L’abbazia millenaria da scoprire alle porte di Roma a settembre

Un vero simbolo della cultura greco-bizantina che ancora dopo mille anni costituisce un fenomenale ponte tra Oriente e Occidente e parla di storie antiche, ma straordinariamente attuali
Francesco De Luca, 17 Set 2025
l'abbazia millenaria da scoprire alle porte di roma a settembre

Da queste parti il suo nome è simbolo di eleganza ambita e ricercata, di quella villeggiatura che da sempre caratterizza zone vocate all’accoglienza turistica e a un modo di intendere la vita rilassato, immersi nelle migliaia di ettari di boschi, prati e giardini che la rendono un perfetto polmone verde alle porte della Capitale. Ci si arriva percorrendo le antiche strade tracciate dai Romani migliaia di anni fa e che, salvo qualche piccolo aggiornamento, seguono gli stessi tracciati dei tempi dell’impero. Soprattutto, però, a catturare l’attenzione di un visitatore che vuole andare oltre i soliti luoghi è la presenza di una millenaria abbazia, la cui storia e particolarità anche nell’ambito della Chiesa cattolica ne fanno un luogo unico nel suo genere tanto in Italia quanto nel resto del mondo. Una “gemma di periferia”, potremmo dirla, che forse a molti è sfuggita, ma che proprio per questo merita di essere approfondita.

Dalla Calabria a Roma: la storia di un monaco diverso da tutti gli altri

abbazia di grottaferrata

Tutto parte più di mille anni fa da Rossano, un paese che dista qualche chilometro dalla costa ionica, e in cui, oltre al protagonista del nostro articolo, San Nilo, si contano numerosi punti d’interesse nazionale: il Codice Purpureo, già oggetto di un altro articolo; l’Abbazia di Santa Maria del Patire; la liquirizia. Nilo, in origine Nicola, nasce agli inizi del X secolo nella Calabria bizantina – a quel tempo popolata da numerosi monasteri, ad oggi scomparsi –, e aderisce al monachesimo basiliano; oltre all’attività di amanuense, vive l’esperienza da eremita nelle zone interne del Pollino, fra Calabria e Basilicata. Dopo quasi mezzo secolo di viaggi spirituali e peregrinazioni nel sud Italia, sarà durante un pellegrinaggio a Roma, compiuto insieme ad alcuni discepoli, che Nilo deciderà di fondare un monastero appena fuori dalla città, nello stesso luogo dove morirà nell’anno 1004, quindi esattamente 1021 anni fa. Quel monastero, un’abbazia in realtà, esiste ancora oggi ed è un mondo in cui la spiritualità greco-bizantina si è mantenuta viva ed è sopravvissuta allo scorrere del tempo. La biblioteca, che conserva numerosi codici in lingua greca databili fra il X e l’XIX secolo, parte dei quali di carattere musicale, fondamentali per la conoscenza della musica e dei canti bizantini; l’architettura e la presenza dell’iconostasi, struttura tipica delle chiese ortodosse, che consiste in una parete divisoria fra la navata e il presbiterio – l’area in cui viene officiata la messa –, decorata con molte icone su fondo dorato. Ma, soprattutto, ad esser stato gelosamente conservato è il rito greco-bizantino, che in Italia si è mantenuto anche grazie alla comunità arbereshe, presente sul territorio nazionale a partire dal XV secolo. Differiscono dal rito latino in particolare i sacramenti – laddove battesimo, comunione e cresima vengono impartiti insieme –, e le decorazioni della chiesa, dagli affreschi sulle pareti – con storie dei santi e della vita di Cristo –, alla presenza dell’iconostasi e delle relative icone mariane.

Perché quest’abbazia è così speciale

L’Abbazia territoriale di Santa Maria di Grottaferrata, che tutti chiamano, con semplicità, l’Abbazia di San Nilo, ha una caratteristica che la rende unica: è, a tutti gli effetti, l’ultimo dei monasteri bizantini rimasti in Italia. La Chiesa bizantina cattolica, nonostante il rito diverso da quello comunemente in uso nelle nostre parrocchie, appartiene ed è in comunione con la Chiesa cristiano cattolica di Papa Leone XIV, e insieme all’abbazia che si trova alle porte di Roma, ha altre due suddivisioni ecclesiastiche: l’eparchia di Lungro in Calabria, che, oltre a quest’ultima, comprende Abruzzo, Puglia e Basilicata e l’eparchia di Piana degli Albanesi in Sicilia.

L’origine curiosa del nome di questo borgo

grottaferrata

Sono state una grotta e del ferro a dare il nome al comune elegante dei Castelli Romani? Più o meno; ad ogni modo, questa è l’ipotesi più realistica ed accattivante. Il nome deriverebbe da “crypta ferrata”, un ambiente sotterraneo, che costituì il primo insediamento dei discepoli di Nilo da Rossano quando questi arrivarono dalla Calabria alle pendici del monte Tuscolo. E, molto probabilmente, furono proprio gli allora Conti di Tuscolo – una delle più importanti famiglie baronali romane dell’epoca –, a concedere a Nilo e ai monaci uno spazio in cui risiedere, una cripta, per l’appunto, o comunque uno spazio ristretto, dotato di una grata in ferro. Da qui crypta ferrata, più tardi divenuto Grottaferrata. Comune elegante, ricco di locali dove gustare la cucina locale, decisamente residenziale e particolarmente apprezzato dai romani che si concedono ‘na gita a li Castelli, come nel famoso stornello.



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