Tra Roma e Cartagine lungo le pagine della storia: 12 giorni in Tunisia on the road

Sapevamo che la Tunisia potesse essere una meta interessante, ma ci ha soddisfatto oltremisura, sia dal punto di vista storico che paesaggistico. E speriamo questo sia solo il primo episodio di una prossima serie di vacanze di questo genere.
Indice dei contenuti
Diario di viaggio in Tunisia
Giorno 1 – Partenza per Malpensa
Dopo una corposa sosta, dall’estate scorsa ad oggi, eccoci finalmente alla partenza per le prossime vacanze primaverili, coincidenti con un lungo ponte, compreso fra la Pasqua e la festività del 25 aprile. Faremo, per noi, un inedito viaggio, organizzato con il tour operator Avventure nel Mondo, che da tanto tempo volevamo testare. Un viaggio tutto sommato facile, ma soprattutto un banco di prova per future e più complesse avventure. Andremo, infatti, in Tunisia, il paese più settentrionale dell’africano Maghreb, con una estensione di circa 160.000 chilometri quadrati, considerato inquieto fino a qualche tempo fa, in considerazione della controversa Primavera Araba, ma tornato, di recente, sufficientemente tranquillo. Partiamo da casa un venerdì pomeriggio perché, essendo previsto a Milano, nella primissima mattinata del giorno successivo (alle 6:45), l’incontro con i compagni di viaggio, preferiamo dormire qualche ora nei pressi dell’aeroporto, alleviando così parecchi disagi. Prendiamo il via alle 18:05 e una ventina di minuti più tardi entriamo in autostrada A14 a Faenza, diretti a nord. Il traffico è scorrevole nella nostra direzione, non certo in quella opposta, dove spesso sono fermi in coda … del resto è una giornata da bollino rosso, in previsione delle prossime feste pasquali. Un’ora dopo la partenza siamo così a Modena e, trascorsa un’altra ora, ormai a Piacenza, ci fermiamo per un veloce spuntino, poi, alla ripartenza, passiamo sopra al Fiume Po’, bello gonfio dopo le piogge torrenziali degli ultimi giorni in Piemonte, e giungiamo in vista di Milano, che aggiriamo da ovest. In questo modo, intorno alle 21:20, arriviamo nella località di Cardano del Campo, a pochi chilometri dall’Aeroporto di Malpensa, presso l’Ascot Lodging, una sorta di hotel dormitorio dove trascorreremo questa breve nottata … Lì recuperiamo le chiavi al self check-in e poi saliamo in camera a riposare, in vista dell’imminente proseguo del viaggio.
Giorno 2 – Arrivo a Tunisi
La sveglia suona alle 6:00. Dobbiamo solo vestirci, uscire dall’hotel, caricare i bagagli in auto e recarci al vicino Ciao Parking, a lasciare il mezzo in deposito per l’intera durata della vacanza. La navetta gratuita ci accompagna poi al Terminal 1 e intorno alle 7:00 giungiamo al banco di Avventure nel Mondo, dove facciamo conoscenza con il nostro accompagnatore (Giuseppe Beltramo) e con i primi quattro compagni di viaggio, in partenza da Milano (se ne aggiungeranno altri otto da Roma). Imbarchiamo i bagagli, oltrepassiamo i controlli di sicurezza e ci mettiamo in attesa del nostro volo (il TU 757) alla porta B73. Così, poco più tardi, incredibile ma vero, vista la cattiva reputazione di Tunisair (nostra compagnia aerea) sembra essere tutto in perfetto orario e, nei tempi prestabiliti, cominciano le operazioni di imbarco che portano, alle 10:04, l’Airbus A320 a spiccare il volo verso la Tunisia. Sposto le lancette dell’orologio indietro di un’ora sul fuso orario di destinazione (solo perché in Italia è in vigore l’ora legale ed in Tunisia no) e poi, saliti sopra ad un mare di nuvole, veleggiamo verso sud lungo un tratto molto breve, tanto che a malapena riescono a servirci la colazione e alle 10:28 locali atterriamo nell’Aeroporto Carthage di Tunisi.
Dentro al terminal ritiriamo i nostri bagagli e timbriamo i passaporti, quindi usciamo all’aria aperta, dove troviamo ad attenderci il pullman che ci accompagnerà per tutto il viaggio itinerante in Tunisia. Ora però dobbiamo attendere l’arrivo da Roma dei restanti compagni di viaggio e nel frattempo veniamo condotti all’Hotel Tiba, che ci ospiterà per la notte, dove ci assegnano subito le stanze … tutte doppie, per cui, lasciato Leonardo con Sabrina, una la dovrò condividere col capogruppo Giuseppe. L’hotel si trova in prossimità del centro di Tunisi, capitale dello stato, con circa due milioni di abitanti, compresa l’area metropolitana, e si affaccia praticamente su di una delle sue principali arterie, l’Avenue Habib Bourgiba, così, in compagnia della nostra guida Nasser, usciamo a fare una passeggiata.
In questo modo, camminando verso ovest, giungiamo di fronte alla cattedrale cristiana di St. Vincent de Paul e poi, dalla parte opposta del grande viale alberato, guadagniamola monumentale Place du 14 Janvier 2011, con al centro una scenografica fontana e la moderna Torre dell’Orologio, mentre sul lato occidentale spicca la statua equestre di Habib Bourgiba, fondatore dell’attuale Tunisia e primo presidente dello stato, dal 1957 al 1987, dopo l’indipendenza dalla Francia. Fiancheggiato il palazzo che ospita il Ministero dell’Interno e anche quello in stile rococò del grande Teatro Municipale, ci fermiamo presso un locale, in un ambiente ed un clima ottimali, a sorseggiare una bibita, quindi, solo noi tre, arriviamo fino alla porta Bab al-Bhar (o Porte de France), storico varco nelle antiche mura che dà accesso alla Medina, restaurato dai francesi nel 1848, e dopo facciamo ritorno all’hotel perché si avvicina l’appuntamento con il resto del gruppo.
Come previsto, intorno alle 17:00, arrivano tutti e quasi subito partiamo a piedi, in compagnia di Nasser, per andare a vedere la Medina di Tunisi, uno dei più importanti complessi di interesse storico e ambientale del Mediterraneo, dichiarato Patrimonio dell’Umanità dell’Unesco fin dal 1979. Torniamo (noi) fino alla porta Bab al-Bhar, già nell’ombra del tardo pomeriggio, e da lì accediamo ai vicoli della Medina, ancora brulicanti di gente, fra due ali di negozi che espongono le più svariate merci. In questo modo giungiamo all’ingresso della Grande Moschea Ez-Zitouna, la più antica della capitale, fondata da un governatore omayyade nel 732. Ai non musulmani è concesso entrare nel cortile dello storico edificio, dominato dal minareto, aggiunto solo nel XIX secolo, e da lì possiamo scattare tante foto, ai portici nella calda luce dell’imminente tramonto, ma anche alla foresta di colonne della sala di preghiera, non accessibile ma visibile attraverso la porta principale.
Continuando nella nostra passeggiata attraverso la Medina, disseminata anche di tipiche porte con decori arabi, passiamo accanto alla piccola ma bella Moschea di Hammouda Pasha, risalente al XVII secolo e caratterizzata da un minareto di forma ottagonale, quindi arriviamo presso i palazzi governativi di Place de la Kasbah. Da lì ci avviamo poi sulla via del ritorno passando per i suq, che con l’arrivo dell’oscurità si sono rapidamente svuotati, ma anche di fronte alla Moschea di Sidi Youssef, anch’essa risalente al XVII secolo, ma considerata la prima moschea ottomana di Tunisi, con uno scenografico minareto ottagonale, sormontato da una balaustra aggettante. Non manchiamo neppure la Medersa es-Slimaniya, interessante ex-scuola coranica edificata nel 1754, ma che purtroppo ha già serrato i battenti, così chiudiamo il cerchio riconquistando prima la porta Bab al-Bhar, quindi il nostro hotel. Saliamo un attimo in camera e scendiamo quasi subito per la cena, che consumiamo tutti insieme in un ristorantino nei paraggi, assaggiando un discreto couscous, poi, dopo quattro passi e alcune chiacchiere per conoscersi meglio, andiamo a riposare, concludendo una positiva prima giornata, seppur ancora un po’ transitoria.
Giorno 3 – Pasqua in Tunisia
Oggi è il giorno di Pasqua e siamo in Nordafrica, con davanti a noi l’intero viaggio in Tunisia da consumare. Andiamo a far colazione e poco prima delle 9:00 ci facciamo trovare tutti pronti, alla reception, per partire. Carichiamo i bagagli e saliamo sul pullman, per fare però poca strada, infatti non lasceremo ancora la capitale e ci sposteremo solo nella sua periferia occidentale per andare a visitare il Museo del Bardo, il più importante museo archeologico dell’intera Tunisia e allo stesso tempo il più antico del mondo arabo e di tutto il continente africano, istituito nel 1888. Fra l’altro è noto anche per essere stato scena di un terribile attentato terroristico, il 18 marso 2015, nel quale morirono venticinque persone, quasi tutti turisti, e fra queste quattro italiani. A quei tempi c’erano forti tensioni sociali nel paese, per fortuna in gran parte risolte e comunque oggi c’è un serrato controllo di polizia che ci fa sentire abbastanza tranquilli. Il museo è rinomato, in particolare, per ospitare una straordinaria collezione di mosaici di epoca romana, che in effetti sono stupendi, di una completezza e una fattura a tratti strabiliante, ma contiene anche altri interessanti reperti, antichi di millenni, ed il palazzo stesso, che li ospita, è una fastosa residenza del bey (un nobile ottomano), risalente al XIX secolo. Dopo due ore abbondanti, a spasso fra le sale del Bardo, torniamo all’aria aperta e riguadagnato il pullman ci rechiamo, poco più a nord di Tunisi, nella zona archeologica dell’antica Cartagine, città fenicia, storica antagonista di Roma, che nel periodo del suo massimo splendore (III secolo a.C.) fu capitale di un piccolo impero lungo le coste del Mediterraneo e poi venne rasa al suolo dagli stessi romani nel 146 a.C. Chi non ricorda le vicende di Annibale e del suo esercito di elefanti.
Il sito archeologico, Patrimonio UNESCO, è però dislocato in una vasta area e in più punti, così iniziamo dalla cosiddetta Collina di Byrsa, una piccola altura sulla quale si ergeva la cittadella fortificata dello storico insediamento punico, dominante l’antico porto, della quale restano pochi muri ed una unica colonna, che si eleva al centro dello scorcio panoramico sul Golfo di Tunisi ed i moderni palazzi della capitale. In fregio al sito si trova anche la grande Cattedrale di San Luigi, costruita dai francesi nel 1884 e poi sconsacrata. A pochi chilometri di distanza e ai piedi della collina s’incontra invece il Teatro, in gran parte ricostruito, facente parte della Cartagine romana, rifondata nel 46 a.C., così come le vicine ville aristocratiche, delle quali restano alcune significative rovine.
Nei paraggi ci rechiamo a visitare il Tophet, il più antico luogo di culto punico a Cartagine, risalente all’VIII secolo a.C., disseminato di stele funerarie di bambini, sacrificati agli dei Tanit e Baal Hammon, un luogo non certo spettacolare, ma particolarmente significativo e piuttosto inquietante. Quest’ultimo si trova a breve distanza dall’antico Porto Militare di Cartagine, un bacino circolare di trecento metri di diametro, al cui centro svettava un’isola dominata da un tempio. Lo vediamo dai finestrini del pullman sulla strada per le Terme di Antonino, le più eloquenti rovine sopravvissute della romana Cartagine, ma nulla di trascendentale, tanto da essere portati a pensare che l’intera area archeologica, oltre alla modesta parvenza, rivesta un’importanza più che altro storica e forse meritava di essere esplorata con un pizzico in più di superficialità.
Sono infatti già passate le 15:00 quando terminiamo le visite e ci concediamo un veloce pranzo in un tunisino fast-food poi, un’ora più tardi, partiamo per lasciarci alle spalle la capitale. Imbocchiamo l’autostrada diretti a sud. Passiamo nei pressi di Hammamet, nota cittadina costiera e balneare che ospitò, fino alla fine dei suoi giorni, l’ex leader politico italiano Bettino Craxi (lì sepolto) e dopo circa due ore di viaggio giungiamo nella località di Hammam Sousse, dove ci facciamo un giretto nel suo curatissimo porto turistico, testimone di un tipo di vacanza a noi non consono. Nonostante tiri vento e faccia anche piuttosto freddo ci concediamo così un po’ di sano relax, prima di spostarci, nelle vicinanze, all’Hotel El Mouradi Palm Marina, una grande struttura tipo vacanze all inclusive, che ci ospiterà per la notte. Lì consumiamo una buona cena a buffet e, dopo una passeggiata fino in riva al Mediterraneo, ci ritiriamo in camera, in attesa della prossima giornata, durante la quale è prevista pioggia… speriamo solo si sbaglino!
Giorno 4 – Sousse
Facciamo colazione ed usciamo all’aria aperta per salire sul nostro pullman, mentre il cielo è piuttosto nuvoloso e fa anche freschino. Tira vento, ma almeno non piove… per il momento. Ci spostiamo di una decina di chilometri più a sud dell’hotel, nella città di Sousse (nota anche come Susa), importante centro, di 270.000 abitanti, capoluogo dell’omonimo governatorato. Il pullman si ferma all’ingresso della Medina, compresa nel Patrimonio UNESCO, e lì scendiamo per andare ad esplorarla velocemente. In questo modo vediamo prima la Grande Moschea, eretta in stile aghlabite nell’850, seppur limitatamente al suo splendido sahn, il cortile porticato che dà accesso al cuore del complesso religioso, poi, a breve distanza, esploriamo il Ribat, l’edificio più antico e meglio conservato della città, ovvero una fortezza edificata nel IX secolo, baluardo contro gli attacchi cristiani e normanni, che all’epoca si perpetravano. La sua cinta muraria a pianta quadrata (38 x 38 metri) si erge ancora oggi impetuosa e lungo il perimetro svettano otto torri, fra le quali quella all’angolo sud-ovest, che ha un’altezza di 27 metri e sulla quale saliamo, per godere del panorama di Sousse, dominato dalla severa sagoma dell’antica Kasbah.
Così facendo completiamo la rapida visita della città, con il sole latitante e sempre più nuvoloni grigi all’orizzonte, ma ancora senza pioggia, una condizione però estremamente labile, infatti, poco più tardi, sulla strada per la località di Monastir comincia a piovere, mentre dall’Italia arriva anche la notizia della morte di papa Francesco. A conferma dell’estrema variabilità meteorologica odierna, quando arriviamo a Monastir non piove più, così possiamo visitare senza patemi il suo eccezionale Ribat, il più importante dell’intera Tunisia: un dedalo di cortili, torri rotonde e quadrate, inserite fra mura merlate, risalenti all’VIII secolo. La pioggia non tarda però ad arrivare e comincia a scendere copiosa quando, non tutti, ma una buona parte dei nostri compagni di viaggio rifiuta l’esplorazione dell’interessante Mausoleo di Habib Bourgiba. Monumentale opera contenente le spoglie del primo presidente della Tunisia moderna, scomparso nell’anno 2000, con la guida Nasser scatenato a decantarne le virtù.
A fine mattinata risaliamo sul pullman e sotto una pioggia battente andiamo verso la città di El Jem, dove arriviamo poco prima di mezzogiorno. Qui ci attendono due visite: una all’aperto, al grandioso Anfiteatro Romano, e l’altra al coperto dell’importante Museo Archeologico, così decidiamo di iniziare da quest’ultimo, con la speranza che nel frattempo smetta di piovere. Il Museo Archeologico di El Jem, aperto al pubblico nel 1970 e ristrutturato nel 2002, contiene una eccezionale raccolta di mosaici romani, rinvenuti nelle circostanti ville dell’antica città di Thysdrus, risalenti ad un’epoca compresa fra il II ed il V secolo d.C. Mosaici a dir poco strabilianti, nella loro fattura e completezza, alcuni dei quali perfettamente integri e con dettagli incredibili. Una collezione, nella sua specificità, superiore a quella del ben più noto Museo del Bardo. Nelle immediate vicinanze visitiamo anche le rovine della Villa Casa Africa e poi usciamo dal museo, mentre continua a piovere con insistenza.
Già passato da un po’ mezzogiorno andiamo così verso il centro di El Jem e ci fermiamo a pranzare in un fast-food, sempre nella speranza che il meteo migliori, ma invano, e poco prima delle 14:00 dobbiamo gioco forza intraprendere la visita dell’Anfiteatro Romano, imponente struttura, eretta intorno alla metà del III secolo d.C., dichiarato Patrimonio dell’Unesco nel 1979. Ci copriamo con i giubbotti impermeabili e c’incamminiamo, sotto la pioggia, per esplorare il grandioso Colosseo tunisino, la terza arena romana più grande al mondo, dopo il capitolino Colosseo e l’Anfiteatro di Capua. Di pianta ellittica (148 x 64 metri), è alto 36 metri e un tempo era in grado di ospitare 35.000 spettatori. In gran parte in buono stato di conservazione è stato utilizzato anche in diverse scene del film “Il Gladiatore”. Accompagnati da Nasser curiosiamo in ogni angolo della grandiosa opera, dai sotterranei alle gallerie superiori, e alla fine, finalmente, smette anche di piovere!
Riguadagnato il pullman partiamo spediti verso sud fra immensi uliveti, mentre il cielo si apre ed esce fuori prepotentemente il sole, poi, superata la città di Sfax, dove non è chiaramente neanche piovuto, il paesaggio si fa più aspro. In questo modo, con le ombre lunghe dell’imminente tramonto, giungiamo in vista della località di Matmata, dove faremo tappa, e alla sua periferia ci fermiamo per un assaggio delle case trogloditiche per cui il luogo va famoso. Ci affacciamo così dall’alto su di un pozzo-cortile scavato nella roccia per quasi dieci metri, sul cui fondo si affacciano gli ingressi di alcune stanze. Una particolare scelta costruttiva dovuta principalmente alla necessità di proteggersi dal clima torrido di queste zone, infatti la temperatura degli ambienti, ampi e confortevoli, pare si mantenga per tutto l’anno intorno ai 17 gradi. Accediamo poi al cortile per mezzo di una breve galleria per vedere più da vicino il complesso abitativo, che è solo uno dei tanti della zona, la cui visita completeremo domani. Subito dopo, ormai col buio, raggiungiamo l’Hotel Diar Matmata, nel quale passeremo la notte. Lì più tardi ceniamo e ben presto ci ritroviamo in camera a riposare, al termine di un episodio piuttosto umido ma comunque bello della vacanza.
Giorno 5 – Toujane, Tataouine
La sveglia è abbastanza presto, poco dopo le 6:00, così da affrontare con calma il programma piuttosto intenso di questa nuova giornata. Partiamo dal nostro alloggio alle 7:30, ma per fare al momento pochissima strada, ovvero la breve distanza che ci separa dal centro di Matmata e dall’Hotel Sidi Idriss. Sì, un hotel, che prima di esserlo fu una abitazione troglodita e poi divenne il set di alcune scene della prima mitica pellicola di “Star Wars”. Nella storia era infatti la casa di Owen Lars, il padre adottivo di Luke Skywalker. Ora, trasformata in una particolare struttura ricettiva, si può comunque visitare, prima dall’alto e poi curiosando fra i cortili, alla ricerca di alcuni cimeli risalenti all’epoca delle riprese.
Subito dopo ci lasciamo alle spalle Matmata e cominciamo a salire sulle alture del Djebel Dahar, una bassa ma aspra catena montuosa che si estende nel sud della Tunisia fino al confine con la Libia. Attraversiamo stupendi paesaggi formati da brulli rilievi erosi dal tempo e giungiamo al belvedere sul paese di Toujane, adagiato alla base di una profonda vallata e dominato da severe pareti rocciose. Lì scattiamo una miriade di foto e successivamente facciamo una breve sosta anche nel centro del villaggio.
Alla ripresa dell’itinerario cominciamo ad avventurarci nella zona dei famosi ksar tunisini, antiche fortezze di origine berbera che rappresentano una parte fondamentale del patrimonio culturale e architettonico del paese. Furono costruiti a partire dal XII secolo per proteggere le comunità locali e le loro riserve alimentari dalle incursioni nemiche e dalle condizioni climatiche estreme della zona. La struttura tipica di uno ksar consiste in un complesso di ghofra (ovvero celle o magazzini disposti in file sovrapposte e affiancate) distribuiti attorno ad un cortile centrale, che gli conferiscono un aspetto di piccola città fortificata. Il primo assaggio di questi originali impianti architettonici è lo Ksar Hallouf, costruito a partire dal XIII secolo e composto da ghofra ad uno o due piani, che non è però particolarmente sfruttato dal punto di vista turistico e per questo risulta forse più genuino e suggestivo. Dopo un buon tratto di strada arriviamo anche allo Ksar Hadada, questo sì sfruttato turisticamente e quasi tutto ristrutturato. La sua fama deriva dall’essere stato la casa di Luke Skywalker nel film “Star Wars” e ospita, anch’esso, un hotel. Qui gli scorci degli sinuosi fabbricati sullo sfondo di un cielo azzurro più che mai, tempestato di nubi che sembrano batuffoli di cotone, sono strepitosi!
Passato mezzogiorno guadagniamo la moderna città di Tataouine, capoluogo della regione, con i suoi circa sessantamila abitanti, che, tanto per cambiare, ispirò il nome del pianeta Tatooine in “Star Wars”. Lì facciamo sosta per pranzare e poi ripartiamo, ma ci torneremo per la notte. Andiamo ora poco più a sud della città e anche al punto più meridionale del viaggio, nello Ksar Ouled Soltane, risalente al XV secolo e considerato, a giusta ragione, il più bello e pittoresco degli ksar, con ghofra ben conservati che si sviluppano in verticale fino a quattro piani, tempestati di scenografiche e suggestive scale in adobe … Anche questo luogo è apparso nelle riprese di “Star Wars”, in particolare nell’episodio “La minaccia fantasma”. Da quest’ultimo ksar rientriamo poi in direzione di Tataouine, ma poco prima di arrivarvi deviamo sulla sinistra per una strada che ci conduce alle rovine del villaggio berbero e ksar di Douiret, arroccato su di un’altura e disseminato di abitazioni scavate nella roccia chiamate ghiren. Fu abbandonato negli anni sessanta del secolo scorso per il vicino e più moderno paese che porta lo stesso nome e oggi, immerso in un bel contesto, è solo una tappa turistica, purtroppo per l’occasione sminuita dalla presenza di tante dispettose nuvole, che coprono il sole per tutto il tempo.
I caldi raggi della nostra beneamata stella tornano invece ad inondare di luce il paesaggio quando giungiamo, poco più tardi nel bellissimo villaggio ksar di Chenini, dalla storia molto simile a quella di Douiret. Qui le antiche vestigia, originarie del XII secolo, sono sparse fra due scenografici picchi, al cui centro troneggia una candida moschea, che contrasta con l’uniformità giallo ocra delle costruzioni e delle montagne circostanti. Ci godiamo così una piacevole passeggiata, fino alla sommità del vecchio abitato, allietati da impareggiabili scorci panoramici.
Rientrati al pullman, ormai nel tardo pomeriggio, vogliamo però concederci un’ultima visita, ovvero quella alla vicina e bianchissima Moschea dei Sette Dormienti, inserita in uno splendido contesto paesaggistico, piccola ma molto caratteristica, con il suo minareto pendente, e legata ad una leggenda citata anche nel Corano: quella, appunto, dei Sette Dormienti, che erano presunti giganti qui martirizzati e sepolti, nel modesto cimitero adiacente l’edificio religioso in tombe lunghe fino a cinque metri. Alla fine di quest’ultima esperienza non ci resta che terminare la tappa nella città di Tataouine e prendere alloggio all’Hotel Alrayan, per fare una rinfrescante doccia, cenare e concludere con i compagni di viaggio una bella giornata di questo sempre più intrigante itinerario tunisino.
Giorno 6 – Guermessa, Douz
Partenza da Tataouine alle 8:00 e sosta immediata per un po’ di spesa e cambio valuta, poi ci avviamo verso ovest e le vicine asperità fino a raggiungere l’antico ksar e villaggio beduino di Guermessa, abbarbicato, come Chenini, fra due picchi rocciosi poco sopra il moderno agglomerato. Anche in questo caso al centro si erge una bianca moschea, ma le due rupi sono ancor più particolari e scenografiche. Quella meridionale più impervia nella parte sommitale, ma con la maggior parte dei caseggiati ai suoi piedi, e quella settentrionale a forma di piramide, sulla quale saliamo per godere di panorami mozzafiato su Guermessa e i paesaggi desertici circostanti. Riconquistato estremamente soddisfatti il pullman riprendiamo poi il viaggio verso ovest e le prime propaggini dell’immenso Deserto del Sahara, che nella sua parte più settentrionale, chiamato Grand Erg Oriental, tocca, seppur marginalmente anche la Tunisia.
Le prime avvisaglie del deserto, sparite le montagne, sono dei grossi cumuli si sabbia trasportati dal vento al centro della carreggiata, poi alcuni camelidi allo stato semibrado e una inaspettata fioritura primaverile, con le più classiche dune ormai in vista all’orizzonte. Dune che raggiungiamo poi nella piccola oasi di Ksar Ghilane, dove ci fermiamo per prendere parte ad una elettrizzante escursione. Lì affittiamo infatti un quad, o meglio, uno per Sabrina, con alla guida l’amica Francesca, e uno per me con alla guida Leonardo, emozionato alla sua prima esperienza del genere, e con quello intraprendiamo un breve ma divertente tragitto fra le dune, fino al Tisavar Fort, le incredibili rovine di una fortezza di epoca romana (30 x 40 metri), eretta durante il regno dell’imperatore Commodo (161-192 d.C.), per proteggere il temibile confine meridionale dell’Impero con il Deserto del Sahara. Sostiamo un po’ sul posto a goderci il panorama fra i chiaroscuri di un cielo invaso da parecchie nubi e poi facciamo il percorso inverso fino a Ksar Ghilane, dove pranziamo con le nostre cibarie fra le palme dell’oasi.
Subito dopo riprendiamo l’itinerario, accompagnati da alcune improbabili gocce di pioggia, e da lì percorriamo almeno 170 chilometri di strada caratterizzata da desolanti paesaggi, fino a raggiungere, a metà pomeriggio, la cittadina di Douz, nota anche come “la porta del Sahara”. Andiamo dritti all’Hotel Sahara Douz, che ci ospiterà per la notte, nel quale trascorriamo un paio d’ore di completo relax sui bordi della piscina e poi ci ritroviamo tutti insieme alla reception, poco dopo le 18:00, per andare a vedere il tramonto sulle vicine dune.
Passiamo così una piacevole ora abbondante a spasso fra i più classici cumuli di sabbia, fino all’infuocato e indimenticabile tramonto, noi a piedi, ma insieme ad altri turisti in quad o a dorso di dromedario, poi facciamo rientro all’hotel per cena. Trascorriamo in questo modo un po’ di tempo anche a tavola, facendo quattro chiacchiere con i compagni di viaggio, prima di ritirarci in camera in attesa di un’altra eccitante giornata.
Giorno 7 – Chott el-Jerid, Tozeur
Partiamo da Douz intorno alle 8:00, ma prima di lasciare la cittadina ne approfittiamo per andare a vedere il mercato, uno dei più caratteristici della Tunisia, che si tiene proprio ogni giovedì. Ci rechiamo così ad esplorare le diverse aree commerciali, fra le quali quella più particolare è sicuramente il foro adibito alle contrattazioni di animali vivi, dove si cammina fra capre e galline in un turbinio di gente. Ma sono interessanti anche le zone di vendita di vegetali e spezie, frequentate da numerosi personaggi (in gran parte uomini e anziani) in abiti tradizionali. Alla fine della fiera ne approfittiamo anche per acquistare una confezione di datteri di primissima qualità ad un prezzo molto conveniente (8 dinari, corrispondenti a 2,5 euro, per un chilo) e conclusa l’interessante visita riprendiamo strada.
In questo modo ci approssimiamo al Chott el-Jerid, un vasto lago salato (il più grande della Tunisia) che si estende per oltre 5.000 chilometri quadrati in una forte depressione del terreno, quasi sempre in secca (come oggi), anche se in pieno inverno può esservi un sottile strato d’acqua. Una lunga e panoramica strada lo taglia in due, ma prima di attraversarlo facciamo un paio di soste. La prima ad uno strano pozzo di estrazione dell’acqua, che sgorga dalle profondità della zona a 70 gradi centigradi e che, per mezzo di un originale sistema di canalizzazioni, viene raffreddata prima di essere immessa nel sistema di irrigazione delle piantagioni di palme circostanti. Ci fermiamo poi al curioso sito naturale chiamato Dune de Sable Dur, le dune di sabbia dura, che sono delle rocce di arenaria fantasiosamente modellate dagli agenti atmosferici: un intermezzo gradito e inaspettato.
Successivamente affrontiamo l’attraversata del Chott el-Jerid e più o meno a metà percorso effettuiamo due soste per godere dei panorami sull’infinita e piatta distesa di sabbia e sale. La prima ad una zona chiaramente preparata per i turisti, con una piccola barca in secca, battente bandiera tunisina, chiamata Titanic, che ispira le più classiche e scontate foto a prua, celebrando il noto film, poi, dopo il cartello che ricorda l’imminente confine con l’Algeria, lo stop presso alcune depressioni invase da sorprendenti cristalli di sale, il tutto contornati da inesistenti pozze d’acqua, frutto dei più tipici miraggi del deserto. Attraversato tutto il singolare Chott el-Jerid, nel primo pomeriggio arriviamo nella cittadina di Tozeur, rinomata, oltre che per una canzone del compianto Franco Battiato, per il suo immenso palmeto, con i succulenti datteri della pregiata qualità Deglet Nour, e per la bellezza dell’architettura delle sue case e moschee, in mattoni cotti al sole disposti a creare complesse geometrie.
Lì ci fermiamo, all’ingresso della Medina, per consumare un veloce pranzo al sacco, prima di proseguire fino all’Hotel Mouradi Tozeur, nel quale, portati i bagagli in camera, trascorriamo le ore più calde della giornata a bordo piscina. Poco dopo le 17:00 ci ritroviamo poi alla reception per salire sul pullman e andare alla scoperta di Tozeur. Parcheggiamo così vicini al centro e prima di tutto ci rechiamo a dare un’occhiata alle propaggini della vasta oasi, che si estende a sud-est dell’abitato, con più di tre milioni di palme, che propinano un terzo della produzione di datteri tunisina, poi torniamo sui nostri passi per andare ad esplorare la Medina, di ridotte dimensioni ma dalle distintive caratteristiche architettoniche, anche se forse è un po’ troppo tardi e alla gradevole temperatura si contrappone l’ombra della sera, che invade quasi completamente gli stretti vicoli, non facendoli risaltare a dovere. Dobbiamo però accontentarci e poco dopo le 19:00 facciamo rientro in hotel, per cena e il successivo riposo, al termine di un altro bel capitolo del viaggio.
Giorno 8 – Chott el-Gharsa
La giornata prende il via piuttosto presto, con la sveglia che suona alle 6:00 e, dopo colazione, alle 7:30 partiamo dall’hotel, ma non con il solito pullman, bensì a bordo di tre grossi mezzi fuoristrada. Andiamo a nord di Tozeur, fiancheggiando il Chott el-Gharsa, fratello minore del Chott el-Jerid, e ci approssimiamo ad un aspro sistema montuoso, alle cui prime propaggini ci fermiamo, presso il paese di Chebika, la prima delle tre oasi di montagna che visiteremo. Ad Speculum, era questo l’antico nome dell’oasi: prima un avamposto romano e solo successivamente un rifugio del popolo berbero. Oggi il vecchio villaggio è semidistrutto e disabitato, a causa di una violenta alluvione che negli anni Sessanta costrinse gli abitanti a ricostruirlo più a valle.
A piedi ci avviamo così lungo un sentiero, che sale con splendidi scorci sulle montagne e la vallata invasa dal palmeto e poi scende nella stretta gola dalla quale scaturisce la sorgente che alimenta l’oasi di Chebika. Torniamo quindi al paese camminando sul fondo del canyon, laddove di getta anche una piccola cascata, completando con piena soddisfazione la prima delle esperienze odierne.
Risaliti in auto seguiamo la strada che si inerpica sulla locale catena montuosa, chiamata Jebel en-Nebeg. In questo modo, sfiorata l’oasi di Tamerza, arriviamo, ad un solo chilometro dal confine con l’Algeria, in quella di Mides. Attraversiamo il palmeto e andiamo a parcheggiare in prossimità del vecchio villaggio, ora abbandonato e in rovina. Camminando per polverose vie fiancheggiate di ruderi giungiamo ad affacciarci dall’alto sullo spettacolare canyon di Mides, una forra rocciosa modellata in forme sinuose dall’erosione, lunga tre chilometri e profonda fino a cento metri, che un tempo era la difesa naturale dell’abitato nel suo lato meridionale.
Ci godiamo eccezionali vedute del luogo, quindi torniamo sui nostri passi lungo la stessa strada, facendo anche una breve sosta per fotografare dall’alto l’oasi di Temerza, la più estesa delle tre, con ben evidenti le rovine dell’originario abitato, distrutto dall’alluvione del 1969. Nei paraggi ci rechiamo a vedere pure la Grande Cascade, un salto d’acqua che è tutt’altro che grande, ma carino e inserito in un bel contesto, poi scendiamo dalle montagne e, tornando in direzione di Tozeur, al termine del Chott el-Gharsa, svoltiamo su di una pista che ne percorre la riva meridionale.
Così facendo dopo tanti sobbalzi, in parte anche divertenti, giungiamo in mezzo al nulla, con all’orizzonte i miraggi sul lago salato, ad una strana e solitaria roccia, chiamata Oug Jmal (collo di cammello), per una bizzarra protuberanza che la sovrasta, sulla quale saliamo per goderci il vasto paesaggio circostante. Da lì affrontiamo poi un tratto di deserto sabbioso, nel quale il nostro autista si scatena in adrenalinici saliscendi, fino a lasciarsi andare lungo il ripido pendio della grande duna che sovrasta il Mos Espa, l’unico set interamente costruito per ambientarvi alcune scene di Star Wars, in particolare riferite al primo episodio della seconda trilogia: “La minaccia fantasma”, del 1999. Costruiti un anno prima, dopo tanto tempo e la quasi totale assenza di manutenzione, gli edifici, realizzati in materiali tutt’altro che pregiati, sono ancora in buone condizioni e rendono molto bene l’idea di un set che, per certi versi è diventato leggenda.
Lasciatoci alle spalle anche il Mos Espa, dopo pochi chilometri, riconquistiamo la strada asfaltata che ci riporta a Tozeur per concludere felicemente una bellissima escursione. Nell’iconica città della Tunisia meridionale ritroviamo anche il nostro pullman e con quello andiamo a pranzare, ad ovest dell’abitato, presso il Parc Ras el-Ain: una piccola asperità che ospita il monumento ad Abu el-Kacem Chebbi, un famoso poeta tunisino, ed è un belvedere sull’immensa oasi.
Subito dopo raggiungiamo l’Hotel Ras el-Ain, che ci ospiterà al termine della giornata, e lì, come ieri, trascorriamo un po’ di tempo in completo relax, fin verso le 17:00, quando ci ritroviamo alla reception per la visita pomeridiana. Con il nostro mezzo ci spostiamo di una ventina di chilometri verso ovest, fino alla cittadina di Nefta, situata ai bordi di una vasta oasi e dalle antichissime origini, il cui luogo più particolare è la cosiddetta Corbeille, alla quale siamo diretti.
Ci affacciamo dall’alto su questa strana conformazione del terreno, una sorta di catino (letteralmente cesto, in francese), che raccoglie le acque di diverse sorgenti, che però sono tutte in secca, ed è una piccola delusione. Ci consoliamo allora esplorando la vecchia Medina, più piccola di quella di Tozuer, ma con caratteristiche architettoniche molto simili, e alla fine ci fermiamo in un cafè a sorseggiare una rinfrescante limonata, prima di far rientro in hotel. Giunti alla base consumiamo una buona cena, poi in compagnia di alcuni amici facciamo una lunga passeggiata all’esterno della struttura, rimembrando la bella giornata appena trascorsa, ricca di episodi che resteranno a lungo nei nostri ricordi.
Giorno 9 – Gafsa
Ci prepariamo ad affrontare una tappa più che altro di trasferimento e con pochi punti di interesse, a parte uno, sul quale abbiamo però grandi aspettative. Partiamo con relativa calma, intorno alle 8:30, e ci lasciamo alle spalle Tozeur diretti a nord, nell’entroterra tunisino. Dopo un centinaio di chilometri facciamo una breve sosta, anche per spezzare un po’ la monotonia di questa fase del viaggio, presso la città di Gafsa, capoluogo del governatorato omonimo e importante centro minerario, che fa risalire le sue origini ad alcuni secoli prima di Cristo. Di quei tempi però non rimane molto, se si escludono due antiche piscine di epoca romana, rinvenute nel 1969 proprio all’interno della Medina.
Sono due grandi bacini profondi circa quattro metri, delimitati da possenti mura in pietra da taglio, sul cui fondo si può scendere per mezzo di comode scale, peccato solo che da qualche anno non vengano più riempite con l’acqua termale che sgorga a 31 gradi, perdendo un po’ di fascino, ma comunque restano una bella testimonianza dell’epoca. Nelle vicinanze andiamo a dare un’occhiata alla vecchia Kasbah, una poderosa fortezza risalente al XV secolo, e poi riprendiamo strada. Così facendo verso le 13:30 giungiamo nella località di Sbeitla e lì andiamo direttamente all’Hotel Sufetula, dove passeremo la notte.
La struttura ricettiva si trova su di una piccola altura, proprio sopra l’area archeologica di Sbeitla, uno dei più importanti e significativi siti romani del paese e, forse, di tutto il Nordafrica, che annovera nella sua spianata le rovine dell’antica città di Sufetula, fondata nel I secolo d.C. sui resti di un insediamento numida. I bizantini successivamente ne fecero addirittura la loro capitale regionale, prima della distruzione avvenuta per mano degli arabi, nel VII secolo. Il programma odierno prevede l’esplorazione del sito archeologico di Sbeitla intorno alle 16:00, ma non sono d’accordo sulla scelta, così vado da solo almeno un’ora prima, per fare tutte le foto del caso con la giusta luce, e alla fine mi ritrovo con gli altri per ripetere, in tutta tranquillità e con le spiegazioni di Nasser, il percorso di visite, fra gli straordinari resti di Sbeitla.
Molto bello è l’Arco di Diocleziano, interessanti le vestigia delle Grandi Terme e delle varie basiliche di epoca cristiana, sostanzialmente privo di interesse, invece, il Teatro, palesemente ricostruito, ma è davvero eccezionale l’antico Foro, di una stupefacente integrità, con la Porta Antonina che dà accesso al quadrilatero sul quale prospetta il Capitolium, formato dai tre templi affiancati di Minerva, Giove e Giunone. Intorno alle 18:00 rientriamo così, pienamente soddisfatti, in hotel e con calma ci rassettiamo per andare a cena, concludendo con gli amici un’altra pagina decisamente positiva del viaggio.
Giorno 10 – Le Kef, Dougga
Poco dopo le 7:00 siamo già pronti a partire da Sbeitla, così, a bordo del nostro fedelissimo mezzo, andiamo sempre più a nord e, appena passate le 8:00, giungiamo nella cittadina di Le Kef che, arroccata a un’altitudine di circa settecento metri, è l’agglomerato urbano più alto di tutta la Tunisia. Di origine punica e poi romana, la cittadina vale però la pena di essere visitata soprattutto per la sua medina araba, ben conservata e sovrastata dalla poderosa Kasbah, alla quale arriviamo comodamente seduti sulle poltrone del pullman. Dai bastioni di questa fortezza turca costruita nel XVII secolo ci godiamo così il vasto panorama sulla distesa di case ai suoi piedi ed il verdeggiante paesaggio circostante, che fa sembrare l’arido deserto dei giorni scorsi un lontano ricordo.
Usciti dalla Kasbah attraverso la porta che dà a valle scendiamo poi lungo i vicoli della Medina. Passiamo accanto alla basilica paleocristiana di Dar el-Kous, risalente al V secolo e successivamente adibita a luogo di culto islamico, e andiamo a dare un’occhiata, solo esternamente perché chiuso, al mausoleo di Sidi bou Makhlouf, nel quale spiccano le bianche cupole a costoloni e l’originale minareto ottagonale. Vediamo infine gli scarni resti delle Terme pubbliche di età romana, situate in pieno centro, ai piedi di un bianchissimo minareto quadrangolare, prima di completare la visita di Le Kef e riprendere il viaggio, compiaciuti per la prima esperienza di giornata. Procedendo fra verdissimi paesaggi, forse anche un po’ inaspettati, composti in gran parte da rigogliosi campi di grano, a volte anche sfumati di rosso per la fioritura dei papaveri, in tarda mattinata arriviamo presso l’area archeologica romana di Bulla Regia. Questa antica città, le cui origini risalgono all’epoca cartaginese, raggiunse il periodo di massimo splendore sotto la dominazione romana quando, nel II e III secolo d.C., i suoi cittadini si arricchirono con la coltivazione del grano e fecero costruire sontuose dimore, la cui peculiarità è quella di svilupparsi nel sottosuolo, intorno ad un peristilio a cielo aperto. Questa tecnica costruttiva permetteva agli abitanti di vivere nella stagione calda in un ambiente più fresco e confortevole. Esploriamo così il sito a partire dagli imponenti resti delle Terme di Julia Memmia e poi le splendide case sotterranee della Caccia e di Anfitrite, quest’ultima tempestata di preziosi mosaici, per finire con il piccolo ma ben conservato Teatro.
Presso il centro visitatori di Bulla Regia consumiamo il nostro pranzo al sacco e quando riprendiamo strada, nel primo pomeriggio, andiamo incontro a grossi nuvoloni grigi, che di lì a poco ci scaricano addosso un bell’acquazzone… e il meteo non promette nulla di buono mentre ci approssimiamo all’ultimo sito romano previsto, quello di Dougga. Negli ultimi chilometri, come per incanto, la pioggia smette di cadere ma poi, scesi dal pullman, riprende … non per molto però, anzi, di lì a poco esce pure fuori il sole, così possiamo goderci anche la visita delle vestigia di Dougga che, risalenti per lo più al II e III secolo d.C. e dichiarate Patrimonio dell’Umanità dell’Unesco nel 1997, sono considerate fra le più importanti del Nordafrica, per la loro sorprendente completezza e lo stato di conservazione. Iniziamo dal Teatro, le cui gradinate, che potevano contenere circa 3.500 spettatori, sono quasi intere e dalla loro sommità si assapora un bel panorama, che spazia sulla verde vallata sottostante, poi passiamo allo splendido Capitolium, formato da un solo tempio, dedicato alla triade Giove, Giunone e Minerva, forse meno spettacolare di quello di Sbeitla, ma eccezionalmente preservato, con il portico formato da sei eleganti colonne scanalate ed il sovrastante timpano, praticamente intatto. A breve distanza vediamo l’interessante Tempio di Caelestis, poi, passando attraverso il pregevole Arco di Alessandro Severo, ripassiamo dal Capitolium e scendiamo al vicino quartiere residenziale, con le grandi Terme Luciniane e la piccola ma suggestiva porta dell’antico Tempio Dar el-Acheb, attraverso la quale si può fotografare, in lontananza, il Capitolium.
Concludiamo la visita di Dougga passando per la Casa del Trifolium e da lì fino al monumento più antico del sito: il Mausoleo Libico-Punico, l’unico nel suo stile che si sia conservato. Fu costruito verso la metà del II secolo a.C. come sepoltura del capo numida Ateban e tutt’oggi, quasi integro, domina il bucolico paesaggio circostante. Riconquistato il pullman, al termine di una intensa ma proficua giornata, ci spostiamo nella vicina città di Tabursuq, all’hotel Thugga. Portiamo i bagagli in camera e poi andiamo a cena, mentre fuori è ripreso a piovere con insistenza … Speriamo si sfoghi e la sorte ci regali, per domani, un ultimo giorno di vacanza all’insegna del bel tempo, ma dubito che verremo completamente esauditi.
Giorno 11 – Kairouan, Sidi Bou Said
Eccoci dunque alle ultime ventiquattrore da trascorrere interamente in Tunisia, con la partenza da Tabursuq senza pioggia ed un sole splendente. Il nostro obiettivo è la città di Kairouan, considerata la capitale religiosa del paese, nonché la quarta città sacra dell’islam, dopo La Mecca, Medina e Gerusalemme. Fu fondata nel 670 d.C., all’epoca della conquista araba del Nordafrica, e grazie alla favorevole posizione sulle rotte carovaniere raggiunse l’apice della sua gloria nel IX secolo, sotto la dinastia degli emiri Aghlabidi. Per arrivarci occorrono però due ore e mezza di viaggio così, dopo una piccola sosta per scattare alcune foto ad una delle tante cicogne presenti nella regione, intorno alle 10:50 giungiamo a destinazione, per andare a vedere prima di tutto il cosiddetto Bacino degli Aghlabidi, situato qualche chilometro a nord della Medina. Dall’alto di un’apposita terrazza osserviamo così questo grande serbatoio a cielo aperto, di forma circolare, realizzato intorno all’860 d.C., che a suo tempo aveva la funzione di raccogliere l’acqua piovana e convogliarla in un complesso sistema idraulico, davvero eccezionale per l’epoca.
A soli cinquecento metri di distanza dal Bacino degli Aghlabidi si trova invece la Zaouia di Sidi Sahbi (o Moschea del Barbiere), uno dei più importanti santuari di Kairouan, che accoglie le spoglie di Abou Dhama el-Balaoui (noto anche come Sidi Sahbi), il barbiere e compagno del profeta islamico Maometto. Fu sepolto qui nel 654 dopo essere morto in battaglia e, secondo la tradizione, lo fu con al collo un medaglione contenente tre peli di barba del Profeta. Esploriamo così l’edificio, fortemente restaurato nel XVII secolo e in parte accessibile anche ai non musulmani, che presenta alcune sale magnificamente decorate con ceramiche multicolore e nicchie di gesso lavorate in modo tale da sembrare ricamate, oltre ad una bellissima corte colonnata.
Appena usciti saliamo poi sul pullman per andare all’estremità settentrionale della Medina, dove è situata la Grande Moschea, chiamata anche Jamaa Sidi Qqba, il più antico luogo di culto del mondo islamico occidentale. Fondata contemporaneamente alla città fu poi distrutta e ricostruita per l’ultima volta nel IX secolo. Successivamente seguirono diversi restauri, ma lasciando immutato il suo severo aspetto, a cominciare dal massiccio minareto. Da un ingresso nelle possenti mura accediamo al grandioso cortile, interamente porticato e lastricato in pietra, ma inquanto non musulmani dobbiamo accontentarci di vedere la sala di preghiera solo dall’esterno, attraverso le porte lasciate aperte.
Per completare la visita di Kairouan non resta che fare una passeggiata nel cuore della Medina, così ci spostiamo su gomma presso il principale varco nelle antiche mura, la porta a doppia arcata detta Bab ech-Chouhada (o Bab el-Jalladin). Da lì accediamo alla zona dei coloriti suq, dove si trova anche il curioso Bir Barouta, uno dei più antichi pozzi di Kairouan, che una leggenda vuole collegato addirittura al pozzo di Zaman, a La Mecca. Qui, al piano primo di un edificio a cupola, c’è una noria (ruota in legno), azionata da un dromedario, che girando in tondo assicura l’approvvigionamento d’acqua dal pozzo. Nei dintorni percorriamo le vie principali, disseminate di tipiche attività commerciali, ma anche la fitta rete di vicoli laterali, molto caratteristici e gremiti di bellissime porte, poi usciamo dalla Medina e ritrovato il nostro pullman riprendiamo il viaggio.
Il meteo finora è stato clemente. Lasciamo Kairouan verso nord, imbocchiamo l’autostrada A1, che avevamo già percorso il primo giorno del tour, ma in senso opposto, e ci approssimiamo alla capitale, mentre il cielo va rapidamente a coprirsi di nuvole e di lì a poco piove intensamente… come previsto. Giunti a Tunisi però si apre uno squarcio di cielo azzurro dal quale trapelano i raggi del sole che vanno a formare un grandioso arcobaleno … Peccato solo che sia sopra ai capannoni di una vasta area industriale.
Mentre pioviggina e filtra anche un po’ di luce fra le nubi arriviamo nel paese di Sidi Bou Said, nostra ultima tappa del viaggio. È un antico e affascinante villaggio, costruito a picco sul Mar Mediterraneo, che nell’XI secolo ebbe il ruolo di importante centro spirituale e nel Settecento divenne un luogo prediletto per i soggiorni estivi di principi, ministri e alti funzionari. Ma fu per merito del barone e pittore Rodolphe d’Erlanger, lì residente, che nel 1915 si decise di preservarlo, colorando, fra l’altro, di bianco e blu tutti gli edifici.
Accompagnati da un pizzico di sole e pochi turisti, vista la recente pioggia, possiamo così goderci anche quest’ultimo capitolo della vacanza, vagando per un po’ fra i caratteristici vicoli di Sidi Bou Said, che per molti aspetti, comprese le bouganville in fiore, ricordano alcuni paesini delle Cicladi. Alla fine, in pullman, andiamo verso il centro di Tunisi e prendiamo alloggio all’Hotel Tiba, lo stesso della prima notte. Saliamo in camera per una doccia e a sistemare le valigie in vista della partenza verso casa di domani, poi, alle 19:30, ci ritroviamo alla reception per l’ultima cena con i compagni di viaggio. Consumiamo il pasto nei paraggi, al Restaurant Neptune, e poi, dopo alcune chiacchiere rimembrando i momenti salienti del tour, ci ritiriamo a riposare nelle nostre stanze, in previsione della levataccia di domani mattina.
Giorno 12 – Rientro in Italia
La sveglia all’Hotel Tiba suona alle 4:30 e mezzora più tardi siamo tutti alla reception pronti a partire. Saliamo sul pullman e in breve raggiungiamo il Carthage Airport di Tunisi, dove il nostro aereo sembra essere in orario, così imbarchiamo i bagagli, oltrepassiamo i controlli e ci mettiamo in attesa del volo Tunisair TU 756 alla porta 51. Congediamo i compagni di viaggio diretti a Roma e all’ora prevista ci mettiamo in fila per l’imbarco, quando arriva la notizia di un ritardo di trenta minuti, che poi diventano cinquanta, e alla fine l’Airbus A320 si stacca da terra alle 9:03 diretto il Italia.
La tratta scivola via tranquilla: sorvoliamo il Mar Mediterraneo, quindi la Sardegna e la Corsica, per entrare sul continente in prossimità della Liguria e atterrare, dopo aver perso anche un’ora di fuso orario, alle 11:27 nell’aeroporto di Milano Malpensa. Superiamo il controllo passaporti, ritiriamo le nostre valigie, salutiamo i compagni rimasti e con la navetta raggiungiamo il Ciao Parking. In questo modo alle 12:40 siamo già in viaggio verso casa. Meno di un’ora dopo il via da Malpensa scavalchiamo il corso del fiume Po, che è decisamente più sgonfio dell’andata, e trascorsa un’altra ora transitiamo per Bologna. Così facendo alle 15:25 concludiamo felicemente il viaggio davanti casa.
È stata un’esperienza davvero positiva questa nostra prima con Avventure nel Mondo, assieme a Giuseppe, il coordinatore, e i compagni di viaggio: Roberto, Giuseppina, Gian Luca, Claudia, Laura, Laura, Laura, Carlo, Francesca, Tommaso, Paola e Maria (ultima, ma benevolmente non per caso), ma anche la guida Nasser e l’autista Mohammed.




















