101 siti maya da visitare
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Sono tedesca e quindi mi voglio scusare già in anticipo per errori di grammatica e ortografia. Purtroppo non c’è un sito come turistipercaso in lingua tedesca. Il mio ragazzo ha letto e corretto il testo ma nessuno è perfetto :-).
Abbiamo progettato il nostro itinerario con turistipercaso, la mappa dei siti patrimonio dell’Unesco (abbiamo una collezione di luoghi unesco visitati, quindi ecco il nostro detour per Calakmul), LonelyPlanet Messico + Belize (in lingua inglese che costava di meno), e la mappa di geocaching.com perché siamo amanti di questa caccia al tesoro online.
Era un po’ difficile trovare il volo perfetto per il Messico: era chiaro che dovevamo andare a CUN (Cancun) e fare il ritorno da MEX (Messico Città) perché ogni altra soluzione costava molto, molto, molto di più. Per trovare queste combinazioni un po’ strane consiglio il sito matrix.itasoftware.com. Si è presto rivelato che Air France aveva i prezzi migliori a quel tempo, grazie a una promozione. Io volevo partire da NUE (Norimberga in Germania) e il mio ragazzo da BLQ (Bologna), incontrandoci a CDG (Parigi). Per l’andata nessun problema, per il ritorno non trovavamo una combinazione che ci permettesse di fare il volo trasatlantico insieme, per NUE costava 300e in più (???). I ragazzi del Facebook support team di Air France erano molto gentili e disponibili e alla fine ci trovano un volo che fa per noi, un giorno dopo del previsto. 622€ per/da BLQ e 647€ per/da NUE, incluso 15€ service charge a testa per la prenotazione personale.
Essendo una tedesca tipica non mi piace troppo l’avventura e quindi abbiamo prenotato tutti gli alberghi in anticipo 😛 . Così eravamo meno flessibili, ma non abbiamo perso tempo in ricerca di alberghi, e potevamo informarci bene sulle possibilità. Abbiamo usato booking, tripadvisor e AirBnB per trovare informazioni, e per ogni albergo ho scritto una recensione dettagliata su tripadvisor. A Messico Città abbiamo pernottato in una stanza privata, prenotata su Airbnb.
Dall’Europa abbiamo anche prenotato la macchina a noleggio. Questo era un’impresa quasi impossibile: Io volevo assolutamente andare in Belize, ma solo Europcar e un’azienda strana con 15 nomi diversi (CancunRentaCar etc etc) lo permettono. Abbiamo chiesto sicuramente a 10 noleggi diversi e alla fine abbiamo prenotato da Europcar, sperando che sia giusto che davvero alla consegna della macchina ti danno il foglio con il permesso di andare in Belize. Incluso il guidatore sotto i 25 anni (io) paghiamo subito 600 euro e dovremo pagare circa altri 300 euro per la SLI, l’assicurazione che copre tutto.
Il volo interno con Volaris invece costava poco: 111 euro per due, incluso 25kg di bagagli a testa.
In totale abbiamo speso 2100 euro a testa. (tutto incluso: il volo, pernottamento, albergo, macchina, benzina, cibo, souvenir, …)
Altra preparazione: Studiare la storia dei Maya con l’aiuto di LonelyPlanet e Wikipedia, salvare le geocache che passeremo, salvare offline gli articoli Wikipedia che ci potrebbero servire, scaricare mappe per il cellulare e il GPS per la macchina, informarsi come attraversare il confine con il Belize (che ci sembra abbastanza un’impresa), trascrivere i numeri per bloccare le carte di credito (avendo sentito tante cose brutte soprattutto di Messico Città), e scrivere adesivi con tutti gli indirizzi degli amici.
Il nostro itinerario in breve:
22/03: volo a Cancun, pernottamento a Cancun.
23/03: Chichen Itza, Ek Balaam, pernottamento a Izamal
24/03: Mayapan, Ruta Puuc, pernottamento a Merida
25/03: Uxmal e resto Ruta Puuc non visto ieri, Campeche, pernottamento a Campeche
26/03: spostamento a Palenque, visitare la zona inclusa Yaxchilan
28/03: spostamento a Xpuhil per visitare Calakmul
29/03: spostamento a Chetumal (perché vicino al confine)
30/03: andare giù a San Ignacio (tralasciando purtroppo Orange Walk e Lamanai)
31/03: Tikal, pernottamento a Tikal
01/04: Tikal, ritorno a San Ignacio
02/04: spostamento a Tulum, è un po’ di strada quindi poche soste
03/04: spostamento a Cancun, volo la sera a Messico città
04/04: Teotihuacan
05/04: mattina: visita alla città, pomeriggio: geocaching meeting
06/04: visitare la città, sera: volo di ritorno
22 marzo – VOLO PER CANCUN
In realtà ero partita già la sera del 21, non ci sono treni notturni da casa mia per l’aeroporto per Norimberga. Sono arrivata lì a mezzanotte circa, il volo era alle 6:35. L’aeroporto non era deserto come quello di Monaco di Baviera di notte, ci sono due voli notturni per Tenerife e Lanzarote. Inoltre c’era un party nel bar. Mi ero messa a dormire un po’ su una panchina. Alcuni visitatori del party mi hanno chiesto dove vado (“Messico”, detto casualmente, suona benissimo 😀 ), altri hanno detto “allora hai un po’ di tempo per fare party anche tu” e alcune ragazze hanno anche riso che c’era una che provava a dormire, ma chi se ne frega.
Alle 4 l’aeroporto si sveglia e inizia la consegna bagagli di AirFrance. Arrivata nella zona sicura una donna mi intervista dove vado, che mezzi di trasporto prendiamo, come abbiamo scelto il volo etc etc. Siccome ho molto tempo libero l’aiuto volentieri a compilare il modulo, ma risulta un po’ complicato perché già il volo congiunto (per CUN e da MEX) è difficile da inserire nel suo sistema che sicuramente è abituato meglio ai turisti all inclusive 🙂
Finalmente si parte e dopo un’ora siamo a Parigi. Per colazione Air France dà brioche fresche, li prendi dal cestino così, non sono in una scatola. Mai visto. Il mio ragazzo Ivan arriva circa 1,5 ore dopo di me, così faccio un giro a CDG, uno degli aeroporti più complicati del mondo. Nella zona pubblica c’è poco da vedere. Prendo la navetta da Gate 2G a 2F e guardo dove sarebbe il CDGVAL. Tutto è segnalato bene, non c’è problema. Faccio anche un piccolo prelievo di 20 euro a uno dei tanti ATM presenti, per le statistiche di EuroBillTracker. Poi ritorno, sempre con la navetta gratuita, al terminal 2G per aspettare il mio ragazzo. Devo aspettare un po’ ma finalmente arriva e le ferie possono iniziare 😀 .
Siccome tutti i voli erano puntualissimi abbiamo tempo per cercare la geocache a Parigi, ecco perché avevo guardato dove si prende il CDGVAL. Usciamo a un parcheggio a una vecchia torre di controllo, aspettiamo che il GPS prende i satelliti e andiamo a una piccola (e facile) caccia del tesoro, e vediamo addirittura una lepre.
C’è poco da vedere a CDG e quindi facciamo i controlli di sicurezza e prendiamo un trenino per i gate 2M. Qui sì che si può fare shopping, e c’è anche un wifi gratuito per 15 minuti. Non è necessario iscriversi quindi abbiamo 15 minuti col cellulare, 15 minuti col laptop etc etc .
Finalmente inizia il boarding e tanta gente sale sulla B777 in livrea SkyTeam. Abbiamo i posti al finestrino e accanto a noi c’è una donna che farà una settimana di spiaggia a Playa del Carmen. Questo è il viaggio tipico per il Messico, infatti avevo sentito alcuni amici che ci erano già stati (cioè a Playa del Carmen, Coba e Tulum, “hai visto due rovine Maya, hai visto tutte”, aveva detto). Ho visto nelle foto che la spiaggia di Playa del Carmen deve essere bellissima (non ci siamo stati) ma preferiamo una vacanza un po’ più culturale, se vogliamo spiaggia andiamo ai lidi di Ferrara 🙂
La scelta di film a bordo è molto buona, Ivan non fa altro che guardare film, io mi guardo “Gravity”. Il cibo è buono e all’andata ci hanno anche dato senza chiedere una bottiglia di vino e un Porto per ciascuno. Mi sarebbe piaciuto prendere il vino con me ma eravamo preoccupati di portare cibi in Messico (e Belize più avanti), quindi lasciamo perdere.
A metà del volo la crew distribuisce le dichiarazioni per la dogana e le richieste per il visto. Funziona così: Per la dogana è spiegato bene quanto puoi portare con te (tre porcellini di india, 3 laptop se non mi sbaglio…). Attenzione che bisogna anche fare la croce se uno ha cibo con sè. Non c’è da pagare una dogana e neanche è vietato, ma la croce deve esserci. Uscendo dalla dogana ho avuto la luce verde quindi non mi hanno controllata, sicuramente i miei Grissini avrebbero fatto problemi, avevo fatto la croce da “no”…
Anche la FMM è facile. Bisogna scrivere i suoi dati personali, numero del volo, indirizzo dell’albergo (abbiamo messo il primo albergo, nessuno ha chiesto domande e al rientro in Messico dopo il Belize abbiamo scritto solo “Tulum”, nessun indirizzo, andava bene lo stesso). Fanno uno scan del passaporto e poi ti danno 3 timbri – uno sul passaporto, uno sulla copia per loro e uno sul taglio del FMM. È importantissimo tenersi questo foglio perché serve per uscire dal Messico! (Quanto alla FMM fee, racconterò più avanti quando siamo usciti dal Messico a Chetumal! Questo era un po’ complicato!).
Il volo era un po’ in ritardo, l’arrivo previsto era alle 5 e arriviamo alle 6. Attesa dei bagagli e coda alla dogana, presto sono anche le 7. Usciti dalla dogana c’è subito lo sportello Europcar. Ci organizza il shuttle per il loro ufficio che si trova nel parcheggio. Aspettando il shuttle scambiamo anche dei soldi, 30 euro per iniziare. Riceviamo 430 pesos, un cambio pessimo, 2 giorni dopo abbiamo ricevuto 540 a Merida! Sempre 30 euro!
Anche i nostri cellulari ci danno il benvenuto in Messico… per Ivan una telefonata costa 2,50 euro al minuto, per me 3 euro.
All’ufficio Europcar davanti a noi c’è una statunitense che fa casino perché non era possibile cancellare un’assicurazione aggiuntiva che aveva prenotato. L’altro sportello era occupato da 2 tedeschi che volevano parlare spagnolo, anche se l’impiegato parlava benissimo l’inglese. Due o tre volte chiedono “allora in caso di un incidente che dobbiamo fare?”, uffaaa. Aspettiamo sicuramente mezz’ora o anche di più. Finalmente è il nostro turno e facciamo tutte le carte entro 10 minuti. Avevamo già prenotato tutto in internet, dovevamo solo fare la assicurazione SLI che non si poteva aggiungere online. La SLI serve per coprire danni che uno fa ad altri e sul forum di LonelyPlanet ci avevano consigliato di farla assolutamente. Sebbene avessimo prenotato una macchina con cambio manuale, hanno solo macchine con cambio automatico disponibile. Questo è standard in Messico e utile per tutti i Topes. L’impiegato di Europcar è molto sorpreso che non sappiamo come funziona, ma capiamo presto. Usando solo il piede a destra è anche molto facile.
Un’informazione per la quale avevamo fatto molta ricerca prima del viaggio: Non serve la patente internazionale. Molti siti dicono che per la sicurezza è meglio averla, noi abbiamo rischiato di andare senza e non abbiamo avuto problemi, nè in Belize nè in Messico, nè con la polizia nè con Europcar.
Stranamente il mio GPS Garmin non prende la corrente della macchina, si sarà rotto? Per fortuna me ne accorgo subito, al solito quando noleggiamo una macchina non provo il GPS subito! L’impiegato di Europcar controlla, c’è un problema con la macchina, riceviamo una nuova. Serve anche una nuova “permission letter” per portare la macchina in Belize. Alla fine usciamo dalla zona aeroportuale alle 9!
Guida Ivan e io navigo. Arrivare all’albergo è un po’ un casino perché il mio GPS non riconosce i numeri civici e ci mostra l’arrivo all’albergo in mezzo di un incrocio grandissimo. Per fortuna Ivan aveva guardato a casa per tutte le coordinate degli alberghi. Così arriviamo facilmente, dopo un po’ di giri non necessari. Abbiamo scelto il Grand City Hotel Cancun, una scelta buonissima. C’è anche la piscinal, parcheggio, microonde in camera, all’angolo c’è un Pemex (il distributore statale), letti molto grandi, tutto molto moderno, siamo contenti.
Adesso manca solo una cosa: Dobbiamo trovare anche una geocache a Cancun. È ancora il giorno 22 e assieme alla cache a CDG faremmo un nuovo record personale per distanza più lunga fra due geocache in un giorno. Ce n’è uno a 1km dal nostro albergo. Andiamo a piedi e per fortuna lo troviamo dopo una breve ricerca, altrimenti dovevamo prendere la macchina per andare nella zona alberghiera…. meglio di no perché siamo stanchissimi. Non ceniamo neanche, non abbiamo tanta fame e io ho paura di mangiare qualcosa di sbagliato, penso alla famosa “diarrea del viaggiatore”.
Insomma si può dire che questo chilometro di passeggiata ci basta per capire che Cancun è una città bruttissima, eretta dal niente circa 20 anni fa (ecco perché la capitale del Quintana Roo non è Cancun ma Chetumal). Perfetto per una notte per riposarsi ma niente di più. Per chiudere la giornata bene, mi butto nella piscina 🙂
23 marzo – CHICHEN ITZA, EK BALAM, RIO LAGARTOS
Ivan mi sveglia presto perché abbiamo molto da sbrigare oggi! Chichen Itza, opzionale Ek Balam, e opzionalissimo Rio Lagartos, un detour di 1 ora solo andata. Vediamo.
Iniziamo la giornata con la nostra prima visita a un Pemex. Avevamo letto che bisogna stare attenti che il contatore sia azzerato, e infatti a Cancun è meglio stare attenti, altrove non abbiamo avuto problemi (o non ce ne siamo accorti). Diamo anche una mancia, 10 pesos, 60 centesimi circa. Dopo avrei letto che si fa 5-10 pesos, ho sempre dato 10 pesos in tutto il viaggio. L’uomo ci chiede da dove veniamo perché gli statunitensi non danno una mancia 🙂 . (Domani avremmo capito che il fatto di non essere statunitense aiuta molto in Messico. Si ricordano ancora che il Texas, la California e l’Arizona erano messicani una volta!).
La strada per Merida è molto grande e ben segnalato. Dobbiamo solo abituarci al traffico. Capiamo velocemente che si può passare con il rosso e che in autopista girano anche biciclette. Prendiamo la strada con pedaggio, non ci sono Topes, non c’è nessuno, si gira bene in mezzo del niente. La quota è salatissima: 268 pesos per Valladolid (c’è un casello nel mezzo dell’autostrada che fa pagare ognuno che passa, non c’è un biglietto da ritirare o qualcosa simile come in Italia). A Valladolid usciamo per fare una geocache, ho sentito che il centro sarebbe carino ma ci vogliamo concentrare su Chichen Itza. Ancora non capisco che il mio GPS (mappe gratuite dal internet…) evita le superstrade e quindi, senza volere, prendiamo la strada gratuita. Si gira un po’ più lentamente ma cosi almeno ci abituiamo ai Topes. La gente si mette accanto a questi rallentatori di traffico e vende la sua roba: Frutta, acqua, cibo, souvenir. Non solo qui ma in tutto il Messico.
Di Chichen Itza avevamo sentito molte cose brutte, che è affollato e troppo turistico. È il nostro primo sito maya e ci piace moltissimo (forse perché non abbiamo confronti?). Ingresso 188 pesos, si paga solo in contanti (!), ma c’è un ATM accanto all’ingresso. È un ATM Banorte (o qualcosa del genere), si paga 47 pesos di commissione per ogni prelievo, ma ci sono anche banche che vogliono 67 pesos. Molto meglio una HSBC che vuole solo 22 pesos!
All’inizio la informazione a Chichen Itza è un po’ troppo per me. Abbiamo LonelyPlanet, abbiamo l’articolo Wikipedia, sentiamo altre guide che parlano, e noi non sappiamo come o dove iniziare la nostra visita. Poi fa un caldo da matti, devo ancora abituarmi. Il problema di Chichen Itza era che era il nostro primo sito, quindi non sapevamo a che cosa stare attenti, cosa è normale e che cosa è una particolarità. Il juego de pelota (gioco della palla) a Chichen Itza è il più grande di tutte le nostre vacanze, sapendolo prima osservavo meglio.
Purtroppo è vietato salire sulla piramide, alcuni anni fa un giapponese è caduto giù ed è morto. È mezzogiorno e non si vede il gioco dell’ombra alle scale (che si vede attorno al 20 marzo, ma solo alle 9 di mattina e alle 3 di pomeriggio circa). Vediamo il Caracol, il Cenote Sagrado, il tempio delle colonne etc, molto grande e cosi non fa niente che ci sono centinaia di turisti, c’è abbastanza spazio per tutti. Vediamo anche tanti iguana. Quasi quasi ci sono più venditori di souvenir che gridono “1 dollar, 10 pesos, 1 dollar, 10 pesos”. Chichen Itza è l’unico sito dove erano così tanti, a Palenque ce ne sono alcuni e in altri siti sono solo fuori della zona archeologica. Alcune settimane dopo il viaggio ho visto in una documentazione in TV che i venditori di Chichen Itza sono Maya e hanno un avvocato che combatte per il loro diritto di vendere souvenir qui.
Rimaniamo a Chichen Itza quasi 3 ore, e usciamo alle 2 o 2:30 circa. È troppo presto per andare già al nostro albergo ad Izamal, quindi ritorniamo verso Valladolid, questa volta con pedaggio (60 pesos circa entrando sull’autostrada a Chichen Itza). Verso le tre siamo ad Ek Balam. Il biglietto costa 122 pesos (anziché i 31 secondo LonelyPlanet) ma vale la pena. La porta di ingresso qui è molto interessante, c’è molto verde, e c’è ancora da scavare! Il highlight è sicuramente la piramide che si può salire! È la nostra prima piramide! In queste vacanze, il nostro motto sarebbe diventato “Ci sono scale quindi dobbiamo salire”!
Devo dire che ho fatto molta fatica a salire, forse perché era la prima volta, forse perché i scalini erano piuttosto ripidi, forse per l’umidità a cui non sono abituata… ma la vista è mozzafiato. Con il binocolo vediamo anche un altro sito Maya (Cobà?) in lontananza. Prima di lasciare il sito, facciamo un giro attorno alla piramide e così incontriamo Pietro, un messicano in vacanza in Yucatan con un gruppo interessato in Maya e fotografia. Noi parliamo l’italiano con alcune parole spagnole in mezzo, lui parla lo spagnolo, ci capiamo. Adesso siamo anche amici su facebook.
Ancora non è tardissimo, sono circa le 4:30, quindi decidiamo di andare anche alla nuova geocache sulla strada fra Rio Lagartos e Las Coloradas. È un detour di 60km, un’ora, ma ogni geocacher capirà che per un “FTF” valeva la pena. Ci perdiamo nel labirinto di Tizimin, una città composta solo di sensi unici (o almeno così ci pare) e arriviamo alle 5:50 in zona. Sono delusa che non c’è neanche un fenicottero da vedere, per questo era forse meglio fare un giro in barca da Rio Lagartos. Inoltre è tardi, il tramonto era vicino (alle 6 circa), la strada per ritornare era piena di buchi e forse l’idea di venire qui non era granché. Comunque è interessante vedere l’acqua, rosa dall’altissimo contenuto di sale. Prendiamo due provette di acqua (necessario per la geocache) e ritorniamo, fermandoci anche 5 minuti alla spiaggia. Speravo di vedere i fenicotterì lì ma il mio ragazzo ha ragione che non vanno sull’oceano aperto.
Con un po’ di paura (avevamo letto che è meglio non guidare di notte in Messico) andiamo fino ad Izamal, dove arriviamo alle 8 circa. È la prima volta che guido io in Messico, lungo il highway fino al bivio per Izamal. Gli ultimi 20 chilometri li fa il mio ragazzo perché sono stanchissima.
Ad Izamal, una città molto bellina, troviamo parcheggio subito in piazza. La reception parla solo lo spagnolo e lentamente capiamo che questo è normale in Messico. Capiamo che non hanno ricevuto la nostra prenotazione su booking, ma comunque hanno una camera libera quindi tutto a posto. È troppo tardi per visitare Izamal, andiamo a cena da “El Toro” vicino al nostro hotel e andiamo a letto subito dopo.
Nonostante le bottigliette presenti, decido di lavarmi i denti con l’acqua dal rubinetto da ora in poi per fare prima. Sembra che questo non ha causato problemi, comunque è meglio stare attenti.
24 marzo – IZAMAL, MAYAPAN, KABAH, LABNA, MERIDA
Dopo una colazione scarsa andiamo a scoprire la città di Izamal (che era prevista per ieri sera, ma un po’ di flessibilità ci vuole 🙂 ). Iniziamo con il monastero. Per costruirlo hanno usato i sassi di una piramide, ma non ne vediamo molte tracce. Con l’aiuto della mappa OpenStreetMaps sul cellulare troviamo la grande piramide di Izamal. Non c’è possibilità di andare su dal lato ovest, quindi andiamo attorno. Dal retro ci sembra fattibile arrampicarsi e dopo pochi minuti siamo in cima. (Andando giù ce ne siamo accorti che c’era una bellissima scala sul lato opposto….). La vista è spettacolare, il monastero giallo domina il centro. Con il tripod facciamo una delle più belle foto di questa vacanza di noi due. Ritornando all’albergo vogliamo fare un prelievo, per me funziona, per Ivan no, e abbiamo già paura che ci sia un problema con il suo bancomat e con la sua carta di credito. Meno male che una sua amica lavora alla sua cassa di risparmio di fiducia e ci può guardare subito – Per fortuna era solo un problema dell’ATM e non della carta stessa.
Uscendo da Izamal vediamo anche un’altra piramide dietro due case. Uscire non era per niente facile, tanti sensi unici anche qui, una volta ne imbocchiamo uno contromano e la polizia ci ferma. Per fortuna non ci fanno la multa ma ci spiegano solo in che direzione andare! Con l’aiuto della app di OpenStreetMaps usciamo finalmente dal centro e ci dirigiamo verso Mayapan, il sito maya più vicino a noi. (non contando siti minori come Aké, che abbiamo tralasciato). Dopo un po’ capiamo che la navigazione della mappa di Garmin non è affidabile, non ci fa andare sui highway e non conosce sensi unici. A partire da oggi abbiamo navigato solamente con l’app di OpenStreetMaps e ci siamo trovati benissimo.
Pochi metri prima dell’incrocio dove si va giù per Mayapan abbiamo il nostro primo controllo della polizia (e anche l’unico controllo dettagliato che avevamo. Per tutti gli altri poliziotti bastava sapere che non eravamo statunitensi). Controllano la patente (anche qui andava bene la patente italiana), chiedono se fumiamo o prendiamo droghe o beviamo, e cercano per droghe nella macchina e nelle nostre borse. I loro fucili mi fanno rispetto ma comunque ci trattano molto cortesemente e non mi sento troppo a disagio.
Arriviamo a Mayapan e siamo quasi da soli! (Solo un’altra macchina). È bellissimo soprattutto dopo Chichen Itza, sito pieno di gente. Inoltre non è vietato di salire la piramide di Mayapan. Dall’alto ci godiamo una vista perfetta, vediamo tutto il sito. Non è piccolo ma neanche grandissimo, e faccio fatica a capire come Mayapan poteva sconfiggere Chichen Itza e diventare l’ultima città Maya che è crollata solo più o meno quando sono arrivati gli spagnoli.
Dietro la grande piramide c’è ancora tanto da scavare, vediamo tante piccole colline anomale. Avendo visto Chichen Itza il giorno precedente capiamo subito le uguaglianze di stile. Notiamo per esempio le scale della piramide (molto diversamente dallo stile del sud, tipo Calakmul, dove le scale sono incorporate nella piramide) e il Caracol che è uguale a quello di Chichen Itza. Siccome Mayapan è il sito più giovane assumiamo che hanno copiato il piano.
Uscendo dal sito il venditore di biglietti ci fa provare una frutta appena raccolta dall’albero. Non so che cosa sia stato, qualcosa simile alla frutta di passione, ma è buono e molto dolce.
Da Mayapan non c’è una strada diretta per altri siti Maya (più comodo sarebbe ritornare a Merida e prendere la superstrada da lì) e quindi prendiamo strade piccolissime. Impariamo che ci sono due stili diversi di tagliare l’erba lungo la strada: 1) un lavoratore che lo fa a mano col machete, 2) bruciare tutto con fuoco aperto anche quando passano le macchine. Andando verso Uxmal incontriamo la possibilità 2. Anche il giorno dopo avremmo visto la stessa tecnica in un altro posto.
Al bivio (Uxmal a destra, Kabah a sinistra) decidiamo spontaneamente di andare prima ai siti minori e di fare Uxmal con calma domani mattina sulla strada per Campeche. Siamo a Kabah attorno a mezzogiorno e non c’è ombra. Neanche un po’. Così mi concentro sul caldo che ho e purtroppo mi sfugge un po’ che Kabah è un bellissimo esempio dello stile Rio Puuc, con tante decorazioni. Sull’altro lato della strada parte un sentiero che dopo circa 300m porta a un arco. Fra gli alberi a destra si intravede una piramide non scavata, peccato – ci piace andare su piramidi! L’arco era l’inizio di un collegamento diretto con Uxmal, molto interessante, chissà dove arriva esattamente ad Uxmal, lì non abbiamo visto un arco.
Prossimo sito che vediamo è Labna. Anche lì c’è un bellissimo arco che una volta era anche stampato su una banconota. Ci piace molto anche il liane dove ci sediamo un attimo e facciamo una foto con il tripod. Sempre grazie a Wikipedia capiamo bene a che cosa dobbiamo stare attenti al grande palazzo, ci sono i soliti grandi nasoni del dio della pioggia, Chaac, e inoltre un serpente nella quale bocca si vede una dea. Anche qui non c’è ombra.
Litighiamo un po’ su come procedere con il giro – a me piacerebbe molto di provare a cercare la cenote Kankirixche che mi sembrava bellissima dagli immagini, inoltre avevamo investito sicuramente un’ora a casa per capire come ci si arriva (mezzo mese dopo il nostro rientro a casa è stata pubblicata una geocache lì, peccato, troppo tardi 🙁 ). Ma Ivan ha ragione che non conviene, dobbiamo per forza tralasciare qualcosa.
Ci fermiamo velocemente al Museo del Cacao, ma solo per prendere qualcosa da bere nella loro caffetteria. L’ingresso mi pare caro e inoltre non abbiamo tempo, ma vedendo il giardino tutto curato sono sicura che anche il museo stesso deve essere bellino. Facciamo anche un salto a Xlatec ma solo perché ha l’ingresso gratuito. C’è comunque un uomo all’ingresso che segna il nome del visitatore. Il sito è poco particolare, tre edifici, un dio Chaac, ma dopo 10 minuti ritorniamo già alla macchina.
Saltiamo Sayil (ma vedi racconto di domani), andiamo nord passando Uxmal, ci dirigiamo verso Muna (perché non credo il navigatore che è meglio andare a sinistra, quindi il detour è colpa mia) e poi prendiamo una strada pessima e piena di buchi per Maxcanau. La strada è larga ma messa male, buchi ovunque, si gira lentissimo e dobbiamo scusarci tante volte con la macchina. Per fortuna nessuna gomma si buca ma non mi sarei meravigliata se fosse successo.
A Maxcanau cerchiamo una geocache che si trova sul territorio di una vecchia hacienda. Il proprietario, Roberto, è molto gentile e ci fa vedere la sua casa che vuole far diventare un albergo (ma non ho visto nessun cantiere e non sembrava neanche tanto impegnato a portare le cose avanti). Qui è “tudo maya”, hanno usato sassi dei vari siti Maya nei dintorni per costruire e abbellire la azienda. Alle scale noto sassi con decorazione a croce, questo è tipico per lo stile Rio Puuc e lo avevamo visto anche a Kabah. Roberto dice che sta ancora cercando un contenitore di acqua in stile maya. A lui tutto questo sembrava normale, a noi come turisti invece pareva di più una distruzione di siti archeologici. Sono indecisa cosa pensare. Alla fine della nostra visita chiedo al figlio di Roberto di fare una foto di tutti noi. Mi meraviglio molto che devo spiegargli come si fa, il bambino (10 anni circa) non aveva mai visto una normalissima macchina fotografica.
Poi ritorniamo quasi dritto per Merida e ci fermiamo solo per l’unica geocache che c’è sulla strada. Entrare a Merida non è facile perché ci sono tanti sensi unici e dei indirizzi non capisco niente (anche se è ben spiegato in Lonely Planet), per fortuna avevamo preso le coordinate dell’albergo in Google Maps, così ci arriviamo lentamente ma senza problemi. Uscire da Merida era molto più facile, non so perché il GPS non ci ha fatto fare la grande strada / tangenziale anche all’andata?
Ivan si fa consigliare due ristoranti dal proprietario dell’albergo che parla anche l’inglese. La scelta di andare al “Chaya Maya” era buonissima. Il cibo era buonissimo ed abbondante. Ivan ordina anche una “cerveza” scura artigianale che fanno a Merida, buonissima e dissetante. Non ricordo il nome purtroppo. Stavamo già per pagare quando Ivan se ne accorge delle bevande verdi che bevono tanti altri. Lo proviamo anche noi e ci innamoriamo subito del Chaya. Solo per questa bevanda varrerebbe la pena di ritornare a Merida un giorno. Purtroppo il Chaya viene coltivato solo nello Yucatan quindi non posso provare a farlo anche a casa.
25 marzo – MERIDA, CENOTE, UXMAL, SAYIL, CAMPECHE
Ieri non avevamo visto quasi niente della bella città di Merida. Il nostro albergo offre la colazione a partire dalle 8, ci alziamo un po’ dopo le 6 come al solito e ci incamminiamo subito verso il Paseo Montejo, una grande strada costruita con il Champs Elysees a Parigi come modello. Qui logghiamo anche l’unico geocache della città, senza quello non saremmo venuti qui e in effetti c’è poco da vedere. La colazione è abbondante e include anche la frutta, la mangiamo fidandoci che sia fresca.
Poi facciamo un giro per il centro. Il nostro obiettivo è quello di trovare francobolli (impossibile nei negozi di souvenir, e non vogliamo camminare fino alla stazione), comprare acqua e trovare per ognuno una banconota Euro per il giochino su EuroBillTracker.com . L’ultima è una impresa molto difficile e visitiamo almeno 10 uffici di cambio (“Tiene euros?”) finché non abbiamo una banconota a testa.
Pochi giorni fa era uscito una nuova geocache un po’ nord di Merida, e con la speranza di essere i primi a trovarlo facciamo questo piccolo detour. Le coordinate ci portano a un cenote per niente turistico, a Noc Ac. Per 10 pesos a testa le donne all’ingresso rimuovono la corda e ci fanno entrare con la macchina. Troviamo la geocache velocemente, Ivan vuole proseguire subito per Uxmal. Un po’ ha ragione ma io so anche che adesso lasciamo il territorio delle cenote, e non voglio lasciare il Messico senza aver fatto il bagno neanche una volta! Il mio ragazzo non è un grande nuotatore quindi preferisce stare fuori. C’era un piccolo gruppo in escursione, loro avevano le giacche da salvataggio e dentro il cenote ci sono anche corde dove i non-nuotatori possono afferrarsi. È bellissimo dentro il cenote, l’acqua è chiarissima e ci sono anche pipistrelli. Faccio due giri a nuoto (purtroppo non so immergermi) e poi esco, Uxmal ci aspetta!
Uxmal è patrimonio dell’UNESCO e come Chichen Itza costa abbastanza, 188 pesos ingresso. Il sito è molto più tranquillo rispetto a Chichen Itza, ci sono 2-3 venditori davanti all’ingresso ma niente dentro il sito. Anche i visitatori sono di meno. Entrando si vede subito la piramide del magico, che non si può più salire dopo un uragano. Incontriamo anche un gruppo austriaco. La loro guida racconta che l’edificio antistante alla piramide una volta era un ufficio di cambio. Consulto LonelyPlanet e scrollo su e giù l’app di Wikipedia: Secondo me la guida è più un intrattenitore che un esperta di storia Maya. In questo momento siamo felicissimi di fare un viaggio individuale. Comunque uso l’occassione per fare un punto per il giochino di EuroBillTracker: “A proposito di ufficio di scambio, qualcuno mi potrebbe scambiare questa banconota da 20 euro in due da 10?”.
Il Juego de Pelota ospita un anello di sasso decorato (in altri siti non c’é più, probabilmente perché era di legno), grazie a Wikipedia sappiamo anche che data ci è scritto. Nelle vicinanze due iguana prendono il sole. Si può salire la grande piramide un po’ più avanti, e ci godiamo una vista bellissima su tutto il sito. Sempre grazie a Wikipedia capiamo che la casa davanti al grande palazzo è la casa delle tartarughe, e infatti, stando attenti a questo dettaglio, ne vediamo tantissime come decorazione del muro. Appena usciti dal sito capiamo che abbiamo tralasciato, senza volere, la zona del cimitero di Uxmal 🙁 . Mi fermo un attimo dai venditori di souvenir e la commessa mi convince che devo assolutamente prendere un vestito. Non so se il prezzo era buono o no (a Chichen Itza non sono stata attenta), pago 300 pesos per un vestito strabellissimo, chissà se avrò mai un occassione per mettermelo.
Il tempo permette addirittura di visitare anche Sayil, il sito che avevamo tralasciato ieri. Arriviamo alle 4, chiude alle 5. Perfetto! Il sito merita molto, è grandissimo! Credo che era vietato salire sul palazzo ma non c’era nessuno nessuno nessuno, quindi…. Solo la segnaletica confonde un po’, dice “El Mirador 200m” ma in realtà sono quasi 500! Meglio triplicare le distanze che ci sono scritti 😉 .
Per Uxmal ho guidato io, la strada è dritta ma senza distributori. Ieri ne avevamo visti tanti, adesso neanche uno! Ovviamente a Merida non abbiamo fatto il pieno fidandoci della rete Pemex… quindi dopo la visita ad Uxmal siamo ritornati a Muna (20km), abbiamo fatto benzina e siamo ritornati sud per Uxmal e Sayil. È una strada più lunga rispetto alla stradina Muna->Maxcanau e poi giù la superstrada, ma ieri avevamo imparato che la via per Maxcanau è piena di buchi e si gira al massimo con 40 chilometri all’ora!
Comunque anche la strada per Hopelchen non è la migliore, non ci sono buchi ma solo una corsia in ogni direzione, non so se la nostra scelta era furba, ma così abbiamo visto tanti piccoli villaggi che LonelyPlanet sicuramente definirebbe “scenici”. Vediamo anche come funziona il trasporto pubblico nella zona rurale: 6 giovani senza cinture di sicurezza dietro su un pick-up. Loro ci salutano anche, noi ridiamo e salutiamo anche noi.
40 chilometri prima di Campeche la nostra macchinuccia inizia a fare dei problemi. Ivan guida, e all’improvviso rallenta, rallenta, rallenta, fino a 40kmh. La macchina non tira più. Boh? Poi si va giù una collina, il motore riprende fiato, si accende la spia arancio di avaria motore e la macchina continua fino a Campeche senza problemi. Questi ultimi 40 chilometri siamo tutti sudati. Non saprei cosa avremmo fatto in caso di un problema, non c’era nessuno, una chiamata costa 3 euro al minuto e abbiamo solo circa 20 euro sulla SIM prepagata. Questa stessa sera andiamo in un supermercato “Oxxo” a Campeche e compriamo una SIM Telcel, solo per emergenze. Costa 150 pesos e alla fine non ci è servita ma non si sa mai.
Per attivarla, ci aiuta la donna della reception nel nostro albergo. Le chiamate di test (per il cellulare del mio ragazzo) non funzionano, solo alcuni giorni dopo capiamo che per chiamate internazionali devi registrarti con passaporto, sembra che le chiamate nazionali avrebbero funzionato.
La viabilità di Campeche è pessima, tanti incroci, tante macchine, tanti sensi unici e tanti cantieri. Alla fine rinunciamo al parcheggio custodito proprio davanti all’albergo semplicemente perché è difficile arrivarci, e parcheggiamo su un grande parcheggio dietro il palazzo del governo. Alloggiamo all’hotel Castelmar. Questa sera sono stanchissima (e per via della macchina l’umore non è dei migliori) così visitiamo solo la bellissima piazza di Campeche e ceniamo in un ristorante mediocre che ci aveva consigliato la reception dell’albergo. Campeche meriterebbe forse una visita più intensiva essendo patrimonio dell’Unesco. Non abbiamo nemmeno visto il museo di archeologia dove sono conservati molti ritrovamenti di Calakmul.
Con l’aiuto della reception telefoniamo a qualcuno di Europcar (non so quale numero ha composto l’uomo dell’albergo, forse l’ufficio a Campeche anziché il numero per emergenze?). Non parla benissimo l’inglese ma mi faccio capire (“muchos problemas macchina iniezione gasolina”. In realtà “macchina” in spagnolo è “el carro” ma ancora non lo sapevo). Dice che dovremmo cambiare la macchina se la nostra fa problemi, ma a Campeche non ci sono macchine. Ci consiglia di andare a Ciudad del Carmen domani. Grande… Ciudad del Carmen è un detour di 2-3 ore e non è per niente sulla strada che vogliamo fare noi.
Poi andiamo a cena al Marganzo su consiglio del receptionist, ristorante a pochi passi dall’hotel ma abbastanza turistico. Qui vi troviamo un gruppo di italiani in viaggio guidato che incontreremo poi il giorno dopo a Edzna. A fine cena il ristorante non ci convince appieno.
26 marzo – EDZNA, ESCARCEGA, PALENQUE
Prima di partire da Campeche, città di cui abbiamo visto poco, andiamo al mare per dare un’occhiata. Poi partiamo verso l’aeroporto dove arriviamo alle 7:15 circa. L’ufficio Europcar, secondo il sito web, apre alle 6 la mattina, e speriamo che, parlando con un impiegato di persona, possiamo risolvere il nostro problema meglio.
L’ufficio Europcar è chiuso. Non c’é nessuno all’aeroporto tranne alcuni impiegati di sicurezza che ci informano che l’uomino Europcar viene “forse alle 8, forse alle 9”. Devo ammettere che in quel momento mi sono venute le lacrime e sono dovuta andare in bagno per calmarmi… “perché in questo paese di m… non funziona niente? Se c’era scritto che apre alle 6?”
Non abbiamo voglia di aspettare un’ora o forse due, quindi partiamo per visitare Edzna, e poi potremmo ritornare a Campeche. La macchina funziona bene, solo la spia è accesa di continuo. Alle 8:15 siamo ad Edzna, siamo i primi visitatori e ci godiamo la tranquillità. Purtroppo non è più permesso di salire sul gran tempio a 5 terrazze, la vista deve essere mozzafiato. 20 minuti dopo di noi arriva il gruppo italiano che avevamo già incontrato ieri sera a cena. Edzna è comunque un sito molto grande e così non ci disturbano. La piazza di Edzna è una dei più grandi che abbiamo visto.
Sembra che gli italiani hanno solo fatto un giro corto perché escono assieme a noi (e noi abbiamo tralasciato la casa della strega che dista 800m dal nucleo del sito!). Chiacchieriamo un po’ con la loro guida. Loro vanno ad Uxmal adesso, noi raccontiamo che, siccome è presto, andiamo a Ciudad del Carmen per far cambiare la macchina. La guida ci risponde “ma perché? Se rimanete a piedi non è il vostro problema ma quello di Europcar”. Io dico “ma se rimaniamo a piedi sulla strada per Calakmul? 60km in mezzo alla giungla?”, ma anche qui ci consola che spesso passa qualcuno e che ci sono anche shuttle.
Quindi cambiamo idea e andiamo dritti a Palenque. Arrivando lì presto potremmo visitare il sito subito. La macchina funziona bene e si spegne addirittura la spia di allarme. Facciamo una strada molto scenica lungo la costa, e poi il highway dritto e curato (con più corsie) verso Escarcega. Qui dobbiamo fare benzina perché è l’unica città nelle vicinanze, già fra Campeche ed Escarcega non c’era un Pemex. Giusto giusto quando entriamo nel Pemex la macchina ricomincia. Rallenta e rallenta e non tira più.
Gli impiegati del Pemex a destra venendo da Campeche (ci sono 3 Pemex) sono disponibilissimi. Prima facciamo il pieno, poi proviamo a raccontare in spagnolo il nostro problema, indicando il numero di emergenza di Europcar. Lui dice “ma è un numero gratuito!” e ci dirige verso un telefono pubblico proprio accanto al distributore. Chiamiamo Europcar e riflettiamo insieme cosa è meglio, provare di andare a Palenque o aspettare ad Escarcega che viene qualcuno da Ciudad del Carmen per “cambio carro”. La gentile donna al telefono parla bene l’inglese ed è paziente con noi (non capiamo tutto trovandoci accanto a una strada molto trafficata, che avventura!). Alla fine decidiamo di non correre un rischio e accettiamo di aspettare. Strano che, adesso che abbiamo davvero un grande problema, sono io la tranquillissima e devo calmare Ivan. Ha ragione che questo rovina tutti i nostri piani per oggi, ma dall’altro canto, “guarda che almeno avrai qualcosa da raccontare dopo queste ferie”. Infatti, adesso ogni suo racconto inizia con “e siamo anche rimasti bloccati ad Escarcega in mezzo del niente”.
“In mezzo del niente” non è verissimo, anzi, si potrebbe stare molto peggio. Parcheggiamo la macchina sotto un albero e andiamo a pranzo. Il ristorante ha anche un wifi, cosa si potrebbe volere di più? Il menù è solo in spagnolo e ordiniamo a caso due “pesce veracruziano”, scelta buonissima, un profumo intenso, e con queste circostanze era ancora più buono! Forse era addirittura uno dei pesci migliori che abbiamo mangiato in Messico. E poi è costato poco, abbiamo speso un po’ più di 200 pesos per due.
Ritornati alla macchina abbiamo finalmente un po’ di tempo libero per scrivere cartoline!
Verso le tre, con 3 ore passate, chiamiamo di nuovo Europcar. Sembra che la macchina nuova ci stia già aspettando, il mio “Pemex nelle vicinanze del BurgerKing” era un po’ troppo generico perché c’è un altro distributore anche più vicino al BurgerKing. Scambiamo la macchina, facciamo fare l’appunto che ci serve *assolutamente* il permesso per andare in Belize anche per la macchina nuova, e contrattiamo che vogliamo restituire la macchina vuota (consegniamo una macchina piena di benzina e in cambio riceviamo una mezza vuota, non può essere…).
Poi partiamo (alla fine il detour per Ciudad del Carmen se lo sono fatto loro) e verso le 6 arriviamo a Palenque. Stiamo nella zona alberghiera, all’hotel Chablis. Prima di cena facciamo un giro, ci serve un ATM che troviamo in un supermercato. Faccio anche un salto in un negozio di elettrodomestici e compro una piastra (la mia europea non funziona a 110 volt, quindi l’avevo lasciata a casa). A partire da oggi sarò più bella nelle foto 😀 . Già che ci siamo chiedo anche per la attivazione della mia SIM TelCel. Non ci capiamo bene, e il gentilissimo impiegato va a cercare un suo collega che parla l’inglese. Poi telefonano al servizio clienti e poco dopo posso, volendo, anche fare chiamate internazionali. Intanto mi mostra anche che potevo fare chiamate nazionali già prima, non lo sapevo. Inoltre andiamo in un agenzia di viaggi (ce ne sono alcuni) e prenotiamo un tour guidato per visitare Yaxchilan domani. Lo facciamo verso le 7 la sera e non c’è problema di prenotare per il giorno successivo. Costa 700 pesos e quindi molto di meno di un giro fai-da-te (sembra che le barche sono costosissime). Da quello che ho letto in internet ci sono anche agenzie che lo vendono a 650 pesos ma non abbiamo voglia di girare per tante agenzie così tardi la sera.
Anche per cena non ho voglia di camminare tanto quindi andiamo in un ristorante all’angolo, il Maya Canada, mediocre e abbastanza caro.
27 marzo – YAXCHILAN, BONAMPAK
Dovevano venire a prenderci dall’albergo alle 6, ma sono qui già alle 5:50. Dal nostro hotel partiamo noi ed un giapponese che viaggia da solo e col quale facciamo subito amicizia. Poi facciamo un giro per Palenque per collezionare altri passaggeri. A un albergo di cinque stelle dobbiamo aspettare quasi 10 minuti finché non vengono giù, ma poi finalmente eccoci sulla Carretera Frontiera.
Dopo circa 60km ci fermiamo per colazione. Ci sono molti altri gruppi. Ivan e io mangiamo poco, non ci fidiamo delle uova strapazzate e della frutta fresca. La strada è abbastanza buona fino al bivio per Frontera Corozal. Da lì la strada consiste di terra, buchi e sassi… meglio non venire qui con una bella macchina a noleggio! Sono 20 chilometri e non capisco perché la strada non è asfaltata. Forse perché è nel mezzo di niente, sembra che ci sia un altro secolo qui. Al ritorno vediamo donne che fanno il bucato nel fiume. Spesso gli uomini sono vestiti di bianco e le donne di rosso, sono il popolo dei Lacandon, un tedesco del nostri gruppo, che conosce il paese molto bene, dice che si pensa siano i discendenti dei Maya.
Il giro in barca per Yaxchilan dura circa 40 minuti ed è bellissimo, forse la cosa più bella di tutto il viaggio. Il fiume Usumacinta è blu (o leggermente verde), a sinistra il Messico (giungla verde), a destra il Guatemala (giungla verde), ci chiediamo quante città Maya saranno nascoste nella densa giungla qui. Il cielo è azzurro e facciamo tante belle foto. Purtroppo non vediamo coccodrilli, sembra che spesso si facciano vedere. La guida ci consola “coccodrillos non soy aggressivos” (o qualcosa del genere in spagnolo).
A Yaxchilan vediamo già altre barche parcheggiate. Andiamo su una scala abbastanza ripida, questo non è necessario quando ci sono le piogge: poi il fiume è circa 10 metri più alto e le barche arrivano direttamente davani alla biglietteria. Non ci possiamo credere ma la guida ci mostra una foto.
La guida (pagata da 2 altri del nostro gruppo) ci indica una piramide non scavata subito a destra del sentiero, ma poi noi due decidiamo di lasciare il gruppo e di scoprire Yaxchilan sul conto nostro (tanto che non capiamo le descrizioni spagnoli). Nel “labirinto”, l’edificio che si attraversa, troviamo pipistrelli. Usiamo come sempre l’app di Wikipedia per capire le cose meglio. L’articolo inglese per Yaxchilan è perfetto, per quasi tutti gli edifici c’è una descrizione dettagliata in base al suo numero, così come per le stele. Capiamo velocemente la particolarità di Yaxchilan. Tutte le porte hanno inscrizioni di iroglifi o mostrano scene della vita del grande King Bird Jaguar II. Nelle descrizioni appare spesso il nome della città “Piedras Negras”, un grande rivale di Yaxchilan. C’è anche un secondo rivale, e finora gli archeologi non hanno capito dove si trova questa terza città lungo l’Usumacinta. Dopo chiediamo alla guida dove si trova Piedras Negras: Sul lato del Guatemala, 3 ore di barca su verso nord. Secondo internet ci sono gite guidate da Flores (in Guatemala), ma bisogna calcolare almeno 4-5 giorni. Mi meraviglio poco che è uno dei siti maya meno frequentati… la prossima volta ci dobbiamo andare!
Con le descrizioni dettagliatissime di Wikipedia, le due ore a Yaxchilan sono poche. Il posto è così bello che Ivan lascia una geocache qui. Ovviamente dobbiamo prendere le coordinate e fare foto per la descrizione (così che altri potranno trovare il tesoro) e ci vogliono 10 minuti sicuramente. Ivan vuole coprire il box meglio e prende un sasso dalla terra. È un sasso abbastanza liscio e bianco… e si vede che è probabilmente il parte di una stela rotta. Qui trovi la storia ovunque anche se non la cerchi.
Mancano solo 20 minuti fino al ritorno della barca ma mi incuriosisce il segno per la “piccola acropoli”. Inseguiamo il sentiero, sempre più nervosi perché non vediamo niente. Decidiamo già quasi di ritornare quando finalmente la vediamo. Io mi arrampico (è piccola) e vedo 3, 4 guide che fanno una pausa lì, non c’è nessuno! Ivan invece rimane giù e grida “vieni giù, vuoi perdere la barca, sbrigati!”. In effetti ha ragione, con passo veloce ritorniamo giù e dove è possibile corriamo anche. Io cado una volta ma alla fine siamo alla barca giusto giusto in tempo.
A Frontera Corozal pranziamo. Arriva velocemente (avevamo ordinato prima di partire per Yaxchilan) ed è anche buono. Qui ci innamoriamo della bevanda “Jamaica”, un tè ghiacciato a base di ibisco di colore rosso rubino. Come al solito tralasciamo l’insalata. Dico anche alla tedesca accanto a me che è meglio non mangiarla, lei risponde “si si l’ho sentito anche io” e continua a mangiarlo. Va bene…
Davanti al ristorante ci sono venditori di souvenir. Un giaguaro di sasso costa 200 pesos, ma quando il venditore vede che mi devo sbrigare perché l’autobus sta partendo, abbassa subito a 100. Comunque non ho intenzione a comprarlo. Il giorno dopo Ivan ne compra uno a Palenque e paga 150.
Bonampak è una bella sorpresa, da non confrontare con Yaxchilan ma gli affreschi sono conservati perfettamente. Al museo antropologico di Città del Messico vedremo poi la ricostruzione di Bonampak con la copia degli affreschi in colori originali, stupendi. Anche la vista è bella. Prendiamo in giro un gruppo di francesi che finora non sembra di avere una tecnica di come salire e scendere le scale Maya. Da Uxmal le faccio sempre in diagonale, mi trovo bene così.
Dietro i palazzi di Bonampak c’è una zona senza accesso al pubblico. Non c’è nessuno e il divieto è scritto solo in spagnolo (lingua che non parliamo…) quindi curiosiamo un po’ prima di ritornare all’autobus.
Il viaggio di ritorno a Palenque è lunghissimo e mi addormento. All’andata sembrava più corto. Ritornati in albergo controlliamo l’acqua che avevamo preso il primo giorno a Rio Lagartos. Ieri sera avevamo versato un po’ di acqua in un bicchiere del albergo, lasciandolo durante il giorno nel baule della macchina. L’evaporazione è proceduta bene ed è quasi un miracolo: Si sono formati cristalli, anche abbastanza grandi, di sale nell’acqua! Finora pensavamo che il giro a Rio Lagartos era uno spreco di tempo, adesso invece ci sembra la decisione giusta.
Per fortuna Ivan riesce a convincermi di cercare quel ristorante italiano, Monte Verde Pizzeria Restaurante, che è recensito molto bene su TripAdvisor. Lo troviamo facilmente, applichiamo l’Autan e trascorriamo una serata romanticissima. Una cena a lume di candele con le stelle sopra di noi, pizza molto buona. Perfetto. Forse addirittura più bello di Yaxchilan.
28 marzo – PALENQUE, SPOSTAMENTO A XPUJIL
In teoria vogliamo essere alle rovine subito alle 8, per evitare la valanga di turisti. In pratica arriviamo verso le 8:30, fermandoci prima in un supermercato. Qui compriamo dei muffin grandissimi a solo 7,45 pesos (0,50€ circa) al pezzo e facciamo colazione in macchina. Mi piace moltissimo visitare supermercati all’estero. Nella sezione di frutta e verdura ho trovato cose che non avevo mai visto prima, e avevano un intero scaffale di chili diversi. Il mio ragazzo invece si interessa della sezione di bibite e quando vede una bevanda che non conosce la compra e la prova. In Messico ci siamo innamorati della “Fresca”, una bibita del gruppo Coca Cola al gusto di pompelmo. Purtroppo non è in vendita in Europa!
Dobbiamo riflettere un attimo su come si fa a comprare il muffin, alla fine capiamo che la ragazza a un banco vicino lo impaccherà e ci darà la ricevuta per pagare alle casse. Voglio anche fare un prelievo ma l’ATM viene riempito proprio adesso e sicuramente era meglio non discutere con l’uomo della sicurezza con il fucile in mano…
Dopo la colazione andiamo verso le rovine, la strada è lunga 8 chilometri e in buonissime condizioni. Prima si paga l’ingresso per il parco nazionale. Un po’ più avanti c’è il parcheggio del sito di Palenque e ci dirigono subito a destra. Appena usciamo c’è una guida davanti a noi che parla l’italiano… ecco perché ci avevano chiesto della nostra provenienza quando abbiamo fatto il biglietto per il parco! C’è anche un uomo che vuole una mancia per “custodire” la nostra macchina. Gli diamo 20 pesos, forse era esagerato ma non volevo una macchina danneggiata al nostro ritorno! La guida è un po’ insistente, ci offre un tour per la giungla (che forse davvero sarebbe stata interessante) o il sito, o una combinazione, durante la discussione i prezzi vanno giù da 150 US-dollari (2000 pesos circa) a 1600 pesos (80 euro) solo la giungla. Era comunque una buona idea di non accettare: appena entrato nel sito, un altro tizio ci offre una visita per la giungla a 300 pesos. Ma ormai è già un po’ tardi, verso l’una vogliamo partire per Escarcega, quindi rinunciamo a un tour.
Il primo palazzo subito a destra è il palazzo della lepre, ci si può arrampicare, quindi saliamo, ma la vista non è granché. Alcuni metri più avanti c’è il tempio che è raffigurato sulla nostra edizione di LonelyPlanet, quindi facciamo la foto di noi, il nostro libro e la piramide. Sotto questo tempio un archeologo ha trovato la grandissima tomba di Pakal. Una copia di questa tomba è visitabile al museo di questo sito e anche al museo di Antropologia a Messico Città. Onestamente non abbiamo capito dove sarebbe l’originale. Leggiamo nella app di Wikipedia una cosa interessante: Erich von Däniken basa la sua teoria che i Maya avrebbero costruito dei space shuttle proprio su questa tomba. In effetti assomiglia e le incisioni attorno mostrano il sole, la luna ed altri pianeti, ma comunque non ritengo la sua teoria molto valida.
Secondo me l’edificio più interessante di Palenque è il palazzo. Secondo me è l’edificio più interessante che abbiamo visto in tutti i siti. Magari non è grande come il palazzo del governatore ad Uxmal, ma ha molto più dettagli, tante stanze piccoline, una torre, una corte, e ci si perde nel labirinto di questo edificio. Per un po’ seguiamo altri turisti che hanno preso una guida e così scopriamo la sauna e i bagni. Sicuramente questi dettagli ci sarebbero sfuggiti.
Ovviamente cerchiamo anche la geocache del sito, poi seguiamo il sentiero che ci porta giù fino alle cascate. È bellissimo qui e non c’è nessuno. Faccio una foto bellissima dell’acqua che cade giù. Seguendo il sentiero ritorniamo alla zona del palazzo di prima, passando per alcuni edifici non ancora interamente scavati, oppure coperti già di nuovo con l’erba. Cresce velocemente con questa umidità della giungla.
Sta arrivando mezzogiorno e i miei movimenti diventano sempre più lenti e le pause sempre più lunghe, ho mal di testa, rinuncio addirittura di salire su due piccoli templi! Decidiamo di saltare alcuni edifici e andiamo direttamente al gruppo della croce. Sulla strada ci viene voglia di fare shopping e ci sono alcuni venditori lungo il sentiero (una decina, non esagerato come a Chichen Itza). Ivan compra un giaguaro di sasso. Ieri a Yaxchilan sarebbe costato 100 pesos. Qui costa 250, alla fine paghiamo 150. Io compro un magnete per la mia sorella e provo ad allenarmi anche io con il contrattare, faccio fatica (perché dubito che ai venditori rimane un grande guardagno) ma qualche peso lo risparmio. Per 20 pesos compriamo un porcellino fatto di perle e so che per farlo ci vogliono 2 ore o anche di più. 20 pesos sono poco più di un euro.
Il gruppo della croce mi piace molto, ci sono 3 templi altissimi, e altri templi dietro gli alberi. Saliamo su due, la vista migliore è dal tempio più alto, il tempio della croce. Ci sono parecchi geroglifici ma noi, come tutti gli altri turisti, ci concentriamo di trovare un po’ di ombra. Per caso c’è ombra con vista! Ci sono anche due australiani a riposarsi, chiacchieriamo un po’ e facciamo amicizia e ci scambiamo gli indirizzi e-mail. Quando andiamo in Australia una volta dobbiamo assolutamente andare a trovarli! Sono simpaticissimi, stanno facendo un viaggio di 2 mesi. Magari ne avessimo il tempo (e i soldi) anche noi, magari quando siamo in pensione come loro….
Al museo del sito, un po’ fuori e circa 500metri in macchina, troviamo finalmente anche cartoline! Abbiamo dato solo un’occhiata alla esposizione che era compresa nel nostro biglietto. È interessante, da non perdere è la tomba di Pakal già menzionata prima.
Come riassunto del sito di Palenque direi che è da non perdere (e conta anche per la statistica di siti patrimonio di Unesco visitati), è molto grande e ci vuole tanto tempo per vedere tutto. La mancanza di ombra e l’umidità mi hanno rovinato un po’ la visita però, quindi non lo metterei fra i siti che mi sono piaciuti di più.
Guido io fino a un distributore ad Escarcega, città che ci ricordiamo benissimo (vedi due giorni prima). Per fare benzina ci fermiamo da un altro Pemex. Devo ancora fare un prelievo siccome LonelyPlanet scrive che non c’è niente a Xpujil (informazione non più corretta). L’ATM al Pemex non funziona e capiamo poco bene le spiegazioni dell’impiegato in spagnolo. Continuiamo nella direzione indicata da lui, e ci fermiamo a un grandissimo supermercato. La teoria che in ogni supermercato si trova un ATM sembra essere corretta, faccio un prelievo e spendo tanti soldi per commissione perché l’HSBC non funziona e Banorte costa il triplo.
Per caso il supermercato era nella direzione che dovevamo andare in ogni modo. Lasciando Escarcega in direzione Xpujil la polizia ci ferma a un posto di blocco. Da dove veniamo, dove andiamo, di quale paese siamo, ormai capiamo queste domande standard e non ci meravigliamo più che possiamo andare avanti senza ulteriori controlli. Basta non essere statunitense.
Lungo la strada vediamo un cartello per il sito di “El Tigre”. Non lo segiuamo ma alcuni giorni lo trovo nel LonelyPlanet. Sembra un sito piccolino ma interessante. Un altro sito da prendere in considerazione è “Tonina”. Non ne avevo mai sentito parlare quando il giapponese che era nel nostro gruppo per Yaxchilan ha detto che ci sarebbe andato il giorno dopo. Era Tonina a far cadere Palenque. Direi che gli australiani non si annoieranno durante i loro 2 mesi in Messico! Peccato che per noi non c’era la possibilità di vederlo.
Arriviamo nel nostro albergo a Xpujil verso le 5 o 5:30. Grande sorpresa: Parlano l’inglese! In tutto lo Yucatan non ti capiscono! E poi arrivi in un paesino in mezzo del niente e parlano l’inglese! Incredibile! Già per questo ho dato 5 stelle su TripAdvisor per il MayaBalam. I ragazzi sono molto gentile, le camere non sono bellissime ma buone, e c’è tè e caffè gratuito. E parlano l’inglese!
In macchina cerchiamo un supermercato che troviamo in centro. Il centro è praticamente un incrocio con un semaforo, niente di più e niente di meno. Quando ritorniamo in albergo il ragazzo lì si è già informato dove sono le poste di Xpujil. Così facciamo un secondo giro per il centro, questa volta a piedi. Le poste di Xpujil sono praticamente un garage con scritto “Correos de Mexico”. Fiduciosamente imbuco 10 cartoline, scrivo questo testo 1 mese dopo (25 aprile) e finora è arrivata una cartolina su trenta, imbucata a Campeche….
Subito dopo andiamo a cena. Anche qui il cameriere parla il tedesco e il cibo è ottimo. Poi andiamo a letto perché domani dovremo alzarci presto!
29 marzo – CALAKMUL, BECAN, XPUHIL, CAMPECHE
Partenza alle 6:30 da Xpujil, ritorniamo la strada che avevamo già fatto ieri per 60 chilometri circa. Ci sono solo due possibilità di dormire subito al bivio per Calakmul, e nessuna delle due ci era piaciuto. Poi ci sono alcuni alberghi 8-10km fuori di Xpujil, fa comunque poca differenza. Alle 7 arriviamo al bivio per Calakmul e ci sono già impiegati a vendere biglietti per il parco nazionale. (Preparando il giro mi ero chiesta se l’orario di apertura, le 8, si riferiscono al parco o al sito stesso. Sembra di riferirsi al sito). Per due persone e una macchina paghiamo 112 pesos. Fino al chilometro venti la strada è abbastanza buona. Lì si trova un museo dove si paga un altro ingresso per continuare la strada, di nuovo 112 pesos. Gli ultimi 40 chilometri fino al sito sono pessimi. La strada è asfaltata ma ci sono tanti buchi e curve, dobbiamo andare lentamente e arriviamo al sito stesso alle 8:10. Lungo la strada vediamo tanti fagiani. Al ritorno avremmo visto una felina piccola (un tipo di volpe forse), 2 caprioli e tante farfalle. Circa 10 delle farfalle sarebbero morte alla griglia della nostra macchina, le dovevo rimuovere una per una. Purtroppo siamo stati sfortunati con le scimmie, le abbiamo sentite ma non viste.
Avevo sentito molte cose di Calakmul e le mie aspettative erano altissime, e forse per questo sono rimasta leggermente delusa. Calakmul era un impero, l’unico rivale era praticamente Tikal con cui erano spesso in guerra. Oggi il sito si trova in mezzo del niente e attorno ci dovrebbero ancora essere tante città maya da scoprire (ho visto in un documentario che un archeologo di un’università tedesca sta facendo scavi a Uxul, vicino a Calakmul, e sta anche cercando una grandissima città, finora senza successo). Non so cosa mi aspettavo esattamente, forse un giro lunghissimo per migliaia di rovine, di fronte a ogni rovina un interessante pannello di informazione che studio mentre sopra di me giocano le scimmmie. Dopo il pranzo avrei forse scoperto un edificio o una stela del quale finora non si sapeva. Sì, questa era più o meno la mia idea. La realtà è che si cammina su un sentiero ben curato per circa 1 chilometro, non c’è niente da vedere, solo verde, e almeno per noi gli animali si sono nascosti. Poi il sentiero si divide. Si può scegliere una “ruta corta”, una “ruta media” o la “ruta lunga”. La differenza delle tre rotte è al massimo 300 metri, noi abbiamo fatto la ruta lunga ma direi che basta anche quella media. Sulla ruta media per esempio si dovrebbe vedere anche un edificio che la ruta lunga tralascia.
La piazza di Calakmul è grandissima, siamo da soli con un fagiano. Pochi edifici sono scavati e possiamo solo immaginare cosa si nasconde sotto tutte queste colline artificiali. C’è anche un piccolino juego de la pelota.
Capiamo che siamo davanti alla struttura 1 solo quando la vediamo sorgere davanti a noi. È grandissima! LonelyPlanet scrive che è meno alta della 2 ma si trova su una collina quindi alla fine appiono alte uguali. Anziché di continuare a studiare la storia, ci arrampichiamo, perché amiamo il panorama dalle piriamidi. È molto faticoso. A Tikal le strutture sono leggermente più alte ma lì hanno costruito scale di legno per i visitatori. Ci piace di più la soluzione a Calakmul: Lasciare tutto così com’è. La piramide più grande del Messico è a Teotihuacan ma ha la base molto più grande, quindi sembra più bassa di quello che è. Questa struttura 1 di Calakmul mi sembrava la più alta di tutto il viaggio, e anche la più bella e la più soddisfacente. Il panorama è mozzafiato. E per i primi 5 minuti qui in alto siamo anche da soli (prima che arrivano 2 ragazze francesi). Vediamo una collina nelle vicinanze e con il binocolo capiamo che c’è già un altro turista su questa Struttura 2, scavata solo da uno dei suoi 4 lati. Da qui si vede lontanissimo. Controllo con il GPS, Tikal dista 99 chilometri da qui. Copio l’idea delle francesi di sdraiarsi qui, e Ivan mi fa una bellissima foto. Valeva la pena di venire qui solo per questa vista.
Anche la struttura 2 è alta ma meno faticosa perché ci sono dei piani in mezzo dove si può fare una pausa. Per la storia la struttura 2 è più importante ma il panorama c’è solo in 2 direzioni, il resto è coperto di alberi perché la struttura non è scavata interamente. LonelyPlanet scrive che dovremmo vedere una piramide di El Mirador da qui, e infatti, con il binocolo vediamo qualcosa di non naturale in lontananza. El Mirador sarebbe assolutamente da visitare un giorno, è raggiungibile solo con difficoltà ma dovrebbe meritare molto.
Prima di ritornare saliamo anche sulla struttura 7 da dove si può fare una foto di struttura 1 + 2 insieme. Valeva la pena di venire qui su, quasi l’avrei tralasciata perché sono sfinita! L’umidità è pazzesca.
Nonostante tutte le bellezze di Calakmul abbiamo finito il giro prima del previsto. Adesso c’è l’imbarazzo della scelta, quale sito visitare prima di andare a Chetumal? Ce ne sarebbero circa 10 che varrebbero la pena. LonelyPlanet parla molto bene di Becan, ci fidiamo e andiamo lì. Era la giusta decisione, il sito mi è piaciuto moltissimo per varie ragioni. Si poteva salire sulla piramide (anche se c’era scritto che lo apprezzano se non lo fai) e c’era una vista bellissima. Si vedevano anche i tre templi di Xpuhil, quindi la decisione quale altro sito visitare era molto facile. Un altro fattore per una bella esperienza Maya è la tranquillità. Non c’era nessuno tranne due russi e potevamo scoprire il sito come volevamo noi. Poi c’era un dettagliatissimo articolo su Becan su Wikipedia, quindi abbiamo visto più dettagli e particolarità rispetto ad altri siti Maya. Becan non è troppo piccolo e neanche troppo grande, le case sono interessanti sia per la decorazione, sia per l’architettura, molte stanze piccoli e tante scale da salire. Infatti dopo la visita avevo un po’ mal al ginocchio! Insomma, se avete un’oretta libera e passate a Becan, fermatevi, vale la pena.
Xpuhil invece non ci ha convinto. Si trova a Xpujil, non so perché il sito viene scritto diversamente. Ci sono poche strutture da vedere e i palazzi residenziali non sono troppo interessante per noi. Wikipedia dice che ci sono ulteriori rovine in tutto il paese e anche nell’area militare accanto al sito archeologico! Vediamo le tre torri che avevamo visto spuntare già da Becan, purtroppo non si può salire e credo che non c’erano nemmeno le scale. Si entrerebbe solo in una delle tre torri ma le scale mi sembrano pericolose e quindi lascio stare. Xpuhil però è un bel esempio dello stile Rio Bec, qui si capisce molto bene queste “scale decorative” che fanno praticamente da facciata delle torri. Stiamo già tornando indietro quando leggo su LonelyPlanet che ci dovrebbe essere un giaguaro sulla facciata dietro, quindi ritorniamo e facciamo una foto di questo bellissimo dettaglio.
Prima di andare a Chetumal ci fermiamo di nuovo all’hotel Maya Balam per approffittare del loro wifi. Ancora nessuna mail da Europcar, ci manca ancora il permesso per andare in Belize con la macchina nuova. Non solo che l’avevamo detto tre volte quando abbiamo cambiato la macchina, abbiamo anche contattato il servizio clienti quando eravamo a Palenque e ci avevano detto che l’avrebbero mandato “subito domani”. Oggi è già “dopodomani” e domani vogliamo attraversare il confine! (nota: Europcar Cancun ci ha spedito la mail con il permesso 2 o 3 giorni dopo, quando eravamo già in Belize).
Così l’aeroporto di Chetumal diventa la nostra prossima meta. Come Campeche l’aeroporto è piccolissimo e l’ufficio Europcar è chiuso. Un addetto alla sicurezza ci spiega come arrivare al Hotel Noor, dove sarebbe la loro seconda sede. Capiamo poco delle sue descrizioni in spagnolo e per fortuna OpenStreetMaps conosce questo Hotel Noor! Parcheggiamo lì e per la nostra sorpresa vediamo subito il cartello EuropCar! La receptionist non parla l’inglese ma ci capiamo e ci indica che dobbiamo aspettare un po’. Dopo una decina minuti arriva qualcuno con una maglietta Europcar, sembra che era a comprare panini 🙂 . Siamo sorpresi che l’impiegato sa bene cosa vogliamo (“ah si, mi è arrivata una mail alcuni giorni fa…”) e entro 5 minuti abbiamo il nostro permesso! Non ci posso credere! Non va tutto storto in Messico!
Andiamo all’albergo, il Hacienda Campestre. È un po’ fuori ma non fa niente siamo qui solo per pernottare vicino al confine con il Belize e le bellezze di Chetumal (se esistono) ci interessano poco. L’albergo ha una piscina grandissima dove ci rilassiamo un po’. È la prima volta in cinque anni di relazione che siamo insieme in una piscina! Comunque devo dire che questo albergo è il più brutto del nostro viaggio, almeno in confronto con gli altri. L’arredamento è un po’ vecchio e la reception ha poca voglia di aiutare con alcune domande (tipo dov’è una posta). Ovviamente non parlano l’inglese.
Per la cena ritorniamo al Hotel Noor perché non avevamo trovato il ristorante che Ivan aveva scelto su Tripadvisor. La cena è buona ma carissima, 180 pesos per un piatto di pesce, ad Escarcega avevamo pagato 80.
30 marzo – CONFINE BELIZE, BELIZE ZOO, SAN IGNACIO
Questo è un giorno di spostamento. Riempiamo la macchina di benzina perché in Messico costa di meno. Poi, con un po’ di preoccupazione, seguiamo le indicazioni per il confine. Presto ci troviamo a un incrocio, dritto per la “zona libre / confine” e a destra per “Belice”. Ivan si ricorda di aver letto che a uno dei due posti è più facile attraversare, ma non si ricorda quale era, quindi tentiamo la fortuna e andiamo a destra, verso il Belize.
All’uscita del Messico vogliono 306 pesos a testa per il timbro di uscita! In internet avevo letto che si paga questa cifra all’ingresso del paese e che è incluso nel biglietto dell’aereo. Per fortuna abbiamo abbastanza contanti con noi. Potrebbe essere che l’impiegato ci ha fregati ma ci sembrava affidabile (altrimenti avrebbe chiesto forse solo 300 pesos, una cifra tonda, no?). Ci ha spiegato che l’uscita è gratuita se si rimane fino ad una settimana. Infatti, quando rientriamo in Messico 2 giorni dopo, ci chiedono quanti giorni vogliamo stare, e siccome diciamo “5” non ci fanno pagare niente. Uscendo dal Messico all’aeroporto, Air France ha preso i nostri FMM card senza controllare niente. Quindi alla fine non so se era giusto pagare o no. Comunque sarebbe stato difficile di litigare con l’impiegato, parlava solo poco inglese.
Siamo felicissimi quando ci fermiamo al confine col Belize e qualcuno ci parla in inglese! Il Belize è l’unico paese dell’America centrale e sud con inglese come lingua. Erano una colonia della Gran Bretagna fino al 1981, la storia è molto interessante e ha anche a che fare con problemi con la Guatemala che sono rimasti dipendenti così lungo. Conviene leggere su Wikipedia. Da un blog avevamo stampato un articolo come attraversare il confine. Sappiamo che dobbiamo prima andare dalla fumigation area. Sul parcheggio della frontiera c’è un porter con maglietta “tips welcome” che ci saluta con “Welcome in Beliiiiiiize! I’m your porter to help you through the process!”. Ci spiega come arrivare dalla fumigazione, un edificio bianco piccolissimo che assomiglia a un distributore. Non ci sono cartelli che indicano che questo è la fumigazione. Onestamente, prima di arrivare qui dovevamo chiedere una seconda volta dove fosse 🙂 . L’uomo ce l’ha spiegato e poi ci voleva vendere un’assicurazione per guidare in Belize. Avevamo letto che conviene farlo sull’altro lato del confine quindi diciamo di no, non so se ci sono differenze di prezzo. Noi abbiamo pagato 29 belize-dollari per una settimana, costava meno che per 3 giorni. Il tizio sul lato del Messico voleva venderci un’assicurazione Atlantic, questa compania fa pubblicità ovunque in Belize quindi immagino che sono affidabili anche loro.
La fumigazione costa 6 belize dollari, si può pagare anche in us-dollari o in pesos. Per mancanza di alternative paghiamo in pesos. Adesso abbiamo tutti i documenti pronti e il porter al parcheggio lo ricontrolla: Passaporti, fumigazione, permesso di Europcar, contratto di noleggio Europcar, documenti della macchina (per la statistica: quelli mancavano nella prima macchina che ci avevano dato a Cancun, ce ne siamo accorti solo ad Escarcega quando l’abbiamo scambiata!).
La frontiera si trova in un lungo edificio. Il primo sportello ci dà il timbro con il visto, ma prima dobbiamo rispondere a tante domande: Dove andiamo, quanti giorni rimaniamo, se poi vogliamo ritornare in Messico etc etc. Questo lo fanno perché ci sono dei furbi che, quando scade il loro visto per il Messico, vanno per un giorno in Belize e poi ricevono un nuovo visto per il Messico. In internet ho letto che non sei obbligato a rispondere a tutte queste domande, ma non volevamo fare storie.
Il prossimo sportello è la dogana. Ivan come guidatore riceve sul passaporto un bellissimo timbro con i dati della nostra macchina (modello, colore, targa…). La signora controlla benissimo il permesso di Europcar, quindi meno male che l’abbiamo ricevuto ieri. Poi Ivan deve ritornare al parcheggio e io devo lasciare l’edificio sull’altro lato, attraversando il confine a piedi.
Dopo Ivan racconta che il porter voleva la sua mancia subito al parcheggio. Ci eravamo messo d’accordo di dare 50 pesos perché era stato molto utile, ma Ivan ha solo una banconota da 200. E gliela dà interamente! Per 1 ora non parlo più con lui.
Adesso ci fermiamo solo a fare l’assicurazione e poi abbiamo attraversato il confine. Ci voleva circa un’ora e sono felice che era più facile del previsto.
La strada dritta per Orange Walk, suggerita dal GPS, è pessima e piena di buchi, meglio seguire il Northern Highway che fa il detour per Corozal.
In Belize ci sono alcune geocache e quindi ci fermiamo alcune volte. Dopo Orange Walk c’è un casello di pedaggio per il ponte ma non c’è nessuno, quindi andiamo dritti. Al ritorno dovevamo pagare qualcosina però.
Ci fermiamo anche allo zoo di Belize. In cinque anni di relazione è la prima volta che vado in uno zoo con il mio ragazzo, gli dispiace vedere gli animali in gabbia. Lo zoo di Belize è diverso, LonelyPlanet lo considera un “must visit”. È facile convincere Ivan, c’è un geocache dentro lo zoo! L’ingresso è alto, 30 belize-dollari che sono 11 euro circa a testa, ma vale la pena. Da noi vedi in uno zoo i nomi latini, la provenienza, il cibo preferito etc. In Belize leggi “Hey! I’m a jaguar, and I’m very rare!” o “If you like your paws, keep them out of the exhibit”. Tutto il paese è così gentile e aperto. Gli animali sono divertenti, vediamo un giaguaro, un tapiro, scimmie, uccelli, feline di cui non ricordo il nome e molto altro ma comunque solo animali autoctoni. La geocache è nascosta fra piante e imparo molto velocemente cos’è un “razor grass”. È un erba che fa da rasoio e le mie gambe sono coperte di sangue quando usciamo dal sentiero delle piante. Per fortuna non facciamo una vacanza al mare, nei giorni seguenti mi volevo mettere dei pantaloni da trekking in ogni modo. Le ferite non fanno male ma sembra che ho appena sopravvissuto ad un massacro.
Circa alle 5, dopo alcune altre fermate per geocaching, arriviamo al hotel River Park Inn a San Ignacio. In questo paesino ci sono molti postacci e tantissimi resort cari. Noi volevamo qualcosa in mezzo, qualcosa di bello, non troppo caro e con la possibilità di lasciare la macchina mentre andiamo a Tikal. Al River Park Inn abbiamo trovato tutto quello che volevamo. Il proprietario è molto gentile ed entro 5 minuti ci organizza uno shuttle per Tikal per il giorno dopo. Perfetto.
A San Ignacio ci sono tanti supermercati cinesi, contiamo almeno cinque. Ci fermiamo in uno per caso e scopriamo che l’unica acqua disponibile è “Crystal”, un prodotto beliziano, acqua purificata, non ci piace per niente ma non abbiamo scelta. Prima di cena facciamo un’altra geocache in un giardino di una casa residenziale. La signora della casa, Wilma, è molto gentile e chiaccheriamo un po’, in inglese ovviamente. Notiamo che sono molto fieri della loro lingua ma quando sono fra di loro parlano tutti in spagnolo.
La cena al “Ko-Ox Han nah” è buona ma un po’ cara, paghiamo 35 euro circa, un importo normale in Europa ma confrontando con il Messico è molto caro. Hanno una buona scelta di rhum.
31 marzo – TIKAL
Colazione nel ampio parco della nostra pensione. Incontriamo 2 sudafricani che stanno facendo Backpacking e hanno paura che non possono rientrare in Messico per problemi con il visto. Non so quali siano i loro piani esattamente, stamattina li abbiamo visti partire velocemente coi loro zaini in spalla e due giorni dopo li abbiamo rivisti al River Park Inn, non volevano andare a Belize City?
Alle 7:30 in punto viene lo shuttle che ci porta a Tikal. 35 US-Dollari per il trasporto (solo andata) sono tanti ma lo troviamo molto più comodo che andare in taxi fino al confine, con un minibus fino a El Remate e poi con non so che cosa fino al parco nazionale. Sono solo due altri passaggeri. Ci fermiamo in un resort per prendere questi due statunitensi. La donna trova il nostro giro “amazing” e dice che è “awesome” che pernottiamo a Tikal. Non so se la donna sa qualcosa di Tikal, tipo, che era con Calakmul la città più importante del periodo classico dei Maya? O che ci sono dei stili di architettura diversi?
Dobbiamo aspettare un po’ al confine perché c’è un gruppo di National Geographic Tours davanti a noi. Intanto vado a vedere se qualcuno dei money exchangers ha banconote euro disponibili, ma niente – non possiamo aggiungere il Belize alla nostra statistica di EuroBillTracker, e anche in Guatemala non riusciremo. Abbiamo sentito che sul lato di Guatemala il cambio è migliore. Facciamo male a fidarci, in Belize ci avrebbero dato 8,5 Quetzales per ogni euro. In Guatemala vogliono darci solo 8, alla fine ci mettiamo d’accordo di ricevere 8,3. Non ha abbastanza cambio e quindi mi dà anche un US-dollaro. Adesso abbiamo 5 valute nel portafoglio: euro, US-dollari, pesos, belize-dollari e Quetzales. Faccio una foto e anche lo statunitense è eccitato di vedere banconote euro e fa tante foto.
È importante sapere a questo punto quanti soldi cambiare perché non c’è un ufficio di cambio a Tikal e non accettano carte di credito al parco. Ivan scambia 60 euro, io 50. Alla fine è bastato perché abbiamo comprato pochi souvenir e perché non ci hanno fatto pagare l’ingresso al parco per il sunrise tour.
La tassa di uscita del Belize costa 37,50 belize-dollari, quindi abbastanza caro. Per entrare in Guatemala dobbiamo pagare 20 quetzales (pago in Belize-dollari, non mi ricordo quanto era, comunque pochissimo). Questo confine mi sembra più facile di quello Messico-Belize, ma forse anche perché non abbiamo la macchina e c’è una guida che ci spiega tutto e fa tutto per noi.
Poco dopo il confine, un tratto della strada non è asfaltato. È comunque ben percorribile. La nostra amica statunitense dichiara che la strada è “crazy”, noi sorridiamo e pensiamo alla strada per Frontera Corazal.
Pochi chilometri prima di Tikal ci fermiamo in un negozio di souvenir. Ufficialmente perché “ci sono dei bagni molto puliti”, ufficiosamente immagino che le guide ricevono una provvigione se portano i turisti qui. La marmellata al caffè è molto buona ma carissima, 10 us-dollari!
Arriviamo al Tikal Inn alle 11 circa. La nostra camera ancora non è pronta ma possiamo lasciare i bagagli qui, rinfrescarci in bagno e andare al sito direttamente. Avevamo scelto il Tikal Inn perché per noi avevano il prezzo migliore, cena e colazione sono inclusi e inoltre offrono anche un sunrise tour gratuitamente. Le guardie al ingresso portano fucili. Ho letto che alcuni anni fa c’erano problemi di sicurezza a Tikal e quindi sono felice che la situazione è migliorata. Con la presente, Guatemala non è un paese sicuro, ecco perché andiamo solo a Tikal e non oltre.
Decidiamo di non seguire il tour di National Geographics e facciamo un’altra strada (secondo me più faticosa) per la piazza centrale di Tikal. Qui vediamo tempio 1 e 2, accanto a un piccolissimo juego de la pelota – sembra che la squadra di Tikal non era presente nel grande campionato 😛 . Purtroppo non è più permesso di salire sul tempio 1 e infatti lo troviamo molto ripido, è facile cadere giù. Attraverso una scalinata di legno saliamo sul tempio 2, da qui ci godiamo una bellissima vista sul tempio 1 e ovviamente facciamo tante foto! Alla nostra sinistra vediamo la prossima destinazione, l’acropolis del nord, un grande cimitero con piccoli templi. Adesso è mezzogiorno, io mi arrampico molto lentamente e soffio “non… c’é…ombra… non…. c’è… ombra…”.
L’unico peccato di Tikal è che non ci sono i cartelli d’informazione come ovunque in Messico. Noi siamo fortunati perché abbiamo LonelyPlanet Belize (con un capitolo su Tikal) e Wikipedia (dettagliatissimo anche qui), altri si devono accontentare con il segno “questo è tempio 2” oppure noleggiare una guida. Vediamo pochi turisti fai-da-te come noi e anche dei gruppi non ce ne sono tantissime (ma Tikal è anche molto grande, quindi i turisti sono sparsi).
Tikal non è interessante solo per la storia, ma anche per l’architettura, in stile Peten. I tetti sono fatti diversamente, più triangolari. I templi, come già detto, sono più ripidi, e i Tikalesi (si dice così?) avevano un prediletto per piramidi che si affacciano, in totale ce ne sono 9 gruppi. Per costruire gli edifici hanno usato pietra arenaria e quindi le rovine sono scure, quasi nere. A Dresda hanno lo stesso problema. Leggiamo su Wikipedia che i sassi provengono dalla zona. I buchi rimasti dai scavi sono stati usati come riserva per l’acqua.
E poi Tikal è anche uno zoo all’aperto. Sulla strada per il tempio IV vediamo gente che sta guardando in alto. Quindi guardiamo in alto anche noi, ci sono due scimmie ragno e un tucano. Con il binocolo vedo tutti i dettagli di questo bel uccello che chiamano anche “banana volante”.
Facciamo un detour per la mia geocache numero 2,000, sono 500 metri solo andata ma c’è l’ombra, si sta bene, non c’è nessuno e vediamo due scimmie ragno!
Anche il tempio IV si sale con una scalinata di legno, un po’ più comodo ma comunque faticoso con questa umidità. Ma la vista è mozzafiato. Vediamo la giungla per centinaia di chilometri e in mezzo vediamo spuntare i templi 1, 2, 5 e il “Mundo Perdido”.
Il nostro giro prosegue per gli altri templi e i vari gruppi che si affacciano. Ormai siamo quasi soli, i gruppi partono verso le 2 o 3 per pranzare. Al gruppo P mi morde una zanzara (mi sono data l’Autan ma non in faccia!) e Ivan mi consiglia di fare il mio testamento stasera. Non mi consola molto che per la febbre di Dengue non c’è una medicina. Infatti mi sento subito malissimo e mentre sto per morire, vedo fra i cespugli un grande porcellino d’India, un Agutis. Dimentico che muoio e faccio tante foto, ma l’animale non ha voglia di fare la modella e scappa sempre alcuni metri.
Verso le 5 lasciamo il sito, ci rilassiamo in albergo e Ivan va nella piscina. Poi andiamo a cena per mangiare pesce. C’è la corrente dalle 6 alle 10 quindi ci sbrighiamo a caricare i nostri cellulari. Finiamo la giornata sdraiati sui lettini alla piscina, guardando le stelle. In mezzo alla giungla non c’è inquinamento luminoso. Bellissimo! Andiamo a letto presto, già alle 9:30, perché ci dovremo svegliare alle 3.
1 aprile – TIKAL, XUNANTUNICH
Va bene, alla fine ci alziamo solo alle 3:30, il sunrise tour inizia alle 4. Da LonelyPlanet sappiamo già che spesso c’è la foschia la mattina e che molto probabilmente non vedremo l’alba (purtroppo LonelyPlanet avrebbe avuto ragione). Nel buio aspettiamo con altri ospiti. La guida ci dice che la notte hanno visto una grande felino nelle vicinanze dell’albergo e che è meglio fare due, tre passi indietro se vediamo un giaguaro. Camminiamo attraverso il buio, ognuno con la sua torcia (l’avevamo portata dall’Europa sapendo che ci sarebbe servita qui). Ognuno paga 100 quetzales per l’ingresso prima delle 8, in teoria dovremmo fare anche un nuovo biglietto per il giorno nuovo ma a loro basta anche il biglietto del giorno precedente. Meglio però non fidarsi di questa informazione e portare per la sicurezza abbastanza quetzales per un secondo biglietto intero, come previsto dalle linee guida del parco.
Ci fermiamo brevemente al tempio 2 dove la guida ci mostra l’acustica, poi procediamo per il tempio 4. Non fa freddo e Ivan si toglie la sua giacca, io avevo lasciato la mia in albergo. Male idea, in cima del tempio 4 fa freddissimo e Ivan non ha intenzione di riscaldarmi. Stiamo lì dalle 5:10 fino alle 6:30 circa. (alcuni, anche io, sono andati giù già un po’ prima, alle 6:10 circa). Non si vede l’alba ma è comunque bellissimo sentire la giungla svegliarsi. Le scimmie urlatrici… urlano, uno da sinistra uno da destra, e ci fanno ridere. Gli uccelli cantano, e man mano arriva la luce, permettendoci di fare belle foto. Ritornati giù seguiamo la guida che ci mostra un altro lato di Tikal: Quello biologico. Ci sono molte piante che ieri non avevamo notato. Ci mostra i loro profumi e spiega che cosa è mangiabile. Vediamo anche una scimmia, un tucano, un altro aguti e un pappagallo. Alle 8 ritorniamo in albergo. Volendo potevamo rimanere più lungo nel sito – ci mancherebbeil tempio 6 – ma non vediamo l’ora di fare colazione. Nel parcheggio del sito vediamo un gruppo di volpi che non hanno paura.
Alle 10:30 in punto arriva il nostro shuttle per San Ignacio (lo shuttle del jaguar inn parte già alle 7:30 la mattina, troppo presto). Questa volta non ci fermiamo a un negozio di souvenir, attraversiamo il confine in 5 minuti e arriviamo a San Ignacio all’una. Perfetto, così c’è tempo per vedere Xunantunich. Durante la nostra progettazione non sapevamo quando saremmo ritornati a San Ignacio e quindi avevamo prenotato una notte in più qui.
Per arrivare a Xunantunich bisogna prendere un piccolo traghetto. È talmente piccolo che bisogna salire con la macchina in diagonale, altrimenti si danneggia la macchina. Il mio ragazzo fa un po’ fatica ma sapendo la tecnica (cioè di salire in diagonale) ci riesce. Intanto mi informo quanto costa il traghetto: È gratuito ma la mancia è benvenuta. Dò 2 belize-dollari all’andata. Sembra che andava bene perché al ritorno l’uomo del traghetto ha chiacchierato con noi felicemente. Dice che siamo fortunati che siamo venuti nel pomeriggio perché la mattina vengono tutti i turisti delle crociere che fermano a Belize City. Il sito di Xunantunich è bellissimo per la vista, facciamo molte foto anche con l’aiuto del Tripod. Gli altri edifici ci sembrano poco interessanti. Da menzionare è il modernissimo visitor center che mostra la storia del sito e il progresso degli scavi. L’ingresso è salato, 10 belize-dollari, circa il doppio di siti di questa grandezza in Messico.
Ci rimane un po’ di tempo quindi decidiamo di cercare due altri geocache. Uno dei due è la grande sorpresa delle nostre vacanze. Si trova in un resort. Siamo un po’ timidi ma ci fidiamo e dopo 10 secondi c’è già un cameriere che ci aiuta nella nostra ricerca. Un tavolo del ristorante è occupato e quando riposizioniamo la scatolina loro, ovviamente, vogliono sapere cosa stiamo facendo. Spieghiamo il gioco e si interessano molto, chiedono quali geocache abbiamo già fatto in Belize. Tutti i 4 sono beliziani e una di loro aveva addirittura già sentito parlare di geocaching, sa anche dove sono 2, 3 altri cache. Alla fine ci offre addirittura un cocktail che accettiamo volentieri, e il mojito è buonissimo. Il barman ci ha poi spiegato che la signora era la padrona di questo resort. Gli impiegati qui amano il loro lavoro e sono entusiasti del loro resort, dobbiamo assolutamente andare a vedere le farfalle, ci dicono. Allora ci andiamo, tutto è bello e curato, trascorriamo qui più tempo del previsto, ma sono sempre le cose non progettate che sono le più belle.
La sera andiamo a cena al ristorante Cenaida’s. La posizione in Google Maps è interamente sbagliata e lo troviamo solo per caso. In realtà abbiamo anche litigato un po’ perché Ivan non si ricordava più il nome del ristorante, quindi non potevamo neanche chiedere a qualcuno. Ma alla fine lo troviamo direttamente in centro e mangiamo cibo buonissimo a solo 30 belize-dollari, è pochissimo e dovrebbero assolutamente alzare i prezzi, due giorni prima avevamo pagato 80 belize-dollar per una cena meno buona.
2 aprile – ALTUN HA, TULUM
Giornata di spostamento. Calcoliamo 5 ore per Chetumal (incluso il confine) e 2-3 ore per Tulum, quindi rimane poco tempo per vedere qualcosa. Per fortuna abbiamo fatto quasi tutte le geocache lungo la strada già all’andata, così dobbiamo fermarci per questo giochino solo due volte.
Purtroppo non è possibile per noi di visitare Lamanai, ci sarebbe voluto un giorno intero ad Orange Walk. Convinco Ivan di fare un corto detour per Altun Ha. Questo sito maya si trova lungo la “Old Northern Highway”, sono circa 20 chilometri, e siccome è una vecchia highway, si dovrebbe arrivarci presto, no? Ma non era così. La strada, di cui dice Lonely Planet “percorretela per capire come era Belize prima del boom turistico” è stretta e piena di buchi. Davanti a noi c’è un autobus e ci vuole un po’ più di mezz’ora per arrivare ad Altun Ha. Al parcheggio rivediamo una coppia che stava al River Park Inn a San Ignacio come noi. Loro hanno già terminato la visita, noi arriviamo più tardi perché stamattina abbiamo cambiato una gomma della macchina per la sicurezza. Non eravamo sicuri se la gomma era solo un po’ sgonfia o se c’era un buco, e con 7 ore di macchina davanti a noi non volevamo rischiare.
Altun Ha è forse il sito che mi ha deluso di più. Alle 10:30, quando siamo arrivati noi, c’erano già circa 10 autobus pieni di turisti di crociera. Dopo Calakmul e Tikal eravamo abituati ai siti tranquilli e pieni di storia. Sicuramente anche Altun Ha ha un certo valore storico, ma è più famoso perché il suo palazzo più grande è raffigurato sulla birra beliziana “Belikin”.
Per fortuna i turisti di crociera sono appena arrivati e iniziano con il blocco A, quindi noi andiamo direttamente alla piazza B per arrampicarci sul palazzo. La vista sul sito è bella e siamo addirittura da soli per 2, 3 minuti, prima che arrivinoi primi vacanzieri. Sono esterrefatta del loro comportamento. Non so quanti siti Maya hanno già visitato (forse Tulum), non so se sanno se questo è un sito Maya, Inca o Azteco (probabilmente no), ma sicuramente si interessano del panorama. Va bene, anche per noi spesso la vista è più interessante della storia, ma noi non ci siamo mai arrampicati su un altare Maya!!!!! Non so se le due signore sapevano cosa stavano facendo, non mi sono fidata a dire qualcosa.
Altri turisti non salgono sul castello ma corrono da un’ombra all’altra.
Come a Xunantunich non ci sono cartelli di informazione davanti ai palazzi quindi facciamo fatica a capire la storia, anche perché non c’è un museo sul sito e Wikipedia dice poco. Proviamo a capire le particolarità del sito da soli, adesso ci siamo fatti un po’ un occhio e notiamo che per esempio gli angoli del castello sono rotondi (come a Xunantunich).
Mentre Ivan mi aspetta giù io salgo su un palazzo del gruppo A. In Belize è molto facile perché hanno costruito scale di sassi accanto ai palazzi per i visitatori. Nonostante ciò una turista dice “oh Jesus!”. È a un altezza di tre metri circa, un sentiero buono, e mi chiedo cosa direbbe sulla piramide di Calakmul, con scala ripida e un altezza di 50 metri circa?
Un po’ delusi ritorniamo sulla strada principale. Ce ne accorgiamo che la benzina non basterà fino a Chetumal (in Messico costa di meno) e quindi ci fermiamo ad Orange Walk per poi proseguire via Corozal sul Northern Highway (la strada che taglia giù in mezzo è piena di buchi come avevamo notato due giorni fa, ma anche il Northern Highway non è buonissimo e da non paragonare con le strade in Messico). A Corozal facciamo una geocache e tralasciamo un’altra che si trova un po’ fuori del centro, io mi preoccupo della benzina e Ivan si preoccupa del tempo.
È abbastanza facile di attraversare il confine, anche se adesso non c’è nessuno ad aiutarci (nessun porter, nessuna guida). Parcheggiamo davanti all’edificio lungo del Belize. Controllano i timbri e poi ci danno il timbro di uscita, ovviamente solo dopo aver pagato i 37,50 belize dollar a testa per l’uscita. Avevamo sentito che non occorre pagarlo se si sta in Belize meno di un giorno, purtroppo non è vero, si paga sempre. Gli impiegati sono molto gentili e ci indicano dove dobbiamo andare adesso. Ci mandano attraverso un corridoio per la dogana. Qui dobbiamo restituire il foglio con i dati della macchina che ci avevano dato quando siamo entrati in Belize. Cancellano il timbro per la macchina nel passaporto di Ivan, poi dobbiamo tornare nell’edificio di prima per uscire sul lato giusto (altrimenti rientriamo in Belize e fra noi e il nostro parcheggio c’è una recinzione).
Con tutti i timbri prendiamo la macchina e attraversiamo il confine. L’uomo controlla solo che il timbro con il permesso della macchina sia cancellato e poi possiamo proseguire per il Messico. Già dopo un chilometro, dopo il cartello “MEXICO”, nessuno parla più l’inglese.
La donna ci indica dove parcheggiare e nell’edificio compiliamo il modulo della FMM card come abbiamo già fatto in aereo prima di atterrare a Cancun. Nessuno se ne frega che non scriviamo l’indirizzo dell’albergo. L’impiegato ci chiede quanti giorni stiamo in Messico (5) e siccome è meno di una settimana non dobbiamo pagare niente. Riceviamo i nostri timbri e in macchina proseguiamo alla dogana. Prendiamo la corsia verde. Alla barriera riceviamo una luce verde, quindi non dobbiamo andare alla dogana per un controllo. Adesso siamo in Messico!
Lungo la strada c’è una fumigazione con il cartello “sosta obbligatoria”. Quindi ci fermiamo e chiediamo se è necessario anche nella direzione Belize-Messico o solo vinceversa. Ci dicono che è necessario e quindi paghiamo circa 60 pesos per una fumigazione. Tutte le altre macchine passano senza fermarsi e nessuno ci chiederà mai dei documenti di fumigazione, quindi non so se ci hanno fregati o no…
Tutto il processo per attraversare il confine è durato 45 minuti circa.
Con l’aiuto di OpenStreetMaps andiamo al prossimo Pemex e facciamo il pieno. Sudo un po’ perché al primo tentativo non accetta la mia carta di credito e non abbiamo molti pesos in contanti.
Adesso la strada per Tulum è dritta e in buone condizioni. Guido io. Non facciamo un detour per una laguna o un sito Maya perché la strada è lunga e non vogliamo perdere tempo. Circa 50 chilometri prima di Tulum inizio a stancarmi e non sono più concentratissima quindi cambiamo autista e Ivan guida fino alla nostra destinazione.
Stiamo all’hotel iTour Mexico, un’oasi piena di italiani, e l’albergo è gestito da due romani. Trovarlo non è facile, la posizione era segnalata male in Google Maps e l’albergo non è inserito in OpenStreetMaps e neanche visibile sulla mappa di LonelyPlanet. Pensiamo un attimo come la gente ha fatto prima dell’avvento deglii smartphone e infatti abbiamo un’idea molto tradizionale: Ci fermiamo a io chiedo a un signore (in spagnolo ovviamente, “Donde estas…” e poi indicare la conferma di prenotazione….). Capisco solo “semaforo” della sua descrizione, e già quando vogliamo fermarci di nuovo a chiedere qualcun altro, vedo il supermercato menzionato nella descrizione come arrivare all’albergo. Contemporaneamente Ivan vede l’albergo. Siamo arrivati!
Dopo alcuni giorni nella giungla non siamo più abituati alla civilizzazione e a Tulum ce n’è tanta. La strada principale è piena di ristoranti turistici e di negozi di souvenir. Qui almeno troviamo finalmente cartoline, pago 7 pesos al pezzo, il giorno dopo le avrei viste al supermercato a 3,45 pesos…
Troviamo la geocache, incontriamo il capo del nostro albergo (che ci riconosce subito e ci dà indicazioni dove cenare. Credo che tutti i suoi ristoranti suggeriti sono gestiti da italiani…). Alla fine decidiamo di cenare in un ristorante spagnolo (La Gloria de Don Pepe) e mangiamo una Paella molto buona. Dopo cena andiamo in uno street-bar (il Batey Mojito & Guarapo Bar) gestito pure questo da italiani. Per fare il mojito spremono al momento le canne da zucchero e ne utilizzano il sugo estratto anziché il classico zucchero di canna. A Ivan il mojito è piaciuto parecchio, per me era un po’ troppo alcolico.
3 aprile – ROVINE DI TULUM, SPIAGGIA, AKUMAL, MEXICO CITY
La teoria è che ci svegliamo presto e siamo alle rovine alle 8, quando aprono, prima che arrivi la massa di turisti. In pratica arriviamo alle 8:45 perché a colazione ci sono altri ospiti italiani con cui chiacchieriamo e ci scambiamo esperienze. Loro hanno viaggiato in autobus, da Tuxtla Guerrierez fino a Cancun. Come già riportato da un turista durante la gita per Yaxchilan, anche loro hanno avuto problemi sulla strada da San Cristobal de las Casas a Palenque perché c’era una manifestazione, non so se accade più spesso o se era un problema temporaneo. Anche a noi sarebbe piaciuto l’opzione di fare la strada fino a Tuxtla Guerrierez, ma costava un supplemento di circa 800 euro per lasciare la macchina così lontano da Cancun. Spostarsi in autobus, come hanno fatto loro, è forse la possibilità migliore per muoversi meglio, ma a noi serviva la flessibilità di una macchina per fare geocaching, e anche la Ruta Puuc è difficilmente raggiungibile con mezzi pubblici.
Mentre Ivan continua la chiacchierata io vado al supermercato di fronte. Per la mia mamma voglio comprare un assortimento di chili come souvenir e non volevo attraversare il confine con il Belize con generi alimentari. Prendo alcuni habanero e altri chili, costa poco ed è un regalo originale. A Mexico City ho lasciato tutto in frigo e in aereo l’ho messo nello zaino, non ho avuto problemi e tutti i chili sono ben arrivati in Germania, dove hanno bruciato la bocca alla mia sorella. Sembra che lei abbia provato un pezzo di habanero, il chili più piccante che c’è! Io invece ho provato una ricetta di un sugo al habanero, assieme a riso e salmone era buonissimo.
Nello scaffale di salse trovo un bel assortimeno di 4 bottiglie e un cappello piccolo con scritta “viva Mexico”, ho regalato anche quello alla mia mamma, purtroppo anche queste salse erano troppo piccanti per lei ma era molto felice del regalo lo stesso. Pago 82 pesos per questo assortimento, sono circa 5 euro, in aeroporto a Cancun l’ho visto la sera a 16 US-dollari!!!
Vi consiglio moltissimo di andare al sito di Tulum a piedi o in bicicletta (erano per esempio disponibili gratuitamente al nostro albergo). Oppure andate a destra un’uscita dopo il cartello “estacionamento [parcheggio]” e trovate un posto in zona dei ristoranti. Al parcheggio ufficiale si paga 75 pesos! Sono quasi 4 euro! Anche a Chichen Itza costa solo 22 pesos. C’è un po’ una coda perché non hanno neanche cambio alla cassa. Quando capiamo il prezzo è troppo tardi di tornare indietro perché c’è la coda dietro a noi e non vogliamo neanche perdere tempo. Mi fido di dire “è muy caro”, e il signore ci dice che è perché l’ingresso al sito stesso costa poco. Secondo me questo non è una ragione, Tulum ha il prezzo standard di 59 pesos. E poi il parcheggio non è nemmeno vicino alle rovine, ci sono 700 metri da camminare. Insomma questo sito mi è antipatico già prima di entrare.
Peccato perché questo sito è in un paesaggio bellissimo. È l’unico sito maya affacciato sul mare, la spiaggia è bianca, l’erba è verde e il mare è azzurro. Le foto della nostra visita sono bellissime, ma in qualche modo la visita non mi accontenta. Ci sono pochi palazzi da vedere, c’è tanta gente (anche in flip-flop, sicuramente vanno in spiaggia dopo la visita), e non ci si può arrampicare da nessuna parte, non c’è nemmeno una bella piramide. Interessante l’edificio dove si intravedeno alcuni murales, un dettaglio che notiamo aggiungendoci per un attimo a un tour guidato.
Quando usciamo ce ne accorgiamo che eravamo fortunatissimi: Adesso alla cassa c’è una grande fila, la valanga di turisti sta arrivando. E noi che pensavamo che ci fosse già tanta gente al sito….
Abbiamo tutto il giorno per arrivare all’aeroporto di Cancun, puntiamo di essere lì alle 3
Perché abbiamo il volo alle 6 e dobbiamo anche riconsegnare la macchina. Temiamo che ci potrebbero essere problemi (tipo per la gomma che abbiamo cambiato e che non è incluso nell’assicurazione full cover).
Questa giornata è soprattutto una giornata di geocaching, ci sono molte cache da cercare, ovviamente in spiaggia si fermano anche tanti turisti geocacher che poi lasciano una scatolina. Per chi si interessa dei dettagli delle nostre avventure con geocaching potrà leggere i nostri log dettagliati direttamente sul sito web (nomi di utente: Schlauchen per me e ravestorm per il mio ragazzo), altrimenti questo racconto diventa molto più lungo di quello che è già!
A causa di geocaching andiamo quindi anche alla spiaggia, ci sono tre tesori virtuali da trovare. Questo è un altro mondo per noi e ci sentiamo come alieni, siamo interamente vestiti e io indosso un capello, la gente in spiaggia sta sdraiata in bikini o pantaloncini sui lettini, legge libri o dorme. Sono le 10 di mattina e alcuni ballano già su un piccolo palcoscenico, la musica viene dall’Austria, DJ Ötzi con “Hey Baby”. Siamo gli unici che non hanno il braccialetto colorato di un resort. No, questo non è il nostro mondo. Comunque a casa sarà una bella battuta di rispondere alla domanda “Siete anche stati in spiaggia?” con la risposta “si, per 35 minuti, 5 minuti a Rio Lagartos e 30 minuti vicino a Tulum”.
Ad Akumal c’è una geocache abbastanza bellina che ci porta nella libreria del paesino. È una bella cosa, di mattina serve come biblioteca, di pomeriggio come luogo di incontro per la comunità. I bambini hanno la possibilità di studiare l’inglese, molto importante non solo perché ci sono tanti turisti ma anche per tutta la vita, secondo me. Con l’aiuto dell’impiegata trovo anche finalmente una buca delle lettere. Da Xpuhil non ne avevo visto neanche una, e in Belize non potevo imbucare le cartoline perché avevo già messo il francobollo messicano.
Un’altra geocache ci porta a un ristorante sulla spiaggia, La Buena Vida. Qui pranziamo (il nostro primo pranzo in Messico!) e io provo la “Sopa de Lima”, la specialità del Quintana Roo, mi è piaciuta molto. Pagando il pranzo Ivan si accorge di non avere più il suo bancomat. Capiamo velocemente il perché: ieri avevamo fatto un prelievo a Tulum. Ogni ATM ti chiede poi se vuoi fare una donazione (no), poi ti dà i soldi. Poi appare la domanda “vuoi fare qualcos’altro?”. Premi “no” e puoi riprendere il tuo bancomat. Se però prendi i soldi e te ne vai è molto molto male! Praticamente possiamo però stare tranquilli: Il bancomat non è stato rubato, e rimangono pochi giorni in Messico e lui ha ancora abbastanza contanti. Per emergenze ci sono poi anche le mie carte di credito con prelievo gratuito all’estero.
Siccome ci costerebbe 3 euro al minuto di fare una chiamata, Ivan contatta una sua amica che lavora in banca su whatsapp e lei promette che farà bloccare la carta subito la mattina quando arriva in banca, e ci tranquilizza che senza il PIN il bancomat è inutile per altre persone. Comunque, per la sicurezza ritorniamo a Tulum a chiedere nel negozio dell’ATM. Sono 20 chilometri solo andata. La commessa ci spiega (in spagnolo ovviamente) che non hanno nessun bancomat ma che sicuramente sarà dentro l’ATM. Questo ci sembra una buona soluzione e ripartiamo verso Playa del Carmen.
Ci fermiamo, sempre per geocaching, a Puerto Aventuras dove ci sono i delfini. Tutto il villaggio è artificiale e per turisti, ma personalmente a me è piaciuto vedere delfini e un leone marino.
A Playa del Carmen vogliamo fermarci solo ad una geocache particolare. Così arriviamo in un labirinto di semafori e sensi unici, e poi ci rendiamo conto che sono già le 3! (e volevamo essere all’aeroporto alle 3!). Decidiamo di mollare quella cache e corriamo verso l’aeroporto. Il traffico fra Playa del Carmen e Cancun è denso e poi c’è anche un cantiere e traffico! Sudiamo parecchio e il mio ragazzo inizia addirittura a dire “mi sa che non ce la facciamo”. Io guardo la mia app di navigazione: mancano 2 chilometri all’uscita… adesso 1,9…. adesso 1,8….
Alle 4:20 circa arriviamo da Europcar. Ci guardano un po’ male che abbiamo cambiato la gomma ma la gomma vecchia sembra a posto e non dobbiamo pagare niente. Siccome avevamo l’assicurazione full cover non guardano la macchina molto attentamente, meno male perché è dovuta soffrire parecchio. C’è un graffio nella carrozzeria (quando Ivan ha cambiato la gomma) e un nuovo piccolo buco sul parabrezza. L’impiegato ci chiede se abbiamo anche imparato la lingua maya, lui la parla, noi neanche un po’, ma il nostro spagnolo (prima non esistente) è migliorato molto durante questo viaggio! Oppure io ho perso la paura di parlare una lingua che non so 😛
Con uno shuttle ci portano al terminal. C’è una coda lunghissima ma quella è per fortuna per Milano con Neon, noi voliamo Volaris e c’è poca gente. Devo solo rifare il mio bagaglio che pesa quasi 27 chili (25 sono permessi), per adesso non c’è problema perché c’è spazio sia nello zaino sia nella valigia di Ivan.
Lasciamo lo Yucatan in orario. Durante le istruzioni di sicurezza uno steward scoppia a ridere perché il suo collega lo prende in giro, ci siamo divertiti molto. Volaris è una compagnia valida e la consiglio ad ognuno. Hanno voli frequenti per Messico Città a un buon prezzo, abbiamo pagato 55€ a testa per il volo Cancun-Messico Città con appunto il bagaglio da stiva da 25kg compreso. Il volo era quasi pieno. Il cibo è solo a pagamento. Sul loro sito web offrono tanti extra, per esempio puoi pagare una certa somma (5 us dollari credo) e se il tuo volo è in ritardo ricevi 30 us-dollari. Scegliere il posto durante il web-check-in è gratuito. Ci siamo meravigliati che permettono 25 chili a bordo: Per il volo trasatlantico, Air France permette solo 23 chili!
Era una buonissima decisione di prendere un volo di sera. Messico Città è un grandissimo mare di luci. Bellissimo. Ogni aereo deve fare una curva stretta sopra alcuni grattacieli per atterrare.
Per arrivare in città ci sono le seguenti possibilità: Metrobus, Metro, taxi (solo autorizzato e prenotato dal banco in aeroporto) . Due persone del posto ci hanno consigliato di non prendere mezzi pubblici dopo le 8 o le 9 di sera. Più avanti ho sentito da qualcun altro che lui si fiderebbe della metro. Non lo so cosa sia meglio, noi per la sicurezza abbiamo accettato l’offerta del nostro host di venire a prenderci per 300 pesos. Un taxi dovrebbe costare circa uguale. La metro ovviamente costa molto in meno, 5 pesos per ogni viaggio.
Il nostro appartamento è bellissimo e moderno. Stiamo da Marco, avevamo visto la sua offerta su airbnb.it . È situato nella colonia Roma, un quartiere con tanti ristoranti e bar, e quindi sicuro anche di notte. La fermata metro più vicina, “Insurgentes”, dista circa 250 metri. Al sesto piano abbiamo una vista mozzafiato sui grattacieli. Saltiamo la cena perché non abbiamo molta fame, e andiamo a letto presto.
4 aprile – TEOTIHUACAN, BASILICA DE GUADALUPE, ZOCALO
Ci svegliamo presto. Marco è già uscito e ci ha mandato una mail spiegandoci come arrivare meglio a Teotihuacan. Lui dice che molti dei suoi ospiti sono rimasti contenti del Touribus, ci sono 2 o 3 linee di Hop-on-hop-off e anche Teotihuacan è incluso. Ma noi vogliamo anche fare geocaching lungo la strada e quindi un tour organizzato è molto scomodo. Per la gente normale credo che sia la possibilità migliore per arrivare lì :).
Devo ammettere che avevo un po’ paura di andare a Teotihuacan. Il ministero degli esteri tedesco suggerisce di non prendere autobus di linea e cercando in internet è facile trovare racconti di persone che sono state rapinate su questi autobus. Lasciamo tutte le carte di credito nella nostra stanza, non si sa mai. Con un po’ di ansia e una stampa del forum di TripAdvisor partiamo.
Non voglio assumerci nessuna responsabilità ma io direi che è abbastanza sicuro di andare a Teotihuacan in autobus. Ci sono bus frequenti, ogni 10 minuti, quindi circa 60-70 autobus al giorno. Calcolando che non c’è una rapina ogni giorno, la percentuale di probabilità di una rapina è abbastanza bassa.
Per la metro conviene farsi la “tarjeta”, cioè una tessera che si passa dal lettore all’ingresso della metro. Si può comprarla e ricaricarla a uno sportello che si trova in ogni stazione. Noi l’abbiamo comprata solo l’ultimo giorno perché Marco ci aveva dato una sua. Forse era meglio farsi una tessera propria subito: Le tessere nuove includono anche il noleggio di bici. Noi dovevamo sempre andare a piedi quando non c’era una fermata metro.
Con la metro siamo andati fino a “Autobuses del Norte” sulla linea gialla. Poi abbiamo seguito la descrizione TripAdvisor (non so se ci sono altre possibilità, credo di si): Andare a sinistra alla porta 8, comprare il biglietto per “los piramides”, andare attraverso i controlli di sicurezza, salire sull’autobus.
Alla porta 8 c’è infatti uno sportello con il disegno di una piramide, quindi compriamo il biglietto lì. Per andata e ritorno paghiamo 84 pesos a testa. L’ingresso a Teotihuacan costa 59 pesos. In totale spendiamo molto di meno dei 600-900 pesos per un tour organizzato!
Sono molto, molto, molto preoccupata, perché alle 8:20, quando il nostro autobus dovrebbe partire, si muove l’autobus accanto a noi. Sull’altro autobus c’è anche una piramide. Esco dall’autobus e chiedo di nuovo all’autista, ma lui dice che siamo sull’autobus giusto. Mi ricordo subito il pericolo di rapine e non sono per niente tranquilla. Alle 8:30 parte l’autobus e quando usciamo vedo l’autobus rispecchiarsi in una vetrina. Anche sul nostro autobus è dipinta una piramide. Meno male. E dietro a noi c’è un’altro autobus, sempre con una piramide. Comunque mi calmo interamente solo quando vedo che l’autobus gira a destra per prendere l’autostrada verso Teotihuacan.
Una cosa particolare dei mezzi pubblici a Messico Città: Qui si può comprare di tutto. In ogni autobus e in ogni carrozza della metro c’è sempre qualcuno che grida “penne, 10 pesos, penne di buonissima qualità!”. Al ritorno da Teotihuacan c’erano in vendità libri di cucina. Vi servono auricolari? Andate in metro!
Dopo un’oretta di autobus, arriviamo alla porta 1 del sito di Teotihuacan. Compriamo il biglietto per 59 pesos e ci troviamo praticamente davanti al vecchio mercato della città, con il palazzo del Quetzalcoatl, un dio a forma di un serpente piumato. Questo è il segno che non siamo più nella zona Maya, qui non c’è traccia del dio della pioggia Chaac. Notiamo che ci sono tante scolareschein giro, quindi decidiamo di sbrigarci con i templi meno importanti, vogliamo arrivare alle piramidi prima che ci siano tutti i bambini!
Me ne accorgo che ho dimenticato il cappello in albergo, molto molto male, a Teotihuacan non c’è ombra e infatti mi sono bruciata il viso, per fortuna non mi sono presa un colpo di sole.
Il tempio di Quetzalcoatl è molto interessante ma allo stesso tempo mi pare quasi interamente rifatto. Si vede bene che hanno costruito una piramide sopra l’altra, tutta la decorazione splendida si trova nello strato interno che è visitabile attraverso una scala. Sono un po’ delusa perché secondo me è rimasto poco della decorazione originale, solo ritornata a casa me ne sono resa conto che questo palazzo è forse il più fotografato del sito di Teotihuacan.
A differenza dei siti Maya, che erano tutti un po’ intrecciati, con una piazza centrale in mezzo, Teotihuacan è grandissimo e monumentale. Della zona residenziale è scavato poco, come turista si va lungo la impressionante „strada dei morti“. Già entrando al sito (sempre dalla porta 1) si vede in vicinanza la piramide della luna, l’inizio della grande strada. A Teotihuacan ci sono alcune geocache e quindi controlliamo con il GPS quanto dista la piramide: Sono 1,8 chilometri! (solo andata!) Per fortuna giriamo con scarpe comode oggi!
Lungo la strada, che è sempre dritta, ci sono alcune piazze e tantissimi templi, tutti della forma uguale e ben conservate. Teotihuacan non era mai dimenticato, gli abitanti della città sono andati via ma regolarmente sono ritornati per feste di culto lungo questa strada dei morti.
In mezzo c’è la piramide del sole, la terza piramide più alta del mondo secondo LonelyPlanet. Più grande sono solo la piramide di Giza in Egitto (ma lì non si sale) e la piramide di Puebla. Secondo me, i templi di Tikal e Calakmul sembrano più alti. Può essere perché loro hanno una base di 50x50metri circa, la piramide del sole vanta 200×200 circa. Siamo sempre circondati da scolari ma arrivati alla piramide vediamo che la nostra fretta non era necessaria: È vietato di salire ai bambini se non accompagnati dai genitori.
Gli scalini della piramide qui sono fatti molto meglio rispetto agli scalini maya, non sono così alti e si va su abbastanza bene. Il problema qui è un’altro: l’altitudine. Qui ci troviamo a 2300m s.l.m., e all’orizzonte vediamo i vulcani da 5000 metri e più. L’aria da queste parti ha molto meno ossigeno e facciamo fatica a salire. Respirando con la bocca aperta funziona meglio per me, ma comunque ci riposiamo ad ogni terrazza della piramide.
Alla penultima terrazza c’é una ragazza nell’ombra, i suoi occhi guardano stranamente in su e sembra che sia svenuta. Una donna si prende già cura di lei e noi offriamo la nostra acqua. Purtroppo non mi intendo di primo soccorso, qui sarebbe stato molto utile. Per fortuna la ragazza si riprende presto, bevendo acqua e riposandosi. L’altra donna è una guida e le tranquillizza dicendo che succede a „muy, muy, muy, muy“, cioè „molto, molti, molti“. Ci credo subito. L’italiana che avevamo incontrato a Tulum ha detto che a metà salita è scesa.
La vista da sopra la piramide è bella ma ci sono delle recinzioni che disturbano un po’ i nostri tentativi di fare una bella foto. Si riesce meglio dalla piramide della luna con la piramide del sole sullo sfondo.
Tranne i tantissimi bambini in giro ci sono solo pochi turisti e non vediamo neanche dei gruppi. I visitatori ci sembrano per lo più messicani.
Poi scendiamo e, cercando una geocache lungo la strada, andiamo verso la piramide della luna. Al momento della nostra visita si poteva salire solo fino alla prima terrazza ma questo è bastato per fare belle foto. Qui non c’è l’umidità come nello Yucatan e quindi i capelli sono anche a posto 🙂 . Onestamente della storia della piramide della luna me ne ricordo poco.
Accanto alla piramide visitiamo una casa dove sono rimasti dei dipinti, poi mangiamo un gelato e ritorniamo verso la porta , facendo alcuni altri geocache.
Sulla strada visitiamo anche il museo del sito, bellina la ricostruzione di Teotihuacan con la (vera) piramide del sole dietro, visibile attraverso una grande finestra. Usciti dal museo ci ferma un gruppo di scolari di circa 11, 12 anni. La loro insegnante ci spiega che è un corso di inglese e che devono intervistare dei turisti. Dopo la nostra esperienza in Yucatan, dove dovevamo inventarci lo spagnolo per farci capire, non possiamo che essere d’accordo che i bambini devono imparare bene la lingua inglese. Così accettiamo volentieri. Due delle bambine parlano l’inglese davvero molto bene e aiuta anche la loro insegnante, che spiega a loro da dove veniamo. Le domande sulla storia di Teotihuacan (sempre in inglese), che noi come turisti dobbiamo rispondere, sono abbastanza difficili e non sappiamo tutto, ma l’importante è la conversazione, ci tranquillizza l’insegnante 😀 .
Gli autobus di ritorno partirebbero dalla porta 2 , non lo sapevamo e quindi siamo tornati 1,8km fino alla porta 1. L’autobus ferma anche lì (per fortuna!), incontriamo una francese molto gentile che ha lo stesso biglietto come noi (e lei non ha per niente paura che l’autobus non arriva). Io invece mi sono preoccupata un po’ perché non c’era un segno di una fermata, c’era solo un giardiniere che diceva che l’autobus si ferma pure qui).
Infatti, dopo solo 5 minuti arriva un autobus, sono sicura che era di un’altra compagnia rispetto all’andata, ma l’autista ci ha fatto salire senza problemi. Questo autobus è molto più moderno.
Come riassunto della nostra visita a Teotihuacan direi che il sito UNESCO vale sicuramente una visita, le dimensioni sono enormi, ma per bellezza mi piacevano di più i piccoli siti maya in mezzo alla giungla verde. Per la storia del sito devo ancora approfondire, so che avevano scambi commerciali con Tikal e mi piacerebbe capire meglio come si sono influiti a vicenda.
Sull’autobus di ritorno c’è anche una coppia che canta una bellissima canzone di amore con la chitarra, sfortunatamente non mi ricordo il testo per cercarla su youtube, qualcosa con “corazon” (cuore). Ivan vuole dormire e dice che “rompono”, a me invece piace e come quasi tutti gli altri passaggeri dò una piccola mancia.
Con l’aiuto di OpenStreetMaps capiamo dove siamo e così sappiamo anche dove scendere per andare in metro alla Basilica de Guadalupe (1 fermata solo). Questa chiesa è la piu grande dell’America latina e meta di pellegrinaggi. Non la possiamo perdere visto che abbiamo già visitato Fatima, Knocks e San Pietro a Roma. Inoltre questa chiesa è inclusa anche nelle visite guidate per Teotihuacan, loro vengono qui la mattina.
La basilica è moderna e nuova. Direttamente accanto c’è la basilica vecchia, notevolmente in pendenza come molti edifici storici a Messico Città. Facciamo un giro per la piazza e poi ritorniamo per la metro. Purtroppo mi ricordo male dove andare e quindi facciamo una strada troppo lunga. Nonostante ciò sono solo le 4:30 e c’è ancora tempo per vedere qualcos’altro. Decidiamo di andare al Zocalo, la piazza principale di Messico Città.
Ci sono alcune geocache in centro, quindi ci spostiamo da una all’altra, in grosso modo dal Zocalo, lungo la via Madero fino al Palazzo de las Bellas Artes, da dove prendiamo il metro per ritornare in albergo. Viene buio più tardi che in Yucatan, forse è addirittura mezz’ora. Avevamo sentito che è pericoloso girare in centro città dopo il tramonto, ma sul posto capiamo che i messicani si svegliano solo alle 6 e che c’è tanta vita anche dopo le 6:30. Comunque un amico ci ha detto che è meglio non essere sullo Zocalo dopo le 9, quando la polizia si ritira.
Ma ritorniamo allo Zocalo. Quando c’eravamo noi c’era una dimostrazione e la piazza era recintata. Abbiamo visto il Templo Mayor, distrutto dagli spagnoli. Eravamo lì alle 5:30 circa e il sito chiude alle 5, ma a noi è bastato vederlo da fuori. LonelyPlanet ci spiega un po’ la storia di questo sito dove gli archeologi hanno già fatto scoperte importanti e dove sperano ancora di trovare la prima tomba di un re azteco. Il sito fu scoperto solo per caso e dopo hanno deciso di togliere alcuni edifici per permettere scavi più larghi. Chissà che cosa si nasconde ancora sotto il centro storico.
La cattedrale è bella ma un po’ troppo dorata per i miei gusti. Da fuori mi piace di più. Purtroppo non abbiamo tempo di salire su una delle torri e quindi non guardiamo neanche quanto costa o fino a quando sono aperti.
Per un attimo si alza il vento e quindi facciamo delle foto della bandiera messicana più grande del paese, che si trova in mezzo alla piazza.
Purtroppo il Palacio Nacional è già chiuso e neanche nei giorni seguenti c’era la possibilità per noi di vedere le Murales di Diego Riviera, una cosa che ci consiglia molto il LonelyPlanet.
La Via Madero è una zona dedicata allo shopping, purtroppo non c’è tempo per questo. La strada è piena di gente. Ci fermiamo a una chiesa de la Profesa dove è successo qualcosa di molto importante, adesso non mi ricordo… credo che era qui dove hanno dichiarato l’indipendenza del Messico. Per la decorazione la chiesa non mi ispira molto, ma devo anche ammettere che non mi intendo di arte.
Avendo già visitato Lisbona però ci piace molto la Casa de los Azulejos, alla fine della strada, e a pochi passi della Torre Latinamericana. Il Palacio de las bellas Artes è molto bello da fuori e anche se è chiuso si vede che deve essere splendido anche all’interno, le scale per esempio sono di marmo. Il palazzo è già un metro più basso rispetto al livello della strada, ma non è storto. Questi sono i problemi che sorgono quando uno va a costruire una città sopra un lago.
L’architetto di questo palazzo, così come quello del Palazzo postale, è l’italiano Adamo Boari. Questo è molto interessante per il mio ragazzo, lui viene dal paese in cui è nato Adamo Boari. È da sempre che beve il suo caffè nel bar del suo paese in Piazza Adamo Boari e finalmente può vedere due dei capolavori di Boari costruiti durante la sua permanenza in Messico. Facciamo tante foto e ci dirigiamo verso il Palazzo Postale. Sono passate le 7 la sera e le poste sono ancora aperte! Questo mi sta molto comodo perché mi mancano 4 francobolli. L’impiegata mi dà francobolli che mostrano Tulum, perfetto perché anche le cartoline mostrano la spiaggia e le rovine di Tulum! Questi francobolli sono molto più belli di quelli comprati in un negozio di souvenir ad Uxmal. Qui troviamo anche finalmente una buca delle lettere. C’è solo una cosa che è più difficile dell’impresa di trovare una buca delle lettere: trovare francobolli.
Parlando del sistema postale devo dire che finora (1 mese dopo le vacanze) è arrivata solo una cartolina su 30. Questa era la cartolina per i miei colleghi, imbucata a Campeche il giorno 25 marzo, timbrata il 27 marzo, arrivata il 25 aprile circa.
Anche il palazzo postale è molto bello, le scale così come gli sportelli.
Per cena giriamo nella Colonia Roma attorno al nostro appartamento. Vediamo tanti bar e adesso anche tante buche delle lettere (ad ogni incrocio ce n’è una!), ma tutti i ristoranti sono chiusi. Alla fine troviamo un ristorante a solo 100 metri dal nostro appartamento, “La Tecla”. È la cena più cara di tutto il viaggio ma prendiamo anche tre portate a testa. Il menù suona molto creativo e il prezzemolo fritto come antipasto è buonissimo! Purtroppo il piatto principale, tonno per me, mi piace poco e ho anche un po’ freddo perché le finestre sono aperte. Comunque è un ristorante valido.
Di fronte c’è un bar e si sente la musica, ma era una giornata lunga, quindi voglio tornare in albergo senza fare party.
5 aprile – PARCO DE CHAPULTEPEC, MUSEO DI ANTROPOLOGIA, GEOCACHING EVENT
Oggi è una giornata di geocaching. Una persona normale avrebbe forse visitato il Museo di Antropologia la mattina e il museo Frida Kahlo il pomeriggio, noi invece dobbiamo fare un po’ diversamente. Ieri, tardi la sera, è uscita una nuova geocache e speriamo di essere i primi a trovarla. Così ci dirigiamo direttamente verso la seconda parte del Parco de Chapultepec. Qui al solito non passano i turisti e anche le geocache vengono trovate raramente. È un po’ difficile arrivare qui dalla fermata metro perché in mezzo ci sono 2, 3 grandi strade e bisogna cercarsi i ponti pedonali. Dopo circa 15 minuti arriviamo a un bel laghetto. Sembra che presto la mattina c’era una gara di jogging, c’è ancora tanta gente ma adesso, alle 9 la mattina, è già terminato tutto.
Purtroppo non siamo i primi a trovare la geocache nuova, un messicano pazzo è venuto a mezzanotte. Un po’ delusi, ma felici di aver visto la seconda parte del parco, ce ne andiamo verso il Museo di Antropologia. Secondo il GPS dista 1,6km ma dalla mappa sembra più veloce di andare a piedi lì anziché ritornare alla metro. La passeggiata ci conduce attraverso il Parco, c’è ombra e quindi si sta bene, e nella prima parte del parco ci sono anche gli scoiattoli. C’è molta gente in giro, tanti vanno allo zoo. Davanti al museo c’è una bella statua di ali, qui facciamo una bellissima foto che adesso è la mia foto di profilo su facebook. Sembro un angelo!
È meglio sapere già in anticipo cosa uno vuole vedere al Museo di Antropologia perché è grandissimo! All’inizio vediamo una mostra che dà un’introduzione all’antropologia e all’evoluzione dell’uomo, fatto carino ma niente di nuovo. Sul piano superiore c’è una sezione per ogni popolo del paese e vengono mostrati costumi, vestiti, oggetti della casa etc. . Questa sezione ci interessa poco, vogliamo vedere i Maya! Dobbiamo chiedere dove si trova la “casa maya” e infatti è direttamente all’ingresso a sinistra. La mostra inizia dai primi siti Maya e chiude con Mayapan, un sito che era ancora abitato quando sono arrivati gli spagnoli. Anche qui c’è una copia della tomba di Pakal di Palenque, dove sarà l’originale? Sono esposti anche vasi e ceramica, personalmente io sono rimasta un po’ delusa perché vedi tanti vasi senza spiegazione, senza cartello che indica la provenienza etc. . La mostra sui Maya dà una buona introduzione al tema, mostrando un po’ tutto, ma non mi sembra molto approfondito e non sono uscita con il sentimento di sapere più di quanto sapevo già prima. Forse questa opinione è un po’ troppo negativa, forse perché avevo mal alla spalla (borsa troppo pesante) o perché ho capito poco della mostra (tanti testi solo in spagnolo)?
Dietro la casa c’è un giardino a tema, mi piace perché sono esposti i vari stili di architettura (riconosco subito lo stile del Rio Bec!) e c’è una copia del tempio di Bonampak, famoso per i suoi affreschi. Noi abbiamo visto anche l’originale 🙂
Dopo una breve pausa passeggiamo anche attraverso la esposizone su Oaxaca e su Messico Città, tanto per avere un’idea, ad Oaxaca per esempio non ci eravamo stati. A giudicare dalla mostra c’è tantissimo da vedere anche lì. Nella mostra su Messico Città vediamo il grande calendario azteco. Non ho capito come funziona ma fa un bello sfondo per una foto.
Siamo stati in questo museo per due ore e non abbiamo quasi visto niente! Se uno si interessa dei vari popoli e vuole approfondire, può stare qui anche due giorni.
A piedi camminiamo verso la fermata metro “Auditorio”. Ci dobbiamo sbrigare perché l’incontro di geocaching inizia alle due. Arriviamo con 10 minuti di ritardo alla pizzeria e nonostante ciò non siamo gli ultimi, anzi! C’è solo l’organizzatore e un ragazzo tedesco. I messicani arrivano man mano, alcuni con mezz’ora, alcuni con un’ora di ritardo. Sembra che non sia comune di scusarsi e che questi ritardi siano normali. È bello conoscere la gente del posto e anche i loro abitudini e la vita quotidiana. Verso le 3:30 ordiniamo finalmente il pranzo ma solo perché io ho fame, forse loro aspettavano anche un altro po’. Hanno anche dei ritmi diversi.
Chiacchiero un po’ con il ragazzo tedesco che abita a Messico Città da mezz’anno, studia lo spagnolo all’università. Ci racconta che fra due settimane ritorna a casa in Germania, voleva stare qui per sempre ma l’altitudine e la sporcizia della città gli fanno tribolare: Di recente era ammalato per un mese. Conosciamo anche Karen e Pablo che si sono sposati solo una settimana fa. Sono gentilissimi e parlano molto bene l’inglese.
Dopo il pranzo facciamo un altro giro per lo Zocalo con Roberto, il geocacher che ha organizzato l’incontro. Gli chiedo cosa pensano i messicani di Massimiliano d’Absburgo, il re del Messico mandato da Napoleone che i messicani non volevano mai avere. Sulla wikipedia tedesca si legge che Massimiliano era sfortunato, che ha costruito il Paseo de la Reforma e che ha amato il Messico, e comunque è stato ucciso. I messicani lo pensano un po’ diversamente. Roberto ci racconta che lo ricordano come il re mai voluto, ma invece adorano molto la sua moglie Carlotta del Belgio, che avrebbe fatto costruire il Paseo de la Reforma. Forse la verità sta da qualche parte in mezzo. Così, verso la fine del nostro viaggio, ci informiamo anche sulla storia recente, che sicuramente non è meno interessante di quella dei maya.
Poi Roberto ci fa notare i tre modelli della città nella stazione metro del Zocalo. Ieri non ci avevamo fatto caso: Il primo modello mostra Tenochtitlan, ovvero Messico Città prima del arrivo degli spagnoli. Gli altri due modelli mostrano Messico Città dopo gli spagnoli, e Messico Città nel 19esimo secolo, se mi ricordo bene.
Siccome siamo ancora pieni del…erm… pranzo…. (che è durato fino alle 5 del pomeriggio), saltiamo la cena e cerchiamo un bel bar per bere un cocktail. Ieri avevamo cercato disperatamente un ristorante e invece abbiamo trovato tanti bar, oggi troviamo tanti ristoranti ma nessun cocktail bar che ci ispira. Alla fine andiamo in un wine bar molto simpatico (El Pecado de Noe), il cameriere parla l’inglese, Ivan beve una birra e io un vino con frutta, un piccolo cocktail insomma. È una bella ultima serata.
6 aprile – CASTELLO E PARCO DI CHAPULTEPEC, RITORNO A CASA
Oggi è la prima domenica di aprile e quindi il Messico introduce l’orario estivo, una settimana dopo l’Europa. Ivan mi vuole svegliare alla solita ora (alle 6… quindi alle 5 secondo l’orario vecchio), ma alla fine dormiamo almeno fino alle 7. Camminiamo in direzione Paseo de la Reforma dove vorremmo fare due geocache. Sulla strada ci fermiamo spontaneamente e facciamo colazione in uno Starbucks.
Il Paseo de la Reforma è pieno di vita, hanno chiuso la strada per macchine e c’è tanta gente in bicicletta e a piedi. Già da lontano si vede il Castello di Chapultepec, come voluto da Massimiliano d’Asburgo. Siamo stati a Trieste per Natale e dopo aver visto Miramare, la residenza di Massimiliano prima della sua partenza, non possiamo partire da Messico Città senza aver visto anche la sua seconda casa.
Oggi il castello ospita il Museo Nazionale di Storia nella prima parte, nella seconda parte si vedono alcune stanze di Massimiliano e Carlotta e i residenti che hanno abitato qui più tardi. Il museo è fatto molto bello, è moderno e sicuramente si impara molto sulla rivoluzione e la storia recente del Messico ma…. tutte le spiegazioni sono solo in spagnolo! Non lo capisco, i residenti dovrebbero già conoscere la storia, no? Sono i turisti per cui la mostra è più interessante. Parlando l’italiano ci si fa almeno un’idea del testo ma non posso dire di intendermi di più sulla storia del Messico dopo la visita a questo museo. Per fortuna avevo letto già a casa il capitolo sulla storia nel LonelyPlanet. Anche il romanzo “Emilia” un’autrice messicana mi ha insegnato molto sulla storia, anche se il libro non era bellissimo e ho fatto fatica a finirlo.
All’uscita della prima parte del museo rivediamo la francese che era con noi sull’autobus da Teotihuacan a Messico Città l’altro giorno. È una grande coincidenza siccome Messico Città ha oltre 20 milioni di abitanti, ma dall’altro canto, i posti per turisti sono sempre gli stessi.
Le stanze di Massimiliano e Carlotta mi piacciono molto, i tappeti e le tende sono gli stessi come a Miramare in Italia! Dalla terrazza c’è una bella vista per il Paseo de la Reforma.
Dopo la visita al castello facciamo un giro per il parco, soprattutto per geocaching. A una fontana giochiamo un po’ con gli scoiattoli. Non hanno per niente paura, Ivan si diverte a prenderli in giro fingendo di avere qualcosa di mangiare per loro. Gli animali non sono stupidi e se ne accorgono presto che le arachidi sono vuote! Comunque riesco a fare tante belle foto di scoiattoli in piedi.
È così arriva l’ora di ritornare in albergo. Andiamo a piedi, sono 1,5km circa, in mezzo della strada ci sono alberi e una pista ciclabile, quindi si sta molto bene. Peccato che non abbiamo la tessera per noleggiare una bici, qui sarebbe stato utilissimo. Ho già menzionato che la EcoBici dovrebbe essere inclusa nella nuova cartina per la metro, noi avevamo una cartina vecchia dal nostro ospite.
Ci facciamo la doccia e studiamo un’ultima volta come è meglio andare all’aeroporto. Potremmo prendere la metro e fare uno scalo, ma tutti ci hanno detto che è più comodo prendere il metrobus, forse perché la metro può essere piena. Ci sono due linee metrobus dirette per l’aeroporto, sono nuovissime e non menzionato nella edizione 13 di LonelyPlanet. Queste linee dirette per l’aeroporto costano un po’ di più: 30 pesos anziché i soliti 5. Forse era più comodo per noi prendere la rotta sud, ma vogliamo andare sul sicuro e prendere il metrobus da Hidalgo. Siamo stati qui ieri sera e quindi ci intendiamo e sappiamo da dove parte la linea. Anche con una valigia pesante funziona molto bene: Andiamo a piedi fino alla metro ad Insurgentes, ci facciamo la propria tessera, paghiamo 5 pesos a testa per la metro e poi 30 a testa per il metrobus. È un po’ scomodo di passare l’ingresso della metro con la valigia ma ci riusciamo. Per prendere la metro ad Insurgentes dobbiamo andare giù le scale, e cambiando a Balderas dobbiamo andare giù ancora. Per uscire dalla fermata Hidalgo invece basta salire una piccola scala, perfetto! Poi basta aspettare pochi minuti e già siamo sul metrobus per l’aeroporto.
Al baggage drop off, Air France fa un po’ di storie per il mio soprapeso, sono a 26 chili anziché a 23. Rimuovo la LonelyPlanet Messico (1kg) e l’ombrello. Adesso la valigia pesa 25 chili, sembra che adesso vada bene (che differenza c’è?). La ragazza mi dice che è meglio rimettere l’ombrello nella valigia. Alla fine la valigia pesa di nuovo quasi 26 chili ma sono fortunata e non devo pagare il supplemento.
Siamo arrivati all’aeroporto presto, quindi cerchiamo un’ultima geocache (che purtroppo non troviamo), ceniamo con Tacos, cerchiamo il migliore cambio per ricambiare gli ultimi pesos in euro, e Ivan sceglie un profumo nel duty free. E poi eccoci al boarding, un volo notturno che parte alle 9. Io ho un po’ paura del jet lag (il giorno dopo avrei dovuto lavorare!) quindi non guardo i film ma dormo. Dopo un po’ più di 10 ore ci saluta la torre di Eiffel a Parigi. Una bellissima vacanza è quasi finita. Ivan deve sbrigarsi per prendere il suo volo per Bologna, io trascorro 3 ore a Parigi e dopo parto per Norimberga anche io.
Una settimana dopo ho visto in TV un reportage su un archeologo tedesco che fa gli scavi in Messico. Ho comprato subito uno dei suoi libri, e appena finito di scrivere questo racconto, inizierò a studiare meglio la storia dei Maya. Ci sono ancora centinaia di siti Maya da vedere. Ci vediamo ad El Mirador!
Per chiudere questo racconto lunghissimo, qui un resoconto:
Top 10 siti maya da visitare (in ordine alfabetico, la mia opinione personale): Becan, Calakmul, Chichen Itza, Ek Balam, Mayapan, Sayil, Tikal, Uxmal, Xunantunich, Yaxchilan
Questa invece è l’opinione personale del mio ragazzo: Becan, Calakmul, Chichen Itza, Ek Balam, Kabah, Mayapan, Palenque, Tikal, Uxmal, Yaxchilan
– Cose che avrei incluso in un viaggio più lungo: 1 giorno più con i siti del Rio Bec, Cenote Kankirixche, Puebla, San Cristobal de las Casas, Caracol (Belize), forse mezza giornata di più a Campeche, visita del museo Frida Kahlo a Messico Città
– Cose che avrei incluso in un viaggio moooolto più lungo: Piedras Negras, El Mirador
– Cose che tralascerei facendo il viaggio una seconda volta: non saprei… forse Altun Ha….
Consigli per guidare: segno “Poblado proximo” -> aspettatevi dei Topes; tattica per sorpassare: a) sui highway si può sorpassare quando uno vuole, nel raro caso che una macchina viene incontro si cercherà una strada (attenzione ironia!), b) si sorpassa benissimo sui Topes, una macchina a sinistra una macchina a destra, e poi si vede quale macchina accelera meglio!; segni di velocità: Ci sembravano spesso ridicoli (40 kmh su un’autostrada per protezione pipistrelli?) e non c’erano mai controlli di velocità.
I “vostri” semafori si trovano di fronte a voi sull’altro lato dell’incrocio, non alla vostra destra e/o sinistra come in Europa. Ci pareva che sia sempre permesso di andare a destra, anche con il semaforo rosso, ma non voglio dare alcuna garanzia!
Consigli per attraversare il confine con il Belize con la macchina a noleggio: Cercate un noleggio che lo permette (vedi racconto del 30 marzo), accertatevi di avere il permesso scritto dell’autonoleggio!
Consigli salute: Si legge molto della diarrea del viaggiatore. Devo dire che noi siamo stati fortunatissimi e tranne 1, 2 scariche liquide non avevamo nulla di grave, bevendo anche bevande con ghiaccio. Abbiamo sempre evitato il cibo di strada e tranne a Merida, in un albergo che ci sembrava affidabile, non abbiamo mangiato la frutta. Direi che era fortuna che non abbiamo avuto problemi. Devo però aggiungere che circa 1 settimana dopo il rientro a casa ho avuto una diarrea forte di più giorni, e per circa una settimana stavo male bevendo il latte… non so che batterio potrebbe essere stato.
Consigli lingua: L’inglese non fa mai male e in Città del Messico è anche utile, in Yucatan ci sono pochi che lo capiscono (nelle zone del mare è meglio che nelle zone rurali), ma siccome l’italiano è simile allo spagnolo non abbiamo avuto problemi di farci capire.
Consigli soldi: Per Belize e Guatemala sono utilissimi gli US-Dollar, gli euro non li vuole nessuno. In Belize prendono la carta di credito ovunque. In Messico si può prelevare sia con bancomat (non ovunque ma quasi) sia con la carta di credito. Le banche locali fanno pagare una commissione. Da HSBC sembra più basso (22 pesos), abbiamo anche visto ATM che volevano 68 pesos….
Consigli sicurezza: Noi, per fortuna, non abbiamo avuto problemi, e per esempio a Messico Città hanno lavorato molto sulla sicurezza negli ultimi anni. Comunque ci vuole, diciamo, il buon senso. Per la sicurezza abbiamo avuto solo i soldi e carte necessarie con noi, per il giro a Teotihuacan avevamo lasciato addirittura le carte di credito in albergo. Poi non fa mai male avere tutti i numeri di telefono con se per bloccare le carte.
Ringrazio di nuovo tutti gli utenti che ci hanno aiutato, sia con i loro racconti sia con messaggi privati, ad organizzare il nostro viaggio. Ovviamente anche io sono disponibilissima ad aiutare su qualsiasi domanda o dubbio che avete, o almeno ci proverò 🙂 .