Alla conquista delle Highlands

Era l'anno del Signore 1998 quando il 6 novembre decisero di rentare 60 cavalli col motore a scoppio per avventurarsi nel profondo nord. Il tutto cominciò al momento del ritiro della vettura scortate da un esperto di "keep left and look right". Dopo la prima roundabout (pronuncia original scottish RUNDABUT, consultare l'esperto from Brembana...
Scritto da: Giulia Cb
alla conquista delle highlands
Partenza il: 06/11/1998
Ritorno il: 08/11/1998
Viaggiatori: in gruppo
Spesa: 500 €
Ascolta i podcast
 
Era l’anno del Signore 1998 quando il 6 novembre decisero di rentare 60 cavalli col motore a scoppio per avventurarsi nel profondo nord.

Il tutto cominciò al momento del ritiro della vettura scortate da un esperto di “keep left and look right”. Dopo la prima roundabout (pronuncia original scottish RUNDABUT, consultare l’esperto from Brembana Valley) tutto pareva essere più facile. Salutato il driving instructor Mimì e Cocò recuperarono Cagamucazzo ed il lungo ed interminabile viaggio ebbe inizio.

Sicure di aver compreso ed assimilato tutte le nozioni per una perfetta guida anglosassone al primo incrocio di Glasgow infilarono la corsia di destra. No panic, la navigatrice Mimì, alias Claudia, corresse immediatamente la rotta.

Perfetto fu l’ingresso nella motorway… Visto il traffico in entrata pareva Cormano direzione Laghi.

La guida a sinistra in fin dei conti è una cazzata, se ti ricordi di imbottire la portiera di destra di gommapiuma, viste le continue manate alla ricerca del cambio perduto.

A parte questi piccoli traumi da principianti ti devi misurare con le miglia/h e le yards. Dopo circa 150 miglia buttando l’occhio sulla sinistra ti puoi accorgere che quegli originali e vezzosi cartelli con disegnata una macchina fotografica modello ‘800 non sono altro che avvertimenti di “speed camera”, per chi non avesse mai pensato al rigoroso limite di velocità. E quindi quasi giunte a Inverness, Mimì e Cocò posero la fatidica domanda “ma quale sarà mai il limite di velocità?” e Cagamucazzo nel frattempo dormiva.

Pensando di essere ormai giunte alla meta Mimì e Cocò svegliarono Cagamucazzo che sentenziò “altri 45 minuti in direzione nord, uscita Tain” (da non confondere con Taino, sponda lombarda del Loch Maggiore).

Le noiose nostalgiche degli esodi vacanzieri Made in Italy si imbatterono in 3 miles di coda in uscita da Inverness. Immancabile la raffica di bestemmie: dopo miglia di deserto montuoso e innevato la domanda fu d’obbligo “Ma dove sono le case di tutte queste anime?!?”… E iniziaro a credere alle leggende dei fantasmi scozzesi.

Orgogliose di aver superato in scioltezza la coda e le ulteriori 40 miles a nord, abbandonarono la strada maestra alla volta di Tain, ma la destinazione finale non era quella. Un coro si levò “Cagamucazzo, ma qual’è il nome del paese?” Tra uno sbadiglio e l’altro pronunciò il fatidico nome Edderton. Voi vi chiederete dove sarà mai. Sali e sali a nord, non puoi sbagliare. Mim’ e Cocò tremarono alla vista di una luce in lontanza: ma sarà mica il traghetto in attesa per le Isole Orcadi?!? E il darkness non era mai stato così darkness come quella notte, ma un riflesso ruppe il buoi per un attimo: Edderton esisteva. Quattro baite e un campo di roulottes.

Dal rastrellamento delle cassette della posta a casa di Barn emersero le chiavi. Era così giunta l’ora dell’ultima fase: scova la strada secondaria che porta al cottage Polgarje.

La pioggerellina sottile accompagnò la perlustrazione delle varie stradine infangate fino a che Mimì, Cocò e Cagamucazzo trovarono la Patterson Farm di Vanni e Pacciani interpretata per l’occasione come agenzia di soggiorno. Lindicazione di Pacciani per trovare la baita poteva essere prevedibile “sempre avanti, sempre a nord”. Un’ultima domanda fu ritenuta d’obbligo per l’organizzazione della permanenza “a che ora sorge il sole?”… E furono catapultate nella dimensione reale del luogo con la risposta di Vanni “veramente qui il sole non lo vediamo molto…”. Da brave donne du sud incassarono la tragica notizia e il sogno di veder spuntare il sole all’orizzonte svanì nella nebbia.

Eccolo è lui finalmente, Cocò, alias Giulia, un poco spaventata esclamò vedendo il custode “Non scendete dalla macchina, quello è un Pittbull”, ma in pochi secondi era scattata la fase “foto ricordo della pecora”.

Il cottage versione igloo fu presto trasformato in una tana di anaconde, grazie all’heater portato da casa.

Il classico 1/2 Kg di pasta e via alla volta del pub, gentilmente indicato dalla padrona di casa tramite mappa handmade… “ma Cagamucazzo dov’è sto posto?”… E dopo 5 miles sempre a nord nella landa deserta per non perdere il vizio… E l’orientamento, dietro front alla ricerca di un altro pub, uno vero.

E vai e vai arrivi a Tain, questa volta a sud, con tanto di ola alla vista del cartello Tennent’s… “Suvvia entriamo”. In Scozia perdi il confine tra realtà e fiction. Passeggi nelle cartoline e partecipi da protagonista al ciackmovie. Classica scena da far-west (ruota di 90° la tua bussola e sarai con noi nel far-nord) si spalancò la porta del saloon e all’entrata di Mimì, Cocò e Cagamucazzo il silenzio regnò sovrano e gli sguardi furono bloccati… Tadaaaaa… Surprise… Tre donne… Visibilmente straniere (la differenza la fanno gli strati di lana), superato lo sconcerto iniziale la birra ricominciò a scorrere.

Venne il giorno seguente.

Il risveglio portò dolci scoperte: nel raggio di 5 miglia non c’era nessuno, solo splendide distese di erba e pecore, fatta eccezione per qualche mucca cara a Pacciani. E quelle che si aspettavano il tutto compreso per l’ospitalità non avrebbero mai immaginato che il bagno in camera era in versione salviettine Fresh & Clean data la tardiva scoperta dell’interruttore water pump.

E via alla scoperta della zona.

A Portmahomack per raccogliere conchiglie, granchi e una stella marina, tappa a Tarbat Ness con tanto di approdo sulla scogliera di foche e varie specie animali scandinave. Per chi non lo avesse ancora capito siamo al 58° di latitudine nord e al 4° di longitudine ovest.

Passato il ponte sul Dornoch Firth con tanto di cartelli vento da sinistra e attenzione agli aerei… “ma atterreranno mica sul ponte?!?”… Arrivi a Dornoch per trovare la chiesa 1220, il fu castello ora hotel e la witch’s stone, immurata in una casa… Per questa volta non ci bruciano.

Lasciata la ridente localià balneare, prosegui per Golspie ma sbaglaindo i calcoli per il darkness, arrivi ad uno dei più famosi castelli, il Dunrobin Castle, al calare delle tenebre… Le foto non servono, trovi una cartolina nel giornalaio del paese, unico negozio disponibile per turisti.

Per cena una soup molto scottish e per secondo spaghi… Pub… Nanna… Ormai è un classico.

La domenica trasformò il sogno in realtà: lo slogan ufficiale delle ABBRONZATISSIME TOUR OPERATOR “il sole è smpre garantito” fornì un’alba highlandese (da non confondere con tailandese perché di massaggi non se ne è parlato) cielo azzurro, luce giallorosacea, prati verdi, toni autunnali e un imprevedibile scirocco accompagnarono la passeggiata in pigiama intorno al cottage (cosa chiede di più per bruciare il classico rullino da 36).

Partirono alla scoperta delle meraviglie di Inverness e del Loch Ness gasate non solo dallo splendore del sole ma anche dalla tentazione di stanare il MOSTRO.

I ripetuti appostamenti portarono a Drumnadrochit, alias uffico di rappresentanza del mostro, e la domanda nacque spontanea “Ma il mostro cammina?” Infatti l’ufficio dista about 2 miles dal lago. E qui crollò il mito di Nessie insieme al classico detto italiano “Lago di Loch Ness” perché per chi ancora non lo sapesse IL LOCH L’E’ IL LACH E EL MUSTER L’HA CIAPA’ EL NOM DAL NESS.

Si suggerisce l’investimento di 3.5£ per l’Urquhart Castle, quattro sassi in croce con tanto di container, alias shop, evitato dalla classica famigliola di gitanti italiani, riconoscibili dall’urlo “Ti ho detto di metterti la giacca” e dall’immancabile cellulare del padre, probabilmente ingabolato per telefonare a Nessie.

Proseguendo a sud Fort Augustus sorprese Mimì, Cocò e Cagamucazzo: il canale di Caledonia taglia in due il piccolo borgo, per quelle che non si aspettavano certo una variante del Naviglio Pavese.

Non male neanche trovare la festa degli alpini in kilt sulla strada per Fort William. Sullo sfondo del Ben Nevis (la più alta vetta in Britain), fu inutile cercare una seconda Cortina: foto con cervo a mo’ di rifugio alpino per assaporare un’atmosfera di casa.

Il ritorno a Glasgow vide una escalation dell’esasperazione con la strada che diventava sempre più buia e stretta. Unico respiro dato dall’aperitivo delle 6.30 pm che fu consumato sulla sponda più cupa del Loch Lomond.

Il tour contò 580 miglia.

Tappa al residence universitario e gita finale a “Marghera” per salutare il mare e raggiungere le 626 miglia. Eh si, Gourock è proprio una tristezza infinita, non vale neanche come scenografia di un film nichilista.

Soddisfatto ogni sfizio da Highlands, anche se Cocò sogna ancora Ullapool, le ABBRONZATISSIME TOUR OPERATOR saluta e ringrazia.

Alla prossima.



    Commenti

    Lascia un commento

    Leggi anche