Alla ricerca del paradiso perduto… con finale a sorpresa
Il mito dell’isola di Bali non aveva mai esercitato su di me un forte richiamo, fino a quando non mi sono imbattuta, quasi per caso, nel capolavoro di Colin McPhee, “Una casa a Bali”. Lo scrittore canadese che capitò a Bali agli inizi degli anni Trenta e vi visse per quasi un decennio, scoprì una società stupefacente, in cui la cultura e le arti, in particolare la musica, rivestivano un ruolo di primo piano nella vita della comunità. Musica, danza, culti religiosi, natura lussureggiante nella sua descrizione si intrecciano nell’isola dell’amore libero, paradiso perduto e ritrovato, di cui è impossibile (e così fu anche per l’autore) non innamorarsi.
Pur consapevole che negli anni il turismo di massa ha inesorabilmente variato l’isola e la sua gente, decidiamo quindi di andare alla scoperta del gioiello dell’arcipelago indonesiano.
Approfittiamo di un’ottima tariffa con Singapore Airlines (una delle migliori compagnie aree mai provate) e dopo un breve scalo a Singapore atterriamo finalmente a Denpasar. Prima della partenza avevo contattato uno dei tanti balinesi che svolgono il servizio driver/guida e che a prezzi più che modici accompagnano i turisti negli spostamenti e nella visita delle principali attrazioni. Anche se l’isola è relativamente piccola bisogna tenere in considerazione che non tutte le strade sono in buono stato di manutenzione e che, soprattutto vicino ai principali centri, il traffico è davvero molto caotico. Per questo i tempi di percorrenza si dilatano notevolmente, la guida è a sinistra, le regole del codice della strada inesistenti e il noleggio dell’auto è fortemente sconsigliato!
Gede Teja (questo è il suo nome, sarò lieta di fornire i suoi recapiti a chiunque fosse interessato) ci accoglie puntuale e sorridente all’aeroporto, in un caldo e soleggiato pomeriggio di metà settembre.
Abbiamo deciso di fare base ad Ubud, cittadina situata sulle colline in posizione strategica, famoso centro di artigianato e cuore culturale e spirituale dell’isola. La raggiungiamo dopo circa un’ora e mezza (40km).
La ricerca dell’hotel a Ubud può essere sfinente, c’è un’offerta infinita e per tutte le tasche! Alla fine la scelta è ricaduta sull’Amora Ubud Villas, una struttura di nuovissima apertura, situata su una collina a circa 1,5 km dal caotico e rumoroso centro cittadino, collegato dal famoso Campuhan Ridge Walk, uno dei sentieri naturalistici più belli e conosciuti della zona. Ogni camera dispone di una piscina privata, di una vasca da bagno all’aperto, gode di una vista panoramica sulla foresta ed è arredata in puro stile balinese. Vi è anche un’ottima Spa, un centro yoga ed un ristorante che si affaccia sull’infinity pool comune. Avendo pernottato 6 notti ci hanno omaggiato con un massaggio di benvenuto, oltre che con un’ottima e abbondante cena presso il ristorante. Inutile dire che ci siamo innamorati di questo posto!
Sempre tramite l’hotel noleggiamo per 10 euro al giorno uno scooter che ci permetterà di visitare Ubud e i dintorni.
L’aria che si respira è densa di spiritualità, di misticismo e di tradizione. Si tratta dell’unica isola indonesiana a maggioranza induista e basta passeggiare per strada per trovare ad ogni angolo le offerte floreali agli dei, persone intente a pregare o vestite con abiti tradizionali intente a partecipare ad una delle numerose festività sempre in corso.
Queste le cose che consigliamo assolutamente di non perdere durante un soggiorno a Ubud:
– una gita di un giorno al lago e Monte Batur. Lo abbiamo raggiunto in motorino senza problemi, la strada panoramica è davvero bella e regala vedute spettacolari sul vulcano attivo Batur. Lungo la strada ci siamo imbattuti in un campo di tegeti, bellissimi fiori gialli tra i quali si può camminare e che vi regaleranno fantastici scatti. Sempre lungo la strada, altre due tappe imperdibili sono il tempio di Gunung Kawi (16 km da Ubud) e l’adiacente Tirta Empul. Il primo è un complesso funerario, con tombe imponenti scavate nella roccia ed immerse in una natura lussureggiante, a cui si accede costeggiando risaie a terrazza e attraversando una fitta vegetazione. Per entrare occorre indossare il sarong ed essere preparati a risalire moltissimi scalini, ma ne vale assolutamente la pena.
Il Tirta Empul è un tempio induista, famoso per le sue sorgenti ritenute sacre, in cui i fedeli si immergono per pregare e purificarsi. Anche i turisti possono farlo (è d’obbligo il sarong).
Al rientro verso Ubud imperdibili sono le famose risaie a terrazza di Tegalalang, forse uno dei siti più visitati e fotografati dell’isola. Queste ripide terrazze possono essere sia ammirate dall’alto (lungo la strada vi sono numerosi ristoranti e bar con vista) o anche passeggiandovi in mezzo, scendendo lungo i sentieri che le attraversano. La vista dei terrazzamenti circondati da palme è magnifica, il paesaggio è davvero suggestivo, vedrete contadini al lavoro, coi loro tipici cappelli di paglia o foglie intrecciate e i cesti in vimini per la raccolta che caricano sulle spalle.
– passeggiare lungo il Campuhan Ridge Walk. Il sentiero parte dal centro di Ubud, in corrispondenza dell’entrata dell’Ibah Luxury Villas Resort, si snoda su un crinale da cui si gode di una vista ampia e spettacolare sulla vallata. Il sentiero è lastricato, un po’ ripido all’inizio ma solo per un breve tratto. Lungo il percorso si passa accanto al Pura Gunung Lebah, tempio dalla classica architettura balinese. Il sentiero è molto frequentato, per cui suggeriamo di percorrerlo al mattino presto, o nel tardo pomeriggio per via del caldo. Il percorso termina presso il Karsa Cafè e Spa, una magnifica spa immersa nelle risaie, con un bar sopraelevato da cui si gode la vista sulle risaie. Se si ha intenzione di fare un massaggio bisogna però prenotarlo in anticipo di una settimana! Senza prenotazione invece siamo riusciti a concederci un floral bath, ovvero un bagno immersi una vasca riempita con fiori colorati e profumatissimi, che vi regaleranno una mezz’ora di puro benessere per mente e corpo.
– passeggiare (o pedalare) tra le risaie nei dintorni, in puro stile “Mangia, prega, ama”. In particolare a noi è piaciuta molto la risaia di Matahari, alla quale si accede dalla trafficata e caotica Raya Ubud. Di fianco all’entrata del ristorante Paon Ubud, troverete un cartello che indica “Rice Terrace”, entrate nella piccola stradina e dopo solo pochi metri vi troverete immersi in un’oasi di pace. E dopo tanto camminare vi consigliamo una sosta con vista allo Sweet Orange Warung, sorseggiando un cocktail di frutta rinfrescante.
– escursione alla cascata di Tegenungan e al tempio di Goa Gajah. La cascata è sicuramente molto frequentata, ma il contesto naturale in cui è inserita vi lascerà senza fiato. Preparatevi ad affrontare una bella discesa (e successiva risalita), ma sarete ripagati dalla possibilità di fare un bagno ristoratore e di salire fino alla cima della cascata per ammirare la giungla e l’imponente getto di acqua. Il tempio di Goa Gajah, a pochi minuti da Tegenungan, è più conosciuto come la Grotta dell’Elefante, ed è famoso per i suoi bassorilievi di pietra davvero stupendi.
– una visita al centro di Ubud: il cuore di Ubud è all’incrocio tra la Jalan Raya Ubud e la Monkey Forest Road. Vi si trovano due piccoli templi (il Pura Taman Saraswati, molto fotogenico in quanto circondato da un giardino con ninfee e fiori di loto, su cui si affaccia il famoso Cafè Lotus – consigliato), e l’Ubud Palace, residenza della famiglia reale di Ubud. Sicuramente vale la pena fare un giro al colorato mercato cittadino per poi perdersi tra le vie del centro, dove vedrete susseguirsi innumerevoli spa, centri yoga, ristoranti, caffè, e negozi di tutti i tipi. Quelli che consigliamo di non perdervi sono: Blue Stone Botanicals (Jl. Dewi Sita), Utama Spice (Monkey Forest Road, a circa 130 mt a nord della foresta) e il Kou Bali (Jalan Dewi Sita), vi troverete fantastici prodotti, completamente bio.
Sempre a pochi passi dal centro vi è la famosa Foresta delle Scimmie (Monkey Forest). Pur essendo una delle attrazioni più pubblicizzate di Ubud, noi abbiamo deciso di non entrare. Credo che ne valga la pena solo se non si sono mai viste una foresta o delle scimmie. Tra l’altro abbiamo letto di moltissime persone morse appunto dalle scimmie, spesso aggressive perché abituate alla presenza dell’uomo e alla ricerca del cibo. Non ce la siamo sentiti inutilmente di rischiare (è possibile contrarre la rabbia) e oltretutto si può comunque in parte osservare da un viottolo lastricato che la costeggia per un tratto.
– se vi resta tempo da non perdere è la zona del villaggio di Sayan (quello appunto descritto in “Una casa a Bali”), raggiungibile in pochi minuti in motorino dal centro di Ubud. Zona degli artisti per eccellenza, è attraversato dal Sungai Ayung, un fiume impetuoso in cui si può fare rafting. Per scendere al livello del fiume noi siamo passati dallo splendido Four Season, nel quale ci hanno fatto entrare senza problemi. Se volete potrete anche passare il pomeriggio nella magnifica piscina dell’hotel (a pagamento, anche se abbiamo avuto l’impressione che nessuno ci avrebbe chiesto soldi, onestamente, dato che giravamo per il resort come se alloggiassimo lì) e godervi il panorama sul fiume e sulla giungla circostante. Lo scenario è davvero notevole! In alternativa potete fermarvi al bar del Sayan Terrace Resort dove sorseggiare un drink con vista.
Nei giorni di permanenza ad Ubud avevamo previsto anche un’escursione giornaliera ad est col nostro driver per visitare il tempio di Pura Besakih (il tempio madre) e il Tirtagganga, ma abbiamo rinunciato in quanto era stata diramata l’allerta per la possibile eruzione del vulcano Agung. Abbiamo quindi preferito non avvicinarci alla zona, successivamente evacuata in un raggio di 7/10 km, e trascorrere invece una giornata di relax, tra massaggi, passeggiate e shopping.
Tappa successiva del nostro viaggio è stata la zona di Munduk, a nord di Ubud, passando per le Risaie di Jatiluwih, patrimonio UNESCO, e per il tempio sul lago Danau Bratan.
Lasciamo a malincuore il nostro bellissimo resort, salutiamo Gede che puntuale ci viene a prendere e partiamo per la prima tappa della giornata, ovvero le risaie di Jatiluwih, situate a circa 40km da Ubud (1h40’ di percorrenza).
Le risaie sono davvero enormi, molto diverse da quelle di Tegallang, il paesaggio è rurale e la risicultura viene praticata rigorosamente a mano. Facciamo splendide riprese aeree e ci perdiamo lungo uno dei tanti percorsi possibili all’interno della zona. Vediamo molti gruppi accompagnati da guide, sicuramente interessante è la descrizione dei metodi di coltura e irrigazione, ma preferiamo girare in autonomia e dedicarci alla contemplazione del posto.
Tappa successiva, il famoso tempio a forma di pagoda Pura Ulun Danau Bratan, una delle icone dell’isola e sicuramente uno dei siti più fotografati. Quando arriviamo piove a dirotto, e forse perché le aspettative erano alte, e complice il cielo grigio, questo tempio in mezzo all’acqua non ci sorprende più di tanto, per cui gli dedichiamo poco tempo, anche perché è davvero minuscolo, e preferiamo raggiungere la meta di oggi, ovvero la zona montana di Munduk.
La strada per raggiungerla costeggia i due laghi gemelli, il Danau Buyan e il Danau Tamblingan, circondati da colline e montagne. Lungo la strada troverete diversi punti panoramici, che meritano una sosta per le foto.
Raggiungiamo Munduk nel pomeriggio, il nostro hotel, Lesong, è situato fuori dal piccolo centro, e non appena scesi dall’auto abbiamo avuto la sensazione di essere tornati indietro nel tempo! Il paesaggio è mozzafiato, risaie e foresta a perdita d’occhio, piantagioni di caffè e spezie, colline verdeggianti e vulcani ricoperti di giungla sullo sfondo. Complice anche l’aria di montagna si respira davvero un senso di pace e tranquillità, ottimo per praticare yoga o un po’ di sana meditazione. Ceniamo bene presso il ristorante dell’hotel, non prima avere fatto un giro nella piantagione privata e ci addormentiamo in un lampo.
Il giorno seguente partiamo di primo mattino per spostarci al sud, ma dedichiamo la prima parte della giornata ad esplorare i dintorni della zona. Tappa d’obbligo è la Banyumala Twin Waterfall. Dovrete scendere a piedi una strada ripida e scivolosa, facendo molta attenzione, ma arriverete in un posto da noi definito jurassico, di una bellezza rara. La cascata, doppia, è immersa in un paesaggio verde e primordiale, non c’è praticamente nessuno, siamo soli ad ammirare questa meraviglia. Fa già molto caldo, per cui mi immergo in acqua per raggiungere il sasso al centro dei due getti d’acqua e ci divertiamo a scattare foto e a riprendere la scena dall’alto. Dopo un paio di ore di relax, riprendiamo la strada verso sud, direzione Kuta Selatan, vicino al tempio di Uluwatu, dove trascorreremo un paio di notti prima degli ultimi 3 giorni a Nusa Lembongan.
Lungo la strada visitiamo il tempio di Pura Taman Ayun, con le sue torri a più piani, e soprattutto il famoso Tanah Lot, una delle 3 icone di Bali. Il tempio è minuscolo e affollato, ma il setting è grandioso, dal momento che sorge su una minuscola isoletta accessibile a piedi solo con la bassa marea. Lo si può tranquillamente ammirare dalla scogliera (l’accesso è riservato ai fedeli) e si può passeggiare in direzione nord dove raggiungere 2 baiette rocciose.
Dopo la visita e un altro po’ di strada, arriviamo al bellissimo Le Bamboo Bali, dove ci accoglie una piscina vista mare e il gentilissimo proprietario Eric. Rientriamo in contatto con la realtà, essendo la struttura dotata di wifi, e apprendiamo le notizie su quella che ormai è reputata un’imminente eruzione vulcanica. Discutiamo a lungo sul da farsi, ma pur sentendoci al sicuro non avremmo potuto rischiare di perdere il volo di ritorno in caso di una possibile chiusura dell’aeroporto di Denpasar (cosa già avvenuta più volte in passato in circostanze simili), causa impegni di lavoro non prorogabili. Per cui, seppure inizialmente a malincuore, la mattina successiva abbiamo deciso di recarci in aeroporto per sondare la possibilità di anticipare il volo per Singapore dove avremmo potuto così trascorrere gli ultimi giorni di vacanza prima del rientro in Italia. La compagnia aerea è stata assolutamente disponibile e ci ha cambiato senza problemi il volo, riprogrammato per la sera stessa, a fronte del versamento di poche decine di euro di tasse. Trascorriamo le ore in attesa del volo attaccati al wifi dell’aeroporto a documentarci su Singapore, di cui conoscevamo poco e nulla, e a cercare una sistemazione per le prossime 5 notti. Prenotiamo un hotel in zona centrale a due passi da Little India, ci informiamo sulle attrazioni imperdibili e carichi per questa nuova ed imprevista avventura salutiamo Bali, con la speranza nel cuore che l’allarme rientri e che questa splendida isola, così come i suoi abitanti, non vengano duramente colpiti….
Atterriamo a Singapore che ormai è notte, saliamo sul primo taxi e ci dirigiamo direttamente all’hotel Yan, dove siamo accolti calorosamente e dove ci viene consegnato gratuitamente un cellulare con connessione illimitata ad internet che sarà di fondamentale importanza nei prossimi giorni. Stanchi per la lunga giornata ci addormentiamo subito, ci aspettano 4 giorni intensi!
Già di primo mattino il caldo e l’umidità si fanno sentire, d’altronde qui il clima è tropicale, ma zaino in spalla e voglia di conoscere la “Svizzera d’Oriente” ci incamminiamo alla scoperta di questa città stato, formata da 63 isole e da un mix di razze, culture e religioni, che convivono pacificamente in una delle capitali più sicure al mondo.
Visitiamo subito Little India, il colorato quartiere etnico a pochi passi dall’hotel, il cui cuore palpitante è Serangoon Road, una delle più antiche strade di Singapore: la via è nota per i suoi templi indù (tra cui il Sri Veeramakaliamman dedicato alla dea Kali), e per i numerosissimi negozi di spezie, gioielli e tessuti. Ci imbattiamo in un bazar coperto, entriamo e da subito siamo catapultati nei vicoli di Nuova Delhi! Bancarelle ricoperte di oggetti kitsch e scintillanti ovunque, migliaia di decorazioni appese sulle nostre teste, profumi di spezie e incenso, fiori colorati e invitanti piatti locali. Un’altra istituzione del quartiere è il grande magazzino Mustafa Centre, aperto 7 giorni su 7, 24 ore su 24… è in assoluto il posto del mondo in cui abbiamo visto la maggiore quantità di merce, stipata all’inverosimile! Troverete di tutto, dalle preziose stoffe indiane, all’oro (un intero piano è dedicato all’oro, assolutamente da visitare, ci sono creazioni davvero impressionanti), dagli elettrodomestici, alla tecnologia, abbigliamento ecc ecc a prezzi molto convenienti.
Per pranzo decidiamo di salire all’ultimo piano del complesso e mangiare qualcosa nel ristorante… indiano ovviamente! Siamo stati in India alcuni anni fa, ricordiamo diversi piatti che ci erano piaciuti e che ordiniamo. Mangiamo davvero bene, spendendo il giusto.
Usciamo soddisfatti e dedichiamo il resto del pomeriggio alla visita del quartiere arabo, la zona di Kampong Glam, che oltre che per l’imponente moschea Masjid Sultan dalla cupola dorata, una delle più importanti moschee asiatiche, si caratterizza per i tanti caffè e ristorantini che offrono musica dal vivo e la possibilità di fumare narghilè. Sulla Haji Lan, se siete amanti dello shopping troverete librerie, uno splendido negozio di profumi artigianali, negozi di arte e abbigliamento, oltre a botteghe di pasticceria.
Stanchi per la lunga camminata, saliamo un su autobus, che individuiamo con grande facilità grazie al cellulare dell’hotel e raggiungiamo il ristorante italiano che abbiamo scelto per la cena, il Pizza Fabbrica (70 Bussorah Street)… dopo quasi 2 settimane di cibo asiatico abbiamo decisamente voglia di una buona pizza!
Non restiamo delusi, la pizza non ha nulla da invidiare alla nostra (conto a parte!). Pieni e soddisfatti per la giornata rientriamo in hotel, sempre in autobus.
Muoversi a Singapore è molto semplice, oltre alla metropolitana, che non abbiamo mai utilizzato, vi è una rete capillare di autobus, che passano numerosi e puntualissimi. E’ una città estremamente organizzata, pulita, ordinata, verde e sicura. Si ha la percezione dell’assoluta sicurezza nel muoversi da soli anche la notte, cosa che ahimè ormai avviene sempre più rado, in Italia così come nel resto del mondo.
Il giorno successivo lo dedichiamo alla visita di un altro quartiere etnico, Chinatown, quartiere storico e brulicante di vita nel cuore della città. Qui è facile perdersi nelle sue stradine, attratti dalle sue insegne rosso e oro, dai mercati e bancarelle affollati di cibo di strada e dai suoi negozietti di souvenir e stranezze di ogni tipo a prezzi stracciati. Se Singapore in generale è la capitale dello street food, coi suoi numerosi “hawker centre”, mercati coperti in cui si gustano i piatti della tradizione, tra chioschi e bancarelle, a Chinatown si trova forse quello più famoso, il Chinatown Food Street, vero e proprio tempio del cibo di strada.
Visitiamo il Buddha Tooth Relic Temple, sul tetto la pagoda dei 10.00 Buddha, con la ruota delle preghiere in stile tibetano, lo Sri Mariamman Temple, il più vecchio tempio hindu della città, e il Chinatown heritage centre, un interessante museo sulla storia del quartiere.
Alla sera, dopo un pranzo etnico, puntiamo nuovamente sul cibo italiano e scegliamo il raffinato ristorante Amò (33 Hongkong St) a pochi passi da Clarke Quay. Mangiamo una pizza divina, ci complimentiamo coi titolari, due giovani ragazzi italiani e dedichiamo il resto della serata a passeggiare e ad ascoltare musica dal vivo nel rinomato quartiere della movida notturna, Clarke Quay appunto, dove si susseguono pub, ristoranti e club sulle sponde del fiume. C’è molta gente in giro, i locali sono pieni e l’atmosfera vivace. Avremmo voluto restare più a lungo ma la stanchezza si fa sentire, rientriamo a piedi in hotel con una bella camminata di 45 minuti e crolliamo nel letto!
Il giorno successivo è interamente dedicato alla scoperta della zona della Marina. Il suo simbolo per eccellenza è il lussuoso hotel Marina Bay Sands, una struttura formata da 3 grattacieli, uniti sulla sommità da una terrazza enorme a forma di nave, dove si trova la piscina a sfioro panoramica più grande del mondo (l’accesso è consentito solo ai clienti dell’hotel), oltre a pub, ristoranti e discoteche. La zona è veramente bellissima e il panorama dall’alto mozzafiato (si può salire, a pagamento, sulla terrazza dell’hotel). La strada più spettacolare passa dall’Helix bridge, un ponte pedonale, tecnologico e di design, fatto a spirale che ricorda la forma del DNA. Trascorriamo la giornata passeggiando sulla baia, entriamo nei negozi griffati del Marina Bay Sands, mangiamo in un ristorantino all’aperto e nel pomeriggio ci spostiamo nella zona dietro l’hotel, dove sorge un altro dei simboli della città: i Gardens by the Bay. Si tratta di giardini botanici che si estendono su una superficie di 101 ettari, di cui circa 17000 metri quadri coperti, grazie alla presenza di due enormi e spettacolari serre, la Cloud Forest e il Flower Dome (a pagamento). La prima ricrea l’ambiente di una foresta pluviale a 2.000 mt di altitudine, mentre la seconda è la più grande serra del mondo in vetro, il cui interno è caratterizzato da climi di tipo mediterraneo e semi arido. Bellissima la zona dei baobab e quella dedicata alle succulente. Cuore del parco è però una foresta di alberi giganteschi, ma del tutto artificiali, i Supertrees, alberi in cemento e acciaio, alti circa 50 metri, su cui si sviluppano giardini verticali ricoperti da migliaia di piante appartenenti a 200 specie diverse, e che dominano lo skyline di Singapore sud. Troverete inoltre una passerella aerea (OCBC Skyway), sospesa da cavi di acciaio tra alcuni alberi, da cui godere di panorami mozzafiato sulla foresta e su tutti i giardini della baia di Singapore.
Ogni sera viene realizzato uno spettacolo di luci e musica, con effetti luminosi e proiezioni multimediali, che accende letteralmente i Supertrees, creando un ambiente magico e fiabesco… in puro stile Avatar! Difficilmente abbiamo assistito ad uno spettacolo del genere, siamo rimasti letteralmente incantati… suggeriamo di goderselo sdraiati a terra, direttamente sotto agli alberi, o dal ponte panoramico.
Ci innamoriamo letteralmente di questo posto, dal quale non vorremmo più andare via, e infatti trascorriamo gran parte del giorno successivo a passeggiare in questo mondo verde e futuristico, provando anche il brivido di un giro sul monopattino elettrico lungo la baia. Il resto della giornata è dedicato allo shopping nella zona di Orchard Road, cuore commerciale della città, coi suoi numerosi centri commerciali e boutique di alta moda. La sera assistiamo allo spettacolo delle fontane, con giochi di luce e musica di fronte al Marina Sands e saliamo all’ultimo piano dell’hotel per godere ancora per una volta della vista della città.
L’ultimo giorno primo del volo di rientro, decidiamo di visitare i Singapore Botanic Gardens, un parco che si estende per oltre 74 ettari, dichiarato patrimonio Unesco, dove ci rilassiamo passeggiando in questa immensa oasi di verde e pace fuori dal caos cittadino. Magnifico il giardino delle orchidee, dove sono coltivate oltre 60000 piante appartenenti a 1000 specie diverse, e la zona della foresta pluviale urbana. Il parco è immenso, penso occorra almeno un giorno intero per visitarlo, inoltre è completamente gratuito, vi si può praticare sport, fare un pic nic a bordo del lago dei cigni, o rilassarsi sull’erba all’ombra degli alberi.
È arrivato il momento di andare a recuperare i bagagli e tornare a casa, purtroppo!
Alla conclusione di questo bellissimo viaggio, siamo contenti per come sono andate le cose, avendo avuto la possibilità di scoprire due realtà profondamente diverse ma entrambe uniche.
Bali ti resta nel cuore, è il luogo ideale per ritrovare la pace, la serenità e la voglia di vivere e perché il sorriso dei suoi abitanti è contagioso.
È un’esplosione di colori, verde come la fitta vegetazione che domina su tutta l’isola e blu come l’oceano che la circonda.
Singapore ci ha stupito per la sua capacità di conciliare passato e futuro, per essere così tecnologica e così verde allo stesso tempo, per la sua efficienza, sicurezza, per la convivenza pacifica tra il mix di razze dei suoi abitanti.