Alla scoperta di Panama City, le isole San Blas e l’arcipelago de Las Perlas

Un viaggio da sogno tra le caotiche strade della capitale, le spiagge bianche del Mar dei Caraibi e le colorate farfalle della foresta pluviale
Scritto da: MicolGiusti
alla scoperta di panama city, le isole san blas e l'arcipelago de las perlas
Partenza il: 20/08/2017
Ritorno il: 28/08/2017
Viaggiatori: 3
Spesa: 2000 €
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Giorno 1

Il nostro viaggio alla scoperta di Panamà inizia all’Aeroporto di Tocumen, che dista circa 30 km dalla capitale, dopo 11 lunghe ore di viaggio sull’aereo Klm proveniente da Amsterdam. Dopo una mezz’ora di auto ci troviamo immersi nel caos di Panamà City, la suggestiva capitale affacciata sull’oceano Pacifico e piena di grattacieli che si stagliano alti verso il cielo con i loro giardini e le piscine dalla vista mozzafiato. Stanche per il lungo viaggio, sistemiamo i bagagli nella nostra stanza all’interno dell’hotel Clarion Victoria, sito nel quartiere El Cangrejo, e poi ci avventuriamo tra le strade adiacenti, scoprendo ristorantini e locali luminosi che ci danno tante idee per trascorrere le serate seguenti.

Giorno 2

Diamo ufficialmente inizio alla nostra esplorazione partendo da uno dei luoghi più turistici di Panamà: Il Canale. Prendiamo un taxi (indispensabile per percorrere le immense distanze che separano i quartieri della città) e ci facciamo lasciare alle chiuse di Miraflores. Un colpo di fortuna fa sì che, una volta saliti i quattro piani dell’edificio e raggiunta la terrazza, una nave mercantile stia attraversando il canale davanti ai nostri occhi. Restiamo ad ammirare l’incredibile spettacolo di questa opera ingegneristica fino alla fine del passaggio, scattando decine di foto per immortalare il momento. Una volta visitato il piccolo museo sul Canale e sulla flora e la fauna della città, decidiamo di dirigerci verso il Parque Natural Metropolitano. Il costo dell’entrata è irrisorio e ci inoltriamo nel cuore della foresta, circondate solo dal rumore della natura e dai numerosi insetti di ogni tipo. La danza delle gigantesche farfalle blu cobalto ci accompagna nel percorso, finché non decidiamo di tornare indietro, causa enormi ragni che si calano qua e là a distanza troppo ravvicinata. All’ora di pranzo ci spostiamo verso la costa, optando per uno dei tantissimi ristorantini del Mercado de Mariscos, dove mangiamo dell’ottimo pesce freschissimo e patacones (frittelle di plàtano verde tipiche di alcuni paesi dell’America latina e centrale), sorseggiando succo di Maracuja. Trascorriamo il pomeriggio nella parte più antica e interessante di Panamà: Casco Viejo.

Le viuzze su cui si affacciano case dai colori sgargianti ci guidano alla scoperta di edifici pieni di fascino, come la chiesa di San Francisco, il Teatro Nazionale e il Convento di Santo Domingo. Camminando in questa parte della città sembra di essere catapultati da tutt’altra parte, vista la diversità dalla zona commerciale, e si può godere della tranquillità di un luogo gioioso e colorato, circondato dal blu dell’Oceano.

Giorno 3

Ci svegliamo prestissimo, indossiamo il costume e ci dirigiamo verso la Causeway, luogo in cui parte il Ferry Taboga Express. Ad una quarantina di minuti dalla partenza, avvistiamo la costa. L’isola dei fiori, come viene chiamata Taboga, ci accoglie sulla sua spiaggia color oro. Ci godiamo il sole e nuotiamo nell’acqua piacevolmente tiepida, finché non arriva l’ora di pranzo. Percorriamo le strette strade bianche della minuscola cittadina, circondante da grossi fiori dai colori sgargianti che si arrampicano sui muri delle case e lungo le pareti dei ristoranti. Ci fermiamo in un locale che ha tre soli tavoli, chiamato Donde Pope Si Hay, invogliate dal profumo invitante del cibo. Ci viene servito un enorme piatto composto da un’intera aragosta, riso in bianco, insalata di cetrioli e patacones, per la modica cifra di 10 dollari. Sazie e soddisfatte decidiamo di tornare verso la spiaggia, ma una volta là, ci rendiamo conto che la marea l’ha inghiottita quasi completamente. Rimane solo una lingua di spiaggia su cui si sono raggruppati i turisti della giornata, così decidiamo di trascorrere l’ultima ora sguazzando tra i pesciolini. Molto suggestivi i resti di un’imbarcazione, di cui rimane poco più della chiglia, e tre grandi ancore che si stagliano sull’altura lungo la costa, facilmente raggiungibile dal punto in cui il traghetto vi farà scendere. Tenete gli occhi aperti e potrete osservare grandi lucertoloni neri che si nascondono sugli alberi e tra le rocce. Una volta tornati al punto di partenza, decidiamo di farci lasciare dal taxi nel grande centro commerciale di Albrook. Direi che definirlo immenso non è abbastanza. Ogni entrata è chiamata con il nome di un animale, di cui ritroverete la statua a grandezza naturale tra i corridoi pieni di luci, colori e persone. Troverete tutto quello di cui avete bisogno e molto di più, oltre ad almeno trenta ristoranti di ogni tipo.

Giorno 4

Anche il quarto giorno siamo costrette a svegliarci molto presto. Ma dopotutto, come si fa a dormire con tutto quello che c’è da vedere? Un brutto temporale ci scoraggia mentre l’autista della compagnia San Blas trip ci trasporta con il fuoristrada per circa tre ore all’interno della foresta, in direzione del porticciolo da cui partirà la lancia che ci condurrà nell’Arcipelago di San Blas. Entriamo ufficialmente nel territorio dei Guna Yala, tribù native che abitano nella foresta e sulle isole. Una volta lì conosciamo le nostre guide locali, simpaticissime e amanti degli italiani, che ci fanno ritrovare il sorriso e ci accompagnano sulla piccola ma caratteristica imbarcazione. Navigando nel mar dei Caraibi, abbiamo la fortuna di avvistare dei curiosi delfini attratti dal rumore del motore e, con nostra grande gioia, vediamo il sole farsi strada tra le nuvole e illuminare l’acqua cristallina.

Scendiamo dalla lancia con il benvenuto di una bellissima manta che nuota vicino a noi.

L’isolotto paradisiaco su cui ci troviamo, uno dei centinaia che compongono l’arcipelago di San Blas, ci accoglie sulla sua sabbia bianca ricoperta di palme da cocco e circondata da acqua limpidissima che ci fa subito venire voglia di tuffarci.

Ma per il momento ci tratteniamo dal farlo e, mentre i Guna preparano il pranzo, andiamo in esplorazione, fotografando bellissime stelle marine rosso fuoco, conchiglie giganti e decine di paguri che scappano qua e là mentre affondiamo i piedi nella sabbia umida.

In mezz’ora di cammino, facciamo il giro completo e torniamo al punto di partenza.

Dalla parte opposta dell’isola abbiamo potuto ammirare piccole casette di giunchi in cui i turisti soggiornano durante la permanenza a San Blas, ben concepite per non stonare con il paesaggio (quasi) incontaminato.

Troviamo i nostri compagni di viaggio a mangiare nachos e bere Cuba Libre preparati dalla guida Guna con il Ron Abuelo, tipico di Panamà, che è entusiasta di farci assaggiare.

Ci lasciamo stuzzicare e ci godiamo l’aperitivo finché, dalle grosse casette dei nativi, escono le nostre guide locali con pesci al cartoccio, riso bianco, insalata, ananas e pollo.

Pranziamo gustando il delizioso cibo che abbiamo a disposizione, seduti su panche di legno, e ci godiamo il sole caldo che ormai ha sopraffatto le nuvole.

Dopo un ultimo bagno nell’acqua fresca, tra pesci colorati e stelle marine, risaliamo sulla lancia e ci dirigiamo verso la seconda isola.

Arrivati là, non prima di esserci fermati in una splendida piscina naturale in mezzo al mare dei Caraibi, esploriamo questo secondo pezzo di paradiso, molto più piccolo del primo, e ci perdiamo ad ammirare i colori dei Molas, pezzi di tessuto dai mille colori e disegni cucito dalle donne della tribù Guna Yala, che mi fermo a fotografare subito dopo aver pagato pegno (1 balboa).

Esaltate dalla bellezza di quei luoghi incantevoli e dall’affascinante cultura nativa, saliamo controvoglia sulla barca per rientrare al molo.

Salutiamo tutti, con la speranza di rivederli in futuro, e ringraziamo per la stupenda giornata trascorsa in loro compagnia.

Tre ore di auto più tardi arriviamo alla base, ci riposiamo in camera e poi decidiamo in che ristorante cenare: Peruviano.

Giorno 5

Ci svegliamo di buon’ora, come ogni giorno (il fuso orario non ci ha dato grossi problemi ma non riusciamo a svegliarci dopo le 7!), e decidiamo di dedicare la giornata alla visita del centro città e ad un po’ di sano shopping-da-viaggio.

Ci incamminiamo per le caotiche strade e cerchiamo di orientarci, ma il nostro tentativo di fare movimento viene subito interrotto da panamensi molto gentili che insistono per accompagnarci.

Saliamo sul pulmino e, una volta arrivate nei pressi dell’Hard Rock Cafè, scendiamo.

L’hotel di questa famosa catena è davvero immenso e una delle sue entrate finisce all’interno del centro commerciale Multicentro, su una parallela di Avenida Balboa.

Ci avventuriamo al suo interno, spostandoci da un piano all’altro e curiosando tra i negozi.

Facciamo una capatina all’interno dell’hotel Hard Rock Megapolis e restiamo a bocca aperta davanti alle “reliquie” appartenenti ai gruppi e ai cantanti rock più famosi.

La meta successiva è senza dubbio lo shop, dove acquistiamo le celebri magliette con il nome della città e colori sgargianti che la identificano perfettamente.

Ci lasciamo convincere dall’odore di hamburger a pranzare nel ristorante della catena, servite da un gentilissimo cameriere che ci consiglia molto bene.

Sazie e soddisfatte, consultiamo la guida e decidiamo di spostarci verso le rovine della città antica e prendiamo un taxi in direzione Panama Viejo.

Quando scendiamo dall’auto ci ritroviamo in un grande parco, tra edifici semidistrutti che contrastano con la modernità dei grattacieli che ci siamo da poco lasciati alle spalle.

La città subì gli attacchi dei pirati nel 1600 e i resti che rimangono in quel sito mostrano il cuore del vecchio centro, creando una suggestiva attrazione turistica per chi, come me, ama immaginare la gloria di un tempo mentre ammira delle rovine impregnate di storia.

Saliamo sulla torre, da cui si può godere non solo della vista sul sito archeologico ma anche sull’oceano e sulla parte moderna di Panamà, e poi visitiamo il museo che racconta la storia della città custodendo antichi oggetti e utensili d’uso comune oltre a quadri di grande valore.

Qualche ora dopo, a pomeriggio inoltrato, facciamo una scappata a Casco Viejo, dove ormai siamo di casa, e ci dedichiamo alla spasmodica ricerca dei souvenir, preferendo quelli creati a mano dai discendenti dei Guna Yala.

Felici e stanche ci dirigiamo verso il nostro hotel per una cena tranquilla.

Giorno 6

Anche il sesto giorno il sole ci fa compagnia, svegliandoci di buon’ora per l’escursione che abbiamo prenotato dall’Italia: Gatun Lake e monkey island. Ci dirigiamo nel posto stabilito, molto vicino al nostro hotel, e incontriamo le guide esperte di flora e fauna locale che ci accompagneranno alla scoperta dei luoghi più suggestivi del canale. Dopo circa un’ora di macchina all’interno della foresta, nella quale ci fermiamo per ammirare un bradipo e un gruppo di scimmie che stazionano sugli alberi sopra di noi, raggiungiamo il molo dal quale partiremo per la nostra avventura. Salita sulla barca inizio subito a scattare foto su foto, finché una delle guide mi invita a stazionare sulla prua, da cui ho un’ottima visuale.

Sfrecciamo a poca distanza dalle enormi imbarcazioni che aspettano di attraversare il canale, sentendoci piccoli ma molto fortunati, e ci dirigiamo verso le zone paludose che ospitano caimani, aironi ed altri uccelli di vario tipo e dimensione. Ma le protagoniste di questa escursione sono le scimmie. Le prime specie che incontriamo sono i cappuccini, simpatiche e curiose scimmiette che salgono sulla barca, e sulle nostre gambe, per recuperare i chicchi d’uva di cui le guide ci hanno rifornito. Una volta mangiato il cibo disponibile tornano sui rami e ci guardano mentre ci allontaniamo. Proseguiamo e ci inoltriamo con la barca tra la vegetazione rigogliosa, avvistando un’iguana, e la guida ferma la barca tra gli arbusti, sicura che le scimmie arriveranno in poco tempo.

Si fanno desiderare più dei cappuccini, ma qualche minuto dopo piccole scimmiette nere spuntano tra i rami, attirate dai pezzetti di banana posizionati sul fianco della barca. È una grande emozione osservarle a dieci centimetri da noi, mentre saltano qua e là curiose, e per un’amante degli animali come me, questa esperienza è grandiosa. Con i loro musetti buffi nella mente ripartiamo per rientrare al molo, lasciandoci alle spalle Gatun Lake ma imprimendo a fuoco nel cuore questa bella giornata. Torniamo in centro nel pomeriggio, ma il cielo si sta annuvolando quando arriviamo su Avenida Balboa.

Di fronte al Hospital del Niño ci fermiamo per scattare le foto davanti alla scritta Panama a caratteri cubitali, molto stile Amsterdam, ma più piccola e più colorata. È un bel ricordo della città e sullo sfondo avete l’oceano quindi vi consiglio di fare una breve sosta. Quando inizia a piovere saliamo sul taxi ma, con nostra fortuna, una volta arrivate a destinazione ha già smesso. Per cena sappiamo già dove andare. La nostra guida ci ha consigliato un ristorante messicano che si dà il caso sia proprio accanto al nostro hotel, dal nome Mordida de Burro. In effetti la cena è ottima, se vi piace il genere di cucina, così come il rapporto qualità – prezzo, ma non è per quello che siamo lì. Quel locale cela un segreto che proprio non posso svelarvi, ma dirò questo: se andate alla toilette, osservate con attenzione il telefono attaccato al muro proprio fuori dalla porta.

Giorno 7

Purtroppo è il nostro penultimo giorno, ma proprio per questo abbiamo grandi progetti. Ci svegliamo, come sempre, di prima mattina e ci facciamo portare al Trump International Hotel & Tower. Dal molo che troverete superati i grossi corridoi della hall parte infatti il traghetto per l’Arcipelago de Las Perlas. Un consiglio: se avete intenzione di acquistare il biglietto in loco, assicuratevi di avere dietro dollari in contanti, perché non accettano la carta di credito e il prezzo è piuttosto alto. La nostra meta è Isla Contadora, ma è possibile fare il biglietto per più isole così da potersi spostare.

Il viaggio è piuttosto movimentato ma se si sta un po’ fuori all’aria fresca ci si riprende subito, soprattutto se, come noi, avrete il piacere di avvistare code di balena. Un’ora e mezza più tardi scendiamo sulla terraferma e veniamo circondati da persone che propongono alloggi, ristoranti o abbonamenti per il golf cart, unico mezzo di locomozione utilizzato sull’isola. Decliniamo le offerte e, una volta arrivate sulla strada, decidiamo di incamminarci verso sinistra, avvistando sulla mappa del cellulare una spiaggia un po’ isolata. Dopo un quarto d’ora di cammino nel silenzio totale, alla nostra destra appaiono costruzioni abbandonate, che scoprirò presto essere un intero villaggio turistico lasciato al suo destino, perfetto per la mia amata fotografia urbex. Playa Larga appare poco dopo di fronte a noi, in tutto il suo splendore.

È una distesa di sabbia bianca semideserta, che presenta anche una zona d’ombra formata da alberi dalle grosse foglie color smeraldo, perfetta per lasciare le proprie cose e partire con l’esplorazione.

Iniziamo subito a passeggiare con i piedi nell’acqua, mentre scattiamo fotografie a quello spettacolo della natura, e ci avviciniamo ad un relitto molto affascinante che dista un centinaio di metri. Percorriamo la spiaggia in lungo e in largo e poi ci concediamo un piacevole bagno in mare. Il fatto che i turisti si concentrino nella parte opposta dell’isola, più chic e popolata, ci permette di condividere quella spiaggia con non più di dieci persone. È perfetta. All’ora di pranzo però il mare inizia a ritirarsi, sempre più, e in poco tempo la spiaggia si allarga di altri cinquanta metri. La scena che si apre davanti ai nostri occhi ci spinge subito ad avvicinarci e passeggiamo dove poco prima l’acqua era alta almeno due metri, arrivando senza problemi “a largo”, dove il fascino dell’acqua azzurra che si scontra con quella blu notte ci lascia senza fiato. La mia Reflex rischia di bagnarsi ma per quello spettacolo vale la pena. Dopo essere tornate a riva, mi concedo un’urban exploration in solitaria, tra le decine di edifici turistici di legno scuro e quelli che prima erano locali con tanto di pista da ballo. Lo stato di abbandono di quello che doveva essere un bellissimo resort gli rende fascino ai miei occhi di fotografa ma lo spreco è innegabile, soprattutto paragonando quel luogo al quartiere dei ricchi che dista non più di un chilometro e che vanta case da sogno e praticelli curati. Quando la fame si fa sentire lasciamo la spiaggia e ci rechiamo nella zona dei ristoranti, piccoli e alla mano, proprio come piacciono a noi. Giusto il tempo di concederci un’ultima passeggiata e di dissetarci con acqua di cocco fresca, ed è già ora di rientrare. Un po’ di riposo, una doccia e poi siamo di nuovo per le strade della città. Questa volta ceniamo in centro, in un ristorante in legno che si chiama Cuba e che serve una squisita ceviche de pescado che, con la birra Balboa tipica di Panamà, ci soddisfa totalmente. Prima di rientrare diamo un’occhiata all’imponente Iglesia Nuestra Señora del Carmen , in cui si sta svolgendo un matrimonio, godendoci lo spettacolo di luci che vengono proiettate sulla sua facciata gotica. Nel tragitto incrociamo uno dei mezzi più utilizzati dai panamensi, il Diablo Rojo, un autobus abbellito da disegni fatti con bombolette spray che si differenziano per ogni mezzo. La cosa curiosa è che, quando ci passa davanti, vediamo al suo interno decine di persone in piedi che ballano, illuminate da luci psichedeliche e accompagnate da musica latina a tutto volume. Dopotutto è sabato sera!

Giorno 8

È arrivato il nostro ultimo giorno in questa bellissima città.

Dedichiamo la mattinata ad una visita naturalistica nel Parque Nacional Soberanìa. Il tassista ci lascia ad una delle entrate di questo gigantesco parco, e ci inoltriamo nella foresta pluviale con alte aspettative. La mia mano stringe la fotocamera pronta ad immortalare gli animali selvatici ma purtroppo anche stavolta riusciamo ad avvistare solo insetti, lucertoloni, farfalle e volatili. Sentiamo i versi delle scimmie intorno a noi e tentiamo di fermarci e chiamarle (come abbiamo visto fare qualche giorno prima alla guida), ma non è semplice scorgerle tra i folti rami. Alla fine non riusciamo a vederne neanche una, forse perché non abbiamo l’occhio allenato, forse perché preferiscono stare nel cuore della foresta invece che sul sentiero o forse perché decine di ciclisti continuano a sfrecciare ad alta velocità facendo un sacco di rumore. A questo proposito, consiglio di non visitare il parco di domenica mattina, perché non riuscirete a godervi la pace della natura. In ogni caso l’esperienza è molto gradevole e pensare che ci siano luoghi del genere così vicini al caos della città è incredibile. Un paio di ore dopo stiamo tornando al punto in cui il taxi ci ha lasciato, ma la guardia ci concede di passare una transenna e avviarci verso la torre di osservazione, da cui potrete osservare il parco a 30 metri di altezza. Non abbiamo il tempo di raggiungerla ma nel tragitto facciamo un incontro incredibile: un gruppo di dolcissimi e curiosi lemuri che sono alla ricerca di cibo sulla strada principale. Saliamo sul taxi per tornare all’hotel verso mezzogiorno e una volta là prepariamo le valigie per l’imminente ritorno. Pranziamo da Pizza Grecia, proprio di fronte all’hotel, godendoci patacones e pesce fritto, e poi siamo costrette a ripararci nella hall fino all’arrivo del taxi, causa acquazzone.

Alle 19.00 saliamo sull’aereo che ci riporterà ad Amsterdam, stanche ma felici di aver passato una settimana nella città dei contrasti, uno dei centri che, nel 1500, ha dato inizio alla scoperta di terre meravigliose.

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Scimmia

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Chiuse di Miraflores

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Dalla foresta alla città

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Avenida Balboa

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San Blas

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Guna Yala

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Casco Viejo

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Taboga

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Nuestra Señora del Carmen

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Playa Larga - Contadora



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