Alla scoperta dell’Oriente in salsa Thai

Breve e tranquilla vacanza alla ricerca dell'oriente
Scritto da: brabam
alla scoperta dell'oriente in salsa thai
Partenza il: 13/11/2014
Ritorno il: 25/11/2014
Viaggiatori: 1
Spesa: 1000 €
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Venerdì 13.11.14: MILANO – BANGKOK

Lascio l’auto in un parcheggio poco distante dal terminal. Faccio cena in aeroporto ma non è un granché, per 16 euro, ed ho pure avuto mal di pancia in aereo.

Per volare a Bangkok ho prenotato con Oman Air, compagnia del Sultanato dell’Oman, che ha aerei recenti e soprattutto sedili comodi. Servizio efficiente e discreto. Ho ricevuto una bibita rinfrescante ed un pasto fino a Muscat, dove ho fatto scalo per cambiare aereo. Nella seconda tratta ho ricevuto lo stesso servizio, stessa cordialità e cortesia. Faccio amicizia con Veronika, simpatica e carina hostess slovacca, che mi dà qualche suggerimento su cosa fare e vedere in Thailandia.

Arrivo a Bangkok che sono le 17.30 ora lcale (sono partito alle 22.50, bisogna contare +6 ore di fuso orario) e sono stravolto.

In aeroporto al 1° piano c’è il treno che porta fino alla congiunzione con lo Sky Train (treno sopraelevato che taglia in due la città). Con lo Sky Train (BTS) arrivo a Nana e proseguo a piedi in cerca del mio Hotel (Alt Nana – Sumkuvit Soi 4). Non lo trovo subito, è molto in fondo alla via, un po’ defilato e all’interno, fatico non poco ma alla fine vengo accolto da una struttura nuova e moderna, con una camera che sembra una suite (la meno che costava) e che ha una superficie di circa 50 m2 con pavimento in teak ed una doccia che può contenere un bagno intero, tanto è grande. Tv sat, wi-fi, angolo cottura fanno da corollario.

Per un totale di 110 euro per 3 notti (4500 Bath) compresa colazione a buffet. Includono pure la navetta per spostarsi in Soi 4.

Non esiste riscaldamento perché Bangkok ha un clima subtropicale, ma esistono molti condizionatori che fanno impazzire chi, come me, non sopporta l’aria condizionata (in camera mi guardo bene dall’accenderla, tant’è che il letto è dotato di piumone… che stupidata). Faccio una doccia e mi faccio portare ad un ristorante consigliatomi, che si trova in Soi 4. Piatto con pesce, birra Thai, dessert di mango e riso dolce, 370 Bath.

Gironzolo per la via, dove ci sono tanti ladyboy, transessuali che sembrano donne, e locali di perdizione, dove il rumore e le attrazioni richiamano stormi di disperati del sesso. Il cambio della valuta è più conveniente in città, perché in aeroporto, come sempre, è più caro. Sono le 20.50, sono stanco morto, tra jet-lag e sonno perso sto morendo dal sonno.

Mi reco all’hotel, passando tra i vari centri massaggi sparsi nella via e i banchetti di venditori ambulanti di cibo, spesso maleodorante, guardo le mail, e le notizie su internet alla reception, e vado in camera.

Mi sveglio alle 02.00. Niente da fare, i bioritmi sono stravolti. Scendo in strada e compro in un negozio aperto 24h una scheda sim per telefonare a casa. Pago 50 Bath + 200 Bath di ricarica. Conviene farlo perché con la mia scheda italiana pagherei 6 euro al giorno ogniqualvolta dovessi chiamare, con un max di mezz’ora, oltre il quale viene tariffato a 2 euro al minuto.

Domenica 16.11.14: VISITA DI BANGKOK

Alle 08.00 scendo a far colazione. Tutto ottimo, un bel buffet sia continentale che all’americana. Esco alle 10.00 dopo aver prenotato online il volo da e per Phuket, con e-dreams. Esco, è caldo umido, si sta bene in maglietta e pantaloncini, con i sandali, che fanno respirare i piedi.

La gente in giro parlicchia inglese, ma spesso con un vocabolario limitato ed una pronuncia incomprensibile. Alla fine, con molta fatica si ottiene ciò che si vuole. I negozi 7-eleven sono ovunque e ci si trova di tutto.

Vado due o tre volte su e giù per Soi 4, passando tra la fiumana di gente, di ragazze e ladyboy dei Go-go bar. La puzza è infernale, lungo il marciapiede ci sono venditori ambulanti di cibo che offrono spiedini di carne, pollame e pesce, accompagnati da salse e altro. Direi, viste le precarie condizioni igieniche, di astenersi da qualunque prova di assaggio. La via mi assale con i suoi odori nauseabondi e con le immancabili vocine delle ragazze che a qualunque ora invitano a fare un (più o meno) massaggio. Lascio Soi4 e, arrivato a Sumkuvit, mi dirigo alla stazione dello Sky Train di Nana. Faccio il biglietto per Saphat Taksin che ferma presso il molo centrale sul fiume. I biglietti si fanno alla macchinetta e sono già calcolati a seconda del posto in cui si vuole andare. Se avete banconote ve le cambiano in spiccioli a tutte le ore. Arrivo al molo e mi imbarco su un piccolo natante, che costa 150 Bath (volendo si può aspettare il battello che dei pendolari che costa solo 15 Bath). Siamo in quattro sulla barca e si viaggia che è una meraviglia. Il tragitto è abbastanza lungo e si incontrano tante altre imbarcazioni che agitano onde da destra e da sinistra. Passano veloci le long tailes boat, con dei motori che hanno l’albero di trasmissione lunghissimo e vanno come schegge. Scendo al molo 8 che è quello che accede al Rattanoskin.

Un signore ci viene incontro chiedendoci 20 Bath per tassa di sbarco… cominciamo bene… (penso sia un volgare truffatore che approfitti della situazione, magari è anche un funzionario del molo, ma mi sa di abuso, bello e buono).

Uscito dal molo mi dirigo verso il Grand Palais. Prima di entrare devo noleggiare un paio di pantaloni (30 Bath) lunghi, presso un negozio, oppure lasciare una cauzione di di 200 Bath al vestiario (dovete averli precisi perché non vi danno resto).

Superato questo piccolo disagio si fa il biglietto di 500 Bath.

Sono ateo per cui le religioni non mi interessano, viaggio veloce tra i vari templi, peraltro di pregevole fattura, ammirando i vari buddha. La cosa che mi dà i nervi è che ogni volta che entro nei templi devo togliermi le scarpe, zappettando dove hanno già zappettato migliaia di persone. Finalmente guadagno l’uscita, supero le varie postazioni militari a presidio ed entro nel prospiciente Wat Pho, costo del biglietto 100 Bath, sempre con bei templi ma meno presidiato. All’interno c’è la storica scuola del massaggio thai, il College of Traditional Medicine, che è stato il primo luogo del paese in cui fu impartito l’insegnamento del massaggio Thai.

Oggi nella estremità orientale l’antica aula è stata trasformata in sala per massaggi e gli studenti già diplomati o ancora apprendisti fanno pratica sui visitatori (1 ora di massaggio 420 Bath, 1 ora di massaggio ai piedi 420). Mi faccio fare il massaggio del corpo, che fa un male cane. Esco, faccio 200 mt e mi abborda un guidatore di tuk-tuk. Mi dice che con 150 Bath mi fa fare un bel giro a vari posti di interesse turistico (non abboccate, è una fregatura). Il costo di norma è molto più alto e il giro consiste soprattutto nel far visita a 4 sartorie che fanno abiti su misura e ad una agenzia di viaggi truffaldina, in cui trovo quattro impiegati nullafacenti. Il tuk-tuk mi porta ancora ad una sartoria. All’ultima sbotto: “Basta, hai rotto!”. Ha inframmezzato la visita ai vari templi dei Buddha, ma ho la schiena a pezzi (il carrozzino è in pratica un motocarro sistemato a mò di calessino, ma senza alcuna comodità, sembra di essere sul ribaltabile di un vecchio camion sovietico, ogni buca, ogni sobbalzo sono pugni nella schiena – non bastasse lo spazio è stretto e la visuale, per me che sono alto, è nascosta dal tendalino, per cui devo viaggiare sdraiato se voglio vedere qualcosa..). Pretendo di farmi portare alla più vicina stazione dello Sky Train. Lui accetta ma obietta che il costo è superiore. Io rispondo che non gli do nulla perché il tour è stata una sola, che se avessi saputo non avrei accettato. Scendo, gli do 150 Bath e andare.

Riprendo il treno e vado all’hotel per fare una doccia ed un sonnellino ristoratore. Sono stanchissimo. All’ora di cena vado in un posto che si chiama Pla Tong Mookata, stazione Victory. Con la formula all you can eat al prezzo fisso di 180 Bath ci si sbizzarrisce (escluso bevande) nella carne alla piastra, verdure, salse etc… Il locale è enorme e pieno zeppo di cinesi e thailandesi. E’ un modo per stare insieme ad una moltitudine di persone e vedere che cosa mangiano. Sui tavoli sono posti dei fornelli elettrici su cui verranno posate delle piastre roventi. Ci si serve di carne, pesce e verdure, e poi si cuociono sulle piastre. Ci sono salse da condimento (occhio a quelle piccanti). Occorre non farsi prendere dall’ingordigia altrimenti si rischia di riempire i piatti di cibo che poi verrà buttato.

Dopo la cena torno all’hotel, passando sempre per Nana, brulicante di gente, odori, persone e ragazze ammiccanti che invitano per un “giretto”.

Lunedì 17.11.2014: VISITA DI BANGKOK

Sveglia e colazione all’americana. Purtroppo sento ancora l’effetto del jet-lag e mi sono svegliato alle 04.00 senza più riuscire a prendere sonno. Oggi voglio visitare China Town.

Prendo subito il treno sbagliato perché voglio scendere ad una stazione che ha l’intersezione per la mia meta, ma in quella stazione non c’è intersezione, per cui rientro in Sky Train e mi reco alla prima intersezione con il metro. L’ultima stazione è proprio vicino a China Town. Esco dal metro e con la cartina in mano non trovo la direzione.

Sembra strano ma Bangkok è enorme e ci sono tante vie non segnate sulla carta, molto spesso i nomi delle vie sono in lingua locale. Alla fine cedo e chiedo ad un passante, peraltro molto cortese, che mi indica la giusta direzione (stavo andando in senso opposto). Passo in mezzo a vie che pullulano di attività, c’è la via dei fabbri, quella dei venditori di idraulica, quella dei venditori di mobili etc… tutti rigorosamente cinesi, con le immancabili bancarelle o ristoranti che vendono le loro leccornie dall’odore per nulla invitante e con le consuete norme igieniche inesistenti.

Decido, dopo svariati giri nei vari vicoli e vialetti che sembrano dei bazar, dove si trova di tutto e di più, dicevo, decido di raggiungere il fiume e prendere il bus dell’acqua (costa pochissimo) per il Grand Palais (molo 8).

Questa volta all’approdo noto che non c’è più quel furfante che chiedeva 20 Bath quale tassa di sbarco.

Raggiungo il Wat Pho, pago 100 bath all’ingresso e mi reco alla scuola del massaggio thai, stavolta mi faccio fare un massaggio alle gambe (foot massage). Pensavo di rilassarmi un po’ ma il tipo che mi ha preso in consegna mi massacra le gambe. Un supplizio, ma spero ne valga la pena. Esco, saluto quei monumenti e templi rientro a China Town. Cammino per più di un’ora abbondante tra mercanzie, venditori, lezzo, sporcizia, gente che mangia per terra, smog (il traffico è incessante e col caldo afoso dà ancora fastidio. Da notare che i pedoni sulle strisce non hanno alcun diritto per cui ogni volta che si attraversa la strada bisogna farsi furbi e buttarsi, calcolando il tempo che occorre per non farsi investire, ricordando che in Thailandia guidano a destra, come gli inglesi, per cui occorre voltarsi sempre prima a destra e poi a sinistra.

Raggiungo ben felice la stazione del metro, non ne posso più di tutto quello schifo, mi sento sporco e stanco. Alle 16.00 sono in hotel dove una doccia mi ripulisce ed un sonnellino mi ristora. Alle 17.00 sono pronto per uscire e raggiungere un centro massaggi all’olio (i massaggi thai mi hanno distrutto e stancato, ho bisogno di rigenerarmi). Costo 400 bath per 1 ora e 700 per 2 ore. Fatto a regola d’arte con l’amore e la sapienza che solo un’orientale sa esprimere, peraltro con delle manine delicate e affusolate che mettono in pace col mondo, ad ogni tocco.

Mi reco a cena al solito posto. Alle 20.00 esco strapieno e sudato (i fornelli scaldano) e decido di visitare il famoso Siam Store, all’uscita della fermata Siam. Un’americanata che giganteggia in mezzo a Bangkok, riservato per lo più a turisti che non ai locali, visti i prezzi parecchio alti. Tanti negozi, bar e ristoranti su otto piani, dove la spreco di spazio la fa da padrone. E’ tardi, torno in hotel, dove alla reception, dopo aver controllato le mail, mi fermo a parlare un po’ con la receptionist, anche se temo che non afferri tutto.

Martedì 18.11.2014: PARTENZA PER PHUKET

Alle 08.45 il taxi mi viene a prendere per portarmi all’aeroporto Don Muhai, che è quello per i voli nazionali. Tutto bene, il traffico c’è ma è molto scorrevole, arriviamo pure con un certo anticipo. In aeroporto ci sono tanti stand dove compare porcherie a prezzi da aeroporto, ma c’è anche un 7-eleven dove poter fare un po’ di spesa ai prezzi normali. Mi lascio tentare e compro due tramezzini, uno al paté di maiale e uno con crema di gamberetti. Li prendo dal frigo e me li scaldano. Prendo una bottiglia d’acqua e dei semi di girasole tostati, il tutto per 100 bath (2,5 euro). Metto in bocca il primo tramezzino che è uno schifo. Non sarebbe male ma è un waffle dolce con dentro salato e tanto miele… puah. Il secondo è la stessa cosa: carne di porco con miele… Mi salvo con i semi di girasole ed è ora di imbarcarsi. A bordo tutto ok, pur essendo la Thai Orient una low cost danno pure un piccolo snack e una bottiglia d’acqua. Ci sono pure due hostess molto carine e gentili che, come d’usanza, ogni volta ringraziano portando le mani in preghiera al petto. Le donne thai, se sono fini, sono di una bellezza senza pari. All’aeroporto prendo una navetta che, per 180 bath, mi porta davanti al mio ostello, che, guarda caso, si trova proprio nella via del casino di Patong Bangla Sq. Non so perché ho scelto l’ostello, non mi va l’idea di girare scalzo per tutta la struttura. E’ il Capsule Hostel ed è di concezione stile coreano, con letti per terra, le scarpe si lasciano all’ingresso, ed in più è a piano sottostrada… in caso di Tsunami saremmo tutti annegati. Esco e vado in cerca di un hotel dove poter passare le ultime 5 notti.

Passo il viale e trovo subito in zona fronte mare. Un piccolo desk offre tour a prezzi stracciati. Prenoto per 1100 Bath la crociera a Phi-Phi Island per il giorno dopo (prezzo intero 3000 Bath). Dalla ragazza mi faccio consigliare per un hotel, mi indica quello alle sue spalle, il Patong Inn Hotel. Entro. Il prezzo per una notte è 2000 Bath, chiedo se per 5 notti mi fanno lo sconto. Prendo una matrimoniale a 7500,00 Bath incluso colazione. Insomma fanno 1500 Bath a notte (circa 37,5 Euro) e al diavolo all’ostello. Passare dall suite di Bangkok ad un ostello, seppur valido, mi deprime e mi mette di malumore. La ragazza del desk mi consiglia anche un ristorante tipico e a buon prezzo, mi manda li vicino dove mangio thai a buon prezzo. Il pranzo consiste in una specie di fettuccia di soia fritta e poi stufata con pesce, birra thai, macedonia di frutta, il tutto per 280 Bath).

Esco, poco lontano, dietro alla spiaggia hanno approntato degli enormi gazebo, dal 15 al 23, si tengono degli incontri di Muhai Thai. Torno all’ostello, riposo mezz’oretta, torno alla spiaggia, metto i piedi a bagno e vado ad assistere agli incontri, l’ingresso è gratuito. Sono botte vere, da orbi, il pubblico thai è molto caldo ed acclama i propri atleti. Ci sono anche gli incontri femminili. Noto che gli atleti di casa sono i più forti, ma subito dopo vengono i libanesi. L’ultimo incontro è tra due pesi massimi, un coreano ed un libanese. Non c’è storia, il libanese picchia duro, come un maglio, e non si fa in tempo ad arrivare a la gong che l’avversario è al tappeto sotto una gragniuola di colpi. In quel momento vedo tutta la sua umanità e compostezza, pure del suo team, che lo assiste e si preoccupa che stia bene, mentre l’altro, sprezzante e sicuro di sé, gioisce in maniera, direi, antisportiva, sembra che sia li solo per abbattere gli avversari. Sono sicuro che un giorno troverà pane per i suoi denti. Ed intanto l’atleta coreano, mesto mesto, esce col suo gruppo e con l’allenatore, che si sincera ancora delle sue condizioni fisiche. Gli incontri sono finiti, la folla esce, le luci si spengono.

Vorrei raggiungere il coreano per dimostrargli tutta la mia solidarietà ed il mio sostegno, ma si perde nei vari stand inaccessibili al pubblico. Intanto fuori le vie si stanno scaldando per la serata. Patong esplode in mille colori, luci, musiche, locali, go-go bar dove la musica è a 10.000 decibel, ragazze svestite invitano ad entrare, i prezzi sono in concorrenza, è tutto un guazzabuglio di gente, rumori, luci.

Giro per le vie, ovunque mercanzie esposte, donnine che invitano ad un massaggio (ce ne sono dappertutto, ed ogni struttura ha la propria divisa). Dopo un po’ ritorno nella via del casino, Bangla Sq, dove è difficile non rimanere attoniti: donne ovunque, molti ladyboys, gente che cammina avanti e indietro, gente di tutte le etnie. Sembra un carnevale di Rio in salsa Thai. Ogni metro una ragazza invita a passare la notte con lei, i locali esplodono di musiche assordanti, le ragazze della lap top si cimentano in contorsioni esagerate. Stop! Rientro dal casino per riprendermi un po’. Mi butto sul tatami. Mi addormento. Mi sveglio che è mezzanotte. Esco fuori, girovagando prendo un frullato di mango (60 bath) ed uno di cocco (30 bath).

Osservo il carnaio, sto in disparte perché le prostitute ed i ladyboys vengono a cercarmi. Mezz’ora di trambusto mi convince a rientrare. Domattina ho la sveglia alle 07.00 per la crociera a Phi-Phi Island.

Mercoledì 19.11.2014: CROCIERA A PHI-PHI ISLAND

Iniziamo bene, l’autista non si vede, l’appuntamento era per le 07.15/07.30. Non c’è anima viva e sono le 07.40. In questi posti non serve arrabbiarsi, non si deve pensare che tutto debba sempre andare liscio e che tutti siano in orario perfetto. Mi reco davanti all’ostello per vedere se l’autista avesse capito diversamente, ma nulla. Torno sui miei passi e un autista di minivan vede il mio volto scuro e preoccupato, e si offre di aiutarmi. Chiamo il numero dal mio cellulare del call center e gli passo il signore gentile. Parlano fitto per circa 3 minuti e poi lui, conclusa la comunicazione, mi dice che è tutto ok, di andare tranquillo all’appuntamento. Ringrazio e saluto (il tizio si rabbuia in viso, evidentemente si aspettava una mancia). Dopo 10 minuti arriva il pulmino, l’autista si scusa per il ritardo. Salgo, saluto e scopro, parlando con i vicini che il ritardo è stato per tutti. Va bene così, l’importante è lasciare lo stress a casa. Bene, partiamo dalla marina di Phuket dopo 20 minuti di viaggio. L’equipaggio, tra cui diversi simpatici bambini, tra cui una ragazza, Ay, di 19 anni, ci accoglie molto cordialmente (scoprirò dopo che non è una bambina, ma una ragazza di 19 anni che studia all’Università).

La prima tappa è Bamboo Island, dopo circa un’ora di navigazione. Sbarchiamo. E’ carina ma secondo me senza fascino. Mi fiondo in acqua a fare apnea perché ho paura che il sole mi bruci la pelle.

Esco dall’acqua, faccio due passi dentro il bosco. Diversi cartelli indicano che in caso di Tsu-Nami occorre dirigersi alla svelta all’interno e in posizione sopraelevata. Ci sono delle toilette. Un bar e degli snack bar. Rimangono anche le rovine di una struttura che fu fatta crollare dall’ondata del 2004. Torno alla spiaggia per attendere il reimbarco. Proseguiamo per Maya Bay,che raggiungiamo dopo circa mezz’ora. A bordo nel frattempo pranziamo col buffet previsto dal programma (riso, noodels, pesce fritto, verdura e frutta). Arrivati all’isola attracchiamo al largo e ci tuffiamo per ammirare i pesci.

La ragazza espone dei pacchi di pan carré da dare ai pesci (60 bath). Ne compro una confezione e lo sbriciolo in acqua. In un attimo sono aggredito da nugoli si pesci affamati, che spazzolano tutto in pochi secondi. Peccato non aver avuto la telecamera stagna.

L’ultima tappa della mini crociera è Phi-Phi Don, peccato che si sia messo a piovere, ma in questi posti è così: un attimo prima c’è un sole che brucia, l’attimo dopo piove. Ah, dimenticavo, l’acqua in mare è calda, un vero brodo, ci si può tuffare senza paura dello shock termico. Siamo appena attraccati a Phi-Phi Don, piove che Dio la manda. Pochi hanno voglia di sbarcare ed io non sono certo tra loro. L’idea di inzuppare i vestiti non mi garba, dopo che ho tolto il costume e messo gli indumenti asciutti. Sto bene a bordo, al calduccio. La crociera finisce sotto l’acqua, gli altri ospiti si sono ritirati quasi tutti al ponte base, dove io mi sono installato fin dall’inizio. Chi ha avuto la sventura di scendere è tornato tutto fradicio. Arriviamo al molo a Phuket e ci dirigiamo al pullman. Partiamo. Si va lenti, c’è troppo traffico. Rientro all’ostello. Che palle non avere privacy… ma rido perché penso che domani mi trasferirò all’hotel, in una camera tutta mia.

La sera faccio cena in un ristorantino con brace sulla via principale, il Sun, che consiglio perché non è male, molto semplice e spartano, ma i prezzi sono buoni ed il servizio veloce, i pesci li sceglie il cliente e decide le modalità di cottura. Per gamberi, gamberoni, aragoste, granchi, si paga a peso (ogni etto di gamberoni per esempio costa 100 bath, ovvero 2,5 euro, quindi 500 gr sono 12,5 euro e ci si comincia a togliere la voglia). Conto finale 400 bath, circa 11 euro: 400 gr di gamberi + 1 frullato di papaia).

Se andate sul lungomare nella zona più bella i prezzi raddoppiano se non triplicano.

Gironzolo senza meta e i vari buttadentro m’ìnvitano a visitare il loro locale, che sia go go bar, ristorante, bar, massaggi etc… Qui i turisti non sono lasciati liberi di scegliere cosa fare, è tutto un commercio. La pioggia del pomeriggio è caduta copiosa e le strade sono ancora inzuppate. Finalmente arriva l’ultima notte da incubo nell’ostello.

Giovedì 20.11.2014: PATONG – SPIAGGIA E RELAX

Alle 07.30 faccio colazione, poi torno a dormire su una chaise longue per riposare un po’. Alle 09.00 faccio i bagagli e lascio l’ostello. Dopo 300 mt sono già arrivato. Mi danno la chiave, mi registrano e salgo in camera. Apro la porta e trovo che sia tutto a posto (è tutto come avevo visto nella mia visita), e mando un vaffa alle recensioni negative. Mi cambio subito, m’infilo il costume e corro alla spiaggia, che è proprio li davanti. Il mare pullula di moto d’acqua e motoscafi che fanno il paraflighting. Il sole ustiona e non avendo la crema mi butto subito in acqua e rimango in ammollo per quasi un’ora. Alle 13.00, anche stando in acqua sento che non posso più reggere questo sole per cui esco, mi asciugo e raggiungo l’albergo.

Doccia veloce e riesco per fare pranzo. Mi fermo ad una farmacia per comperare una crema protettitve del doposole. Mi reco sulla via principale in cerca di un ristorantino di pesce alla griglia. Mi fermo al n° 88. Non male, pesce (400 bath) e riso dolce con mango (80 bath) più un’insalata di papaya (80 bath) per un totale di 560 bath. Esco. Gironzolo. Rientro in camera per la pennichella. Nel tragitto mi fermo a comprare del mango disidratato (200 bath). La camera me la godo proprio. Alle 17.00 esco per andare a vedere la muhai thai. I lottatori thai ono fortissimi e vincono tutti i match. Il tifo locale è caloroso verso i propri beniamini, li incitano tutti, grandi e piccini. I match finiscono alle 20.00. Esco. Mi fermo al banchetto e compro un biglietto per Simon, lo spettacolo di Ladyboys. Sono due tipi strani, marito e moglie, chiedo loro il prezzo. Mi sparano 1800 bath. Mene vado senza neanche commentare. Mi chiamano e mi chiedono quanto voglio spendere. Dico 500, chiudiamo a 600 e la moglie si offre di darmi uno strappo in motorino. Alle 21.00 ritorno per l’appuntamento e con la tipa ci rechiamo al teatro, che si trova all’inizio di Patong, e per arrivarci c’è un bel pezzo di strada. Il teatro è gremito di gente, tutti curiosi di vedere che cosa fanno i ladyboy. Accedo al piano superiore, non c’è il tutto esaurito, mi sembra che siano più le donne che gli uomini, forse per vedere cosa fanno i loro competitori. Le luci si spengono e svariati messaggi impongono di non usare dispositivi per foto e registrazioni video/audio. Sono molto severi un addetto gira a controllare se qualcuno sgarra. In tutta onestà mi sembra uno spettacolo mediocre, tutto piume e apparenza, ma con ben poca sostanza. Tanti colori e costumi sgargianti, con piume che riempiono il palcoscenico, ma non vedo tecnica, tanto meno un solo ladyboy che sappia ballare. Si muovono come imbranati, non sono per nulla eleganti, vorrebbero scimmiottare le ballerine del cabaret parigini, ma tutto quello che ottengono è solo una parodia ridicola e patetica. Tra l’altro molti di loro non vanno in sincronia. Gli applausi alla fine di ogni balletto sono telegrafici, durano si e no tre secondi.

Bah… mi sono tolto una curiosità, come tutti gli altri, peraltro, ma non mi viene voglia di tornare, solo quella di andare a dormire. Rientro a piedi all’hotel, dove mi accoglie il sorriso e la simpatia della receptionist, peraltro molto carina e sexy, con minigonna da urlo. Mi intrattengo a chiacchierare con lei. Mi è passato il sonno….

Venerdì 21.11.14: GITA ALLA BOND ISLAND

Difficile sveglia alle 07.15. Per fortuna lo zaino è pronto dalla sera prima. Mi trascino giù a fare colazione, omelette con te e toast. Mi piazzo fuori dell’hotel ad aspettare il pulmino, che arriva preciso all’orario previsto. Entro. Dico “Good-morning to everybody”. Nessuno mi caga. Iniziamo bene. Mi siedo in fondo, dietro di me quattro ragazze bionde, di taglia medio/massima, se ne stanno in silenzio. Per educazione chiedo se sono russe, mi sento rispondere: “We’re welsh”. Apprezzo lo sforzo. Provo ad imbastire una conversazione ma vedo che non sono ispirate, per cui taglio corto e chiudo la non-conversazione. Approfitto per recuperare un po’ di sonno. Arriviamo al posto d’imbarco, che è una palafitta su un canale, in una zona in cui la gente è a maggioranza musulmana (siamo nel sud). Prima di imbarcarci ci offrono un te e dei biscotti, poi ci fanno accomodare su un motoscafo modernissimo con due motori Yamaha fuoribordo da 250 cv l’uno. Partiamo, i motori spingono al massimo e si va che è una meraviglia, ed in pochissimo tempo arriviamo alla prima isoletta del programma, dove ci fermiamo per 45 minuti per un po’ di relax e per fare il bagno. Io mi piazzo all’ombra di una palma e porto avanti il diario. Delle ragazze francesi si siedono su un’altalena davanti a me per fare una foto, sennonché ruzzolano all’indietro dopo essersi sbilanciate. Scatto loro una foto in quella posizione imbarazzante. Dopo di loro arrivano le quattro betorde (le gallesi) una delle quali viene da me per chiedermi se scatto loro una foto. Mi sbizzarrisco e gliene scatto una dozzina in posizioni diverse, mi guardano stupite, non capiscono, avevano chiesto una foto. Faccio loro capire che non scatto foto da deficiente.

Faccio due passi per l’isola e trovo diverse villette per uso vacanza, siamo in un resort per vacanzieri che cercano pace e relax.

Risaliamo in barca e ci rechiamo alla James Bond island. Durante il tragitto passiamo accanto a tante isole ed isolotti disabitati. Mi metto in piedi accanto al tendalino ben aggrappato, e scatto tante foto.

Arriviamo alla Bond Island che è diventata un approdo per orde di turisti vomitati ogni 5 minuti dai barconi Ovunque ci sono bancarelle che espongono ciondoli e chincaglieria.

Cinque minuti bastano e avanzano. Ripartiamo per la prossima tappa: il villaggio su palafitte in mezzo al mare, dei pescatori nomadi, doce ci attende il pranzo.

All’ingresso un abitante offre foto con due falconi addomesticati. Dopo pranzo (a base di riso, pollo, pesce, frutta) abbiamo mezz’ora di tempo per fare un giro dell’isola su palafitte. Ci sono ovunque bancarelle con mercanzie, ma pochi sollecitano l’acquisto. Sono nomadi, pescatori, e male si adattano ad una vita stanziale. Il governo che ha dato un sito dove stare, dove sono state costruite pure delle scuole, campi di basket, e calcio, ma non mi sembra che questa gente, a parte i bambini, ne sia entusiasta. Lasciamo quella strana isola con tutti i suoi misteri e contraddizioni, e facciamo ritorno alla base, non prima di esserci fermati presso un’isoletta in cui si trova una caverna, accessibile solo con la bassa marea. Torniamo al molo d’imbarco arrestandoci 300 mt prima perché con la bassa marea il canale è inaccessibile.

A Patong arrivo che sono le 17.00, giusto in tempo per farmi un pisolino, prenotare le due gite per sabato a Krabi, e domenica a Coral Island. Prolungo di due notti il soggiorno pagandolo in anticipo, così so dove stare fino a martedì. Raggiungo il palco della thai boxe, non dopo essermi sorbito l’ennesimo tentativo di approccio del ragazzo gay che sta al box delle gite (uffa). E’ una serata in cui diversi atleti si fanno male, ma uno in particolare, un thai, che stava conducendo l’incontro, ad un certo punto incassa un diretto allo zigomo destro, che va in frantumi. Ko! Arrivano i medici, che lo visitano direttamente sul punto in cui è caduto esanime. Lo caricano alla svelta sull’ambulanza e vanno verso l’ospedale. Gli atleti sono li per dare spettacolo, ma le botte sono vere, tantissime, che ci si può fare male per nulla.

Noto che la provenienza degli atleti è assai nutrita da paesi come Kirghisistan, Kazahistan, Uzbekistan, Turkmenistan, Iraq, Iran, Giordania, Libano, Mongolia, Corea, Cina, Vietnam, Cambogia. Infatti i giochi si chiamano Asian Muhai Thai Championship. Comunque l’incidente al combattente mi lascia l’amaro in bocca, e me ne vado via mestamente. Mi reco ad un mercato, poco fuori del centro, il Malin Plaza, che ospita banchetti alimentari, dove si può ordinare qualunque cosa si desideri: pesce, carne, verdura, frutta etc… cotta al momento. Mi lascio tentare da un tentacolo di polpo ai ferri e da uno spiedino di gamberi, il tutto per la modica cifra di 100 bath. Nel rientro faccio tappa ad un centromassaggi dove per 300 bath Jenny, una splendida thai, mi fa un bel massaggio del corpo con olio. Arrivato in camera mi attende un’amica, che mi accompagna ovunque nei miei viaggi: la diarrea. “Finalmente”, penso, “Mi mancava”. Ho fatto qualche errore alimentare e pago pegno. Domani andrò in farmacia per comprare dei fermenti lattici.

Sabato 22.11.14: GITA A KRABI

Sveglia alle 06.45. Alle 07.00 scendo in strada. Dopo 10 minuti arriva il pulmino che mi porta al grande bus che ci trasferirà al molo d’imbarco. Un tale Warren dal Canada mi spiega che sta andando all’isola di Ko Yao Kai, e con lui molti altri, con zaini e valigie al seguito, per soggiornarvi.

Sono seduto accanto al finestrino e sono assorto nei miei pensieri quando mi sento toccare la spalla. Mi volto e con mia sorpresa vedo lei, una dea, che mi sorride e mi saluta con tanta naturalezza con gli occhi grigio-verdi-azzurri che mi fanno sciogliere. Lei è Kathrin, una bionda ragazza estone, che ho incontrato due giorni prima durante la gita e Phi-Phi island. Purtroppo con lei c’è il francobollo, l’immancabile fidanzato che la segue come un’ombra, e la madre di lei. Faccio in tempo a riprendermi e a rispondere al suo “Hello, how are you?” con un cretinissimo “Hi, I’m fine, thanks”.

Arriviamo al molto d’imbarco dove ci attende il grande traghetto, che se ho ben capito fa la spola quotidiana tra Phuket e Krabi.

In cabina mi siedo dietro a Kathrin e sua madre e facciamo conversazione. Stranamente non c’è la guardia del corpo (è sul ponte a sorvegliare le loro valigie), tanto meglio, così possiamo parlare tranquillamente. Il tempo vola, parliamo di mille cose, la traversata è lunga e dura due ore, ma io vorrei non finisse mai. Riassumendo: Kathrin ha 26 anni, è estone, ha lasciato il lavoro come coordinatrice di eventi per fare un anno sabbatico in Australia col fidanzato e lavorare nelle fattorie per poter migliorare il suo inglese. Dopodiché si sono concessi quattro settimane di vacanza tra Bali, Cambogia e Thailandia, così da chiudere alla grande prima del rientro nella fredda e nevosa Estonia. Mi consiglia vivamente di visitare Bali. Ad un certo punto della conversazione si ricorda del francobollo, che è rimasto fuori tutto il tempo. Rientra con lui, il tipo saluta freddamente, non che la cosa mi tocchi particolarmente, anzi, sarebbe stato meglio che se ne fosse stato fuori. Comunque ringrazio la bionda per la piacevole conversazione e approfitto per aggiornare il diario.

Passa una mezz’oretta e arriviamo a Krabi dove ci aspetta il trasbordo sul motoscafo veloce, e dove altri gruppi prendono posto sulle imbarcazioni loro assegnate per le varie destinazioni. Saluto la ragazza, la simpatica mamma ed il mastino.

Salgo sul motoscafo e in appena 10 secondi arriviamo alla prima isola. Mi piazzo mezz’ora all’ombra, dopodiché, ripartiamo per Chicken Island, chiamata così perché ha uno scoglio che ricorda l’ala di un pollo. Buttiamo l’ancora a 100 metri dalla costa e ci tuffiamo per fare un bel bagno ed ammirare i tanti pesci variopinti, a cui le guide gettano dei pezzi di pane sbriciolato. Un nugolo di pesci accorre ed è uno spettacolo.

Raggiungiamo l’isola e facciamo pranzo.

Ci spiegano che l’isola è collegata all’altra isola tramite un istmo che sta sott’acqua e si può percorrere a piedi, ma solo quando c’è la bassa marea, sennò è pericoloso, per via delle correnti che portano via. Lo percorro e poi rientro in prossimità del motoscafo. In lontananza si sentono tuoni e si vedono dei fulmini, nubi scure stanno lentamente arrivando e non portano buone notizie.

Infatti, appena risaliti sul natante per il rientro, alle 15.00 si scatena la pioggia. Il tendalino del motoscafo non fa miracoli, per cui dentro piove quasi come fuori. Io, come Eta-beta, tiro fuori dallo zaino la canotta e la k-way, ho indosso il costume asciutto che mi ero cambiato all’ultima tappa. Gli altri sono tutti zuppi ed intirizziti, a poco servono i loro teli da bagno fradici, l’aria che entra dà quasi fastidio anche a me che sono asciutto, figuriamoci agli altri che sono senza nulla addosso. Un ragazzo francese si lamenta che il suo I-pad è andato a bagno.

Dopo 15 minuti di traversata veloce arriviamo in mezzo al mare al punto d’incontro con il traghetto che ci riporterà a Phuket.

Prendo posto vicino ad una ragazza tedesca, Lynn, reduce da una scalata dalle parti di… non ricordo, dopo che ha passato qualche giorno di vacanza a Krabi, e sta rientrando a Phuket. Sta leggendo il libro “Mangia, prega, ama” di Elizabeth Gilbert, che ho già letto.

All’arrivo al molo ci aspetta la pioggia, che ci dà una tregua finché non siamo saliti sul bus, dopodiché riprende per tutto il tragitto fino a Phuket.

Arrivato in prossimità dell’hotel mi fermo a parlare con Bright, il ragazzo gay, che sta al banchetto dei viaggi, il quale mi consegna la biancheria lavata e stirata (per arrotondare il suo magro stipnedio fa servizio lavanderia). Approfitta per buttare li le sue solite avances, ed io sportivamente sorrido e glisso.

Salgo in camera, doccia veloce e subito esco alla ricerca di una farmacia (la dissenteria mi perseguita). La trovo vicino all’hotel, spiego tutto al dottore, che mi dà delle pastiglie per fermare la dissenteria e dei fermenti lattici. 300 bath mi sembrano un po’ tanti per delle pastiglie sciolte, provo a trattare ma mi dice che quello è il suo prezzo.

Esco e mi reco in una via laterale in cerca di una pizzeria che avevo adocchiato il primo giorno. Il titolare, di origine italiana, sta all’ingresso e fa da butta dentro, con garbo e gentilezza, c’è da imparare. Mi saluta calorosamente. Mangio un’ottima pizza ed una macedonia. All’uscita mi fermo a fare due chiacchiere con un altro cliente italiano e col titolare.

Finisco la serata alla spiaggia, dove si tengono le finali degli Asian Games Phuket 2014 con gli incontri finali di Thai Boxe.

Per le categorie pesi mediomassimi e massimi vincono rispettivamente un Kazako ed un uzbeko, con tanto di cerimonia di premiazione ed inno nazionale. Poi gironzolo per la via centrale fino in fondo e rientro.

Mi piazzo sul letto e cado subito addormentato.

Domenica 23.11.2014: GITA ALL’ISOLA DI RAYA

Sveglia alle 07.30. Scendo a fare colazione al bar dell’hotel dove trovo come sempre 4 o 5 persone a non fare nulla, quasi scocciate del mio arrivo. Ordino un toast francese. Dopo 5 minuti torna il titolare e in evidente imbarazzo chiede se voglio l’omelette separata. Ordino allora muesli e yogurt, per fare prima. Finisco in fretta e mi reco al luogo dell’appuntamento.

Il pulmino è già in ritardo e accumula altro ritardo a causa di altri clienti cinesi che se la pigliano comoda e se ne fregano bellamente.

Il minibus pullula di cinesi, che però non si capiscono tra di loro… incredibile, ma vero: chi parla cantonese, chi parla mandarino, chi non so… insomma per riuscire a capirsi si parlano in inglese (ed anche con l’inglese hanno difficoltà a capirsi). Arriviamo al molo e si perde altro tempo. Saliamo in barca e succede la stessa cosa. Al ché un tedesco, tira fuori tutta la sua collera germanica e sbotta infuriato, sbraita che abbiamo accumulato già mezz’ora di ritardo e quei quattro che non si sono presentati perdono il traghetto.

Si parte. Il motoscafo dopo mezzo miglio si ferma e affianca un’altra imbarcazione. Salgono a bordo i quattro cinesi mancanti, che evidentemente hanno preso la barca sbagliata (comincio ad avere qualche dubbio sulla perspicacia dei turisti cinesi).

Arriviamo a Raya, sbarchiamo quelli che vogliono fare vita da spiaggia e noi rimasti andiamo a fare snorkeling dietro l’isola. Nulla di che, tanti pesci striati che arrivano a vedere se c’è del pane per loro. Faccio anche dei tuffi e mi faccio scattare delle foto.

Finita l’ora di svago torniamo all’isola per il pranzo e per due ore di libertà. Cerco l’ombra di una palma perché il sole cuoce come un forno. Alle 14.40, dopo che mi sono fatto preparare un frullato di mango, salpiamo l’ancora e torniamo alla base. Alle 15.30 il minibus mi lascia davanti all’hotel.

Faccio una bella doccia, mi cambio ed esco, la cosa che cerco è un bel massaggio all’olio. Faccio un giro strano e, in una stradina laterale, incontro quell’italiano della sera prima, con cui avevo fatto amicizia in pizzeria. Accidenti, proprio in mezzo alle migliaia di turisti dovevo incontrarlo? Stava cercando una ragazza di un centro massaggi, e con suo disappunto lei non c’era in quel momento. Parliamo ed intanto facciamo due passi, gli chiedo una dritta per un bel massaggio. Mi porta in un posto serio e professionale, con tanto di telecamere e avvisi che non si devono chiedere extra. Mi affida alle cure alle belle mani della sua massaggiatrice preferita.

Mi dice che il massaggio costa 300 bath se voglio mi fa la pedicure con altri 150 bath. Accetto al volo.

Per prima cosa mi lava ed igienizza i piedi, poi mi porta al piano superiore dove mi tolgo i vestiti e mi metto comodo. Sul soffitto c’è un ventilatore acceso che gira al massimo. Dimentico di chiederle di spegnerlo. Ha delle manine d’oro e il massaggio è da 10 e lode. Le chiedo l’età e mi dice con mia sorpresa di avere 30 anni (gliene davo 18/20).

Esco con la promessa di tornare l’indomani pomeriggio e le lascio la mancia di 50 bath. Cerco un ristorante di quelli in cui ti scegli il pesce che ti piace e te lo cuociono al momento. La mia scelta cade sul 99. Ed ho voglia di aragosta. Il prezzo è di 1200 bath per mezzo chilo, sennò 2000 bath per 1 kg. Scelgo quella da mezzo e mi pento subito. Le povere bestie vengono tenute vive in tinozza d’acqua di mare e quando il cliente le sceglie le tirano su per le chele e le cucinano secondo la modalità prescelta. Tentano una vana reazione, sbattono con tutto il corpo per fuggire al destino che le attende in pentola. Chiedo che la mia venga uccisa prima di essere messa nell’acqua bollente. Mi rassicurano, anche se tra tutti i camerieri (80% ladyboy) nessuno che parli un inglese comprensibile, e quindi temo per il crostaceo. Mi maledico per quando ho deciso di rinnegare in parte il vegetarianismo, concedendomi una razione quotidiana di pesce. Mi portano l’aragosta bollita al punto giusto e aperta in due. La mangio con salsa tartara e non spreco nulla, tutto ciò che c’è all’interno della corazza, delle chele e delle antenne lo pulisco per bene, affinché non sia morta per nulla.

Mi dirigo ad un mercato all’aperto dove divoro un sacco di frutta, sbizzarrendomi nella scelta. Quello che da noi non si trova qui c’è, oltre al buon e sempre presente mango, anguria, papaya, ananas etc… Ho la pancia piena da fare schifo e trotterello a zonzo per Patong. Alla fine, esausto, torno all’hotel dove mi intrattengo con la mia receptionist preferita, che stasera indossa un vestitino attillato assai succulento Le tengo compagnia fino alla fine del suo turno, ovvero fino alle 24.00. Ride alle mie battute e si diverte a guardare le mie gag ed i miei balletti. Il tempo vola e lei si sbellica dalle risate. Non ho più sonno. Amo questo paese.

Lunedì 24.11.2014: A ZONZO PER PATONG

La giornata inizia rilassata e senza la sveglia. Scendo a fare colazione poi mi fiondo in spiaggia a fare nulla. Il litorale si anima poco a poco, soprattutto di russi, sembra che siano sfollati tutti.

Molte ragazze si rosolano al sole cocente, avranno pure la protezione, ma stanno immobili per ore, come lucertole, mentre io sto tutto il tempo all’ombra. Anche in acqua il sole cuoce e l’acqua è calda, non c’è quasi refrigerio. Quando arriva mezzogiorno decido che può bastare e tolgo le tende. Torno in camera per una doccia refrigerante e scopro che nonostante abbia messo la protezione mi sono scottato. Vado al ristorante consigliatomi dalla signora del chiosco, in zona, al Bangkok Seafood Otop, dove mangio un ottimo pesce in brodo, verdure con pollo e pesce, frutta, conto da 270 bath con mancia, totale 300 bath.

Esco, fa caldo, vado in passeggiata, mi lascio adescare da Vee, una trentenne molto carina che mi fa un massaggio all’olio. Che bello. Esco bello rilassato e raggiungo la camera per schiacciare un pisolino. Passo prima dal centro massaggi per prendere appuntamento per le 17.00. Nel frattempo il sole si fa pallido e sono sopraggiunte le solite nuvole.

Alle 17.00 giungo puntuale all’appuntamento e vengo accolto con gioia da tutte le ragazze. Oggi la tipa mi propone:

-massaggio ai piedi e gambe-scrub ai piedi

-testa, schiena, spalle

Per due ore vengo coccolato e per una buona ora, durante il massaggio, crollo come una pera cotta. Lei è molto brava, seria e professionale, ma rispetto al giorno prima e più taciturna. Alle 19.00 è tutto finito, purtroppo, ci salutiamo con la promessa di rivederci il prossimo anno.

La sera vado a ingozzarmi al solito mercatino, totano ai ferri, cibo thai e frutta a go-go.

Rientro, poco prima del lungomare mi fermo per una birra a 80 bath. Nel mentre una ragazza mi propone un gioco, che perdo 4 a 0 e mi dice che devo pagarle la consumazione alcolica di i 140 bath. Pago e me ne vado, stizzito perché questa procedura insolita, ma ben organizzata, è un espediente pela turisti. Mi dicono che si fa così in tutti i bar, che avrei dovuto saperlo. Rispondo che io non frequento bar, né nightclub club, che i soldi me li spendo in altre cose più interessanti.

Gironzolo e rispondo a tutti gli inviti con le linguacce, o con un sorriso. Cambio 50,00 euro (stasera il cambio è basso, il massimo che trovo è 40,40, bisogna ricordarsi che il cambio può variare più volte durante lo stesso giorno). Dopo un po’ mi congedo dal frastuono notturno di Patong e rientro all’hotel.

Saluto Bright e le altre ragazze. Mi fermo dalla receptionist che indossa un vestitino rosa da urlo, scollato da vertigini. E chi ha sonno?

Martedì 25.11.14: PARTENZA PER BANGKOK E RIENTRO IN ITALIA

La mattina sveglia alle 05.00. Nella notte ho preparato le valigie. Scendo e mi reco all’appuntamento col taxi, che arriva puntuale alle 06.00. Corriamo verso l’aeroporto. Il traffico è scorrevole e arriviamo tranquilli alle 07.15. Pago gli 800 bath stabiliti e vado a fare il check-in dell’aereo che mi riporterà a Bangkok. Alle 09.00 decolliamo precisi. Alle 10.30 sono in aeroporto a Bangkok. Lascio i bagagli nel deposito (100 bath) ed esco a godermi la giornata nella capitale, in quanto l’aereo per Milano partirà alle 20.30. Il treno speciale mi porta in centro e ritorno alla via Nana. Cerco subito un ristorante di pesce dove con i bath risparmiati provo diversi piatti (con stupore delle cameriere, che mi guardano come un marziano). Zuppa con gamberi, polpo, seppia grigliata, insalata. Esco sazio, dopo aver pagato 380 bath. Mi infilo in un piccolo ristorante che fa specialità di dolci. Ordino il mango con riso e altre ghiottonerie che non ricordo. Esco con la pancia che scoppia. Faccio due passi nelle vicinanze dove c’è un mercatino all’aperto. Ad un banchetto servono il duriam, un frutto tipico dalla buccia puzzolente, ma la polpa è molto croccante e buona molto asciutta. Torno a Nana e mi dedico ai massaggi. Prima in un mix bordello/massaggi, dove mi faccio fare uno splendido massaggio alle gambe e ai piedi. Pago 250 bath ed esco che mi sento in paradiso. Gironzolo per la via in cerca di ispirazione e ad ogni 20 mt mi sento chiedere “massage?” da procaci signorine. Ad un certo punto vengo fermato per strada da un italiano che mi chiede se ho bisogno di una guida per Bangkok.

Gli spiego che ho già fatto, ma il tizio mi invita per offrimi un caffè. Ci sediamo e mi racconta come e perché è finito in Thailandia. Era un benestante che si era trasferito per commerciare prodotti thai con la Germania ed Europa. Aveva un capitale di 2 Milioni di Euro che col tempo ha bruciato, complici anche le disavventure finanziarie della sua ditta (clienti che non pagavano, errori gestionali etc…). Sicché si è ritrovato un bel giorno senza un soldo, su una strada, con una vita da ricominciare a 50 anni, in un paese straniero.

Nel frattempo ci raggiunge una tailandese che vende cibo per strada, ha un chioschetto ambulante, si vede che tira a campare. Ma lui mi dice che è stata lei a salvarlo, a dargli del cibo ed un posto in cui dormire, a casa sua. L’alternativa sarebbe stata farla finita. Sicché si è risollevato e di è inventato un lavoro: fare la guida ai turisti italiani, visto che la Thailandia non è più un segreto per lui. Per lo più indirizza italiani nei posti giusti, in cerca di avventure.

Capisco, mi rendo conto che la vita a volte ci può dare tanto, ma nello stesso tempo ci può togliere anche tutto.

Ringrazio e saluto. Faccio un’ultima visita ad un centro massaggi professionale dove mi faccio fare un full body thai massage per 300 bath. Sono sfinito. Esco e raggiungo i mezzi che mi riporteranno in aeroporto. Sono le 19.00, ritiro i miei bagagli e faccio il check-in, lunghissimo, peraltro. Faccio shopping al duty free con gli ultimi bath rimasti e mi reco all’imbarco.

Sull’aereo sono servito e riverito dalle hostess della Oman air.

Facciamo scalo a Muscat, gironzolo dentro l’aeroporto, in attesa dell’altro volo, cambio 10 euro e compro datteri.

All’imbarco mi siedo vicino ad una tipa che arriva dall’India, e che fa Ayurveda. Mi racconta un sacco di cose, che non capisco. Il tempo accanto a lei “vola”. A Milano ci salutiamo con la promessa di rivederci su Facebook.



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