Alby e Roby tra i parchi dell’ovest

Quest’anno dopo la splendida esperienza dello scorso anno in Australia Alberto ed io (Roberta) abbiamo deciso di fare un altro viaggio fai da te e dopo diversi mesi d’indecisione abbiamo optato per gli stati uniti dell’ovest in particolare per i grandi parchi naturali tra California, Arizona e Utah. Oltre a noi due, quest’anno ci hanno...
Scritto da: albirobi
alby e roby tra i parchi dell'ovest
Partenza il: 14/08/2005
Ritorno il: 27/08/2005
Viaggiatori: fino a 6
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Quest’anno dopo la splendida esperienza dello scorso anno in Australia Alberto ed io (Roberta) abbiamo deciso di fare un altro viaggio fai da te e dopo diversi mesi d’indecisione abbiamo optato per gli stati uniti dell’ovest in particolare per i grandi parchi naturali tra California, Arizona e Utah.

Oltre a noi due, quest’anno ci hanno accompagnato nell’avventura anche Giorgio ed Elisabetta.

Io e Albi siamo partiti da Venezia il 13 agosto alla volta di San Francisco (per risparmiare qualche soldino abbiamo fatto scalo sia a Madrid che a New York e abbiamo volato con l’Iberia).

Siamo arrivati a San Francisco verso le 21 ora locale, ma tanto era il rimbecillimento che non abbiamo neppure guardato con quale mezzo era più conveniente raggiungere il nostro hotel in centro e così ci siamo affidati ad un taxi collettivo guidato da un sud americano. Il tragitto fino all’hotel è stato abbastanza veloce; il Ramada Plaza si trova in Market Street e cioè piuttosto in centro. L’hotel è discreto e comodo al centro anche non proprio economico ma con il senno di poi avendo sentito le esperienze di alcuni amici che hanno dormito in mezzo agli scarafaggi per risparmiare 20€ direi che ci è andata bene.

Giorgio e Betta che sono partiti 6 gg prima di noi per fare tappa anche a New York ci raggiungono la sera stessa all’hotel.

Il jet lag non è stato così pesante perché su consiglio di Betta ci siamo presi una pastiglietta di melatonina prima di dormire (la si trova in farmacia, non è un medicinale e costa poco!) e questo ci ha molto aiutati.

14 agosto San Francisco La mattina successiva dopo una colazione da Starbucks, eccoci pronti per visitare le strade di San Francisco, tuttavia rimaniamo sorpresi dal freddo pungente e dai numerosi barboni che bivaccano lungo Market street. Come prima cosa decidiamo di prendere il famoso Cable car vale a dire il tram di San Francisco che èl’ideale per muoversi dato che le strade sono piuttosto ripide, lìesperienza vale la pena di essere fatta.

Andiamo subito al Fisherman’s wharf dove si può mangiare dell’ottimo granchio (naturalmente noi non ce lo facciamo scappare) e al pier 39 dove vediamo i famosi leoni marini e numerosi negozi per turisti. Girovaghiamo curiosando qua e là poi ritorniamo verso il centro, questa volta a piedi, per camminare ammirando le case vittoriane e alla ricerca di Lombard street. Alla fine raggiungiamo la strada più famosa di Frisco, Lombard streeet appunto che a detta delle nostre guide è la più tortuosa al mondo! Tornando verso l’albergo passiamo per china town e ci fermiamo a Union square per vedere qualche mega negozio (io e albi vorremo comprarci la telecamera, ma alla fine rinunceremo).

Torniamo piuttosto tardi in albergo e così decidiamo di andare a prenderci da mangiare al Burger king di fronte e di cenare in camera; Alberto abbagliato dai big menu a prezzi modici decide di scegliere il king size mentre noi ci accontentiamo di un medium/small. Facciamo così la conoscenza delle “dimensioni americane”: tutto è immenso, grandissimo alla faccia della fame nel mondo e della paura di ingrassare! Albi si ritrova un panino enorme un kg di patatine e l’equivalente di 1 litro e mezzo di coca cola con altrettanto ghiaccio: assurdo! Naturalmente abbiamo imparato la lezione: il “big” non fa per noi.

15 agosto San Francisco A fine luglio abbiamo prenotato l’escursione ad Alcatraz con la blue & gold fleet (costo 16 $ con audio guida) ed eccoci qui al pier 41 puntuali partenza delle 10.45 avvolti da una nebbia mai vista! Partiamo alla volta di quest’isola nella baia di San Francisco che è stata un carcere di massima sicurezza dove sono stati “ospiti” alcuni criminali famosi come Al Capone. Dopo un giretto a piedi decidiamo di entrare, indossiamo le nostre cuffiette e ascoltiamo il racconto del carcere e dei suoi prigionieri; la storia è molto interessante e suggestiva, la considerazione che ci viene da fare è che senza l’audio guida non vale neppure la pena andare ad Alcatraz.

Ritornati al molo decidiamo di dividerci: Giorgio ed Elisabetta vanno a Berkeley a visitare il campus universitario mentre Alberto ed io andiamo a fare un po’ di shopping e a visitare il Financial district con l’intenzione di salire sulla Transamerica pyramid (260 mt). Facciamo un po’ di shopping al Pier 39 dove acquistiamo una splendida stampa in bianco e nero del Golden gate che si posizionerà giusto affianco a quella della baia di Sydney che abbiamo preso l’anno scorso! Poi attraverso l’embarcadero visitiamo la zona finanziaria: è la prima volta che ci troviamo tra edifici così alti e facciamo un po’ fatica ad orientarci! Finalmente arriviamo all’entrata della “Pyramid” e domandiamo al portiere se è possibile salire per vedere il panorama; purtroppo la risposta è negativa; il portiere ci spiega che da quando l’edificio è stato acquistato da un gruppo olandese (non saranno mica quelli dell’Abn Amro tanto discussi in questo periodo?) per motivi di sicurezza non fanno salire più nessuno.

Dispiaciuti ce ne andiamo a fare un altro giro da Macy’s e poi al negozio della Aple alla ricerca di una videocamera…Dopo estenuanti ricerche decidiamo di mollare soprattutto perché non siamo convinti che gli standard americani siano compatibili con i nostri, anche se i prezzi più bassi ci hanno più volte tentati.

Alla fine torniamo in albergo dove ci ritroviamo con Giorgio ed Elisabetta, una rapida doccia e poi decidiamo di sfidare la sorte e la Lonely Planet andando a cenare nel quartiere di Mission. Sfidiamo la sorte perché questo non è un quartiere molto consigliato di sera e sfidiamo la Lonely p. Perché come guida sugli Stati Uniti secondo noi non è così affidabile come invece lo era stata per l’Australia; vogliamo infatti provare un ristorante messicano tra quelli consigliati.

Prendiamo la metro usciamo a Mission e facciamo qualche metro…L’atmosfera non è che ci dia molta sicurezza tuttavia ci sono diversi ristorantini che ci ispirano facciamo un breve summit entriamo nel Pancho Villa taqueria; il locale è super suggestivo…Ci sono solo americani e anche di quelli piuttosto casinari! Non capiamo quasi niente e ci affidiamo all’istinto: il miglior messicano della nostra vita, assolutamente da consigliare! La cena non è molto digeribile per i nostri stomaci poco abituati al piccante ma ne siamo molto soddisfatti e soprattutto arriviamo all’hotel sani e salvi! 16 agosto Sausalito-Yosemite Oggi giorno di partenza dopo la solita colazione da Starbucks mentre io e Betta aspettiamo nella hall dell’albergo spettegolando, Alby e Giorgio vanno a prendere la nostra macchina al noleggio Budget.

Siamo un po’ titubanti perché in realtà abbiamo scelto il modello un po’ a caso ed il prezzo per 15 gg non ci sembrava alto (720 usd) quindi abbiamo paura di avere sbagliato qualcosa.

Dopo circa un’oretta i baldi giovani tornano con il bolide: un Ford freestar (?) enorme, dove stiamo comodamente noi 4 e le nostre fantasmagoriche valigie!!! Siamo pronti per partire alla volta dello Yosemite national park. Decidiamo di attraversare il Golden gate e di fare tappa a Sausalito una splendida cittadina di pescatori vicino a SFO. Una volta passato il ponte troviamo il sole e quindi possiamo finalmente fare delle foto decenti al ponte rosso più famoso del mondo. A Sausalito ci fermiamo in un bar/ristorantino dove conosciamo un italiano che vive negli States da molti anni e che fa il meccanico di auto di lusso. Scopriamo che negli USA si può fare qualsiasi tipo di modifica all’auto basta che chi la fa si assuma le responsabilità nel caso di incidenti etc. L’allegro signore è il titolare di un’autofficina (http://www.Valtellina-automobili.Com/main_1.Html) ed è il nipote del mitico pilota Omobono Tenni (a cui è intitolato lo stadio di calcio del Treviso) e disprezza la maggior parte degli americani sostenendo che sono degli ignoranti di prima categoria e primo fra tutti George W. Bush. Lasciamo questa macchietta di uomo per dirigerci verso il parco più famoso della California: lo Yosemite; qui abbiamo prenotato il Bestwestern fuori dal parco a Mariposa. Lasciamo i bagagli in camera e ci dirigiamo verso il parco; la strada si rivela più lunga del previsto, ma alla fine arriviamo e compriamo il National park pass (50 $ dura un anno e si possono visitare tutti i parchi naturali degli States) che è valido per la nostra auto e per noi quattro. Ci dirigiamo subito a vedere le Bridalveil Falls delle cascate splendide e da qui ammiriamo uno dei simboli di Yosemite (che si pronuncia “iosemiti”) cioè El Capitan che è la più alta falesia del mondo. Purtroppo sta diventando buio e quindi dobbiamo tornare indietro verso il nostro hotel; dopo una breve doccia decidiamo di mangiare in uno dei posti lungo la strada: la cena è discreta ma niente di eccezionale e la carta da parati è a dir poco orribile, ma noi da buoni italiani e siamo troppo esigenti da questo punto di vista! 17 agosto Yosemite-Sequoia Questa mattina dopo una lauta colazione in albergo riprendiamo le valige e ci dirigiamo verso il parco abbiamo intenzione di vedere qualche altro posticino anche se il tempo è poco e non possiamo fare delle escursioni vere e proprie. Decidiamo di veder il Glacier point che è uno spuntone di roccia che si trova a circa 1000 metri e da dove si può ammirare tutta la vallata, le Yosemite falls e l’Half Dome un altro dei simboli dello Yosemite.

Tornando indietro decidiamo di fare un pic nic lungo il fiume Merced, gli intrepidi Alberto e Giorgio faranno anche un bagno nell’acqua gelida sentendosi così dei piccoli esploratori.

La prossima meta è la Mariposa Grove la foresta delle sequoie giganti; sono molto eccitata di vedere queste meraviglie della natura. La cosa pazzesca di queste piante è che si concentrano in alcune zone specifiche dove trovano le condizioni adatte alla loro crescita: hanno bisogno infatti di molta acqua e di particolari condizioni del terreno; inoltre il loro legno non è pregiato e questo le ha preservate dalla mano umana.

Arriviamo all’inizio della foresta e rimaniamo stupefatti dall’imponenza di queste piante: ma quanto grandi sono? Nelle foto abbiamo dovuto sempre paragonarle ad una persona altrimenti non si riusciva a dare l’idea delle reali dimensioni! Facciamo il tour con audio guida naturalmente in tutte le lingue tranne l’italiano! Ascoltiamo la spiegazione in inglese e in spagnolo facendoci una cultura sulle sequoie e su come i rangers abbiano imparato a conservarle anche con l’aiuto di incendi controllati. Il giro è stato piuttosto interessante e ce ne torniamo in auto soddisfatti della nostra visita, consapevoli del fatto che le più grandi sequoie le vedremo il giorno dopo al Sequoia National Park.

Dobbiamo quindi lasciare Yosemite dall’uscita sud e dirigerci verso Three Rivers attraverso la 99 sud passando attraverso Fresno e Visalia. Three rivers è un paesino piuttosto piccolo posto proprio fuori dal Sequoia natural park, qui abbiamo prenotato al Sequoia Motel, pulito e modesto: quando proviamo ad entrare in camera la maniglia ci rimane in mano!!! Alberto e Giorgio sfruttano la piscinetta e poi data l’ora tarda andiamo a mangiare in paese dove troviamo solo un ristorante messicano che c’ispira. Naturalmente siamo gli ultimi avventori dato che sono le 8 passate (gli americani mangiano presto!!!) ma i piatti non sono solo messicani e mangiamo insalate, carne ecc direi piuttosto bene. Prima di dormire mentre siamo nel giardino del motel a chiacchierare e guardare le stelle sentiamo degli strani versi: questa è una zona di orsi e la padrona del motel in entrata ha messo diverse foto fatte da lei di orsi che si sono avvicinati pericolosamente agli edifici! Io personalmente sono piuttosto impaurita e anche se i maschietti fanno i gradassi hanno anche loro un po’ di paura: abbiamo letto cartelli ovunque sulla pericolosità degli orsi che di notte soprattutto attirati dall’odore del cibo dei turisti e si avventano su tende ed automobili alla ricerca di qualcosa da mangiare! Un po’ turbati da questi versi insoliti andiamo a dormire perché il giorno dopo ci aspetta un lungo viaggio! 18 agosto Sequoia-Ridgecrest Questa mattina presto partiamo per visitare la sequoia più famosa del mondo: il Generale Sherman.

Questa pianta enorme potrebbe avere tra i 2300 e i 2700 anni, è alto 83 metri e ha un diametro che si aggira intorno agli 11 metri: un colosso. La sequoia non ci delude affatto e rimaniamo veramente a bocca aperta, oltre al Generale ci sono sequoie enormi un po’ dappertutto e noi non perdiamo occasione per farci numerose foto. Facciamo colazione al visitor center dove io acquisto l’immancabile magnete da portare a casa come ricordo.

Uscendo dal parco decidiamo di andare a Moro rock: uno spuntone di roccia da cui ammiriamo il paesaggio; la salita breve ma intesa è sconsigliata a chi ha problemi di cuore ed una volta arrivati in cima vi consigliamo di tenere i bambini saldamente per la mano data la pericolosità del posto e l’inadeguatezza delle barriere. Mangiamo al visitor center e poi partenza verso Ridgecrest la tappa intermedia che abbiamo deciso di fare per poter visitare la Death Valley al mattino presto evitando così il caldo. A pranzo ci fermiamo in un paesotto chiamato Porterville dove facciamo tappa in un mega supermercato per comprare il cibo per il pranzo. Il paese, una tristezza, non offre assolutamente niente nemmeno dei giardini pubblici dove metterci a mangiare, quindi dobbiamo fermarci in un parcheggio all’ombra di qualche albero per consumare lì il nostro lauto pranzo a base di panini con formaggi dagli improbabili colori e squisitissime pesche della California. Apro una parentesi a favore della frutta locale che si è rivelata ottima dolcissima e succosa: complimenti ai contadini californiani.

La strada che ci porterà a Ridgecrest è di una desolazione infinita: vediamo perfino un avvoltoio che mangia il cadavere di un vitellino!!! Sembrano le scene dei film, incontriamo sì e no una macchina per circa 150 km, passando attraverso paesini sperduti di allevatori e capendo per la prima volta nella nostra vita come mai tanti americani si arruolino nell’esercito: non ci sono alternative se abiti in uno di questi paesi!!! Prima di arrivare alla cittadina dove pernotteremo in un bel Confort inn ci troviamo su di un lungo rettilineo in discesa che rappresenta per noi lo stereotipo delle strade americane: completamente vuota per chilometri…Ci fermiamo quindi per fare qualche foto al tramonto. Arriviamo a ridgecrest sul tardi e prendiamo possesso della nostra camera; questa volta abbiamo deciso di dormire in 4 in un’unica stanza per risparmiare qualche dollaro; (prima di partire per gli Usa ci avevano suggerito di approfittare del fatto che i letti (anche i queen) sono piuttosto spaziosi per noi europei e quindi si può dormire in 4 in una camera che per gli americani è da due risparmiando quindi il 50%!).

Alberto e Giorgio si offrono volontari per andare a comprare qualcosa da mettere sotto i denti mentre Elisabetta ed io li aspettiamo in camera; dopo 40 minuti eccoli arrivare con pizza, hamburger, litri di coca, melone e con la descrizione dell’avventura linguistica con la vocina del drive-tru! Cadiamo stremati sul letto anche perché la sveglia del giorno dopo sarà alle 4! 19 agosto Ridgecrest-Death Valley-Las Vegas Sveglia all’alba e colazione al Confort inn dove Alberto decide di provare, nonostante quello che abbiamo ingurgitato la sera prima, le cialde con lo sciroppo d’acero che a suo dire sono fantastiche.

Partiamo alla volta della Death valley molto curiosi di vedere questa meravigliosa depressione (fino a 87 m sotto il livello del mare!)caratterizzata da laghi salati, dune ed altri straordinari paesaggi.

Dopo aver visto le sand dunes: dune tipo “sahara” nel bel mezzo della valle della morte decidiamo di andare a fornace Creek (per gli appassionati di soap opera trattasi del luogo di nascita di Amber Smith di Beautiful!) che è l’unico agglomerato di questo parco nazionale. Qui oltre ad un campeggio, un albergo, un distributore e poco altro si trova il visitor center che troviamo piuttosto interessante. Data l’ora siamo i primi avventori approfittiamo per dare un occhiata in giro, per comprare un paio di poster tra cui uno dedicato ai famosi sassi rotolanti della death valley; guardiamo anche il documentario proposto nella sala proiezioni che ci aiuta a conoscere i posti più belli della death valley.

Fa piuttosto caldo (40 ° C) e sono circa le 9 am quindi decidiamo di andare subito a vedere Zabriskie Point (forse il nome vi ricorderà qualcosa perché è stato ripreso da un film di Antonioni), uno degli scorci più suggestivi della California.

Rimaniamo letteralmente senza fiato (sarà colpa del caldo?!) alla vista del paesaggio di rocce scavate da acqua e vento e che assumo le più diverse sfumature del beige; praticamente finiamo qualsiasi memory card della fotocamera digitale comunque ne vale veramente la pena.

Il luogo seguente è il lago salato, in realtà dovevamo recarci al punto chiamato Devil’s Golf Course ma la strada era chiusa e quindi decidiamo di avvicinarci ai residui di sale camminando tra i sassi senza seguire un sentiero. Il caldo si fa sentire con prepotenza tant’è che per fare 50 m a piedi ci beviamo un bottiglietta d’acqua in due! Decidiamo di andare anche a Badwater (lo stagno salato) ma qui c’è tanta gente e la nostra passeggiata sul sale l’abbiamo fatta e quindi ce ne andiamo subito diretti a Dante’s view ma anche qui troviamo la strada chiusa (abbiamo provato ad addentrarci ma quando gli americani dicono che la strada è chiusa un motivo c’è) e quindi torniamo in indietro e usciamo dal parco alla volta della prossima meta: Las Vegas.

Siamo piuttosto eccitati all’idea di vedere la “city of blinding lights” (come cantano i mitici U2) o meglio conosciuta come la città degli eccessi. Appena passato il confine tra California e Nevada capiamo che qualcosa è cambiato: ci sono hotel casinò ovunque, e mentre mangiamo qualcosa al burgy vediamo l’insegna di un grande magazzino dove tra le altre cose vendono gioielli e armi!!!In realtà questo sarà l’unico approccio tra noi, gli americani e le loro armi: per fortuna! Avvicinandoci dalla 160 vediamo spuntare i fantasmagorici edifici di Vegas in mezzo al nulla, sì per che come molti sanno Las Vegas sorge in mezzo al deserto del Nevada.

Ci imbottigliamo nel traffico della strip (la strada principale di Las Vegas dove si affacciano tutti i più importanti casino) alla ricerca del nostro hotel: il Circus Circus; abbiamo deciso di pernottare in un casino perchè non si può andare a Las Vegas e non dormire in uno dei suoi casinò. Tuttavia la nostra camera si rivelerà abbastanza schifosetta e localizzata in uno degli edifici, detti block staccati dal tronco principale del casinò.

Finalmente arriviamo al parcheggio del casinò ed è ora del check in: che noia 45 minuti di interminabile attesa per fare la registrazione! Andiamo in camera ci mettiamo il costume e voliamo in piscina: il caldo è tanto e bisogna per forza stare in acqua ma siamo talmente eccitati e vogliamo andare a vedere la città.

Ci cambiamo e ci vestiamo piuttosto leggeri perché sono solo le 6 e dobbiamo camminare lungo la strip; ci viene il torcicollo perché camminiamo per chilometri con la faccia all’insù e vediamo un’infinità di casinò da Tresure island ( dove assistiamo allo spettacolo delle sirene: niente di ché) poi andiamo al Paris, al New York New York al Bellagio…Compriamo dei sani gadgets per amici e parenti; nel frattempo passano le ore e siamo attorniati oltre che da turisti stranieri anche da americani notevolmente sovrappeso e da immigrati sudamericani che offrono bigliettini da visita con ragazze nude.

Qui vige l’eccesso in ogni sua manifestazione dal cibo, all’alcol, dal sesso, al lusso, …Rimaniamo veramente stupefatti e attoniti! Dopo una marea di chilometri a piedi e grazie agli infradito io faccio perfino le vesciche hai piedi e mi devo comprare un paio di scarpe da ginnastica per sopportare il tragitto di ritorno; con Alberto decidiamo di andare a mangiare in uno dei tanti buffet dove si paga un fisso e si mangia quanto si vuole.

Entriamo in uno degli storici casinò di Vegas il Flamingo e andiamo al buffet dove mangiamo l’inverosimile dai gamberoni alla sacher e beviamo liberamente per solo 16 usd a testa, con tanti di vista di un giardino con i fenicotteri rosa; la cena va benissimo e se non fosse per l’aria condizionata a palla, prerogativa degli ambienti statunitensi, saremmo rimasti lì a goderci perfino il caffé e l’amaro.

Per tornare al Circus dove abbiamo appuntamento con Giorgio e Betta prendiamo un’infausta decisione: saliamo sulla metropolitana di superficie. In teoria la metro ci dovrebbe portare vicino all’albergo invece scopriamo che la nostra fermata si trova a circa un paio di chilometri dal “nostro” Circus e per arrivarci ci perdiamo e camminiamo invece per 4 km, tra le imprecazioni di Albi.

Arriviamo dai nostri amici con circa 1 ora di ritardo e completamente distrutti ma la febbre del gioco si fa sentire e dopo aver provato qualche slot machine solo per il gusto di farlo, Alberto e Giorgio dall’alto della loro esperienza al casino di tessera/Venezia si siedono al tavolo della roulette dove naturalmente non capiamo nulla delle regole ma alla fine ce ne andiamo con un bilancio complessivo di circa più 10 $ (tutti di Giorgio n.D.R.) 20 agosto Las egas-Zion La mattina seguente dobbiamo partire alla volta del parco nazionale di Zion nello Utah, prima però dobbiamo fare colazione e quindi ci mettiamo in auto alla ricerca di un posticino che ci convinca, passiamo così sotto la torre dello Stratosphere e notiamo che sulla sua sommità ci sono delle giostre paurose, ne rimaniamo talmente affascinati che decidiamo di tornarci il giorno 25 quando saremo di ritorno a Las Vegas. Staimo passando nella LV vecchia che abbiamo imparato a conoscere con i video degli U2 (ebbene sì sempre loro!) e con la serie tv CSI, sempre alla ricerca di un posto dove fare colazione quando ci perdiamo e capitiamo come per magia davanti ad un agglomerato di edifici bassi color beige con un insegna che per noi sarà magica: OUTLET!!!! Una breve occhiata tra di noi e decidiamo che Zion può aspettare mentre lo shopping sfrenato no! Sembriamo bambini a disneyland altro che i casinò, noi qui abbiamo trovato la nostra perdizione! Avevamo molto sentito parlare dei famosi outlet americani che equivalgono a mega centri commerciali con negozi di marca a prezzi super abbordabile soprattutto ora che il dollaro è piuttosto basso, ecco che finalmente li possiamo visitare. Come lupi famelici ci infiliamo tra gli scaffali di Nike, Ralph Loren, Calvin klein e altri dove facciamo incetta di tute, t shirt, pantaloni e scarpe un vero paradiso per noi ma una sorta di inferno per le nostre carte di credito a cui avevamo saggiamente aumentato i massimali prima di partire! Le ore passano ed è già ora di pranzo, ci spariamo il solito hamburger e siamo pronti per partire, il viaggio è piuttosto breve circa due orette e così arriviamo a Springdale una cittadina veramente carina alle porte del parco di zion dove abbiamo prenotato al Quality inn; l’hotel è nuovissimo con camere spaziose pulitissimo la porta scorrevole con vista sulle montagne e tutto sommato anche poco costoso.

Andiamo all’entrata del parco e scopriamo che è visitabile a piedi o con un autobus navetta, gli esperti del parco infatti si sono accorti che il traffico dei veicoli dei turisti era troppo inquinante e quindi hanno deciso di vietarlo. Dopo qualche fermata e l’incontro ravvicinato con uno splendido cerbiatto, arriviamo al capolinea dove scendiamo e decidiamo di fare un percorso a piedi di qualche chilometro, le pareti rocciose che ci circondano hanno uno splendido colore rosso accentuato dal fatto che siamo al tramonto; siamo molto felici della nostra camminata in mezzo alla natura; tuttavia dato che non siamo dotati di pedule o scarponi da montagna, non possiamo proseguire nel percorso che attraversa il torrente di zion così stiamo qualche minuto ad osservare gli intrepidi turisti che a piedi nudi si avventurano tra le rocce scivolose e l’acqua gelida! La luce si fa sempre più debole e anche se arriviamo fino alle Emerald pool non possiamo ammirarle nella loro bellezza perché ormai si è fatto buio e dobbiamo tornare indietro se non vogliamo perderci in mezzo ai boschi.

Sta sera andiamo a cena in un posticino consigliato dalla Lonely planet il Bit & Spur restaurant and saloon dove mangiamo all’aperto una super bisteccona; alla fine la carne (squisita) ci costerà però qualche soldino (cena completa 30 € a testa circa), ma il posto e la stellata ne valevano la pena.

21 agosto Bryce Canyon Questa mattina dopo un’allegra colazione al Quality inn partiamo alla volta di Bryce Canyon; per arrivarci dobbiamo fare un pezzo di strada del parco di Zion; qui facciamo un po’ di coda per la presenza di una stretta galleria che permette il transito solo in un senso di marcia. Dopo qualche tornante ci troviamo su di un altipiano meraviglioso ricco di verde e dove vediamo parecchi ranch e i bufali al pascolo. Siamo così felici per i paesaggi che stiamo vedendo dai finestrini del nostro super van! Lungo la strada ci fermiamo in un negozietto di due stanze con tutte le pareti e le mensole piene di oggetti diversi: dai cappelli alle tazzine, dalle targhe alle collane…Dopo aver scattato qualche foto ed esserci guardati un po’ in giro compriamo una targa in metallo con disegnata la statua della libertà e un paio di versi dell’inno americano; la targa come tutte le altre acquistate nei nostri precedenti viaggi ha già, nelle nostre menti, una collocazione precisa nel nostro appartamento.

Il nostro motel è il Bryce Canyon Pines che si trova lungo la highway 12 che porta a Bryce canyon, decidiamo quindi di fermarci prima di arrivare al parco. Visto da fuori non è un granché, però il panorama è splendido ed inoltre c’è anche una piscina coperta come subito ci fanno notare Giorgio e Alberto.

Le camere non sono ancora pronte e quindi ci dirigiamo verso Bryce.

Decidiamo di andare subito al Lodge dove vogliamo prenotare un’escursione a cavallo, purtroppo, però non ci sono posti disponibili neanche per il giorno dopo: niente paura faremo una breve escursione a piedi. Dal lodge ci dirigiamo verso il canyon, non siamo ancora riusciti avederlo a causa della vegetazione. Arriviamo al sentiero e poi guardiamo giù: eccolo il famoso Bryce Canyon! In realtà non è un vero e proprio canyon ma un altopiano calcareo (altezza tra i 2018 e 2748 m) di rocce arancioni e rosse caratterizzato degli hoodoos e cioè i camini delle fate in altre parole concrezioni a forma di candela. Rimaniamo tutti e quattro a bocca aperta per la meraviglia davanti ai nostri occhi e subito con le macchinette fotografiche scattiamo una miriade di foto che una volta a casa mai e poi mai renderanno l’ideadi questo spettacolo della natura.

Camminiamo verso il sunrise point e poi decidiamo di fare il sentiero che porta al queen garden all’interno del canyon, scendendo lungo il sentiero non possiamo far altro che guardarci intorno ammirando queste rocce con i loro splendidi colori e le loro forme più diverse! Non fa particolarmente caldo, forse perché siamo piuttosto alti e il cielo è un po’ coperto quindi la camminata risulta piuttosto agevole anche se non siamo attrezzati.

Tornati in cima ci sediamo in contemplazione ed in silenzio: questo è proprio un posto magico, dove basta guardarsi intorno per capire quanto siano necessario preserare con tutte le forse tali meraviglie che la natura ci offre.

Decidiamo di andare a vedere gli altri posti menzionati dal giornalino del parco e quindi prendiamo il van ed andiamo verso il Rainbow e Yovimpa point dove finisce la strada del parco; siamo a 2778 mt e si sente dal pizzicorio che ho nelle narici! Da qui si vede un paesaggio sterminato; con l’aiuto della cartellonistica del parco capiamo che la visibilità è di circa 270 km! E’ in questo punto che si può respirare l’aria più pulita di tutti gli stati dell’ovest; noi che abitiamo in una delle zone più inquinate d’Europa, la pianura padana, non possiamo fare altro che respirare a pieni polmoni. Io approfitto della quiete del posto per fare anche qualche semplice esercizio di yoga per favorire la respirazione e rinvigorire il fisico. I rangers del parco sostengono che da qui si possa intravedere la Monument valley, noi siamo anche dotati di binocolo, ma non riusciamo a capire se quello che stiamo guardando in lontananza sia veramente la Monument valley! Ritornando lungo la strada ci fermiamo in alcuni posti panoramici quali Ponderosa Canyon, Natural Bridge e Farview point, subito fuori dal parco, lungo la strada che porta al motel ci fermiamo al Ruby’s inn village dove facciamo un giretto tra le casette di legno e ci mangiamo un gelato che sinceramente ha poco a ché vedere con i nostri ma è una pausa golosa di cui avevamo bisogno! Andiamo anche nel mega negozio di fronte alla strada dove vendono un po’ di tutto: dai souvenirs più pacchiani ai capelli da cowboy che piacciono a noi, dall’attrezzatura da campeggio a cibarie varie. Albi decide di comprare la salsa BBQ da portare a casa dato che da noi non si trova ed io compro gli introvabili francobolli per le cartoline! Torniamo al nostro motel e mentre io ho l’ingrato compito di scrivere le cartoline Alby e Giorgio vanno in piscina dove conoscono un’insegnate texana con la figlia ed il moroso di questa.

Al tramonto il paesaggio fuori della porta del nostro motel è spettacolare e decido di immortalarlo con un paio di fotografie: un prato verde, dei pini, le montagne e l’arancione del sole: perfetto per un desktop! Siamo piuttosto in alto qui e alla sera fa freddo, ci vestiamo con i pochi vestiti pesanti che abbiamo e ci fiondiamo nel ristorante qui a fianco e che la signora del motel ha sponsorizzato molto calorosamente (ci credo è suo anche questo!) e che è la patria di una famosa torta di cui non ricordo il nome.

L’ambiente e molto accogliente con tendine ricamate alle finestre, e divanetti stile Arnold’s di happy days. Esordiamo con la ormai classica soup (buonissima) e poi con carne e patatine, cena classica americana ma con carne molto gustosa e buona. Dato che il rapporto qualità prezzo è valido chiediamo se servono anche le colazioni, la risposta è affermativa e così la mattina seguente non dobbiamo andare in cerca in un posto dove “caricarci” per la giornata.

La stellata è strepitosa e nonostante il freddo non bisogna affatto perdersela, quindi prendo un paio di coperte e convinco Alberto a farmi compagnia mentre mi butto in mezzo al prato con o sguardo all’insù alla ricerca di una stella cadente. Sento un rumore provenire dall’oscurità così penso che visto che non conosco il posto né tantomeno gli animali che abitualmente lo frequentano forse è il caso di ritornare in camera di corsa.

22 agosto Moab La meta di oggi sarà la cittadina di Moab, ci aspetta un viaggio piuttosto lungo e Alberto e Giorgio si alterneranno alla guida lungo le larghe strade americane cercando di schivare i pezzi di pneumatici persi dai camion. A Moab staremo due giorni, un record di permanenza dopo San Francisco, per consentirci di visitare i due parchi che si trovano lì vicino: Canyonlands e The Arches.

Arriviamo nel primo pomeriggio e abituati agli intensi ritmi del nostro viaggio non possiamo starcene con le mani in mano quindi consultiamo i depliant della bacheca del nostro hotel (lo Sleep Inn) per trovare qualche escursione o attività da fare nel pomeriggio. Tra le attività proposte ci sono escursioni in quad, rafting, cavallo e molte altre proposte. Optiamo per il cavallo (50 $ a coppia) con tanto di guida indiana, l’escursione ci viene prenotata dal receptionist dell’hotel che a fatica ci spiega la strada per arrivare la maneggio. Nell’attesa dopo avere sperimentato i salatini dolci del distributore automatico (una schifezza) ci facciamo un tuffetto in piscina; come sempre siamo solo noi quattro e i due maschietti approfittano per farsi del male giocando con il salvagente in dotazione.

L’escursione è alle sei quindi partiamo 40 minuti prima dal nostro albergo con tenuta d’ordinanza: scarpe da ginnastica, jeans, t-shirt e cappellino. Arriviamo al posto indicatoci e troviamo un uomo di mezza età di chiare origini indiane che sta preparando dei cavalli ci avviciniamo e chiediamo se è il nostro accompagnatore e lui ci risponde annuendo con il capo. Accarezziamo i cavalli fin tanto che lui li sella e li prepara; devo dire che sono un po’ intimorita dato che non sono mai montata a cavallo, ma la voglia di fare questa nuova esperienza è più forte della paura e quindi cerca di farmi coraggio.

Ci aspettiamo che arrivi altra gente per l’escursione, ma ben presto scopriamo che saremo soli; l’indiano che aveva un nome difficle che non ricordo più, ci assegna i cavalli in base al peso: il mio si chiama cowboy e si rivelerà mansueto ed ubbidiente mentre quello di Alberto si chiama Rio e sarà un po’ meno tranquillo; il più vispo sarà Quello di betta infatti gradirà grattarsi sui cespugli più e più volte durante la nostra escursione! Partiamo per quella che a posteriori sarà per noi un’esperienza indimenticabile, staremo due orea cavallo in mezzo alle montagne di terra rossa, circondati da leprotti, ammireremo le pitture rupestri degli indiani e ascolteremo a fatica, dato il pessimo inglese sia nostro che del nostro accompagnatore, i racconti del capo gruppo sugli animali che vivono in queste zone: meraviglia! Siamo in macchina poco dopo le otto e quindi decidiamo di andare direttamente a mangiare in un locale che abbiamo visto sulla guida.

Il ristorante si chiama BUCK’S ed è il tipico posto da turisti: molto bello, curatissimo e pieno soprattutto di italiani; ci mangiamo dei buonissimi hamburgers con patatine e verdurine e ci fermiamo a chiacchierare fino a tardi approfittando del fatto che stiamo mangiando all’esterno e che le stelle anche sta sera sono tornate a fare capolino tra le nuvole.

23 agosto Moab Anche oggi ci aspetta una giornatina piuttosto intensa: visita a Canyonlands e a seguire a the Arches quindi partiamo di buon mattino e decidiamo di andare subito a vedere il parco che sovrasta Moab e che come dice il nome stesso è caratterizzato da una moltitudine di canyons creati sia dal green che dal Colorado river. Subito dopo essere stati al visitors center andiamo al view point indicato come il più bello percorrendo la strada meravigliosa che ci consente di ammirare il canyon dall’alto, la zona del parco che stiamo percorrendo è chiamata island in the sky. Arriviamo al view point che si trova ad un’altezza di circa 1850 metri e mentre Giorgio, Elisabetta ed io approfittiamo di una ranger molto simpatica che ci spiega come si è formato il canyon aiutandosi con degli ingredienti da cucina e che si diverte a imitare i dinosauri, Albi Si avventura nei dintorni. Dopo la sua spiegazione percorriamo un sentiero che Alberto ha disseminato di indizi per noi quali frecce di sassi e piccoli pinnacoli di pietre rossastre.

Alla fine del sentiero arriviamo su un punto panoramico bellissimo dove approfittiamo della tranquillità per riposarci e respirare un po’ di aria buona e naturalmente fare sempre molte di foto.

Mangiamo al sacco ciò che abbiamo comprato questa mattina al supermercato in città e stiamo all’ombra della macchina perché oggi fa piuttosto caldo nonostante l’altezza a cui ci troviamo. Ripercorrendo la strada al ritroso ci fermiamo in diversi punti per continuare ad ammirare lo splendido canyons e cercando di osservare se in uno dei due fiumi c’è qualche temerario equipaggio che si appresta a fare rafting! Su quest’altopiano c’è anche un altro parco, il Death Horse Park che non fa parte dei parchi naturali che si possono visitare con la park pass card ma che è evidenziato nella guida come molto interessante, decidiamo quindi di andarlo a visitare subito dopo aver pagato l’entrata al visitor center. Andiamo subito all’overlook point dove per l’ennesima volta rimaniamo a bocca aperta per la meraviglia del paesaggio e la “vastità “ dell’orizzonte; approfittiamo dell’ombra creata da una tettoia proprio al limite estremo dell’altopiano e osserviamo una coppia di scoiattoli che mangiano le briciole lasciate dal precedente gruppo di turisti. È giunt l’ora di dirigerci verso il parco degli archi: ce ne sono più di 2000 a ciò che leggiamo sulla guida che sempre ci accompagna nel nostro viaggio. Lungo la strada che attraversa il parco arriviamo subito a park Avenue, un insieme d’imponenti rocce che formano alte pareti che assomigliano alla famosa strada di NY che ne ha ispirato il nome. Continuando lungo la strada vedremo moltissimi archi tra cui i Double arch che è l’unico arco doppio del parco, poi il Delicate arch che vedremo solo da distante dall’upper view point perché la luce sta calando e non è il caso di perderci lungo il sentiero nell’oscurità. L’ultima tappa sarà la Balanced Rock, una roccia circolare in bilico su un pinnacolo. Il parco ci è molto piaciuto anche se sarebbe stato necessario più tempo per consentirci di visitarlo in maniera più completa e per farci apprezzare anche i sentieri meno battuti dai turisti.

Per cena questa sera seguiamo i consigli della mitica Routard e andiamo al Moab dinner che come riportato dalla guida: “questo dinner uscito pari paria dal film American Graffiti in stile anni sessanta ci ha conquistato (…) accoglienza sorridente e premurosa e ambiente luminoso. Un ristorantino molto frequentato dalla gente del luogo”.

L’ambiente e fantastico e non c’è quasi nessuno a parte un gruppetto di grassi giocatori di carte che ingurgitano una quantità improponibile i frullati e gelati.

Ci sediamo e ordiniamo da mangiare alla nostra cameriera che si chiama Rainbow. Mangiamo di gusto e dato che ci sono numerosi frappé e gelati prendiamo anche il dessert. A questo punto però ci poniamo una domanda che forse dovevamo farci prima: ma accetteranno la carta di credito? Sembra una domanda stupida invece no, perché a parte qualche spicciolo non abbiamo soldi sufficienti per pagare il conto! Lasciamo i pochi contanti che abbiamo come mancia e ci dirigiamo con passo poco deciso verso la cassa e dopo qualche momento di esitazione sia nostro che dello staff del ristorante che ovviamente non si aspettava un pagamento con carta di credito, scopriamo che anche loro sono dotati di un piccolo pos portatile e che possiamo evitare una figuraccia: salvi! Come di consueto siamo abbastanza stanchi e così ce ne andiamo in camera e dopo aver visto qualche interessante (?) filmato stile real tv riguardante gli inseguimenti della polizia americana decidiamo che possiamo anche dormire! 24 agosto Monument Valley Quella che ci aspetta oggi è una giornatona: andiamo alla Monument Valley la famosa valle dove hanno girato migliaia di film western!! Situata in territorio Navajo è una riserva gestita unicamente dagli indiani, per entrare infatti si pagano 5 $ a testa (pagamento solo in contanti). Le tre ore che separano moab da kayenta saranno piuttosto lunghe ma ecco che all’orizzonte vediamo i primi monoliti rossastri: porca miseria che spettacolo! Ci fermiamo lungo la strada per fare un paio di foto e subito ci viene in mente il film Forrest Gump…L’immagine è la stessa! Ci avviamo all’entrata del parco, parcheggiamo e facciamo un giretto al visitor center dove impariamo un po’ di storia degli Indiani e dove scopriamo a nostro malincuore che tutta la merce in vendita ha dei prezzi esorbitanti. Io che volevo comprare una bella coperta Navajo dovrò desistere di fronte ad un cartellino con un prezzo intorno ai 700 euro! A questo punto apro una piccola parentesi sul codice Navajo che viene nominato e spiegato all’interno del museo: durante la Seconda Guerra Mondiale molti Navajo furono arruolati e gli americani si accorsero ben presto che questa tribù utilizzava una lingua talmente difficile da comprendere che decisero di utilizzarla per le comunicazioni segrete, nacque così il codice navajo che fu molto utilizzato durante la guerra.

Le opzioni per visitare il parco sono diverse e noi come al solito decidiamo per il fai da te e percorriamo tutta la strada sterrata con il nostro monovolume che a fine percorso avrà acquistato un favoloso color arancione.

Il percorso è obbligato e ogni tanto nei luoghi di maggiore interesse ci sono delle baracche dove i locali vendono manufatti in argento e turchesi molto belli.

Il giro in macchina è favoloso, i panorami sono stupefacenti e ad ogni sosta ci riempieamo gli occhi con queste atmosfere quasi ireali: non ci sembra vero di essere qui.

Dopo la visita alla Monument ci dirigiamo verso il nostro hotel, l’unico di Kayenta che abbiamo trovato libero anche se abbiamo prenotato circa in giugno! Il paese di Kayenta ci delude molto, anzi è proprio una schifezza a dire il vero (ce lo conferma anche la guida della Routard che lo descrive come “un paesino tristissimo”) …Ci sono sì e no 2 posti dove mangiare e niente di più;possiamo dire che vive in funzione dei turisti che visitano la Monument Valley. L’hotel è l’hampton inn molto bello (fin troppo) con una hall stile indiano molto curata ed accogliente.

Andiamo in camera e naturalmente Giorgio e Albi vogliono provare subito la piscina anche se il tempo non promette niente di buono. Andiamo fuori e dopo circa 5 minuti inizia a piovere, Albi e Giorgio comunque sguazzano sotto la pioggia, ma dopo un po’ devono desistere perché comincia anche a fare freddo. Ci rintaniamo in camera anche perché il paese come abbiamo già detto, non offre molto e ci guardiamo il football scrivendo cartoline. Dato che non abbiamo pranzato in maniera decente, decidiamo di andare a mangiare abbastanza presto. Scegliamo il Golden Sands cafè che ci viene segnalato dalla Routard come “uno dei locali più autentici della zona”, si tratta di una vecchia casa di legno in stile western con attaccate al muro vecchie foto e artigianato indiano. Io e betta mandiamo in avanscoperta Albi e Giorgio perché la prima impressione non ci convince molto e poi perché sono le 6 di sera e non sappiamo se si può già mangiare. Alla fine entriamo e il locale ci conquista: un’atmosfera veramente autentica ciò è confermato dal fatto che tra gli avventori noi siamo gli unici “yankee, mentre gli altri sono tutti indiani. Mangiamo veramente di gusto e poi, prima di tornare in hotel, decidiamo che è il caso di fare una capatina nel supermercato per approvvigionarci per il giorno dopo. Come ogni volta, entrando in un supermercato americano diventiamo dei bambini e ci stupiamo di tutto. Oltre alle cose che ci servono per il pic-nic che faremo al Grand canyon compriamo anche i mash mallow (vale a dire quelle cose caramellose ed indefinite che vediamo nei telefilm e film americani e che i ragazzi solitamente scaldano sul fuoco utilizzando dei bastoncini) ed altre “schifezze”.

Facciamo anche una capatina nel negozio di souvenirs dell’hotel ce ne andiamo a letto perchè domani ci aspetta il Grand Canyon! 25 agosto Grand Canyon Dopo una strepitosa colazione in hotel, partiamo alla volta del grand canyon: siamo molto emozionati e le tre ore che ci separano dal parco passano velocissime…La cosa che ci stupisce di più è che l’altitudine della strada che ci porta al parco aumenta sempre di più. Finalmente arriviamo all’entrata del parco: abbiamo optato per il South Rim cioè la sponda sud del Canyon che è la più visitata e accessibile e quindi il nostro punto di entrata sarà il Desert View dove si trova una torretta che è un buon punto di osservazione.

Apro una parentesi sul Grand Canyon evidenziando le informazioni che più ci hanno colpito; il fiume Colorado lungo 277 miglia ha creato il Grand Canyon in 6 milioni di anni di erosione, la distanza massima tra il North ed il South Rim è di circa 18 miglia ed il punto più profondo è di circa 1829 metri; quindi quando lo visiterete lo vedrete sempre dall’alto, arrivando con l’auto, come abbiamo fatto noi, non ci si accorge dell’altezza e per capire di essere quasi a duemila metri bisogna per forza guardare in fondo al grand canyon!! La prima volta che si vede questo spettacolo della natura si rimane letteralmente senza fiato e non si riesce a capacitarsi della grandiosità di questo fenomeno geologico; noi quattro una volta “affacciati” sulla voragine siamo rimasti pietrificati con gli occhi spalancati! sembra una banalità ma se non lo vedi con i tuoi occhi non puoi in alcun modo renderti conto di che cosa sia il Grand Canyon ed il perché sia leggendario.

Decidiamo di fermarci in un area di sosta per goderci il nostro pic-nic a base di formaggio spray, ritz e noci pesche della California…Non ci facciamo mancare niente in queste vacanze!!???? (dovremo pure risparmiare in qualche modo o no?).

La visita del parco prosegue in auto fermandoci ad ogni View point per goderci i diversi scorci del parco; vorremmo fare rafting ma non c’è tempo sufficiente per organizzare l’escursione e quindi decidiamo di prendere l’autobus navetta che permette di raggiungere alcuni punti panoramici non accessibili in auto costeggiando il Rim Trail; prendiamo l’autobus dal Village Route Transfer e ci dirigiamo verso l’Hermits Rest che è il punto più distante del South Rim. Per arrivare al capolinea ci fermiamo in diversi punti tra cui il Pima Point ed il the Abyss che ci regalano panorami mozzafiato; tra the Abyss e l’Hopi Point decidiamo di fare il sentiero a piedi, l’esperienza si rivela adrenalinica dato che il sentiero è più volte a strapiombo sul Canyon, sconsigliato per chi soffre di vertigini! Qui è tutto così meraviglioso e percorrendo questo sentiero siamo consci del nostro essere così piccoli di fronte alla maestosità della natura e ciò ci rende felici e questa felicità è aiutata dal silenzio che rende tutto più sacro.

Visitiamo anche il visitor center per avere altre informazioni sul Canyon e qui compriamo qualche poster da incorniciare una volta a casa, andiamo anche all’Yavapai Observation Point dove da una splendida vetrata possiamo vedere il canyon quasi a 360 gradi: che figata!!!! Ci siamo riempiti gli occhi e l’anima con le immagini del canyon e quindi nel tardo pomeriggio decidiamo di andare in sistemarci in hotel; come penultima notte ci siamo concessi un Best Western più precisamente lo Squire Inn poco fuori dal parco: l’hotel oltre ad essere piuttosto bello (anche se un po’ costosetto) offre numerosi servizi quali piscina, sauna ed idromassaggio.

Prima di approfittare dei servizi offerti dall’hotel andiamo a confermare l’escursione in elicottero del giorno dopo con la compagnia Papillon, ci rechiamo quindi in aeroporto per avere la conferma dell’orario prenotato da internet.

Tornati ci cambiamo e subito ci tuffiamo in piscina (gelida) e poi in idromassaggio (caldo) e poi in sauna e di nuovo in piscina: che bello! “Dove andiamo a mangiare sta sera?” Questa è stata una delle domande che hanno caratterizzato il nostro viaggio anche perché abbiamo sempre trascurato il pranzo per poter approfittare di una cena sostanziosa e dobbiamo dire che ci è sempre andata bene! Consultiamo le nostre due guide e scegliamo lo Yippee Ei O Steakhouse considerato il miglior ristorante di Tusayan (il paese più vicino al parco): l’ambiente dobbiamo ammetterlo è molto carino anche se è strapieno e a noi questo non piace tanto. Nel menu scegliamo naturalmente la carne e notiamo che c’è scritto che il servizio è compreso, cosa mai vista nei precedenti ristoranti. La carne è discreta ma le sorprese arrivano al momento di pagare quando scopriamo che il servizio NON era compreso e che quindi dobbiamo pagare un bel po’ di più e questo ci dà molto fastidio. In un primo momento pensiamo di non aver capito noi, ma poi notiamo che dietro a noi si è formata una coda notevole e che tutti stanno protestando oltre che per le bugie indicate anche per la confusione con le carte di credito tra cui anche quella di Elisabetta! Siamo furibondi e diamo man forte ad un signore americano che è infuriato e che urla contro il gestore dicendo che è inammissibile trattare i clienti in questo modo. Nel frattempo arrivano gli “scagnozzi” del gestore il quale comincia ad alzare il tono ed a portare poco rispetto per noi clienti, la situazione diventa “’difficile” e decidiamo di andarcene con l’idea di informare più persone possibili in modo che il locale chiuda ed ecco il perché ho deciso di scriverlo sul mio racconto! Quindi evitate assolutamente lo Yippee Ei O steakhouse!!! Ce ne torniamo in camera con l’amaro in bocca, forse era meglio mangiare al buffet dell’hotel! Vabbè domani è un altro giorno e ci aspetta l’elicottero! 26 agosto Las Vegas Dormiamo da favola nei lettoni dell’hotel e ci concediamo una sostanziosa colazione e poi via: questa mattina ci aspetta il volo in elicottero sul grand canyon, certo non è proprio economico ma quando mai ci capiterà di tornare qui? Uno dei nostri motti è: “Se dobbiamo fare le cose, almeno facciamole bene!”.

Ovviamente optiamo per il volo più corto e quindi più economico; andiamo in aeroporto dove ci pesano per attribuirci il posto in aereo (avendo saputo che il più leggero stava seduto davanti sarei stata un po’ a dieta per battere la Betta!). Ci sediamo sui divanetti e aspettiamo e quando chiediamo informazioni sul nostro elicottero ci chiedono a che ora abbiamo il volo e poi mettendosi a ridere ci fanno notare che rispetto alla Monument valley qui c’è un altro fuso orario e quindi siamo arrivati con un’ora d’anticipo!Che idioti siamo! Eppure la sera prima ci era venuto un piccolo dubbio! Vabbè caliamo un velo pietoso ed eccoci finalmente pronti per il tour, come già anticipato Betta è seduta davanti ed io sono molto invidiosa anche perché sono seduta nel posto più sfigato e cioè dietro, in mezzo tra Albi ed un signore canadese che non doveva frequentare troppo il bagno dato l’odore che emanava! Il volo in elicottero è super emozionante e l’emozione è enfatizzata dalla musica che esce dalle nostre cuffiette! Solo dall’alto è possibile avere un’idea più realistica della grandiosità di una delle meraviglie del mondo; con l’elicottero sorvoliamo il canyon potendo scoprire diversi angoli che dal South Rim non si era possibile vedere. Vorremmo volare per ore ed ore ma purtroppo è giunto il momento di scendere e di metterci di nuovo in macchina per la nostra ultima meta che poi sarà nuovamente Las Vegas.

Il viaggio è veramente lungo con molto caldo, noi nella nostra auto non ne soffriamo, ma appena usciamo per mangiare siamo travolti da un “mattone” di caldo. Durante il tragitto ci fermiamo alla famosa diga sul Colorado Hoover Dam che consente di ricavare l’energia elettrica per l’intera città di Las Vegas e che è stato strasformato in un museo.

Poco dopo siamo di nuovo a Las Vegas dove facciamo di una capatina al “nostro” outlet per gli ultimi regali, poi di nuovo al Circus circus dove la fase check in è lunghissima come al solito! Finalmente lasciamo le valigie in camera e subito usciamo per vedere ciò che non siamo riusciti a vedere lo scorso venerdì e cioè lo spettacolo del Bellagio e l’interno del Sahara dove ci fermiamo per mangiare in uno strano posto dove, dopo avere ordinato, ti danno un cerca-persone e quando il cibo è pronto il cerca-persone squilla e vibra: questi pazzi americani! Questa sera più di tutto ci aspetta lo Stratosphere, gli avevamo dato appuntamento la settimana scorsa ed ora siamo qui! Prendiamo la macchina perché il casino è piuttosto distante dagli altri ed anche dal Circus, parcheggiamo ed andiamo verso ascensore; qui scopriamo che anche solo per salire in cima bisogna pagare ed Elisabetta che non ha assolutamente voglia di sfidare la sorte salendo sulle montagne russe in cima ad un casinò di Las Vegas decide di aspettarci giù girando tra i negozi.

Noi tre incoscienti ed impavidi paghiamo circa 17 usd per salire ed andare sulle montagne russe e ci mettiamo in coda; io ho molta paura ma cerco d’autoconvincermi che se anche devo cadere almeno è l’ultimo giorno di ferie!!!(bella consolazione!). Vabbè saliamo in cima e ci affacciamo sulla mega terrazza dove lo spettacolo delle luci di Las Vegas è strepitoso; peccato le macchinette fotografiche non riescano a catturare lo spettacolo. Girando intorno vediamo l’attrazione più paurosa e poco sicura del mondo: si tratta di un carrello stile montagne russe che si muove su due binari posti in cima ad un braccio meccanico in bilico tra la torre e il vuoto. Lo so non si capisce com’è fatto ma andate sul sito del casinò www.Stratophere.Com e capirete! Io rimango letteralmente pietrificata di fronte al vagoncino con sopra due stoiche giapponesi che sfidano la gravità penzolando a circa 200 mt d’altezza! Non è possibile! Mi dico come si può anche solo immaginare una cosiddetta giostra? Ma è veramente sicura? Ma se cade? Ma non c’è una rete di protezione!!!! Ma porca miseria! Ma è pazzesco! Ok, non ci devo più pensare ora tocca a noi ed alle nostre montagne russe che corrono intorno alla torre; quindi ricapitolando io, Alby e Giorgio impavidi stile Bravehart saliamo sulle montagne russe più alte del mondo ed abbiamo alla nostra destra la torre, mentre alla nostra sinistra il vuoto che più vuoto non si può senza neppure una rete! Ok partiamo! Giriamo intorno un paio di volte ad una velocità folle o per lo meno così pare a me! Fatto sta che il tutto si conclude in un paio di minuti, scendiamo e siamo sani e salvi, tutti eccitati per l’esperienza appena fatta! Questa adrenalina non ci voleva dato che dobbiamo andare a letto prestino perché domani mattina alle 8.30 abbiamo l’aere che ci porterà prima a Chicago poi a Madrid ed infine a Venezia. Alla fine ci addormentiamo anche se il pensiero delle montagne russe non ci abbandona facilmente.

27 agosto ritorno Siamo all’aeroporto di Las Vegas arriviamo con largo anticipo e meno male dato che c’è una fila lunghissima per fare il check-inn. Alla fine saliamo sul volo per Chicago e così possiamo ammirare la città dall’alto…Ormai il nostro viaggio è finito, salutiamo i casinò di Las Vegas, i grattacieli di Chicago, il lago Michigan e poi l’oceano Atlantico.

Se dobbiamo fare un bilancio di questo nostro viaggio degli USA on the road non può essere altro che un bilancio molto positivo: posti splendidi, panorami mozzafiato, persone cordiali…Tutto perfetto! …E come sempre torniamo a casa stanchi ma felici!! Per qualche foto: http://www.Wildnatureimages.Com/



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