Alla ricerca di Moby Dick in barca a vela
Quindi per me quella fu la prima volta e non immaginate nemmeno quanto mi sia divertita malgrado il disorientamento iniziale. La mia storia cominciò in una calda mattina di inizio estate, alla Stazione Centrale di Milano, il ritrovo con le altre tre ragazze che dovevano partire con me era vicino alla fontana? ma loro non c?erano ancora malgrado fossero le nove passate. Cominciai a cadere nel panico fin quando non le vidi arrivare, ad una ad una , con due animatori che le seguivano dietro.
Tutto il resto passò molto,e forse troppo, velocemente poiché i saluti con i genitori furono rapidi e poco dolorosi , forse anche perché avevamo molta voglia di conoscere quelle briciole di vita che ognuna di noi raccontava a tutte le altre. Saliti sul treno conobbi anche gli animatori: Emiliano e Andromeda, due giovani ragazzi, freschi di università, che cercarono di metterci a nostro agio. Da lì in poi iniziarono a scorrere fiumi di parole fino alla fine dell?estenuante viaggio in treno; 8 ore a parlare e a parlare di idiozie, ma abbastanza per capire il carattere di ognuna di noi.
Facemmo tappa a Bologna per caricare altri ragazzi e proseguimmo per Pisa dove ci fermammo a pranzare, o se così si può definire, verso le due ci aspettava un treno che partiva per Orbetello e in poco meno di due lunghe ore arrivammo finalmente al campo.
Credo che il momento del nostro arrivo sia stato quello più strano e affascinante, ma anche il più spaventoso dato che tutti ci scrutavano con occhi meravigliati; io ero talmente agitata che farfugliavo parole su parole accumulando così tutta una serie di figuracce!!! Ad aspettarci c?erano anche le altre due animatrici, Giuliana e Federica, due ragazze molto in gamba che ci spiegarono subito l?andamento del campo: niente fumo, alcool e passeggiate notturne?cose già sentite? la divisione delle tende e persino i lavori per la pulizia del campo.
Ma vorrei aprire una piccola parentesi per raccontarvi brevemente come si presentava ai miei occhi la nuova dimora dove avrei dovuto vivere per cinque lunghi giorni; lo spazio era poco e c?erano quattro grandi tende bianche che si estendevano attorno ad un ampio tavolo dove avremmo dovuto fare colazione, più appartate si intravedevano le due tende degli animatori.
L?ambiente mi piaceva molto e così cominciai subito a sistemarmi nel tendone con le mie amiche. Il tempo passò talmente veloce che in men che non si dica mi ritrovai a cenare con persone che non conoscevo ma che trovai subito molto simpatiche. Si parlava degli argomenti più svariati e stupidi, ma a me andava bene così, l?importante era fare amicizia. La sera fummo raccomandati fino alla nausea di non parlare fino a tardi ne di uscire dalle tende, ma noi parlammo fino a che gli occhi non si chiusero da soli? La mattina seguente fummo svegliati di buon ora per organizzare i lavori che ognuno di noi doveva compiere con il suo gruppo, di seguito andammo in spiaggia dove facevamo per molte ore il bagno e dove ci insegnarono a fare seawatching, ovvero ad esplorare il mondo marino; poi la sera si tornava al campeggio sfiniti, ognuno si faceva la doccia e via a mangiare.
Dopo andavamo spesso al bar del campeggio per esaltanti partite di calcetto,mi ricordo che una volta andammo in città, ad Albinia, quella fu l?unica volta che potemmo comunicare con il mondo esterno, quindi arrivati al mercatino cercammo di comprare più cose possibili ! O semplicemente si restava al campo, tutti seduti in cerchio, a parlare delle nostre vite e dei nostri sogni. Tutto questo mi appassionava, il restare tutti insieme come se ci si conoscesse da una vita intera, condividere ogni singolo momento della giornata, è fantastico, è un?emozione nuova? I giorni successivi passarono troppo in fretta, forse perché mi divertivo talmente tanto che non vedevo il tempo trascorrere .
L?ultimo giorno ci portarono a vedere l?oasi naturale di Orbetello, riserva sotto la protezione del Wwf, che tra l?altro era anche l?organizzazione con cui ero partita, potemmo ammirare una piccola laguna con varie isolette disperse qua e là e innumerevoli specie di uccelli tra cui cormorani, fenicotteri e un uccello molto raro a strisce bianche e nere di cui non ricordo il nome.
L?ultima sera cominciava a farsi sentire l?impazienza di andare in barca, sì, perché il campo prevedeva anche quattro giorni in barca a vela, tutti erano occupati a fare i bagagli, operazione difficile dato che ognuno di noi poteva portare con se un solo zaino con il minimo indispensabile per sopravvivere.
La notte fu un tormento di chiacchere e pettegolezzi su come potesse essere la barca, gli skipper e tutto il resto , ma io ero troppo stanca per ascoltare e dopo pochi minuti, mi addormentai.
Il giorno dopo ci svegliarono di buon ora per organizzare i turni per portarci al porto di Talamone,io feci parte del terzo gruppo che fu accompagnato alle barche e potei ammirare con stupore i stupendi campi di girasole e di papaveri che si estendevano fino all?orizzonte, ne rimasi affascinata? Arrivati tutti a destinazione fummo costretti ad aspettare per molto tempo a terra poiché i ragazzi del campo prima del nostro dovevano scaricare i loro bagagli; ma, alle cinque dello stesso pomeriggio, riuscimmo a salire, in preda all? eccitazione e allo sbalordimento. La giornata era stata lunga e faticosa, soprattutto dopo le spiegazioni del nostro skipper, Giuseppe, che ci parlò dei diversi tipi di vela, dei parabordi, dell?ancora e degli adeguati comportamenti da adottare in barca? insomma ci coricammo verso mezzanotte, ma restammo in porto perché per vari motivi non si poteva salpare. Le nostre cuccette erano molto carine, l?ambiente era stretto, ma confortevole, d?altronde cosa ci si poteva aspettare da una barca? Il giorno seguente, dopo aver fatto una colazione sul ponte a base di fette con marmellata di fragola e latte con Nesquik,salpammo l?ancora e finalmente partimmo, per circa un? ora e mezzo costeggiammo la riva e dopo un po? ci fermammo presso una piccola baia dove tentammo di fare seawatching, ma sfortunatamente faceva troppo freddo per stare in acqua e così rinunciammo. Tutti infreddoliti, ripartimmo per Telamone, dove avremmo pranzato? ma solamente alle 15.30 riuscimmo a mandare giù qualcosa perché prima eravamo stati troppo occupati. I giorni seguenti volarono come i magnifici uccelli che vedevamo nel cielo, salpammo l?ancora per Porto Santo Stefano e nel frattempo il nostro skipper Giuseppe ci insegnò anche qualcosa riguardo le manovre da effettuare in barca, risultarono molto utili dato che il giorno successivo incontrammo mare mosso( forza 5-6 e il vento di 30 nodi ) fummo costretti a issare le vele e a rifugiarci nel pozzetto tutti accovacciati e un po? spaventati, non avevamo nemmeno la nostra amata radio a farci compagnia ed eravamo soli in mezzo a un mare in tempesta. Solo verso mezzanotte riuscimmo a trovare un piccolo golfo disabitato dove non c?erano ne vento ne tempesta. La medesima situazione si ripetè il giorno dopo, che tra l?altro era l?ultimo giorno del campo,questa volta il mare era ancora più pazzo e dovettimo rifugiarci in coperta dove alcuni dei miei compagni d?avventura si sentirono male , così, sfiniti, ci sdraiammo sui lettini e ci addormentammo quasi tutti fino al nostro arrivo in porto? solamente due di noi affrontarono la tempesta coraggiosamente? arrivammo in porto alle 5,30 circa e il nostro animatore ci preparò qualcosa da mettere sotto i denti per riprendere un po? le forze: un enorme pentolone riempito fino all?orlo di ogni sorta di cibo indigesto!!! La sera arrivò presto e per festeggiare il nostro rientro a casa salimmo nella città alta di Telamone e organizzammo una piccola festa, dopo ciò, presi i sacchi a pelo, ci sdraiammo tutti quanti sul ponte di una delle due barche e parlammo fino all?alba del giorno dopo facendo, di tanto in tanto, qualche piccolo scherzetto a chi ci stava attorno…
Sorse il sole, preparammo i bagagli e, fin dal primo mattino, cominciammo a piangere dopo aver scattato innumerevoli foto per non dimenticare questi bei momenti, ci trascinarono via su un pullmino e giugemmo alla stazione di Orbetello, dove eravamo arrivati. Lì iniziò una lunga processione di abbracci e di promesse, quelle di rivederci, quelle di non dimenticarci mai, qualsiasi cosa accada, ma nonostante ciò, niente riuscì a colmare l’immenso vuoto che avevamo dentro di noi… Il viaggio fu lungo e doloroso e arrivai a Milano verso le sette di sera: alla stazione mi aspettava mio padre, a ciu raccontai tutto quello che era successo in quei fantastici 10 giorni… E, malgrado la stanchezza, mi sentivo una persona migliore e piena di nuove prospettive; lo spirito di gruppo e la solidarietà che si era formata al campo erano insuperabili, ed io ero felice per questo… un forte abbraccio a tutti i lettori cri