Alta Provenza: attraverso i Canyon del Verdon

(di Linda) Per Sonia, Luca e Francesca, Allegri Compagni di Viaggio, che si sono resi artefici di questa ed altre vacanze proposta sempre per caso una settimana prima della partenza!! L'avventura inizia tra le montagne cuneesi, dopo una visita a Vinadio e Limone Piemonte. Questa piccola escursione in territorio d'Oltralpe durerà solo cinque...
Scritto da: Linda B 1
alta provenza: attraverso i canyon del verdon
Partenza il: 20/08/2003
Ritorno il: 24/08/2003
Viaggiatori: in gruppo
Spesa: 500 €
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(di Linda) Per Sonia, Luca e Francesca, Allegri Compagni di Viaggio, che si sono resi artefici di questa ed altre vacanze proposta sempre per caso una settimana prima della partenza!! L’avventura inizia tra le montagne cuneesi, dopo una visita a Vinadio e Limone Piemonte.

Questa piccola escursione in territorio d’Oltralpe durerà solo cinque giorni, da mercoledi a domenica, le ultime giornate da sfruttare appieno prima del rientro in patria ed alla conclusione delle vacanze 2003.

Attraversiamo il confine passando il Col di Tenda, tra stradine panoramiche e rapidi saliscendi, passando tra alcune gole scavate nella roccia viva e piccoli paesini a stento segnati sulla cartina.

Al primo bivio importante, decidiamo di seguire la strada per Sospel, situato nel bel mezzo delle Alpi Marittime. Il paesaggio è molto secco, ricorda vagamente la Spagna ma è molto più verde, le discese verso valle sono terrazzate di uliveti (sebbene l’altitudine non sia bassissima), e a giudicare dalle coltivazioni presenti, probabilmente quassù l’inverno è meno rigido di quanto non si creda.

La strada prosegue tortuosa tra questo angolo di Alpi, e finalmente dopo circa un’ora e mezza arriviamo appunto a Sospel, un abitato allegro e movimentato. Dopo una pausa-sigaretta, riprendiamo la salita, e guardando bene la cartina, ci troviamo una piccola sorpresa: infatti la strada che decidiamo di percorrere non è altro che il famoso Col de Turini, altitudine 1600 metri circa, percorso dal famoso rally che si compie in gennaio! Difatti dopo i primi chilometri, anche il nostro ‘pilota’ si galvanizza (ma non lo dà a vedere!) ed affronta il famigerato Colle alle prese con tornanti e controcurve, per un totale di un’ora di marcia, e nonostante tutto non siamo ancora in cima. Al primo spiazzo che la montagna ci lascia, troviamo tre alberghi ed un bar, dove ci concediamo una meritata pausa di relax tra il silenzio di queste vette, accompagnati da un gran sole a picco e da un caldo che si fa sentire anche a queste altezze.

Dopo un’oretta riprendiamo la sinuosa salita, stavolta imboccando la D70, che però quasi subito si butta in discesa tra i boschi e le rocce aspre, questa volta durerà un po’ meno del Turini ma la marcia è altrettanto movimentata e ricca di punti panoramici.

Infatti in alcuni tratti la via è tagliata ancora nella roccia, il colpo d’occhio diventa sempre più interessante, davanti a noi si aprono alcune gole e dirupi veramente fotogenici nonché a strapiombo quasi verticale! (Gorges de la Vesubie) Alla fine della D70 troviamo i primi centri abitati, scegliamo un paesino chiamato Lantosque, l’albergo è piazzato su un fiumiciattolo che scorre impetuoso in una bella vallicella. La mattina seguente scopriamo che tutta la zona è una delle mete più frequentate dagli amanti del rafting, canoa, kayak ed affini, inoltre vediamo alcune comitive di persone in muta subacquea che partono alla perlustrazione del fiume per fare del ‘torrentismo’ (con questo caldo sembra una cosa divertente e molto piacevole da fare, camminare e sguazzare nel fiume !).

La sera ci dedichiamo ad un giro nei dintorni, attraversiamo una gola ed un altro paio di paesini, ci ritroviamo in una località chiamata Utelle, che si trova la bellezza di 1000 metri sopra Lantosque (e si vedono tutti!), infatti dominiamo la vallata illuminata dai paesini sparsi.

Utelle è graziosa, è un piccolo gruppo di case arroccato in cima alla montagna, con una piazza centrale ed una statua della Madonna che domina il borgo. Nonostante l’orario (sono le 20.30!) è quasi tutto deserto, ed appena ci sediamo in un bar, ci liquidano con un ‘je suis desoleé, mais c’est trop tard’… tardi? Alle 20.30?! Mah!! Ad ogni buon conto, riscendiamo verso Lantosque e rientriamo in hotel.

Il giorno seguente partiamo di buon’ora, visto che i chilometri che ci separano dalla prossima destinazione sono parecchi ed il tempo a disposizione è tiranno. Non sapendo quale tipo di strada possiamo incontrare (se tortuosa come quella percorsa il giorno prima o più scorrevole), prevediamo un arrivo a Castellane verso le 18. Ci mettiamo quindi in marcia verso la città che sarà la prima tappa per visitare il Gran Canyon del Verdon, punto panoramico e meta amata dai praticanti di rafting e canoa. La discesa verso la statale 202 ci porta attraverso una valle ancora scavata tra le rocce, ha molte curve ma non è come le precedenti. A dispetto delle previsioni, il percorso diventa scorrevole e ci ritroviamo presto a fondovalle, le montagne paiono allontanarsi all’improvviso ed incontriamo qualche paesino in pianura e qualche campo di lavanda (purtroppo non fiorito).

Ci fermiamo presso una stazione di servizio per il pieno, e l’occhio ci cade su un castello che vediamo non molto lontano, è aggrappato alla cima di un alto spuntone roccioso, c’è una mulattiera per salire fin lassù, intervallata da archi in pietra e protetta da un muro.

Incuriositi decidiamo di fare una sosta, ed infatti siamo ben ripagati: il paesino si rivela essere un vero borgo medievale, con tanto di mura fortificate che circondano l’abitato, ben sei ponti levatoi e, meraviglia, un fossato con un fiume (il Var) che passa tutto intorno!! Il paese si chiama Entrevaux, è stato edificato sotto il regno di Luigi XIV dall’ingegnere militare Vauban, e dopo un rapido giro scopriamo che fino al 1860 questa piazzaforte segnava la frontiera tra Italia e Francia, difatti due delle porte d’ingresso si chiamano ‘Porta d’Italia’ e ‘Porta di Francia’.

Il posto ci conquista subito fin dai primi passi. Le stradine acciottolate sono ripide ed in salita e serpeggiano attraverso le alte case di pietra, tuttora abitate. Anche i nomi sono in tema, troviamo una graziosa ‘Ruelle de la Chouette’, oppure una ‘Rue de l’Horloge’ con vista sul campanile che sta da parte alla piccola cattedrale fortificata con un organo antico ed imponente (beh, tra tutto questo medioevo c’è da dire che spicca la ‘Creperia del Cavaliere’….). Quasi ogni stradina è piena di cestini di fiori e di cespi di lavanda; dovunque si trovano torri, balconi, ballatoi e feritoie; appena vicino alla cattedrale si apre un’apertura verso il Var dove s’intravede un piccolo mulino ad olio ancora perfettamente funzionante (lo usano ancora come frantoio). Indubbiamente si respira un’atmosfera davvero particolare, e molta parte del borgo sembra arrivare direttamente dal medioevo.. Cosa che non può fare altro che piacere a chi la visita! Non per niente la città è menzionata tra ‘le mille più belle di Francia’ e come ‘piccola città di rilievo’ (citès de caractere). STRA-ME-RI-TA-TO! Arriviamo fino all’estremità del villaggio per arrampicarci su fino al castello – una fortezza con le carceri, i sotterranei e le torri bastionate – ma ci scoraggiano la salita davvero ripida (25 minuti) unita alla temperatura (33 gradi o più) ed all’orario (circa le 13).. Peccato, da lassù ci sarà sicuramente una vista superba ed un maniero degno di essere visitato! In compenso scattiamo delle belle foto dal basso con un bel cielo blu cobalto come sfondo.

L’ennesima sorpresa della giornata ce la ritroviamo appena fuori dall’abitato, dove incrociamo un vecchio treno a vapore con tanto di locomotiva sbuffante e due carrozze, proprio come quelle che si vedono nei film sul far west (con medioevo non c’azzecca proprio, ma non stona poi cosi tanto con l’atmosfera del luogo!). Scopriamo poi che questo trenino stracolmo di gente percorre tutta la valle per unire Digne a Nizza.

Risaliamo in macchina (che si era appena appena rinfrescata in un piccolo fazzoletto d’ombra) e partiamo in direzione Castellane sempre sulla statale 202, sempre percorrendo strettoie e gole in un paesaggio roccioso. Dopo una decina di chilometri ed un centinaio di curve, tutto ad un tratto alla nostra sinistra si apre un falsopiano, ed in fondo a questo piano c’è qualcosa di intensamente blu che luccica sotto il solleone.. Ragazzi, che spettacolo! Uno scorcio di laghetto tra qualche pino, un pezzo di cielo cascato sulla terra, una gemma caduta tra le montagne! Freniamo un po’ bruscamente e con una manovra azzardatissima ci buttiamo a lato della strada, e da lì ammiriamo il più bel lago di montagna che abbiate mai immaginato che sberluccica sotto il sole e che ammicca malizioso.. Il colore è incredibile, sembra blu di metilene, e un po’ ci chiediamo come possa essere cosi azzurro! C’è da dire che un rullino finisce solo per fotografare questa meraviglia inaspettata, un altro regalo che riceviamo in questo giorno fortunato dopo la bella cittadella di Entrevaux. Non c’è da stupirsi che l’umore voli a mille, percorriamo i pochi km di discesa che ci separano dalla pietra preziosa ed in breve di troviamo abbastanza vicini, c’è una piccola discesa troppo ripida, le acque sono incredibilmente pulite ed ancora più azzurre! C’è da dire che è più grande di quanto credevamo, infatti percorriamo almeno otto chilometri per arrivare alla fine, intervallati da un campeggio (e chi non si fermerebbe?) e dal qualche spiaggetta.

Molto rinfrancati da questa vista, finalmente arriviamo a Castellane, attiva e piena di gente, incrociamo una decina di campeggi e di scuole di rafting. Particolarità di questo colorato paesino è che si sviluppa ai piedi un enorme falesia di roccia calcarea che sovrasta tutto il luogo, sulla cui sommità campeggia una chiesa che svetta su tutto il circondario.

Nonostante il fermento della città che troviamo molto interessante, decidiamo di proseguire ancora per un po’ e di arrivare fino al lago di Saint Croix, ben evidenziato sulla mappa stradale e grande almeno il doppio di quello appena incontrato (che non era affatto segnalato!!), lago che accoglie le acque del fiume Verdon che nel tempo che fu ha scavato le gole che formano appunto il Gran Canyon, meta della vacanza, che ora ci dà il benvenuto.

Percorrendo la Rive Droite, proseguiamo verso La Palud ed Aiguines, ed in un primo tratto pianeggiante incontriamo numerosi campi di lavanda, anche questi purtroppo non fioriti (o già sfioriti!), fino ad entrare nel famigerato Canyon.

Beh, non c’è molto da dire, il piccolo fiume Verdon nei secoli passati ha fatto proprio un bel lavoro, le gole sono spettacolari e tagliate quasi in verticale perfetta, con enormi dislivelli che purtroppo si percepiscono appena dalla strada. Ci fermiamo praticamente in ogni piazzola di sosta, guardando giù si vede il fiume che forma gorghi e polle verdi, là sotto c’è un sentiero chiamato meritatamente ‘l’Imbuto’ che costeggia tutto il corso d’acqua. Il punto più panoramico dalla strada è ‘Le Point Sublime’ ed infatti questo nome non tradisce l’aspettativa, anzi ci propone la vista di un’altra gola perfettamente verticale, lambita dal fiume e dalla vegetazione che si aggrappa alla roccia per non scivolare giù.

Dopo ancora qualche chilometro di canyon (il percorso si chiama ‘Route des Cretes’), ed un ponte panoramico (Pont du Galetas), davanti a noi si apre la vista del lago Saint Croix, forse un po’ meno spettacolare del primo ma veramente molto più vasto, e dello stesso colore blu, pieno di bagnanti e barche a vela.

Arriviamo ad Aiguines terminando il percorso della Rive Droite, stanchi ma con negli occhi ancora tutte queste meraviglie inaspettate. Anche questo paese è colorato ed allegro, con una bella fontana ombreggiata, botteghe di ceramiche, di miele di tutti i tipi (anche di lavanda!), di vini e di idromele (un po’ cari) e della immancabile piantina regina del luogo, che spande il suo aroma proprio dappertutto (anche dalle lenzuola dell’albergo!). La sera ceniamo in terrazza con un suggestivo tramonto sul lago, in un’atmosfera di pieno relax.

La mattina seguente ancora sveglia presto per percorrere la strada inversa, la Rive Gauche, forse un po’ meno panoramica dell’altra ma più in quota. Anche qui i nomi non fanno certo complimenti, si passa da una ‘Corniche Sublime’ a la ‘Falaise des Cavaliers’ al ‘Tunnel des Fayets’, tutti strameritati. Infatti vediamo il Verdon scorrere nel precipizio sotto di noi, un rivolo verde tra le rocce grigie. Le pareti calcaree della gola sono lisce e presentano parecchie cavità ed arcate naturali, segno che in un lontano passato sono state modellate da una corrente pressante e continua, diecimila volte più forte di quella che vediamo oggi che scorre allegra là in basso. Anche da questa parte del Canyon le piazzole di sosta sono tutte nostre, e per percorrere pochi chilometri ci mettiamo un’ora. Sosta obbligata anche sul Pont del l’Artuby, almeno cento metri di vuoto ci separano dal fiume, posto perfetto per i temerari del Bungee Jumping! Poco più avanti ci aspettano i poderosi ‘Balcons de la Mescla’, punto panoramico con alcune terrazze di pietra che ci fanno ammirare il panorama. Laggiù il Verdon forma una pozza tranquilla, e sinceramente un po’ invidio le persone che stanno nuotando nell’acqua smeraldina (anche oggi la temperatura sfiora i 32) e che pare siano sospesi nel nulla (anche da quassù vedo il fondo!).

Purtroppo il tempo è tiranno, ed oggi è l’ultimo giorno prima del rientro, e non riusciamo a percorrere il sentiero dell’Imbuto con vero dispiacere. Ci rimettiamo quindi in marcia per Castellane per chiudere il cerchio intorno al canyon, e dopo qualche km siamo fuori dalla gola della Rive Gauche. Ci troviamo davanti un panorama molto arido (anche con le temperature ci siamo!), collinare e molto secco, con pochi alberi e dominato dal colore marrone della terra (il territorio del Verdon è soprannominato il ‘paese verde, blu ed oro’) Troviamo le indicazioni per Trigance, segnalato come borgo medievale, ma purtroppo è ben al disotto delle aspettative (e non è proprio come Entrevaux!). A causa di una opprimente canicola, decidiamo per una sosta sotto un acero nel centro del paese (deserto). Il giro è molto rapido, il castello che domina l’altura non si può visitare (chissà perché poi!), cosi ci dobbiamo accontentare di una visita alla piccola chiesetta. Un particolare molto tenero: nell’androne d’entrata, una rondinella indaffarata ha pensato bene di costruirsi il nido! Per fortuna qualcuno ha messo un cartello chiedendo di lasciare sempre la porta aperta per la famigliola.. Menomale! Comunque fa un certo effetto vedere mamma rondine che sfreccia nell’ingresso a tutta velocità, soprattutto quando non te lo aspetti perché NON hai letto il cartello (che poi è un semplice post-it giallo) e stai guardando all’interno della chiesina buia! Giungiamo di nuovo a Castellane ripercorrendo un pezzo di statale fatta due giorni fa, dopo un brevissimo giro a piedi, la superiamo e ci avviamo verso la città di Grasse. Vista l’ora, decidiamo di pernottare per l’ultima serata in un piccolo hotel all’incrocio della N85 con una strada secondaria (non ricordo il nome del luogo). Quella sera c’è anche la festa del paese, infatti sotto alle nostre finestre si ferma una comitiva di ragazzini chiassosi che regalano delle coccarde fatte di nastro e fiori in cambio di fondi; ne prendiamo due, e in un francese comico (a dire al verità più vicino al nostro dialetto varesino che al francese!!) ci facciamo spiegare dove si svolgerà l’evento.. Perché non andare a vederlo?! cosi concludiamo le vacanze in allegria, e domani tornare sarà forse più leggero. Detto fatto, dopo cena risaliamo in auto e ci dirigiamo verso il centro… beh, la cosa è alquanto tragicomica, infatti la ‘grande festa del paese’ si traduce in 50 metri di strada chiusa davanti alla bottega del panettiere, un bancone di legno che fa da bar ed un palco piccolissimo dove si esibiranno i ‘Couleur Tempo’, (forse i vestiti di pelle in una festa di un paesino di 100 anime non è proprio una scelta azzeccatissima!) che nel frattempo ammazzano l’attesa (si inizia alle 22, sono le 21 si e no) chiacchierando con i ragazzi al bancone e facendo suonare a tutto volume un cd di Nec (Nec!? Ma sì, è proprio Nec! E io che mi aspettavo qualche canzone francese!!).

Intanto arrivano gli abitanti del paese, qualche famigliola, una ventina di ragazzini.. Certo, magari con qualche bancarella di zucchero filato, torrone e caramelle sarebbe risultato decisamente un po’ più allegro!! Dopo una mezz’oretta di attesa (non succede niente, i ‘Tempo’ non si decidono a suonare!), optiamo di tornare verso la Maison, domani sarà una giornata lunga, ci aspetta la giornata di rientro, il che vuol dire guidare almeno 400 km attraversando la Costa Azzurra (con pause-sigaretta a Nizza, Montecarlo e qualche paese a scelta prima di arrivare a casa), in più pensando con rammarico che le vacanze per quest’anno oramai sono finite.

Tornando verso l’albergo, attraverso una strada poco illuminata, guardando in su, scorgo la più bella notte stellata degli ultimi mesi: ragazzi che spettacolo, si vede tutta (ma proprio tutta) la Via Lattea che percorre interamente il cielo da est ad ovest come un nastro bianco, e tante di quelle stelle che faccio fatica a ritrovare le costellazioni più note (il Carro e Cassiopea), perse in mezzo a questa miriade di pietruzze scintillanti ricamate su un panno di velluto nero. Da noi un cielo cosi terso è quasi impossibile da trovare, mi domando se lo vedono solo qui in oltralpe, visto che ne avevo osservato uno simile qualche settimana fa nel nord della Francia da una campagna della Picardia nel bel mezzo della notte. Comunque mi godo lo spettacolo stellare finché i muscoli del collo non me lo permettono ed iniziano a reclamare indolenziti .. Indico le stelle che riconosco, ma tra questa infinità di lucine scappate da una saliera magica è davvero difficile! Intanto sul nero mantello cosmico sfrecciano anche due stelle cadenti come a salutarmi, la seconda mi fa l’occhiolino e si tuffa silenziosamente nel buio con un doppio carpiato avvitato e brilla, tagliando proprio a metà la Via Lattea, e si becca un bell’applauso all’unisono dal pianeta Terra da tre umani entusiasti, in questo meraviglioso angolo di Alpi Marittime chiamato Alta Provenza.

“Era oltre la mezzanotte. Il cielo mi abbacinò. Tutto il cielo viveva popolato da una moltitudine pullulante di stelle. La notte era appena levata e le stelle antartiche si spiegavano sopra la mia testa. Mi assalì un’ebbrezza di stelle, celeste, cosmica.” (P. Neruda)



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