Alla scoperta di Pastena e le sue grotte 8/10/06
Così in una mezz’oretta arriviamo al paesino inerpicato sulle montagne e in chiaro stile medioevale.
Non ci soffermiamo subito al paese, ma proseguiamo verso le grotte che si trovano ad un paio di chilometri poiché non sappiamo l’ orario di chiusura e non vogliamo rischiare di perdere la nostra visita. Strada facendo annotiamo anche i nomi di un paio di trattorie a menu turistico visto che la fame comincia a bussare e siamo curiosi di assaggiare anche qualche delizia del posto. Alle 14 siamo già alle grotte, parcheggiamo l’ auto negli spazi riservati e facciamo i biglietti d’ ingresso, costo 7,50 euro a persona. “Un po’ caro!” pensiamo, ma scopriamo che il biglietto comprende anche la visita guidata al museo ottocentesco dell’ agricoltura che si trova in paese e la visita alle grotte stesse comprende l’ ausilio di una guida.
La giornata è davvero bella, un bel sole splende alto nel cielo e l’ aria che respiriamo non ha proprio niente a che vedere con lo smog di Roma, in oltre non c’ è tanta gente e la cosa non ci dispiace ai fini della nostra escursione.
Biglietti alla mano ci portiamo all’ ingresso delle grotte dove attendiamo il nostro turno e intanto tentiamo di scrutare all’ interno della grande apertura, ma si vede poco a causa dell’ oscurità, si sente solo un piacevole rumore d’ acqua corrente e qualche volatile che fa la spola tra gli alberi e la grotta. La curiosità di scoprire quali segreti si nascondono all’ interno di quella bocca che porta alle viscere della montagna è davvero tanta e finalmente alle 15:00 arriva il nostro turno e la guida ci invita ad entrare.
All’ interno è tutto molto bello e anche se non è la prima volta che visito delle grotte l’ emozione e la curiosità di scoprire posti così oscuri e misteriosi sono sempre forti. All’ interno seguiamo un percorso di circa tre chilometri che ci porta in due zone distinte della grotta; la “parte viva” che è quella ancora percorsa dall’ acqua, in cui ammiriamo un lago che viene alimentato da un torrente e da una cascata che purtroppo in questo periodo è in secca, ma immagino quanto debba essere bella quando è attiva nella stagione invernale; e la parte “fossile” che è un’ area più vasta in cui non c’è più presenza d’ acqua, ma dove ammiriamo uno spettacolo di stalattiti e stalagmiti di varie grandezze. Le più antiche hanno addirittura diversi milioni di anni. La temperatura all’ interno è di circa 10 °C e l’ umidità è del 90%. Seguiamo la guida nei vari percorsi addentrandoci a volte anche in cunicoli non proprio agevoli da attraversare, ma molto suggestivi e apprendiamo che un tempo la grotta era abitata da una grande colonia di pipistrelli che purtroppo a causa del disturbo dell’ uomo hanno ormai quasi del tutto abbandonato quel posto meraviglioso.
Alla fine del nostro giro, durato circa un’ ora, riprendiamo la macchina e decidiamo di fermarci in una delle trattorie notate all’ andata visto che sono le 16:00 e la fame adesso si fa sentire alla grande.
Ci fermiamo all’ Alberata, il primo che incontriamo e chiediamo se è possibile pranzare data l’ ora. Il posto sembra molto rustico e non ci sono clienti, ma il titolare gentilmente si offre di farci mangiare e così ci accomodiamo sul retro dove c’ è un giardino pieno di alberi e dove siamo gli unici clienti. Consumiamo un ottimo e abbondante pranzo a base di antipasti locali, fettuccine al cinghiale e carne alla griglia, il tutto annaffiato da due litri di vino rosso locale con 17 euro a testa. Uno spettacolo! A stomaco pieno diamo un’ occhiata all’ orologio e vediamo che si sono fatte le 17:30, così decidiamo di visitare anche il museo dell’ agricoltura che chiude alle 19:00. Arriviamo al paesino e ci presentiamo all’ ingresso del museo e siamo gli unici visitatori in quel momento. Il museo è in realtà un casa ottocentesca che era di proprietà di una benestante famiglia dell’ epoca, situato al centro del paese . La guida, un ragazza del posto molto cortese e preparata, ci invita ad entrare ed a cominciare il nostro giro. Vediamo quindi diversi attrezzi agricoli dell’ epoca; torchi per la produzione dell’ olio e del vino, aratro e altri arnesi per la coltivazione e la concimazione della terra, numerosi arnesi per la cucina e per uso domestico in genere. Vedo anche il mitico ferro da stiro a carbonella! Ma la cosa che mi entusiasma di più e la vista delle Ciocie! Le scarpe usate dai contadini del posto, ma un po’ anche di tutto il meridione, da cui prende il nome quella bellissima terra! Erano dei sandali molto semplici fatti di stoffa, spesso con dei pezzi di copertone attaccati sotto a mo di suola e con dei fili intrecciati che salivano fino alle ginocchia. Alla fine di questa visita interessantissima la giuda ci congeda e ci chiede anche di fare un po’ di pubblicità di quel posto così bello e ricco di cultura, ma dove purtroppo anche a noi è sembrato manchi attenzione da parte dei turisti.
Così in serata facciamo ritorno a Roma e ci rituffiamo nella vita caotica della metropoli in attesa di tornare alla scoperta di sempre nuovi itinerari.