A Reims per le fattorie di champagne
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Primo giorno
Champlat-et-Boujacourt è a una ventina di km a sud-ovest del capoluogo. Questo piccolissimo comune, appena 141 abitanti, si estende tra le colline della Champagne. E’ una campagna che si stempera nei colori bruciati dell’autunno: i gialli e i marroni delle vigne che a perdita d’occhio ci accompagnano mentre percorriamo le stradine del villaggio. Da Karine e Didier, viticoltori appassionati, abbiamo affittato La rose des vents, Hameau de Paradis, Belval s/s Chatillon. Casa vacanze dai grandi spazi e un ottimo rapporto qualità/prezzo, in località il Paradiso, e tale deve davvero essere nei mesi estivi. Dal salone a pianterreno si accede allo spazio esterno prospiciente i bassi filari degradanti a ovest verso la valle. Nei giorni a seguire, non perderemo l’occasione di sorseggiare una coppa di champagne osservando da lì il tramonto del sole, prima di tornare a Reims a trascorrere la serata. Per informazioni: didier.chopin@733orange.fr.
Place du Forum, fino ai primi del Novecento sede del mercato cittadino, è il cuore della Reims romana. Al n. 36 si trova il Musée Hotel Le Vergeur, dal nome del gabelliere che nel XVI sec trasformò l’antica dimora nell’attuale costruzione rinascimentale. Nel 1935, Monsieur Hugues Krafft lo lasciò in eredità alla Société les Amis du Vieux Reims. Da allora, questo palazzo è la memoria storica della città. Stampe, oggetti d’arte e di antiquariato, modellini che in scala ricostruiscono l’evoluzione architettonica di Reims. Raccolti proprio da questo straordinario signore che a cavallo tra Otto e Novecento viaggiò a lungo, in particolare nel sud est asiatico, raccogliendo con la sua Zeiss, una documentazione fotografica, oggi considerata unica. Arriviamo proprio il giorno dell’inaugurazione della mostra Hugues Krafft, un voyageur du XIX.e au Turkestan russe. Un’esposizione che raccoglie foto, documenti e oggetti di uso quotidiano del viaggio da Samarcanda a Bukhara a Tashkent del 1899. E’ aperta fino al 23 dicembre.
Con gli amici locali Dominique e Franco ci fermiamo per una coppa di champagne al Bristol Café, 74 Place d’Erlon, situato nell’elegante viale dedicato allo shopping. Questa sera la squadra calcistica locale, lo Stade de Reims, gioca in trasferta. Commentiamo il suo splendido inizio di campionato. Compagine mitica della seconda metà degli anni Cinquanta, quando vinceva a ripetizione in Francia e in Europa, la squadra biancorossa sta sollevando nuove speranze. Una partenza bruciante che ha sorpreso per primi i propri supporter, dopo le ultime stagioni nelle quali lo Stade de Reims ha veleggiato nelle ultime posizioni, rischiando ogni anno il salto nella categoria inferiore. I risultati sono dovuti ai nuovi arrivati: l’algerino Kamel Ghilas, il marocchino Khalid Sekkat, il regista Bocundji Ca e la punta Clément Tainmont? O piuttosto a una nuova mentalità vincente, ben rappresentata dall’allenatore Hubert Fournier e dal capitano Mickaёl Tacalfred? Quel che è certo, è che l’attesa dei tifosi per il ritorno in Ligue 1 si protrae dal 1979. Sarà l’anno giusto?
Secondo giorno
La grande tettoia del mercato di Boulingrin, che proteggeva le bancarelle dalle intemperie, è stata abbattuta. Qui sorgerà il Musée des Beaux-arts. Gli scavi in corso hanno nel frattempo riportato alla luce i resti del seicentesco Château de la Porte-Mars. I barroccini dei fruttivendoli, dei pesciaioli e del bric-à-brac sono provvisoriamente dislocati in rue de Mars, fino a lambire place Hotel de Ville. Giovani volontari distribuiscono materiale elettorale delle primarie socialiste. Si vota il giorno dopo. I sostenitori di François Hollande e Martine Aubry, a pochi metri di distanza gli uni dagli altri, cercano di convincere i passanti. Non si fanno la guerra. Chiunque sarà il vincitore, dal lunedì successivo faranno fronte comune contro l’attuale inquilino dell’Eliseo. Per un pasto veloce, ci fermiamo da QG, 16 rue de Mars. Una brasserie dove si respira l’atmosfera confusionaria e allegra di ogni mercato. Se passate da queste parti, è un posto sicuro, senza pretese, dove fermarsi a mangiare. Magari scambiando quattro chiacchiere con gli avventori.
Nel frattempo facciamo una piacevole scoperta. Oggi 15 ottobre, e fino a domani, possiamo approfittare di un evento particolare che grande interesse suscita da queste parti: Les Journées Particulières. Lvmh è l’impero economico transalpino di Bernard Arnault che comprende gran parte delle Maison dello champagne e della moda francese, ma che annovera anche grandi nomi italiani, dal fiorentino Emilio Pucci a Fendi a Bulgari. Per il tempo di un week end, apre le proprie esclusive e prestigiose dimore ai visitatori. Castelli, ville e palazzi, in particolare a Parigi, nella sua regione metropolitana e qui nella Champagne, che quasi mai si sono aperti al pubblico. Facciamo una corsa in macchina fino a Epernay, per visitare le cantine di Moёt&Chandon, 20 avenue de Champagne, costruite dal fondatore Claude Moёt all’inizio del XVIII sec. In mostra il cappello che Napoleone portava con sé durante la fuga dall’isola d’Elba. Soltanto un’altra volta, nell’arco di due secoli, era stato esposto in pubblico.
In questi giorni si stanno concludendo i festeggiamenti per gli ottocento anni della Cattedrale di Reims. Da maggio, mostre e iniziative hanno riempito un calendario davvero unico. Alle 20,30, in una piazza stracolma, assistiamo a Reve de Couleurs. Sulla Cattedrale sono proiettati filmati tridimensionali che esaltano le linee gotiche della facciata, ridisegnate di luci e immagini oniriche. Uno spettacolo che ricostruisce la storia del monumento, dalla sua costruzione fin alle incoronazioni dei re. Siamo sbalorditi. Estasiati. Difficile trovare aggettivi per descrivere la bellezza dell’evento al quale assistiamo.
Terzo giorno
Per nostra fortuna, quest’anno non è così freddo, come in genere è in questa stagione. All’alba, al momento di raggiungere il Parc des Expositions per la gara podistica, in tuta sportiva, non geliamo come tante volte in passato. La maratona è l’occasione, per l’intera città, di scendere in strada ad applaudire i corridori. Tutti indistintamente. E per molti di noi, “l’abbraccio della folla” fa sentire meno la fatica. Anche quest’anno, un grande successo di partecipazione e un’organizzazione che ha girato a mille. Per raggiungere il campo di gara abbiamo preso la tramvia. Messe da parte le polemiche che avevano diviso la cittadinanza sulla necessità di una rivoluzione viaria, in una città di media grandezza, con un traffico lontano dagli standard italiani, la tramvia è stata costruita a tempo di record e inaugurata ad aprile. I vagoni si caratterizzano per i colori accesi, mentre il muso della locomotiva ha la forma stilizzata della coppa di champagne. Omaggio doveroso alla bevanda universalmente amata, ma anche all’attività economica che da sola traina l’intera economia regionale. Anche se è soltanto dagli Anni Cinquanta che lo champagne assurge a status symbol, associato ai momenti di felicità e di successo. I viticoltori della regione, che in gran parte non vivevano certo nell’agiatezza, nel volgere di pochi anni videro aumentare a dismisura il valore delle loro vigne. La domanda del mercato mondiale, da allora ha costantemente superato l’offerta. Va ricordato che un tempo, qui i medici consigliavano lo champagne per curare i disturbi dello stomaco, e non soltanto. Ancora oggi, a Reims, l’ospite è accolto in casa stappando una bottiglia. Un rito immutabile: in salotto, intorno al tavolino, con i biscuits roses de Reims e le coppe allineate da riempire.
Il pomeriggio facciamo un giro per la campagna. Passiamo davanti alle ville delle Maison più famose e a tante aziende a conduzione familiare, che producono uno champagne che regge benissimo il confronto con quelli più blasonati. Anzi, con livelli di eccellenza spesso superiori. Forse il più bel paesaggio della regione è quello che appare dal belvedere di Hautvillers. Con i vigneti di chardonnay che scendono fino a lambire le maestose curve che la Marna disegna nel suo placido avanzare. E la skyline delle brune colline che, pur non superando mai i trecento metri d’altezza, costituiscono il Parco Naturale Regionale della Montagna di Reims.
Più tardi, con Dominique mi reco presso l’officina del meccanico che ha terminato il recupero della Mercédès 220.SE del 1961, appartenuta a Jean Gabin, mitico attore francese che in tanti film in bianco e nero ha rappresentato il personaggio dell’uomo tranquillo e rude che un destino ineluttabile travolge, obbligandolo a scelte sempre difficili e coraggiose. E’ stato il figlio Mathias Moncorgé (Gabin era il nome d’arte) a consegnare l’auto a Dominique, per il necessario restyling. Nei prossimi giorni la Mercedes tornerà al suo posto al Muée Gabin a Mériel dans le Val-d’Oise, non lontano da Parigi. Chi fosse interessato alle iniziative dell’Association des Amis de Jean Gabin di Reims, può scrivere, anche in italiano, a: d.calio@arca-location.fr. Dopo un’ultima serata con gli amici, innaffiata di brindisi fino a tardi, ripartiamo l’indomani mattina. Va via l’intero giorno per percorrere gli oltre 1100 km. per raggiungere Firenze.
Turisti per ascoltare. Se viaggiare significa conoscere la realtà quotidiana del luogo che visitiamo, scoprire le sue radici, sono rimasto colpito di quanto la comunità italiana continua a contribuire allo sviluppo economico di questa ricca regione del nord est francese. In questi giorni abbiamo conosciuto giovani italiani che qui lavorano. Come una ragazza toscana di Piombino, che insegna italiano in una scuola locale. Quella in corso è un’emigrazione di giovani laureati, ben diversa da chi arrivò dopo le due Guerre Mondiali, quando la ricostruzione chiedeva gran quantità di mano d’opera: muratori, scalpellini, imbianchini, taglialegna. Ne ho parlato con i figli di quelli che, allora ventenni, arrivarono dalla Calabria, dalla Basilicata, dal Friuli. Senza un soldo in tasca. A volte parlando soltanto il dialetto della propria terra. Senza la possibilità di portare con sé i familiari. Sono venute fuori piccole storie di quel tempo. Che trascrivo. Omaggio a una generazione che con grandi sacrifici ha costruito un futuro per quella successiva. In tempi di flussi migratori verso la nostra penisola, penso che ci faccia bene ricordarci del nostro passato. Prima che la memoria si dissolva. Nel 1958 Serafino e Antonio arrivano da Longobucco, paese della Sila. Un compaesano trova loro un lavoro come taglialegna. Salgono sull’auto di chi li ha assunti. Da Reims li devono portare ai boschi di Arçis sur Aube. Digiuni da giorni, dopo una ventina di Km trovano il coraggio di dire la parola che li ossessiona: Fame! Chi è alla guida non dice parola. Accosta e li obbliga a scendere. Ai due italiani non resta che tornarsene a piedi a Reims. La loro richiesta era stata scambiata per la parola Femme. Che nelle baracche loro assegnate, volessero portare a vivere le loro donne. Chiarito l’equivoco e ottenuto il lavoro di taglialegna, un altro infortunio linguistico capita ad Antonio. Gli si rompe l’accetta avuta in dotazione. La riporta al suo superiore che, tranquillamente, gli dice che farà intervenire il Marechal. Disperato, Antonio cerca di spiegare che l’accetta si è spaccata per un incidente. Il maresciallo no, non devono chiamarlo. Ha paura che lo rimanderà in Italia. Senza immaginare che quello da chiamare era soltanto il fabbro. Anche Franco mi racconta un episodio successo a lui. Erano i primi di settembre di quello stesso 1958. Aveva diciotto anni. Da pochi mesi era arrivato in Francia, ed ora rientrava in treno a Reims dopo essere stato a trovare i familiari nel natio Friuli. Alla stazione di Domodossola lo avvicina un ragazzo calabrese di un paio d’anni più grande. L’hanno chiamato per un lavoro in Francia. Non c’è mai stato. Gli mancano i soldi per il biglietto da Modane a Digione. Lo può aiutare? Glieli rimanderà con il primo stipendio. Franco acconsente. Non gli chiede neppure il nome. Gli dà il proprio indirizzo. Convinto di non risentirlo più. Dopo qualche mese arriva la busta con i soldi e un biglietto di ringraziamento. Non firmato. Franco mi dice: “Chissà se qualcuno, leggendo questa storia, mi potrà aiutare a ritrovare quel ragazzo calabrese.” Oggi si parla con facilità di società multiculturale, di contaminazione, di globalizzazione. Eppure grandi emigrazioni di massa sono già avvenute in passato, anche se allora non si usavano parole così impegnative. Stasi è una famiglia di Reims che ha dato rappresentanti locali e nazionali alle Istituzioni d’Oltralpe. Tutto comincia quando un giovane senese, Marco Stasi, nella seconda metà dell’Ottocento lascia la città natia. Lavora prima a Firenze sul Ponte Vecchio, poi a Barcellona come antiquario. Sposa Maria, una ragazza corsa di Bastia. Ha un figlio, Mario. Si trasferisce a Parigi. Negli stessi anni che Marco parte da Siena, il giovane Salvador Camps Roig lascia Port della Selva, un villaggio catalano in riva al mare, per imbarcarsi da Barcellona alla volta di Cuba in cerca di fortuna. Là sposa Josefa, nata sull’isola da emigranti catalani di Palamos. Dal matrimonio nasce Mercedes. Divenuto un ricco imprenditore, Salvador torna con la famiglia nel Vecchio Continente. Mario e Mercedes si conoscono e si sposano. Nascono Bertrand, Mario e Gerard. E ciascuno ha figli e nipoti. Oggi vivono sparsi per la Francia e in continenti lontani. Possiamo davvero dire che viaggiare è anche ascoltare le storie delle persone che incontriamo. Per raccontarle a nostra volta. E scoprire che siamo tutti più simili e vicini di come pensiamo.