Alaska, Stampede Trail e Magic Bus… anche noi siamo stati Into the Wild

Un viaggio ispirato dal film di Sean Penn, Into the Wild! 80 km in 2 giorni attraverso lo Stampede Trail per raggiungere il Magic Bus di Chris McCandless
Scritto da: tommi11
alaska, stampede trail e magic bus... anche noi siamo stati into the wild
Partenza il: 17/09/2014
Ritorno il: 27/09/2014
Viaggiatori: 3
Spesa: 2000 €
Siamo in tre all’aeroporto di Venezia in una fresca giornata di settembre, pronti per questa esperienza che sicuramente lascerà un segno profondo nella nostra vita. Gabriele e Simone, questi sono i nomi dei miei compagni di viaggio e per loro, sarà la prima volta negli Stati Uniti. Per me invece, un ritorno (il settimo), finchè il cambio euro/dollaro veleggia a nostro favore (1,36 dollari per 1 euro) continuerò a sfruttare questo fattore e sceglierò gli States come meta!Dopo un bel volo via Londra, appena arrivati a NYC ci fiondiamo nel nostro appartamento di Brooklyn prenotato con airbnb.com. Non proprio un posto da ricordare, ma molto caratteristico, che ti fa respirare la vera aria newyorkese! (scusate ma preferisco questo agli hotel di Manhattan). I miei compagni di viaggio si godono questa magica città, è un piacere scrutare i loro sguardi pieni di curiosità ogni volta che escono da una stazione della Subway (la metropolitana di NY). Passati tre giorni tecnici nella grande mela (dove abbiamo visitato le solite cose che descriverò dettagliatamente nella sezione “3 mesi a New york”), necessari per smaltire il fuso e per allenarsi un po’ in vista dello Stampede Trail, io e Simone prepariamo lo zaino e decolliamo per Anchorage (capitale dell’Alaska). Arrivati, ritiriamo la nostra auto noleggiata e ci dirigiamo all’hotel che dista 3-4 km dal centro. Sistemiamo le cose e andiamo in centro a cenare con il sole che ancora accarezza l’orizzonte e acceca gli automobilisti lungo le strade cittadine! Un atmosfera frizzante in città! dettata dalla temperatura e dall’evento in corso… che consiste in una vera caccia al tesoro da parte di cittadini in veste pirata che seguendo la mappa, devono sostare in ogni locanda e consumare della birra, guadagnandosi poi informazioni utili al ritrovamento dell’agognato premio finale! Impieghiamo 7 ore a percorrere i 400km che separano Anchorage da Healy (il paesino che dà accesso allo Stampede Trail. Il tragitto alterna sole, pioggia e neve, l’Alaska è così… il tempo cambia da un momento all’altro e noi ne saremo testimoni nei prossimi giorni! Ci fermiamo a fare qualche provvista al Target, scattiamo foto lungo la strada e facciamo il pieno alla nostra “Porsche”. facciamo fatica a trovare una sistemazione ad Healy perchè vi sono poche strutture turistiche e quelle poche sono spesso al completo ndr. Pernotteremo al Motel Nord Haven per la prima e unica notte!

Facciamo un salto a trovare la strada d’accesso per il sentiero e poi tornati in hotel, ci facciamo, quella che sarà, la nostra ultima doccia in Alaska!

Sveglia! E’ancora buio, il microonde segna le 6,25, sembra freddo fuori… è freddo fuori!

Quanti pensieri nella testa! Non ci rendiamo ancora conto di cosa ci aspetta, non c’è timore dei lupi, dei grizly, delle alci o delle volpi che scorrazzano nel parco nazionale del Denali, non ci preoccupano i 40 km di cammino, ci da un pò di pensiero il fiume Teklanika. Ci chiediamo quanto sarà profondo, freddo, forte e se riusciremo a passarlo. Non siamo organizzati al dettaglio, siamo sufficientemente preparati! abbiamo il necessario per i prossimi 2 giorni, ma nulla più! Lasciamo la macchina ed incominciamo a camminare quando il sole ancora è nascosto all’orizzonte. E’ nuvoloso, non c’è vento, fa freddo, il terreno è un pò ghiacciato. Inizia il trail…

Passiamo sotto un bosco di conifere ed il sentiero è ben marcato, per un tratto scrutiamo cacciatori di ritorno, camperisti e campeggiatori (durerà poco però), io e Simone parliamo, fantastichiamo, scherziamo carichi di voglia di avventura! Le prime 3 ore passano tranquille e pian piano il cielo si apre sopra di noi, passato il bosco il paesaggio cambia e il terreno si ammorbidisce sotto il sole che lo riscalda. Inizia un tratto di sterpaglie e fango, il sentiero è difficile da seguire, spesso dobbiamo aggirarlo per evitare grosse pozze d’acqua e ritrovarlo è un pò complicato. Vediamo un alce in lontananza, ci fermiamo e ci rendiamo conto che attorno a noi regna un assordante silenzio (https://www.youtube.com/watch?v=6ol3PvGD_Fw&feature=youtu.be). Che sensazione!

Incominciano le brevi soste! Sono passate quasi 5 ore di cammino e stiamo affrontando una zona di continui rivoli d’acqua (che si rivelerà molto lunga), cerco di non bagnarmi i piedi ed aggiro il più possibile questi ostacoli (PER FORTUNA CHE HO SCARPONI WATERPROOF).

Passiamo il primo fiume (Savage river – https://s-media-cache-ak0.pinimg.com/736x/a6/80/7e/a6807ef104408eeedef229f9c69a4b91.jpg) senza nessun problema, il livello del corso d’acqua ci ha accarezzato le ginocchia. Poco dopo è il turno del Teklanika river, oggetto delle nostre preoccupazioni! Il fiume sembra percorribile ed il sole ci riscalda il cuore (e non solo). “Organizziamoci per la traversata Simone”, “Simo vai tu che sei più alto cosi vediamo fin dove arriva l’acqua” e così il mio compagno inizia a camminare nell’acqua gelida…”Vai Simo!” tutto bene manca poco… ma ad un certo punto incomincia a perdere il controllo per la troppa corrente, mancheranno 3 4 passi ma proprio quel piccolo tratto è il più pericoloso. Simone incomincia a cedere alla corrente, si trova piegato e perde l’equilibrio, arranca…viene spinto dalla forza della corrente ed emerge fino alle spalle. Penso “noooo dai, dai ora tolgo lo zaino e vado da lui” ma per fortuna il suo ginocchio cozza contro un masso sommerso e riesce a fare leva per tirarsi sulla riva opposta!!! Il tutto dura una decina di secondi, ma che momenti!

Ora è il mio turno, rimango in mutande e scarpe da ginnastica, prendo fiato, carico l’adrenalina e parto… l’ultimo pezzo spinge forte e i piedi sono freddi per l’acqua gelida. Faccio fatica a rimanere in piedi e l’ultimo passo è un salto verso la riva. L’acqua è arrivata fino al bacino, mi levo lo zaino e mi spoglio. Vedo Simone sofferente a terra, ha preso una bella botta al ginocchio ma per fortuna potrà proseguire senza problemi! Sono le 2 del pomeriggio, il sole ci scalda ed “asciuga” i nostri indumenti.

E’ l’ora di “pranzare” con panini al tonno e mayonese, frutta secca e cioccolata! Guardo il cellulare e sono le 14.40, meglio raccogliere le nostre cose e ripartire! Voglio controllare la mappa gps per sapere a che punto siamo del percorso, apro l’applicazione, gli unici punti che visualizza siamo noi e il punto con le coordinate del Magic Bus il resto è fondo bianco! Vabbè, non importa, l’importante è che i due punti si uniscano a breve!

Sistemati gli zaini, scorgiamo sotto ad un piccolo pino un sacchetto sigillato, sembra che ci sia un qualcosa che va riempito d’aria perchè c’è una pompa all’interno. Non è la prima volta che troviamo oggetti lungo il cammino, un paio di scarponi, calzetti, un remo e spazzatura varia.

Riprendiamo il viaggio, che bello avere il sole che ci accompagna, accende i colori della natura, da sollievo all’animo. Continuano i rivoli d’acqua e si incomincia a salire sulle collina, infatti le ultime ore di cammino si percorrono sulla cresta di una lunga collina che permette di godere di una vista meravigliosa sulla valle alla nostra sinistra. Ci lasciamo sulla sinistra i due laghi che ricordiamo aver visto sulla mappa, questo indica che siamo in dirittura d’arrivo, ora il nostro pensiero è rivolto alla presenza o meno del famoso bus abitato da Christopher McCandless nel 1992. Circola voce che sia stato rimosso, ma noi non ci crediamo, vogliamo vedere con i nostri occhi!

Sono quasi le 8 della sera, sono 12 ore che camminiamo, Con una mano tesa, calcolo quanto manca al tramonto (www.ulm.it/hangar/mix/mnulm/arfhtm/Vademecum/tramonto.htm) e non manca molto. Guardando l’orizzonte si scorge qualcosa di bianco, ll battito accellera perchè ci siamo! schiaccio REC sull’Iphone e parte il video (https://www.youtube.com/watch?v=qOZF8hJbFp0)

Che momento! La tensione svanisce, stasera dormiremo qui, al coperto, ma non al caldo!

Il “materasso” è sfondato, con noi sopra è una amaca, proviamo ad accendere il fuoco ma è troppo umido, allora mettiamo a stendere i calzini bagnati e non ci rimane che coricarci.

Sacco a pelo e coperta isotermica (www.decathlon.it/coperta-di-sopravvivenza–id_8306013.html) per la notte a – 9 gradi, il bus non ha isolamento termico e tutti i finestrini sono rotti. Il nostro giaciglio danza ad ogni minimo movimento e sembra di stare in barca.

Fuori è sereno e non è buio pesto (immaginate di trovarvi nel bosco con la luna piena) si sente qualche rumore li fuori, cosa è stato non si saprà mai. Durante la notte ci svegliamo tre o quattro volte, non è un sonno tranquillo e ci chiediamo se è tutto ok. Ora sappiamo cosa ha provato il protagonista del libro di Krakauer.

Appena incomincia a fare chiaro, decidiamo con molta, MOLTA fatica di uscire dai sacchi a pelo. Controlliamo se qualcosa si è asciugato e vediamo che i calzini sono ghiacciati! Potremmo usarli come boomerang per cacciare qualche animale e fare colazione da quanto sono duri! Riprovo ad accendere il fuoco e per grazia trovo del liquido infiammante che permette la regolare comustione! Bhè, quel bidone adattato a stufa scalda da morire! in pochi minuti l’interno del bus ha un leggero tepore e permette ai calzini di fumare e sciogliersi dai ghiacci! Nel mentre scattiamo qualche foto ricordo e facciamo colazione (cioccolata, banane e frutta secca) QUESTO SARA’ il nostro ultimo pasto per le prossime 24 ore!

Lasciamo per sempre il Magic Bus quasi alle 9, in ritardo rispetto alla tabella di marcia. Partiamo con la fatica in corpo del giorno prima ma è ancora sereno (ancora per poco) e la temperatura non è male. Non c’è vento e questo è un ottima cosa!

Ma la fatica si sente e il mio sacco a pelo continua a darmi fastidio…decido di lasciarlo li. Con meno peso addosso viaggio meglio e ripercorriamo a ritroso il sentiero. Con Simone ci scambiamo poche parole, pensiamo ad arrivare il prima possibile, sappiamo che arriveremo con l’oscurità alla macchina e non sappiamo ancora dove andremo a dormire la notte che verrà.

Sono le 11 ed il cielo incomincia a riempirsi di nuvole… non promette bene! Scendiamo dalla collina, incomincia a cadere la pioggia, sono gocce fredde, ci saranno 3 – 4 gradi e prima che sia troppo tardi, tiriamo fuori il poncho e ci prepariamo a camminare a testa bassa.

Sono più o meno le quattro del pomeriggio quando raggiungiamo il Teklanika, (la stanchezza ed il cattivo tempo rallenta il nostro cammino) il livello dell’acqua è più alto rispetto a ieri e dobbiamo affrontare prima la parte più profonda del fiume. Simone, spaventato dall’esperienza del giorno prima, non è convinto di poter affrontare la traversata e mi chiede se vi sono metodi migliori per evitare tutto questo. il video qui a fianco può rendere l’idea della forza della corrente. L’orologio non è dalla nostra parte, il tempo scorre, la temperatura si abbassa e l’oscurità si avvicina. Dobbiamo prendere una decisione, rispondo a Simone che non ci sono molte frecce al nostro arco, opzione uno attraversare dove il letto si divide in due (poco più su) ma nell’ultimo tratto si vede che la corrente è forte e non sappiamo quanto sia fondo, opzione due chiamare i soccorsi (costo del recupero 1000 dollari) ma provando a chiamare il 911 il telefono è muto, opzione tre vedere cosa contiene la busta con la pompa( ricorda il giorno prima sotto l’albero?) e sperare che sia utile allo scopo. Proviamo l’opzione 3 “Simone vai a prendere la busta e io cerco un punto buono per attraversare”.

Trovato il posto, una biforcazione del fiume con poca corrente a acqua al livello dello stinco, e tempo di aprire la busta, si scopre che contiene un gommone (speriamo non bucato) come in foto solo che in blu, remi da montare e pompa. Iniziamo a gonfiare il mezzo e con piacere notiamo che non ha perdite. Questo canotto è per sole due persone e con i nostri zaini rischiamo di andare sotto, dobbiamo alleggerire e mollare lì alcuni vestiti, il sacco a pelo di Simone ed altre cose di poca importanza. Ora bisogna organizzarsi per prendere la corrente senza essere trascinati via per molti metri. Simone si sistema dietro, io davanti, simuliamo la remata per non trovarci a girare su noi stessi, prendiamo coraggio e partiamo. Qui se capottiamo siamo persi, è questo il mio pensiero all’inizio dell’attraversata, dove ancora la ragione ha il controllo della situazione. Ma appena prendiamo la corrente, l’istinto prevale e fai di tutto per avvicinarti alla sponda opposta. La forza del fiume è notevole, l’acqua sollevata dai remi bagna la faccia ….è fredda! Siamo nel mezzo del corso d’acqua e ci ritroviamo all’indietro, dobbiamo raddrizzarci. Io tengo fermo il remo immerso nell’acqua per fare perno e Simone deve remare più forte che può… Dai… Dai… Dai… Dai… diamo il tempo alle remate, riusciamo a tornare dritti, ma poco dopo siamo nuovamente contro corrente.

Uno sguardo a sinistra, manca poco alla riva, con tutta la forza nelle braccia riusciamo a girarci un ultima volta e con un colpo finale, Simone si alza, butta i piedi in acqua ed è a riva, io un metro dopo abbandono il sacro gommone al suo destino e festeggio per avercela fatta. Ci abbracciamo e guardiamo il canotto continuare la corsa lungo il fiume. Purtroppo non c’è tempo per riposare perchè siamo molto in ritardo. Mi cambio pantaloni e mutande, bagnati dall’acqua entrata poco prima e ripartiamo, abbiamo ancora l’adrenalina in corpo e ci da la spinta giusta per affrontare l’ultima metà del sentiero. Rimane da affrontare, il Savage River con altri acqutrini, la zona fangosa e la parte boschiva.

La temperatura scende e la pioggia ovviamente si trasforma in neve!

Siamo stanchi, l’effetto adrenalina è sparito ed ora la fatica prende il sopravvento, mangio quello che rimane della cioccolata e bevo un pò d’acqua. Il termometro segna 0 gradi e la nostra acqua è fredda (non è un bene per lo stomaco). I piedi bagnati ora sono preda delle vesciche, affrontiamo il Savage come se fosse un rigagnolo, proseguiamo dritti senza paura, siamo bagnati fino alle ginocchia e continuiamo. Il tempo stringe, non vogliamo rimanere al buio, ma le forze incominciano a mancare e lo stomaco a soffrire. La zona fangosa, è resa ancor più difficile dalla pioggia scesa precedentemente, con Simone decidiamo che se troviamo qualcuno più in là, chiediamo di darci un passaggio. Ormai è scuro quando entriamo nella zona boschiva, dovrebbero mancare una decina di chilometri… tanti! La mente ormai non da sostegno ed il corpo è pesante, siamo bagnati e stanchi.

“Simone!”… “Fermati un attimo”… “non sto mica bene”… “credo di avere una piccola congestione!”…

Speriamo che manchi poco perchè la vedo dura!… Riprendiamo a camminare e raccogliamo le ultime forze (proprio le ultime)… in lontananza la luce di due fari che si avvicinano… Una jeep con a bordo due cacciatori si avvicina, proviamo a chiedere un passaggio fino alla nostra macchina, cerchiamo di comunicare la nostra sofferenza e il nostro disagio, ma loro, rispondono che non possono aiutarci e se ne vanno! Delusi dal comportamento di questi due tizi, riprendiamo a camminare, la fortuna vuole che dopo una decina di minuti due quad (www.utvguide.net/images/PolarisRANGER500-1.jpg), guidati da padre e figlio, ci raggiungono alle spalle e dopo un breve scambio di battute, acconsentono a darci un passaggio fino alla nostra macchina che distava 40 minuti (di quad!). Durante questo tragitto, possiamo rilassarci un pò, ma la mia congestione incomincia a crearmi un formicolio fastidioso alle mani e su tutto il viso. Continua a nevicare, lo sguardo è fisso in avani alla ricerca della macchina , un solo pensiero nella mia testa, sdraiarmi sul sedile con l’aria calda che esce dai bocchettoni!

Arriviamo alla macchina che saranno state le nove e mezza di sera, è ricoperta da qualche centimetro di neve, ci fiondiamo all’interno e accendiamo il riscaldamento. Ovviamente i primi cinque minuti, essendo stata ferma per 2 giorni, esce solo aria fredda, recitiamo il rosario affinché si scaldi il prima possibile. Nel frattempo, tolgo: scarponi, calzini, pantaloni, mutande, berretto e giaccone. Tutto ciò che era bagnato, viene steso in qualche modo nell’auto! Ora nudo dalla cintola in giù, mi distendo lungo il sedile cercando di farmi passare il mal di stomaco. Trovo un sacchetto, nello zaino e li rimetto tutta la cioccolata e l’acqua ingerita ore prima. Ora, possiamo cercare un hotel dove farci una doccia e riposare! Torniamo ad Healy, Simone entra nel primo hotel a chiedere se hanno camere, ma sono al completo. Andiamo a chiedere ad un altro motel (www.thetoteminn.com), qui, prima Simone e poi io imploriamo i titolari di aiutarci a trovare un posto per la notte ma la loro risposta e negativa. Ci guardano come se fossimo sotto l’effetto di droghe pesanti, non sanno cosa abbiamo passato, non gli interessa nemmeno e così smettiamo di cercare una stanza… passeremo la notte in auto!

Cerchiamo un posto per riposarci un pò, purtroppo la neve scende ancora e nelle condizioni in cui mi trovo, preferisco fermarmi un attimo a lato della strada. Qualcuno batte sul mio finestrino… è la polizia! Chissà che cosa sta pensando vedendomi al posto di guida mezzo nudo, pallido e con i vestiti stesi su tutta l’auto. Ci chiede che facciamo e ci invita ad andare via di là! Gli chiediamo se ci può aiutare, arrivo al punto di chiedergli se sua mamma ci può ospitare! Indovinate la risposta? Ovviamente no! Allora accendiamo la macchina, proseguiamo verso sud per qualche centinaio di metri, evitiamo la strada principale e ci fermiamo davanti ad un negozio di liquori. Passano un paio d’ore, saranno le 2,30 del mattino e ancora bussano al finestrino! E’ un uomo, di ritorno dalla caccia, che ci intima di andarcene! Per l’ultima volta ci spostiamo di fronte ad una struttura chiusa per ferie (foto qui a fianco). Qui, finalmente, riposiamo fino alle prime luci del mattino!

La sera stessa abbiamo il volo di ritorno per New York, dobbiamo correre per riconsegnare l’auto all’aeroporto di Anchorage! Ma dobbiamo mangiare e bere qualcosa… ricorderò per sempre il panino del Subway ) il Target a fianco dove ho comprato il cambio completo di vestiti…puliti ed asciutti! Ho preso anche dei cerotti contro le vesciche (che invito a guardare in foto).

Ora, vi invito ad immaginare la situazione sull’aereo, due ragazzi pallidi, scavati, che hanno percorso nel fango 80 km, vomitato, passato una notte in auto e che non si lavano da oltre due giorni…provate ad immaginarvi seduti vicino a noi…potete carpire l’essenza della fatica, l’odore del pericolo… ora capite cosa significa andare INTO THE WILD (nelle terre estreme)?

Ritornati a New York abbiamo trascorso gli ultimi giorni a curarci, per lungo tempo, ho avuto una reazione di disagio quando il mio sguardo incrociava un sentiero sterrato. Ora invece, se mi fermo a ricordare di quei momenti, si stampa sul mio viso un sorriso di soddisfazione per un avventura… che non ripeterei una seconda volta! Per vedere video e fotografie andate su www.ricordiquelviaggio.com



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