The last frontier… Alaska

Alaska on the road. Tutto fai da te
Scritto da: ale74
the last frontier... alaska
Partenza il: 27/06/2011
Ritorno il: 11/07/2011
Viaggiatori: 2
Spesa: 3000 €
Gli amanti delle grandi città, dello shopping, del mare e del sole scelgano altre destinazioni. Chi invece ama la natura, la montagna, la guida in libertà e non si preoccupa di un cielo spesso grigio non può fare a meno di pensare all’Alaska, l’ultima frontiera non solo degli Stati Uniti, ma del turismo in generale. L’apparente assenza di controllo nei parchi, il dominio quasi incontrastato dell’ambiente naturale e delle condizioni climatiche, il generale senso di vastità e le infinite giornate estive sono solo alcuni dei fattori che rendono il viaggio in Alaska un’esperienza decisamente singolare. La stagione turistica è molto breve e dura praticamente da giugno a settembre; l’inverno è durissimo con temperature a 40 sotto zero e pochissime ore di luce. Sono questi i motivi per cui le tariffe degli hotel e i costi di ogni servizio sono, in media, ampiamente superiori a quelli che si trovano nel resto degli Stati Uniti. Tuttavia, con un’attenta pianificazione, è possibile ridurre i costi fino ad un livello accettabile. Anche tutte le attività come crociere ed escursioni guidate sono molto care, ma per godersi la vacanza pensiamo sia inevitabile partecipare ad alcune di queste.

La stessa conformazione del territorio statale non aiuta perchè la capitale Juneau si trova nel cosiddetto “panhandle” (il manico della padella) ed è collegata al resto dello stato solo per via aerea. E’ possibile partecipare a crociere che partono da Seattle o da altre località del panhandle, ma sono soluzioni, seppur belle, che richiedono molti giorni e risultano molto costose. Per questo una visita che comprende almeno in parte la zona meridionale costringe il visitatore ad acquistare voli interni che si aggiungono al già lungo volo intercontinentale.

Noi approfittiamo di una favorevole combinazione di voli e tariffe che troviamo a dicembre 2010 su orbitz.com: Milano-Londra-Seattle-Juneau-Anchorage-Seattle-Londra-Milano a circa 916 euro a testa, con British Airways e Alaska Airlines. Alla fine il viaggio, per due persone tutto compreso, ci è costato circa 7000 dollari (di cui 1100 per gli hotel, 850 per auto e benzina, 550 per i pasti e 1850 per escursioni e ingressi), che al cambio di 1,42 fanno circa 4900 euro, per poco più di 3200 km percorsi.

Il viaggio è come sempre organizzato in totale fai da te con il fondamentale contributo degli utenti di forumviaggiatori.com e il buon sostegno dei diari di viaggio trovati in rete. E come sempre viaggiamo col solo bagaglio a mano, consuetudine ormai irrinunciabile per tutti i nostri spostamenti.

lunedì 27 giugno. MILANO – JUNEAU

L’Alaska è lontanissima. L’ottima tariffa British ci ha fatto rinunciare alla breve rotta artica di Condor e ci ha costretto ad uno scalo in più a Seattle. Qui il controllo passaporti è interminabile, con una fila chilometrica e ufficiali per niente disposti ad accelerare le procedure. Sembra quasi una cosa all’italiana. Alla fine comunque il margine tra i nostri voli è tale da non farci temere troppo. Arriviamo a Juneau in perfetto orario sfiorando le montagne a picco sul mare e sulla città. Veramente impressionante. Lì per lì non ci facciamo caso, ma ci rendiamo conto di aver visto le montagne e il mare dall’aereo alle 22: c’è ancora luce! Sapevamo di poter contare su una giornata più lunga del normale, ma non pensavamo a notti così luminose.

Lungo il percorso per raggiungere il banco Alamo notiamo tantissimi manifesti che pubblicizzano le Hawaii, ma non ci facciamo troppe domande; ci sorprendono di più i trofei di caccia appesi a tutte le pareti. Ritiriamo la nostra Toyota Yaris senza problemi e sempre senza problemi percorriamo i pochi chilometri che ci separano dal nostro B&B (noleggio auto Alamo 185,37$, alamo.com). Sono le 23 passate ed è ancora giorno.

Notte: Duck Creek B&B, 4118 Aspen Ave., Juneau (tel. 907.789.7688, duckcreekbedandbreakfast.com, jsdavis@gci.net, 99$ BB)

martedì 28 giugno. JUNEAU

Il B&B è delizioso, così come la squisita proprietaria: una signora che potrebbe essere la nostra mamma e che ci fa sentire come a casa. In effetti siamo a casa, la sua. Tutto è pulito, in ordine e quello che manca viene compensato dalle sue attenzioni. La colazione è ricchissima e addirittura lei si sveglia un’ora prima di noi per cucinarci alcune specialità locali. Chiacchieriamo amabilmente, mangiamo come i lupi d’inverno e siamo pronti ad iniziare la nostra avventura in Alaska.

Va detto che Juneau (pronunciato Giuno, come il mese, e non alla francese come abbiamo sempre pensato noi) occupa una zona caratterizzata dall’unica foresta pluviale in ambiente sub-artico. Essendo pluviale gode – si fa per dire – di un clima decisamente piovoso, dovuto alla presenza delle alte montagne a picco sul mare che costituiscono un ostacolo formidabile per i venti dell’oceano. Ci spiegano che qua le perturbazioni possono durare mesi. Non ci sorprendiamo quindi quando il pallido sole del primo mattino cede il posto al grigio uniforme delle nubi. Affrontiamo subito la zona del Mendenhall Glacier, vicinissima al nostro B&B.

Il West Glacier Trail inizia dal parcheggio dove termina la Montana Creek Road, proprio di fronte alla strada. Non ci sono indicazioni, ma è l’unico sentiero ben tracciato che parte da lì. Come riferimento si devono tenere i wc alla propria destra. Il trail è carino, ma non spettacolare. E’ una facile passeggiata di circa 3 ore a/r nel bosco, senza grosse difficoltà a parte qualche punto scivoloso per la pioggia. Alcuni viewpoints, soprattutto in prossimità della cima, sono molto belli e permettono di ammirare sia il ghiacciaio che il sottostante lago dall’alto.

Terminiamo il trail e quasi non piove più, così decidiamo di esplorare anche la parte orientale. Il Nugget Falls Trail e l’East Glacier Trail conducono molto vicino al ghiacciaio, ai piedi della spettacolare cascata che alimenta il lago. Il sentiero è in realtà un facilissimo tratto di strada, molto turistico, percorribile in circa 1 ora a/r senza alcuna difficoltà. Vale comunque la pena farlo perchè è l’unico modo per avvicinarsi al ghiacciaio ed alla cascata e perchè la vista dal basso è davvero spettacolare.

Il pomeriggio è ancora lungo e ci spostiamo in centro per confermare la whalewatching cruise di domani. Parcheggiare a bordo strada è quasi impossibile e bisogna utilizzare apposite strutture, equivalenti ai nostri parcheggi coperti, dove lasciare l’auto costa circa 50 centesimi l’ora. Il centro città è molto carino, anche se un po’ turistico, e sempre animato. Enormi navi da crociera riempiono il porto e i negozi di souvenir da turisti prevalgono su quelli “originali”. Facciamo una piacevole passeggiata sulla Franklin Street e riprendiamo la macchina per andare al Last Chance Mining Museum (ingresso 4$ a testa), isolato oltre la fine di Basin Road. Il museo sorge sul sito di una vecchia miniera e illustra la vita e la strumentazione dei vecchi minatori, anche attraverso belle foto d’epoca. La visita non richiede molto tempo (circa un’ora) e può essere un buon diversivo.

Concludiamo la giornata con un’ottima cena allo storico locale Red Dog Saloon, tanto storico e famoso da avere la fila fuori dalla porta fin sulla strada. Ambiente country, atmosfera calda, trofei di caccia alle pareti, musica dal vivo…; inutile dire che una visita è d’obbligo.

Pasti: colazione al B&B pranzo Paradise Bakery, 245 Marine Way, Juneau – 11,25$ in due (Egan Drive, di fronte al parcheggio coperto); cena Red Dog Saloon – 29,30$ in due (reddogsaloon.com).

Notte: Duck Creek B&B, 4118 Aspen Ave., Juneau (tel. 907.789.7688, duckcreekbedandbreakfast.com, jsdavis@gci.net, 99$ BB)

mercoledì 29 giugno. JUNEAU

Quando su un sito di previsioni meteo avevamo letto “possibilità di pioggia 80%” non pensavamo che si riferisse all’80% della giornata. Tant’è che oggi piove più di ieri. Del resto se c’è la foresta pluviale un motivo ci sarà. Alle 8:30 siamo all’ufficio di Orca Enterprises per il check-in (Orca Enterprises, 493 South Franklin st, Juneau, tel. 907.789.6801, orcaenterprises.com, alaskawhalewhatching.com, orca@alaska.com – 129,95$ a testa) e alle 9 siamo sul pullmino che ci porta al molo su Auke Bay. A riprova dell’effetto barriera che le montagne creano, notiamo che più la barca si sposta al largo più il tempo migliora, tanto che facciamo quasi tutta l’escursione senza pioggia. Escursione che è molto bella, per gli avvistamenti, per i panorami e per la gestione da parte del personale. Non vediamo le orche che tanto desideravamo, ma tante megattere, anche durante il pasto, quando escono dall’acqua saltando in verticale tutte insieme. E’ una scena nuova per noi e ci piace. Purtroppo, o per fortuna, la legge americana non permette alle barche di avvicinarsi come fanno in altre parti del mondo, quindi le balene sono decisamente lontane, a meno che non decidano di loro iniziativa di avvicinarsi. Dopo circa 3 ore in mare rientriamo verso la costa e sotto le nuvole cariche d’acqua. Avrà anche ragione la cara signora del B&B a dire che a loro piace così, però…

Dopo pranzo gironzoliamo ancora un po’ fino all’Alaska State Museum (ingresso 5$ a testa), che si rivela molto interessante, veramente da vedere. Rinunciamo alla salita in funivia al Mt.Roberts perchè 27 dollari a testa per la sola andata ci sembrano un furto per crocieristi; in più non sarebbe nemmeno consigliabile scendere a piedi a causa della pioggia insistente. Ci togliamo allora la curiosità di andare a vedere cosa c’è alla fine della strada, visto che Juneau è l’unica capitale americana senza un accesso via terra. Ebbene, alla fine della strada semplicemente ci sono il bosco e un piccolo cartello giallo con scritto “The End”. Troppo forte.

Pasti: colazione al B&B pranzo Subway – 23,63$ in due; cena McDonald’s – 15,83$ in due.

Notte: Duck Creek B&B, 4118 Aspen Ave., Juneau (tel. 907.789.7688, duckcreekbedandbreakfast.com, jsdavis@gci.net, 99$ BB)

giovedì 30 giugno. JUNEAU – ANCHORAGE – DENALI

Arriviamo al Denali verso le 18 e subito confermiamo al Visitor Center il bus delle 5:15 di domani per Wonder Lake. Il Denali N.P. (denali.national-park.com oppure nps.gov/dena/index.htm) è una vastissima area ai piedi del celebre Mt.McKinley, il Denali appunto, “quello alto” nella lingua dei nativi, e non si può visitare in maniera autonoma. Esiste un servizio di bus navetta che collega il Visitor Center a Kantishna, 92 miglia più a ovest. Questi bus vanno prenotati con massimo anticipo e consentono ai visitatori di scendere ad una delle fermate segnalate o in un qualunque punto del percorso. La fermata di Kantishna è solitamente scelta da chi campeggia in quella zona, mentre il tour più lungo che conviene prenotare per una escursione in giornata è quello che arriva a Wonder Lake (circa 13 ore andata e ritorno – 43,25$ a testa). Il bus effettua soste alle fermate stabilite e ad ogni avvistamento per permettere ai visitatori di scattare le foto migliori. Esiste anche un tour con guida a bordo che spiega più nel dettaglio le caratteristiche del parco e dell’intera zona. Gli alloggi sono comprensibilmente molto costosi, per questo ci sentiamo di segnalare il nostro RV Park vicino a Healy sia per l’ottimo rapporto qualità/prezzo che per la relativa vicinanza al parco. Per contro la cittadina di Healy altro non è che un gruppo di case con quanche hotel, un distributore e alcuni ristoranti.

Pasti: colazione al B&B pranzo al sacco – 6,99$ in due; cena Totem Inn, Healy – 26$ in due.

Notte: Denali RV Park e Motel, 245.1 Parks Hwy, Healy (tel. 3168413573, 907.683.1500, denalirvpark.com, stay@denalirvparkandmotel.com, 59$ B)

venerdì 01 luglio. DENALI

E così alle 5:15 siamo sul bus che ci porterà a Wonder Lake, nel cuore del Denali National Park. Il bus è di quelli vecchi, verde e cigolante, con i finestrini traballanti e i sedili un po’ consumati. Non sarà il mezzo migliore con cui fare un viaggio di 13 ore, ma fa molto Alaska e ci piace così. E’ ovviamente pieno di visitatori e ci chiediamo subito come facciano a garantire il recupero di quelli a piedi, quando non c’è un posto neanche per quelli che pagano in anticipo. Il tempo non è dei migliori, ma non piove e già siamo contenti. Ci dicono che lo scopo principale di chi visita il parco è vedere la cima del Mc.Kinley, ma ci dicono anche che possono passare settimane prima che le nuvole la lascino visibile. Come nella totalità dei parchi dell’Alaska, anche in questo caso la gestione dei ranger è lasciata al minimo e il parco si trova in uno stato quasi naturale e selvaggio. Sinceramente ci sembra un po’ una forzatura e un voler mantenere vivo il mito dell’ultima frontiera e della terra selvaggia, dell’Alaska ultimo baluardo della natura sovrana e incontaminata. E’ possibile campeggiare in aree attrezzate, ma appunto il soggiorno può durare anche molti giorni senza garantire la visione della cima.

Delusi o soddisfatti?

Lo stesso dicasi per gli avvistamenti di wildlife. In tutto il giorno ci fermiamo circa sei volte per fotografare cinque specie diverse. Tutte viste dal pullman e per pochi secondi. Quindi viene da chiedersi: siamo delusi o soddisfatti? Non lo sappiamo. Sia chiaro, una gita molto bella, però finisce per essere anche un po’ noiosa. Tredici ore in bus con un avvistamento di dieci secondi ogni 2 ore circa non è tanto. Noi siamo anche stati fortunati e ne usciamo contenti, anzi molto contenti, però se non avessimo visto il moose maschio e femmina col piccolo, il caribou maschio e femmina, l’orso sulla strada, i bighorn su una montagna, la volpe e soprattutto tre lupi… saremmo usciti decisamente delusi. Insomma, per farla breve, un bel parco con diverse possibilità di avvistamenti, ma visitabile in un solo giorno senza grossi rimpianti. Se poi lo scopo della visita è vedere il McKinley beh… allora meglio essere molto fortunati o avere diversi giorni a disposizione, altrimenti conviene non andare perchè gli stessi ranger dicono che è visibile in media un giorno su quattro, ma può stare coperto anche per un mese intero.

Anche la tanto sbandierata libertà, la possiblità di scendere dal bus in ogni punto per camminare “into the wild”, ci lascia alquanto perplessi. E’ vero che in teoria si può camminare in ogni direzione, ma di fatto secondo noi le possibilità di muoversi a piedi con soddisfazione sono quasi zero, a meno di non campeggiare all’interno. Non ci sono sentieri battuti e segnalati, a parte qualcosa vicino alle fermate, e questo va bene per proteggere l’ambiente, ma le vallate sono vastissime e in pratica, salvo rare eccezioni, non c’è mai uno scopo nella passeggiata, non c’è un viewpoint da raggiungere o una cascata o un canyon o altro del genere… Insomma si può vagare indefinitamente all’infinito in mezzo al nulla, inseguendo la vetta di una collina, che magari è solo la prima di una lunga serie. Oppure si può entrare in una zona vietata senza rendersene conto, visto che i cartelli sono sulla strada.

Abbiamo visto persone (poche) che camminavano sulla stessa strada che fanno gli autobus. E allora che wild è? Forse campeggiando più nel profondo si riesce a fare e vedere qualcosa in più, ma col bus si riduce il tutto ad una semplice gita turistica. Insomma, tutto molto bello, ma ci aspettavamo qualcosa di più da questo tanto celebrato parco.

Pasti: colazione 6$ in due; pranzo al sacco – 6$ in due; cena al sacco – 16,95$ in due.

Notte: Denali RV Park e Motel, 245.1 Parks Hwy, Healy (tel. 3168413573, 907.683.1500, denalirvpark.com, stay@denalirvparkandmotel.com, 59$ B)

sabato 02 luglio. DENALI – NORTH POLE – DENALI

Il piano prevedeva una nuova escursione al Denali, ma la visita del giorno prima ci ha soddisfatto e non pensiamo di poter essere più fortunati di così. Tanto più che il tempo rimane poco favorevole. Così anticipiamo l’escursione verso nord, verso Fairbanks e soprattutto verso North Pole, dove risiede Babbo Natale in persona (Santa’s House, 101 Saint Nicholas Dr, North Pole, circa 2 ore da Healy – chiusura alle 20, tel. 907.488.2200, santaclaushouse.com, info@santaclaushouse.com). E infatti lo troviamo lì in tutta la sua babbonatalezza, con il cappello, le renne, gli addobbi e tutte le altre cosine. Il negozio è un grande magazzino di articoli natalizi, un po’ meno vasto di quanto pensavamo, ma comunque il paese dei balocchi per chi come noi ama la parte “decorativa” del Natale. Ne usciamo carichi come portatori sherpa e con un problema di bagaglio a mano.

Già che siamo arrivati fin quassù in anticipo, facciamo un giro a Fairbanks, che davvero non ha niente da offrire, a parte il Pioneer Park, un incrocio tra un parco tematico e un giardino pubblico. Carino, ma niente di più. L’ingresso è gratuito.

Alla fine abbiamo rinunciato all’escursione al circolo polare perchè avremmo dovuto percorrere 200 miglia da Fairbanks e poi tornare al Denali: solo l’andata e il ritorno da Faribanks avrebbero richiesto più di sei ore di guida. Troppo anche per noi.

Pasti: colazione 5$ in due; pranzo al sacco – 8$ in due; cena Rose’s Cafè, 249.5 Parks Hwy, Healy – 31,40$ in due (consigliatissimo).

Notte: Denali RV Park e Motel, 245.1 Parks Hwy, Healy (tel. 3168413573, 907.683.1500, denalirvpark.com, stay@denalirvparkandmotel.com, 59$ B)

domenica 03 luglio. DENALI – CHITINA/MC.CARTHY

Ovviamente piove. La giornata prevede il lungo trasferimento verso il Wrangell-St.Elias N.P., ma abbiamo tempo e ci concediamo la visita guidata ai canili del Denali (sled-dog kennels). La visita è gratuita e una navetta parte dal Visitor Center ad orari prestabiliti. Alcuni cani sono nelle gabbie, altri sono semplicemente legati alla propria cuccia e possono essere accarezzati e coccolati dai visitatori. Si cammina liberi tra gli animali e poi ci si raduna su una tribunetta per assistere ad una dimostrazione di traino della slitta.

Per raggiungere Chitina, ultima cittadina prima del Wrangell-St.Elias, decidiamo di percorrere la scenic Denali Highway da Cantwell, rassicurati anche dalle parole di un ranger che, nonostante la pioggia, ce ne parla come di un’ottima strada. La strada in effetti è ottima, ma forse in condizioni asciutte lo è anche di più. E’ sicuramente panoramica, ma è anche lunga 130 miglia e completamente sterrata. Una vera goduria con la pioggia. Ne usciamo dopo oltre tre ore, soddisfatti per le viste e con una macchina che sembra un mezzo anfibio della guerra del Vietnam. Ci sentiamo di consigliarla, soprattutto col bel tempo.

La Denali Highway termina sulla Richardson Highway in località Paxson, dove conviene far benzina al distributore che si trova all’incrocio. Il prossimo si troverà dopo parecchie decine di miglia verso sud. Occorrono circa 3 ore per arrivare a Chitina (pronunciato Cìtna, come non ci sarebbe mai venuto in mente), da cui parte la Mc.Carthy Road verso il cuore del Wrangell-St.Elias. La strada è bella e scorre veloce, con le montagne a fare da sfondo. Nell’ultimo tratto esce anche il sole e i panorami si accendono di luce. Lungo la strada che collega Chitina al parco troviamo un allevamento di yak tibetani e, neanche a dirlo, ci fermiamo e li fotografiamo tutti, uno per uno. Certo viene da chiedersi come possa nascere l’idea di allevare yak tibetani… Però magari qui è normale.

Avvertiamo un leggero languorino, ma da ore non si vede neanche un bar. E’ chiaro che in Alaska, ma in questa zona in particolare, occorre dare il giusto peso alle indicazioni delle località sulle mappe: spesso si tratta di semplici avamposti con poche case. Solo le città vere e proprie garantiscono la presenza di distributori o ristoranti, quindi quando se ne incontra uno conviene approfittare. Cosa che noi non facciamo, convinti che in prossimità del parco abbondino le opportunità. Sbagliatissimo. Arriviamo alla fine del tratto asfaltato della Mc.Carthy Road, proprio alle porte del parco, e troviamo l’unico hotel-ristorante di tutta la giornata. Non ci ispira troppo, ma non abbiamo alternative. Ordiniamo una cena a base di hamburger della casa in un ambiente simile ai bar sgangherati del west, ma prima di riuscire a piazzare il primo morso ci viene incontro un indigeno chiaramente avvinazzato che punta il dito e ci dice: “Voi non siete di qui!”. In effetti no, non siamo di qui. Cerchiamo di essere gentili e sorridenti e lui, sembre in piedi col bicchierone in mano, ci parla dei pesci giganti di un fiume che solo lui conosce, ci chiede che pesci abbiamo preso noi e dove andremo dopo cena… No, non siamo qui per pescare. Aah, non pescate. No, mi dispiace. Arrivano i panini e lui ci fa cenno di mangiare. Grazie, gentilissimo. E poi appoggia il bicchierone e… si siede al nostro tavolo! E adesso?! Mangiamo un po’ a disagio mentre continua a raccontarci le sue imprese di pesca e forse anche di caccia, perchè non è che si capisca proprio bene quello che dice. Comunque in fondo è innocuo e anche simpatico, così riusciamo a terminare i paninoni e, tra un pesce gigante e un orso ci scappa la domanda: ma come fate d’inverno a 40 gradi sotto zero? E lui, candido e innocente come un cherubino, ci guarda come fossimo scemi e dice: “Non stiamo qui. Andiamo alle Hawaii!”. E lì ci torna in mente l’aeroporto di Juneau e tutte quelle palme fotografate sui muri. Ma la verità completa la scopriremo solo il giorno seguente.

Lasciamo il nostro nuovo amico che invece non ci vuole lasciare e insiste per accompagnarci alla macchina. Ce ne andiamo pensando ai vecchi film tipo “The hitcher”, ma nessun fanale compare mai nello specchietto retrovisore.

Da questo punto la Mc.Carthy Road diventa sterrata e tale rimane fino al ponticello pedonale sul Kennicot River, 60 miglia più avanti. Ridiamo mentre ci avviciniamo alla Halfway House, situata appunto a metà strada tra Chitina e Mc.Carthy, e ridiamo anche quando ne troviamo l’accesso e passiamo davanti alla sgangherta capanna per gli attrezzi. “Ecco il tuo bungalow.” – dico tra una battuta e l’altra. Ma le sorprese non sono ancora finite.

Parcheggiamo davanti alla bella casa padronale e una garrula signora ci viene incontro e ci invita in casa. Ma che bella accoglienza! Si parla del più e del meno, si ride dell’ubriaco, si conosce il cane di casa e alla fine la domanda che cambierà tutto: “Posso esservi utile in qualche altro modo?”. E noi, ingenui: “Ooh no, grazie, troppo gentile. Siamo un po’ stanchini per il lungo viaggio: ci basta una bella doccia calda e poi via a letto.”. Ecco, la doccia calda. Lei rimane perplessa e sorpresa e ci invita a sistemarci nel nostro bungalow dicendo che intanto ci prepara la doccia. Cosa avrà voluto dire!?! Lo scopriamo subito dopo.

Altro che into the wild…! L’ameno B&B è la dimora di questa famiglia del Michigan, trasferita in Alaska dopo un fallimento, che ha deciso di abbandonare lo stress e la vita cittadina per vivere nella semplicità più totale. Niente elettricità, niente acqua corrente, niente gas. Insomma… niente. Che detto così non è tanto male, anzi… Solo che dopo una giornata di camminate e macchina e pioggia e tutto il resto si avrebbe voglia di qualcosa un po’ confortevole. Invece niente. Appunto.

La camera (onestamente ben sistemata con un letto caldo e comodo) è veramente la capanna degli attrezzi che poco prima avevamo deriso, la doccia è una tenda tipo quelle di Decathlon montata cinquanta metri più in là, tra le piante in riva al fiume con appeso un sacchetto pieno d’acqua scaldata nella pentolaccia sul fuoco, il bagno è un’altra cabinetta con due assi di legno e un buco nel terreno. E per lavarsi la mattina? Beh… qui sconfiniamo quasi nel lusso: un catino di ferro in cui versare un bottiglione d’acqua del fiume. Naturalmente il fiume – neanche a dirlo – nasce direttamente dal ghiacciaio. Del resto non possiamo mica pretendere tutte le nostre piccole comodità.

Non serve molta fantasia per immaginare la nostra faccia quando abbiamo capito che il sito della location non era proprio limpidissimo nel descrivere la situazione reale. E noi che presi dalla gentilezza della padrona abbiamo prenotato due notti! E allora, perchè non siamo andati via? Perchè è uno dei luoghi più dispersi nel niente che abbiamo mai incontrato e perchè è la sera tra il 3 e il 4 luglio e non crediamo ci siano molte alternative nei dintorni.

Sia chiaro, la posizione è comodissima per raggiungere il Wrangell-St.Elias N.P., la colazione in casa sarà superba e il prezzo conveniente, però se non si è preparati ad un’esperienza un po’ diversa si rischia di rimanerci male. Alla fine comunque si sopravvive e non è certo un trionfo di puzza da un buco per terra a scoraggiarci. Ammettiamo però che stare nudi nella tenda in riva al fiume con zanzare grandi come cavallette e un freddo assassino… è un’esperienza da uomini veri. Resterà uno dei ricordi più divertenti di sempre.

Pasti: colazione 6$ in due; pranzo al sacco – 7$ in due; cena Hotel Chitina – 31,40$ in due.

Notte: Alaska Halfway House, mile 27 Mc.Carthy Road, Chitina (alaskahalfwayhouse.com, info@alaskahalfwayhouse.com, 100$ BB done bunkhouse)

lunedì 04 luglio. CHITINA – MC.CARTHY

La notte nell’attrezzaia passa benissimo e siamo così parte del wild che l’acqua del catino ci sembra un trattamento rinvigorente. La colazione, come anticipato, è eccellente e sontuosa, anche se all’inizio le marmellate di fiori di campo ci lasciano un po’ perplessi. Tra una chiacchiera e l’altra – perchè la proprietaria non vede l’ora di raccontare la sua storia – capiamo finalmente come funziona la vita quassù. Ci dice che lo stato dell’Alaska, per invogliare gli americani dei lower 48 (così chiamano gli altri stati) a trasferirsi quassù, concede ad ogni persona residente un vitalizio pari ad una cifra compresa tra i 20000 e i 40000 dollari all’anno. Ogni anno, a fine ottobre, il versamente viene automaticamente fatto sul conto. L’unica condizione è riuscire a resistere il primo anno. In pratica ci si trasferisce e si lavora sodo per un anno, poi si diventa residenti dell’Alaska e si gode per sempre del contributo. Ci spiega che molte famiglie sono numerose, con 4-5 figli e nonni tutti insieme. A questo contributo esentasse si aggiungono ovviamenti i redditi del proprio lavoro e delle proprie attività. Probabilmente a questo punto coglie la golosità nei nostri occhi e si affretta a ricordarci che la pacchia non vale per gli stranieri. Peccato.

Anche a lei facciamo la domanda sui 40 sotto zero e anche lei ci parla di Hawaii. Ci spiega che molti residenti occupano le loro case durante la primavera e l’estate, magari conducendo attività legate al turismo, e poi se ne vanno alle Hawaii, dove spesso hanno altre attività ricettive o in qualche modo legate all’accoglienza turistica. Loro però alle Hawaii non ci vanno perchè hanno deciso di stare nel wild. Quindi durante l’inverno stanno chiusi in casa col solo ausilio del generatore, sepolti sotto metri di neve, collegati al mondo esterno tramite una radio. E cosa fate in quei mesi freddi e bui, con 2-3 ore di luce al giorno? Semplice: aspettiamo che passi un animale e gli spariamo. Poi ne prendiamo e lavoriamo la pelliccia e ne cuciniamo la carne. Ci racconta di come hanno passato un inverno mangiandosi un alce, di come pochi mesi prima abbiano catturato una lince e di come due anni prima abbiano preso l’orso e il lupo. Tutto legale naturalmente. E per le provviste come si fa? Anche questo è molto semplice: si compra un grande congelatore e a fine settembre si va ad Anchorage e si fa la spesa per 6 mesi. Non sappiamo se provare invidia o dispiacere per loro; probabilmente un sentimento a metà.

E’ il 4 luglio, grande festa dell’indipendenza. Chissà che confusione a Mc.Carthy e Kennicott. Siamo già a metà strada e in un’ora arriviamo al ponte pedonale. Il parcheggio a pagamento (5$ al giorno) è proprio sulla sinistra del ponte, mentre duecento metri prima c’è quello gratuito del visitor center. Zaino in spalla e via sul ponticello, sotto uno splendido cielo azzurro. Al di là del fiume c’è anche la possibilità di prendere un minibus navetta per Mc.Carthy, ma dista solo un miglio e la camminata è piacevolissima. Mc.Carthy e Kennicott sono due località sorte nei pressi della miniera di rame, ora abbandonata. Così come la miniera anche i paesini sono quasi disabitati, tanto che i residenti di Mc.Carthy sono appena 15. Kennicott in particolare è la memoria storica dell’insediamento per l’estrazione del rame e conserva ancora impressionanti strutture in legno. Solo cinque miglia separano le due località, ma conviene servirsi del servizio navetta (10$ a/r a persona). Da qui parte il sentiero per il Root Glacier, che per chilometri è coperto di sabbia e ghiaia e poi appare bianchissimo alla fine del trail. Tutto molto bello. Il sentiero tra gli alberi è lungo 1,5 miglia, ma è possibile percorrerne altre 2,5 per arrivare ad un punto panoramico proprio sopra il ghiacciaio. Noi facciamo solo la prima parte, sia perchè in pratica ci arriviamo sopra, sia perchè vogliamo andare a Mc.Carthy per vedere le celebrazioni della festa. Dedichiamo un po’ di tempo a Kennicott, cui le vecchie strutture in legno conferiscono un fascino grandissimo, e riprendiamo la navetta per Mc.Carthy. Altro che confusione: il paese sembra uscito dal far west, con i pochi abitanti e un centinaio di turisti intenti a competere nelle gare di mangiatori di torte, di lancio dell’uovo, di lancio del ferro di cavallo e altri fantastici giochi del genere. Non ci facciamo mancare proprio niente. Siamo contenti di aver partecipato a questa piccola e semplice festa paesana. Il finale di giornata non può che essere la naturale conclusione del pomeriggio: un paninazzo con secchio di ketchup e patatine nell’unico bar-saloon del paese al ritmo country di un’orchestra che suona dal vivo. Si conoscono tutti e tutti mangiano e ballano insieme come nei vecchi film western. Noi siamo un po’ a margine, ma ci piace un sacco.

Pasti: colazione al B&B pranzo al sacco – 6$ in due; cena Golden Saloon, Mc.Carthy – 37$ in due.

Notte: Alaska Halfway House, mile 27 Mc.Carthy Road, Chitina (alaskahalfwayhouse.com, info@alaskahalfwayhouse.com, 100$ BB done bunkhouse)

Martedì 05 luglio. MC.CARTHY – VALDEZ – GLENALLEN

Salutiamo la nostra attrezzaia e, sotto una pioggia battente, ci mettiamo in strada verso Valdez. Il tratto della Richardson tra Chitina e Valdez (circa 2,5 ore) è stupendo, una delle strade più belle che abbiamo mai percorso: ghiacciai, montagne, cascate e tanto verde. Veramente uno spettacolo. A fine mattinata è uscito anche il sole e tutto ha acquistato ancora maggior fascino. La stessa Valdez è molto carina. Non ha tanto da offrire, ma è un bel porticciolo schiacciato tra le montagne innevate e il mare. La scarsa affluenza turistica la rende ancora più caratteristica. C’è pure una lontra che sgranocchia molluschi tra i pescherecci e le banchine. Troviamo sollievo dalla pioggia all’interno del Valdez Museum (217 Egan Drive, Valdez, valdezmuseum.org – 7$ a testa) e poi ci lasciamo tentare da un fast food a base di pesce, da cui usciamo gonfi e sazi come pitoni dopo il pasto.

Torniamo sulla Richardson in direzione nord e sulla strada ci fermiamo al Worthington Glacier (miglio 28,6) e alle Bridal Falls (proprio sulla strada al miglio 14,8). Arriviamo a Glenallen dopo circa tre ore e raggiungiamo il nostro bellissimo lodge sul Lake Louise. Sarà la netta differenza con il precedente alloggio, sarà il lago che col sole è stupendo, sarà che incontriamo una mamma moose col suo piccolo… questo posto ci sembra fantastico. Il lake Louise si trova a nord della Glenn Highway ed è poco conosciuto, ma trovandosi in zona è veramente un peccato non farci un giro. Il lodge poi ci appare super lussuoso, salone in legno e pietra con caminone, camera ampia con vista lago, doppio queen bed, doccia calda senza limiti: non ci sembra vero.

Pasti: colazione al B&B pranzo Alaska Halibut House, Valdez – in due cena al sacco – 3$ .

Notte: The Point Lodge, mile 1752 Lake Louise Road, Glenallen (tel. 907.822.5566, thepointlodge.com, thepointlodge@gmail.com, innkeeper@thepointlodge.com, 125$ BB)

mercoledì 06 luglio. GLENALLEN – SEWARD

Giornata di lungo trasferimento verso Seward. Ovviamente c’è un sole splendente senza una nuvola. Percorriamo tutta la Glenn Highway e prima di arrivare ad Anchorage ci fermiamo al Matanuska Glacier. Non volendo pagare l’esoso accesso alla proprietà privata che precede il ghiacciaio ci siamo limitati a belle foto dai viewpoints sulla strada. Pensiamo che valga la pena scendere solo se si ha intenzione di fare una delle attività guidate che vengono proposte. Il ghiacciaio è molto bello e impressionante anche dalla highway. Superata Anchorage ci dirigiamo verso sud costeggiando il Turnagain Arm, uno dei due fiordi all’incorcio dei quali sorge la città. La strada è molto panoramica e costituisce degna anteprima per le bellissime 120 miglia della Seward Highway. Ci fermiamo in corrispondenza di diversi viewpoints, ma non riusciamo a cogliere lo spettacolare arrivo dell’onda di alta marea. Pazienza, la vista è comunque unica. Sul lato opposto del fiordo sorge la caratteristica cittadina di Hope (il nome dice già tutto). La deviazione è ben visibile sulla destra e la strada che la collega alla highway è molto ben tenuta, diversamente da quanto indicato sulle guide. Ci saranno in tutto venti case, tutte immerse nel verde, con un delizioso “borgo” storico affacciato sul fiordo. Spesso ci si concentra su itinerari che comprendono solo le attrazioni più pubblicizzate, ma quasi sempre sono questi piccoli scorci di normalità che rimangono nella memoria e lasciano i ricordi più particolari. Vale assolutamente la pena spendere un’ora per andare a Hope. Occorre solo fare attenzione al cartello che indica la parte vecchia della città, perché proseguendo sempre dritto si arriva alla fine della strada, contro il bosco. Quasi alla fine della Seward Highway, poche miglia prima di Seward, si trova sulla destra la deviazione per l’Exit Glacier. Il ghiacciaio è tanto famoso quanto accessibile e probabilmente deve la sua fama proprio alla facilità con cui è raggiungibile. La strada conduce direttamente ad un parcheggio da cui parte un breve sentiero che in pochi minuti porta ai piedi della distesa di ghiaccio. Non è certo il più bel ghiacciaio che si possa vedere, ma la comodità di poterlo ammirare da vicino con poco sforzo giustifica la sosta. Molto più interessante e spettacolare è sicuramente il trail che ne costeggia il fianco fin quasi alla sommità. Per mancanza di tempo non siamo riusciti a farlo, ma sicuramente ne sarebbe valsa la pena.

Dopo il ghiacciaio andiamo al porto a confermare la crociera di domani all’ufficio della Kenai Fjords Tours (Kenai Fjords Tours, 1304W Fourth Avenue, Seward, tel. 907.224.8068, kenaifjords.com, info@kenaifjords.com, info@ahtours.com – 6 hours national park tour, 158$ a persona) e chiudiamo la giornata con una sontuosa cena a base di granchi reali al famoso e consigliatissimo Ray’s Waterfront.

Pasti: colazione al lodge; pranzo al sacco – 6,55$ in due; cena Ray’s Waterfront, Seward – 87,74$ in due.

Notte: The Farm B&B, 11828 Salmon Creek Road, Seward (tel. 907.224.5691, http://thefarmbedandbreakfast.com/default.aspx, thefarm@ptialaska.net, 103S BB cottage pvt bath)

giovedì 07 luglio. SEWARD – HOMER

La crociera parte alle 8 e l’arzilla vecchietta che si occupa delle colazioni al nostro B&B, pur avvisata con larghissimo anticipo, non ci apre la porta prima dell’orario previsto. Forse alla fine è meglio così, per imbarcarsi senza lo stomaco troppo pesante. L’escursione nel Kenai Fjords N.P. che abbiamo scelto dura circa 6 ore e comprende la visita dei fiordi e di alcuni ghiacciai, con soste in caso di avvistamenti di wildlife. Volevamo l’orca e il puffin e li abbiamo avuti entrambi. Soprattutto l’orca ci ha emozionato per potenza e nobiltà. Abbiamo incontrato una famiglia completa: maschio femmina e piccoli. Tutto veramente molto bello. Ma è tutta la crociera a meritare un voto molto alto, sia per la meraviglia degli scenari che per la varietà degli avvistamenti. Solo il puffin si fa un po’ desiderare, ma senza vergogna, mentre rientriamo verso Seward, vado personalmente dal comandante per dirgli che non sarò felice finchè non avrò una bella foto di uno di questi esemplari. Il caso vuole che una ragazza americana sia lì per chiedere la stessa cosa. Se l’abbia fatto per soddisfare me o lei non è importante, comunque allarga la rotta e ci porta in una insenatura dove vediamo puffins che nuotano, che volano e che si riposano sugli scogli. Si spaventano abbastanza facilmente quando il barcone si avvicina, ma ci riteniamo soddisfatti. A questo punto dovremmo andare a Homer, ma non possiamo rinunciare all’Alaska Sealife Center (alaskasealife.org – 20,80$ a testa): non bello e spettacolare come un grande acquario, ma un buon diversivo per trascorrere qualche ora rilassata. Noi ci stiamo un’ora e poi via di corsa verso Homer per fare il check-in dell’escursione al Katmai di domani. Il motivo di tanta fretta è che l’ufficio chiude alle 20 e servono più di tre ore per arrivarci.

Tra una cosa e l’altra – ci sono anche i lavori stradali – arriviamo poco dopo le 19:30 e troviamo la signorina di Bald Mountain Air (Bald Mountain Air Service, Homer Spit Road, Homer, tel. 907.235.7969, baldmountainair.com, bears@baldmountainair.com, 635$ a testa, day trip) agitatissima perchè non ci aveva ancora visti e temeva non riuscissimo a fare il necessario check-in del giorno prima. Per fortuna tutto bene. Quindi domani vedremo questo tanto atteso Katmai e questi orsi. Speriamo che almeno il meteo ci risparmi e di trovare, se non proprio il sole, una giornata senza pioggia.

Pasti: colazione al sacco – 3$ in due; pranzo compreso nella crociera; cena Old Town Steakhouse, Homer – 55,90$ in due (ottimo).

Notte: Old Town B&B, 106 W.Bunnell Street, Homer (tel. 907.235.7558, oldtownbedandbreakfast.com, oldtown@xyz.net, 95$ BB arthur’s shared wc)

venerdì 08 luglio. HOMER – ANCHORAGE

Le persiane della camera lasciano entrare una luce chiara. Non ci lasciamo illudere e apriamo la finestra piano piano: il sole è alto nel cielo azzurro. Da non crederci. Col cuore leggero facciamo colazione (molto bello e particolare il nostro B&B, consigliatissimo) e poi ci dirigiamo al dock sul Beluga Lake per prendere l’idrovolante che ci porterà al Katmai.

Il Katmai, appunto. Il parco non è raggiungibile via terra ed è, come quasi tutti i parchi dell’Alaska, conservato in uno stato naturale, quasi intoccato. Al suo interno esistono solo pochi avamposti che comprendono alcuni lodge e stazioni dei rangers. Tutto il resto è selvaggio e dominato dagli orsi. Pur essendo raggiungibile solo volando non esistono piste di atterraggio e quindi l’unico mezzo utilizzabile è l’idrovolante, che plana sui laghi e i fiumi di volta in volta scelti per l’esplorazione. Sì, perchè il luogo in cui avvistare gli animali cambia in base alla stagione ed ai loro periodici spostamenti. Il sito più noto è l’area attorno alle Brooks Falls, dove gli orsi arrivano a fine giugno per pescare i salmoni che nello stesso periodo cominciano la lunga risalita del Brooks River per riprodursi. Nei mesi precedenti sono invece visibili più a monte. Ogni compagnia ha comunque un calendario aggiornato con le zone più indicate per avvistarli, mese per mese, e varia i propri itinerari in base a questo. I pacchetti standard comprendono il trasferimento in idrovolante, l’osservazione degli orsi e, su richiesta, il pernottamento in uno dei lodge. Inutile dire che tutto questo è incredibilmente costoso. Il pacchetto più economico (attorno ai 600 dollari a persona) è quello che prevede l’escursione giornaliera da Homer o da Anchorage, mentre quelli più costosi comprendono diverse notti e battute di pesca nei fiumi e nei laghi del parco. In questi casi i prezzi salgono a cifre superiori ai 2000 dollari a persona. Abbiamo riflettuto a lungo sull’opportunità o meno di fare questa pazzia – perchè una spesa del genere è tale – e alla fine in nome del “once in life” l’abbiamo prenotata. In breve, la gita funziona così: si vola fino al Brooks Lake, ci si fa ammaestrare da un ranger, si lascia ogni tipo di prodotto commestibile al campo, si cammina mezzora nel bosco fino ai punti di osservazione sulle cascate, si vedono gli orsi e si ripete tutto al contrario per tornare alla città di partenza. Sia i rangers che gli organizzatori dell’escursione sono molto preparati e spiegano infinite volte i comportamenti da tenere in presenza degli orsi. In generale tendono ad esagerare un po’, ma è meglio così, visto che in effetti si cammina nel loro territorio. In realtà il tutto è decisamente meno avventuroso di come lo dipingono, però è vero che esiste la concreta possibilità di incrociare un orso durante il pur breve percorso a piedi sul sentiero. In pratica gli animali se ne vanno in giro qua e là ed i visitatori devono stare ad almeno 50 metri di distanza da loro. Cosa non difficile perché gli orsetti, per ammissione degli stessi rangers, sono ormai abituati alla presenza delle persone ed evitano gli incontri troppo ravvicinati. C’è sempre qualche piccolo imprevisto, ma tutto si risolve abbastanza in fretta: basta allontanarsi. E comunque ci sono i ranger.

Lasciato il campo si attraversa il ponticello sul fiume e ci si inoltra sul sentiero nella boscaglia. Proprio il ponticello è il primo ostacolo verso le cascate, perchè non è raro trovare un orso sdraiato a una delle estrmità o addirittura sopra il ponte. In questi casi i rangers bloccano i visitatori a distanza di sicurezza e non li fanno avanzare finchè l’orso non si è spostato volontariamente. Il problema è proprio questo: volontariamente. Anche noi siamo stati bloccati per la presenza di tre orsi vicino al ponte, ma ci è andata bene perchè la cosa si è risolta in un ventina di minuti. L’attesa è però teoricamente indefinita e quando si hanno solo tre o quattro ore a disposizione per tornare all’idrovolante il tempo diventa un fattore decisivo. Non ci si può permettere di perdere un’ora ad aspettare che un orso termini il proprio riposino. Capiamo perchè prima di partire il pilota ci aveva consigliato, in caso di orso a qualche decina di metri, di ignorare i rangers e di procedere decisi. Anche perchè la stessa cosa può capitare durante il tragitto dopo il ponte e al ritorno. Il sentiero nel bosco è molto ben segnalato e si procede a gruppetti, anche se non è proibito muoversi da soli. E’ consigliabile fare rumore o parlare a voce alta per non sorprendere gli animali eventualmente presenti nelle vicinanze. Le possibilità di un incontro aumentano avvicinandosi al fiume. L’ultimo tratto prima delle famose cascate è costituito da una serie di passerelle e cancelli e recinti a prova di intrusione: livello di pericolo uguale a zero. Il punto di osservazione principale è una terrazza in legno, tra gli alberi sul fianco della cascata, su cui salgono 40 persone per volta per un’ora. Vi si accede dopo aver lasciato il proprio nome ad un ranger che, allo scadere del tempo, viene personalmente a recuperare chi si attarda.

Gli orsi sono tra le rapide del fiume, a monte o a valle della cascata, sulle rive erbose o tra gli alberi, tutti in attesa di un salmone da catturare. La distanza dalle persone sarà di circa 50 metri. Essendo però la terrazza costruita su palafitte, capita che sotto passi qualche orso diretto al fiume. E allora sì che lo si vede da vicino, in pratica a due metri sotto i propri piedi. Molti animali poi, prima di entrare in acqua, verificano la presenza di esemplari più grossi o dominanti e quindi spesso restano sdraiati sulla riva per parecchi minuti, in attesa del proprio turno di pesca.

Una seconda terrazza è posta più a valle e l’accesso a questa è senza limiti di tempo, visto che è decisamente più lontana dalla cascata. Tuttavia anche da questo punto di osservazione si vedono molti orsi, dato che comunque sono distribuiti su un lungo tratto del fiume e solo i più grossi stanno in prima fila sulla cascata.

Nel complesso l’esperienza è unica e molto emozionante, soprattutto perchè vedere così tanti grizzly così da vicino, nel proprio ambiente, non capita spesso. Quindi bello, tutto molto bello, ma non certo terrificante o spaventoso come talvolta si legge. Rimane sempre il dubbio per il costo della gita, ma alla fine ci tocca dire che sono soldi spesi bene, anche se vergognosamente tanti.

Rientriamo quindi a Homer sul nostro idrovolante – sono quasi le 17:30 – e ci rimettiamo subito in strada per andare ad Anchorage. Le lunghissime giornate ci hanno invogliato a sfruttare al massimo il tempo, proprio come oggi, ma sicuramente un giorno in più tra Seward e Homer sarebbe ben speso. Non c’è traffico, ma le quattro ore di guida sono un po’ pesanti dopo una giornata così intensa.

Pasti: colazione al B&B pranzo al sacco – 5$ in due; cena Sackett Kenai Grill, Cooper Landing (Sterling Hwy) – 44,29$ in due.

Notte: Arctic B&B, 2607 Arctic Boulevard, Anchorage (tel. 907.272.1853, arcticbb.com, arcticbb@aol.com, reservations@arcticbb.com, 89,60$ BB).

sabato 09 luglio. ANCHORAGE

Al B&B ci assegnano una stanza che in realtà è un appartamento per almeno 6 persone e la colazione ci viene portata in un enorme contenitore di plastica sul tavolo del soggiorno dal proprietario. Persona singolare il tipo. Tutta la struttura è piena di cimeli e trofei di caccia, alcuni conquistati sul campo, altri acquistati al mercato del sabato. Mercato che anche noi andiamo a visitare e che troviamo allestito di fronte all’ufficio postale, con comodo parcheggio a pagamento a pochi passi. Il mercato non è straordinario, ma ci piace passeggiare tra le bancarelle che offrono tutti i prodotti tipici, dalle confetture alle pellicce, dai coltelli da caccia agli indumenti tecnici. Merita la sosta. Anche il centro città, se così lo vogliamo chiamare, è carino e una passeggiata tra i negozietti delle vie principali è sicuramente un bel passatempo. Non ci sono monumenti o costruzioni di particolare rilievo, ma l’atmosfera è piacevole. Quando rientriamo al B&B scopriamo che il nostro amico si è comprato una costola di balena intera, che adesso occupa tutto il giardino dietro al nostro appartamento. Non osiamo chiedergli cosa ne farà. Come ormai è tradizione per i nostri viaggi, chiudiamo la giornata allo zoo di Anchorage (ingresso 12$ a testa), che però ci lascia decisamente amareggiati. Non tanto per una evidente sofferenza degli animali, che anzi godono di spazi abbastanza ampi, quanto piuttosto per il confronto con i giorni precedenti, vissuti a contatto con gli stessi animali liberi nel proprio habitat. E’ vero che questo è un centro di recupero, ma uno zoo in Alaska ci sta proprio male.

Pasti: colazione al B&B pranzo al sacco – 8$ in due; cena Mc.Donald’s, Anchorage – 18,60$ in due.

Notte: Arctic B&B, 2607 Arctic Boulevard, Anchorage (tel. 907.272.1853, arcticbb.com, arcticbb@aol.com, reservations@arcticbb.com, 89,60$ BB)

domenica 10 luglio – lunedì 11 luglio. ANCHORAGE – SEATTLE – LONDRA – MILANO

C’è solo il tempo di svegliarsi, riconsegnare l’auto e prepararsi all’imbarco. Partiamo puntuali con volo delle 10:30 per Seattle, da cui poi voleremo a casa (arrivo a Malpensa alle 17:50 del giorno 11).

In conclusione, ci è piaciuta questa Alaska? Sì, decisamente sì. Perchè è un luogo in cui la natura è veramente dominante e quasi incontaminata, perchè comunque è America e noi la amiamo, perchè percorrere le sue strade è un piacere unico. Forse è proprio il guidare e lo spostarsi in macchina uno dei più grandi piaceri di un viaggio da queste parti. Chi ama le attività come pesca e kayaking e simili, qui troverà il proprio costosissimo paradiso, ma anche chi cerca il contatto con la natura sarà certamente soddisfatto. Noi che abbiamo avuto la fortuna di farlo, possiamo dire che il viaggio è simile a quello in Patagonia, anche se diverso dal punto di vista culturale, organizzativo ed economico. Quale rifaremmo? Nove volte su dieci la Patagonia, ma almeno una volta quassù bisogna venire.

Se volete vedere tutte le foto potete visitare il nostro sito per caso www.chilometrocentoquattro.com oppure copiare questo link http://www.chilometrocentoquattro.com/foto/album/alaska/ALASKA/index.html

Di Alessandro e Sabrina

Per qualunque curiosità o dubbio non esitate a contattarci: alessandro_ugolini@libero.it

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