Alla scoperta del continente perduto
Nell’aria, le note di una dolce e travolgente canzone dei Negramaro, mi riportano all’estate scorsa:”Un passo indietro e io già so, di avere torto e di non avere più le parole che muovono il sole, un passo avanti e il cielo è blu e tutto il resto non pesa più”. Mi rivedo, seduta al mio posto. Il mio primo viaggio in aereo.Fisso il libro che ho davanti, come se potesse salvarmi dalle mie paure.E’ innato nell’uomo il desiderio di volare, ma quando ti trovi lì e senti i vuoti d’aria e attraversi le turbolenze di un temporale, comprendi quanto fragile ed effimera è la vita delle persone.Sembra la storia della torre di babele, voler toccare il cielo con un dito e poi dover accettare di essere semplicemente, essere umani.Il mio ragazzo, è all’oblò entusiasta, mi indica con il dito, tutti i pezzetti di terra che vede. Mi sembra di avere accanto un geografo.Io invece continuo a fissare il telefonino, che ho posto davanti a me. L’ho sistemato in modo tale, da poterlo controllare ogni minuto. Temo che possa accendersi da solo, da un momento all’altro.La paura gioca strani scherzi.E’ vero, la paura dipende dalle percezioni che noi sentiamo.Ricordo ancora che alle medie, ero rimasta per un’ ora avvinghiata alla sbarra, sotto c’era un’imbottitura che avrebbe dovuto attutire il salto, ma io non mi fidavo.Non volevo buttarmi, e non c’era verso di convincermi.Sostengono che per superare la paura dell’altitudine, non bisogna guardare sotto di sé. Vengo distolta dai miei pensieri dalle hostess, che tutte carine nelle loro divise, ci stanno portando il tè.Non so perché, ma la loro presenza mi tranquillizza.Osservo la gioia del mio ragazzo, e mio sembra di affermare che riuscirò a sopravvivere anche questa volta. All’altoparlante ci avvertono che presto atterreremo.Azzardo uno sguardo furtivo verso l’oblò. Un’emozione indescrivibile mi sovrasta. Tutte le paure provate solo fino a un attimo prima svaniscono nel nulla, come la neve sotto il sole.Il mare è tranquillo, sotto di noi. Vedo, tante striscioline di terra che galleggiano. Sembrano uscire direttamente dalle immagini iniziali del kolossal Troy. Caspita, forse all’orizzonte ci sono già le mille navi dei greci che piombano verso Troia.Immagini epiche da film.Mi chiedo se sto vivendo veramente questo momento, o se in realtà sono accoccolata sul divano, davanti alla tv e sto guardando un film.Dove lei e lui, con armi e bagagli, si dirigono con il taxi all’aeroporto vestiti alla hawaiana e aspettano di raggiungere un’isola sperduta nell’oceano. No, non è un sogno e nemmeno un film, questo è il nostro viaggio. La vacanza, che io e il mio ragazzo, sognavamo da sempre. L’atterraggio, non è dei migliori.Uno scossone, ci fa comprendere che abbiamo toccato terra.Ho la sensazione che l’aereo nella foga dell’atterraggio, abbia iniziato a correre, senza l’intenzione di fermarsi.Mi sembrano minuti interminabili. Oltre la pista, il mare. All’improvviso termina la sua corsa.Si ferma.Raggiungo il portellone e mi sembra di essere una sopravvissuta.Scendo gli scalini e mi sento come i bambini che scendono dalla giostra al Luna park, tutti orgogliosi di essere stati coraggiosi.La luce accecante, mi abbaglia, tutto è bianco.Il bianco degli edifici è reso ancora più vivido dalla luce del sole, e questo contrasta con il blu cupo del mare. Rapita da tutto questo, tolgo d’istinto la macchina fotografica dalla borsa e vorrei scattare un milione di foto.Non riesco nemmeno a pigiare il pulsante che per poco, l’autobus dell’aeroporto, non mi investe.Ora aspettiamo i bagagli, temiamo per la sorte dei nostri trolley, ma tutto è regolare. Li afferriamo e ci precipitiamo verso l’uscita, dove ci consegnano una busta che contiene una mappa e l’indicazione di una taverna.Lì alle 19, abbiamo l’incontro con la guida che ci illustrerà, varie escursioni. Saliamo su un pullman, come se fossimo in gita scolastica. Pochi chilometri e ci lasciano sul bordo di un vialetto. Scendiamo, ci guardiamo intorno. Non c’è nessuno in giro.Ci sono delle casette bianche con la porta turchese, sembrano uscite da una fiaba.Entriamo nel vialetto, ai lati ci sono tanti fiori e piante che contrastano con il paesaggio desertico, quasi africano.Nessuno ci accoglie.Giungiamo davanti a una saletta con tanti tavolini, dove scopriremo ci serviranno la colazione.Fuori accanto ai fiori, c’è una panchina con un tavolino stracarico di libri.Un tocco poetico, che rende a questo posto seminascosto e lontano da tutto, un senso di accoglienza, che ci accompagnerà per tutta la vacanza.Entriamo e non vediamo nessun segno di poesia sul volto contrariato di un ragazzo che con evidente sdegno, brontola con la sua ragazza.Il posto non gli piace, non riesce a nasconderlo. A pochi metri ci sono delle scale che conducono agli alloggi.Tutto è silenzioso, immobile, se non fosse per il leggiadro vento (come lo definisce il mio ragazzo) che fa sbattere tutto.Il meltemi, l’anima di questa terra.Entriamo in camera e lui cerca di aprire la portafinestra.Io cerco di chiudere la porta della stanza e lasciare i bagagli.Lui va a chiedere alla signora del bed and breakfast, cosa dobbiamo fare con la porta. Che cosa ne sarà di noi in una stanza senza tv, con la porta finestra arrugginita che non vuole saperne di essere aperta e con una porta che sembra essere uscita da un palazzo di cartapesta? Mentre lo aspetto, giro continuamente la chiave di qua e di là. Rifletto sul fatto che qui, tutte le porte sono aperte.Nessuno pensa di chiuderle.La società moderna ci ha abituato, non solo a chiudere le porte, ma anche a mettere: il cancello, la porta blindata, il sistema di allarme.. Ricordo, di aver vissuto per un breve periodo in una casa con l’allarme, era terribile per me, il mattino non toccavo nulla. Temevo che un mio minimo movimento, potesse far saltare tutto. Problema antico, i ladri. Al tempo dell’antico Egitto, gli architetti si scervellavano per attuare i più strani marchingegni. Dovevano salvaguardare i tesori del faraone, per sempre.Niente da fare la porta non si chiude.Mi affaccio al balconcino, dove le ante sbattono senza pace. Vedo arrivare il mio Amore, con due tazze di succo d’arancia, inseguito dalla signora del bed and breakfast che parla solo greco. Secondo il mio ragazzo non è nemmeno greco, ma dialetto ionico.La signora, con uno scatto fulmineo, riesce a far girare la chiave, lasciandoci ammutoliti.Rimaniamo lì a fissarla come due ebeti, possibile che era così facile? Appena la signora torna alle sue faccende, continuando tra sé e sé a brontolare, noi ritentiamo e non ci riusciamo.Il tempo intanto scorre. I trolley sono ancora chiusi, lì in un angolo e la portafinestra continua imperterrita a sbattere.Guardo l’orologio, manca poco all’appuntamento in taverna con gli accompagnatori.Cosa facciamo? C’è un numero su un tavolino e ci apprestiamo a telefonare per riuscire a sbloccare la situazione.Risponde un signore ed io mi sento impacciata, decido così di passare la cornetta al mio ragazzo.Il suo inglese è più pacato del mio e sicuramente più brillante.Dopo pochi minuti, arriva un uomo con una tuta da lavoro che smonta la serratura.Finalmente possiamo chiudere la porta.Sbuffo e mi siedo un attimo sul letto.Guardo intorno: la stanza è quasi spoglia, intonacata di bianco, c’è su un piano rialzato una piccola tv con la spina penzolante, un tavolo con qualche sedia,un piccolo tavolo con sopra uno specchio, un lavabo con accanto un fornellino, e qualche pentola. Essenziale e semplice.La cosa che stona è la tv che non funziona.Difficile in vacanza, entrare in una stanza e frenare l’istinto di prendere il telecomando e accendere la tv e tenere la voce come compagnia. Di là dalla portafinestra, c’è un piccolo balconcino, con un tavolino e due sedie.Fuori quello che io chiamo “deserto”, un campo brullo e arido con qualche cespuglio disseminato qua e là.Il mio ragazzo è già sul balconcino, da lì non si muoverebbe per alcun motivo. Diventerà il suo luogo preferito. Ora però non possiamo rilassarci, dobbiamo andare e cercare il posto dell’incontro.Usciamo frettolosamente e lasciamo i nostri bagagli, lì come cimeli. Riattraversiamo il vialetto e seguiamo le indicazioni della mappa che ci è stata consegnata, all’aeroporto.Arriviamo trafelati e la presentazione è già cominciata. Troviamo due posti liberi, al termine della terrazza.Sentiamo poco, ma il nostro accompagnatore sta facendo vedere tramite delle diapositive, le varie escursioni: cena a base di specialità greche, Firà by night, crociera romantica alla Caldera, vista del vulcano e giro dell’isola.Noi scegliamo, quest’ultima opzione.Accanto a noi una ragazza sceglie l’intero pacchetto di escursioni.Io la guardo scioccata, la sua non è una vacanza ma un tour de force!La terrazza pian piano si svuota.Rimangono quelli che decidono di fermarsi a cena.Decidiamo anche noi di cenare .Assaggio la mia prima moussaka.E’ giusto aprire una parentesi sulla cucina greca. E’una cucina plurisecolare e con i suoi 25 secoli primeggia sia in tradizione, sia in qualità.Tra le varie specialità greche che vale la pena ricordare,oltre alla moussaka che sto assaggiando, ci sono: il pastiso, souvlaki (spiedini di carne o pesce), kokoretsi, ghiouvetsi,keftedes, dolmades (involtini in foglie di vite), polipi, gamberetti, pesce spada.Ovviamente vi sto raccontando qualche specialità, ma non le ho assaggiate tutte.Tra le salse greche più famose: tzatziki, skordalià, taramosolata, etc.La salsa tzatziki è molto particolare, però buona.Tornando alla moussaka. Ha un gusto particolare, quasi esotico, che si mescola con i profumi delle vivande che si servono nella via, strapiena di taverne.Osserviamo un buffo ragazzo, che in ogni modo cerca di fermare i passanti e farli entrare a cenare all’interno della taverna di fronte alla nostra. Ogni volta che bisogna pranzare o cenare ci si sente indecisi, c’è l’imbarazzo della scelta: cucina greca, grigliata di pesce, grigliata di carne, pizza napoletana e pasta.Alcune taverne espongono in bella mostra: polipi, aragoste e ogni tipo di pesce marino, che sembra sempre fresco, appena pescato. Ormai, mi sembra di sentirmi in vacanza. Respiro a pieni polmoni l’aria. Questo è il mio primo viaggio all’estero. Mi trovo bene. Si vede la gente passeggiare serena, tra le taverne e i tanti piccoli negozi che caratterizzano la via principale. Anch’io passeggio mano nella mano con il mio ragazzo.Ogni due minuti, ci fermiamo a guardare gli oggetti esposti nei negozi.La strada che affianca la spiaggia è ricca di bar,ristoranti, taverne, negozi d’abbigliamento, minimarkets, ouzerie e gyros shops. I negozi sono semplici, ma molto carini.Si vende di tutto: spugne, pomice, quadretti da appendere, saponi, cartoline,asciugamani, vasi greci e tante altre cose, alcune utili e altre meno. Ovviamente, ho acquistato qualcosa, non come avrebbe fatto Becky la protagonista di “I love shopping”.In onor del vero, poco ci mancava. No, ho solo acquistato: un quadretto, un vasetto greco però piccolo, la guida turistica di Santorini e qualche oggettino da regalare alla mia famiglia. Santorini si trova nell’estremità meridionale del complesso insulare delle Cicladi.Il primo nome di Santorini era “Stronghli”, poi “Kallisti” e alla fine “Thera”.E’ stata chiamata così per onorare il figlio di Autesiona di nome Theras.Il nome Santorini, proviene da una chiesa dell’isola, la Agia Irini, oppure Santa Irini come la chiamavano i marinai stranieri. Così si è giunti al nome Santorini.Prima di tornare alla camera, ci fermiamo in fondo alla via e compriamo due gelati confezionati. La mattina seguente, ci sveglia il sole che entra dalla portafinestra. Fuori non c’è una nuvola, come dice la canzone dei Negramaro, “il cielo è blu”.Un blu intenso come si vede nei depliant.E’ veramente bello, alzarsi e sapere che si va al mare.Io adoro il mare, l’orizzonte che si perde all’infinito, mi fa sentire bene e in pace con me stessa.Bei momenti. Magici. Bisognerebbe essere attori delle proprie vite, non spettatori.Il problema è che si aspetta sempre qualcosa che deve arrivare, si fa fatica a vivere il presente a pieno.Si rischia o di vivere nel passato o di essere proiettati nel futuro.Come Jim il personaggio di “Fuori da un evidente destino” di Faletti. Jim vive sempre altrove, come se fosse sempre da un’altra parte.Troppo rinchiusi in noi stessi o troppo lontani, come smaterializzati, in un altro momento, in un’altra vita che avremmo voluto. Nel bene o nel male, abbiamo una vita e non possiamo permetterci di veder vivere gli altri o di permettere agli altri di vivere la nostra.E’ la nostra e dobbiamo viverla noi.Non sempre segue i binari che vorremmo, ma dobbiamo viverla. Ci prepariamo, tutti entusiasti. Pronti a carpire tutto il sole possibile.Armati di varie creme abbronzanti, meno due confezioni, finite nel cestino dell’aeroporto. Prima di raggiungere la spiaggia di Kamari, ci fermiamo a fare colazione.La signora, ci guarda con una tale intensità e sembra quasi debba fulminarci da un momento all’altro. Si avvicina e le uniche parole che ci rivolge sono: Tea or Coffee?Entrambi rispondiamo all’unisono:” Tea”.Timorosi, cominciamo a spalmare il burro e la marmellata sul pane.La colazione è semplice.Qui tutto è molto semplice, quasi austero. A volte mi sembra di essere tornata indietro nel tempo.Un viaggio nel passato. Kamari secondo il libretto che abbiamo acquistato è “un moderno e sempre in sviluppo paese turistico”.Inoltre scopriamo che questa era l’antica Ia, il porto dell’antica capitale di Thera.Da Kamari, parte la strada che porta agli scavi di Thera antica. Arriviamo in riva al mare.La spiaggia è scura, composta da sassolini. Il mare è blu, e ci sono le onde.Le onde si infrangono sulla riva, creando una spuma bianca dalla quale potrebbe benissimo da un momento all’altro nascere Venere. Il blu del cielo, si incontra idealmente con il blu del mare. I colori sono molto vivi, quasi accecanti a causa del sole. La sabbia è bollente , impossibile fare un passo a piedi nudi. Ho quasi la sensazione di trovarmi sull’oceano.Alle scuole superiori, ogni martedì guardavo incantata i ragazzi di Beverly Hills 90210 che stavano sparapanzati al sole, in riva all’oceano.E’ bellissimo anche il fatto che sono accanto all’uomo che amo.Finalmente abbiamo un po’ di tempo tutto per noi.Paghiamo l’ombrellone e ci sdraiamo.Inizio a leggere i due libri che ho portato con me.Lui ne ha molti di più, diciamo quasi più dei vestiti.Basta dire che all’aeroporto il mio trolley era 12 kg, il suo 15.Detto questo, ho detto tutto.Dopo un po’ di lettura, poi lui è già pronto per andare a prendere il giornale.Peccato che sulle isole greche arrivano pochi giornali italiani e arrivano sempre dopo. Così ci si ritrova a leggere il giornale di due giorni prima. A pranzo decidiamo di fermarci a mangiare una pizza, in un posticino molto carino, accanto alla spiaggia.Ci sediamo e ci godiamo il meraviglioso panorama che ci sta di fronte.Sono felice, questa è la più bella vacanza della mia vita. La pizza non è male, anzi è buona e la mangiamo di gusto.Il resto della giornata scorre così tra una passeggiata, un po’ di lettura e tante risate.La domenica, dobbiamo essere in piedi presto.Dobbiamo andare all’escursione.La prima tappa è il museo del vino.Il posto è carino, anche se io sono astemia.Le nostre guide ci spiegano la storia del vino a Santorini, con incluso un piccolo assaggio.Visitiamo il museo, ci scateniamo a scattare fotografie.Appesa al muro, c’è una foto vecchia, rappresenta un mondo ormai scomparso.Un uomo vestito poveramente e accanto, un asinello, montato da un bambino.Gli asinelli esistono ancora sull’isola e scorazzano su e giù come impazziti ma obbedienti.Il caldo è soffocante, mentre a piedi ci allontaniamo dal museo.Il pullman è poco distante.Pochi metri, che sembrano chilometri.Non si fa sentire il Meltemi, così il caldo è insopportabile. Mi siedo al mio posto. Mi gira un po’ la testa, prendo la bottiglietta dell’acqua, dallo zaino.Cerco di rilassarmi.Mi guardo intorno e vedo il terreno arido. L’unica vegetazione è la vigna, che tra l’altro produce un ottimo vino.Da assaggiare senza esagerare, la gradazione è piuttosto elevata.Lasciamo la prima tappa e l’entusiasmo del mio ragazzo aumenta sempre più.La prossima tappa dovrebbe essere il sito archeologico di Akrotiri. Akrotiri è definita la Pompei dell’Egeo.Ho letto che è commuovente vagare per i vicoli lastricati di questa città fantasma: purtroppo, non riusciamo ad entrare. La guida ci avverte che un tetto è crollato.Il sito archeologico, non è accessibile. La delusione si dipinge sul viso del mio ragazzo che è un grande appassionato di storia greca.Voleva vedere i resti della civiltà minoica.Gli scavi, in questo luogo iniziarono nel 1967 con il professor Marinatos.Portarono alla luce la città. Si trovava sotto uno strato di 10 metri di cenere.Tornarono così alla luce abitazioni, palazzi, botteghe, piazze e oggetti della vita quotidiana della civiltà minoica. L’aggettivo minoico deriva da Minosse, il leggendario re di Creta.Il mito narra che Minosse ebbe un figlio mezzo toro e mezzo uomo: il Minotauro che teneva rinchiuso in un labirinto, da dove era impossibile uscire.Ogni anno Minosse richiedeva alla città di Atene, un tributo di sette ragazze e sette ragazzi per darli in pasto al Minotauro. Finchè un giorno, Teseo con l’aiuto del filo di Arianna (figlia Di Minosse), riuscì ad uccidere il Minotauro e liberare Atene.Questo dimostra che i Minoici dominavano anticamente sui Greci.La civiltà minoica fiorì a Creta a partire dal 1900 a.C. Grazie alla propria potenza navale, si diffuse in molte isole dell’Egeo, tra le quali Thera l’attuale Santorini.Una civiltà che però è stata interrotta dall’eruzione del vulcano nel 1500 a.C. Aleggia ancora oggi il mito di Atlantide.Il continente perduto.Questo mistero ha sempre affascinato i ricercatori e gli scrittori fin dall’epoca di Platone.Si trattava di uno stato grande e meraviglioso.La sua superiorità si basava più sulla civiltà ,che sulla forza militare.Dal modo in cui Platone descrive le isole, si potrebbe collegare Metropoli a Santorini e Città Reale a Creta.Tutto corre tra mito e realtà.Comunque gli archeologi ammettono che Atlantide fu distrutta dall’eruzione del vulcano avvenuta nel 1500 a.C. A differenza di Pompei, ad Akrotiri non sono stati trovati scheletri, né corpi.Questo perché la popolazione venne avvertita da numerosi leggeri terremoti.Dopo l’evacuazione, terremoti più forti mandarono molte case in rovina. Seguì un periodo di calma.Alcuni abitanti tornarono e cominciarono a riparare le case.Proprio in questa fase scoppiò la vera e propria eruzione vulcanica.Fumo e gas, avvertirono che una forte eruzione sarebbe arrivata.Gli abitanti spaventati scapparono e di loro non si seppe più nulla. Chissà se riuscirono a salvarsi dalla catastrofe.Fu un’eruzione fortissima, quattro volte più forte di quella di Krakatau del 1887.Nello spazio di pochi minuti, onde alte come montagne arrivarono alle coste settentrionali di Creta.In pochi minuti, la civiltà minoica entrò nella leggenda, scomparendo dalla realtà.Il caldo è sempre più soffocante.Ci dirigiamo verso l’interno dell’isola.In lontananza si vedono le navi da crociera.Sono bellissime. Immagino che vedere le isole dal mare deve essere veramente uno spettacolo incredibile.Giungere con la nave e vedere la capitale Fira, appollaiata sulla scogliera.Sembra sull’orlo di un precipizio, tra mare e cielo.Si sbarca nel porticciolo e bisogna salire per un ripido e tortuoso sentiero costituito da 587 scalini.Tre sono le opzioni:a dorso di un asino, tramite funivia oppure a piedi.Il pullman si ferma.Ci troviamo in un posto sperduto, c’è solo un negozio.Entriamo e ci ritroviamo sommersi da vasi di ogni dimensione. Il mio ragazzo, si precipita ad osservare ogni minuscolo frammento. I vasi antichi sono la sua passione.Io mi limito a guardare i prezzi e a sussultare.Alcuni vasi sono veramente costosi.Ci lasciano liberi di guardare ed ammirare per una ventina di minuti. L’aria è sempre più irrespirabile.Mi sembra di evaporare. Così decido di uscire all’aperto.La situazione non è migliore.Non c’è nemmeno un filo d’aria.Mi manca la spiaggia con il meltemi che fa sbattere le onde. Non c’è tempo per un gelato, anche perché non possiamo portarcelo sul pullman. Ripartiamo. Man mano che ci avviciniamo alla costa, sembra di rinascere.Aumentano le casette bianche e il paesaggio è meno desertico.Sulla spiaggia di Perivolos, ci fermiamo per il pranzo.La via principale, è tutto un susseguirsi di taverne e di locali con la musica a tutto volume. Questa è una delle zone più mondane dell’isola, preferita dai giovani che amano vivere più di notte che di giorno. La musica è sempre più assordante, dà però un senso di vacanza.Non riusciamo a decidere dove fermarci per mangiare qualcosa. C’è l’imbarazzo della scelta.La guida ci consiglia un posticino carino, dove si mangia bene.Ci sediamo a fatica.Il posto è molto affollato e i camerieri vestiti in modo informale, si affrettano da un tavolo all’altro, senza sosta.Io guardo l’arredamento, semplice e colorato.Ci portano la pasta che abbiamo ordinato, in strani piatti che sembrano delle padelle di terracotta.La pasta è buona e molto condita:loro amano molto le salse.Mangiamo in abbondanza.Resta ancora del tempo prima di ripartire, così decidiamo di fare un giro.La spiaggia è molto lunga, non c’è sabbia ma sassolini neri, più fini che a Kamari. Naturalmente, ci sono gli ombrelloni di paglia, fissi al suolo per non essere spazzati via dal vento. Facciamo una passeggiata e qualche foto.Invece la nostra guida non ha resistito ad un tuffo. Guardo il mare e mi sorprendo a pensare al suo colore blu cupo, reso vivido dalla luce del sole.Il cielo non ha nemmeno una nuvola.Ci sovrasta benigno.Nessun temporale all’orizzonte.In estate la pioggia è rara. L’acqua viene raccolta in inverno. Perivolos piace molta al mio ragazzo, rimarrebbe qui ancora qualche ora, ma purtroppo bisogna andare.Lasciamo a malincuore la bella spiaggia nera e ci dirigiamo alla prossima tappa.Giungiamo alla capitale Fira.Scendiamo e dobbiamo camminare in salita e attraversare diverse strade prima di arrivare ad un spiazzo a strapiombo sul mare.E’ uno spettacolo a dir poco strabiliante.Sullo sfondo c’è il vulcano, la caldera e sotto di noi un dirupo a picco sul mare.Maestose a riva, galleggiano le favolose navi da crociera.Tutte le abitazioni sono bianche.Ci sono ristoranti che servono qualsiasi tipo di piatto, e sembrano quasi ondeggiare sull’orlo del precipizio. I camerieri impettiti nelle loro divise servono piatti carichi di pesce e coppe di spumante.Il mio Amore corre a vedere i prezzi.Dire esorbitanti, è poco.Passeggiamo tra le viuzze che salgono e scendono, tra una miriade impressionante di negozi.Entriamo in un negozio interamente dedicato alla musica.Siamo quasi sul punto di acquistare cd di musica greca.Io non sono convinta e lui li ha già.Acquistati nei suoi passati viaggi, in terra greca. Sono incuriosita dalle tante vetrine.Resisto all’impulso di acquistare qualcosa di futile, ma cado nel miraggio del gelato sciolto.La vetrina della gelateria è bellissima e colorata. Viene l’acquolina in bocca solo a guardarla.Acquistiamo due mega coni.Entrambi soddisfatti, troviamo un posticino dove sederci un attimo in disparte e gustarci con calma il nostro gelato, al di fuori della calca. Il sole intanto continua a splendere, sembra di vivere in un’altra dimensione.Una specie di sogno reale.Un sogno realizzato.Ritorniamo indietro e ci sfoghiamo a fare una moltitudine di fotografie.Cerco di fare del mio meglio, fotografo il panorama da tutte le angolazioni possibili.La nostra escursione, prosegue e mi stupisce con altre meraviglie. Imerovigli è sull’orlo del precipizio.In passato, questo luogo era utilizzato come osservatorio. In caso di avvistamento dei pirati, la gente veniva immediatamente avvertita. Percorriamo una via strettissima e scendiamo diversi scalini, fino a giungere ad una terrazza che permette una visione a 360 gradi della costa.Sono emozionata e mi sembra quasi di avere le vertigini di fronte a tanta bellezza. Qui la maggioranza delle costruzioni antiche è andata in frantumi.Interessante è la chiesa della “Panagia di Malta”.Porta questo nome perché l’immagine di Panagia era stata trovata da un capitano a Malta e portata ai Meravigli e costruita una chiesa.Le ore trascorrono velocemente e si avvicina sempre di più il momento del tramonto. A Oia (Ia) il tramonto, è un rito. Dicono, che questo è il tramonto più bello dell’isola.Tutti all’avvicinarsi dell’ora x, si avviano in frotte verso il punto dove si vede meglio il tramonto del sole.Siamo tutti ammassati, non c’è un centimetro libero.Vedo persone aggrappate ai cornicioni degli edifici, penzolanti su muretti con al di là, il vuoto.Cerco di non guardare, perché ho paura che qualcuno si faccia male.Mi concentro sull’orizzonte, c’è un silenzio irreale.Il sole scompare.Tutti cominciano ad urlare, ridere e battere le mani come ad una festa.Poi tutto finisce.Tutti si allontanano.Anche noi, ci avviamo verso il nostro pullman. Prima, però ci facciamo scattare una fotografia.Ci sediamo su un muretto bianco e sullo sfondo il mare.Una foto troppo bella. Foto – ricordo di una vacanza indimenticabile.Giungiamo a Kamari, quando ormai è buio.La via principale è illuminata dai negozi, la gente è pronta per scegliere la taverna giusta per la cena.L’insistenza dei camerieri è tale, che non riusciamo nemmeno a raggiungere il bed and breakfast, per cambiarci. Ci fermiamo in un posticino, dove il cameriere parla un ottimo italiano.La nostra escursione, prosegue e mi stupisce con altre meraviglie. Imerovigli è sull’orlo del precipizio.In passato, questo luogo era utilizzato come osservatorio. In caso di avvistamento dei pirati, la gente veniva immediatamente avvertita. Percorriamo una via strettissima e scendiamo diversi scalini, fino a giungere ad una terrazza che permette una visione a 360 gradi della costa.Sono emozionata e mi sembra quasi di avere le vertigini di fronte a tanta bellezza. Qui la maggioranza delle costruzioni antiche è andata in frantumi.Interessante è la chiesa della “Panagia di Malta”.Porta questo nome perché l’immagine di Panagia era stata trovata da un capitano a Malta e portata ai Meravigli e costruita una chiesa.Le ore trascorrono velocemente e si avvicina sempre di più il momento del tramonto. A Oia (Ia) il tramonto, è un rito. Dicono, che questo è il tramonto più bello dell’isola.Tutti all’avvicinarsi dell’ora x, si avviano in frotte verso il punto dove si vede meglio il tramonto del sole.Siamo tutti ammassati, non c’è un centimetro libero.Vedo persone aggrappate ai cornicioni degli edifici, penzolanti su muretti con al di là, il vuoto.Cerco di non guardare, perché ho paura che qualcuno si faccia male.Mi concentro sull’orizzonte, c’è un silenzio irreale.Il sole scompare.Tutti cominciano ad urlare, ridere e battere le mani come ad una festa.Poi tutto finisce.Tutti si allontanano.Anche noi, ci avviamo verso il nostro pullman. Prima, però ci facciamo scattare una fotografia.Ci sediamo su un muretto bianco e sullo sfondo il mare.Una foto troppo bella. Foto – ricordo di una vacanza indimenticabile.Giungiamo a Kamari, quando ormai è buio.La via principale è illuminata dai negozi, la gente è pronta per scegliere la taverna giusta per la cena.L’insistenza dei camerieri è tale, che non riusciamo nemmeno a raggiungere il bed and breakfast, per cambiarci. Ci fermiamo in un posticino, dove il cameriere parla un ottimo italiano.La tv è accesa e stanno trasmettendo “Cuori ribelli “ con Tom Cruise, in lingua originale con i sottotitoli.Il giorno dopo decidiamo di non rimanere a Kamari.Attraversiamo la spiaggia, senza pagare l’ombrellone ( 7 euro).Qui su questa spiaggia giunge una barca che trasporta alla spiaggia di Perissa.Una “barca” da noi definita catamarano e che non dà un grande senso di sicurezza.Non sono molti i chilometri da fare, anzi il tratto è breve.Bisogna aggirare il Mesa Vouno,quest’altura restante dall’antica Eggeéda.Subito dopo in una rientranza c’è la spiaggia di Perissa.Appena sono scesa dalla barca( 4 euro a testa + 4 euro a testa per il ritorno), mi sono precipitata verso uno sdraio libero, mi sono cambiata e buttata in acqua.Qui non ci sono i sassolini, c’è la sabbia. Il mare non è freddo come a Kamari.Ci sono meno onde, perché la spiaggia è protetta dal Mesa Vouno.Non uscirei più dall’ acqua.Entra anche il mio ragazzo. Trascorriamo una bellissima giornata.Però ad un a certa ora dobbiamo prepararci, l’ultima corsa della barca che ci deve riportare a Kamari, passa presto, verso le 17. Al ritorno, ci informiamo presso uno sportello turistico, per andare a Perissa evitando la barca e cercando di spendere meno.Ci consigliano il pullman: lo dobbiamo prendere a Kamari, cambiare a Firà (dove c’è la stazione dei pullman) e prendere il pullman che si ferma prima a Perivolos e poi a Perissa.Costo 1,50 euro per la prima tratta e 1,50 euro per la seconda.In conclusione , 1 euro in meno rispetto alla barca. I pullman sono frequenti, eppure sono sempre strapieni.Mi sento schiacciata come una sardina. In ogni caso, il viaggio non è lungo.Sul pullman, mi accorgo che ci sono tante nazionalità.Accanto a noi, c’è una coppia di giovani giapponesi.Dopo un minuto, dalla partenza del mezzo, un ragazzo che parla solo in greco, chiede ad ogni persona i soldi per il biglietto e bisogna avere pronta la moneta.Qui, non c’è uno sportello per fare il biglietto prima di salire. Acquisti il biglietto sul pullman.Al ritorno, siamo di nuovo costretti a cambiare pullman a Firà, per Kamari.Decidiamo di fermarci a Firà.La sera, è bellissimo passeggiare tra le viuzze della città.Ci fermiamo nei negozi e guardiamo le tante belle e colorate cose che espongono.Non compriamo nulla. Firà è molto più costosa di Kamari.Infatti qui ti possono chiedere anche 14 euro per una pizza, rispetto ai 7 euro di Kamari.E’ sempre un’emozione:vedere il vulcano, la Caldera e la città che sembra sull’orlo di svanire da un momento all’altro nello strapiombo.Uno spettacolo veramente indimenticabile.Siamo già a mercoledì, ormai la nostra vacanza sta volgendo al termine. Siamo partiti da Lubiana venerdì scorso e ripartiremo venerdì, il giorno di ferragosto.Stiamo andando verso la spiaggia, il cielo è terso e già molti sono in coda alle cabine telefoniche, che si trovano ad ogni angolo.In tanti usano la scheda telefonica per telefonare a casa, meno costosa del telefonino.Paghiamo l’ombrellone e ci mettiamo a leggere.Rimaniamo sotto l’ombrellone, eppure ci abbronziamo lo stesso, grazie al sole e al venticello.Diciamo che è più forte di un leggero venticello. Infatti, rischio di essere investita da un ombrellone volante.Tanti per non pagare, si sdraiano sulla spiaggia cocente e utilizzano degli ombrelloni non fissi, che svolazzano di qua e di là. A pranzo, ci fermiamo in un posticino non lontano dalla spiaggia.Assaggiamo finalmente un gyros e una porzione di patatine.Il gyros pita : si tratta di carne di maiale accompagnata, a scelta, da pomodori, patate fritte, cipolle, tzatziki (salsa di cetrioli, aglio e yogurt) ed una piadina chiamata appunto “pita”Trascorriamo gli ultimi giorni a rilassarci, a Kamari. L’ultimo giorno, prepariamo mestamente i nostri trolley.E’ difficile partire.Il mio ragazzo è seduto sul balconcino e sembra non volerlo abbandonare.E’ una bellissima giornata di sole.Saliamo sull’aereo, e vorremmo restare.Speriamo di poter tornare. Porteremo questa vacanza sempre nel nostro cuore.Chérete Santorini. Arrivederci Santorini.