Agra e il Taj Mahal e Kolcata di Calcutta
Sapete tutti cosa e’ il Taj Mahal, la fotografia aiuta. Una delle sette meraviglie del mondo moderno, il cui elenco pero’ ufficialmente non esiste.
Statistiche a parte (ma vi invito a visitare il link sottostante)non c’e’ dubbio che cio’ che ho avuto la fortuna di vedere con i miei occhi toglie il fiato per la sua bellezza…
Kolcata e’ la citta’ dell’India che preferisco, e’ difficile spiegarne i motivi, ma come sempre ci provero’.
Come il Taj Mahal, anche Kolcata e’ un posto da perdere il fiato, non pero’ per la sua bellezza, ma per la sua unicita’. Tra tutte le mega citta’ indiane (Bombay, Delhi, Bangalore, Madras) e’ quella che maggiormente da un senso di quanto doveva essere ricca, fiorente e piena di vitalita’ l’India ai tempi del colonialismo inglese. Ogni angolo, ogni pezzo dell’antica e delle nuova citta’ potrebbero raccontare avventure dalle Mille e una notte.
Eppure Kolcata (Calcutta e’ il suo vecchio nome) farebbe cadere in depressione chiunque abbia un minimo di sensibilita’ per la sua poverta’ “ostentata” in ogni dove.
La ricchezza del Taj Mahal non e’ data tanto dalla storia di questo grandioso monumento, dedicato all’amore di un Imperatore per la sua amata moglie morta dando alla luce il suo quattordicesimo figlio, ma dalla ricchezza e dalla varieta’ dei suoi dettagli, anche i piu’ nascosti. Tutto e’ stato studiato, lavorato e costruito alla perfezione: dalla piu piccola incisione, alla maestosa cupola.
Arte indiana, persiana e influenze cristiane si amalgamano in un’opera unica costata il lavoro piu’ che ventennale di 20.000 uomini. Non esiste un centimetro di marmo colorato; tutti i marmi, le diverse pietre preziose, gli zaffiri, i lapislazzuli sono tagliati, lavorati e assemblati a mano.
Il colore del Taj cambia a seconda delle ore del giorno, a seconda della luce del sole. Grigio, azzurro, rosa: deve essere splendido vederlo al tramonto e di notte. Si puo’ solo nei giorni di luna piena.
Si dice che a una gran parte delle persone che hanno partecipato alla costruzione di questo palazzo siano state tagliate le mani, in modo che l’opera non potesse essere ricostruita o ripetuta in nessun altro posto al mondo.
Calcutta e’ stata la capitale dell’India ai tempi degli Inglesi. E si vede. Non tanto che sia stata la capitale, ma che sia stata.
I segni del tempo da queste parti sono evidenti piu’ che altrove. Ormai non esiste palazzo, villa, mercato che non sia fatiscente, decadente, segnato dal tempo e per questo motivo, in un certo senso, affascinante. Come ho detto prima, questo passato lo si legge in ogni angolo della citta’ e anche un po’ negli occhi della gente. La gente di Calcutta e’ speciale; gli abitanti di questa citta’ sono conosciuto per la loro gentilezza e simpatia. Ed e’ vero. Posso confermarlo, ho avuto questa sensazione sin dalla prima volta che sono stato in questa citta’ e questa sensazione mi e’ stata confermata anche dalle persone che lavorano con me.
Ma c’e’ una cosa che rende speciale questa gente.
Il Taj Mahal e’ un posto speciale. Al di fuori delle sue mura c’e’ la “solita” India fatta di mercatini, confusione, traffico, polvere, gente, tanta gente. All’interno, come per magia tutto cambia. L’atmosfera, nonostante i 40C ed oltre, soprattutto al sole, e’ piacevole; il modno sembra in qualche modo essersi fermato 400 anni fa. I turisti non mancano, ce ne sono a migliaia, stranieri e indiani, ma quasi per magia, tutti rispettano la sacralita’ di questo luogo, la sua pace, la sua storia. Sembra impossibile che sia stato costruito un monumento all’amore cosi’ grande, cosi’ immenso (n.A. Da noi al massimo si scrivono delle canzoni, cuoreammore).
Intere famiglie visitano questo luogo sacro, quasi leggendario. Nonostante le orde di visitatori che ogni giorno, eccetto il Venerdi’, giorno di preghiera per i musulmani, affollano questo posto, la serenita’ e’ l’elemento che piu’ di tutti caratterizza questo luogo che sembra “assorbirti” sin dai primi passi al suo interno.
La gente di Calcutta e la citta’ di Calcutta sono un tuttuno: non potrebbero esistere l’un senza l’altro. E’ come trovarsi in luogo dove la citta’ e’ fatta di gente, la cui esistenza e’ giustificata dal fatto di trovarsi in quel luogo.
Nulla prescinde l’un dall’altro. La gente di Calcutta vive la sua citta’ come in nessun altro posto in India. Si vive per strada, si mangia per strada, ci si lava per strada, si dorme per strada, si lavora per strada, si muore sulla strada. Tutto ha una sua ragione di esistere e non c’e’ nulla che scombina questo complesso sistema che si regge solo per il fatto di essere in India.
I palazzi diroccati sono fatti di gente, non ci sono finestre, si vive a meta’ strada; animali e persone si mischiano, donne, bambini, operai, lavoratori, impiegati, anziani vivono un unico sistema che si chiama Calcutta. La vecchia citta’ a prima vista fa rabbrividire. L’anno scorso ho avuto questa sensazione. Anche a seconda vista fa rabbrividire. Non bisogna essere troppo sensibili e cecare di guardare oltre. Esiste un altro mondo inglobato in questa citta’. Vedi gente distrutta dalla fatica, uomini d’affari a capo di aziende che vendono in tutto il mondo che hanno costruito un ufficio ipertecnologico dentro un palazzo che solo a vederlo scappi perche’ sembra crollare da un momento all’altro. Bambini in divisa da scuola in uno scuolabus tirato da una bicicletta, signore anziane, di famiglia bene, sedute su un rickshaw a pedali tirato a fatica da un vecchietto che ha fatto quello per tutta la vita e che va avanti, non si capisce come, quasi per definizione. La fogna e’ ai bordi della strada, i corvi mangiano l’immondizia, dove scorrazzano bambini che giocano a cricket e cani randagi che cercano cibo. Mucche in mezzo alla strada che sembrano non accorgersi di cio’ che gli sta capitando intorno ed e’ cosi’. Ragazzi e ragazze che escono dalla scuola, chiaccherano, non badano all’ambiente che li circonda, ci vivono del resto. Gente che torna a casa dopo 8/10 ore passate in ufficio.
Il tutto viene assorbito e filtrato da questa citta’ che e’ spettatrice e protagonista assoluta di questo mondo. Calcutta, la citta’ che Madre Teresa ha scelto per compiere il proprio destino.
La citta’ che vive, soffre, lavora, produce, va avanti, respira, gioisce e che non si ferma mai, altrimenti sarebbe veramente perduta.
Il prezzo di ingresso al Taj Mahal per un indiano e’ di 20 rupie (30cents ca.), per uno straniero e’ di 750 (14 euro ca.), ma vale la pena… Anche se ho tentato di farmi passare per un indiano.
In compenso il bus elettrico che ti porta alle porte del palazzo dal piu’ vicino parcheggio di mezzi a motore e’ gratis per gli stranieri e costa invece 3 rupie (5 cents scarsi) agli indiani.
La coda per entrare e’ lunga, ma se appartieni ad un gruppo passi davanti a tutti con la complicita’ della tua guida indiana. Non si entra con telefono, cibo, coltellini, paan (quella roba che si mastica e si sputa in continuazione), sigarette; solo acqua, macchina fotografica e videocamera (25 rupie di tassa per riprese da pagare all’ingresso) sono permessi. I controlli all’ingresso sembrano quelli dell’aeroporto.
Le guide ti consigliano di non comprare nulla dai venditori ambulanti all’esterno del Palazzo, perche’ il tutto costa caro; poi ti portano, a fine visita, in empori che aprono solo in occasione dell’arrivo del bus turistico. Cercano di venderti qualsiasi cosa, con la complicita’ della guida.
Grazie alla guida del mio gruppo ho potuto scoprire l’unico posto ini India dove non c’e’ gente per strada, nessuno!!! Parcheggiato il bus, i venditori all’emporio ci hanno aperto la porta, hanno acceso le luci e hanno presentato le loro pietre preziose, le stesse usate per ornare il Taj Mahal: pensate quante ne hanno avanzate se e’ da 400 anni che le vendono…
Io non compro nulla. Odio questi posti fasulli. Mi incazzo con la guida che prima mi aveva promesso un giro nel mercato della citta’ di Agra ed invece mi ha portato in questo posto inutile. Pazienza.
Vale una visita anche il Palazzo reale di Agra, dal quale si ammira da lontano tutto lo splendore del Taj Mahal.
Da Calcutta non si vede il Taj Mahal, ma questi due luoghi, cosi’ diversi, ma accomunati da un qualcosa che non si puo’ descrivere, rimarrano per sempre nella memoria di chi scrive. E non potrebbe essere diversamente.