Giordania, gusto e bellezza

Il Triangolo d'Oro in cinque giorni
Scritto da: soffioneleone
giordania, gusto e bellezza
Partenza il: 02/11/2013
Ritorno il: 08/11/2013
Viaggiatori: cinque
Spesa: 1000 €
Istanbul. Aeroporto Ataturk. Tre di noi sono appena atterrati da Londra, altri due da Milano. Un’inglese, un australiano, una colombiana e due italiane, tutti tra i 25 e i 35 anni. Stiamo aspettando la coincidenza per Aqaba, quando Ibrahim, uno degli organizzatori del viaggio, ci da il benvenuto.

Il volo notturno di Turkish Airlines passa in fretta, tra ottimo cibo, l’emozione e l’immancabile stanchezza.

PRIMO GIORNO

Atterriamo ad Aqaba nel cuore della notte, e incontriamo Basil, il nostro driver, che a tutta velocità ci porta all’albergo attraverso le vie della città che dorme. Arriviamo all’hotel Jardaneh nel centro storico della città e ci addormentiamo poco dopo la seconda preghiera della mattina. Ci svegliamo dopo 3 ore scarse, ma Abed, Nancy e Salaam, le nostre straordinarie guide, ci fanno dimenticare in fretta il sonno con una delle migliori colazioni di sempre: pastries giordane, saccottini di pasta ripieni di spinaci e sumac, formaggio e za’atar, e patate. Passiamo la prima giornata sulla spiaggia del Berenice Beach Club.

Aqaba è un paradiso delle immersioni, con una barriera corallina non ancora rovinata dal turismo di massa di molte altre località del Mar Rosso. Sott’acqua corallo e creature marine, anemoni e pesci variopinti. Sopra, il panorama della città che giace sul confine di quattro paesi: a destra Israele ed Egitto, a sinistra Arabia Saudita, alle spalle la Giordania.

Passiamo la giornata tra snorkelling e scuba diving, concludendo con una birra mentre il sole tramonta nel Mar Rosso.

Per cena, Abed ci porta in uno dei suoi ristoranti preferiti, Al-Mohandes. “Lasciate fare a me”, ci rassicura, e nel giro di pochi minuti il tavolo è colmo di falafel, shawarma di pollo, cremosissimo hummus e klayeh, il piatto preferito di Abed, una versione giordana del ragù insaporito con limone e il gusto acidulo del sumac.

Abed ci porta a fare due passi sul lungomare. Fa ancora caldo e la brezza della sera porta con sé profumi di mare e di spezie, e l’aroma fruttato dei narghilè, che Abed chiama scherzosamente Hubbly-Bubbly. Concludiamo la serata con un narghilè al limone e menta e una tazza di tè. Non stiamo più nella pelle: domani si va nel deserto.

SECONDO GIORNO

Ci svegliamo con un ottimo caffè. In Giordania alla miscela viene aggiunto del cardamomo, il sapore è leggero e speziato. Ci mettiamo subito in viaggio verso Nord, l’autobus si ferma davanti a un cartello con scritto STOP, sovrastato da uno con un treno a vapore. Effettivamente dopo pochi metri, la strada è tagliata da dei binari, dove un autentico treno a vapore è pronto per partire. Il trenino viaggia lungo uno degli ultimi tratti della Hijaz Railway, la ferrovia di costruzione ottomana che nei giorni d’oro dell’impero collegava Damasco a Mecca e Medina. Prendiamo posto nella carrozza panoramica, e presto siamo in moto. Attraversiamo il deserto dalla sabbia color mattone, punteggiato da cespugli spinosi, dirigendoci verso la vallata di Wadi Rum, appena visibile all’orizzonte.

All’improvviso, sentiamo uno sparo. Il treno si ferma, uomini a cavallo e a dorso di cammello si avvicinano, salgono, prendono prigionieri due di noi. I passeggeri diventano attori: si tratta di una rievocazione storica della Rivolta Araba, alla quale partecipò anche il leggendario Lawrence d’Arabia.

Scesi dal treno, una jeep ci porta attraverso il deserto di Wadi Rum, tappa di Lawrence d’Arabia e uno dei posti più belli in cui siamo mai stati. Petroglifi millenari adornano le rocce di arenaria del monte Rum, canyon si alternano a montagne colorate, a dune di sabbia. Scaliamo una montagna e la vista è mozzafiato. Le rocce formano archi e ponti naturali, i colori cambiano con la luce del sole, da marrone ad arancione, da rosso fuoco a viola intenso.

Una volta arrivati al campo esploriamo la zona intorno a noi, un po’ a piedi e un po’ a dorso di cammello, guardiamo il tramonto, mangiamo, balliamo con i beduini e ci addormentiamo con le stelle negli occhi.

TERZO GIORNO

Sveglia alle 5, guidiamo nel deserto illuminato dall’alba e ci dirigiamo verso Shobak. Un castello di pietra dorata del tempo dei crociati, sulla cima di una collina, che domina le valli circostanti. Visitiamo la fortezza che ha ospitato mercanti e pellegrini, le mura di cinta, la piccola chiesa vecchia di duemila anni racchiusa nel ventre del castello.

Salaam e Nancy hanno organizzato un pranzo per noi presso una famiglia nel villaggio di Shobak. Nel cortile la tavola è pronta; Khalifa sta preparando mansaf, il piatto nazionale giordano, uno stufato di agnello cotto nello yogurt. Mentre passeggiavo per il giardino, sono distratta dalla vista mozzafiato sul castello di Shobak, non vedo uno scalino e faccio un ruzzolone. Sul piede presto appare un bernoccolo viola e dolorante. Khalifa lascia il mansaf nelle mani di sua figlia, mi prende tra le braccia e mi guida verso il divano. Si prende cura di me come se fosse la mia mamma, massaggiandomi e rifiutandosi di mangiare per tenere il ghiaccio fermo sul piede.

Gli altri sono preoccupati. Abed ci mostra come mangiare il mansaf per sdrammatizzare, formando delle palline di riso e agnello con le mani. Grazie alle cure di Khalifa il piede presto migliora. Ero terrorizzata, pensavo di dover tornare ad Aqaba e perdere la visita del gioiello della Giordania. Pericolo scampato, ci rimettiamo in viaggio.

QUARTO GIORNO

Emozionati, cerchiamo di arrivare il prima possibile per vedere una delle sette meraviglie del mondo con la luce del mattino.

Petra è immensa. Ci incamminiamo attraverso il Siq, lo stretto canyon che guida i viaggiatori verso la capitale dei Nabatei. La nostra guida ci dice di prepararci, spesso le cose più belle sono nascoste dove non te lo aspetti. Petra è una di queste, camminiamo per più di cinque ore, esplorando la perla nascosta nel deserto. Oltre al Tesoro c’è molto da visitare. Saliamo anche per gli 800 gradini che portano al Monastero, tra bancarelle di souvenir e famiglie beduine che pranzano ai lati del sentiero. Un ragazzo dagli occhi dipinti mi dà una mano, la salita è lunga e il piede mi fa ancora male dopo la caduta di ieri.

Torniamo in città per la cena al ristorante Al-Qantarah dove gustiamo il maqluba, una specialità di riso e pollo speziato. Maqluba vuol dire sottosopra, e la pietanza viene servita in un pentolone di terracotta capovolto. Ci riposiamo al Tetra Tree hotel prima di avventurarci nuovamente nel sito archeologico per goderci lo spettacolo di Petra by night. Assolutamente imperdibile, il sito illuminato solamente da candele, conserva un’atmosfera che rimane impressa nella memoria.

QUINTO GIORNO

Ci rimettiamo in viaggio verso Aqaba, dove tutto è iniziato. Il panorama lungo la strada è straordinario. Arrivati ad Aqaba visitiamo la zona del porto, dove tra gli Hotel a cinque stelle e i cantieri riusciamo a passare qualche minuto in una spiaggia pubblica affascinante. Dopo una veloce visita alla moschea passiamo il pomeriggio al Suq, per poi concludere la vacanza con una cena al Captain’s Restaurant a base del piatto tipico di Aqaba, sayadieh, pesce e riso con una salsa di cipolle speciale. Per finire in dolcezza, andiamo ad Anabtawi Sweets, che offre una selezione di dolci tipici niente male. Concludiamo il nostro viaggio con una porzione di knafeh, la versione levantina del cheesecake, pasta fillo e ripieno di formaggio fresco caldo profumato ai fiori d’arancio.



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