Alle radici del Blues, viaggio in Mali

28 luglio: arrivo a Bamako Dopo aver battuto il record di tavolino (17h seduti al bar dell'aeroporto di Dakar), arriviamo finalmente Bamako, siamo cotti! In taxi andiamo alla Maison des Jeunes, la sistemazione più economica visto che domattina si riparte: è un vero tugurio ma siamo troppo stanchi, facciamo con gli zaini una sorta di impalcatura...
Scritto da: rabbiross74
alle radici del blues, viaggio in mali
Partenza il: 28/07/2007
Ritorno il: 12/08/2008
Viaggiatori: in coppia
Spesa: 1000 €
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28 luglio: arrivo a Bamako Dopo aver battuto il record di tavolino (17h seduti al bar dell’aeroporto di Dakar), arriviamo finalmente Bamako, siamo cotti! In taxi andiamo alla Maison des Jeunes, la sistemazione più economica visto che domattina si riparte: è un vero tugurio ma siamo troppo stanchi, facciamo con gli zaini una sorta di impalcatura per la nostra zanzariera e cerchiamo di dormire, il viaggio vero inizia domani! 29 luglio: Bamako-Djenné Dopo aver dormito tipo mummia prendiamo un taxi per la stazione degli autobus, salgono alcuni turisti ma ci sono soprattutto donne locali dai vestiti coloratissimi che non fanno che mangiare e molto gentilmente ci offrono frutta e biscottini.

Il paesaggio è fenomenale, molto verde su una terra rossa (come i campi da tennis per intenderci) e la cassetta di musica che ascolta l’autista è il sottofondo ideale per cullarci in questa nuova dimensione.

Ovviamente foriamo una ruota ma qui non è una novità e nessuno pare avere fretta.

Poco prima di scendere all’incrocio per Djenné il cielo si fa scuro e comincia il diluvio! Ci ripariamo con degli spagnoli sotto una capanna e aspettiamo che passi qualche camioncino che ci carichi per l’ultimo tratto; dopo aver stabilito il prezzo ci caricano stipati come sardine, io vado davanti con l’autista e scopro che esiste solo la carrozzeria, non c’è il cruscotto e anche del sedile c’è solo il telaio!!! Arriviamo a un fiume e ci fanno scendere, siamo infangati fino alle orecchie, dobbiamo salire su un piccolo traghetto che però non attracca sulla riva quindi zaino in testa, tiriamo su i pantaloni e entriamo in acqua per poi risalire su un altro camioncino in cui faranno stare i passeggeri di due furgoni (ma come fanno?) E’ già buio e a parte il fango non capiamo molto della città, su internet avevo trovato l’hotel Djenné-Djenno e gentilmente un ragazzo ci accompagna perché è al di là del fiume e non l’avremmo mai trovato.

Lo gestisce una eccentrica inglese (potete leggere il suo blog) che ci ha atteso per la cena, è un vero paradiso! 30 luglio: Djenné Come tutti i lunedì nella piazza davanti alla moschea si svolge il famoso mercato, ma non aspettate bancarelle turistiche, in vendita pesce secco, farine, legumi, ciotole di legno e plastica, stoffe, corde.

La città è costruita interamente in fango su un’isola nel fiume, sia dall’unico ponte che dai numerosi punti di guado sta arrivando gente con bestiame e carretti carichi di merci, è un trionfo di suoni, colori e soprattutto odori.

Girovaghiamo prima fra le bancarelle e poi nelle viuzze della città, compriamo dei tessuti tinti col fango (bogolan) in una cooperativa, ci avviamo al fiume e lo attraversiamo seguendo le persone per poi arrivare a vedere la città dall’altro lato.

Dovunque si vada i bambini ti vengono incontro e la gente si ferma a salutare, non chiedono nulla, sono solo educatissimi! Rientriamo a cena in Hotel e troviamo una gradita sorpresa, ci proietterà col pc il documentario di Scorsese sulle radici del blues: “Feels like going home”.

Un musicista afroamericano parte dal sud degli stati uniti, dalla musica degli schiavi neri per poi approdare in Mali e conoscere i suoi artisti in un viaggio con loro fino a Timbouctou.

Ecco, quello che avevo pensato prima di partire, e dà un nuovo senso al viaggio! 31 luglio: Djenné-Mopti Ci alziamo all’alba, la piazza della moschea è deserta, piano piano arrivano minibus e i relativi passeggeri, ci stipano assieme a degli spagnoli in 25 in uno con capienza 15, guadiamo nuovamente il fiume e riprendiamo la strada fra la terra rossa e i baobab.

Vicino a Mopti, il porto fluviale più vivace del paese, inziamo a scorgere i classici fienili rettangolari col tetto di paglia tipici dell’architettura Dogon. Arrivati in paese prendiamo una stanza in uno degli Hotel segnati sulla guida (sembrano tutti carini e di buon livello) e ci informiamo per l’escursione al pays Dogon.

Mopti si trova alla confluenza del Niger con il Bani, le sue rive sono molto vivaci, donne che fanno il bucato, auto e camion a lavare, bambini che giocano nell’acqua. Il porto brulica di pinasses che trasportano le lastre di sale provenienti dal nord, di pesce essiccato e di ogni tipo di merce; la moschea è recente ma costruita in fango in stile sudanese.

Le tante guide che a detta di tutti dovrebbero importunarci non sono per nulla insistenti e al primo rifiuto se ne vanno augurandoci sorridendo una buona giornata.

Ceniamo in albergo perché nei pochi ristoranti segnati sulla guida l’unico piatto disponibile è in realtà il pesce gatto di fiume e il mio compagno di viaggio non ne va pazzo.

1 agosto: Mopti-Sangha-Banani Alle 7 il 4×4 dell’agenzia scelta recupera noi e un belga del nostro hotel col quale divideremo le spese, il paesaggio è immutato ma più selvaggio e i paesi di solo fango diventano la norma. Un ponte è crollato nei pressi di Bandjagara e così dobbiamo allungare la strada, anche questa volta foriamo una gomma, strano…

Pranziamo con riso e salsa a Sangha e Corneille, la nostra guida Dogon, ci porta a vedere la lavorazione dell’indaco e la colorazione delle stoffe tipiche.

A piedi ci incamminiamo quindi alla falesia e sotto di noi si apre una meravigliosa pianura, l’Africa come l’ho sempre immaginata; scendiamo lungo una naturale fenditura nella roccia e iniziamo a scorgere alcune case perfettamente mimetizzate sotto la falesia. La sistemazione per la notte è spartana ma pulita, ceniamo con cous cous e agnello mentre la nostra guida ci racconta della cosmogonia Dogon, il cielo sopra di noi è spettacolare e solo le rane rompono il silenzio della valle.

2 agosto: Banani-Ireli-Amani-Tireli Camminiamo con calma ai piedi della falesia, Corneille ci spiega le leggende sul popolo Tellem che abitava la falesia prima dei Dogon e vedendo le rovine delle loro costruzioni arriviamo anche noi alla logica conclusione che sapevano volare! Nei villaggi ci accolgono con calore e subito impariamo l’importanza del saluto Dogon che può durare anche decine di minuti, finché non si è appurato che in famiglia stan bene proprio tutti! A Tireli dormiamo su un tetto dove abbiamo steso un materasso con sopra una zanzariera, la temperatura è ideale, alcune guide e i gestori del campement intonano alcuni canti e ci raccontano delle storie accanto al fuoco, anche se è fatto apposta per noi turisti risulta tutto molto spontaneo e l’atmosfera è delle più amichevoli.

3 agosto: Tireli-Daga-Mopti Ripartiamo al mattino presto per salire la falesia prima che faccia troppo caldo, lungo il tragitto incontriamo una cugina di Corneille che ogni giorno va a insegnare ai piedi della roccia e poi anche il padre con un vecchio fucile che sta andando a caccia nella valle, inutile dire che ci salutano tutti con grande cortesia e anche noi ormai abbiamo imparato le formule di rito.

Daga è il paese natale della nostra guida, ci sono stranamente delle famiglie cristiane perciò allevano anche maiali, ci seguono decine di bambini che come unico gioco hanno la classica ruota col bastone, alcuni, vestiti veramente di stracci, ci mostrano orgogliosi i loro quaderni. Corneille ci porta a conoscere la sua mamma che divide una piccola casa di fango col resto della famiglia e alcune galline, la signora ci offre di dividere il loro pasto, una sorta di polenta di sorgo con alcune erbe, sorridendo rifiutiamo e mangiamo dell’ottimo riso in salsa di arachidi al posto di ristoro mentre aspettiamo l’arrivo dell’auto per riportarci a Mopti.

Torniamo all’agenzia per sapere se ci ha trovato un’imbarcazione per Timbouctou (il livello del fiume è ancora troppo basso per le grandi navi), la pinasse è confermata.

4-5-6 agosto: Mopti Timbouctou Dividiamo la pinasse con Kalal, una guida che sta andando a Timbouctou a prendere dei turisti e che si rivelerà una preziosa risorsa per il nostro viaggio anche perché i due barcaioli non parlano una parola di francese! La pinasse è una lunga barca di legno con una copertura di paglia e un tavolo al centro, dietro c’è un buco coperto da una tendina che funge da bagno, ci staremo sopra per due giorni! Il tramonto sul fiume ha un fascino indescrivibile: i pescatori che rientrano a riva, le donne che fanno il bucato, capanne di paglia, pastori con le greggi e i baobab che fendono l’orizzonte.

Con solo un fornelletto e una pentola Ayouba ci prepara uno stufato memorabile.

Quando fa buio accostiamo a riva e montiamo una tenda sulla sabbia; purtroppo arriva un forte temporale così dobbiamo raccogliere tutto e dormire in barca alla mercé delle zanzare e di altri insetti che per fortuna non vedo.

Il secondo giorno il cielo è ancora nuvoloso, in lontananza tempeste di sabbia, passiamo il delta interno, vera oasi naturalistica con uccelli acquatici di varie specie e vediamo anche degli ippopotami, sono enormi! Ci fermiamo a un villaggio lungo la riva, Ayouba deve fare la spesa, Kalal ci porta in giro e ci mostra una piccola scuola coranica nella quale alcuni studenti stanno ricopiando brani del Corano…Su tavolette di legno! Ayouba torna con una gallina viva, se ne va qualche minuto nel retro della pinasse e per cena mangiamo pollo e cous cous…

Visto il tempo ci accomodiamo direttamente in pinasse facendo la solita impalcatura con la zanzariera. Ripartiamo prima del’alba superando Niafunké (città della quale il musicista Ali farka Touré è stato primo cittadino), anche se siamo privi delle normali comodità questo viaggio non ci pesa per niente, pranziamo con pesce gatto appena pescato e nel primo pomeriggio arriviamo a Korioumé, il porto vicino a Timbouctou con un po’ di dispiacere anche se molto curiosi.

Una jeep ci porta a caro prezzo in città, è un altro mondo, finisce la strada sterrata e la sabbia del deserto ti entra dappertutto, nei vestiti, nelle case, nei pensieri…

7 agosto: Tombouctou Decidiamo di dedicare tutta la giornata alla città per cercare di capirne i ritmi, visitiamo la bellissima moschea, ovviamente in fango e la biblioteca; Tombouctou era un vivacissimo centro culturale oltre che commerciale.

Il deserto è alle porte della città, anzi vi si insinua nei vicoli, la popolazione è composta per lo più da Tuareg e i loro accampamenti con i cammelli si scorgono fra le case; compriamo qualche spezia al mercato (chissà che è) e ci imbattiamo in una cerimonia religiosa che celebra, a quanto capiamo, la maturità di alcuni ragazzi: numerose persone vestite di bianco cantano e ballano dietro ai festeggiati per le vie della città.

8 agosto: Tombouctou-Gao Purtroppo il tempo scorre inesorabile così affittiamo jeep e autista e alle 4 del mattino partiamo per Gao. Vi è solo una pista di sabbia fra i cespugli, alla nostra destra il Niger con le sue verdi rive, a sinistra la sconfinata distesa della sabbia del deserto.

Incrociamo pastori nomadi e piccoli villaggi costruiti attorno a pozzi d’acqua dove le donne fanno la fila con secchi colorati, qui si lotta per sopravvivere ogni giorno.

Arrivati con le ossa a pezzi a Gao lasciamo gli zaini in un Hotel trovato casualmente per strada e ci facciamo portare al curioso mausoleo degli Askia, anche questo costruito in fango e legno in stile sudanese, dalla cui sommità vediamo colorarsi di rosa la più grande duna del Niger alle porte della città 9agosto: Gao-Mopti Attraversiamo nuovamente il fiume e la terra torna rossa e ricompaiono glia lberi, la vegetazione si fa sempre più verde ma non è affatto monotono, anzi davanti a noi si staglia l’Hombori Tondo e la Main de fatima, ovvero le Dolomiti del Mali; magnifiche formazioni in arenaria che per un attimo ci fanno dimenticare di essere in una pianura africana.

Il nostro autista ascolta della musica che mi piace un sacco, prendo nota: Habib Koité e Bamada.

Arrivati a Mopti facciamo incetta di cd, non cedo l’ora di ascoltarli! 10 agosto Mopti-Bamako Torniamo nella capitale con un bus di linea, il viaggio è ricco di contrattempi, di soste in curiosi “autogrill”, di rumori, di sapori, di chiacchiere con i vicini.

Cerchiamo una sistemazione migliore dell’andata e l’auberge Lafia ci soddisfa pienamente, soprattutto i gestori sono come al solito di una cortesia unica.

11-12 agosto Bamako Ci infiliamo dopo una colazione alla francese nella bolgia del mercato, purtroppo un temporale interrompe il nostro girovagare.

Cercando un ristorante segnalato dalla guida ma chiuso per turno ci troviamo un po’ fuori strada, avendo tempo decidiamo di andare a piedi all’interessantissimo museo che racchiude maschere, tessuti e reperti trovati in alcuni scavi, tutto perfettamente illustrato.

Torniamo verso l’hotel su un pulmino sgangherato e invece di cenare al ristorante mi faccio tentare da una signora che rosticcia degli spiedini lungo la strada, accanto a lei in una padella stanno friggendo le aloko (banane), la mia passione: e così l’ultima cena consta di 3 panini con carne, banane e cipolle, quando mi presento per il bis la signora è raggiante, che pubblicità per il suo banchetto! Il viaggio di ritorno bamako-dakar-lisbona-milano-bologna è estenuante e vorremmo che sull’aereo ci fosse qualcuno dei passeggeri dei bus africani, per mettere un po’ di buona musica e fare due chiacchiere.



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