Alla scoperta dell’Andalusia

In giro tra Granada, Siviglia, Malaga, Cordoba… e una puntatina a Gibilterra
Scritto da: ferpaga
alla scoperta dell’andalusia
Partenza il: 08/04/2013
Ritorno il: 16/04/2013
Viaggiatori: 2
Spesa: 1000 €
Era da tempo, ancora prima della nostra visita nel 2010 a Cordoba e alla sua meravigliosa Mezquita, che mio marito ed io volevamo visitare l’Andalusia. L’occasione si è presentata quest’anno.

8/4

Partenza di buonora da Torino per l’aeroporto di Orio al Serio per il volo Ryan Air delle 9,45 per Siviglia. Abbastanza conveniente rispetto ad altri (264 euro A/R per 2 persone, ogni genere di assicurazione compresa), ma soprattutto l’unico volo diretto comodo per noi (purtroppo l’aeroporto di Torino Caselle offre sempre meno, come voli). Volo comodissimo con arrivo addirittura con qualche minuto di anticipo. Peccato che le nuvole ci abbiano accompagnato fino a Siviglia che si è presentata sotto i nostri occhi già dall’alto in tutto il suo splendore! Appena scesi dall’aereo, col solo bagaglio a mano (Ryan Air mi ha insegnato a viaggiare con poca e oculata roba!), abbiamo trovato ad aspettarci l’operatore della Gold Car presso cui avevamo già prenotato dall’Italia un’utilitaria (una nuovissima 500 bianca per 124 euro per 6 giorni + ogni genere di copertura assicurativa e il pieno di benzina per altri 137 euro).

Il nostro programma prevedeva come prima cosa la visita di Granada e, come ultima, dopo aver lasciato l’auto, la visita di Siviglia. Abbiamo così imboccato l’autostrada (gratuita, come quasi tutte) A92 verso Granada. La prima sosta, per evidenti motivi fisiologici, è stata al baruccio adocchiato lungo l’autostrada, subito dopo l’uscita, da noi superata, di Mairena. Qui abbiamo avuto il nostro primo “battesimo” di tapas andaluse: salmorejo, carne mechada, pisto a ben 10 euro in due, birre e caffè compresi. Prima di andare a Granada, dove abbiamo prenotato dall’Italia l’hotel Alixares, vicino all’Alhambra, vogliamo vedere qualcosa. Decidiamo di fare una piccola sosta a Osuna, ricca di palazzi barocchi ben conservati, tra cui uno trasformato in tribunale, il Palacio de los Cepeda, l’altro in albergo, il Palacio del Marqués de La Gomera. Riprendiamo la A92, ma decidiamo di fare una piccola deviazione verso la Laguna de Fuente de Piedra, famosa per i fenicotteri rosa. È il periodo in cui dovrebbero schiudersi le uova dei fenicotteri, ma, purtroppo, quando ci siamo affacciati alla terrazza panoramica li abbiamo visti a mo’ di puntini lontanissimi. Ryan Air non ci ha permesso di portare il binocolo ed abbiamo troppo poco tempo per andare là dove sono, ma siamo premiati dalla vista di 6 o 7 leprotti che giocano a rincorrersi proprio sotto i nostri occhi. Arrivati finalmente a Granada, guidati dal navigatore che ci siamo portati dall’Italia (quello sì!), lasciati i bagagli nella nostra bella camera vista Sierra Nevada, ancora innevata, e l’auto al portiere dell’hotel che ce l’ha parcheggiata a 15 euro al giorno, ci siamo diretti verso il centro, convinti di prendere la navetta. Ma siamo stati abbordati da un “manager” dei taxisti che ci ha proposto la corsa fino in centro a euro 4,50. Non potevamo rifiutare, dato che della navetta non c’era nemmeno l’ombra. Fatto un giretto di ricognizione, senza i consigli della mia preziosa Lonely Planet lasciata nella camera dell’hotel, siamo entrati nel primo ristorantino semplice e casalingo che ci ha ispirati, l’Ohlalà, in Plaza Bib-Rambla. Cena semplice e onesta: sopa a base di brodo di pollo, aggiustabile con una bella spruzzata di limone, con pezzettini di jamon e di uova sode, pollo cucinato con le mele (da copiare), mele al forno, birre e caffè, 25 euro in due. Preso al volo il bus 30 (1,20 euro il biglietto) dalla Gran Via de Colòn, siamo tornati in hotel. Ci siamo svegliati alle 3,45 e domani ci aspetta l’Alhambra!

9/4

È arrivato il grande giorno dell’Alhambra! Abbiamo prenotato e già pagato (37 euro in totale) dall’Italia i biglietti per la visita dei Palacios Nazaries per le 13,30, ma nulla ci vieta di entrare nell’Alhambra in qualunque momento dall’apertura in poi. Io, per l’adrenalina che mi condiziona ogni volta che viaggio, mi sveglio presto. Non così mio marito, che, pur di dormire, rinuncia pure alla colazione, ma, alla fine, alle 9 si alza ed andiamo a fare l’immancabile coda per il ritiro dei biglietti ( e alla biglietteria di chi non aveva prenotato nulla non c’era nessuno!) Più o meno in 15 minuti ce la siamo cavata! Abbiamo iniziato la nostra visita dai giardini del Generalife. La prima cosa che abbiamo notato è stata una serie di siepi potate ad arco gotico, in mezzo dei laghetti, dei sentieri, delle aiuole fiorite multicolori. Siamo così arrivati al bianco palazzo degli Emiri dove nel Patio de la Sultana c’è il tronco di un cipresso di 700 anni che probabilmente faceva ombra a tutto il patio che piccolo non è. Uscendo dal cortile e salendo i gradini abbiamo notato di fianco a noi l’Escalera del Agua, una sorta di piccolo corso d’acqua che scende parallelo alla scala da tutti e due i suoi lati. Entrati nell’Alhambra vera e propria, fortificata, siamo andati a vedere il Parador più lussuoso e più caro di tutta la Spagna, dove una volta c’era il convento di San Francesco, dove i monaci avevano riciclato il metallo dei cannoni napoleonici per fare nuove campane. Abbiamo scoperto nei giardini del Parador un giardino botanico molto ricco di alberi noti ed altri meno, soprattutto cinesi e giapponesi. Vista l’Iglesia de santa Maria de l’Alhambra, del XVI secolo, per noi più bella esteriormente che nell’interno, siamo passati al vicino Palazzo di Carlo V che dietro una facciata quadrata rinascimentale nasconde un enorme patio a cielo aperto circolare. All’interno il Museo de la Alhambra, a piano terra, ha una collezione di reperti arabi, alcuni di provenienza sconosciuta, come mosaici, porte intarsiate e la porta della Sala de Dos Hermanas dei Palacios Nazaries. Finalmente arriva l’ora della nostra visita. Ci mettiamo in coda per entrare. Sono molto organizzati e fanno entrare poca gente alla volta. In realtà, una volta dentro, si può stare finché si vuole. Si passa da un patio a una sala rivestita di piastrelle, elaborate a volte con “muqarnas”, decorazioni a nido d’ape o stalattiti. Il leit motiv è : Wa la Ghaliba illa Allah (non c’è altro conquistatore che Allah). Si rimane colpiti da soffitti intagliati, piastrelle invetriate, stucchi, piscine. Il Patio de los Leones ha al centro una fontana in marmo, in cui l’acqua sgorga dalle bocche dei 12 leoni. Nella Sala de Abencerrajes, la leggenda narra che le macchie color ruggine della fontana centrale siano in realtà macchie di sangue dei membri della famiglia del sultano che l’avevano tradito e che lui fece uccidere. Nella sala de Dos Hermanas, le cui pareti sono decorate da piastrelle raffiguranti pigne e ghiande, si vedono i fori a cui le porte, ora presenti nel museo, erano fissate. L’altissimo soffitto è decorato da splendide muqarnas. Dal Mirador de Lindaraja si aveva un bel panorama della campagna circostante. Alla fine il Palacio del Portico si specchia su una piscina rettangolare. Finita la visita dei Palcios Nazaries, mi sono rifiutata di vedere altro, anche se, in realtà, ci sarebbe ancora da vedere ciò che resta dell’Alcazaba, con le sue torri, tra cui la Torre de la Vela. Ci avviamo così, scendendo a piedi, verso il quartiere arabo Albayzìn. Il quartiere è ridente, allegro, pieno di negozietti in cui compriamo le pochissime cartoline che abbiamo deciso di inviare e l’immancabile magnetino che portiamo tradizionalmente da tutti i viaggi. La nostra “Bibbia” LP ci consiglia la Bodega Castaneda, da non confondere con la Antigua Bodega Castaneda, della via vicina, ma non altrettanto buona. Prendiamo una “tabla” caliente media in due, bevendo il vermut (!) allungato con soda. È un piatto che comprende una serie di tapas, una più buona dell’altra, dalla tortilla di patate al bacon all’insalata di fave con jamon ecc… Con 19 euro abbiamo stramangiato e bene! È stata una fortuna trovar da sedere, ma forse il fatto che fosse tardi è stata la carta vincente. Ancora un ottimo caffè, servito nel bicchiere alla Casa de todos in Calle Elvira, girato l’angolo, e via un ulteriore giretto nelle viuzze in salita del quartiere della comunità musulmana, tra una teteria e l’altra. Poi verso la Capilla real con le tombe di Isabella, Ferdinando, il genero Filippo il Bello, morto giovane e sua moglie Giovanna, detta la pazza. Visitato ancora il museo con quadri d’ispirazione religiosa tra cui Botticelli e Perugino. Vista anche la Cattedrale, descritta dalla guida come dotata di colonne bianche come meringhe e pavimento a piastrelle bianche e nere. Quello che non trovo giusto in certe chiese spagnole, già notato in Portogallo, è che si debba pagare per entrare a visitarle. Secondo me il nostro nuovo papa, prima o poi, si imporrà affinchè chiunque possa entrare gratis. Mi sembra più che giusto! Tornati all’hotel col bus 30, che in realtà ferma un po’ più sotto, davanti all’ingresso dell’Alhambra. Ci sarebbe il 34 che ferma proprio davanti all’hotel ma dalla Gran Via de Colòn ne passa solo uno all’ora al minuto 12 di ogni ora. Dopo un bel bagno rinfrancante, cenetta in hotel alla carta, frugale per 21 euro in totale.

10/4

Rimessi a nuovo dopo una buona notte, decidiamo di riappropriarci della nostra mitica 500 destinazione nord ed est. Prima tappa: Ubeda, decisamente apprezzabile nei pressi della Plaza Vazquez de Molina dove l’Iglesia Santa Maria de los Reales Alcazares, che sorge dove c’era l’antica moschea, rappresenta un bellissimo esempio di gotico del XIII secolo. Nei pressi il Palacio Vela de los Cobos trasformato in parador. Ci trasferiamo poi a Baeza, come Ubeda, dichiarata patrimonio dell’umanità dall’Unesco. Più piccola ed ancora più bella, per noi. I luoghi più interessanti sono nei pressi di Plaza de Espana e del Paseo de la Constituciòn. Per la Cattedrale invece bisogna inerpicarsi per una salita in cui le viuzze fanno sembrare Baeza un paesino di campagna. Ci fermiamo a mangiare al ristorante Torre Bayyassa con un menu del dia (tot 22 euro). La capatina a est verso Guadix si rivela una delusione. La cattedrale era chiusa. Le abitazioni nella grotta ci sono sembrate specchietto per le allodole per turisti. Tornando sui nostri passi verso Granada, facciamo una deviazione uscendo dall’autostrada a Lopera, Lapeza, e ci ritroviamo su un laghetto formato da una diga del Guadalquivir. Troviamo anche un baruccio vista lago “El Pantano” dove ceniamo a base di entremesas e vermut a 13 euro in totale.

11/4

Si parte da Granada verso sud. Prima tappa Salobrena, paesino bianco arroccato sul mare. Spiaggia grigia da una parte, di ciottoli dall’altra, l’unica vera attrattiva sono proprio i vicoletti bianchi ripidissimi. Fatta una strada costiera panoramica, bella solo nei tratti senza costruzioni, perché il boom edilizio degli anni 60 ha fatto anche qui l’ennesimo scempio. Preso l’autostrada per Malaga, che si rivela più bella delle aspettative: lungomare che ricorda quello di Cannes, paseo de Parque, viale larghissimo in mezzo al verde di un parco, cattedrale maestosa, costruita in 200 anni, la cui volta raggiunge i 40 metri. Il centro ha una bella larga via pedonale e tanti vicoletti. Poche tapas al caratteristico bar Orellana per 7 euro a testa. Abbiamo avuto poi la malaugurata idea di andare a prendere un caffè (al banco) al Caffè Lepanto per ben 3,80 euro in due! Di lì a Torremolinos sconsigliata dalla guida ma voluta vedere da mio marito che anni fa aveva letto un libro ambientato lì. L’abbiamo chiamata “città degli orrori” per i casoni di pessimo gusto che deturpano il paesaggio. Abbiamo così deciso che nessun altro posto della costa meritava una visita, tranne Mijas che, in realtà non è sulla costa ma è arroccato in collina vista mare (in lontananza). Paese bianco, secondo la guida paragonabile a Capri! Non esageriamo! Però piacevole in mezzo a tanti posti orribili. Ripresa l’autostrada, abbiamo superato Marbella senza visitarla ma ne abbiamo avuto un’idea già dall’autostrada: è il paradiso dei golfisti, villaggi bruttini, ma pratici e bei campi da golf. Privilegiati dunque i campi da golf a discapito delle case. Abbiamo deciso dunque di dirigerci verso Ronda, consigliata da guide, amici e parenti. Almeno vedremo qualcosa di bello! Ce lo siamo dovuto guadagnare percorrendo ben 49 km di una strada tutta curve che non finiva mai, ma siamo stati ripagati in pieno dalla bellezza di questa cittadina davvero particolare. Trovato l’unico hotel, secondo la guida, provvisto di parcheggio, l’hotel Polo in posizione strategica, non lontano dalla plaza de toros più famosa della Spagna, ottimo rapporto qualità prezzo (70 euro la camera doppia, colazione e parcheggio compresi), lasciati i bagagli, siamo partiti a esplorare e fotografare ogni scorcio meritevole. Attraversato il Puente Nuevo che unisce le due parti della città spaccate dalla fenditura della roccia ad opera di El Tajo, visitando stradina per stradina, siamo arrivati in Calle Ruedo Alameda, vicino alle porte di Carlo V e di Almocabar, dove la nostra guida consiglia caldamente 2 posti di tapas: la Bodega San Francisco è chiusa. Ripieghiamo (si fa per dire) sul bar Almocabar, davvero caratteristico. Siamo riusciti a fotografare bene anche l’interno, appena arrivati, essendo soli. Poi si è riempito di gente ed è stato allora che ce ne siamo andati soddisfatti del trattamento. Tapas e cocktail Martini mio marito ed io Sangria, delle migliori! 14 euro in due. Le tapas sono da menzionare: salmone e roquefort su bocadillo caldo, altro bocadillo con pomodoro, avocado, manzo e maionese, montadito (specie di bruschetta) con bacalao e un’altra con sardine.

12/4

Andarsene subito da Ronda non si può. C’è la luce giusta per fotografare gli scorci che ieri erano o in ombra o in controluce. Scendiamo al Puente Viejo, arabo. Visitiamo i Jardin del Rey Moro (la casa non è visitabile perché in ristrutturazione. Dai giardini si scende a La Mina, scala araba di 192 gradini scavati nella roccia per raggiungere il fiume al fondo della gola, utilizzata per rifornirsi d’acqua anche sotto assedio. Il tempo stringe e dobbiamo a malincuore lasciare Ronda e il nostro albergo semplice, ma di ottimo gusto. Decidiamo di cambiare strada, anche per avvicinarci alla nostra futura meta, Gibilterra, passando da Atajate e Gaucin e altri pueblos blancos. La strada è più lunga, ma con molte meno curve. Gibilterra ci delude! Grandi e alti palazzi neanche tanto belli, un traffico indiavolato, tanto che, in parte, sbagliamo meta, andando verso l’Europa Point che si trova in basso, mentre, forse, la parte più interessante è la rocca. Ma, ormai, abbiamo voglia di allontanarci, privilegiando Tarifa, la cittadina spagnola più vicina all’Africa. Dista infatti solo 14 km e l’Africa è lì e sembra quasi di toccarla. La nostra guida ci dà un ottimo consiglio di tapas e noi cediamo alle sue lusinghe. Due tapas e due birre al Restaurante Morilla, il locale più frequentato dalla gente del posto, vicino all’Iglesia de San Mateo, del XV secolo, a ben 3 euro in due! Semper ad maiora o minora che dir si voglia! Dice la guida che il commento di un viaggiatore è: vale la pena di venire a Tarifa anche solo per mangiare qui… e noi siamo d’accordo.

Ripartiti velocemente alla volta di Cadice, ancora abbastanza lontana. La nostra guida consiglia un unico albergo, l’hotel Argantonio nella calle omonima. Come sempre, decidiamo di seguire il consiglio, ma l’hotel, peraltro eccezionale, ha un’unica pecca. È difficilissimo da trovare perché mal segnalato. E abbiamo anche il navigatore! Comunque dopo un po’ di problemi lo troviamo. Troviamo anche, con gran fortuna, parcheggio in Plaza de Espana, a costo irrisorio, in quanto di notte il parcheggio è gratuito. Risparmiamo così ben 20 euro del parcheggio al chiuso. Cadice è veramente carina, piccole vie pulitissime (le lavano in continuazione) bei negozi, gente in strada fino alle 22 (orario di chiusura dei negozi). È vero che è venerdì sera, ma sembra davvero molto vivace. La Cattedrale è anche qui molto imponente. Centoquindici anni per costruirla. Sempre seguendo i consigli della nostra “bibbia” LP andiamo a cercare per “comer” la Freidurìa Las Flores nella bella piazzetta de Topete. Fritto di acciughe, gamberi, calamari e seppioline, leggerissimo, con 3 birre: 22 euro. Tornando all’hotel percorriamo la Calle san Francisco e vediamo un localino appena aperto: Lugardelvino e, golosi, ci fermiamo a degustare il vino Becquér, stupendo! Non si può bere vino a stomaco vuoto perciò ci lasciamo andare all’ennesima tapa. Altri 5 euro. Ci ritiriamo nel nostro hotel per cui è doveroso spendere due parole: tipica costruzione andalusa con patio, porte delle camere colorate e istoriate, pavimenti con belle piastrelle che formano un tappeto, bagno grande con doccia di dimensioni quasi “matrimoniali”. Personale, quasi tutto femminile, gentilissimo. Colazione ottima in ambiente molto ben curato, forse un po’ lezioso, giusto per fare una piccolissima critica. 78 euro tutto compreso.

13/4

Girato per Cadice, un po’ delusi perché il Teatro Romano non è visitabile perché ci sono lavori in corso, ci dirigiamo alla volta dei vari porti di Cristoforo Colombo: Puerto de Santa Maria, la cui unica attrattiva è la Nina, una delle sue barche, in bella mostra al centro di una rotonda; prima di Sanlucar de Barrameda andiamo a vedere le spiagge, dove alcuni coraggiosi sono già in costume a prendere il sole e mettiamo i piedi nell’acqua gelida della spiaggia Ballena che ci appare sconfinata anche perché c’è bassa marea; Jerez de la Frontera dove, come sempre, ci affidiamo alla mitica LP per trovare un posto per tapeare. È sabato, c’è atmosfera di gran festa perché si festeggiano i laureati agghindati in modo tradizionale. La pecca del Bar Juanito è che è difficilissimo da trovare. È sì vicino alla Plaza del Arenal, ma ci si arriva solo percorrendo una galleria quasi invisibile. Ma si è ripagati dal buon cibo: tonno fresco con peperoni arrostiti, frittatina di microgamberetti, pisto di verdure, bacalao fritto. 19 euro birre comprese in vicoletto fresco caratteristico e molto ben curato.

Partenza per l’ultima meta: Siviglia. Lasciato l’auto alla GoldCar, ci portano gentilmente in aeroporto da cui prendiamo la navetta (4 euro a persona) per Avenida Torneo di Siviglia dove c’è la stazione degli autobus, non lontano, a piedi, dal nostro hotel Sevilla in Plaza San Andrès. Anche a proposito di questo hotel devo dire la mia: posizione strategica a metà strada tra il Barrio Santa Cruz dove c’è la Cattedrale con la torre della Giralda, l’Alcazar e la Torre del Oro e tra la Basilica de la Macarena a cui i sivigliani sono devotissimi. Personale squisito, a dir poco, struttura tipicamente andalusa, sala della colazione nel seminterrato, fresca e ristrutturata in modo minimalista ma di ottimo gusto. Colazione ottima e ricca. Unica pecca, già segnalata da altri viaggiatori, la camera piccolissima, handicap non da poco data la temperatura ormai estiva. Usciamo immediatamente per incominciare a farci un’idea. Ci avviamo verso l’Alameda de Hercules, una volta quartiere malfamato, ora alla moda, frequentato da giovani. È sabato sera ed è difficile farsi largo passando tra un baruccio e l’altro per andare a vedere la Basilica de la Macarena. Non l’ho trovata eccezionale, è però la chiesa simbolica per i sivigliani, perché è la patrona dei toreri e durante le processioni della Semana Santa viene portata per le calli e al suo passaggio vengono fatti cadere petali di rosa. Di fianco alla Basilica a un ufficio del bus turistico abbiamo fatto il miglior investimento per i nostri due giorni e mezzo a Siviglia: l’abbonamento al bus che ci è stato proposto al costo di un giorno solo: 17 euro a persona. Tornando verso l’Alameda per andare a tapear a Casa Paco, le vie dei paraggi ci deludono perché sporche e ancora con l’aria malfamata. Ma a Casa Paco che abbiamo eletto come primo in graduatoria di tutti i posti provati in Andalusia, ci ricrediamo su Siviglia. Tavolini semplici, ma puliti, personale costituito da giovani ragazze molto gentili e dispensatrici di ottimi consigli: salmorejo, berenjenas con queso de cabra e miel, bacalao con salsa tartara al gratin, pez espada al vino de naranja. Questi sono i piatti paradisiaci per un totale di 23 euro birre comprese. Torniamo in hotel col bus.

14/4

Dopo una lauta e ottima colazione, ci dirigiamo a piedi alla Torre del Oro da cui fare il tour col bus turistico. Abbiamo così già un’idea della città. Approfondiremo la conoscenza del Barrio Santa Cruz, in particolare, ma vediamo dal bus il quartiere Triana, la Isla Magica, zona avveniristica, il geniale ponte di Calatrava a forma di vela. Ci fermiamo a tapear al Cafè Alianza dove io finalmente mi concedo una paella e mio marito calamari in umido. 10,50 euro birre comprese. Non contenti, passando davanti al consigliatissimo Las Teresas, ci lasciamo andare a un assaggio di jamon iberico innaffiato da un bicchiere di manzanilla fresco: 4,50 euro. Facciamo allora la visita guidata a piedi al Barrio santa Cruz, gentilmente offerta dal nostro bus. Poi, data la alta temperatura andiamo a ristorarci sulla terrazza panoramica dell’hotel Palacio Alcazar con un sorbetto al mandarino. 6,50 euro. C’è molta gente in giro perché lunedì notte (oggi è domenica) inizia ufficialmente la Feria de Abril, ma, ufficiosamente è già festa, tanto che le strade principali sono chiuse per far circolare le carrozze coi cavalli agghindati. La gente è elegantissima come se dovesse andare a un matrimonio. Anche se non amiamo la confusione ci riteniamo fortunati per essere capitati qui proprio quando c’è una festa tradizionale. Facciamo ancora un po’ di giri nel Barrio spingendoci a vedere vicoletti che dovevano costituire il ghetto. L’Inquisizione ha ucciso 5000 ebrei accusati di usura. Riprendiamo il bus e torniamo in hotel per riposarci, ma pronti ad andare a provare Los Coloniales. Buono, onesto: 12 euro per 4 tapas e 2 biccheri di manzanilla, ma il nostro cuore è per Casa Paco. Strada facendo, dopo aver visitato la ricchissima Iglesia del Divino Salvador abbiamo tentato di andare al Bar Europa famoso per aver vinto qualche anno fa un premio per la Quesadilla, ma abbiamo desistito quando ci hanno risposto che la Quesadilla non la fanno più. Non contenti però, tornando verso l’hotel, andiamo a provare El Patio San Eloy consigliato dalla cartoville, un po’ meno attendibile nei consigli culinari. Posto vicinissimo al nostro hotel, all’apparenza molto caratteristico, con gradoni di azulejos su cui ci si siede a mangiare tapas che si devono andare a prendere al banco. Cibo anonimo, almeno prezzo onesto. Ma si tratta di quei locali in cui si paga l’arredamento perché il cibo non dice nulla. La nostra lunga giornata sevillana è finita

15/4

Ultima giornata dedicata alle visite culturali rimandate a oggi che è lunedì e si spera ci sia meno gente. Di buonora all’Alcazar che, come bellezza e ricchezza, metto quasi alla pari con i Palacios Nazaries di Granada. Inoltre, ci diverte l’idea che lì abbiano girato alcune scene di Lawrence d’Arabia. Passiamo poi alla torre Giralda con le sue 34 rampe (molto meglio dei gradini) da cui man mano che saliamo vediamo sempre meglio il panorama. Quante piscine sui tetti! D’altronde già oggi ci sono 30 gradi, anche se il caldo è secco, e l’estate a Siviglia è lunga. Finalmente nella Cattedrale con le sue innumerevoli capillas. Ma la capilla major è chiusa per restauro! In compenso troneggia la tomba di Cristoforo Colombo. Decidiamo poi di provare un altro locale consigliato da LP, nei pressi: Alvaro Peregil dove assaggiamo un ottimo montadito con filetto di maiale con le mele e il vino de naranja, profumatissimo. Una puntatina da Las Teresas per il solito jamòn iberico con una coppa di manzanilla. Andiamo a vedere Plaza Dona Elvira che pare essere la più caratteristica con le panche ricoperte da azulejos. In calle de Agua cerchiamo il n.2 dove un cortile lussureggiante di fiori e di piante aveva entusiasmato Irwing. Ci avviamo poi verso i giardini del Murillo dove ci colpiscono dei ficus di dimensioni gigantesche. Lì nei pressi vediamo anche quello che LP giudica il miglior ristorante del Barrio Santa Cruz: Vineria San Telmo dove prendiamo solo un caffè, buono! Sempre a piedi, attraversando i jardin de San Sebastian, andiamo a prenderci il bus turistico per “ripassare” le bellezze di Siviglia e farci portare nei pressi dell’ hotel. In realtà vorremmo vedere ancora La casa de Pilatos, casa privata da visitare. Percorrendo la calle Larana ci troviamo in Plaza de la Encarnaciòn dove ci sono delle strane costruzioni moderne bianche, dette funghi, molto particolari e geniali per fare ombra nella calura estiva. In compenso, arriviamo troppo tardi per poter usufruire dell’ultima visita guidata delle 18,30, perché già completa. Ci beiamo soltanto a intravedere una magnifica bouganville nel cortile. Torniamo sui nostri passi, contenti di aver visto un’altra bella zona di Siviglia. Ci aspetta Casa Paco che non ci delude, anzi! Ci lanciamo poi, per sperimentare la nostra dimestichezza con la lingua spagnola, a vedere un film con Ricardo Darin “Tesis sobre un homicidio”. Crediamo di aver capito, ma dovremo rivederlo in Italia per averne la certezza. In questo modo però ci perdiamo l’apertura ufficiale della Feria de Abril che avviene a mezzanotte dall’altra parte della città.

16/4

Si torna a casa, con la voglia di rivedere la famiglia, ma con un po’ di nostalgia per questo bellissimo paese abitato da gente splendida. L’ultima grossa cortesia ce la fa il cameriere che ci concede una lauta colazione un’ora prima della colazione ufficiale! Come non desiderare di tornare in un paese bellissimo che ti accoglie così? Forse abbiamo qualcosa da imparare…



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