Cuba… Ronald non correre

Cuba a gennaio. Per mettere il costume in valigia il 31 dicembre e per visitarla prima che arrivi McDonald: la fine dell’embargo (per fortuna e purtroppo) incombe
Scritto da: stramaury
cuba... ronald non correre
Partenza il: 01/01/2015
Ritorno il: 12/01/2015
Viaggiatori: 2
Spesa: 2000 €
Premesse

Chi: Mateo e io, nessuno ci segue.

Quando: 1-12 gennaio 2015; giorni veri: 2-10 gennaio.

Dove: Cuba centro-occidentale, dormendo a: L’Avana (3 notti), Vinales, Cienfuegos, Trinidad (2), Moron, Playa Larga, L’Avana.

31 dicembre 2014-1 gennaio 2015: viaggio Torino – Milano – Toronto – L’Avana

Teoria: cena tra amici, all’1 a casa, alle 5 sveglia, alle 6 partenza. Pratica: alle 2.30 siamo ai dolci, alle 4.30 ai giochi, alle 5 salutiamo; bagagli, alle 6 partenza. Sul raccordo tra A4 e Superstrada per Malpensa un cane corre sulla corsia di emergenza. Troppi brindisi? Nel dubbio avvisiamo il 113.

Voliamo con Air Canada destinazione l’Avana via Toronto; 10 ore di volo, atterriamo alle 15. Toronto, come L’Avana, è 6 ore indietro rispetto all’Italia. Restiamo nell’area partenze ma dobbiamo compilare lo stesso il foglio della dogana canadese e passare un controllo passaporto; ripartiamo alle 19 e poco dopo le 22 siamo nella capitale cubana.

Trafila: controllo bagaglio a mano (buon lavoro dello stilista che veste le poliziotte aeroportuali); controllo passaporto (“Potresti avere l’ebola?” “No”); ritiro bagagli; dogana (sul modulo spuntiamo “niente da dichiarare”).

Ci aspetta un taxista mandato da Casa Viel, la casa particular dove alloggeremo a l’Avana. Prima di lasciare l’aeroporto prendiamo un po’ di CUC: chiedo di cambiare 1.600€, l’addetta risponde max 500€; agli sportelli c’è coda quindi impieghiamo 30’. CUC in tasca saliamo sul taxi e in un’altra mezz’ora raggiungiamo Casa Viel, nel quartiere residenziale di Vedado. Finalmente!

Prima di dormire ci rilassiamo tra soggiorno e portico dove ci raggiunge la padrona di casa Milagros; ci offre una tazza di tè e iniziamo a chiacchierare. Programma: partenza domani mattina per 7 giorni nella parte centro-occidentale dell’isola su una macchina con autista, contattato da noi nelle settimane scorse chiedendogli di occuparsi anche delle case particular fuori l’Avana. Problema: alcune ore prima ha chiamato Milagros perchè oggi gli hanno sospeso la patente per un mese: siamo senza macchina nè prenotazioni. Niente panico. Mateo e io applichiamo il metodo sticazzi. Milagros è più costruttiva e si fa provvidenzialmente carico di risolvere la situazione, pur senza esserne tenuta visto che con l’autista lei non c’entra nulla. Trovare a mezzanotte auto e conducente per una settimana a partire da domani mattina è impensabile, quindi concordiamo di invertire il programma: prima i 2 giorni a l’Avana e poi i 7 in giro, così Milo ha un po’ più di tempo per cercare quel che ci serve. Doccia e a dormire.

2 gennaio: L’Avana

Colazione pantagruelica, impossibile finire tutto. Sarà così per tutti i pasti nelle case particular in cui alloggeremo. Alziamo bandiera bianca e Milo ci raggiunge per chiacchierare ancora un po’ e darci indicazioni e consigli su L’Avana. Istruiti a dovere alle 11 usciamo.

Iniziamo col bus turistico T1 a due piani che fa la spola tra il Capitolio e zona Miramar, a est. Biglietto giornaliero, 5 CUC a testa, hop-on hop-off; lo prendiamo in direzione est all’incrocio tra Malecon e Avenida Paseo. Hop-off in Plaza de la Revolucion; hop-on su un bus successivo per attraversare i quartieri orientali, nel bello e nel brutto, è un buon modo per vedere un pezzo di città fuori dal centro; a fine della tratta dietrofront e restiamo a bordo fino al capolinea in zona Capitolio. Camminiamo, un signore attacca bottone, gli diamo corda, dopo 3’ vuole venderci qualcosa, tagliamo corto. Continuiamo a camminare, un ragazzo attacca bottone, gli diamo corda, “guardate che Habana Vieja è nella direzione opposta” (ha ragione), dietrofront, dopo 5’ vuole venderci qualcosa, tagliamo corto. Impariamo (un po’) la lezione: al 99% chi attacca bottone parlando del più o del meno poi vuole venderti qualcosa, quindi meglio troncare la conversazione sul nascere. Peccato però.

Passiamo il pomeriggio ad Habana Vieja tra le quattro piazze più famose e le vie più o meno turistiche; mi stupisce come basti girare l’angolo per passare da strade affollate e curate (Calle Obispo, Calle Mercaderos, ecc.) ad altre molto meno frequentate e piuttosto malridotte. Girovaghiamo qualche ora, compro un panama per rispettare il cliché del turista occidentale, ci ritroviamo molte volte negli stessi posti, arriviamo tardi al museo del rum, al tramonto beviamo un buon mojito in strada alla Bodeguita del Medio tra musica live e una piccola folla, andiamo alla fabbrica di tabacco alle spalle del Capitolio ma il negozio è già chiuso; una signora vuole portarci alla cooperativa del tabacco ma tagliamo corto (promemoria). Lei si arrabbia. Fa buio, la zona è centrale ma poco illuminata e non conosciamo ancora la città quindi rientriamo in taxi a Casa Viel. La cena è proporzionata alla colazione: facciamo onore senza difficoltà visto quanto è buona ma anche stavolta ci tocca avanzare. Chiacchiere e relax con Milo e dopocena al rinomato Jazz Club. Non ci piacciono locale, temperatura, margarita, musica, ma non mi azzardo a sconsigliarlo visto che LP e altre persone ne parlano bene. Ci spostiamo in taxi a Habana Vieja, è mezzanotte passata e ci sorprende vedere che in giro non c’è praticamente nessuno. Camminiamo mezz’ora nelle stesse vie del pomeriggio, tutti i locali affollati di giorno ora sono chiusi, le strade deserte. Raggiungiamo alcuni taxi, un autista ci consiglia la Casa de la Musica di Miramar ma per stasera decliniamo ripromettendoci di andare domani.

3 gennaio: L’Avana

Usciamo alle 9 e ci dirigiamo in centro a piedi (circa 6 km) percorrendo prima la trafficata Calle Linea con le belle residenze borghesi e poi spostandoci sul lungomare all’altezza del lussuoso Hotel Nacional. Raggiungiamo finalmente il tratto più interessante e famoso del Malecon, tra Padre Varela e Paseo de Marti. Gli edifici sono fatiscenti e malinconici, molto affascinanti, gli scorci traguardano le vie retrostanti attraverso quartieri popolari e vivaci. Sosta in zona Castillo de San Salvador de la Punta dove il panama vola via, ciao. Torniamo in Habana Vieja, sole splendente e cielo terso ce la fanno apprezzare ancora più di ieri. Tappa al Cafè Escorial in Plaza Vieja, Mateo beve un irripetibile daiquiri al caffè quindi torniamo al museo del rum ma oggi è chiuso tutto il giorno. Affoghiamo il dispiacere nell’Havana Club (7 anos e Seleccion de maestros, buoni) al vicino bar Dos Hermanos; di fronte c’è il murales del Che che spicca photoshoppato sulla copertina della nostra LP ed. 2014. Restiamo nel dedalo di vie di Habana Vieja, siamo ripetitivi ma ci piace, imbocchiamo per l’ennesima volta l’affollatissima Calle Obispo dove facciamo 1h30’ di coda alla cadeca (casa de cambio) per cambiare altri 600€ a testa; il taglio più grosso che danno è da 20 CUC, quindi ne usciamo con in tasca un malloppo così di banconote. In fondo a Calle Obispo entriamo al Floridita per un daiquiri e buona musica live, il locale è assai turistico ma piacevole. Una volta fuori saliamo nell’adiacente negozio di sigari; usciamo a mani vuote e riproviamo al negozio della fabbrica del tabacco per un confronto; sentenza: più easy quello a fianco del Floridita, torneremo lì.

La fabbrica di tabacco è dietro al Capitolio, da qui finalmente allarghiamo un po’ il raggio d’azione infilandoci nella vicina via Maximo Lopez. Un altro mondo: quasi nessun turista, una povertà più lampante e diffusa che si vede nelle strade, nelle case, nelle automobili, nell’abbigliamento delle persone. Da occidentali con macchina fotografica al collo stoniamo abbastanza ma nessuno fa caso a noi quindi camminiamo per un’oretta nel quartiere. Sbuchiamo per caso nel Barrio Chino e questo basta per ritrovarci, in pochi isolati, nell’Avana dei turisti. Tornati al negozio di sigari vicino al Floridita compriamo Cohiba, Montecristo, Romeo j Julieta, non così economici rispetto all’Italia quindi col nostro budget (qualche decina di CUC a testa) facciamo poco. Sempre per caso finiamo sul Paseo de Marti che dal Capitolio va al Malecon e che ha una bella passeggiata centrale piacevolmente affollata a quest’ora; gli edifici che vi si affacciano sono decadenti e affascinanti. Sbuchiamo sul lungomare che al tramonto dà il meglio di sé per la luce meravigliosa e perché pullula di cubani e turisti. Ci godiamo panorama e cazzeggio, percorriamo a piedi un paio di km del Malecon, quindi rientriamo a Casa Viel in taxi. Altra cena esagerata. Per il dopocena chiediamo indicazioni sulla Casa da Musica di Miramar, capiamo finalmente la sua peculiarità, tra una chiacchiera e l’altra si fa mezzanotte e quindi lasciamo campo libero ai pensionati tedeschi e andiamo a dormire. Domani si parte.

4 gennaio: L’Avana – Cayo Jutias – Vinales

Milagros ha risolto le nostre magagne: abbiamo auto, autista e case. Raul ci porterà in giro per Cuba nei prossimi 7 giorni; lo abbiamo conosciuto un paio di sere fa per metterci d’accordo su itinerario e prezzo; quel che non sappiamo è che macchina abbia. Sbircio dal portico e mi esce un sorriso così: Plymouth anni ’50, viola, cerchi cromati. Guardo Milo contento come un bambino.

I bagagli ci stanno al pelo (il mio trolley sembra una cassa da morto con le ruote), salutiamo e partiamo in direzione ovest; per noi continua la vacanza, per Raul inizia il tour de force. Il viaggio dura 3-4 ore; prima di Vinales fa una brevissima deviazione verso un punto panoramico: vista meravigliosa sulla valle con mogotes, rigogliosa vegetazione, terra rossa. In tarda mattinata arriviamo a Cayo Jutias: una stretta striscia di sabbia bianca e sottile, mare cristallino, piccoli edifici in legno con bar, ristorantino, diving, nessun resort o ecomostro. Né Mateo né io siamo esperti di spiagge esotiche ma questa ci sembra meravigliosa. Svacchiamo al sole, diamo corda al socievole cagnetto Zeus che però mordicchia per mezz’ora tutto ciò che gli capita a tiro – magliette, asciugamani, mani – finché decide di accanirsi su altre persone. Mojito, bagni, sole. Chiudiamo con un fotogenico cocoloco e attorno alle 16 torniamo da Raul che in 1h 30’ ci porta a Vinales. L’ultima parte del tragitto è al tramonto, sarebbe bello godercelo dal punto panoramico di stamattina ma non faremmo in tempo. Sosta per vedere da lontano il Murales de la Prehistoria e poi raggiungiamo la casa particular prenotata da Milo.

Ci accolgono Pedro e la giovane moglie: sono ottimi conversatori quindi è piacevole parlare un po’ con loro. Solita cena esagerata, altre chiacchiere con Pedro, ogni tanto fanno capolino nonni e figlie piccole, c’è un bell’ambiente familiare che tra i vari motivi per preferire le case particular agli hotel è tra i più convincenti. A metà serata facciamo due passi per Vinales: il clima è provinciale nel senso buono del termine, cioè semplice ma gradevole, con un bell’assortimento di persone. La via centrale ha case basse e ristoranti, una piazzetta con la chiesa e, adiacente, la Casa de la Trova, che è poi un patio circondato da tavolini; prima cantanti e musica live (stile Corrida o talent show) quindi parte la salsa e chi sa ballare si butta. Ci rendiamo conto in fretta che essere a Cuba senza conoscerne mezzo passo azzoppa drammaticamente la vacanza. Delle 40 persone in pista l’unico ballerino incompetente è vestito da ciclista svizzero anni’ 80: tuta rossa, croce bianca sul petto e cappellino con la visiera rigida (è mezzanotte); idolo. Quando ne abbiamo abbastanza di fare tappezzeria ce ne andiamo. Off topic: camminando notiamo che le Lada anni ’70 della polizia hanno sul tetto un lampeggiante grosso così che le fa sembrare caricature da cui potrebbero scendere Basettoni o Lo Gatto.

5 gennaio: Valle di Vinales – Cienfuegos

Alle 8 siamo pronti per la gita a cavallo, in una girandola di subappalti: Pedro, poi amico di Pedro, poi fratello dell’amico di Pedro. Con lui camminiamo circa 10’ su stradine sempre più malridotte fino a infilarci in un fosso alto 2 metri tra sterpaglie e bottiglie vuote. Pare un ottimo posto per una discarica abusiva o per abbandonare cadaveri (cose che non ho mai fatto). Siamo scettici. Qualche passo e raggiungiamo 4 cavalli e un ragazzino che dimostra 10-12 anni. Saliamo in groppa e partiamo. Il cavallo di Mateo si chiama Mojito, il mio Cocoloco. Il capospedizione è il ragazzino, che per tutta l’escursione si dimostrerà pienamente padrone della situazione come un’esperta guida ippoturistica. La prima mezz’ora ci lascia interdetti: usciamo dal fosso ma i sentieri restano punteggiati di macerie e rifiuti (qua e là, non che sia una distesa di monnezza). I cavalli sciupati arrancano sotto il nostro peso. Pian piano lasciamo la “periferia” di Vinales e il paesaggio della vallata diventa più bello. I sentieri sono vuoti, c’è il sole, siamo in mezzo a verde e terra rossa e attorno a noi si alzano i mogotes. La prima tappa si rivelerà la più interessante, una piccola coltivazione di tabacco; forse finta ma chissenefrega. Quel che ci circonda è molto fotogenico: qualche campo, un contadino in lontananza che lavora, alcune capanne. Entriamo. 5’ a guardarci attorno, 10’ di spiegazione sulla coltivazione del tabacco e sulla fabbricazione dei sigari, 5’ a provare a venderceli (te pareva) offrendocene uno che in effetti ha un buon sapore. La confezione da 12 viene 40 CUC, ne prendiamo una a testa; a conti fatti questi sigari artigianali costano 1/3 dei pari dimensioni di marca visti nei negozi (alla dogana non ci faranno storie; non li ho ancora fumati quindi non so se ci abbia fregato). Ripartiamo soddisfatti. Entriamo in una grotta (nulla di che), saltiamo il bagno nel lago (tempi stretti), raggiungiamo un affollato agribar in mezzo ai campi dove provano a venderci la qualunque; il contesto è carino e assaggiamo il guarapiron, buono e dolcissimo mix di succhi e rum. Ne approfitto per chiedere al ragazzino quanti anni ha: “16”; decido di non impicciarmi oltre.

Torniamo in sella, è metà mattina e adesso ci sono più turisti in giro; il tempo stringe, pian piano usciamo dall’idillio campestre e ritorniamo a Vinales. 20 CUC a testa (5 all’ora) per la gita a cavallo. Alle 12 siamo a casa di Pedro dove ci aspetta la Plymouth viola. Ringraziamo, salutiamo e partiamo. Il nostro autista ci propone la Cueva de los Indios, una grotta nelle vicinanze. Accettiamo. La grotta non ci esalta ma per raggiungerla percorriamo in macchina un tratto di vallata che non avevamo ancora visto, molto piacevole. Peccato non avere mezza giornata a disposizione per girarla in bici come vediamo fare a molta gente. Verso le 13 partiamo per Cienfuegos, una tirata di qualche centinaia di km per il nostro autista. Noi ci addormentiamo. Verso le 16 tappa a sorpresa nella campagna fuori l’Avana a casa sua (di Raul), che ci presenta la moglie e offre panini e caffè per pranzo. Mezz’ora e ripartiamo. Alle 18 inizia a far buio mentre siamo sulla strada che dall’autopista va a Cienfuegos. Ringrazio di non essere al volante: in strada ci sono adulti, bambini, cani, carretti trainati da cavalli. Alle 19 siamo alla casa particular. Passiamo dal soggiorno dove ci sono una decina di persone e una tigre di peluche che ci fissano; la simpatica padrona di casa ci spiega che è il compleanno della figlia, una bella ragazza che vive a Milano e che è tornata a casa per qualche giorno. Svacchiamo in camera, partecipiamo al taglio della torta, cantiamo tanti auguri in spagnolo, inglese e italiano (molto divertiti e molto imbarazzati), quindi tipica cena esagerata.

Altre chiacchiere con la padrona di casa e la ragazza che si occupa della cucina, tra un argomento e l’altro ci consigliano la discoteca ARTex in zona Punta Gorda. Camminiamo qualche decina di minuti, la città sembra abbastanza smorta. Raggiungiamo la discoteca, che stasera ha due peculiarità: spettacolo di cabaret in cui pochi ridono, una discreta quantità di chicas (prostitute). E’ chiaro che gli italiani sono considerati ottimi e affezionati clienti, quindi veniamo circondati in tempo zero. La padrona di casa era stata chiara: “No chicas!”, mimando le manette (per lei). Ok.

6 gennaio: Cienfuegos – El Nicho – Trinidad

Cienfuegos by day. Passeggiamo un’oretta in centro; ieri sera non ci aveva affatto convinto, stamattina l’impressione è migliore: nulla di eccezionale ma è una piacevole cittadina di provincia. Carini soprattutto Parque Jose Marti, l’Avenida 54 e il Paseo del Prado; fanno molto il bel sole e il vivace viavai di persone. Con un taxi a triciclo ci spostiamo a Punta Gorda; potevamo evitare. Torniamo in taxi alla casa particular, foto ricordo e si parte. Due ore di strada attraverso rigogliosi paesaggi montani e raggiungiamo il parco di El Nicho. Nel tragitto il cielo si rovina e cade qualche goccia; entriamo nel parco che è nuvolo. Il percorso ad anello di circa 1 km tocca nell’ordine: laghetto mini-mini, cascata, laghetto mini con cascata; tutto piacevole. Al secondo laghetto facciamo il bagno, l’acqua è fredda e ogni tanto pioviggina, dopo mezz’ora riprendiamo il giro. L’ultimo tratto è il meno interessante: chiudiamo il giro poco a monte del primo lago, dove ci concediamo un secondo bagno emulando la simpatica sudamericana oversize che si tuffa in jeans e camicia a fiori.

Pranziamo nel ristorantino vicino all’ingresso e alle 15 siamo dal nostro autista. Con un meteo migliore ci saremmo fermati ancora un po’. Partiamo per Trinidad, nei pochi momenti in cui non dormo l’impressione è che anche questo tratto di strada sia molto bello. Torna un bel sole e a metà pomeriggio siamo a destinazione. La casa particular è a 15’ a piedi dal centro, qualche isolato a sud della zona acciottolata. Molliamo le valigie e andiamo subito in Plaza Mayor. Su Trinidad ho aspettative molto alte ma come volevasi dimostrare inizialmente sono deluso: è tutt’altro che brutta ma mi colpisce meno di quanto immaginassi. Mi aspettavo una bomboniera da colpo di fulmine (come accaduto a Bruges). Errore. In piazza ci guardiamo attorno: cattedrale, edifici vari, campanile, la scalinata della Casa de la Musica con le persone sedute sui gradini che bevono mojito al tramonto. Inizia a piacermi un po’ di più. Camminiamo e apprezziamo la luce di quest’ora, c’è tanta gente in giro. Fa buio, tappa alla casa de la cerveza e torniamo alla casa particular per cena. A Trinidad ci hanno consigliato 3-4 locali e noi abbiamo solo 2 sere. Finito di cenare decidiamo di fare un riposino veloce prima di uscire, giusto mezz’ora. Ci svegliamo 3 ore dopo, a mezzanotte passata. Forza di volontà, doccia, usciamo. Iniziamo con la Casa de la Musica: di fatto è una discoteca, si trova in cima alla famosa scalinata, è piena di gente e a quest’ora c’è musica internazionale che la maggior parte delle persone balla comunque tipo salsa, Snoop Dog compreso. Ci spostiamo quindi alla discoteca Ayala (Las Cueva), in una grotta alcune centinaia di metri fuori dal centro sul versante della collina su cui sorge Trinidad; ci si va a piedi, basta non farsi scoraggiare dalle stradine sempre meno invitanti; c’è un andirivieni di persone quindi è sufficiente accodarsi. Trinidad guadagna altri punti.

7 gennaio: trinidad – Playa Ancon – Trinidad

Alle 7 sono fuori per vedere la città che si sveglia. C’è già luce ma il sole è ancora basso. Per strada bimbi e ragazzini che vanno a scuola, venditori di pane in bicicletta, adulti e anziani che escono di casa,qualche turista con la mia stessa idea. Cammino per un’oretta, le vie acciottolate si affollano col passare dei minuti e il sole si alza illuminando a poco a poco la città. Alle 9 sono a casa per colazione, mezz’ora dopo stiamo tornando in centro, ormai in pieno fervore. Saliamo sul campanile del monastero, ascoltiamo uno dei tanti gruppi che suonano in strada, scattiamo foto approfittando del cielo terso. Trinidad mi sta davvero prendendo. Saliamo anche sulla torre del museo storico e alle 12 torniamo alla casa particular per andare a Playa Ancon. Abbiamo avuto pareri contrastanti, l’unica soluzione è vedere di persona. La nostra guida ci propone la prima parte della spiaggia, meno frequentata, poco prima del complesso Club Amigo. Non è bella come Cayo Jutias ma ne vale comunque la pena. Raul ci ha parlato di un’altra porzione di spiaggia circa un km più avanti, il dubbio è se spostarci lì ma lasciamo perdere e verso le 15 preferiamo tornare a Trinidad per replicare il pomeriggio di ieri e goderci di nuovo il tramonto in città. Alla casa particular chiediamo in prestito due bici: sulle strade asfaltate sono comode, veloci e ci divertiamo, quando raggiungiamo la zona acciottolata però diventano un impiccio; le leghiamo a un palo e torniamo a camminare. Andiamo alla Canchànchara a bere la chanchànchara; non ci piace. Il sole inizia ad abbassarsi quindi verso le 17 svacchiamo bevendo mojito sulla solita scalinata a fianco della chiesa. Come noi un sacco di gente, seduta a terra o ai tavolini. Puro relax. Qualche decina di minuti e riprendiamo a camminare, acquistiamo cianfrusaglie alle bancarelle e nei negozi di souvenir, recuperiamo le bici e torniamo a casa mentre fa buio. Cena. Si intasa il cesso. Armeggiamo un’ora senza successo. Sticazzi, usciamo, oggi ad un’ora normale. Tra i must serali in elenco ci manca la Casa de la Trova, andiamo lì. L’età media è sui 65 ma ci sediamo lo stesso; un po’ di attesa e alle 22 iniziano a suonare. Il locale si anima e l’età media scende di un paio di decenni, certo che rispetto a disco Ayala è un’altra cosa. Restiamo qui un paio d’ore, piuttosto contrastate: la musica live è la migliore sentita in tutta la vacanza (notevoli 10’ di “Chan Chan” con assoli e virtuosismi di un sassofonista bravissimo) e un gran rodimento per non sapere mettere in fila due passi di salsa. Tappezzeria mode on. Compiti a casa per il prossimo viaggio a Cuba: lezioni di spagnolo e di balli caraibici. A mezzanotte passiamo alla vicina Casa de la Musica, che stasera ingloba la celebre scalinata (l’hanno delimitata con una corda e si paga un CUC per entrare); tanta gente, siamo meno fuori luogo che prima, ci piace anche stasera, molto bene. A casa il cesso funziona, evviva.

8 gennaio: Trinidad – Valle de los Ingenios – Playa Pilar – Moron

Inizia il declino. Alle 8.30 si parte direzione nord. Fuori Trinidad facciamo tappa al punto panoramico sulla Valle de los Ingenios: bello. Tappa al vicino zuccherificio ottocentesco, ma c’è poco da vedere: bella torre che serviva a controllare i poveri schiavi al lavoro mentre la casa padronale è in ristrutturazione con ponteggi e muratori all’opera. Pochi km e altra tappa (10’) a Manaca Iznaga, inaspettatamente superturistica con banchi di souvenir e frotte di gente; non saliamo sulla torre (errore) e ci rimettiamo in viaggio. Dormiamo risvegliandoci dopo le 13 dalle parti di Moron; il tempo è brutto, con vento e nuvole nere. Un’altra ora e mezza e superato Cayo Coco raggiungiamo Playa Pilar, che LP e vari amici dicono essere la spiaggia più bella di Cuba. Aspettative: altissime, come per Trinidad. Facendola breve: la spiaggia sarebbe bellissima ma il tempo fa schifo; il cielo è grigio, c’è un vento freddo e il mare mosso. La poca gente ancora in spiaggia se ne sta andando. Affoghiamo la delusione nel cibo al bar della spiaggia. Il giorno da dedicare interamente a Playa Pilar sarebbe domani ma d’accordo con il nostro autist, che chiacchierando con un pescatore ha avuto conferma che il maltempo durerà, modifichiamo il programma; in fondo Playa Pilar l’abbiamo vista (al peggio delle sue potenzialità) e non vogliamo rischiare un altro giorno qui. Parentesi: poco prima della spiaggia stanno costruendo dei resort ammazzapanorama, w il cemento.

Ripartiamo per Moron, dove dormiremo. Quando arriviamo è già buio; è una piccola cittadina, l’abbiamo scelta perché qui si trovano le case particular più vicine a Playa Pilar, comunque distante quasi 100 km e 1h 30’ di viaggio. I padroni di casa sono di una gentilezza unica, al limite del servile con tanto di piccoli inchini; purtroppo come già accaduto a Trinidad non riusciamo a fare le belle e lunghe chiacchierate a cui ci avevano abituato Milo a l’Avana e Pedro a Vinales. Ci offrono succo di frutta con rum, poi ceniamo e usciamo. Col buio Moron è smorta: via centrale semideserta, illuminazione scarsa, poca gente in giro. La Casa de la Trova è aperta ma letteralmente vuota. Ci approcciano due chicas, decliniamo; non mollano, ci inseguono in bici, ci superano e aspettano all’isolato successivo per riattaccare bottone. Ridecliniamo e la scena si ripete. Abbastanza comica. A interrompere il loop basta una macchina della polizia all’orizzonte che le fa sparire in un attimo.

9 gennaio: Moron – Remedios – Santa Clara – Playa Larga

Ci svegliamo col sole. Voto 2 al pescatore meteorologo. La tentazione di andare a Playa Pilar è forte ma è ad un’ora e mezza di viaggio nella direzione opposta alla nostra, stavolta Raul perderebbe la sua calma serafica. Esco per spedire un paio di cartoline (cassetta blu all’esterno dell’ufficio postale) e prendere altri CUC, notando che come Cienfuegos anche Moron al mattino è più piacevole, sempre merito del sole e della gente in giro. Alle 9 siamo in macchina verso Remedios; il paesaggio che attraversiamo ci piace anche oggi. Remedios ricorda Moron per dimensioni e caratteristiche, forse è un pochino più bella anche se limitiamo la nostra passeggiata alla piazza principale. Dopo nemmeno mezz’ora siamo in macchina in direzione Santa Clara. Tappe al Museo dell’attentato al treno (molto semplice ma non male), alla fabbrica di tabacco della città (chiusa per lavori, uffa), al memoriale del Che (monumentale ma suggestivo), dove visitiamo il museo e il mausoleo. Purtroppo non c’è tempo di mettere il naso in centro. L’autista ci ha spiegato che in questo periodo dell’anno la costa nord è esposta al maltempo e quindi sono più frequenti nuvole, fresco e mare mosso, per cui abbiamo concordato di trascorrere le ultime ore di mare sulla costa sud, nella Baia dei Porci. Raggiungiamo Playa Larga alle 16, un po’ tardi. La Plymouth si ferma in un posto strano: una colonia per bambini abbandonata e un po’ inquietante; Raul dice che ha una bella spiaggetta probabilmente vuota. Vero. E’ carina e raccolta, idem l’insenatura su cui si affaccia, il mare una tavola. Problemi: fa fresco anche qui (è metà pomeriggio, ci sono qualche nuvola e il vento) e dalla sabbia escono voraci pappataci, insetti minuscoli che però morsicano come piranha. L’antizanzare non serve, sono insopportabilmente famelici quindi ci tuffiamo per disperazione. Fredda l’acqua e freddo il vento. Resistiamo un’ora e torniamo alla macchina, delusi per il meteo che sta guastando questi giorni di vacanza in cui contavamo di abbronzarci e rilassarci in spiaggia. Raggiungiamo la casa particular a Playa Larga; al confronto Moron è una metropoli. Cazzeggiamo un’oretta, ci offrono un mojito e poi usciamo a fare due passi sulla vicina spiaggia prima che faccia buio; rientriamo di corsa dopo aver generosamente sfamato pappataci e zanzare. Solita cena esuberante e a dormire perché non c’è davvero nulla da fare (o se c’è non lo troviamo).

10 gennaio: Playa Larga – L’Avana

Ultimo giorno cubano. Alle 9 l’autista ci porta alla Cueva de los Peces, tra Playa Larga e Playa Giron: da un lato della strada c’è la cueva (una pozza stretta e profonda con pesci, dove si può fare il bagno), dall’altro un mare meraviglioso a cui si accede da scogli ruvidi come grattugie; tra mare e strada una brutta striscia di ghiaia e rari ciuffi d’erba. Anche oggi è nuvolo e fresco. Per riposare il posto è pessimo: il fondo è scomodo, c’è un continuo viavai di gente e le macchine sfrecciano a pochi metri da noi. Il mare invece è meraviglioso: cristallino, con coralli e qualche pesce colorato; il mar Rosso per me resta una spanna sopra ma anche questo merita. Stiamo qui 2-3 ore, sognando invano il riposo dei giusti su spiagge dalla sabbia soffice, sottile e bianca ma apprezzando il bellissimo mare. Visto che stamattina l’autista ci aveva proposto anche un’altra tappa alle 12 gli chiediamo se ci porta a vederla; qualche km verso Playa Giron e arriviamo in un altro spiazzo (stavolta deserto), con scogli (stavolta lisci) che affacciano su un mare sempre bellissimo. Ora c’è il sole e fa un po’ più caldo; ci tuffiamo, niente coralli né pesci ma acqua sempre piatta e cristallina. Quando torno sugli scogli arriva un autobus pieno di sub. Già notati nella “spiaggia” precedente ma essendo più affollata il meccanismo era meno chiaro: autobus di turisti percorrono la costa fermandosi in punti prestabiliti; ad ogni tappa i gitanti trovano bombole pronte, si immergono mezz’ora, si asciugano e poi passano alla successiva. Visti da fuori sono una pacifica ma invadente mandria alla conquista di una spiaggia fino a quel momento deserta o quasi. Vabbè. Alle 13 partiamo per l’Avana, siamo agli sgoccioli.

Entriamo a Casa Viel alle 15.30, calorosi saluti con Milo, mille ringraziamenti a Raul. Ci fiondiamo in centro per goderci ancora una volta Habana Vieja. Usiamo queste ore per le ultime cose: mojito sul terrazzo dell’Hotel Ambos Mundos (bel terrazzo, cattivo mojito), tornare al Cafè Escorial per un bis di quel famoso daiquiri al caffè assaggiato il primo giorno, ma come si chiamava? Ordiniamo daiquiri de escorial, non ci portano quello ci aspettavamo, beviamo, riproviamo col daiquiri de cafè, pure questo è diverso da quello che aveva preso Mateo una settimana fa, beviamo. I tre cocktail in rapida sequenza scacciano l’idea di un altro mojito alla Bodeguita del Medio, peccato, ci era piaciuto. Camminiamo fino alle 20 e torniamo a Casa Viel. Ceniamo, parliamo con 3 hipster milanesi arrivati un paio di giorni prima, chiacchieriamo con Milo, prepariamo le valigie.

11 e 12 gennaio: L’Avana – Toronto – Milano – Torino

Alle 5 arriva l’autista, puntualissimo. Milo: “Raul sei cubano o tedesco?”. Nonostante la sfacchinata dei giorni scorsi e la partenza all’alba ci fa lui da tassista, forse vuole essere certo che stiamo davvero lasciando Cuba. Salutiamo e ringraziamo Milo, è stata fantastica e gentilissima come tutte le persone che mandano avanti Casa Viel. In mezz’ora siamo all’aeroporto; saluti e ringraziamenti anche al roccioso Raul, che ora può davvero tirare un sospiro di sollievo.

Check-in, paghiamo i famosi 25 CUC a testa di tasse aeroportuali (sportello tra check-in e controlli), raggiungiamo il gate e cambiamo gli ultimi CUC che ci sono rimasti in tasca. Alle 8 decolliamo per Toronto, atterriamo alle 11.30.

Compiliamo il modulo della dogana, superiamo il controllo passaporti, cambiamo 100€ in 115$ canadesi, trovo il baggage storage per il mio ingombrante bagaglio a mano (Terminal 1, negozio Samsonite all’estremità della zona check-in). Prendiamo un taxi fino alla Town Hall; fanno 60$ + 9$ di mancia (obbligatoria) all’autista: m*****a! Paghiamo con la carta per non rimanere a secco visto che è domenica e vogliamo avere in tasca abbastanza contante per tornare in aeroporto tra poche ore. C’è il sole ma fa un freddo cane e c’è vento. E’ tutto un grattacielo quindi siamo praticamente sempre all’ombra. Camminiamo 20’ e ci riscaldiamo in un Burger King. Quando usciamo percorriamo Yonge Street fino all’altezza del Queen’s Park; da qui torniamo indietro lungo University Avenue. La città a me non dispiace, Mateo è meno convinto. Però siamo d’accordo sul fatto che ci stiamo congelando. Questa zona del centro ha un labirinto sotterraneo di centri commerciali e stazioni della metropolitana, perché nel periodo invernale passa la voglia di camminare all’aperto e allora hanno costruito una Toronto parallela, interrata e riscaldata; apprezziamo l’idea e scendiamo nel centro commerciale Eaton, mettiamo il naso in un paio di quelli vicini (più vecchi e brutti), poi non essendo dediti allo shopping ed avendo già pranzato iniziamo ad annoiarci. Tornare al freddo non se ne parla quindi assecondiamo la stanchezza e pensiamo al rientro in aeroporto. Sono rassegnato al taxi, Mateo per fortuna no: scopre che si può arrivare al Terminal 1 con metro + bus. Sono le 15, il volo è alle 18.30: abbiamo tempo per provare, perderci e ritrovarci, invece va tutto liscio. Funziona così: gettone della metro (token, 3$ a testa), linea gialla, linea verde fino al capolinea ovest; saliamo sul bus 192 (compreso nel biglietto della metro) e scendiamo alla fermata del Terminal 1. Tempo complessivo Toronto-aeroporto: 1h scarsa; costo: 3$ a testa. Maledetto taxi. 2h di attesa per l’imbarco, ci accorgiamo all’ultimo che nel frattempo è variato il gate per Milano e che di fatto stiamo aspettando il volo per L’Avana (peccato essercene accorti), corriamo al gate giusto dove siamo ancora in tempo per imbarcarci. 8 ore di volo (correnti a favori riducono il tempo rispetto all’andata), alle 8.30 siamo a Milano, alle 12 a Torino.

Info pratiche

Costi

1.850€ a testa in alta stagione, senza lussi né privazioni (per i nostri standard).

Trasporti: 1200€ (volo, auto e autista, taxi);

Pernottamenti: 150€;

Pasti: 200€;

Visto e assicurazione: 120€;

Ingressi e varie: 120€;

Sigari: 60€.

Le case particular sono economiche, mediamente 30CUC a notte a camera doppia/tripla.

Cibo e bevande a buon mercato ovunque siamo stati; esempi: colazione in casa particular 3-5CUC (facile che poi si salti il pranzo), cena in casa particular 8-10 CUC (fino a 15 mangiando aragosta), mojito 3 CUC (5 nei posti più famosi). I soldi si cambiano nelle “case de cambio” (cadeca), quella in calle Obispo ad Habana Vieja è affollata e richiede lunghe code, meglio andare altrove;

I turisti usano i CUC (pesos convertibili), se volete anche la moneta cubana PN (pesos nacional) pare che solo alcune cadeca la distribuisce ai turisti (informatevi prima);

1 CUC = 1 $ USA = 25 PN circa. Lasciare 1 CUC di mancia ogni tanto non fa male: per noi è meno di un euro, per un lavoratore cubano è un bell’extra.

L’impressione conferma quanto letto prima di partire: la doppia moneta fa sì che chi ha a che fare con i turisti se la passi piuttosto meglio di chi fa lavori statali (medici, ingegneri, ecc.). L’altra impressione è che togliendo l’embargo e con l’arrivo degli statunitensi Cuba diventerà un po’ meno povera e un po’ meno affascinante. Immaginare un McDonald a L’Avana mi disturba molto.

Spostamenti

Volo Air Canada (750€) prenotato 6 mesi prima stupendoci per i prezzi già alti ma potevamo viaggiare solo nel periodo delle Feste; volando l’1 gennaio abbiamo risparmiato circa 200€ rispetto ai giorni precedenti o successivi. Amici venuti a Cuba fuori stagione hanno speso 500€. Lo scalo a Toronto è fuori mano ma accettabile. Air Canada discreta.

L’auto con autista ha 2 motivazioni: sicurezza e tempo. Evitare di investire venditori di frutta sull’autopista, di tamponare carretti trainati da cavalli, di impiegare due ore a trovare le case particular prenotate, di perderci per la mancanza di cartelli e indicazioni. Il nostro autista ha fatto benissimo il suo lavoro. La Plymouth viola ha aggiunto fascino alla vacanza; spifferi, volante hyundai e motore diesel Peugeot l’hanno resa ancora più simpatica, un Frankenstein a quattro ruote secondo un’usanza peraltro diffusa. L’auto è stata la seconda spesa più pesante: 80CUC al giorno per 7 giorni, tutto incluso (auto, autista, gasolio, mance ai parcheggiatori, ecc.) + 80CUC extra (un giorno in più) visti i ritmi serrati imposti al’autista; totale: 640CUC per 7 giorni e circa 1800-2000 km.

Taxi: auto americane anni ’50, lada anni ’70, hyundai o geely (cinesi) o volkswagen recenti; in città ci sono anche motorini a 3 ruote a ovetto e tricicli a pedali. Ci ha dato un passaggio anche un tizio sulla sua macchina privata: 10’ di viaggio, 3 CUC (stesso tragitto in taxi almeno 5 CUC), è l’arte cubana di aggiustarsi. Prima di salire conviene chiedere il prezzo e contrattare, spesso si risparmia. La soluzione più economica sono i taxi in condivisione con altre persone (charangon), non lo sapevamo e non li abbiamo provati. Da Casa Viel (quartiere Vedado) all’aeroporto di L’Avana tariffa di 25 CUC a tratta con auto prenotate da Milo. Da Casa Viel a Habana Vieja, per me che non so contrattare, 3-8 CUC a seconda del tassista e della nostra fretta di tornare a casa.

Cavalli e bici: esperienze estemporanee e simpatiche fatte rispettivamente a Vinales e Trinidad. I cavalli cubani non fanno una bella vita. Mateo è stato punto da una zecca, probabile omaggio del suo destriero Mojito; attenzione e pantaloni lunghi.L’Avana si presterebbe molto a essere visitata in bicicletta ma ad oggi con il suo traffico caotico sarebbe un suicidio.

Pernottamenti

Case particular senza dubbio, versione cubana dei b&b, forse più spartane ma ben più interessanti (e economiche) degli alberghi. Sei ospite di una famiglia e quindi entri almeno un po’ nei suoi meccanismi: sfondo di bimbi, nonni, animali domestici, amici e parenti in visita, e momenti a più stretto contatto con i padroni di casa tra chiacchiere, indicazioni e caffè. Il tutto senza mai sconfinare nell’invadenza. Abbiamo prenotato Casa Viel su consiglio di un amico che ci era stato qualche mese prima. Per trovare le altre case ho già scritto come è andata. Autisti e proprietari delle case particular hanno solitamente una rete di contatti: trovato il primo gancio (come Milo o Raul) ci si può affidare a lui per tutte le prenotazioni successive. La fregatura è improbabile perché i turisti portano soldi (più soldi di un lavoro statale) e chi lavora con loro non ha alcun interesse a bruciarsi ricevendo feedback negativi su siti come TPC o TA.

Abbiamo dormito:

– 1/2/3 gennaio: L’Avana, Casa Viel;

– 4 gennaio: Vinales, Casa Sol Caribe;

– 5 gennaio: Cienfuegos, Casa Cubana Ileana y Omar;

– 6/7 gennaio: Trinidad, non ricordo il nome;

– 8 gennaio: Moron, Hostal Alicia;

– 9 gennaio: Playa Larga, non ricordo il nome;

– 10 gennaio: L’Avana, Casa Viel.

Nessuna perfetta, nessuna deludente; abbiamo apprezzato particolarmente le case di L’Avana e Vinales, ma non sconsigliamo nessuna delle altre. Ovviamente se si cerca un lusso da Hilton si è fuori strada. Mi ripeto: punti di forza sono le chiacchiere, i consigli, i pasti; trovare padroni di casa socievoli e disponibili e cavarsela con lo spagnolo (come Mateo) sono buoni punti di partenza.

Cibo

Vacanza all’ingrasso: mangiato tanto, bene, spendendo poco. Colazioni e cene nelle case particular, pranzi rari e in giro. Nelle case pasti sempre notevoli per assortimento di portate, messe in tavola tutte assieme quindi senza tirarla per le lunghe e in quantità tali da avanzare sempre qualcosa non per maleducazione ma per ko. Abbondanza e varietà di scelta ci hanno davvero stupito. Tanta frutta (banane, cocco, ananas, guayaba, papaya aka frutabomba, ecc…) in tutte le salse, dai succhi alle marmellate, dalle composte alle macedonie. A cena un piatto principale di carne o pesce (gamberi, pescado, aragosta, maiale, pollo, ecc…) con una lunga serie di elementi di contorno tra zuppa, banane fritte, patate dolci, verdura cruda e\o cotta, riso, uova, dolci, eccetera eccetera eccetera. Abbiamo trovato i piatti principali molto saporiti, talvolta fin troppo soprattutto alle ultime forchettate, ma trovarne di Paesi dove si mangia così a questi prezzi. Piatto migliore: pollo all’ananas di Milagros e Arelis, definito da Mateo “esperienza extracorporea”. Piatto peggiore: cocco e formaggio, non diciamo dove ed è facile immaginare come l’ha definito Mateo. Ovunque abbiamo notato che chi cucinava ci teneva particolarmente a vederci soddisfatti.

Sul fronte bevande: cocktail a profusione con il rum come comune denominatore. Raramente delusi, abbiamo particolarmente apprezzato: mojito alla Bodeguita del Medio, daiquiri de cafè o de escorial (memoria scarsa) al Cafè Escorial, Daiquiri al Floridita, tutti e 3 a l’Avana; le foto col cocoloco, la dolcezza del guarapiron. Bocciata la canchànchara a Trinidad. Tukola & co. in alternativa alla Cocacola & co., “vino” da evitare, birra cubana onesta. Bere possibilmente solo acqua in bottiglia o filtrata (come a Casa Viel). In alcune case particular nel frigobar c’erano bottigliette d’acqua piene ma aperte: occhio. Nelle case spesso le bevande non sono comprese nel prezzo, ma non sarà quello a rovinarvi.

Souvenir, fregature e dintorni

Rum e sigari di marca convengono ma non così clamorosamente; a spanne si risparmia un 30% rispetto all’Italia. Evitare i venditori che li propongono per strada, la fregatura è garantita, ci hanno detto addirittura di sigari in foglie di platano anziché di tabacco. Predico bene ma è possibile che mi sia preso questa stessa sòla dal campesino di Vinales, vedrò quando li fumerò.

Cuba ci ha dato l’impressione di essere un Paese poco o nulla violento (comunque meno dell’Italia) ma piuttosto incline allo sfruttamento del turista, a volte con invadenza altre con astuzia. Camminare sentendosi chiedere a raffica “taxi?” “taxi?” “taxi?” “taxi?” “taxi?” “taxi?” “taxi?” “taxi?” “taxi?” è innocuo ma alla lunga snervante. Chi attacca bottone per strada raramente è disinteressato: la prende larga (“Italiano? Ho un sacco di amici in Italia, blablabla”, “Italiano? Bella l’Italia, blablabla”) ma poi arriva puntualmente all’offerta o alla richiesta: “ti faccio da guida?”, “mi regali una maglietta?”, “mi offri un mojito?”, “mi paghi l’ingresso?”, “sigari?”, “ragazze?”, “casa particular?”, “mio cugino fa questo, ti interessa?”, “mia cugina fa quello, ti interessa?”, “vuoi un passaggio?”. Arg. Ripeto: mai violenti, spesso fastidiosi. Fa parte del gioco.

Conclusioni

Bel viaggio! Nulla mi ha esaltato in particolare ma le cose che mi sono piaciute sono state molte. Su tutte: Habana Vieja e i quartieri popolari del centro; Cayo Jutias; la Valle di Vinales dove tornare per un giro in bici; Trinidad che dopo un inizio arrancante mi è piaciuta sempre più. E poi le case particular, il sole, le auto anni ’50, la vitalità latina. Salti della quaglia: la salsa e Playa Pilar. L’autista ci ha detto di andarla a vedere a giugno. E’ nella lista delle cose da (ri)fare, insieme alla parte orientale dell’isola, magari prima che spopoli Mc Donald. Ronald non correre.

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L'Avana



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