magnifico: l’ocra ed il marrone scuro a contrasto con il bianco del sale si miscelavano in modo armonioso rendendo il paesaggio assolutamente fuori dal mondo, un’esplosione di colori che ci ha lasciato letteralmente senza parole. Definire questo paesaggio “lunare” non è poi così appropriato, visto che di grigio c’è ben poco. Seconda tappa prevista dal tour le cosiddette “Tre Marie”, conformazione rocciosa raffigurabile (con una buona dose di fantasia) tre figure che pregano a mani giunte nel bel mezzo di una distesa di sale.
A seguire ci siamo diretti verso una sorta di grand canyon cileno da dove abbiamo ammirato un variopinto tramonto seduti su rocce a strapiombo.
Il giorno seguente altra escursione scelta tra le mille agenzie dislocate nel centro di San Pedro (abbiamo optato per la Desert Adventure: costo sopra la media ma buon servizio, ottime guide parlanti anche inglese oltre che spagnolo), con colazione e pranzo compresi, forniti durante il tragitto.
Da questo giorno in poi le località che visiteremo arriveranno oltre i 4.500 metri di altitudine, partiremo la mattina presto (7 a.m. la media) e torneremo verso le 17.30 – 18.00.
I tragitti sono generalmente brevi, non più di un’ora e mezza di norma per raggiungere le varie attrazioni paesaggistiche in programma, tratte rese ancor più piacevoli grazie ad un’ottima colazione servita su di un tavolino da pic nic allestito accanto al minibus, dove è possibile gustare caffè e thè caldo, toast prosciutto e formaggio, cioccolata, marmellate e snack vari. Non si potrebbe desiderare di meglio anche se il clima è pungente.
Fuori San Pedro la temperatura è decisamente più rigida ma se non accompagnata dal vento che in molti dei luoghi è endemico, se ben protetti da calzettoni, guanti e cappelli si parla di un clima godibile e comunque ben tollerabile.
Faccio una parentesi di poche righe per chi potrebbe farsi scoraggiare dal mal d’auto (di cui noi non soffriamo). Si percepisce la salita di quota unicamente dai fastidi alle orecchie poiché trattandosi di altipiani le strade sono ampie e dritte, si sale “magicamente” senza dover affrontare fastidiose curve e tornanti.
Se avrete la fortuna di visitare questi luoghi vi renderete conto con i vostri stessi occhi del paesaggio meraviglioso che vi si staglierà davanti: vulcani spenti che sembrano tinteggiati ad acquerello, collinette che appaiono come spolverate di zucchero a velo, il blu intenso (molto più intenso) del cielo, il rosso ruggine delle pietre, l’ocra dei deserti ed il bianco del ghiaccio e del sale, il tutto cosparso da una quantità indefinita di onnipresenti ciuffetti di erba di colore giallo acceso, che sembrano essere disposti in modo geometrico tanto la loro allocazione è perfetta ed equilibrata, senza considerare la molteplicità di fauna che è facile avvistare, soprattutto camelidi quali lama, alpaca e vigogne, ma anche volpi del deserto ed eleganti fenicotteri nelle zone lagunari.
Arrivati al Salar del Tara (4.550 s.l.m.) ci accoglie un paesaggio che sembra appartenere ad un altro pianeta: un deserto circondato da rocce imponenti ed ispide, poi improvvisamente wow…una laguna azzurra con striatura bianche (sale), gialle e verdi (vegetazione). Davanti a questo spettacolo della natura gustiamo il nostro pranzo e mentre assaporiamo del buon pollo con verdure ci domandiamo se tutto ciò possa essere reale o meno.
Chi vorrà avventurarsi fin qui credetemi avrà la netta impressione di aver preso non un semplice aereo ma un’astronave e di aver visitato Plutone di persona (e non tramite New Horizons).
Ultimo giorno di escursione in territorio cileno (4500 s.l.m. ed oltre) con visita delle lagune altiplaniche Miniques, Miscanti e la cosiddetta Piedras Rojas che include il magnifico Salar de Aguas Calientes (Riserva Naturale protetta Los Flamencos).
Quest’ultimo è la quint’essenza delle lagune altiplaniche: acqua turchese maldiviana (ma ovviamente con temperature sotto lo zero) e vulcani spenti sullo sfondo dalle mille sfumature.
Non vi nego che Elena si è addirittura commossa tanto era lo splendore davanti ai nostri occhi. Paesaggio indimenticabile.
Ma le meraviglie offerte dalla natura non finiscono qui. E’ ora di partire destinazione Bolivia.
Vi risparmiamo le nostre disavventure con la prescelta agenzia turistica Esmeralda Tour che ci sentiamo di non consigliare per una molteplicità di motivi che non stiamo qui ad elencare, sebbene fosse l’unica agenzia disposta ad organizzarci un tour (de force) di 2 notti 3 giorni con partenza diretta da San Pedro De Atacama.
Appena comparsa la deviazione per il territorio boliviano scompare l’asfalto sul tragitto (ricomparirà 3 giorni dopo) ed il viaggio diventa decisamente più scomodo visto le condizioni delle strade (se così vogliamo chiamarle) ma non per questo meno piacevole data la varietà dei paesaggi che possiamo scorgere (con un po’ di difficoltà, visto la polvere e la sabbia costanti) dai finestrini della jeep.
Il nostro sarà un tour privato (e quindi molto più costoso) duro e tiratissimo (tutto sopra i 4000 fino ai 5000 metri s.l.m. dei geyser), considerato che il terzo giorno è stato solo di trasferimento per il rientro in Cile.
1° giorno: Laguna Bianca, Laguna Verde, Laguna Colorada, Laguna Honda, Hedionda, Chiarkhota, Canapa, geyser Sol de Manana e Deserto di Dali, notte a San Juan.
2° giorno: alba sul Salar di Uyuni, Isla Inchausi, cimitero dei treni, hotel de sal, notte a Villa Mar.
Premetto che eravamo preoccupati per l’altura (che in Bolivia sfiora di poco i 5.000 m) e per gli alloggi (più che buoni col senno di poi) in quanto avevamo letto recensioni negativissime: freddo intollerabile, necessità di pesanti sacchi a pelo, condizioni pessime di igiene con bagni esterni al rifugio, carenza di acqua calda e chi più ne ha più ne metta.
Certo aver optato per il tour privato ci ha dato la possibilità di avere una jeep tutta per noi, di poter sostare ogni qual volta lo desiderassimo, di dormire in una camera doppia (e non in 6 persone) con ampio bagno privato più che decoroso. E’ certamente costato (3 volte tanto rispetto ad un tour condiviso) ma non sapendo cosa avremmo trovato abbiamo optato per la maggiore sicurezza e tranquillità a discapito del budget prefissato.
Lungo il tragitto abbiamo avuto occasione di assaggiare il famoso mate de coca (in sostanza un infuso con foglie di coca che non essendo state lavorate non danno alcun effetto legato a qualsivoglia droga bensì servono solo per rilassare diminuendo gli effetti dell’altitudine). Ne abbiamo assaggiate le foglie che il driver Emilio masticava costantemente durante la guida. Su consiglio dello stesso Emilio, io le ho tenute (a differenza di Elena, che dopo averne sentito il sapore le ha subito sputate) una ventina di minuti come si tiene il tabacco nei film western di lato tra i denti e la guancia e credetemi, mi si è anestetizzata tutta quella parte come essere stato dal dentista.
L’attrazione del giorno è stata certamente la tanto attesa Laguna Colorada situata a 4300 s.l.m..
Sarebbe stato più credibile vederla illustrata su di un libro di astronomia come un lago di metano situato su Venere.
La sua colorazione è prevalentemente di un rosso intenso dato dalla presenza di milioni di micro organismi dei quali si nutrono i fenicotteri rosa (il colore del loro piumaggio è dovuto proprio dal carotene presente in questo a quanto pare prelibato pasto) presenti in grandi quantità su tutta la laguna.
Oltre al rosso predominante sono presenti il bianco, il blu ed a tratti il giallo paglierino, da un punto panoramico la si può ammirare in tutta la sua magnificenza, tanto da apparire come un quadro degno della mano del più meritevole artista. Senza dubbio il luogo più bello mai visto con i nostri occhi.
La notte a San Juan (alt. 3600 metri s.l.m.) è trascorsa in un caratteristico hotel di sale che certamente qui non manca visto che il salar di Uyuni (3500 metri s.l.m.) contiene 1/3 del sale di tutto il pianeta.
Aperitivo a base di mate de coca e cena a base di calda alle verdure e pollo al curry con patate al forno.
Sveglia ancestrale alle 3.45 e via in jeep verso il salar di Uyuni per ammirare l’alba nel bel mezzo di questa distesa sterminata di sale.
L’alba più bella della nostra vita. Potete immaginare l’effetto dei raggi del sole appena sorto su queste lastre di sale che come cristallo mutano di colore e sfumature.
Colazione all’Isla Inchausi, una brulla collinetta con enormi (ed improbabili) cactus nel bel mezzo del salar e poi direzione Uyuni verso il cimitero dei treni dove riposano locomotive che nella seconda metà dell’Ottocento che trasportavano oro e minerali da una parte all’altra del Paese.
La giornata scorre veloce e ci troviamo in serata a Villa Mar in un hotel con tutti i comfort, un vero miraggio in mezzo al nulla.
Il terzo giorno altra sveglia invereconda ed alle 10.00 siamo al confine tra la Bolivia ed il Cile per il ritorno a San Pedro De Atacama.
Che viaggio o per meglio dire… che avventura!
Federico ed Elena