Alla scoperta di Laos e Cambogia
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A Bangkok fila chilometrica per controllo passaporti, poi ritiro bagagli, nuovamente controllo passaporti e bagagli e poi check-in per il volo Lao. Partiamo un po’ in ritardo in un aereo molto più piccolo che non è nemmeno pieno…..il volo è regolare ed atterriamo finalmente a LUANG PRABANG.
Scendiamo dall’aereo e subito sentiamo una piacevole temperatura calda.
Qui dobbiamo fare il visto di entrata che è abbastanza veloce tranne che per me e Marco….infatti a me fanno la procedura due volte…..forse hanno sbagliato qualcosa.
Sak, la guida, ci aspetta con il cartello e ci accompagna con il pulmino all’albergo.
Il La Vangbua non è bello come sembrava su internet ma ha la piscina e, mentre Marco si riposa, io vado a smaltire la stanchezza con un bagnetto.
Passa un nuvolone, scendono quattro gocce ma la temperatura è estiva.
In sandali e maglietta andiamo a fare un giro a piedi: prima diamo un’occhiata al monastero che si trova proprio dietro al nostro hotel e poi andiamo in centro città, attraversiamo il ponte di bambù e troviamo subito il night market dove curiosiamo tra le bancarelle.
Andiamo a cena di ritorno in albergo, nel ristorante che ci ha raccomandato Sak e proviamo una fonduta/barbeque locale che ci soddisfa molto.
Andiamo a letto presto perché siamo abbastanza cotti e vorremmo anche vedere i monaci domani mattina presto. Durante tutta la notte abbiamo come accompagnamento le litanie e, come se non bastasse, inizia a piovere.
24 gennaio 2016
Marco si alza presto per andare a filmare i monaci ma non si vede nessuno, forse per il tempo brutto; lo raggiungo abbastanza presto e alla fine facciamo colazione.
Piove e la temperatura si é abbassata notevolmente; ci vestiamo pesanti ma non troppo perché Sak dice che arriva il sole… le ultime parole famose…
La visita comincia al mercato locale all’aperto con grandi esposizioni di frutta, verdura, pesce, granchi, crostacei vari, larve ed insetti.
Visitiamo poi il Wat Xiengthong, a detta di Sak il migliore del Laos.
Vari sono gli edifici del Wat : uno ha la facciata dorata e nel suo interno le decorazioni sono veramente belle, colorate e ben conservate.
Saltiamo l’altro tempio previsto ma non insistiamo a causa del freddo.
Imbarcati sul Mekong, provvisti di coperte ed impermeabili, andiamo alle grotte di Pak Ou, praticamente un santuario pieno zeppo di statue di Buddha di diverse misure e materiali; ci sono molti fedeli……peccato che i turisti siano un po’ troppo rumorosi; di seguito è la volta delle cascate di Khuang Si che perdono molto della loro attrattiva a causa del tempo; il nostro progetto era di rinfrescarci sotto le cascate ma la stagione proprio non lo permette. Pranziamo di fronte alla cascata e sarebbe stato un bel picnic con un tempo migliore.
Torniamo all’albergo; ci facciamo prenotare per la cena da Sak nel ristorante di ieri e ci rifugiamo in camera…….perché piove e fa sempre più freddo.
Per la cena ci rimettiamo i panni invernali ma il freddo è davvero tanto!!!
Fortunatamente la fondue di carne e verdure, il bambù fritto e la fondue di cioccolata innaffiate da un po’ di birra ci fanno passare una serata in allegria.
25 gennaio 2016
Ci alziamo ancora molto presto per andare a filmare i monaci buddhisti che fanno il giro di questua per procurarsi il cibo; questa volta andiamo nel centro di Luang Prabang, oltre il ponticello di bambù e li vediamo e filmiamo; i turisti sono molti ma sono tanti anche i fedeli che offrono qualcosa. Quando torniamo in albergo per la prima colazione incontriamo anche i monaci che rientrano nel monastero vicino e in questa strada veramente ci sono solo fedeli.
Partiamo da LUANG PRABANG; mi dispiace perché c’era altro da visitare, ma spero di trovare miglior tempo. Oggi abbiamo una giornata di trasferimento a Xieng Khouang per visitare la Piana delle Giare. Il viaggio, di nemmeno 400 Km, è lungo e su strade accidentate.
Facciamo alcune tappe ma non siamo attirati a visitare le etnie locali perché è sempre più freddo e continua a piovere; ci fermiamo a pranzo in uno di quei locali del luogo che si affaccia sulla strada, anche qui il freddo non ci fa gustare il pranzo basato su cibi locali.
Nel pomeriggio arriviamo al Vansana Plain of Jars hotel, un po’ fuori dalla città; si presenta bene ma é gelido; chiediamo subito stufette per le camere ma ci consegnano degli aggeggi che riscaldano pochissimo… in compenso la camera é molto grande!
Andiamo a protestare ed a chiederne delle altre ma dicono che sono finite; scrivo anche una mail all’agenzia che si informa ma non riesce a fare nulla di più.
Il freddo è molto intenso, le camere sono gelide e troviamo un po’ di tepore davanti al camino della reception; per cenare vicino al camino, aspettiamo che un gruppo finisca e poi facciamo cambio di postazione. Prima di ritirarci chiediamo altre coperte e poi cerchiamo di sopravvivere alla notte.
Io mi riscaldo il letto con il phon. Notte da dimenticare: la stufa non fa caldo ma fa tanta luce… e continua a piovere a dirotto!!!
26 gennaio 2016
Passata la nottata, facciamo colazione e poi partiamo alla volta della Piana delle Giare sempre sotto l’acqua e al freddo.
Ci fermiamo per un giro al mercato locale che per fortuna é al coperto: anche qui frutta ma specialmente verdura in quantità, oltre a carni, pesci e crostacei. Ci sono specialità locali cucinate al momento o già preparate e qualcosa fa proprio voglia, ma abbiamo appena fatto colazione.
Particolare il banco degli spaghetti di riso che vengono venduti a matasse.
Quando arriviamo al sito, la visita comincia all’asciutto (dal cielo….perché il terreno è molto fangoso) ma continua con un alternarsi di pioggerella che per fortuna non si trasforma in acquazzone.
Dopo questa visita andiamo a vedere un antico Wat (Wat Piavat distrutto durante la guerra) con un Buddha ancora quasi intatto e poi una stupa che era nel centro dell’antica città (Muang Khoun) anch’essa completamente distrutta. Questa è una delle zone maggiormente toccate dalla guerra del Vietnam; il sentiero di Ho Chi Minh passava di qui e moltissime sono ancora le bombe antiuomo interrate da trovare e disinnescare.
Pranzo in questa cittadina ed attesa per andare in aeroporto.
Ora siamo qui ad aspettare che l’aereo riesca ad atterrare perché c’è un po’ di nebbia
Ed ancora non sappiamo che fine faremo… e dire che da stamattina stiamo sognando di arrivare più a sud, a temperature migliori.
Niente da fare, volo annullato; no, un’altra notte al gelo no; quando ci dicono di ritornare all’hotel chiediamo di prendere un pulmino per andare a Vientiane via terra, anche se dobbiamo viaggiare tutta la notte. Dopo varie telefonate, Sak ha trovato subito un pulmino con autista partiamo alle 17,25.
Poco dopo chiama l’agenzia che ancora insiste per farci dormire all’hotel di ieri ma gli dico che siamo già in viaggio e non torniamo indietro; allora consiglia di fermarci a metà strada (Vanvieng) perchè la strada é molto pericolosa e mi promette di trovarci un albergo accogliente.
Più tardi mi comunica che a Vanvieng ci sono 10 gradi ed ancora insiste per farci dormire al Vansana Plain of Jars hotel, ma gli rispondo che, a parte che siamo partiti già da un pezzo, è meglio dormire a 10 gradi che non a 1 o sotto…….al che concorda.
Il pulmino è ben riscaldato ma la strada è orribile, piena di buche ed è per questo motivo che ci si mette tanto tempo; ci sono tratti di briciolino e tratti talmente rovinati che dobbiamo fare lo slalom, riducendo al minimo la velocità. Non ci fermiamo tranne che per le necessità dell’autista e non ceniamo.
Arriviamo in albergo dopo le 11di sera e ci sistemiamo; la temperatura è più alta e riusciamo finalmente a fare una bella doccia calda prima di andare a dormire.
27 gennaio 2016
A Vanvieng passiamo una buona notte e facciamo una bella colazione nella terrazza lungo il fiume, poi partiamo per Vientiane, dove arriviamo quasi a ora di pranzo; la città sembra più moderna e c’è molto traffico. Pranziamo in un locale abbastanza vicino all’albergo poi partiamo subito per la visita che dovremo fare in mezza giornata; riusciamo a fare tutto, anche aiutati dalla buona temperatura: visitiamo Wat Sisaket, anch’esso con tanti tanti buddha, in parte sotto la pioggia, poi vediamo il Palazzo del Parlamento solo dall’esterno. Di fronte al Wat Sisaket diamo un’occhiata al Ho Phra Keo, dove un tempo era situato il Buddha di Smeraldo che adesso è a Bangkok. Con il van andiamo poi al Buddha Park ( Kieng Khuan), recente ma interessante per la varietà di statue che vi si trovano con l’intendimento di rappresentare sia il buddhismo che parte dell’induismo. Rientrati in città, andiamo al Pha That Luang, lo stupa dorato del 1566, completamente ricoperto d’oro e contornato da 30 piccoli stupa, anch’essi ricoperti d’oro. Il tempio è circondato da un chiostro che ospita statue di Buddha e dipinti e dai giardini si Saysettha con la statua del re Sethathirath. Di fronte c’é la pagoda con la biblioteca, una grande statua di un Buddha reclinato e un grande porticato con dipinti dai colori molto vivi. Finiamo con un salto nella piazza dove si trova porta Vittoria, costruita a somiglianza dell’Arc de Trionphe a Parigi.
Qui ci sono i chiari segni della propaganda del regime che, a sentire Sak, non è né democratico né popolare.
Alla sera facciamo un giretto nel night market. Molta indecisione per la cena ma alla fine ci sistemiamo in un locale con cucina varia.
28 gennaio 2016
La notte al Lao Orchid è stata buona, anche grazie alla temperatura, ma la sveglia suona alle 4 per andare in aeroporto dove facciamo colazione con i cestini che ci hanno dato in hotel.
Essendo lo scalo della capitale, mi aspettavo una struttura più grande e moderna, però questa volta il volo parte in orario e dopo circa due ore arriviamo a Pakse.
Saliamo subito su un pulmino che ci porta all’imbarco su una longtailboat per una escursione sul Mekong che qui è molto largo e con acque non fangose. Stiamo andando verso la zona delle 4.000 isole e il paesaggio è molto bello con isolette, formazioni rocciose e foresta pluviale fino ai bordi del fiume. Finalmente la temperatura si è alzata, in barca siamo ancora con le felpe ma dopo potremo tranquillamente stare con la maglietta estiva.
Sbarchiamo per visitare il tempio Wat Phu, pre-angkoriano e molto simile a quelli di Angkor in Cambogia, con parecchie scale in pietra per salire ai vari livelli. Marco conta gli scalini e noi ammiriamo l’albero di frangipane ed il suo bel fiore, simbolo del Laos. Dalla cima della collina del Wat Phu si gode di un bel panorama del sito e del laghetto sottostante.
Visitiamo un villaggio di etnia Palau, dove non c’è acqua ma le parabole non mancano. La gente del villaggio si stava preparando ad un matrimonio, cerimonia che anche qui dura circa tre giorni: festa a casa della sposa, festa a casa dello sposo e matrimonio vero e proprio.
Ho dato quaderni, penne, matite e temperamatite ai bambini che sono stati molto contenti.
Il Pon Arena a Khong Island è semplice ma molto accogliente, si trova sul Mekong ed ha una piscina proprio davanti alle nostre camere; appena appoggiate le valigie ci facciamo un bel bagno.
Ceniamo nel ristorante dell’albergo, all’aperto, sulla riva del Mekong e quando andiamo alle camere la luna ci regala una bella visione con tanto di riflesso sul fiume.
29 gennaio 2016
Partiamo con calma verso le nove in barca; andiamo verso altre isole, Done Set, Done Some e Don Khone. Qui il Mekong è ancora più largo e costituisce la maggiore via di comunicazione della zona; ai lati molti villaggi sulle varie isole che si susseguono. Sbarchiamo e una bella e lunga passeggiata ci porta a vedere un villaggio, il suo tempio, alberi di tek e animali domestici allo stato libero. Ci imbarchiamo nuovamente e sulle rive incontriamo un villaggio in festa con tante bancarelle, tendoni colorati e moltissime barche tipiche molto lunghe con i vogatori che si preparano per una gara. Altre barche arrivano dalle altre isole per partecipare alla festa e su una c’è addirittura un gruppo che suona musica tradizionale.
Sbarchiamo ed andiamo con un camioncino attrezzato a pulmino passando da un’isola all’altra su un ponte vicinissimo al ristorante dove pranziamo.
Dopo pranzo facciamo un tratto su di un tuk tuk gigante e poi ci imbarchiamo ancora per provare a vedere i delfini d’acqua dolce: sono apparizioni velocissime ma li vediamo scivolare veloci a pelo d’acqua e la tele non riesce a riprenderli bene.
Continuiamo la visita via terra su di un tuk tuk gigante per andare alle cascate di Liphi o Samphamith che sono molto estese su vari livelli senza salti in altezza; si tratta del Mekong che con le cascate fa una deviazione e forma un altro ramo di sé stesso.
Riprendiamo la longtailboat, ripassiamo davanti al villaggio in festa dove sta terminando la gara di longtailboat, poi inaspettatamente la barca si ferma… siamo senza benzina? Non capiamo bene, comunque dopo pochi minuti ripartiamo; vediamo sulle colline la statua del Buddha e di fronte la pagoda e torniamo infine al Pon Arena dove ci aspetta la piscina.
Anche stasera ceniamo qui, poi io e Marco facciamo due passi che sono proprio due perché alle 10 circa è già tutto chiuso (quel poco che c’è).
30 gennaio 2016
Ripartiamo ed abbandoniamo le 4.000 isole per andare al confine con la Cambogia; per 10 dollari a testa ci fermiamo poco prima del confine in un sito privato ( Sak dice che è di proprietà di un figlio del primo ministro) dove c’è un’altra bellissima cascata (Khone Pha Pheng Waterfall), ai piedi della quale ci sono diversi pescatori che pescano con la rete dalle rocce.
E’ un bel parco naturale e per fortuna lo si può visitare nonostante sia in mano ad un privato.
Il passaggio del confine risulta piuttosto stressante; in uscita dal Laos paghiamo 2 $ a testa; in entrata in Cambogia dobbiamo compilare il modulo x chiedere il visto d’ingresso, pagare 35 $ a testa e ritornare in un altro sportello per i timbri sul passaporto ed infine il via libera.
Mentre compiliamo i moduli, conosciamo un ragazzo di Mantova e la sua ragazza austriaca che hanno passato circa un mese in Laos, zaino in spalla e facciamo quattro chiacchiere.
Naturalmente il passaggio viene fatto a piedi con i bagagli appresso ( a dir la verità ci aiutano autista e guida cambogiani) e dall’altra parte ci attende un altro pulmino.
Speravamo di aver finito di soffrire per le strade malmesse ma queste sono peggiori di quelle in Laos. Il percorso è lungo e molto accidentato e, siccome non è previsto il pranzo, ci fermiamo a Stung Treng per comprare della frutta.
La guida cambogiana è giovane e molto loquace, entusiasta nello spiegare di tutto e di più; tra l’altro ci spiega che l’anno buddista è + 543 anni dal nostro, + 1 mese ogni 4 anni per calendario lunare.
Per iniziativa della guida, facciamo oggi le visite previste per domani; sosta delfini che non ci sono e poi visita al Wat Phnom Sambok, un luogo suggestivo in collina dove ci facciamo tre belle scalinate per arrivare in cima, e col caldo che fa, non sono proprio il massimo.
Al terzo livello c’è una pagoda con dipinti molto belli.
Alla fine arriviamo a Kratie, Hotel Mekong Dolphin, abbastanza presto; ci rilassiamo e poi usciamo a cercare il ristorante indicatoci dalla guida… peccato che non sia stato troppo preciso, così dopo aver fatto un bel giro a piedi lo troviamo a due passi dall’albergo.
Stasera pizza e birra per tutti!
31 gennaio 2016
Colazione pessima, poi partenza per Kompong Cham. La strada è un po’ meglio di ieri, facciamo una sosta in una cittadina per sgranchire le gambe e ci sembra quasi di essere tornati in India, senza vacche + annessi e connessi fra i piedi. In compenso ci sono banchi con insetti pronti da cuocere… io nemmeno li guardo, Marco li fotografa e invia le foto a casa. Vendono anche denaro finto da bruciare dopo le preghiere.
Arriviamo a Kampong Cham abbastanza presto, facciamo il check-in e dopo una brevissima sosta in camera andiamo a pranzo.
Menù fisso alla cinese con tavolo tondo che gira… non male.
Con il pulmino andiamo al tempio Nokho e, appena arrivati, mi accorgo di non avere la tele……panico……l’ho lasciata al ristorante? Non mi sembra ma per sicurezza vado là con l’autista per cercarlo; non facciamo tempo a scendere che Sak ci avvisa al cellulare che la tele è alla reception dell’albergo… fiuhhhh. Siamo vicini per cui ci andiamo e la recuperiamo.
Ritorniamo al tempio e finalmente riusciamo a visitarlo. Anche questo ha l’interno dipinto con colori molto forti; due monche abbastanza anziane ci rifilano i braccialettini di lana benedetti e naturalmente dobbiamo contribuire…..e fatichiamo a farle desistere da darcene ancora (vorrebbero altri soldi!). Durante la visita è immancabile la coppia di sposi che posa per le foto di matrimonio che qui, come in altri Paesi di questa parte del mondo, fanno giorni prima della cerimonia nei luoghi preferiti.
Facciamo poi sosta per foto sulla riva del Mekong, dove un ponte di bamboo, percorso anche con auto e moto, collega la terraferma ad un’isoletta; sul fiume ci sono anche diverse case galleggianti.
Al ritorno in albergo il pulmino ci lascia in centro per passeggiare fra le bancarelle di un mercato alimentare locale con mastelle contenenti bei gamberoni, granchi e polipi.
Arriviamo al Monorom Vip abbastanza presto ma il caldo sconsiglia altre visite, ci rilassiamo in hotel tenendo i contatti con casa e poi andiamo a cena qui vicino.
1 febbraio 2016
Partenza per PhnomPenh, un viaggio abbastanza lungo, questa volta su strade decenti. Attraversiamo, come sempre in questi giorni, zone rurali con le tipiche abitazioni a palafitte, bancarelle e qualche bottega artigiana. Contrariamente al Laos, dove le abbiamo viste sempre chiuse, qui ci sono scuole frequentate da bambini e ragazzi. Facciamo una sosta in un mercato locale dove i prodotti principali sono gli insetti fritti: tarantole, cavallette, scarafaggi, grilli e larve …..io non ne sono entusiasta, anzi! Ci sono diversi turisti italiani che li provano e dicono che sono buoni……sarà!!
Arriviamo a Phnom Penh in tempo per fare check-in al River Home Boutique, darci una rinfrescata ed uscire di nuovo per il pranzo.
Dopo pranzo andiamo a visitare il Museo Nazionale, non lontano dal nostro albergo; dentro non si può filmare ma qualche foto Marco riesce a scattarla. Molto bello il giardino interno, contornato da un porticato pieno di reperti.
A piedi andiamo a vedere il Wat Ounalom che ospita una pagoda dove viene conservato un pelo delle sopracciglia di Buddha e un monastero che alloggia ragazzi che dai villaggi vengono a studiare qui. Inoltre è sede del patriarcato buddhista cambogiano.
Oggi fa parecchio caldo, siamo sui 36 gradi e l’umidità rende ancora più difficile sopportarlo per cui, dopo una breve passeggiata sul lungofiume davanti al Palazzo Reale, Chan, la guida, ci lascia in hotel abbastanza presto, anche troppo.
Io ne approfitto per portare a lavare i panni e trovo la laundry a due passi dall’hotel. Sistemo un po’ le valige e lavo anche qualcosa a mano. Riesco addirittura a fare un tuffo in piscina!
Usciamo per la cena e ci rechiamo lungo il fiume oltre al palazzo reale; dopo breve ricognizione dei vari ristoranti, ne troviamo uno italiano, Pop Café da Giorgio e decidiamo di provare. È gestito da un siciliano che dice di cucinare con prodotti provenienti dall’Italia e ricette nostre: pizze, parmigiana di melanzane e rigatoni alla siciliana sono le nostre scelte. Tutto ok, in un ambiente molto carino e curato, anche se minimalista. Decidiamo di chiedere alla guida di andare domani farci portare domani al mercato centrale che viene indicato come interessante.
2 febbraio 2016
Dopo colazione iniziamo la giornata con la visita al Palazzo Reale e alla Pagoda d’argento, quest’ultima pavimentata da piastrelle in argento.
Sono diversi gli edifici che vediamo, tra cui la sala del trono, un piccolo museo con abiti tradizionali di diverso colore a seconda del girono della settimana, una sala con varie portantine per elefante. Tutt’intorno corre una galleria con affreschi murali in parte restaurati e bei giardini tropicali.
La pagoda d’argento contiene un Buddha d’oro a grandezza naturale ed un Buddha di cristallo Baccarat che viene chiamato Buddha di smeraldo.
Visitiamo poi una copia di una tipica casa cambogiana, completa di arredamento e suppellettili e di seguito andiamo al Museo del Genocidio, che si trova nella scuola dove sono state imprigionate, seviziate ed uccise barbaramente tante persone di tutte le età.
Non è certo una visita piacevole ma é interessante e fa impressione la consapevolezza che tutto ciò che è avvenuto qui è successo non molti anni fa, mentre noi stavamo conducendo una vita relativamente tranquilla.
Continuiamo con la visita al Wat Phnom, pagoda sulla collina artificiale della città, alta circa 30 metri, anticipando ad oggi una visita prevista per domani (come abbiamo fatto peraltro sempre da quando siamo entrati in Cambogia).
Dopo pranzo ci fermiamo per un’ora, dietro nostra richiesta, al mercato centrale dove compro qualche magnete e una maglietta per Fulvio. Marco compra un nuovo caricatore e le cuffie e Carlo batte tutti comprando, fra le altre cose, anche un IPhone 6s….chissà se funzionerà bene?
Completiamo questa giornata con la visita a Cheung Ek Memorial (Killing Fields), uno dei campi di sterminio, fuori Phnom Penh, dove sono state scoperte le fosse comuni con circa 17.000 cadaveri di uomini, donne e bambini provenienti dal Toul Sleng (la scuola diventata prigione e luogo di tortura, oggi museo del genocidio). Ancora oggi scavando nel terreno affiorano ossa umane……..abbastanza impressionante.
Quando arriviamo in albergo vado subito a ritirare i panni, ma non sono pronti ( e noi avevamo paura chiudesse !!), così faccio la doccia e mi preparo con calma; finisce che vado alla laundry altre tre volte….la prima ritiro solo la metà dei panni, la seconda l’altra metà, la terza per consegnare un paio di leggins non miei.
La nostra destinazione per la cena è Giorgio, ma non c’è il tavolo per noi; aspettiamo un po’ e poi ci decidiamo ad andare a cercare un altro ristorante….fatti pochi passi ci richiamano perché il tavolo si è liberato, così torniamo indietro e ci facciamo un’altra cena italiana.
3 febbraio 2016
Partiamo per Battambang; la strada è in condizioni disastrose perché la stanno allargando e ci sono lunghi pezzi non asfaltati …. Non bastasse, c’è molto traffico.
Una sosta per sgranchire le gambe e poi visita alla montagna sacra e al tempio di Oudong dove le scalinate ci mettono letteralmente ko. C’è una serie infinita di pagode e stupa sui fianchi di una collina sulla quale ci arrampichiamo dietro a Cham. Alcuni templi sono diroccati ma ancora oggetto di culto e c’è uno stupa recente tutto bianco costruito per custodire una reliquia del Buddha e lungo la scalinata che ci porta all’uscita del sito incontriamo alcune scimmie.
Il viaggio continua anche dopo pranzo, e per la strada incontriamo uno strano trasloco ….quello di una casa completa a palafitte trainata da un trattore!
Facciamo poi sosta ad una pagoda con scuola adiacente e la visitiamo.
Arriviamo a Battanbang verso le sei, ci fermiamo alla rotonda con la statua del suo fondatore, Ta Dumong e facciamo due passi per vedere la casa del governatore in stile coloniale.
Per cena ci fermiamo nei ristoranti di strada sul lungo fiume. Chiediamo spiedini ma ce ne sono solo per una persona, ripieghiamo sui salsicciotti alla griglia, ma non sono buoni né gli uni né gli altri e nemmeno Marco, che aveva chiesto noodles fritti, rimane soddisfatto. Da dimenticare.
Prima di tornare in albergo facciamo un giro per trovare qualcosa per domani sera, prima a destra e poi a sinistra del fiume, ma non ci sembra ci sia un granché, per fortuna riusciamo a consolarci con un gelato prima di rientrare in albergo.
4 febbraio 2016
Stamattina davanti all’altarino dell’hotel hanno disposto ogni ben di Dio, maialino e polli arrosto, zuppe, uova, frutta, the, bibite…chissà cosa si celebra!
Partiamo per la montagna sacra di Phnom Sampeau, un complesso di pagode e stupa immersi nella natura, con grotte sacre. Ci sono anche abitazioni di monaci, monache e fedeli e si tratta praticamente di un villaggio.
La visita è molto lunga e a tratti faticosa; le scimmie scorrazzano tranquillamente ma non ci danno fastidio e qui passiamo tutta la mattina; non capiamo il perché ma ci riportano in albergo per una mezz’ora e poi a mangiare in un ristorante a Battambang, poi andiamo a visitare il Wat Banan, del periodo angkoriano. La scalinata ha 358 gradini ripidi e ricorda quelle delle piramidi maya. Ai piedi della scalinata c’è una coppia che fa le foto del matrimonio, almeno così sembra; non riesco a prenderli bene e mi dispiace perché lui è vestito in modo molto singolare.
Tornando verso la città ci fermiamo in un’azienda agricola perché Cham ci vuole far vedere che anche qui hanno vigneti e poi andiamo a visitare la Pagoda dell’Elefante Bianco ( Damrey Sor Pagoda).
Il pomeriggio finisce molto allegramente con il giro sul trenino di bambù che non è altro che una piattaforma di bambù che scorre sulle rotaie della vecchia ferrovia costruita dai francesi.
Si viaggia in mezzo a campi ed arbusti ed ogni tanto si intravede un gruppo di case.
Al capolinea, dove scendiamo un momento, ci sono diverse bancherelle e trovo una bella t-shirt per mio nipote ma non ci mettiamo d’accordo sul prezzo. Singolare il funzionamento di questa “ferrovia”: essendoci un binario unico, quando si incontra una piattaforma che viaggia in senso contrario, una delle due viene tolta dal binario per far passare l’altra.
Quando stiamo per salire sul nostro pulmino 3 ragazze ed un ragazzo italiani ci chiedono un passaggio per tornare a Battambang perché il loro tuk tuk li ha abbandonati…cose che capitano! Ci stringiamo e li facciamo salire.
Rientrati in albergo, andiamo subito a fare un tuffo in piscina.
Per cena, replay del giro di ieri sera poi grande decisione: si va da Pizza Company!
5 febbraio 2016
Oggi si riparte… non prima di aver cercato e per fortuna trovato il treppiede piccolo che Marco aveva dimenticato in piscina ieri sera.
Attraversiamo col pulmino una zona di campi di manioca e facciamo tappa, andando a Siem Reap, al tempio di Banteay Chhmar, una cittadella poco visitata, ancora invasa dalla giungla e bonificata dalle mine solo nel 2003/2004.
Su di un muro sono scolpite ed ancora visibili scene di battaglia e una rappresentazione di Awalokiteshwar.
Cham ci spiega che gli alberi che crescono sopra le pietre ed invadono questi siti si chiamano “spung”. Qui vediamo anche alberi di tek e del chinino.
Il viaggio si rivela molto lungo e arriviamo a Siem Reap quasi al tramonto.
La brutta sorpresa è la collocazione dell’albergo, il The Clay D’Angkor (uno di quelli cambiati causa sold out dei prenotati): lontano dal centro e ci potrebbe stare perché la maggior parte sono in questa zona però non si trova nella zona turistica. Ci chiediamo dove ci stanno portando perché ci infiliamo in un dedalo di stradine sterrate in mezzo a povere abitazioni e campi; alla fine arriviamo alla struttura che di per sé non è male ma si trova completamente isolata. Impossibile uscire da soli a piedi per fare due passi, per raggiungere il centro non sapremmo come fare. Protestiamo con Chan che ripete all’agenzia; ci mettono a disposizione il pulmino con l’autista per andare a cena ……. Le camere sono grandi con arredamento minimalista, c’è anche una piscina, molto piccola.
Per cena, arrivati in Pub Street, una copia di Khao San Road di Bangkok, adocchiamo un ristorante chiamato ” Latino” con molti piatti occidentali e pizza; abbastanza buono.
Il povero autista ci viene a prendere alle 22,30 per riportarci all’hotel.
Al rientro in camera trovo un grosso scarafaggio marrone in bagno e allora è caccia grossa….per fortuna Marco riesce ad ucciderlo ma la mia notte non è tranquilla.
6 febbraio 2016
La giornata è più fresca, meglio per le lunghe visite che faremo.
Dopo una colazione molto essenziale col pulmino ci avviciniamo alla zona archeologica ed entriamo dall’ingresso est per la visita ad Angkor Wat (dodicesimo secolo), accompagnati da Cham in divisa ufficiale di guida. Il sito colpisce per la sua grandezza e per le strutture ancora in piedi e/o restaurate ed anche la vegetazione tutt’intorno è interessante e ben curata con tanto di cartellini con i nomi delle piante. Il santuario principale con le 5 torri è veramente enorme ed è stato restaurato rispettando metodi e materiali originali. Il primo porticato contiene bassorilievi con rappresentazione della lotta tra il bene e il male, poi si passa al cortile dove si trova l’edificio con le 5 torri. Da un cortile all’altro vediamo la biblioteca e diversi porticati con altari e statue, molte delle quali decapitate. All’ultimo livello, dove si sale a gruppi a numero chiuso, io e Marco saliamo insieme ma poi ci perdiamo di vista …fortunatamente ci ritroviamo. Uscendo possiamo ammirare l’edificio principale che si specchia nell’acqua e la sua porta principale.
Dopo il pranzo in un localino elegante, ci rechiamo a visitare Angkor Thom (fine dodicesimo secolo); entriamo, attraverso un passaggio sopraelevato fiancheggiato da 154 statue (dei a sinistra e demoni a destra) dalla porta sud caratterizzata da statue dell’elefante a tre teste. Anche qui tanti bassorilievi che rappresentano cambogiani cinesi e cambogiani autentici. Al centro di Angkor Thom si trova il Bayon, su tre livelli con 54 torri in cima alle quali sono scolpite 4 facce sorridenti.
Sempre dentro Angkor Thom passiamo davanti al Baphuon e arriviamo alla Terrazza degli elefanti, lunga 300 mt. con tantissimi elefanti scolpiti nel muro di arenaria. Vediamo poi la Terrazza del re lebbroso, dove abbondano eleganti bassorilievi.
E’ la volta del Preah Khan della fine del dodicesimo secolo (spada sacra) al cui ingresso si ripete la sequela di statue che tirano il Naga. Qui la foresta pluviale si è impossessata di molte strutture e lo scenario è quasi irreale: alberi enormi e radici dovunque!
Per cena, ancora in Pub Street, adocchiamo un ristorante che fa il barbeque come in Laos e ci fermiamo lì ma non rimaniamo soddisfatti ed anche il conto è piuttosto alto. Per fortuna finiamo con una bella coppa di gelato e poi facciamo due passi.
Per rientrare prendiamo due tuk tuk che hanno bisogno di telefonare in albergo per sapere dove ci devono portare!
7 febbraio 2016
Altro giro di visite ai templi. Il primo è il Prasat Kravan (decimo secolo), con torri costruite in mattoni (solo le porte sono in arenaria) e restaurato dai tedeschi.
Il secondo è il Banteay Kdei (buddista, fine dodicesimo/inizio tredicesimo secolo) con la sala dei danzatori. Il sito è invaso da alberi di anche 400 anni sui rami dei quali ci sono nidi di api (o vespe).
Poi andiamo al Ta Prohm (fine dodicesimo/inizio tredicesimo secolo), dove gli edifici sono stati in gran parte fagocitati dalla foresta pluviale e dagli spung.
Dopo pranzo andiamo al Banteay Srei, (induista, metà del decimo secolo), un po’ più lontano e sito fra campi dove pascolano i bufali. E’ in arenaria rosa e viene chiamato “la cittadella della bellezza” per i suoi bei bassorilievi o, come dice Cham, “la città delle donne”.
Facciamo un mini trekking nella foresta per andare a visitare il Banteay Samre (dodicesimo secolo), circondato da una muraglia ancora abbastanza ben conservata.
Finiamo con il Pre Rup, dedicato al dio indù Shiva, per vedere il tramonto, ma non è un gran spettacolo, c’è foschia ed alcune nuvole per cui l’effetto rosso-tramonto non succede. E dire che per assistervi abbiamo affrontato una bella scalinata e abbiamo aspettato quasi un’ora! A dire la verità, Marco è salito per la scalinata originale, ripida e sconnessa mentre noi, che eravamo rimasti in basso ad ascoltare le spiegazioni di Chan, abbiamo fatto la scala per turisti, di ferro, costruita sul lato del tempio, molto più agevole.
Stasera facciamo un giro diverso e, per la gioia di Carlo, troviamo un ristorante italiano che si rivela ottimo: tutti soddisfatti!
Anche i due tuk tuk di questa sera hanno bisogno di telefonare in albergo per sapere dove ci devono portare!
8 febbraio 2016
Oggi si va in collina! Il viaggio è lungo nonostante i chilometri siano solo 60/70. La prima visita è a Koh Ker (decimo secolo), un complesso costituito da vari templi e monasteri che è stato capitale dell’impero Khmer nel nono secolo per una ventina di anni.
L’edificio più imponente è il Prasat Thom, una piramide di 7 piani in arenaria, mentre molto modesti sono il Prasat Thneng e il Prasat Leung. Il Prasat Prham è completamente immerso nella giungla e facciamo foto e riprese bellissime.
Dopo pranzo ci rechiamo al Beng Mealea, in gran parte crollato sotto il peso delle piante che hanno fagocitato muri ed edifici; infatti si visita passando su una passerella perché sarebbe impossibile camminare al suolo.
Al rientro salutiamo Chan che domani si fa sostituire da un collega per partecipare ad una festa di famiglia.
Ultima cena in gruppo a Little Italy, il ristorante di ieri sera; stavolta prendiamo il risotto, veramente ricco e buono. Conosciamo il cuoco, Marco, proveniente dall’isola d’Elba , qui da sei mesi dopo un anno e mezzo in Thailandia e facciamo quattro chiacchiere con lui. Ci concediamo anche gelato e caffè, così diamo fondo alla cassa comune.
9 febbraio 2016
Oggi si va sul lago Tonle Sap. A dire la verità prima andiamo in pulmino lungo un canale che porta al lago dove ci sono villaggi con palafitte altissime per resistere alle piene di primavera. Ci fermiamo nel villaggio di Kompong Khleang per visitare un allevamento di coccodrilli… un capitale in quella casa! Ci imbarchiamo e navighiamo nel canale fino a raggiungere il lago dove vediamo un villaggio galleggiante ( su zattere di bambù).
Dopo il pranzo in ristorante andiamo a vedere il complesso di Roluos, quello dei templi più antichi (fine nono secolo), che comprende, Lolei con 3 torri ora in restauro e vicino una sorta di ambulatorio/ospedale, Bakong con il palazzo reale e Preah Ko con 6 torri; alla fine un laboratorio di artigianato della seta.
Appena arrivati in albergo facciamo un bagno in piscina, oggi è presto e la temperatura più alta degli ultimi due giorni.
L’agenzia ci regala un massaggio completo per ovviare ai disagi di questo hotel, ma lo facciamo solo io e Marco, gli altri sono di partenza per l’Italia mentre noi passiamo ancora una notte qui e poi andremo in Thailandia.
Non abbiamo caricato i 3 video di Laos e Cambogia ma un riassunto del viaggio + mare Cambogia + Bangkok Koh Phangan + Koh Lipe + Koh Kradan per vederli digitare usa usa sul video che apparira’. Selezionare h47, il mio nickname.