4 giorni in Maremma: è qui che potrai scoprire il lato più bello e intimo della Toscana

Scritto da: girovaga54
4 giorni in maremma: è qui che potrai scoprire il lato più bello e intimo della toscana

Di ritorno da una vacanza all’Isola d’Elba, Fabio ed io, salutati gli amici con cui abbiamo viaggiato, costretti a tornare a Roma, decidiamo di fermarci per qualche giorno in Maremma e approfondire la conoscenza del territorio dell’Argentario che abbiamo già visto, ma sommariamente.

Diario di viaggio in Maremma Toscana

Giorno 1 – Magliano in Toscana

magliano in toscana

Scegliamo di alloggiare a I Puntoni, nel medesimo ottimo agriturismo dove siamo venuti ben ventitré anni fa con i figli ancora ragazzi, nella campagna a soli cinque chilometri dal paese di Magliano in Toscana. L’agriturismo ha subito nel tempo dei miglioramenti, non ultima una piscina molto bella e l’aggiunta di altre costruzioni intorno al corpo centrale, quasi a formare un piccolo borgo con tanto di aia.  Cala la sera ed è il momento che io amo in campagna: il silenzio, qualche latrato in lontananza, qualche piccola lucciola, un senso di pace e di benessere.

Ci sistemiamo nella nostra camera, semplice ma curata come deve essere in un vero agriturismo ed è già ora di cena: su consiglio di Sergio, il gestore della struttura, ci rechiamo in paese per cenare “Da Giovanna Osteria Maremmana” in Piazza Marconi 5 dove gustiamo piatti del territorio buonissimi (trippa, pici al ragù bianco di cinta senese, sformatini) spendendo € 45,00 in due. Ci concediamo una passeggiata nel paese, piacevole e ricco di storia: lo troviamo pieno di gente e molto vivace. Spettacolare è l’illuminazione serale delle mura del borgo che spicca nel buio della campagna, oltretutto sembra che le stesse mura  siano le meglio conservate della Toscana.

Giorno 2 – Orbetello, Porto Ercole, Porto Santo Stefano

porto ercole

Dopo una buona colazione, siamo pronti per andare a Orbetello, distante venticinque chilometri. La cittadina è nota soprattutto per la Laguna su cui si protende, attraversata da un ponte che la collega a Porto Ercole e che divide la laguna in Levante e Ponente. Parcheggiamo comodamente fuori della Porta Nuova e ci dirigiamo verso Piazza della Repubblica dove sorge la Cattedrale di Santa Maria Assunta: eravamo interessati a visitare il cosiddetto Frontone di Talamone, composto da rari rilievi di un frontone di tempio etrusco del IV secolo a.C., rinvenuto alla fine dell’Ottocento sul colle che delimita la baia di Talamone. Di grande bellezza racconta il momento drammatico del mito dei “Sette contro Tebe”, importantissimo nella storia greca. Chiediamo al Punto Informazione dove si trovi ma ci dicono che da tempo non è più ad Orbetello, bensì al Museo Archeologico di Firenze, pur se la cosa non viene segnalata da nessuna parte. I turisti vengono appositamente ma rimangono delusi.

Percorrendo la Laguna di Ponente, arriviamo al Mulino Spagnolo, molto scenografico immerso nelle acque calme, divenuto il simbolo di Orbetello: è l’unico mulino a vento conservatosi dei nove costruiti dai Senesi nel corso del Quattrocento,  disposti in linea ed  utilizzati per macinare la farina destinata ai cittadini, mediante lo sfruttamento dell’energia dell’acqua; il grano veniva poi trasportato con i “barchini”, piccole imbarcazioni tipiche del luogo. Nel 1557, quando Orbetello passò sotto la dominazione spagnola, i mulini vennero restaurati e, grazie alle nuove pale a vela, convertiti all’utilizzazione del vento di maestrale e scirocco. Attraversiamo il Ponte della Diga che fu fatto costruire dal granduca Leopoldo II di Lorena nel 1842 e dove fino al 1944 passava anche una ferrovia che collegava Orbetello a Porto Santo Stefano. Costeggiando ancora la Laguna, passiamo davanti alla ex Polveriera Guzman, oggi sede del Museo Archeologico, costruita nel 1692 dagli Spagnoli per fortificare la città e dove Garibaldi venne a rifornirsi di armi e munizioni per la Spedizione dei Mille dopo aver attraccato a Talamone.  Poco oltre, arriviamo all’Idroscalo, la cui storia è molto importante per la città anche se oggi di quella struttura rimangono solo pochi ruderi: agli inizi del Novecento, fu deciso di costruire un idroscalo proprio sulle rive della laguna in base alle caratteristiche ottimali di questo posto per il decollo e l’ammaraggio degli idrovolanti. Da qui partirono le famose trasvolate atlantiche che videro protagonista Italo Balbo il quale riposa nel cimitero di Orbetello. A lui e agli altri valorosi suoi compagni dell’impresa del 1933, è dedicato il Mausoleo dei Trasvolatori Atlantici nel Parco delle Crociere.

Ritornando verso il parcheggio, passiamo di fronte a quello che era l’ingresso principale dell’Idroscalo, intitolato alla memoria di Agostino Brunetta, guardiamarina aviatore, attualmente dismesso. 

Riprendiamo la nostra auto e, percorso il ponte, in breve siamo a Porto Ercole con il suo caratteristico piccolo porto. Attraverso la Porta Pisana in Via Ricasoli entriamo nel cuore antico del borgo, veramente carino con il suo intrico di vicoletti e scalinate e le sue mura antiche che vanno a ricongiungersi alla Rocca, su in alto. Dalla Piazza Santa Barbara, su cui prospetta il Palazzo del Governatore dalla facciata in stile rinascimentale, si gode di un bel panorama sul porto. Guardandosi intorno, arroccati su promontori, si riconoscono i Forti di Porto Ercole, il Forte Filippo e il Forte Stella, antichi baluardi difensivi risalenti al tempo della dominazione spagnola che ancora oggi rappresentano splendidi esempi  di architettura militare. Decidiamo di non visitare però i Forti perché vogliamo raggiungere un punto ancora più alto sul Monte Argentario dove si trova il Convento della Presentazione al Tempio  conosciuto meglio come Convento dei Frati Passionisti, a cui si arriva percorrendo una strada immersa nei boschi e dal cui piazzale si vede veramente un panorama eccezionale su Orbetello, sulle due lagune, sulla Spiaggia della Feniglia e sul Tombolo della Giannella. Da non perdere assolutamente!!

Il Convento fu fatto costruire nel 1737 da San Paolo della Croce a seguito del miracolo della “Visione della Vergine” che gli indicò il luogo su cui edificarlo. La struttura si presenta imponente ma in realtà la chiesa è piccola e raccolta: salendo ancora più in alto, si può arrivare a Punta Telegrafo, a 673 metri, il punto più alto dell’Argentario, sormontato dai ripetitori e dalla stazione meteorologica dell’Aeronautica.
Prima della stazione dell’Aeronautica, la Punta Telegrafo era occupata da una torre semaforica, da cui proviene il nome. La torre, nota come Ancien Semaphore Saint André, venne costruita dai francesi durante la dominazione napoleonica all’inizio del XIX secolo. Nel bosco che circonda il Convento, notiamo un posto ristoro molto accogliente che prepara dei gelati artigianalmente e ne approfittiamo, all’ombra degli alberi secolari.

Nel pomeriggio, a soli undici chilometri di distanza dal Convento, raggiungiamo Porto Santo Stefano, altra famosa località affacciata su un bel porto da cui partono e arrivano i traghetti per l’Isola del Giglio. In realtà, dopo una passeggiata sul lungomare, non essendo rimasti colpiti particolarmente da questa località, torniamo verso Magliano, lo oltrepassiamo e dopo dieci chilometri ci fermiamo a Pereta, un minuscolo borgo medievale che pare derivi il suo nome dalla coltivazione di pere nel suo territorio, conservatosi perfettamente, a cui si accede attraverso la Porta di Ponente. Pereta fu possedimento degli Aldobrandeschi, signori incontrastati in Maremma, divenendo un importante centro a guardia del passaggio stradale obbligato tra la costa e la montagna. Da vedere sicuramente la Torre dell’Orologio, nel punto più alto del paese, parte integrante dell’antico castello degli Aldobrandeschi: anzi, c’è da dire che la torre, con i suoi ventinove metri, è l’edificio più alto della Maremma Grossetana.

Passeggiando per le antiche vie strette e lastricate, si incontra la Pieve di Santa Maria Assunta, risalente al XV secolo che, nonostante le varie modifiche intervenute nei secoli successivi, conserva ancora tutto il fascino dell’architettura sacra medievale, con la sua facciata a capanna e il portale d’ingresso incorniciato da un arco a tutto sesto.

Soddisfatti per aver dato ascolto al nostro istinto e aver visitato questo gioiellino medievale, ritorniamo a cena a Magliano da Giovanna che non delude neppure stasera le nostre aspettative.

Giorno 3 – Talamone

talamone

Bella giornata limpida con voglia d mare! Detto fatto, decidiamo di dedicare qualche ora alla splendida spiaggia della Feniglia, a cui si arriva ripassando sul Ponte della Diga a Orbetello, poi a sinistra verso Porto Ercole e infine costeggiando una pineta a tratti anche piuttosto selvaggia con le piccole dune che digradano su una spiaggia dorata. Che meraviglia! La Feniglia è lunga sette chilometri e percorrendola tutta, partendo da Porto Ercole, si arriva ad Ansedonia. La bellezza di questa spiaggia è che solo in piccola parte è occupata da ombrelloni e sdraio, per il resto è libera e offre una quiete infinita. Su questa spiaggia fu trovato agonizzante il Caravaggio, sbarcato da una nave sul quale era salito già debilitato per recuperare alcuni suoi dipinti destinati al Papa e che morì nell’ospedale di Porto Ercole, città che lo ha poi ospitato nel cimitero. Un cippo ricorda l’episodio ma non so bene dove sia posizionato, all’interno della pineta che accompagna tutti i setti chilometri del litorale.  Camminiamo sulla sabbia fin quasi a mezzogiorno, poi riprendiamo l’auto e raggiungiamo Talamone, altro delizioso borgo marinaro di aspetto medievale che conserva numerose testimonianze del suo passato. Prima di visitarlo, però, ci fermiamo per una pausa ristoratrice alla “Locanda dei Mille” in Piazza IV Novembre, attirati dai tavoli all’aperto affacciati sul porto.

Saliamo verso la parte alta del borgo dove sorge tuttora la Rocca Aldobrandesca a dominare l’intero tratto costiero fino al Promontorio dell’Argentario (siamo sul promontorio più meridionale dei Monti dell’Uccellina): la rocca fu fatta costruire alla metà del 1200 con funzioni di avvistamento e di difesa del porto sottostante. Dalla rocca parte un camminamento lungo le possenti mura del borgo e da cui si gode di un bellissimo affaccio sule falesie e le relative piccole spiagge: una su tutte, la più gettonata di Talamone è il Bagno delle Donne, un ristretto lembo di sabbia e rocce occupato da ombrelloni e asciugamani ma molto scenografico e sempre affollatissimo dove tanti anni fa eravamo stati e ricordavamo con piacere.

Terminiamo il giro delle mura e decidiamo di percorrere la strada panoramica dell’Argentario, che, lunga diversi chilometri, collega le due località più famose (Porto Ercole e Porto Santo Stefano) lungo la parte esterna del promontorio così da avere delle magnifiche vedute durante il percorso. Per farlo, però, dobbiamo ritornare a Porto Santo Stefano e imboccare la panoramica da lì: per un po’ di chilometri tutto fila liscio, ci fermiamo ogni tanto nelle piazzole sistemate apposta per fotografare il panorama, poi però la strada devia verso l’interno e ci riconduce al punto di partenza: scopriamo così che la Strada Panoramica praticamente non esiste più, non è più percorribile da diverso tempo o meglio la si può percorrere a proprio rischio e pericolo.  Ma si facesse un po’ di informazione al riguardo? Va bè, ce ne ritorniamo nel nostro agriturismo a Magliano apprezzando tutto il contesto della campagna e quanto da qui sia lontana la vita di tutti i giorni in città.

Ceniamo ancora ottimamente da Giovanna.     

Giorno 4 – Capalbio

capalbio, toscana, dall'alto

Dobbiamo salutare I puntoni per ritornare oggi a casa ma non prima di aver ancora gironzolato un po’. Lasciata Magliano, dopo soli due chilometri, ecco l’indicazione per i ruderi dell’Abbazia di San Bruzio, in aperta campagna, molto scenografica anche se rimangono solo poche testimonianze di quella che era una abbazia importante e fiorente, la cui costruzione risale all’XI secolo ad opera dei Camaldolesi: oggi, si possono ammirare gli eleganti capitelli decorati con numerose sculture di stile franco-lombardo.

Riprendiamo il nostro itinerario e in circa mezz’ora siamo a Capalbio, bellissimo borgo medievale arroccato su una collina. Per arrivare abbiamo percorso una ventina di chilometri, durante i quali non abbiamo incontrato nessuno né visto costruzioni di qualsiasi genere: solo campi, boschi, pascoli che ci hanno confermato la bellezza di questa parte di Maremma, contenti di averne assaporato il senso ed essere felici di aver fatto questa scelta a termine della nostra vacanza.

Capalbio, sul confine tra Lazio e Toscana, è definito anche “l’ultimo paese della Maremma”. Assolutamente da vedere: appena varcato il doppio arco di Porta Senese, si è catapultati in pieno Medioevo con il suo centro storico fatto di vicoli, piazzette, scale, archi e portoni storici, improvvisi affacci sulla campagna, i balconcini pieni di piante e fiori. Si dice che le stradine fossero così intricate che persino i locali vi si perdevano. Percorriamo il camminamento delle mura e poi raggiungiamo la Rocca Aldobrandesca e la sua torre maestosa costruita con la tecnica romana dell’opus incertum, fino a trovare un autentico gioiello, il Palazzo Collacchioni, letteralmente addossato al torrione aldobrandesco: è considerato il simbolo della città, appartenuto in passato addirittura all’Abbazia delle Tre Fontane di Roma, poi agli Aldobrandeschi, agli Orsini di Pitigliano, ai Senesi  e al granducato di Toscana. Ne visitiamo l’interno, molto elegante, frequentato anche da Giacomo Puccini che sembra abbia suonato su un pianoforte conservato in una sala, durante le sue soste a Capalbio dove veniva per la caccia al cinghiale.

Usciti dal Palazzo, ci troviamo subito nella piazzetta che ospita la Pieve di San Nicola, costruita tra l’XI e il XII secolo e mirabilmente affrescata. Ancora vicoli e piazzette e poi va placato quel certo languorino che si fa sentire: l’offerta è tanta e tutto è molto allettante, poi ci fermiamo in uno slargo di Via Vittorio Emanuele II, “Al Pozzo” che propone ottimi piatti del territorio (ribollita, acquacotta, cinghiale) e anche gustosi dolci.

Non possiamo fermarci oltre nel borgo perché alle 14:30 dobbiamo entrare al Giardino dei Tarocchi, di cui abbiamo già acquistato i biglietti on line, distante una manciata di chilometri: parcheggiamo in un ampio spazio dedicato che dà l’idea di quanta sia l’affluenza e poi entriamo in un mondo fantastico, assolutamente da vedere. Il giardino è una creazione dell’artista Niki De Saint Phalle, la quale, suggestionata dalle opere di Gaudì e del Bosco di Bomarzo, si impegnò realizzare uno spazio dove dare forma ai personaggi dei Tarocchi: ci vollero circa venti anni e dieci miliardi delle vecchie lire (finanziate interamente dall’artista e da suo marito, Jean Tinguely, di cui avevamo ammirato le originali creazioni a Basilea)  per dare corpo al progetto in una vecchia cava di pietra dove è ancora Maremma ma si sconfina nel Lazio. Il parco comprende le ventidue figure degli Arcani maggiori sotto forma di sculture, architetture ma anche come luogo da abitare (l’Imperatrice, dove visse la stessa Niki durante i lavori del giardino), totalmente realizzato con specchi  (bagno, cucina con elettrodomestici, camera da letto), perfettamente funzionanti. Non manca uno spazio mistico, la Cappella della Temperanza, anch’ essa abitabile. Un luogo affascinante che l’autrice ha chiesto espressamente nelle sue volontà, rimanga sempre lo stesso, senza aggiunta e manipolazioni.

Dopo questa ultima esperienza, ci dirigiamo senz’altro indugio verso casa  percorrendo l’Aurelia, scontrandoci ancora una volta con il traffico impossibile di Roma che ci amareggia dopo tanti giorni passati in tranquillità ma con il pensiero già rivolto a nuovi luoghi da visitare.   

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capalbio, toscana

Capalbio, Toscana

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