20 gg. In Thailandia – parte II – Krabi

Ecco il mio viaggio! Riprende da: 20 gg. In Thailandia - parte I - Bangkok.... KRABI 23/10 - Volo Bangkok - Krabi; sistemazione al Peace Laguna Resort Atterriamo all'aeroporto verso le 17:45, in una desolazione totale: c'è soltanto una piccola pista e il nostro aereo! Ritirate le valigie, incrociamo le dita sperando che la prenotazione...
Scritto da: Ivanweb
20 gg. in thailandia - parte ii - krabi
Partenza il: 20/10/2002
Ritorno il: 10/11/2002
Viaggiatori: in coppia
Spesa: 1000 €
Ecco il mio viaggio! Riprende da: 20 gg. In Thailandia – parte I – Bangkok…

KRABI 23/10 – Volo Bangkok – Krabi; sistemazione al Peace Laguna Resort Atterriamo all’aeroporto verso le 17:45, in una desolazione totale: c’è soltanto una piccola pista e il nostro aereo! Ritirate le valigie, incrociamo le dita sperando che la prenotazione on-line fatta al nostro hotel, il Peace Laguna Resort, sia andata a buon fine e ci sia l’autista per il transfer che abbiamo richiesto. Lo troviamo subito, con un grande cartello con scritto il mio nome sopra, che conferma in maniera davvero positiva la precisione e la puntualità di questi thailandesi! Saliamo da soli in un pulmino a 9 posti piuttosto antiquato, e mentre ci dirigiamo verso Krabi tra strade larghe e semi-deserte, sorprendentemente ben tenute e scorrevoli, io e Ste ammiriamo l’incredibile morfologia del luogo, che si oscura velocemente tra il cielo rosso infuocato del tramonto. Questi monti così strani, dalle forme più svariate, queste pareti verticali alte e suggestive, questo verde intenso che ricopre tutto: è proprio come lo immaginavamo, come l’abbiamo sognato dalle foto che abbiamo visto nelle riviste e in Internet: è magnifico, un paesaggio grandioso!!! Passiamo per il centro abitato di Krabi, non molto grande ma provvisto, ci sembra, di parecchi market e negozi di ogni genere. Dopo circa mezz’ora, ormai buio, arriviamo a destinazione; il pulmino costeggia una via principale con case e ristoranti sparsi ovunque, e prende una piccola traversa sulla sinistra dove parcheggia. Prendiamo la nostra stanza deluxe prenotata da internet e chiediamo velocemente anche un posto per andare a mangiare. Appena usciti dal resort, percorrendo la piccola traversa (saranno forse 100 metri), si finisce sulla strada principale, che sulla sinistra porta al mare e segue il litorale, dove ci sono tutti i ristoranti, locali, market e negozietti di ogni genere, compresi farmacie, Internet Point e ATM per il cambio. Passeggiamo dunque emozionati per la prima volta qui ad Ao Nang, così si chiama la località dove siamo, che è la baia più frequentata e famosa della zona di Krabi, piena di resort, hotel, guest house sparsi ovunque tra le spiagge e la strada principale. E’ tutto diverso da Bangkok, così tranquillo e pacifico come tipico proprio di una località balneare. Nessuno ci stressa per chiedere dove andiamo, i mercanti dei negozi e delle bancarelle ci salutano con un lungo e sorridente “haaloooo” per attirare l’attenzione, ma non sono insistenti e invadenti come nella capitale. La strada principale è anche l’unica, insieme ad una piccola parallela nascosta nel retro dove ci sono le abitazioni. L’asfalto è molto rovinato, a tratti del tutto assente, poiché, come abbiamo modo di notare dai primi passi, la località assume l’aspetto di un vero e proprio cantiere all’aperto. Ci sono lavori in corso ovunque, dal rifacimento della strada stessa alla costruzione di nuovi resort e al completamento del litorale. Tuttavia, una volta svoltato l’angolo, si cammina piacevolmente lungo il litorale, in piena tranquillità, in un’atmosfera rilassante con una gradevole temperatura (calda e umida, ma molto migliore di quella di Bangkok). Passeggiamo per un pò e ci fermiamo in un ristorante-pizzeria italiano interessante, con i tavoli all’aperto come la maggior parte del posto, che si chiama “Da Lavinia”. Il menù è vario e ci sono diverse specialità italiane; decidiamo di provare una bella pizza, di cui sentiamo vivamente la mancanza, non aspettandoci certo di trovare il massimo di questa specialità qui in Thailandia. Dobbiamo invece clamorosamente smentirci, dal momento che dopo una breve attesa ci servono una pizza veramente ben fatta, cotta nel forno a legna, stessa pasta e condimenti italiani: ottima e buonissima!!! Soddisfatissimi della nostra cena, e del conto tra l’altro di soli 320 bath (neanche 8 euro per due pizze e due coca-cola!), proseguiamo la passeggiata fino in fondo alla strada, che poi svolta ad angolo nuovamente verso l’interno e lascia il mare. Ao Nang è tutta qui, 15 minuti di passeggiata in pieno relax tra piccoli negozietti e ristorantini, di cui ne abbiamo contato parecchi thailandesi, anche con seafood, e almeno 3 italiani con pizzerie incluse. Rientriamo velocemente e stanchi al Peace Laguna, con il proposito di tornare l’indomani riposati e con più calma a fare un pò di spesa, soprattutto per quanto riguarda le bevande e qualche cibaria da sgranocchiare in stanza. Il nostro primo giorno a Krabi è finito, e non vediamo l’ora sia domani per esplorare a fondo questo posto che sembra davvero fantastico. 24/10 – Tour trekking elefanti; visita baia di Ao Nang Alzati con tutta calma alle 9:00, ci affacciamo nella bella veranda della nostra stanza al primo piano: c’è il sole ed è una bellissima giornata! Usciamo, scendiamo le scale, attraversiamo il piccolo ponticello di legno in un tratto dove la laguna si restringe e termina, e dopo pochi passi arriviamo alla piscina, dove di fronte c’è la sala per la colazione a buffet. E’ tutto all’aperto, il panorama è meraviglioso: si vede tutta la laguna, circondata da una fila di bungalow immersi completamente nel verde; sullo sfondo un possente monte si erge, con la vegetazione fittissima di palme che tenta di conquistarlo e si ferma solo a metà altezza, dove la parete diventa perfettamente verticale; il profondo blu della piscina contrasta nettamente con tutto il verde intorno e la fioritura delle piante sul bordo. Tutto ciò è una vera gioia per i miei occhi, e rimango ad osservare questo paradiso cercando di mettere a fuoco i minimi particolari per tutta la colazione. Quest’ultima non è completa come quella di Bangkok, ma la frutta è sempre insuperabile, dall”ananas, all’anguria al succo d’arancia. Ci sono anche dei salsicciotti di pollo, un primo di noodles piccanti, uova, ma noi ci accontentiamo di un semplice toast con burro e marmellata, più vicino alle tradizioni italiane… Intorno è pieno di uccellini, che paiono una specie simile a qualche merlo indiano; arrivano dappertutto, osservano, e scroccano qualche briciola di pane. I turisti degli altri tavoli sono pochi, più o meno una decina, e l’atmosfera è incredibilmente rilassante. Proprio quello che cercavamo! Finita la colazione, andiamo nella hall e rincontriamo il gentile ragazzo della sera prima, che ci spiega in modo più approfondito i tour disponibili. Paiono tutti davvero imperdibili, la scelta è difficilissima: della durata di mezza giornata ci sono il trekking con gli elefanti e quello in kayak, e decidiamo così di prenotare il primo per il pomeriggio, e lasciare una giornata intera per quello in kayak che pare molto più completo.

Usciamo dal retro del resort, costeggiando la laguna, il sentiero con i bungalow, e prendendo un sentierino appena visibile che porta alla spiaggia dopo 100 metri appena. Il sentiero si apre in una piccola area pianeggiante ricoperta da prato verde, che arriva sulla sinistra ai piedi del monte. Mentre passeggiamo nel prato, parecchie farfalle ci svolazzano intorno, e ci sembra tutto così bello, una natura così vivace e lussureggiante! Ci accorgiamo che il sentiero giusto non è quello sulla sinistra, che finisce a ridosso del monte dove la laguna si congiunge al mare, torniamo così sulla destra, che avevamo in precedenza scartato per la presenza di un piccolo ponte in legno sgangherato (praticamente due pezzi di tavole di legno affiancate!). Si passa proprio da là, niente di pericoloso per carità, sotto c’è un canale alto poco più di due metri, però fa un pò di impressione inizialmente passare su queste tavole che flettono molto e non danno un grande senso di stabilità… Di fronte ci sono dei lavori in corso per un nuovo resort, e un ragazzo ci invoglia ad attraversare tranquillamente. Siamo proprio sul retro della spiaggia, dove una strada bianca accoglie capanne e bancarelle dei thailandesi del posto, con le massaggiatrici pronte a smontarti e una sorta di parrucchiere artigianali pronte a rendere la tua testa e i tuoi cappelli un ammasso di trecce! Sono infatti le pratiche più richieste qua dai turisti, i massaggi e le treccine, queste ultime ovviamente da parte delle donne. Entriamo finalmente nella spiaggia, che appare davvero bella, bianca e pulitissima, spaziosa, senza alcun ombrellone o sdraio, proprio come immaginavamo. Qui a Krabi infatti, a differenza di altre spiagge come a Phuket per esempio, queste cose sono vietate. Ci avviciniamo al mare, calmissimo, con una leggera risacca sulla riva, che non è però cristallino come ce lo aspettavamo. Camminando sulla battigia già non si vede il fondo, con 10 cm d’acqua! Riflettendo comunque, è normale: l’acqua è pulitissima, ma la conformazione del terreno e della roccia, molto calcarea, insieme ai detriti e al fango portati dai fiumi, alimentano il pulviscolo sul fondo e lo rendono opaco. Comunque di certo non tutte le spiagge saranno così… Passeggiamo un pò nella battigia, con l’acqua che ha una temperatura tiepida davvero gradevole, e arriviamo all’estremo Sud, dove un piccolo fiumiciattolo proveniente dalla laguna taglia la spiaggia perpendicolare. Poco più avanti la sabbia finisce sulle rocce, e la falesia si alza imponente con una vegetazione fittissima. Si vede un meraviglioso e suggestivo costone di roccia per qualche centinaio di metri, dalla quale punta estrema arrivano diverse longtail che portano i turisti da questa spiaggia alla successiva, sicuramente subito dietro il costone. Sotto la falesia invece una canoa doppia naviga dolcemente in tutto relax: “quella è una cosa che non devo assolutamente perdere!” penso dentro di me. Cerchiamo l’esistenza di qualche sentiero che si arrampichi sulla cima, ma è tutto assolutamente impenetrabile per via della verticalità e della vegetazione. Percorriamo dunque la spiaggia per arrivare dalla parte opposta, notando curiose noci di cocco belle mature (colore marron, come le conosciamo noi in Italia) sparse per la sabbia, sicuramente cadute da qualcuna delle alte palme laterali. Ci sono parecchie longtail ferme, pronte ad aspettare i turisti per portarli a spasso da qualche parte, con diversi ragazzi che già da lontano chiedono se si vuol fare un giro. La spiaggia finisce con delle gradinate che portano al litorale di Ao Nang, sulla strada principale. Giriamo tra negozietti vari e ci fermiamo in un market a fare un pò di spesa, comprando qualcosa per il pranzo e molte bevande da riporre comodamente in frigo. E’ mezzogiorno, fa un caldo micidiale e il sole picchia parecchio, così torniamo al resort a sperimentare subito la splendida piscina. Facciamo la doccia all’esterno, proprio una bella rinfrescata, e prendiamo due enormi sdraio con l’ombrellone. Stiamo praticamente tutto il tempo a mollo nella temperata acqua della piscina, e ci troviamo immersi in un paesaggio sensazionale e in un relax totale. La piscina è divisa in due: una parte a cerchio è per i bambini, con l’acqua bassa, e l’altra parte per gli adulti, con una profondità crescente fino a un massimo di due metri. Nel punto più alto, due forti getti “sputati” da due teste statuarie di cavalluccio marino fanno divertire parecchio, ed è incredibile pensare che tutto questo è solo per noi in questo momento, condiviso solo da un’altra coppia di turisti che fanno il bagno in piscina, e che stanno pensando sicuramente la stessa cosa che pensiamo noi: siamo in paradiso!!! Si fanno le 13.00 e dobbiamo tornare frettolosamente in stanza, fare un piccolo pranzetto e prepararci per la nostra prima esperienza a Krabi: il trekking con gli elefanti, che costa 640 bath a persona (poco più di 15 euro). Alle 14:00 raggiungiamo la hall, dove viene a prelevarci puntuale un song-taw, tipico mezzo locale simile a un furgoncino rosso, aperto dietro ma con tettuccio, veramente suggestivo. Saliamo dal retro e ci sediamo su una delle due file laterali, emozionati da questo nuovo mezzo di trasporto. Certo non si può dire sia il massimo della comodità, si tocca quasi con la testa sul tettuccio e ci si tiene ad una sbarra in metallo, ma superato il primo pezzo di strada pieno di buche, l’asfalto diventa ben praticabile e il viaggio è più piacevole. Percorriamo così un bel tragitto per una quarantina di minuti, avendo la possibilità di osservare appieno tutta la zona nei dintorni di Krabi: alla concentrazione di resort di Ao Nang, si passa ai piccoli villaggi sparsi per la strada principale, mentre tutto intorno la natura continua a stupire per l’originale e bizzarra morfologia. Le condizioni di vita sembrano ai mIei occhi enormemente migliori di quelle della gente che abita a Bangkok e dintorni, non ci sono sporcizia e rifiuti ammassati come là. Arriviamo finalmente al punto di partenza, dopo un breve tratto di strada bianca e fangosa. Ci fanno salire su una pedana di una capannina in legno e dopo pochi minuti arriva un grazioso e giovane elefante con un ragazzo che lo guida seduto sul suo capo. Comincia purtroppo a piovere proprio mentre saliamo sul dorso dell’animale, e ci fanno indossare due grandi ed efficienti poncio che coprono benissimo ma fanno un caldo tremendo. Iniziamo a passeggiare con l’elefante, provando una sensazione davvero singolare nell’essere a due metri da terra con questi movimenti strani e compiacendoci della stabilità dei passi del pachiderma. Seguiamo un piccolo sentiero fangoso che si inoltra nella foresta e percorre un tragitto ad anello. Il panorama intorno è sensazionale, tutto ricoperto fittamente di verde, con una grossa catena montuosa sullo sfondo dal profilo più che singolare, e delle alte cime calcaree ai nostri lati, scolpite con guglie e stalattiti enormi. Smette presto di piovere, e così scattiamo le doverose foto; il ragazzo che ci guida sul capo dell’elefante si mostra gentile scendendo a farcene un paio per ricordo.

Mentre torniamo al punto di partenza, due bambini spuntano correndo in motorino nell’incredibile piccola strada fangosa e piena di pozzanghere, forse semplicemente per divertimento, e ci salutano simpaticamente. Notiamo anche due singolari volatili vicino a una capanna, e la guida ci dice che vengono usati come galli da combattimento. “Che strano” penso, crescere in un posto del genere, una cultura così diversa, una natura così meravigliosa e imponente che ti circonda. Certo non hanno problemi di spazio per giocare questi bambini, ma è certo anche che non conoscono il cinema, il computer e la civiltà come la intendiamo noi. Forse sono più felici di noi, forse no. Chi può dirlo! Di sicuro però hanno una vita più semplice e naturale, e all’apparenza sono davvero gioiosi e sorridenti, in modo spontaneo e coinvolgente. Dopo un’ora di trekking siamo di nuovo in prossimità della capannina, dove notiamo un bellissimo cucciolo di elefante che passeggia su e giù impaziente, legato ad una lunga catena. Scendiamo e ci sediamo ad un tavolo, dove ci offrono una generosa dose di succosa papaya fresca appena sbucciata. Finita la pausa, un simpatico ragazzo ci raggiunge e ci fa da guida, spiegando un pò la vita del posto. Parla degli elefanti, di come li trovano nella foresta, di come li addestrano, di quanto sono acuti, intelligienti e furbi. Incredibilmente furbi, capaci con la loro accurata memoria di scappare durante la notte per farsi una scampagnata e una scorpacciata di qualche casco di banane, per ritornare la mattina presto, esattamente nello stesso punto e nelle stesse condizioni. La guida sembra una persona davvero a modo, colta, parla un buonissimo inglese, e racconta con entusiasmo sincero la vita di questi animali, con passione; non sembra davvero uno squallido sfruttatore di quei documentari che avevamo visto a Bangkok sulla Thailandia. Nel frattempo arriva il cucciolo che avevamo visto prima, alto quanto me (1 metro e ottanta di cucciolo…) portato da un ragazzo a fare una passeggiata forse per l’addestramento. Si avvicina dolcissimo, si fa accarezzare, emette un simpatico gesto sonoro quando gli diamo qualche banana da mangiare, e gli facciamo qualche foto. La guida ci spiega quindi il loro modo di vivere, il fatto che siano estremamente socievoli, che abbiano spirito di sacrificio, che abbiano un loro linguaggio di comunicazione, il fatto che dormano 3-4 ore al giorno e passino il resto della giornata al 90% mangiando in continuazione: erba per lo più, ma anche volentieri qualcosa come venti caschi di banane! Rimango a bocca aperta e meravigliosamente colpito da questi splendidi mammiferi!!! Prima di venire qui non pensavo assolutamente, nella mia ignoranza, che un elefante potesse essere un animale così bello e interessante. Il discorso si sposta poi sugli sterminati campi di papaya tutto intorno, che sono stati i famosi campi di maryuana del film “The Beach” con Di Caprio. Qua infatti hanno girato le scene di quando il trio arriva sull’isola e si trova all’improvviso in mezzo ai campi d’erba, e quelle successive di quando Di Caprio assiste alla sparatoria con la strage dei poveri innocenti e ritorna in sè. (A posteriori, riguardando il film, ho perfettamente riconosciuto una sequenza dove c’è lo stesso identico sfondo che io guardavo allora, con quel promontorio così singolare, ma senza la capannina di legno). Il ragazzo prende anche un album e ci fa vedere le foto scattate durante le riprese, che racconta furono davvero divertenti. Molti turisti sono arrivati a visitare questo posto da allora, ma in effetti oggi non sembrano più tantissimi. Stasera per esempio siamo clamorosamente soltanto io e Ste, è tutto esclusivamente solo per noi! Stamattina al contrario ce n’erano parecchi ci spiega, una trentina, con diversi elefanti impegnati che andavano a portarli in giro. Io stesso comunque, di certo non sono venuto qui per vedere le scene del film ma per la curiosità di salire sull’elefante e vedere l’interno della foresta. Come ultima tappa la guida ci porta a vedere una grotta calcarea dall’esterno, che non penetra molto in profondità ma che pare mastodontica per via delle sue enormi stalattiti che pendono dalla parete verticale del monte. Qualcuna di queste ha persino un nome, attribuito per la somiglianza della forma di qualche animale o oggetto, come classica tradizione di tutte le grotte.

Finito il tour saliamo nel song-taw, che ci riporta sulla strada del ritorno. Prendiamo una piccola deviazione per accompagnare la nostra stessa simpatica guida, in una piccola strada bianca vicino alla principale nei pressi di Ao Nang. Ci sono parecchi resort anche qua, e leggiamo di sfuggita il cartello del “Frittomistovilla”. Dunque è qua! Ricordo ancora quando, praticamente per gioco, abbiamo trovato l’originalissimo sito con Ste di questo splendido resort gestito da italiani, all’indirizzo: www.Frittomistovilla.Com”, cominciando a sognare di poter venire qui in Thailandia in questi indimenticabili posti. C’era un pacchetto nel sito che includeva anche il trekking con gli elefanti, sicuramente lo stesso che abbiamo fatto noi oggi! Sembrava solo un sogno al tempo, e invece adesso siamo veramente qua!!! Tornati al nostro Peace Laguna vero le 17:00, ci riposiamo per benino e godiamo dalla nostra veranda lo spettacolo di un improvviso acquazzone tropicale poco prima del tramonto. Piove fittissimo con un forti folate di vento e il colore predominante diventa un giallo acceso, con una foschia creata dalla pioggia che avvolge il monte di fronte e i bungalow del resort creando il classico paesaggio da fiaba. Usciamo per la cena verso le 20:00, percorriamo tutto il litorale di Ao Nang, scrutando con attenzione i vari ristoranti per vedere quello che ci ispira maggiormente, e alla fine optiamo per uno italiano che si trova in fondo, appena svoltato l’angolo, sulla strada principale verso Noppahrat Thara. Il menù è vario e completo e mangiamo due buonissimi ed elaborati primi piatti, spendendo a mala pena 400 bath (10 euro). Ci dedichiamo poi ad una tranquilla e rilassante passeggiata per i piccoli negozietti del litorale, guardando qualche souvenir e qualche capo di abbigliamento. C’è una vasta scelta di tutto, anche se le marche predominanti sono di prodotti americani, come la Diesel tanto per fare un esempio. Oltre all’abbigliamento ci sono poi diversi shop che vendono zaini e valigie di ogni tipo, parecchie bancarelle con prodotti artigianali e lavorazioni colorate del sapone, numerosi market sempre aperti fino a tarda notte, un paio di farmacie, punti ATM per il cambio, internet point, laundry service (lavanderie). Diamo un’occhiata anche alle numerosissime agenzie di prenotazione per tour, affitto di attrezzature, gite in barca e immersioni diving. Non manca davvero niente qui ad Ao Nang per il turista, tranne che i divertimenti mondani, dal momento che ci sono ben pochi pub e locali tipicamente notturni che sembrano anche poco frequentati. Avevo letto da Travel che qua si va a letto presto, non ci sono discoteche e night-club come a Phuket, la vita scorre tranquilla dall’alba al tramonto, e la notte si va a dormire. Compriamo qualche bevanda e genere alimentare e ritorniamo al nostro resort verso la mezzanotte.

25/10 – Relax al Peace Laguna Resort, massaggi Thai, 28° compleanno Sono ancora parecchio raffreddato da Bangkok e ho un cerchio alla testa niente male, ma sotto l’effetto di un’aspirina e dell’eccitazione di essere in viaggio, niente può fermare i festeggiamenti del mio 28° compleanno! Quale modo migliore di trascorrerlo e di guarire se non qui in questo paradiso thailandese? Io e Ste ci alziamo con calma, facciamo colazione al buffet con calma, usciamo a passeggiare con calma: oggi il relax totale e la ricerca della tranquillità della classica vacanza al mare sono assicurati. Mentre siamo in giro, decidiamo che è ora di assolvere il nostro fondamentale dovere di cominciare a scegliere, comprare e scrivere, le cartoline per i nostri parenti e amici. Svaligiamo così qualche negozio, comprando una marea di splendide cartoline, mediamente ad un prezzo di 5 bath ciascuna con un francobollo per l’Italia da 20 bath. Lasciamo anche le foto di Stefania, scattate a Bangkok, da sviluppare in tradizionale, visto che il prezzo è leggermente più conveniente che da noi. Verso l’ora di pranzo torniamo al resort, parecchio accaldati, e ci accampiamo in piscina, occupando due enormi sdraio e un ombrellone. Facciamo un lunghissimo bagno nell’acqua calda, continuando a goderci esterrefatti questo incredibile paesaggio da favola che sembra solo e tutto per noi! Pranziamo ordinando un bel vassoio di frutta e qualche tramezzino dalla sala, pagando la ridicola cifra di 120 bath (3 euro), e notando con stupore che i prezzi sono identici a quelli dei chioschi fuori dal resort (davo per scontato che in un resort a 4 stelle avrei pagato molto di più per avere le stesse cose, ma non è così per nostra ulteriore fortuna). Ecco l’immagine della vera vacanza, incarnata nei nostri volti di questo pomeriggio: sdraiati a prendere il sole, assaporando una gustosissima fetta di anguria o ananas, e facendo un bagno dietro l’altro in una piscina di un azzurro intenso immersa nel verde paradiso terrestre! In genere nei viaggi io non amo molto fermarmi o passare il tempo senza far niente, preferisco l’azione e il muovermi per scoprire tanti posti e fare tante cose. Ma qui sarebbe un sacrilegio non godersi almeno un paio di giorni di relax totale, sentire la mente e il fisico che si rivitalizzano rilassandosi, senza preoccuparsi di niente. L’Italia, la famiglia, il lavoro, il computer sono anni luce lontani dalla mia mente, non passo un solo momento a pensarci nonostante abbia un sacco di tempo per pensare. Non sto facendo niente e non penso a niente, la mia mente è concentrata solo ad osservare questo paradiso e a rigenerarsi da esso: una sensazione mai provata nella mia vita, fantastico! Verso le 17:00 torniamo in stanza, e completiamo il relax provando un bel massaggio thailandese. Io scelgo quello tradizionale per 200 bath, mentre Stefania, avendolo già provato, opta per quello ai piedi (250 bath), entrambi della durata di un’ora. Ci spostiamo in una sala apposita, oltre la reception, a fianco ad un negozio di lussuosi abiti e vestiti con tanto di marchio Armani. Mentre aspettiamo la preparazione della sala, dal momento che ci siamo solo noi, il ragazzo del negozio si avvicina e cominciamo un lungo discorso in inglese sulla moda italiana. Mi dice che gli abiti firmati Armani li fanno su misura per i clienti in un paio di giorni, seguendo il metodo tradizionale: si prende il metro, le misure del cliente e si crea l’abito! Interessante, soprattutto il prezzo: un abito che in Europa o America si trova a 500 dollari (e quindi euro dal momento che in questo periodo il cambio del dollaro è uguale a 1 euro) qua si paga intorno ai 100. Non male eh? Certamente viene da porsi il serio dubbio sull’autenticità del marchio, ma sulla qualità della fabbricazione e dei tessuti usati non si discute, poiché qui in Thailandia ho visto lavorazioni e toccato con mano stoffe e cotone di una fattura che noi ci sogniamo. Pronta finalmente la sala massaggi, che altro non è che una piccola stanza con due materassi per sdraiarsi, una signora e una ragazza cominciano a torturarci per benino. Già, la prima parte dedicata alle gambe è davvero dolorosa, la mia massaggiatrice preme forte con i pollici che sembrano d’acciaio e pare vogliano infilarsi dentro i muscoli dei polpacci e delle cosce! Stesso discorso per le braccia ma più rilassante la parte del busto, del collo e della testa. Comincia anche a piovere forte fuori, ed entra un pò di aria fresca dalla porta scorrevole. Il massaggio termina con particolari stiramenti che mi fanno schioccare ogni singola vertebra della spina dorsale, tramite strane posizioni assunte dalla ragazza che sfrutta le sue gambe come leve per girarmi per benino. E’ proprio un’esperienza originale che vale la pena provare! Si sono fatte le 19.00, corriamo velocemente in stanza per non bagnarci troppo dalla pioggia, che finisce dopo una mezz’oretta, e riusciamo subito dal resort per fare una passeggiata. Ritiriamo i rullini che abbiamo portato stamattina, e percorriamo il litorale alla ricerca di un thai seafood, comune ristorante di pesce. Ne scegliamo uno carino a metà altezza, poco più avanti di quello italiano, dove sono esposti graficamente i piatti del menù e si possono vedere le pietanze! Oggi è il mio compleanno e siamo puntati sul pesce. Il servizio al solito è impeccabile, una cameriera ci mostra la mercanzia facendoci scegliere il pesce e la grandezza, che pagheremo poi a peso. Io opto un piatto che mi sembra tranquillo, con un condimento al limone, mentre Stefania sceglie l’arrosto al tamarindo. Dopo una ventina di minuti ci portano i nostri pesciolini ben cucinati, e rimango sorpreso dall’esagerato condimento del mio piatto, arricchito di spezie e peperoncino fortissimo, che copre francamente parecchio il sapore del pesce e del limone! Quello di Stefania invece è ottimo e ben saporito, si sente il pesce arrosto addolcito dal sugo di tamarindo al punto giusto. Prendiamo anche una birra thailandese, con la curiosità di provarla: ci sono due marche, e noi proviamo la Chiang, davvero buona. Il conto della cena è di 640 bath (poco più di 15 euro in tutto, non male per aver mangiato in due pesce fresco eh!).

Prima di tornare al nostro resort, facciamo una pacifica passeggiata come ieri, cominciando ormai a riconoscere le stesse persone, i negozianti, le abitudini e le tradizioni del posto, nonché un dolcissimo ed insolito bel cagnolino, con due enormi sopracciglia che sembrano disegnate tanto perfette, ma che sono invece assolutamente naturali: ovunque andiamo spunta sempre lui, sembra la mascotte di Ao Nang!! Compriamo un bel gelato, del tutto simile al nostro cornetto classico dell’ Algida, ma fatto dalla Nestlè, che si sbizzarrisce a vendere diversi prodotti alimentari da queste parti, compreso una bevanda al latte e cacao che si vende pronta sul momento in quasi tutti i market, insieme alle bibite classiche della coca-cola e aranciata. Il gelato è buono ma differente dal nostro per il sapore delle noccioline in mezzo al cioccolato sopra la panna, sostituite forse con arachidi. Ci fermiamo in un ATM a cambiare un pò di euro, al tasso corrispondente di 41,85 bath. Pensiamo bene di tornare in stanza anche con un bel Bacardi Breeze, che beviamo nella nostra veranda immersi nella pace del nostro paradiso. 26/10 – Ao Nang Iniziamo la giornata con una bella colazione all’aperto di fronte alla magnifica laguna del nostro resort, tra i merli del posto che spizzicano da ogni parte e facendo la solita scorpacciata di frutta gustosissima e incredibilmente succosa, che non è mancata un solo giorno da quando siamo qui in Thailandia. Ci concediamo l’ultimo giorno di relax, promettendoci di partire da domani all’arrembaggio dei tour più mitici di Krabi. Andiamo in spiaggia, passando dal retro del resort per la stradina sterrata di appena 100 metri, col ponticello che attraversa il piccolo canale costituito da due tavole in legno, e decidiamo di esplorare Ao Nang dall’inizio alla fine. Voglio vedere per esempio dove finisce la spiaggia e se è possibile arrivare a Noppharat Thara, la spiaggia che, come avevo letto nella rivista Travel, dovrebe diventare sterminata con la bassa marea e dove la gente del posto si riunisce la domenica sera. E domani è domenica! Passeggiamo così per un bel pezzo di spiaggia, scoprendo che nella piccola stradina subito dietro la spiaggia ci sono altri negozietti e ristorantini tipicamente thailandesi davvero carini, tutti all’aperto. Arriviamo fino alle longtail ancorate vicino alla riva, che attendono i turisti per portarli in giro nella baia; in questo punto, salendo delle scale, ci si congiunge alla strada principale che segue il litorale, che io e Stefania ormai conosciamo bene! Mentre sostiamo un attimo per le scale, un simpatico piccolo bambino thailandese ci coinvolge con il suo spontaneo e allegro sorriso, mettendoci in mezzo tra i suoi giochini e insegnadoli pure a noi! Mi prende per mano e cominciamo a intraprendere lotte assidue con i pollici; poi, divertito come non mai e sentendosi al centro dell’attenzione, sicuramente abituato a stare in mezzo ai turisti, si fa fare un sacco di foto mettendosi in pose scherzose e divertenti: un vero giocherellone! Dopo ben 45 minuti di intrattenimento locale, continuiamo la passeggiata in fondo alla spiaggia, scoprendo un graziosissimo ristorante di pesce con una balconata all’aperto e tavoli proprio sopra la spiaggia, davvero romantico. Un ammasso di scogli sotto un promontorio con una fitta vegetazione impedisce di proseguire, ma aggiriamo l’ostacolo passando per il retro del “Krabi Resort”, che sembra davvero molto bello, con bungalow perfettamente mimetizzati in mezzo al fitto verde, e ci troviamo su una sorta di banchina che si estende per un breve tratto. Da qua si gode una splendida vista su tutt la baia di Ao Nang, e facciamo diverse foto anche se purtroppo la giornata è grigia e il cielo coperto di nuvole. Rimaniamo un pò a contemplare questo bel paesaggio, sedendoci su una panca di fronte al mare, e poi torniamo indietro nel litorale.

Si fa ora di pranzo, e decidiamo di pranzare con qualcosa di leggero in uno dei tanti ristoranti. Ci sediamo in uno qualunque e ordiniamo un panino e un risotto vegetale, buoni entrambi. Purtroppo, poco prima di essere serviti, iniziano i lavori di assestamento alla strada con un frastuono assordante del martello pneumatico, proprio a lato e di fronte al nostro sfortunato locale. Il pranzo diventa così un mezzo incubo, fastidioso e stressante, persino le povere facce dei camerieri esprimono disappunto ed il locale si svuota lasciando solo noi, giusto perché abbiamo appena ordinato… Questa è la conseguenza dell’ampliamento di Krabi, della sua crescita rapida e incessante negli ultimi anni, che la rende oggi un cantiere aperto. Ci sono lavori ovunque, dalla sistemazione della strada alla costruzione di nuovi resort, e tutto questo fa presumere che presto, molto presto, il turismo di massa prenderà piede qui non diversamente da altre località come Phuket, tanto per fare un esempio. Ritengo che questo sia davvero un peccato, poiché il fascino di questo posto è legato alle bellezze incontaminate e proprio al relax di non essere travolti dalla massa del turismo. Ci sono già nuovi posti sulla splendida costa thailandese che stanno appena nascendo, si stanno aprendo al turismo e che ancora pochi turisti conoscono: questi saranno la nuova Krabi, quando qui arriverà la massa. E forse fra qualche anno anche quelli saranno pieni, e ne nasceranno altri, e via a ripetersi in un circolo vizioso. Ma i posti prima o poi finiranno, cosa succederà allora? Sono queste le prime riflessioni che mi balzano alla mente, vedendo tutti questi lavori in corso; magari le persone che verranno dopo di me troveranno una Krabi ancora più bellina, con un litorale finito e civilizzato, ma troveranno anche una marea di gente in più, con le relative conseguenze. Il turismo non si potrebbe fermare ad un determinato stadio?? Inizialmente sembra prender piede in modo positivo, offre dei servizi che ti permettono di visitare posti fantastici e apprezzarne le bellezze, creando un impulso positivo per l’economia senza creare modifiche e danni eccessivi all’ambiente. Ma lo stadio successivo può diventare devastante, il turismo di massa può arrivare a condizioni estreme di sfruttamento, inquinamento, trasformazione radicale di posti meravigliosi e impersonalizzazione di tradizioni locali. Come si fa a decidere il momento giusto per fermarsi? E soprattutto: chi lo decide? I politici? L’economia? La coscienza dei turisti? Il turista superficiale può non essere toccato da queste argomentazioni, ma il turista consapevole sa bene di cosa sto parlando ora. E chi è stato a Krabi nel mio stesso periodo forse può capirmi ancora meglio.

Torniamo dunque al resort, con un senso di amarezza ed allo stesso tempo di gioia: il primo per la certezza che un giorno questo posto non sarà più così, ma sovraffollato di turisti come forse già avviene nell’alta stagione; il secondo proprio per la fortuna di essere qui oggi, e poter godere di un bellissimo paradiso che purtroppo ha un futuro piuttosto incerto (dal nostro punto di vista di paradiso ovviamente). Passiamo la sera a riposarci e a scrivere finalmente le cartoline, e programmiamo i prossimi tre giorni, decidendo di iniziare domani con il tour a Pee Pee Island, il giorno dopo di fare una visita alle spiagge e alle isole vicine, e dopo ancora il tour in kayak nella foresta di mangrovie. Per cena ci fermiamo nuovamente “Da Lavinia”, stavolta a prendere una pizza, che devo ammettere essere veramente buona, assolutamente identica a quella italiana, nella cottura del forno a legna, nel condimento, nella pasta (ma non a quella napoletana però, che comunque rappresenta un caso a sè stante anche in Italia!). Il conto è sempre irrisorio, appena 370 bath (9 euro per due pizze, una coca-cola e una birra “Chiang” thailandese). Dopo cena ci dedichiamo a un altro pò di shopping, approvvigionamento di bevande e alimentari da portare in stanza, una valanga di cartoline che oltre a essere bellissime ci danno un’idea dei posti vicini da visitare, e che non vogliamo assolutamente perdere: la grotta della principessa per esempio, nota come “Phra Nang Cave”, Koh Mor e Ko Khwan Island, note insieme come Chicken Island (l’isola del pollo), la spiaggia di Nopharat Thara. Una cosa interessante che noto dalle cartoline, dagli stradari e dalle mappe a proposito di quest’ultima e di altre mete, è che non c’è corrispondenza assoluta dei nomi thailandesi con la lingua occidentale. Per esempio per Nopharat Thara ci si affida alla pronuncia, che in italiano si dice “Noparatara”, ma che si trova scritta nel mio stradario come “Nopharat Thara”, e in due cartoline differenti una volta “Noparad Thara” e un altra addirittura “Noparatanatara”…!!? Così anche “Pee Pee Island” figura a volte come “Phi Phi Island”, e via andando con altri nomi.

Nello stesso negozio dove compriamo le cartoline, chiediamo al ragazzo alla cassa di darci anche i francobolli per spedirle in Italia, che costano 20 bath l’uno (quindi neanche 50 centesimi di euro), e ci mostra una cassetta rossa su un palo della strada dove imbucarle. (a posteriori posso dire, con grande dispiacere, che le cartoline spedite da qua non sono mai arrivate, a differenza di quelle spedite da Chiang Mai che sono arrivate dopo due settimane!). Tornati al resort, prima di andare a dormire prepariamo lo zaino che ci servirà per la gita di domani. Scriviamo in nostri quotidiani appunti sul diario e sfoglio tra le foto digitali scattate (il pregio più bello della fotocamera digitale!), cancellando quelle uscite male per non sprecare memoria. Mi ascolto infine un pò di musica col lettore Cd portatile di Stefania, una bella dose di Cult ricarica sempre le energie abbondantemente! 27/10 – Tour giornata intera: Pee Pee Island; Viking Cave; Pee Pee Ley; Maya Bay; Pee Pee Don; Nopparad Thara Sveglia alle 7.00 in punto, lauta colazione e preparativi veloci per le 8.15, orario di appuntamento alla reception per il tour a Pee Pee Island in traghetto di una giornata intera, costato la bellezza di 990 bath a testa (24 euro). Abbiamo scelto quello più economico col traghetto standard, che impiega un’ora e mezza di navigazione, ma c’è anche la possibilità, pagando praticamente il doppio, di prendere quello veloce e arrivare in 45 minuti. Un pò in ritardo arriva il solito song-taw rosso a prelevarci, stavolta pieno di turisti di altri resort che hanno scelto di andare a Pee Pee come noi. Si sta piuttosto scomodi in questo strano jeppone aperto dietro, con i sedili bassi e un pò strecati, sentendo amplificati a dismisura le buche della strada, ma certamente è una sensazione davvero eccitante e caratteristica: è proprio quando ci si è sopra che si capisce che si è in Thailandia! L’autista si ferma diverse volte in vari resort ad Ao Nang, a prelevare altri turisti, fino a che il pulmino non è stracolmo, e prosegue sulla strada principale che porta a Nopharat Thara. E’ la prima volta che vediamo questa spiaggia, finalmente, dopo averla cercata e vista parecchie volte nella mia cartina: pensavo fosse più vicina e fosse possibile arrivarci a piedi da Ao Nang, ma mi sbagliavo: ci vogliono giusto dieci minuti di macchina. Scendiamo tutti dal song-taw e prendiamo i bagagli depositati sul tetto (pare di essere a fare un safari!); quasi tutti hanno uno zaino ma qualcuno ha anche valigie poiché evidentemente ha scelto di andare a Pee Pee e restarci qualche giorno. Veniamo condotti verso le longtail ferme in un piccolo canale che entra dentro la spiaggia. Ci dividono in gruppi e saliamo, anche qui per la prima volta, nella tipica imbarcazione di legno locale, con la lunga coda e il tettuccio. L’emozione è grandissima, mentre la longtail piena come un uovo di turisti, guidata da un ragazzo, parte col suo rombante frastuono da formula uno e percorre il primo tratto di mare tra diverse isolette, piccolissime e ricoperte di fitta vegetazione, che sbucano dal mare piatto come l’olio tutto intorno: questa è la Thailandia che avevo sempre immaginato! Peccato solo oggi sia un pò nuvoloso e i colori non siano accesi e luminosi… Dopo circa un quarto d’ora arriviamo al traghetto principale, ancorato al largo nell’acqua alta. Ci fanno salire “al volo” sull’imbarcazione in modo alquanto pittoresco, e ci accomodiamo all’interno in un lungo salone con due file di sedili da tre posti ciascuna. Comincia la navigazione verso Sud-Est, a carico quasi pieno; dopo circa dieci minuti ripassiamo davanti alla spiaggia di Ao Nang, poi altri dieci e arriviamo alle spiagge di Ao Railay e alla grotta della Principessa, dove si effettua un’altra sosta per caricare i turisti dei resort locali. Questo tratto di costa è bellissimo, caratterizzato da alte pareti verticali, cime e faraglioni dalle forme più strane, la spiaggia bianchissima, un verde fittissimo; e dire che siamo a due passi da Ao Nang e dal nostro resort! Adesso la nave è stracolma di gente, molti rimangono in piedi fuori, e intraprendiamo la navigazione lontano dalla costa, verso Pee Pee Island a Sud, come se fossimo in una di quei barconi di profughi che tentano la traversata per sbarcare nella terra promessa. Dopo altri dieci minuti passiamo vicini alle isole di Koh Podha e Chicken Island, quest’ultima non visibile da Ao Nang perché nascosta dalla prima, di cui invece si distingue la splendida striscia di spiaggia bianca dal litorale. Superate le due isolette, navighiamo in mare aperto, e non posso non rimanere incredibilmente stupito da quanto l’oceano sia assolutamente piatto, assenza totale di onde e movimento; questo è il regno dei canoisti, e anche se non sono in grado di valutare se ci sia forte corrente o meno sotto, vedo qualche canoa che si avventura tranquillamente diversi chilometri lontano dalla costa senza problemi. Ancora un’altra ora e finalmente cominciamo a vedere Pee Pee Don, l’isola più grande delle due, mentre dallo speaker del battello veniamo informati del tragitto che percorreremo. Appena saliti, infatti, siamo stati muniti di un bollino di colore blu da attaccare alla maglietta, che indica adesso quali turisti hanno pagato il tour di un giorno intero, e quali sono invece quelli che hanno pagato esclusivamente per la traversata a Pee Pee Don (che ovviamente non ce l’hanno). Il battello si fermerà pochi minuti per far scendere questi ultimi e poi proseguirà per Pee Pee Lay, l’isola più piccola. Costeggiamo per una mezz’ora l’alta falesia, rimanendo impressionati dalla bellezza della costa, alta, verdissima, assolutamente impenetrabile. Durante l’avvicinamento alla spiaggia di Pee Pee Don, che funge anche da molo visto che ci sostano tutte le barche, io e Ste rimaniamo però spaventosamente colpiti dalle decine e decine di imbarcazioni di ogni genere che sono ancorate in mezzo alla baia o che navigano nei dintorni, dalle semplici longtail, ai motoscafi, a grandi battelli, come il nostro, che portano centinaia di turisti alla volta. Mai vista una cosa del genere in Sardegna, nemmeno ad Agosto nelle spiagge di Villasimius, che è la località più frequentata del Sud dell’isola, e dove arrivano migliaia di turisti in massa da tutta Europa! Rimaniamo allibiti mentre raggiungiamo il molo per far sbarcare alcuni passeggeri, continuando a guardare queste barche, l’acqua sporca e inquinata, e il contrasto col paesaggio che, indiscutibilmente, è strepitoso e sensazionale. L’unica parte dell’isola in piano, dietro la spiaggia, che non risulta impenetrabile come l’alta falesia e l’interno montuoso, è completamente colonizzata e modificata dalla presenza dell’uomo, che ha costruito un vero e proprio villaggio. Lo sbarco dura circa mezz’ora e ripartiamo velocemente proseguendo verso Pee Pee Lay, continuando a costeggiare l’alta falesia che in questo tratto è ancora più spettacolare, e osservando piccole, meravigliose e paradisiache calette di qualche decina di metri di spiaggia bianchissima, a ridosso di pareti verticali calcaree enormi, erose dall’acqua nelle forme più fantasiose e stupefacenti. Ci sono per poco dieci barche per ognuna di queste minuscole calette che spuntano ovunque, e questo ci fa capire che di certo non si può ormai più trovare il paradiso solitario qui a Pee Pee Island, invasa senza pietà dai turisti. Lasciamo la costa dell’isola maggiore e dopo pochi minuti spunta Pee Pee Lay, col suo caratteristico mastodontico spuntone di roccia, con la punta ovale come tutte le vette di Krabi delle quali non ne ho mai visto una spigolosa. Anche qui la costa regala paesaggi mozzafiato, un susseguirsi di viste ineguagliabili per bellezza, anche se la presenza del via vai continuo dei mezzi di navigazione allontana non poco la visione del paradiso assoluto che una volta, non più di cinque anni fa tanto per fare un esempio, questo posto doveva conservare intatto. Effettuiamo una breve sosta al largo delle Viking Cave, grotte calcaree davvero singolari, dove possiamo scattare delle belle foto prima di proseguire facendo il giro per tre quarti dell’isola, e arrivando alla famosa spiaggia di Maya Bay, che ha dato il nome al film “The Beach”, girato qua con Leonardo Di Caprio. Il posto è sensazionale, la spiaggia è davvero incastonata e quasi del tutto chiusa da un cerchio di 300° di spettacolare alta e impenetrabile falesia, e anche se i colori non sono accesi per via del cielo molto nuvoloso, si intuisce chiaramente l’unicità della generosa mano della natura che ha creato questo paesaggio. Purtroppo, ed è un sincero e profondo rammarico, qua le barche sono una flotta, e rovinano completamente, dal mio punto di vista naturalistico, questo posto. Le longtail vanno e vengono in continuazione portando orde di turisti, la spiaggia ne è invasa e brulicano come formiche. Un numero che non riesco neanche a quantificare di motoscafi ormeggiano al largo in questo golfo semi chiuso, unico nel suo genere, insieme al nostro e ad un altro paio di grandi battelli con centinaia di turisti ciascuno. La nostra imbarcazione si ancora qua, un pò lontano dalla spiaggia, con l’aria intrisa del brutto odore di benzina di tutti i mezzi intorno, amplificata dal fatto che non spira un filo di vento e c’è molta afa. Ci vengono fornite maschera e boccaio dall’equipaggio e finalmente possiamo farci il bagno, e soddisfare la curiosità di vedere un pò cosa c’è sotto il mare tropicale. Ma anche su questo punto rimango un pò deluso, dal momento che, una volta in mare, mi accorgo che l’acqua è molto torbida, oltre che inquinata, e si riesce a mala pena a vedere il fondo sotto di me, che è profondo 5 o 6 metri. L’unica emozione è costituita da un branco di pesci tropicali di cui non so dire il nome, ma trattasi della specie più classica che si vede in tutti i documentari, gialli e striati di nero, poco più grandi di una decina di centimetri. Un branco numerosissimo di centinaia di questi pesci, a cui poco interessa la mia presenza o quella di altra turisti, incuriositi dalla nave ci girano intorno aspettando briciole di pane o di qualunque cosa da mangiare. Mi travolgono letteralmente e sento la sensazione del contatto fisico come quando si prende un pesce in mano, però estesa in tutto il corpo! Rimaniamo a fare il bagno nei dintorni della barca nell’acqua tiepida ad una temperatura perfetta, ma senza allontanarci per non finire sotto qualche barca o tra le ancore, anche se un israeliano azzarda nientemeno che la nuotata fino alla spiaggia. Una volta risaliti nel battello, è proprio lui che si fa aspettare per ultimo, mentre ci rifocilliamo con un succosissimo ananas che ci viene dato gentilmente.

Proseguiamo nel nostro giro a 360° per l’isola, per poi tornare, ormai ora di pranzo, alle 13:00, a Pee Pee Don dove avevamo sbarcato i turisti precedenti. Stavolta scendiamo tutti, e seguiamo una guida che ci porta, attraverso la stradina che percorre tutta la spiaggia invasa di barche, al nostro posto per mangiare. Non si può proprio chiamare nè ristorante nè locale; è piuttosto uno spiazzo all’aperto con due tavoli contati coperti da una brutta struttura vuota. Ci portano da mangiare velocemente e il menù è fisso con diverse pietanze thailandesi. Dopo pranzo siamo liberi di passeggiare fino alle 15:30, ora di appuntamento al nostro battello. Io e Ste ci separiamo dal gruppo e ci avventuriamo per le viuzze interne del villaggio: è un susseguirsi di negozietti di ogni genere: dai market, all’abbigliamento, agli internet point, ai localini notturni dove i turisti si accalcano davanti ad un televisore (forse una delle poche fonti di comunicazione con il mondo esterno!). Le strade sono davvero strettissime e non ci sono macchine, solo molte biciclette e tantissima gente che passeggia. Cerchiamo di guardare una cartina per capire dove siamo, e ci rendiamo conto che da girare ci sarebbe parecchio, ma non ne abbiamo il tempo. Una strada porta alla spiaggia di fronte alla nostra dalla parte opposta dell’isola, una al view point che, dalla descrizione del Travel che cito spesso, deve essere davvero bellissimo ma richiede una scalata di tre ore! Ci limitiamo a comprare qualche cartolina, qualcosa da bere e a fare qualche foto ad una povera scimmietta, piccolissima, di appena 6 mesi, legata davanti ad un negozietto che si ciuccia un bel biberon; chissà se è qui per intenerire i turisti ed attirarli nel negozio o perché da sola non riuscirebbe a sopravvivere ed è stata presa in cura dal titolare… Buona o cattiva fede, difficile stabilirlo. La cosa sicura è che il suo atteggiamento è alquanto indispettito dai turisti e non ha un’aria per niente allegra! Seguiamo un lungo e stretto viottolo, cercando di capire il modo di arrivare alla parte opposta dell’isola, nell’altra spiaggia, ma arriviamo appena alla fine dell’abitato, dove finiscono i negozietti e le case si diradano finendo nella foresta, per renderci conto che è già ora di tornare indietro. Guardandoci intorno, notiamo che i labirintici viottoli, vivacemente colorati e pieni di gente, sono spariti, per lasciar spazio, come purtroppo abbiamo spesso notato anche a Bangkok, ad uno squallido scenario di baracche e catapecchie sporche e arruginite, simili ad un immondezzaio di rifiuti accumulati. E’ questa davvero una brutta impressione che lascia un pò di amaro, come quasi a dimostrare che il paradiso in realtà non esiste, che dietro la bella apparenza costruita per i turisti si celi dall’altra parte sempre il lato squallido ed opposto delle cose. Difficile dire se questo aspetto è intrinseco del turismo di massa o della cultura del modo di vivere thailandese, probabilmente entrambe le cose. In ogni caso, questo angolo brutto di Pee Pee Island che documento con una foto, rafforza la mia convinzione che questo è un paradiso ormai perduto, che sta sciupando velocemente per l’eccessivo intervento dell’uomo, e che le norme di salvaguardia come quelle di non piantare ombrelloni in spiaggia o rendere la zona una riserva naturale, non sono per niente sufficienti a salvare questo meraviglioso posto dal degrado. Certo è che se è il turismo di massa è la causa principale di questi fatti, io per primo mi sento in colpa, senza false ipocrisie: sono qui come tutti gli altri!!! L’unica cosa che non accetto è che molti degli altri siano qui perché “The Beach” è stato girato qui, poiché è da allora che Pee Pee Island ha cominciato la sua esponenziale trasformazione. Sinceramente neanche sapevo, prima di fare la gita, che Maya Bay fosse la famosa spiaggia del film, e non sono qui certo per vedere “la spiaggia del film The Beach” e poter dire “ci sono stato”, ma esclusivamente per vedere le bellezze che questi paesaggi offrono. Son convinto che ci siano moltissime altre spiagge qua in Thailandia che meritano quanto e forse più di Maya Bay, ma dove il paesaggio è ancora intatto e “stranamente” ci sono ancora pochissimi turisti, sia perché mancano molti servizi ma anche perché pochi le conoscono e per fortuna Hollywood non ci ha messo piede! Io e Ste torniamo dunque indietro per le viuzze, prendendo una stradina alternativa e finendo in una sorta di mercatino alimentare, per poi arrivare di nuovo alla spiaggia, dove mi cade l’occhio su un bambino che fa il bagno nel mare con le bollicine oleose e detriti di vario genere, tra le ancore delle varie barche: qua proprio un tuffo non lo farò mai! E dire che in controluce, adesso che è uscito il sole, i riflessi verdissimi dell’acqua e lo sfondo tropicale creano un paesaggio meraviglioso! Che assurdo contrasto… Raggiungiamo il nostro battello e lasciamo Pee Pee Island, navigando sulla stessa identica rotta dell’andata. Il cielo è nuvoloso per tutto il tragitto ma il mare sempre, perennemente piatto. Effettuiamo la sosta ad Ao Railay per lasciare dei turisti, e torniamo a Noppharat Thara quando il sole sta per cominciare a tramontare. La prima cosa che notiamo subito sono gli effetti della bassa marea, che qui spiccano evidentissimi! Ritirandosi il mare quasi fino ai piedi dei due isolotti, la spiaggia diventa immensa e sterminata, e meta romantica e divertente di splendide passeggiate per thailandesi e turisti. Mentre scendiamo dalla longtail per avviarci al songtaw che ci riporterà al resort, rimaniamo assolutamente estasiati da questo sfondo magico e surreale che il paesaggio thailandese ci regala. In poco più di venti minuti siamo di nuovo ad Ao Nang, ma anziché farci riportare direttamente al resort, scendiamo sulla spiaggia per vedere finalmente il nostro primo vero tramonto tropicale. Un’emozione fantastica, sono le 18:00 ed il sole scende velocemente all’orizzonte colorando intensamente tutto il cielo circostante, dal giallo al rosso, mentre tutte le longtail guidate per lo più da ragazzi thailandesi, rientrano e si ancorano sulla spiaggia dopo una lunga giornata di lavoro. Uno splendido momento per fare indimenticabili fotografie, che escono perfette persino senza cavalletto nonostante la luce stia calando rapidamente. Rimaniamo a goderci tutta la scena fino a buio fatto, verso le 18:30, quando ci raggiunge in spiaggia l’onnipresente cucciolo dalle sopracciglia nere, un vero mito del posto! Rientriamo a piedi al nostro resort per rilassarci un pochino, e usciamo per la cena, finendo stavolta in un altro ristorante italiano del posto, molto rinomato, che si chiama “Azzurra” (sito internet: http://web.Tiscali.It/mythai). Mentre guardiamo il menù di fronte al locale (è d’uso qua in Thailandia esporre il menù di fronte all’entrata del ristorante), il gestore viene a fare una chiaccherata con noi, riconoscendo subito il nostro aspetto di turista tipicamente “italiano”. E’ un ragazzo simpatico e cordiale di nome Franco, che ci descrive un pò la vita locale di Ao Nang, la quale per fortuna non è rimasta coinvolta da fenomeni comuni ad altri luoghi thailandesi come la prostituzione (tipo Phuket o Bangkok tanto per fare un esempio), poiché, come ci spiega lui stesso, ci sono solo un paio di locali notturni qui a Krabi che non vanno neanche tantissimo, visto che i turisti tipici che soggiornano qui sono coppie fidanzate o sposate e famiglie (a differenza ad esempio di Phuket, dove i ragazzi single in cerca di un pò di “divertimento” notturno sono un esercito). Franco ci intrattiene per una ventina di minuti, facendoci venire la colina in bocca parlando della sua ottima cucina, che a questo punto decidiamo subito di provare senza indugiare oltre. Ci sediamo in un bel tavolino, osservando l’arredamento della sala, molto carino, tutto intonato tra il nero e il blu (si chiamerà Azzurra per questo?), e ordiniamo un bel piatto di lasagne della casa e di penne all’arrabbiata. Il conto è un pò più alto della media (450 bath, 11 euro), ma la qualità e la bontà delle pietanze lo giustificano e sono indiscutibili: tutto delizioso ed ottimo con porzioni generose! Salutiamo cordialmente il titolare di Azzurra, a cui lascio il mio biglietto da visita per il sito promettendo di fargli una buona pubblicità (promessa mantenuta!), e ci adoperiamo per la solita passeggiata rilassante per il litorale di Ao Nang tra negozietti di ogni genere, prima di tornare al resort per una bella dormita.

28/10 – Spiagge di Ao Railay e Phra Nang; Podha Island; Chicken Island Sveglia alle 8:00 e colazione a buffet che, non smetterò mai di ripetere, risulta davvero entusiasmante per mettere il buon umore di mattina presto, all’aperto, in un posto paradisiaco, con temperatura perfetta e gli uccellini che cantano e mangiano le briciole in uno sfondo dominato da una natura selvaggia e incontaminata. Verso le 9:00 prendiamo il piccolo sentiero dietro al resort per andare in spiaggia, dove fermiamo un ragazzo qualunque delle tante longtail per farci portare ad Ao Railay, vista ieri di passaggio andando a Pee Pee Island. La tariffa è fissa ed è di appena 50 bath a testa: stavolta niente contrattazioni! Saliamo sull’imbarcazione di legno e percorriamo il tragitto di una ventina di minuti tra il mare sempre piatto, costeggiando l’alta falesia che regala viste spettacolari da tutte le parti (e tutto questo al prezzo di poco più di 1 euro?? incredibile…). Sbarchiamo alla spiaggia di Ao Railay, molto più bella di quella di Ao Nang (che già, intendiamoci, non è niente male!), con la sabbia ancora più bianca e fine, il mare più trasparente e il fondale bassissimo. Il retro è caratterizzato da un tratto pianeggiante il quale sappiamo, avendo visto le cartoline, finisce dall’altra parte della costa con un’altra spiaggia opposta: in mezzo alle due spiagge sorgono diversi splendidi resort di diversa categoria che hanno occupato e colonizzato tutto il tratto, non lasciando neanche lo spazio per una strada se non quella per entrare nel resort stesso. All’estremo della spiaggia invece si erge altissimo un faraglione con pareti verticali spettacolari, sicuramente meta dei climbers più sfegatati. Dopo aver passeggiato un pò e constatato che non esiste modo di oltrepassare il faraglione dalla spiaggia, prendiamo un sentiero interno che passa per un resort. Attraversiamo così tutto il complesso tra piccoli sentieri e viuzze, in mezzo a bungalow di ogni genere, e finiamo dalla parte opposta nell’altra spiaggia, che però non può essere minimamente paragonata per bellezza alla precedente. In effetti non è neanche una vera e propria spiaggia, dal momento che sorgono un pò ovunque intricate radici di mangrovie, che caratterizzano in modo alquanto singolare il paesaggio: il terreno è molto fangoso e un pò sporco, e ci sono rifiuti e scarti dei resort sparsi un pò ovunque. Altri faraglioni altissimi, vere e proprie colonne calcaree come enormi stalagmiti, sono sicuramente un’altra meta prediletta dei climbers. Ci spostiamo sulla destra scovando un altro sentiero, che costeggia un’alta parete verticale da una parte e il Rayavadee Resort dall’altra. Quest’ultimo è un resort molto rinomato e uno dei più costosi di Krabi, ma noi purtroppo ne vediamo il lato peggiore dal momento che, come accennato prima, da questo versante pare abbiano concentrato i risvolti peggiori degli stabilimenti, lasciando un pò al degrado strutture e pulizia. Il sentiero diventa presto buio e alquanto incredibilmente suggestivo, con piccole grotte ed insenature un pò ovunque, a ridosso di un’enorme parete verticale dove colossali stalattiti gocciolanti sbucano impressionanti, assumendo le forme più fantasiose e intricate. L’opera dell’erosione calcarea da queste parti è mastodontica! Seguiamo i cartelli per la spiaggia di Phra Nang, ma sarebbe stato interessante vedere anche la deviazione che porta ad un punto panoramico. In breve sbuchiamo di fronte alla famosa grotta della Principessa, detta Phra Nang Cave, che prende il nome appunto dalla spiaggia ed è legata alla leggenda di una principessa, unica sopravissuta al naufragio di una furiosa tempesta, al quale altare vengono portati continuamente doni consistenti per lo più in fiori freschi. La grotta è poco più di un’insenatura a ridosso di una immensa parete con altrettanto gigantesche stalattiti, un vero spettacolo da osservare confrontando la piccolezza degli uomini che fanno il bagno nelle verdi, calme e basse acque sottostanti. La spiaggia è molto lunga e parte dalla grotta, proseguendo molto oltre, deviando ad un certo punto di fronte ad un caratteristico isolotto; non se ne intravede neanche la fine. La sabbia è bianchissima e accecante, impossibile stare senza occhiali da sole e cappellino visto il fortissimo sole che picchia senza sosta, regalandoci dei colori meravigliosi con tutte le tonalità di verde possibili ed immaginabili del mare e della vegetazione. Non potendo piantare ombrelloni e sistemare sdraio, tutti i turisti (che non sono per niente tanti, me ne aspettavo molti di più) stendono l’asciugamano sfruttando l’ombra degli alberi e delle palme, e così facciamo anche io e Ste scegliendo il nostro punto con attenzione. Rimaniamo così a goderci questo paradiso tropicale, non potendo restare più di mezz’ora senza correre a farci un meraviglioso bagno tra l’acqua bassa, calda e limpida (non perfettamente cristallina però bella e pulita). Un paio di signore si avvicinano a noi, una massaggiatrice e l’altra che si occupa di metter mano nei capelli delle donne per lavorarli e renderli un fitto intreccio di …Treccie, chiedendo se siamo interessati e sparandoci qualche prezzo (200 bath per un massaggio, 600 per l’acconciatura a Stefania preventivando un bel pò di ore di lavoro vista la lunghezza dei capelli!). Noi però non siamo interessati e continuiamo a goderci il relax, mentre si avvicina un ragazzo italiano che ci sente parlare nella sua lingua madre (non c’è verso di non essere riconosciuti…). Dopo una breve presentazione comincia a narrarci la sua odissea, raccontando che siamo i primi italiani che vede dopo 45 giorni di soggiorno in Indonesia, e che là è stata molto più dura che in Thailandia. Sta facendo in pratica il giro di mezzo mondo, e lo deve fare in un anno a partire appunto dal mese e mezzo in cui ha iniziato fermandosi per primo in Indonesia, e passando poi per la Thailandia, il Vietnam, l’Australia e l’America latina. La cosa che mi stupisce di più è il suo budget, di appena trenta milioni delle vecchie lire, che in pratica gli consentono di non spendere più di cinquanta euro al giorno: lui dice che ne sta spendendo addirittura dieci, ma così secondo me non si gode nemmeno i posti che sta vedendo. Indubbiamente deve essere un’esperienza eccezionale, ma io non la farei per niente in questo modo… Dopo la simpatica chiaccherata facciamo un altro bagno e ci rifocilliamo con un ananas che vendono dei ragazzi thailandesi che passeggiano per la spiaggia. Pare un vero miraggio con il caldo di oggi, così succoso e zuccherino, veramente divino e gustoso! A questo punto, dopo esserci ben cotti al sole, siamo curiosi di vedere la fine della spiaggia e così la percorriamo tutta fino all’altra parte, dove termina con la “solita” alta falesia e veduta mozzafiato. Dopo una valanga di foto decidiamo di raggiungere finalmente l’isola di Koh Podha, perfettamente visibile di fronte alla spiaggia di Phra Nang esattamente come da quella di Ao Nang, e che appare sempre uguale con la lingua bianca di spiaggia e un alto monte dietro. La differenza è che da qui si vede bene anche l’isola dietro costituita dal piccolo isolotto di Koh Mor e Koh Dam Khwan, soprannominati semplicemente per motivi turistici Chicken Island, evidentemente dalla forma di qualche faraglione che assomiglia ad un pollo! Sono le 11:30 e immaginando di superare l’ora di pranzo, senza sapere minimamente quali servizi ci siano o meno nell’isola, compriamo qualcosa da sgranocchiare e da bere da una longtail ferma in spiaggia che funge da chiosco ambulante (eh già, qua i chioschi non si costruiscono sulle spiagge, si adoperano nelle barche di legno!). Avviciniamo un ragazzo del posto, che in modo cordiale e sorridente, come tipico di tutti i thailandesi, propone il tragitto classico del luogo: 600 bath (circa 14 euro) per portarci a Koh Podha, sostare un’ora, proseguire poi per Chicken Island, sostare un’altra ora, e riportarci indietro ad Ao Nang. Il prezzo è fisso perché legato al tragitto e non si può contrattare. Se fossimo un gruppo verrebbe lo stesso e quindi di meno a persona, ma non c’è nessuno che pare sia intenzionato a fare la traversata in questo momento e così accettiamo lo stesso, anche se momentaneamente optiamo solo per Koh Podha. Saliamo e navighiamo per l’ennesima volta su questa caratteristica gondola di legno dalla lunga coda, apprezzando in maniera ancora più entusiasmante, allontanandoci lentamente da Phra Nang, il paesaggio strepitoso che la costa di Krabi regala in ogni situazione. Dopo venti minuti di tranquilla e rilassante traversata, dove anche gli schizzi d’acqua diventano estremamente piacevoli dato il caldo, raggiungiamo Koh Podha, che si avvicina lentamente e magicamente come una visione angelica. La profondità del mare si abbassa rapidamente e l’acqua diventa finalmente cristallina come non l’avevamo ancora vista prima qua in Thailandia, di un verde acceso in netto contrasto con la bianchissima e accecante sabbia. Non ci sono barche finalmente, nessuna tranne qualche altra sporadica longtail come la nostra che porta o aspetta qualche turista, e la spiaggia è praticamente deserta: altro che Pee Pee Island ragazzi, questa è la vera isola del paradiso tropicale!!! Il ragazzo si accosta, ci fa scendere dicendo di tornare fra un’ora, e io e Ste, ancora a bocca aperta ed estasiati da questa meraviglia, diamo un’occhiata intorno e facciamo un giro per la spiaggia, che circonda tre quarti dell’isola. La sabbia è splendida, finissima e bianchissima, perfettamente pulita, ricoperta solamente da ramoscelli vari delle palme le quali crescono tutto intorno e nel tratto pianeggiante di Koh Podha, creando anche una piacevolissima ombra dove ripararsi e rinfrescarsi. Più all’interno sorge una struttura, l’unica dell’isola, che pare una sorta di ristorante e chiosco, e più in là ancora sorge un bel monte impenetrabile, con la solita parete calcarea ricoperta di fittissima vegetazione. Io e Ste scegliamo un bel posticino all’ombra, proprio di fronte ad uno straordinario scoglio che spunta perfettamente verticale ed altissimo e che riconosciamo subito essere uno dei simboli più fotografati e pubblicizzati di Krabi nelle riviste e nelle guide. Osserviamo la lingua di spiaggia stretta e lunga, qualche decina di turisti sparpagliati qua e là, qualche canoa che ha addirittura fatto la stessa traversata della nostra longtail, possibile solo grazie al mare sempre piatto anche al largo delle coste. Di fronte a noi c’è la splendida e indimenticabile visione di Krabi che porterò sempre nel cuore, con il profilo di tutta la costa, da Ao Nang ad Ao Railay, Phra Nang e oltre: un profilo unico e riconoscibilissimo da qualunque altro, caratterizzato così com’è da quella particolarissima conformazione morfologica. Facciamo un meraviglioso bagno nella tiepida, calma acqua cristallina del paradiso e poi vado a curiosare all’interno per vedere il ristorante, dove compro un paio di tramezzini e qualcosa di fresco da bere per dissetarci. Inutile dire che un’ora passa di volata, sempre troppo in fretta per godere appieno questo fantastico posto, e così torniamo dal ragazzo chiedendogli la cortesia di portarci anche a Chicken Island, come inizialmente ci aveva proposto. Sono le 14:30 circa, risaliamo sulla longtail e costeggiamo un pezzo di Koh Podha per una decina di minuti, per giungere alla vicinissima Chicken Island, dove il ragazzo ci ferma nel minuscolo isolotto di Koh Mor. Si può farne il giro a piedi tanto è piccolo, passeggiando su pochi centimetri d’acqua in una ventina di minuti, ma la parte più bella è quella costituita da una meravigliosa lingua di sabbia bianca che dà verso l’isola più grande delle due, Koh Dam Kwhan. Il mare è cristallino e pulitissimo ed il fondo è talmente basso che addirittura vediamo alcuni ragazzi fare la traversata a piedi, per un centinaio di metri, senza che il livello dell’acqua superi la loro vita. A questo punto notiamo che in quel tratto c’è uno scontro frontale della corrente proveniente da due lati opposti, e ci rendiamo conto di essere nell’isolotto ripreso dall’alto in quella splendida cartolina che abbiamo comprato, dove con la bassa marea una stretta e lunghissima lingua di sabbia si erge miracolosamente creando un sentiero che collega Ko Mor all’isola più grande! Evidentemente ancora la marea non si è ritirata sufficientemente per scoprirlo ma è già a buon punto. Qui dove siamo adesso si assapora ancora di più il paradiso tropicale, il paesaggio è ancora più strepitoso, il piccolo e deserto Koh Mor, con sei persone sedute ai tavolini dell’unico piccolo chiosco esistente, la vista di Koh Podha alle spalle, un altro isolotto e Koh Dam Kwhan di fronte. Facciamo una passeggiata sul fondo sabbioso nel lato di scogli di questo piccolo intatto promontorio del mare delle Andamane, poi torniamo al chiosco dove ci dissetiamo con un bell’ananas (che pensavo di pagare oro ed invece è costato appena 20 bath, 50 centesimi di euro!!!) e completiamo il relax con un bel bagno nell’acqua tiepida e cristallina. Se avessimo più tempo tenteremo anche noi la traversata a piedi Koh Dam Kwahn, ma ci rimangono solo pochi minuti, mentre osserviamo il ragazzo che ci ha portato, sdraiato e anche lui perfettamente rilassato, che aspetta pochi metri al largo. In questo momento lo invidio profondamente: loro hanno questo, e non so se dire “solo” questo o “tutto” questo. Hanno una vita semplice, molte meno cose di noi, non andranno al cinema, non avranno il computer, la lavatrice, lavastoviglie e chissà quante altre diavolerie, ma trascorrono le loro giornate nella pienezza di questa meraviglia naturale, senza stress, senza fretta, levando l’ancora della loro longtail all’alba, che sicuramente è molto più di uno strumento di lavoro, e rientrando al tramonto a casa. Guardo questo simpatico e cordiale ragazzo mentre ci accompagna indietro ad Ao Nang, in una bella traversata di mezz’ora: ha il sorriso stampato in faccia ed è la personificazione dell’immagine della serenità e della gioia. Gli faccio una bella foto e mi domando tra me e me se lui si renda conto della fortuna di essere nato qua, in questo paradiso, di quanto la natura sia stata generosa con questo posto regalando paradisi mozzafiato: credo di sì, anche se probabilmente lui non avrà visto altre parti del mondo per poter fare il raffronto, sono sicuro che dentro di sè è consapevole di questa sua fortuna. E spero vivamente che non saremo noi stessi turisti a rovinargliela, perché finché siamo pochi come adesso, costituiamo niente di più che la sua fonte di reddito, ma se arriviamo in massa come a Pee Pee addio paradisi tropicali… per fortuna qui non hanno ancora girato nessun film…

Dopo il meraviglioso tragitto approdiamo ad Ao Nang verso le 16:00 e ringraziamo cortesemente il nostro giovane accompagnatore. Torniamo al nostro Peace Laguna e dopo un breve salto in stanza per dissetare la nostra interminabile sete, ci lanciamo in piscina per concludere questa giornata a mollo, visto che ormai ho perso il conto del numero di bagni e del tempo che siamo rimasti in acqua. Soprattutto andiamo a sbollire la nostra povera pelle che, nonostante abbiamo fatto finta di proteggere con qualche crema solare troppo leggera, comincia a colorarsi di un rosso non indifferente! In particolare le gambe di Stefania sono davvero oltre il classico colore dell’aragosta, con una bella tendenza al fuxia fosforescente… Rimaniamo dunque un’oretta nel totale relax di un bagno nella splendida piscina del nostro resort, a tratti da soli e a tratti con un’altra coppia di ragazzi, un paradiso solo per noi ed una sensazione che non ero mai stato abituato a provare prima. Dopo esserci applicati uno strato dello spessore minimo di un centimetro di crema dopo-sole su tutto il corpo, usciamo per la cena e scegliamo di tornare per l’ultima volta dal nostro mitico “Lavinia” e prenderci una bella e buonissima pizza, insieme alla birra thailandese “Chiang” che trovo davvero ottima. Mentre passeggiamo per digerire, in cerca di souvenir e delle ultime cartoline, sorridiamo di fronte al songtaw pubblicitario col megafono che sponsorizza un incontro di box thailandese, il quale sta passando in continuazione già da due giorni! 29/10 – Tour Ao Talane in kayak Sveglia alle 7:30 e colazione a buffet. Per questo ultimo giorno che restiamo a Krabi io e Stefania abbiamo deciso di concludere in bellezza e all’avventura prenotando il tour di una giornata: Ao Talane in kayak, del costo di 750 bath a persona (18 euro); un’offerta valida solamente in bassa stagione (da dopodomani, cioè dal primo novembre con l’entrata dell’alta stagione, costa quasi il doppio!!!). Attendiamo alla hall del nostro Resort il tipico song-taw rosso, che arriva alle 8:45 con qualche altro turista a bordo. Abbiamo con noi uno zaino con le cose essenziali che ci hanno suggerito di portare: la crema solare (di cui siamo già abbondantemente cosparsi nelle gambe con protezione 40, data la scottatura di ieri!), cappellino, maglietta di ricambio (per il timore di bagnarci un pò troppo mentre siamo in kayak…), e l’immancabile macchina fotografica (le nostre due più una usa e getta subacquea, per fare le foto dal kayak dove sicuramente non saremo asciutti). Il tragitto è parecchio lungo, e abbiamo modo nel nostro furgoncino di leggere attentamente tutta la descrizione del tour, che è esposto con un bel depliant appeso dietro il vano del guidatore. Scopriamo in realtà che è diverso da come ce l’ha spiegato il ragazzo del Peace Laguna, il quale pensava che dopo la mattina in kayak si andasse ad Hong Island in battello a pranzare e si visitasse l’isola. Invece quello di Hong Island è un altro tour!! Ce ne sono tre per l’esattezza da fare col kayak, e sono organizzati tutti dalla stessa agenzia: il primo è il nostro di oggi ad Ao Talane, mirato a risalire un fiume fino a giungere all’interno della foresta di mangrovie, pranzare al sacco e poi percorrere un profondo canyon con pareti verticali di 700 metri; il secondo è quello di Hong Island, che prevede il raggiungimento e l’esplorazione dell’isola dal mare; il terzo è sempre all’interno della foresta di mangrovie, ma si percorre un fiume per andare in esplorazione delle caverne e grotte formatesi grazie alla conformazione calcarea della roccia. Ci sono delle foto per ogni tour, e francamente non saprei dire quale possa essere il più bello: sembrano essere tutti e tre fantastici, vorrei rimanere qua un’altra settimana per farli tutti e per le altre cose che non sono riuscito a vedere! Arriviamo a destinazione verso le 9:30, nella sede che costituisce il punto di partenza di tutti e tre i tour. Ci sono kayak dappertutto, un piccolo market dove ci fanno lasciare gli zaini, con l’accorgimento di prendere le nostre cose e metterle in un altro sacco rosso completamente impermeabile, che ci forniscono loro e ce ne spiegano il funzionamento della chiusura ermetica. Attendiamo una decina di minuti seduti nei tavolini all’ombra, dove possiamo prendere un bel the o bere qualcosa, mentre ci viene fornita acqua a volontà da portare appresso ed arrivano altri song-taw che portano qualche turista dalle parti più disparate. Si raduna dunque un bel gruppo di turisti, ognuno sceglie e prende la sua pagaia, e ci si sposta di fronte al fiume vicino ad un archetto con la scritta: “SeaKayak Krabi” dove vengono formati i diversi gruppi per i diversi tour: quello di Hong Island parte per primo, e si dirige sulla destra verso la foce del fiume di fronte al mare aperto; poi partono quelli che hanno prenotato per mezza giornata, e infine sistemano il nostro gruppo per ultimo. Scendiamo degli alquanto impervi e altissimi gradini vuoti arrangiati con rami di alberi, e ci ritroviamo in una sorta di spiazzo con migliaia di piccole punte che escono dal terreno fangoso e paludoso, e che altro non sono che radici di mangrovie, le stesse che abbiamo visto ad Ao Railay, ma qua in proporzioni immensamente più vaste. Non si può dire che la sensazione di affondare i piedi nel fango melmoso sia piacevole, le nostre ciabatte diventano nere insieme ai nostri piedi, ma l’eccitazione è fortissima nel vedere come le guide prendono il kayak e fanno salire la gente sopra: l’avventura inizia! A me e Ste tocca proprio per ultimi; ci portano un kayak azzurro, ce lo sistemano in acqua, appoggiamo le ciabatte sopra (constatando che anche il fiume è tutta una melma di fango!), sistemiamo il sacco impermeabile e le bottiglie d’acqua, e saliamo. Ste siede davanti e io dietro, cercando di non iniziare a fare figuracce capottandoci come prima cosa! Passiamo qualche minuto a gironzolare un pò in tondo per cercare un minimo di coordinamento, dal momento che Ste non è praticamente mai salita sul kayak prima d’ora, mentre io per fortuna ho un minimo di esperienza (ma proprio giusto le basi!). Raggiungiamo il nostro piccolo gruppo al centro del fiume, costituito da quattro kayak a due posti per i turisti, compreso il nostro, e tre ad un posto per le guide. Tre guide per quattro kayak non può che tranquillizzarci dal punto di vista della sicurezza! Gli altri gruppi sono già spariti e adesso ci siamo solo noi, in questo punto dove il fiume è molto largo in prossimità della foce. Alla nostra destra c’è il mare aperto, e ancora sulla destra in lontananza si trova Hong Island, mentre noi andiamo dalla parte opposta risalendo il fiume verso l’interno, interamente circondato dalla foresta di mangrovie. Iniziamo a vogare lentamente con le nostre pagaie mentre la corrente del fiume favorevole ci trascina e minimizza lo sforzo. Osserviamo il paesaggio superbo, con queste strane, lunghe e intricatissime radici che spuntano dalla riva fangosa, lo sfondo degli imponenti e singolari monti caratteristici solo della zona di Krabi, mentre i ragazzi della guida si avvicinano ai nostri kayak per sapere se ci troviamo a nostro agio e spiegano la flora e la fauna del posto. Notiamo subito per esempio dei piccolissimi uccellini che svolazzano in riva tra un ramo e un altro, che sono chiamati Kingfisher (Re Pescatore), tantissimi granchi colorati che passeggiano nella sabbia, e strani vermoni striscianti simili a lumache gigantesche senza guscio. Tiro fuori la macchina fotografica usa e getta subacquea e comincio a fare qualche scatto, con non poche difficoltà tecniche per creare inquadrature decenti con questo giocattolino! Dopo una mezz’oretta di risalita, prendiamo una deviazione del fiume che comincia a restringersi, e un ragazzo della guida, cordiale e sorridente, si offre per fare una foto dal suo kayak in modo da riprenderci entrambi. Da adesso in poi ne faremo diverse, e sarà un simpatico via vai di kayak che si avvicinano e si scontrano per dare la macchina fotografica alle guide che fanno le foto a noi e alle altre coppie di turisti negli altri 3 kayak. L’emozione è indescrivibile, il senso di pace e di immersione in mezzo alla natura è totale, e a tratti è incredibilmente rilassante, poiché il caldo è smorzato dal fatto che siamo costantemente bagnati e in molti tratti possiamo smettere di pagaiare lasciandoci trascinare dalla corrente. Dopo aver iniziato tutti raggruppati e vicini, una volta presa la mano ognuno segue il suo ritmo e procediamo in fila indiana distanti parecchi metri l’uno dall’altro, mentre le guide continuano a passeggiare avanti e indietro tra un kayak e l’altro; certo che loro hanno un agilità ben diversa dalla nostra, fanno certi sprint e manovre velocissime! Intuisco da queste cose che questi ragazzi vivono così la loro vita, e il kayak è per loro molto di più di uno strumento di lavoro, esattamente come ieri le longtail per quelli che lavorano in mare. Hanno un rapporto particolare con il loro mezzo e si divertono nell’usarlo, sembra che sia una parte di loro, proprio come la chitarra per un grande chitarrista. Non c’è stress nel loro lavoro, non sembrano per niente annoiati di passare una giornata intera sul loro kayak, e hanno un’espressione così serena mentre ci sorridono scambiando battute di vario genere, dialogando con i diversi turisti provenienti da ogni parte del mondo e cercando di imparare qualcosa da loro come di insegnargli qualcosa della Thailandia. Uno di loro indica adesso una piccola bertuccia che ci osserva curiosa dall’alto di un ramo, mentre le passiamo allibiti sotto la testa cercando di scattare qualche foto! Facciamo un’inversione a 180° per ripassarci e guardarla più da vicino: è proprio buffa e sull’attenti. Il fiume comincia a restringersi parecchio e a diventare poco più largo di qualche metro, con svariati minuscoli affluenti ai lati talmente stretti e bassi da non essere percorribili neanche col kayak. Ci sono diverse curve a gomito e il percorso si fa più tortuoso, mentre le alti radici coprono lo sfondo e fanno ombra, lasciando spazio solo ad un pò di cielo. A tratti non vediamo persino neanche più gli altri kayak, e pare di essere completamente soli nella foresta pluviale delle mangrovie, una sensazione meravigliosa! Passiamo quindi sotto una enorme parete verticale di roccia calcarea, sul lato destro, che crea un paesaggio simile a quello di un canyon dove ci si sente immensamente piccoli di fronte all’imponenza della natura: non possiamo non immortalarne almeno una parte con una bella foto, e operiamo con la guida l’ennesimo scambio volante della macchina fotografica! Verso le 12:30 arriviamo a destinazione: il fiume termina sotto una grotta calcarea, la quale, ci spiegano le guide, era abitata una volta dai coccodrilli. Riuniamo tutto il gruppo in questo piccolo spazio per fare una pausa ed uno spuntino galleggiante! Un ragazzo tira fuori dal suo sacco qualche ananas e qualche anguria, li taglia a fette e ce le distribuisce kayak per kayak. Arriva a farci compagnia dopo un pò anche una scimmietta, che prende le bucce di anguria e se le gusta per benino, anche se purtroppo non si fa avvicinare troppo: la sua tattica è “prendi e fuggi”, si agguanta la sua fetta e sale sul ramo della mangrovia a mangiarselo davanti ai nostri occhi stupiti! Dal momento che siamo fermi tiriamo fuori le nostre vere macchine fotografiche dal sacco impermeabile e le scattiamo qualche foto, avvicinandoci il più possibile con il kayak fino a toccare la riva del tutto fangosa e quasi ad arenarci: non farebbe mai a scendere a terra, non solo per il fango paludoso ma anche perché le radici intricate non lasciano un briciolo di spazio per muoversi! Provo a lanciare alla scimmietta parecchie noccioline che ho portato appresso proprio per questa evenienza (oltre che per mangiarmele io con Ste visto che sono energetiche…), ma non la smuovono minimamente ed il suo palato non vuol sentire altro che non sia la succosa e gustosa anguria! Fa veramente tenerezza guardarla mentre se la mangia, mimetizzata tra l’ombra delle possenti radici delle mangrovie, che ci osserva curiosa e diffidente allo stesso tempo.

Finita la pausa torniamo indietro riprendendo il tragitto a ritroso, stavolta più faticoso perché siamo controcorrente e per il caldo impetuoso delle 13:00. Il gruppo si ritrova presto del tutto separato e ognuno va seguendo il suo ritmo, tanto ormai la strada non si può sbagliare. Io e Ste ci piazziamo saldi al secondo posto, dietro ad una coppia di signori che conducono come se stessero facendo una gara olimpica! Impieghiamo una mezz’ora per rispuntare là dove il fiume è più largo, anche se noto con stupore che anche nei punti più ampi non è mai profondo, a tratti si vedono delle secche molto basse anche al centro e si passa col kayak a pelo del fondo anche parecchi metri distanti dalla riva. Se qualcuno si rovesciasse col suo kayak, credo non riuscirebbe neanche a far finta di annegare e si alzerebbe in piedi toccando tranquillamente i piedi sul fondo! Giungiamo dunque al punto di partenza, costeggiando la riva opposta del fiume e tenendoci sulla sinistra della grande bocca del fiume che sfocia a mare, dove a questo punto non si riesce più a distinguere la fine del primo e l’inizio del secondo.

La falesia inizia ad alzarsi e le radici di mangrovie lasciano spazio ora a pareti calcaree che terminano concave e scavate sulla riva, lasciando spazio sufficiente per infilarsi col kayak e prendere ombra. Seguiamo quindi per un pezzo questo tratto di mare continuando a cercare di sfruttare qualche scorcio di ombra per salvarci dal potente sole, che per fortuna rimbalza sulla nostra pelle ancora zuppa di crema protettiva. Arriviamo alle 13:30 ad una insenatura che pare una piccola caletta di appena qualche metro incastonata tra due alte pareti verticali (ma in realtà è uno spiazzo fangoso come gli altri!), di fronte a due suggestivi isolotti squadrati che creano uno strettissimo passaggio via mare. Sbarchiamo sulla piccola spiaggetta, da cui parte una scalinata ed un ponticello che collegano ad un capanno in legno, in una vera e propria enorme e buia spaccatura della roccia. Finalmente possiamo toccare terra e sgranchire le gambe! Qua faremo il nostro pranzo, all’ombra e al fresco delle alte pareti verticali di questo mini canyon, che termina sulla destra con un possente masso ed un’altra spaccatura. Sarebbe interessante scavalcare quel masso, chissà quali abissi della foresta si celano là dietro! Una volta approdati e scesi tutti, le guide preparano il banchetto a base di piatti tipicamente thailandes,i che si sono portati dietro per tutto il tragitto in appositi borsoni. Si mangia in maniera alquanto spartana e arrangiata in una lunga tavolata di legno, come una giornata avventurosa quale questa richiede d’obbligo del resto. Mi cade l’occhio su un curioso animaletto delle dimensioni di un’unghia, assolutamente identico ad una foglia che si muove lentamente, perfettamente mimetizzato, e sull’orda di agguerrite formiche rosse che arrivano alla carica del nostro cibo e pizzicano assai! Subito dopo pranzo abbiamo un pò di tempo per rilassarci prima di riprendere il kayak, e mentre io e Ste scattiamo qualche foto, la guida ci chiama eccitata per farci vedere un bellissimo esemplare di varano (un bel lucertolone di almeno un metro e mezzo!), che si avvicina coraggiosamente al tavolo del nostro pranzo, ad agguantare qualche resto. E’ sicuramente venuto fuori dal grande masso di cui parlavo prima, unica uscita di questa insenatura verso l’interno della foresta. E’ una grossa emozione vedere questo rettile muoversi lentamente e astutamente, tirando fuori la lingua ogni tanto con il classico “tzzzzzzzz” verso la preda. Gli diamo qualcosa da mangiare e lo intratteniamo mentre gli facciamo delle belle foto, anche se la luce è parecchio scarsa in questo canyon. Giunge così l’ora di riprendere il tragitto verso un vero grandioso canyon con pareti di 700 metri nel bel mezzo della foresta! Saliamo incredibilmente eccitati sul kayak, e ci dirigiamo proprio sullo stretto passaggio marino creato dai due isolotti di fronte alla nostra caletta, il quale percorriamo per intero sbucando dalla parte opposta. Da qui proseguiamo costeggiando sulla sinistra fino ad entrare in un’altra insenatura, circondata da altissime pareti verticali: ecco il nostro canyon! Stavolta il gruppo è più compatto e percorriamo a volte in fila indiana e a volte affiancati questo lungo e tortuoso canale che regala paesaggi mozzafiato e assolutamente impressionanti! La prima grandissima emozione arriva svoltando una stretta curva a 90 gradi, dove ci ritroviamo in una sorta di laghetto che appare improvvisamente ai nostri occhi, con stranissime canne o radici da un lato (non saprei davvero come chiamarle!) che spuntano dal basso e fangoso fondale, enormi pareti ricoperte di intricata e fitta vegetazione ovunque, dove una in particolare funge da immenso portone d’ingresso in cui passiamo attraverso. Rimango estasiato da questo paesaggio indescrivibile e mi rendo subito conto che nulla potrà rievocare la maestosità di questo posto nella mia mente, tranne le immagini che cercherò di imprimere il più possibile nei miei ricordi. Qualunque macchina fotografica o cinepresa sono inutili, nessun obiettivo grandangolare potrebbe dare un’idea minima della grandezza e qualunque tele si limiterebbe solo ad alcuni particolari nell’infinito di questi merletti, guglie, prepotente vegetazione che tenta di conquistare nei posti più impensati le pareti verticali e calcaree del canyon. Continuo a guardarmi a bocca aperta in tutte le direzioni, estasiato dalla bellezza di ogni piccolo angolo di questo posto, e provo ugualmente a tentare qualche scatto nei momenti in cui qualche raggio di sole passa tra le pareti, cercando di dare perlomeno una dimensione prendendo come punto di riferimento qualche kayak. Percorriamo un quarto d’ora buono tra emozioni indescrivibili create dalla spettacolarità di angoli nascosti che si rivelano all’improvviso, di una bellezza straordinaria. Non esiste un solo segno di civiltà, non c’è neanche un minimo piccolo rifiuto come una busta di plastica o una lattina che fa pensare che altri al di fuori di noi siano passati di qui prima (cosa che invece accade tutti i giorni). Il tragitto è il massimo del relax perché non c’è corrente e bastano due pagaiate per fare parecchi metri, ma allo stesso tempo il top dell’avventura perché l’adrenalina è a mille in questo paesaggio selvaggio e del tutto straordinario, intatto nei millenni senza che l’uomo ci abbia mai messo piede se non con qualche piccola imbarcazione come la nostra. Nessun grosso mezzo infatti potrebbe traversare queste basse e strette acque, e sono convinto che nessuno ha mai messo piede in quelle cime così impervie, alte e del tutto impenetrabili, che regalerebbero agli occhi della razza umana un panorama strepitoso ed unico al mondo. Non esiste una sola traccia di sentiero, non riesco a vedere nessun posto, piccola insenatura, nulla dove poter scendere anche solamente per provare a fare due passi ed esplorare la zona dalla terra ferma. L’unico mezzo di esplorazione che sembra possibile è esclusivamente il nostro kayak! Ci troviamo a questo punto nel bel mezzo del canyon, in un tratto che pur nella sua meraviglia appare decisamente lugubre, regalando sensazioni ancora più forti. Se Hollywood sbarcasse qua (per carità no!!), non ho dubbi che ne nascerebbe un terrificante film dell’orrore che farebbe sembrare “The Blair Witch Project” una favoletta per bambini. Le altissime pareti nascondono quasi del tutto la luce del sole, ed in questa immensa ombra le radici delle mangrovie assumono un aspetto ancora più intricato e mostruoso, mentre il silenzio assoluto è rotto a tempi intermittenti dal canto di uccelli che emettono un suono gracchiante che rimbomba dappertutto più volte, creando un eco colossale e lunghissimo. L’incredibile atmosfera viene interrotta per qualche minuto dall’arrivo e dal passaggio di un altro gruppo di kayak che rientra alla base, sicuramente partito prima di noi. Ci facciamo fare qualche foto da una delle guide nei punti dove il canyon si apre e la luce del sole riesce a penetrare, e intraprendiamo un discorso per una decina di minuti con questo simpatico ragazzo, che ci chiede qualcosa sull’Italia e cosa ne pensiamo della Thailandia. “Un altro fortunato che vive in questi straordinari posti, e per lavoro accompagna i turisti giorno per giorno in questi assurdi paesaggi mentre io me ne sto seduto sulla scrivania a svolgere le ordinarie e noiose pratiche nel mio ufficio”: questo è il primo pensiero che mi passa per la mente, guardando la sua serenità, il suo spirito, il suo modo tutto personalizzato di stare su quel kayak che ormai è parte di lui. Certo anche il suo lavoro potrebbe essere considerato noioso da noi uomini della grande civiltà e tecnologia, anche lui tutti i giorni (o quasi) fa quel tragitto e conosce sicuramente a memoria quei posti, ma stranamente pare non se ne accorga affatto. Tutto sembra fuorché annoiato, depresso o avvilito, il ragazzo. Forse la differenza è che io sto chiuso in 4 mura a fare una cosa artificiale mentre lui sta all’aria aperta in mezzo alla natura più vera…? In ogni caso, dal momento che non ho alcuna voglia di rovinarmi questi bellissimi momenti della mia vita, abbandono i discorsi esistenziali e mi lascio trasportare dall’entusiasmo assoluto di essere in questo magico luogo. Del resto, concludo, c’è chi, a differenza di me, non solo sta chiuso in ufficio tutto il giorno anche molte più ore delle mie, ma non è mai stato neanche un solo giorno in un posto come quello che io sto vivendo oggi! Le pareti cominciano adesso ad abbassarsi e il canyon sfuma nuovamente nella fitta foresta pianeggiante delle mangrovie. Dopo pochi minuti arriviamo alla fine in un vicolo cieco. Incontriamo altri kayak che fanno inversione poco prima di noi, mentre intanto comincia a cadere una leggera pioggerellina dalle nuvole comunque non troppo minacciose. Facciamo dietro front anche noi tenendoci vicino alla sponda per ripararci, e al risorgere degli alti verdeggianti rilievi che segnano l’entrata al canyon, il panorama è ampio e il paesaggio diventa strepitoso! Siamo contro-sole e la leggerissima pioggerellina cade lentamente e dolcemente, illuminata dai raggi solari che fanno sembrare le piccole gocce d’acqua bianchi fiocchi di neve, mentre il verde scuro ombreggiato della parte bassa del canyon si trasforma in un caldo giallo del colore tipico del sole calante verso il tramonto: una visione davvero straordinaria per i miei occhi, il tutto mentre continuiamo a risalire in totale relax con il nostro kayak! La pioggia termina dopo una ventina di minuti senza bagnarci più di tanto, e all’uscita del canyon il sole esce più prepotente che mai facendoci sudare il rientro. Seguiamo la costa fino a tornare alla foce del fiume, che attraversiamo lentamente, mentre il gruppo è del tutto separato ormai e ognuno ha seguito un’andatura più o meno veloce in base alle proprie forze rimaste. Le guide invece sono ancora piene di energie, e ci regalano uno spettacolino di inseguimento e lotta tra di loro molto divertente! Vediamo finalmente la nostra base e, nonostante la stanchezza si faccia sentire dopo una giornata intera sul kayak, sono enormemente dispiaciuto nel lasciare questo posto fantastico e fiabesco: mi rendo perfettamente conto di aver vissuto una delle giornate più belle, emozionanti e avventurose della mia vita! Sono le 15:45 e una volta raggiunta terra, il minimo che possiamo fare è quello di concederci una lauta pausa nei tavolini e prendere un bel the caldo, mentre ricomincia a piovere stavolta in maniera consistente: giusto in tempo! Tra l’altro dobbiamo aspettare una mezz’oretta il rientro di alcune persone che sono venute col nostro song-taw stamattina e che hanno fatto il tour di Hong Island, quindi riprendiamo con calma le nostre forze. Vediamo i loro kayak rientrare, paiono assai contenti e soddisfatti: deve essere stata una magnifica esperienza anche quel tour! Chissà, magari un giorno riuscirò a tornare in questi posti e lo farò anche io, me lo auguro di tutto cuore! Una volta al completo, ripartiamo per il lungo tragitto verso la baia di Ao Nang che, seguendo l’orientamento della costa, si trovad più a Sud. Tornati al Peace Laguna, ci concediamo l’ultimo rilassante bagno nella nostra splendida piscina, anche stavolta quasi completamente vuota e tutta per noi; il nostro soggiorno a Krabi finisce oggi, e siamo terribilmente dispiaciuti per questo dal momento che ci rendiamo conto che, oltre ad essere in paradiso, ci sono ancora talmente tante altre cose che potevano essere fatte! Per la cena scegliamo di festeggiare nel ristorante thai praticamente di fronte al nostro Resort, veramente elegante e rifinito, che si chiama “Roof Restaurant”. E’ quasi tutto in legno, con dei bei tavolini illuminati a luce di candela ed un originale fontanella con degli enormi pesci rossi sul fondo: un gran bel posto per una cenetta romantica! Il servizio è impeccabile e il conto parecchio più alto della media, ma qui siamo in un signor ristorante e paragonando il prezzo in euro, come al solito, è a dir poco ridicolo. Non abbiamo neanche la forza per fare l’ultima passeggiata nel litorale, tanto siamo provati dal tour in kayak, ma ormai tutte le spese sono state fatte, le cartoline comprate e spedite, i negozi visti e stravisti, e così rientriamo in stanza a preparare le valigie per partire domani mattina a Chiang Mai. Non c’è cosa più brutta di far le valigie in un posto dove senti che ancora non sei pronto a lasciare, dove vuoi ancora rimanere per vedere altre cose e viverlo più intensamente, ma purtroppo bisogna superare anche questo nella vita… Ci avviciniamo alla reception per fare il check-out, facendoci addebitare anche le spese del laundry service, di alcuni tour che non abbiamo ancora pagato, del transfer all’aeroporto per domani di 600 bath, e andiamo a ritirare i passaporti e dei soldi che abbiamo lasciato nella safety box, un servizio di cassetta di sicurezza compreso nel prezzo della stanza. Non mi resta che scrivere il mio bel diario di appunti, ascoltarmi qualche canzone dei Cult nella veranda della splendida stanza deluxe, col panorama notturno sulla laguna del nostro resort-paradiso, riguardare cartoline e foto scattate: che ricordi insuperabili saranno! 30/10 – Krabi; Bangkok Andiamo a fare la nostra ultima colazione a buffet verso le 8:00, per poi prendere valigie e bagagli e aspettare alla reception la macchina prenotata per il trasferimento all’aeroporto. Siamo parecchio stanchi, anche perché non abbiamo dormito molto dal momento che Ste si è sentita male stanotte, causa l’indigestione di noccioline fatta durante il tour ad Ao Talane e la cena thailandese non proprio leggera per il nostro povero stomaco duramente provato. Ci siamo un pò preoccupati ma niente di grave per fortuna, siamo ancora sani e salvi e ammettiamo che è stata colpa nostra nell’esagerare con le porcherie ingerite! Arriva a prelevarci un signore e lasciamo così il nostro magnifico resort con grande malinconia. Percorriamo per una mezz’oretta la strada che collega Ao Nang all’aeroporto, senza traffico, ben tenuta e scorrevolissima, mentre guardo pensieroso dal finestrino Krabi con i suoi spettacolari paesaggi e i suoi paradisi sfumare lentamente alle nostre spalle. Il nostro accompagnatore prende una deviazione e si ferma ad un certo punto in una strada secondaria di fronte ad una casetta. Suona il clacson ed esce una signora, che io e Ste intuiamo essere probabilmente la madre. I due iniziano una animata conversazione in stretto thailandese gesticolando però alla napoletana, sotto i nostri occhi allibiti, e dopo qualche minuto il signore riparte tranquillamente. Chissà cosa si saranno detti, a me pare che il tutto fosse qualcosa del tipo :”Ricordati di andare a comprare il pane quando torni!” o roba del genere!!! In ogni modo arriviamo puntuali all’aeroporto alle 9:00, ringraziamo e scendiamo caricando le valigie nel classico carrello. Facciamo il chek-in del nostro volo con la Thai Airways, il TG 250 per Krabi-Bangkok delle 10.05. Una volta liberi dei bagagli scendiamo nella piccola sala d’attesa, l’unica dell’intero minuscolo aeroporto che ha solo due gate d’uscita. Non c’è quasi nessuno e tutto si svolge con una calma e tranquillità impressionante. I controlli sono leggeri e mi viene davvero da pensare che il problema di attentati e del terrorismo siano le ultime cose che passino per la testa alla gente di questo posto. Il nostro volo parte con un pò di ritardo ma arriva abbastanza puntuale a Bangkok, verso le 11:25. Il viaggio continua su: In Thailandia – parte III – Chang Mai oppure sul mio sito con tutte le foto www.Ivanweb.Net



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