Su quel ramo del lago di Como c’è un castello infestato dai fantasmi, ma difficilmente ti faranno paura

Quel ramo del lago di Como, che volge a mezzogiorno, tra due catene non interrotte di monti, tutto a seni e a golfi è forse uno degli incipit più celebri e amati della letteratura italiana. Un inizio col botto, con cui Alessandro Manzoni mette subito in chiaro la bellezza e fissa le coordinate dell’ambiente che farà da cornice a quello che, per antonomasia, è il suo più noto e sentito ritratto dell’Italia di un’epoca: I Promessi Sposi. Quel ramo, che si snoda lungo la sponda orientale del lago di Como, è il braccio di Lecco, un dedalo di vicoli boscosi, di scorci che tolgono il fiato, di alture panoramiche e paesini che sfiorano le acque comasche. Renzo, Don Abbondio, Lucia, Don Rodrigo, Azzecca-garbugli, perfino la Provvidenza – il vero “motore” e “guinzaglio” del romanzo –, tanto cara a Manzoni, tutti prendono vita e carattere in quella Lombardia di inizio 1600 che, dal cassetto delle sue meraviglie, elegge gli scenari lecchesi, Milano e Monza come solide basi narrative e panoramiche. Fra i vari luoghi che passano in rassegna nei Promessi Sposi, la maggior parte dei quali senza nome, non c’è però quello che oggi è considerato la “punta di diamante” della sponda lecchese del Lario, un luogo di fantasmi di pietra e insuperabili panorami. E che, da solo, vale la pena del viaggio.
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La vedetta del Lago di Como
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La sua originale e, soprattutto, i suoi singolari inquilini, fanno di questa antica fortificazione medievale un luogo che rispetta a pieno titolo tutti i must have del periodo storico a cui risale. All’appello, infatti, non mancano né la merlatura né tantomeno la cinta muraria e il ponte levatoio. La storia di questo gioiello dell’architettura, pacificamente condiviso dai comuni di Perledo e Varenna, si perde nella notte dei tempi, anche se siamo abbastanza sicuri che la sua costruzione si possa far risalire ai secoli XII e XIII. È il periodo cosiddetto “comunale”, in cui, oltre che per ostentazione del potere locale, la necessità di costruire baluardi come quello in oggetto aveva un fondamento chiaro e preciso: avvistamento e difesa dagli attacchi nemici, in questo caso specifico, abbastanza facilitati dalla naturale morfologia del lago di Como. Qui, il passato medievale e comunale non si esaurisce in un’esperienza turistica, anzi, tutto il contrario; i giardini, i percorsi sotterranei, la torre di vedetta con scale e ballatoi in legno, dalla quale, se un tempo si monitoravano le scorrerie, oggi ci si può rilassare godendo di una terrazza sul lago e sulle Prealpi Lombarde. È indubbio, il clima e la location descritte sarebbero già abbastanza per garantire un biglietto di sola andata nell’Età di mezzo, eppure, a mo’ di ciliegina sulla torta, intervengono i rapaci a chiudere il cerchio. Sì, avete capito bene, un vero e proprio centro di falconeria, la nobile e antica arte amata dagli Arabi, praticata da gran parte delle casate occidentali, e a cui Federico II di Svevia, lo “Stupor Mundi”, dedicò un trattato nel 1260; oltre a scattare fotografie, è possibile, in alcuni giorni, godere della presenza del falconiere, e, dunque, dell’addestramento e del volo di questi splendidi esemplari. Un castello speciale, insomma, e, tuttavia, non abbiamo ancora accennato ai suoi speciali e simpatici inquilini.
I fantasmi che proteggono il castello più bello sul lago
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La presenza di ospiti spettrali, seduti, sdraiati, o distratti dal panorama mozzafiato che si ammira dal castello di Vezio, è perfettamente in linea con quello che abbiamo cercato di spiegare finora; non c’è infatti una motivazione, né tantomeno una tradizione, che giustifica la presenza dei tanti fantasmi sparpagliati sulle merlature, sul muretto della terrazza, o ai bordi delle mura difensive. Semplicemente, facendo parte dell’immaginario collettivo – in particolare legato ai castelli medievali –, queste statue a grandezza naturale rappresentano quel quid in più, quell’esclusiva che nessun altro luogo ha; in altre parole, una garanzia per un’esperienza quanto più unica e suggestiva. Va da sé che, piuttosto che disturbare o turbare i visitatori (almeno fino a quando non cala la notte!), i fantasmi sembrano tener loro compagnia, incoraggiandoli, inoltre, per la curiosità di scovarne altri, a visitare ogni anfratto del Castello. Se proprio vogliamo trovare un legame fra questi spiritelli e la roccaforte di Vezio, potremmo parlare della regina Teodolinda – fra le principali promotrici della conversione dei Longobardi al cattolicesimo –, colei che, con ogni probabilità, intorno alla seconda metà del VI secolo, ordinò la prima costruzione del sito in questione. Si vocifera, infatti, che sia proprio lo spirito della regina longobarda ad aggirarsi fra gli angoli e i saliscendi del castello di Vezio; questo giustificherebbe – se proprio è necessario trovare una motivazione – la presenza di fantasmi in relax sparsi qua e là, ovunque, dai punti panoramici del giardino ai bordi delle alte mura, quasi a sfiorare e a confondersi, per via del colore bianco latte, con le nuvole. Nessun pericolo dunque, gli spettri possono tenere compagnia ed essere più cordiali di alcuni esseri umani, e, per quanto riguarda lo spirito di Teodolinda, a meno che non sia notte fonda, non ci sarà proprio modo di incontrarlo!
Informazioni utili per la visita
Il castello di Vezio è aperto tutti i giorni con orario 10-17 (fino alle 18 il sabato e la domenica). Il biglietto d’ingresso, che costa 7 euro, è acquistabile in loco o, ancor più comodamente, su Getyourguide. Per arrivare a destinazione da sud, provenendo da Lecco, si prende la SS36 fino all’uscita di Bonzeno, poi SP72 per Lido di Varenna e si sale fino a Vezio. Chi si muove con i mezzi pubblici può prendere il treno, scendere alla stazione di Varenna Esino e da qui proseguire a piedi o in autobus fino a destinazione.