Bellinzona, essenza di tradizione

Si prova, ogni volta che si attraversa un confine, una sensazione mista tra l’eccitazione e lo smarrimento. Come recita il vecchio adagio, del resto, sai quello che lasci ma non sai quello che trovi. Eppure, ad attraversare il confine che separa Como da Chiasso, e l’Italia dalla Svizzera, i sentimenti che in origine possono sembrare contrastanti lasciano man mano spazio a una inesorabile tranquillità. Quella, ad esempio, di ritrovarsi in un’isola linguistica dove, al netto di certe inflessioni dialettali, la comunicazione è facilitata dal comune uso della lingua italiana. La più italiana delle svizzere, la terra del Canton Ticino del resto vive nella sua indipendenza elvetica, ma è legata al nostro Paese da un fil rouge di storia, natura, di ambiente e tradizioni, laiche e religiose, che ne rendono la visita più facile e agevole per chi all’esterofilia predilige un certo conservatorismo del turismo intra moenia. Quale che sia il profilo del viaggiatore, però, una cosa è certa: Bellinzona è una città che si lascia scoprire con facilità e amare con velocità. Una sintesi antica di ciò che siamo stati e siamo, come italofoni e come essere umani, circondata da un tessuto vasto ed eterogeneo, che vale la pena scoprire per gradi.
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Arrivare è un po’ come partire
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Centro storico di Bellinzona, sullo sfondo Viale Stazione. Foto di Jan Geerk
Partendo da Milano, la distanza che separa il capoluogo lombardo a quello ticinese è di circa un’ora e mezza. L’abbiamo visto: si lascia l’Italia poco dopo Como e, nel giro di qualche minuto, ci si ritrova sospesi sull’acqua. Quella del lago di Lugano, e più precisamente sul ponte-diga di Melide. è una delle tante opere infrastrutturali e ingegneristiche di una terra unica nel suo genere, dove lo sviluppo non soverchia ma accompagna l’ambiente. Un po’ come la galleria di base del Monte Ceneri, l’ultimo avamposto prima dell’arrivo a Bellinzona, la cui stazione coincide con un punto di arrivo geografico, ma anche storico. Fu infatti l’arrivo della ferrovia, nel 1874, a rendere sempre più vicini i cantoni di lingua tedesca a quello di lingua italiana, decretando un nuovo periodo di profondo sviluppo sociale, turistico, ma anche e soprattutto urbanistico. Ce ne accorgiamo percorrendo Viale Stazione, elegante e alberata promenade nata tra il 1873 e il 1875 e su cui spicca, tra gli altri, il Palazzo Resinelli, dimora d’altri tempi i cui rilievi e decori sono un invito a scoprire come una città di provincia abbia abbracciato una dimensione decisamente più internazionale. Poco dopo, uno stacco evidente della pavimentazione ci ricorda che, un tempo, Bellinzona era una città murata, ma non è facile dimenticarselo: i suoi tre castelli, che definiscono insieme a quanto rimane delle mura l’alveo della struttura difensiva medievale, sono visibili e visitabili. E ci raccontano una storia lunga più di 7000 anni, che coincide in massima parte con le fortificazioni della città.
Tre è il numero perfetto
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Castello di Sasso Corbaro. Foto di Jan Geerk
Uri, Svitto e Untervaldo. I tre cantoni che hanno dato vita al nucleo fondativo della Confederazione Svizzera sono nomi che si apprendono a scuola. L’ABC degli svizzeri lo si ritrova, in una forma diversa, alzando lo sguardo verso le tre fortificazioni che, sin dal Medioevo, hanno segnato una cesura nella piana alluvionale del Ticino che circonda Bellinzona, in una città che si è erta nel ruolo difensivo e di avallo tra l’Italia e le terre germanofone del paese. Qui, insomma, ci si doveva passare per forza, e chi avesse voluto farlo con la forza avrebbe trovato sul suo cammino Uri, Svitto e Untervaldo, ovvero Castel Grande, Montebello e Sasso Corbaro. I nomi italiani dei tre castelli-fortificazioni che ancora fanno bella mostra di sé, risalgono al periodo visconteo e sottolineano una certa continuità storico-linguistica tra quest’angolo della Svizzera e la presenza sul territorio della signoria milanese. Per comprendere Bellinzona, non si può non passare da Castel Grande: è qui che nasce, in epoca neolitica, il primo abitato della zona. Sollevata rispetto al lungofiume, è una zona strategica e protetta dalla natura: lo sanno i Romani, lo sanno i Merovingi che narrano già nel 590 d.C. la capacità militare di Bilitionem, lo scopre Federico Barbarossa e lo confermano i Visconti, signori di Milano, che fanno di Castel Grande, di Montebello, di Sasso Corbaro e della Murata un complesso militare fenomenale, fatto di doppie file di mura che, ridiscendendo dal colle verso il basso, segna un percorso militare per il passato e turistico-culturale per il presente.
La vera fruibilità di questo complesso la si deve però al progetto di recupero funzionale di Aurelio Galfetti, che diresse i lavori di restauro, durati ben 10 anni (1981-1991). Oggi, visitare il complesso, che ospita una collezione museale, due ristoranti (tra cui l’elegante Grotto San Michele, dove gustare specialità della cucina ticinese circondati dalle antiche mura in pietra) e un moderno ascensore per l’ascesa in “vetta”, è un’esperienza tanto facile quanto raccomandabile, a cui si sottopongono volontariamente anche gli studenti e i cittadini locali, che qui trovano un salotto con vista, da cui ammirare tutta Bellinzona dall’alto. Nati rispettivamente nel 1310 e nel 1479, Montebello e Sasso Corbaro completano quel sistema difensivo che ha portato la città nel novero dei Patrimoni dell’Umanità UNESCO, oggi fruibile attraverso una serie di percorsi turistici facilmente affrontabili e, ancora nel caso di Sasso Corbaro, con la presenza di un ulteriore ristorante in cui il dialogo tra cucina locale e attenzione alla fruibilità dei luoghi costituiscono un vero esperimento riuscito.
Centro storico, centro d’incontro
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Piazza Collegiata. Foto di Jan Geerk
Piazza del Sole è forse il luogo che più di altri racconta la capacità di Bellinzona, soprattutto nell’ultimo secolo, di trasformarsi mantenendo fede alla sua storia millenaria ma dando nuovi luoghi e ambiti di aggregazione ai cittadini e ai turisti. Ai piedi della roccia millenaria di Castel Grande, dove una grande arena a disposizione del pubblico nasconde un parcheggio multipiano che ha rivoluzionato la fruibilità del centro cittadino, si apre uno spazio di comunità dedicato agli eventi, alla quotidianità e a tutti coloro che vogliono ritrovarsi nel salotto buono della città ticinese. Da qui si apre Codeborgo, la strada di negozi e luoghi di ritrovo che conduce verso piazza della Collegiata, su cui svetta la collegiata dei Santi Pietro, Paolo e Stefano. Di epoca rinascimentale, benché al suo interno le decorazioni murarie e artistiche richiamano un certo gusto del rococò mitteleuropeo, è una sorta di terrazza urbana da cui si può ammirare l’evoluzione della città, stilistica e urbanistica. Lo sguardo spazia così, soprattutto in occasione del Mercato Cittadino del sabato mattina, su una comunità che si ritrova, dialoga, si incontra e vive la dimensione più comunitaria di una cittadina che, dopo l’aggregazione dei comuni circostanti avvenuta nel 2017, è passata da 18 mila a 48 mila abitanti. Il tutto, mantenendo fede ai suoi ritmi. L’aperitivo in piazza della Collegiata, la passeggiata lungo piazza Nosetto (dove insiste l’edificio del Municipio), la scoperta di alcuni dettagli di particolare interesse come la Galleria dei Benedettini fanno dello struscio un’esperienza che coniuga shopping, divertimento, legame con la tradizione. Proprio quest’ultima è degna di nota: collegamento tra Viale Stazione e Via Codeborgo, l’antica chiesa cinquecentesca venne acquistata e sconsacrata nel 1896, svuotata e demolita salvo alcuni elementi, che oggi costituiscono il trait d’union tra le due direttrici della Bellinzona vecchia e nuova, in un interessante progetto architettonico che, come vedremo a breve, è la cifra media della profondissima attenzione dei bellinzonesi all’arte e al bello.
L’arte che diventa polo di aggregazione
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Museo Villa dei Cedri. Foto di Sabrina Montiglia
Antica dimora di pregio prima, patrimonio pubblico poi. Villa dei Cedri, benché la sua origine si faccia risalire circa all’Ottocento, deve il suo specifico aspetto a un architetto di Milano, Mario Antoniazzi che, chiamato in loco dall’allora proprietario Arrigo Stoffel, consegnò a quest’angolo della zona di Ravecchia un luogo destinato a divenire di proprietà della città tutta. L’acquisizione della villa, operata dal comune di Bellinzona nel 1978 e la sua successiva trasformazione in galleria d’arte (la denominazione oggi in uso è Museo Villa dei Cedri), restituisce al visitatore un luogo che non è cristallizzato nella memoria storica, per alcuni forse inaccessibile ove addirittura “noiosa”, ma è un angolo della città che vive in funzione dell’arte, della natura e persino della viticoltura, trovandosi qui uno spazio coltivato a uve che rappresenta la volontà di unire più elementi (quello artistico, l’ambientale e il culturale) in un unico polo di aggregazione. E così, se gli interni sono spesso destinati a mostre ed esposizioni di particolare importanza (come quella che fino al 25 gennaio 2026 accompagna il visitatore nella conoscenza delle opere e del linguaggio di El Lissitsky), tutt’intorno si estende una rilevante oasi urbana, aperta a chi vuole immergersi nel verde, respirare la calma e ascoltare il silenzio di questo luogo, circondato da alberi centenari e piante che, man mano e seguendo dei progetti di rigenerazione, rivitalizzazione e resilienza, ci parlano di una natura che cambia, ma senza indietreggiare o peggio ancora, arrendersi agli effetti del climate change.
Non solo cioccolata: l’esperienza gastronomica della Svizzera Italiana
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Il Mercato Cittadino del Sabato. Foto di Jan Geerk
A onor del vero, di motivi che ci fanno amare la Svizzera ce ne sarebbero molti: dall’invenzione del World Wide Web a quella della chiusura a zip, dal pelapatate al campione tennistico Roger Federer, sono davvero numerosi gli ambiti in cui la creatività elvetica ha cambiato in meglio le nostre vite. Ma che vita sarebbe senza un momento di dolcezza?
Dolce, si sa, fa rima con cioccolata. E alle porte di Bellinzona, nella zona industriale di Giubiasco, il complesso produttivo di Chocolat Stella, uno dei soli 16 produttori di cioccolato di tutto il Paese. Qui, ogni giorno, si producono dai 5 agli 8000 chili di cioccolato, realizzati seguendo un disciplinare rigoroso, attento ma in un ambiente che coniuga sapientemente professionalità, eccellenza e atmosfera familiare.
Questo è solo uno dei tanti elementi di una enogastronomia, quella della Svizzera Italiana, che si caratterizza per una certa continuità con i sapori che potremmo trovare navigando tra i menù delle nostre regioni settentrionali. Terra di funghi, di castagne, di selvaggina e con un’attenzione (particolarmente gustosa) alla panificazione, Bellinzona emerge non solo come capitale politica del Ticino, ma anche come una destinazione del gusto, grazie a una serie di appuntamenti che fanno la felicità dei gourmand. A iniziare dal Mercato Cittadino del sabato che, snodandosi tra piazze e strade del centro storico, offre la possibilità di acquistare salumi, formaggi, frutta e verdura, ma anche polenta preparata sul momento, dolci della tradizione e non solo, in un affresco multiforme di tutto ciò che di buono questo territorio ha da proporre. La Rassegna d’autunno e mercato dei formaggi è poi un paradiso per gli amanti di questo prodotto: dai vari angoli del Ticino, gli artigiani “scendono a valle” portando con sé il frutto di un lavoro attento, di ricette antiche, di tradizioni e sapori consolidati intorno ai quali la comunità non si ritrova solo per acquistare, ma in una sorta di rito collettivo di incontro, socialità e dialogo che è forse una delle più belle immagini che Bellinzona restituisce a chi la scopre per la prima volta: il mercato come luogo in cui la città vive, passeggia insieme, proprio come trovarsi a casa, anche oltre il confine, e dove brindare all’insegna dello stare insieme. Facendolo, poi, rigorosamente con i vini ticinesi, una eccellenza “in miniatura” che, potendo contare su numeri ridotti per territorio e quantità prodotta, ha scelto di specializzarsi nella sperimentazione, nel recupero di varietà autoctone e non solo. E così, Merlot e Sauvignac si affastellano nelle enoteche, i profumi dell’autunno emergono in referenze bianche e rosse di particolare pregio e si scopre che Bellinzona è un luogo diVino, in tutti i sensi.
Una città vicina all’Italia, inconfondibilmente svizzera, ideale per trascorrere un fine settimana alternativo e che tocca le corde del cuore, una meta che emana una essenza di tradizione, che parla e si esprime a misura d’uomo e che sicuramente non lascia indifferenti. Un luogo dell’anima, che rivive nelle sue più alte declinazioni, pur rimanendo profondamente umile e piacevolmente accessibile.
Per saperne di più su Bellinzona e sul suo territorio, è possibile consultare il sito bellinzonaevalli.ch.