La leggenda delle formiche giganti e i panorami sul Tirreno: in Calabria c’è un vero borgo del mistero

Un giro in Calabria e si arriva, salendo, a Cirella vecchia: una ex città ora composta da ruderi, da storia che parla di sé, visitiamola insieme. L’antico nome di Cirella di cui ora ci sono solo i resti era Cerillae, che risale al Medioevo e la cui forma fa pensare ai centri abitati costruiti in Calabria dai Bizantini o Normanni, che al tempo erano in questi luoghi tirrenici e di cui troviamo traccia anche a Scalea ed Amantea, ma ne parleremo in altra occasione.
Cirella era un importante luogo organizzativo calabro ai tempi dell’allora Papa Martino I e nonostante fosse una buona colonia della Magna Grecia, sembra che gli abitanti fecero il loro ingresso in città solo verso il nono secolo, che spinti dalle incursioni saracene andavano alla ricerca di un luogo di difficile attacco. Il promontorio del Monte Carpinoso fu l’ideale per rifugiarsi e vivere in pace, fino all’arrivo di altri predatori e saccheggiatori turchi e ottomani, tra cui anche il “nostro” Uccialì.
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La leggenda delle formiche giganti
Si sa che spesso le storie si confondono con alcune leggende e proprio qui a Cirella sembra esistere davvero una strana leggenda, ma questa volta collegata ad alcune malattie che hanno colpito la città intera. Se si racconta che a metà del ‘600 tra pestilenze e terremoti il feudo calabrese conobbe la sua caduta e rovina, sembra invece che alcune milizie inviate da Napoleone assediarono Cirella per stabilirsi nell’allora residenza dei duchi Catalano-Gonzaga; fin qui si potrebbe dire essere la normalità, ma non proprio, anche se all’epoca erano questi i fatti. Gli abitanti del luogo travisarono questa invasione, raccontando una storia che divenne poi una leggenda che narra di un’occupazione e di un grande attacco da parte di formiche giganti che divorarono tutti i cittadini.
Se la leggenda è tale, Cirella non fu davvero invasa e divorata da formiche giganti, ma fu rasa al suolo da un bombardamento della marina britannica che dal mare prese di mira l’avamposto francese distruggendo ogni cosa, compresa la torre, uccidendo tutti gli abitanti presenti al momento. Dopo quella distruzione, alcuni abitanti sopravvissuti radunarono le loro cose e decisero di ricostruire le abitazioni più in basso, lungo la costa tirrenica e non più sul promontorio; utilizzarono le ultime costruzioni rimaste in piedi come cave di pietra per le nuove ricostruzioni e, come spesso accade, alcuni vandali depredarono i resti.
Cosa vedere a Cirella
Nonostante Cirella sia una ex città, si riconosce subito la sua imponenza dal castello che dall’alto dominava tutto il paesaggio, anzi dai resti del castello che ora sono visibili; era in realtà un castello nato nel periodo angioino e contornato da mura che ne permisero l’ampliamento anche da parte dell’allora principe Carafa nel XVIII secolo. Altra cosa che rimane è la chiesa dell’Annunziata che, seppur più piccola, mostra ancora un altare al suo interno e alcuni banchi per chi volesse raccogliersi in preghiera una volta arrivato lassù. La chiesa di San Nicola Magno, la più antica e un tempo custode di numerosi affreschi, invece non esiste più: gli addetti hanno trasportato e sistemato questi affreschi nella nuova chiesa di Santa Maria de’ Flores, situata nella città ricostruita lungo la costa.
Il teatro dei Ruderi sorge poco distante dalla chiesa e subito dopo il Monastero dei Minimi. In realtà però non è un rudere. La sua costruzione, realizzata nel rispetto dello stile greco, risale a un’epoca più recente, precisamente alla fine del secolo scorso.
Il Monastero dei Minimi di San Francesco
Questo edificio è posto più in alto dei ruderi di Cirella ed ha una storia che risale al tempo di San Francesco, è una bella storia che la tradizione racconta. Il Santo apparve a Francesco da Paola durante la costruzione di un oratorio per chiedere di allargare le misure di quanto fosse in via di realizzazione. Sembra addirittura che il Santo disegnò proprio le tracce in terra di come avrebbe voluto venisse costruito il tutto. Naturalmente, Francesco da Paola non poté non attenersi alle indicazioni ricevute e così ordinò di costruire, dopo di lui anche i Minimi, i monaci, fecero altrettanto.
Questa costruzione della metà del Cinquecento durò per vari secoli finché le amministrazioni locali, recentemente, decisero di riportare in vita la struttura abbandonata nell’Ottocento con la trasformazione in un luogo dedicato allo studio e ai seminari sull’ambiente e la gastronomia calabra. Nonostante il tempo trascorso c’è da riconoscere la solidità del tutto; i muri perimetrali sono ancora integri e affacciandosi dal piano superiore, dove alloggiavano i monaci, si può godere di un panorama spettacolare che comunque non ha nulla da invidiare ai numerosi affreschi ancora ben visibili.