Risate, inclusione e salti acrobatici: come trascorrere 3 giorni a Barcellona con gli amici

"Quando la compagnia batte la città. Barcellona ci ha accolti con sole, imprevisti, sorrisi e un sacco di salti. Con i nostri ragazzi autistici? Nessuna distinzione, solo tante risate, abbracci spontanei e felicità autentica"
Scritto da: Romy Crystal
risate, inclusione e salti acrobatici: come trascorrere 3 giorni a barcellona con gli amici

Tutto è iniziato a luglio dello scorso anno, nel bel mezzo dell’aeroporto di Praga, mentre io e le mie amiche festeggiavamo i 50 anni di Simona. Un attimo prima stavamo ridendo davanti a un caffè, un attimo dopo avevamo prenotato un viaggio di 3 giorni a Barcellona… perché a noi basta poco per organizzarci! Ed eccoci qui, finalmente, all’aeroporto pronti a partire: il gruppo di amici bello carico, un volo già in ritardo e i primi racconti tragicomici di chi, arrivato in treno, aveva già avuto un incontro ravvicinato con i borseggiatori. Ma niente paura: panino al volo da Burger King, qualche risata e via, pronti per l’imbarco. Atterriamo a Barcellona e, dopo un breve dibattito Uber sì-Uber no, ci dividiamo in due furgoncini-taxi. Andrea figlio della mia amica, fiero come un re, ci rassicura: «Tranquilli, ho già contrattato il prezzo!» Peccato scoprire poi che il suo taxi aveva speso più del nostro, dettagli! Hotel promosso a pieni voti: camere pulite, nuove e accoglienti. Tempo di mollare le valigie e subito in cerca di una birretta nei paraggi. Google Maps ci guida in un pub a nove minuti da noi: era vuoto, finché non siamo arrivati noi a riempirlo! Allegria a fiumi, birre buone e prime risate vere del viaggio. Si fa l’una di notte senza nemmeno accorgercene.

Primo giorno – Riscoprire Barcellona

Il mattino dopo, zombie ma entusiasti, eccoci pronti per la nostra avventura sulla Rambla. Tra cantieri, caos e turisti appena sbarcati dalle navi da crociera, iniziano i miei ormai classici “salti di gioia” (che, come al solito, attirano qualche sguardo divertito). Piccolo shopping nei negozi delle solite catene internazionali (nessun affare, a parte qualche calamita di rito) e poi tappa obbligata al mercato coperto “Mercat de la Boqueria”: un paradiso di colori, profumi e assaggi. Io, però, con una delusione enorme: volevo un bel cono di churros pieno zeppo, mi ritrovo con quattro miserinissimi bastoncini! Non ho resistito a fare una battuta alla signora del banco.

A pancia mezza piena, girovaghiamo fino a una bellissima piazza davanti alla Cattedrale della Santa Croce ubicata nel cuore del centro storico, nel quartiere gotico. Tra una foto di gruppo e l’altra, ci imbattiamo in uno spettacolo di strada: ragazzi acrobatici che incitano la folla. E indovina chi viene scelta come “volontaria”? Esatto, la sottoscritta! Insieme ad altre due ragazze, ci ritroviamo sotto un volo acrobatico che strappa applausi e, probabilmente, mi regala una comparsata sui cellulari di mezza Barcellona. Come se non bastasse, poco prima un artista di strada mi aveva persino disegnato una caricatura (molto somigliante!) mentre facevo un selfie. Una scena surreale, ma tenerissima.

Dopo l’esperienza spassosissima del Museo delle Illusioni a Praga, dove con le mie amiche eravamo uscite con le mascelle doloranti dal ridere (e anche un po’ stordite dai giochi ottici), abbiamo deciso di replicare l’esperimento anche a Barcellona, nella speranza di regalare una dose di divertimento ai nostri ragazzi. Spoiler: il museo barcellonese si è rivelato… diciamo “modesto” ecco, per essere gentili. Nulla a che vedere con l’effetto “wow” di Praga. Ma, come spesso succede nei viaggi con la compagnia giusta, anche ciò che non è all’altezza diventa memorabile. Abbiamo trasformato ogni angolo del museo in un’occasione per fare selfie improbabili, battute sceme e risate contagiose. Alla fine, più che un museo delle illusioni, è stato un museo delle risate… e a pensarci bene, ci va bene così.

Tra illusioni (deludenti) in un museo e dolcetti vari, ci ritroviamo divisi tra chi vuole esplorare ancora e chi ha bisogno di un pausa. Io e mio marito, impazienti, ci lanciamo nell’ottima birreria Moritz per qualche assaggio di ottime birre artigianali, in attesa della cena a base di paella e sangria.

Grazie al consiglio prezioso di un amico che vive a Barcellona, una sera ci siamo diretti verso La Fonda, un ristorante segnalato come tempio della paella e della sangria senza fondo. E come dargli torto? Locale enorme, brulicante di gente, atmosfera allegra e caotica… meno male che avevamo prenotato, altrimenti avremmo dovuto gustarcela guardando da fuori il vetro! Seduti a una tavolata chilometrica, ci siamo ritrovati davanti a pentoloni fumanti di paella che sembravano usciti da un film epico e brocche di sangria che si rinnovavano misteriosamente ogni volta che stavano per finire. Ciliegina sulla torta: al nostro fianco, un addio al celibato di ragazzi italiani in vena di festeggiamenti.

Secondo giorno – Sagrada Familia e shopping

Il giorno dopo, sveglia con calma relativa: dovevamo essere fuori alle 9, siamo partiti alle 9:30 (e già è stato un successo) , per la tappa obbligata e attesissima. Davanti alla Sagrada Familia, finalmente libera dalle impalcature e in tutto il suo splendore, abbiamo scattato una delle foto più belle e simboliche del viaggio. Sotto le guglie svettanti di Gaudí, tutti in posa con la nostra maglietta “Be different”, che Simona ha regalato a ciascuno di noi all’inizio della vacanza. Non era solo un pensiero carino, ma un messaggio importante: abbiamo viaggiato insieme a persone autistiche, cercando sempre di rispettare i loro tempi, le loro esigenze, il loro modo speciale di vivere il mondo. E così, quella foto davanti alla basilica è diventata molto più di un semplice ricordo turistico: è un’immagine che racconta inclusione, rispetto e la bellezza di stare insieme nella diversità.

Alcuni di noi visitano l’interno, altri si buttano di nuovo nello shopping. Dopo deviazioni strategiche e un paio di tentativi falliti di trovare un posto che non ci servisse paella riscaldata o tapas tristi, è stato il caso – o forse la fame – a guidarci verso una piccola perla tutta italiana: il ristorantino Anas, fresco fresco di apertura. Due ragazze italiane al comando, sorridenti e piene di grinta, ci accolgono come fossimo amici di vecchia data. E lì, nel cuore di Barcellona, succede la magia: pasta fatta come si deve, al dente, con sughi da standing ovation. Ogni forchettata era un ritorno a casa, ma con vista catalana.

Gli ultimi momenti li abbiamo dedicati a quello che tecnicamente si chiama shopping compulsivo da fine vacanza: souvenir improbabili, e, ovviamente, la caccia ai churros perfetti. Spoiler: missione fallita. Passeig de Gràcia ci ha accolti con le sue vetrine eleganti e un’aria da “sfilata permanente” – tra boutique di lusso e negozi di marchi internazionali, abbiamo camminato a testa alta come se stessimo partecipando alla Fashion Week catalana. Poi ci siamo spostati su Portal de l’Àngel, perfetto per chi vuole fare spese senza vendere un rene: Zara, Mango, Pull&Bear, uno dopo l’altro.

L’ultima serata a Barcellona: tra birre, risate e marines improvvisati

Dopo una meritata pausa in hotel (con qualcuno che ha provato a fare il pisolino delle 18 e si è svegliato alle 20 dicendo “dove sono?”), ci siamo messi in marcia per l’ultima cena . Meta il celebre birrificio Moritz, tempio della birra artigianale e rifugio perfetto per la nostra serata finale. Ci assegnano una tavolata proprio accanto a un maxischermo: evidentemente pensavano fossimo lì per vedere la partita Barcellona – Real Madrid. In realtà, l’unica cosa che ci interessava davvero erano birra, buon cibo e, soprattutto, le chiacchiere tra di noi. La serata è stata un mix perfetto di risate sfrenate, chiacchiere serie, sfoghi liberatori e brindisi allegri. È stato bellissimo vedere come, in così poco tempo, si sia creato un gruppo affiatato e pieno di energia positiva. La parte più divertente? Quando, per uscire dal tavolo, abbiamo dovuto letteralmente strisciare come marines, visto che dietro di noi si era ammassata una folla di tifosi ipnotizzati dallo schermo. Ognuno ha adottato una tecnica diversa per scivolare fuori senza rovesciare birre o farsi notare… e ovviamente le risate sono raddoppiate!

Ci siamo salutati sotto una pioggerellina fastidiosa, con l’appuntamento per la mattina dopo: sveglia all’alba per la nostra ultima colazione tutti insieme.

Terzo giorno – L’addio (con il profumo di brioche)

Alle sei in punto eravamo tutti davanti alla Claire, il bar di fronte all’hotel… ancora chiuso! I profumi di caffè e dolci che uscivano dalla porta semiaperta erano una tentazione irresistibile. Una colazione veloce, tante facce ancora assonnate ma piene di bei ricordi, poi rientriamo in hotel ad aspettare i taxi che ci avrebbero portato in aeroporto. E così, anche questo meraviglioso weekend è volato via, lasciandoci il cuore pieno di nuovi amici e ricordi preziosi. Se proprio devo essere sincera, Barcellona non mi ha fatto battere il cuore come altre città. Ma la compagnia degli amici ha reso tutto speciale. Siamo stati un gruppo unito, a volte un po’ caotico (ok, spesso), ma sempre attento, affettuoso e pieno di cuore. E in fondo, è questo che fa la differenza – in viaggio come nella vita.

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