Un viaggio a Cuba

20 Giugno 2004 Milano – La Habana con scalo a Madrid Arrivo a Cuba dopo cena, i bagagli all'aeroporto sembrano non arrivare mai, quando ci accorgiamo che il nostro ritiro-bagagli è altrove. In Lada fino alla casa particular nel quartiere Centro Habana trovata con www.casecuba.com. In quel momento le stanze per i turisti sono tutte piene, così...
un viaggio a cuba
Partenza il: 20/06/2004
Ritorno il: 05/07/2004
Viaggiatori: in coppia
Spesa: 1000 €
20 Giugno 2004 Milano – La Habana con scalo a Madrid Arrivo a Cuba dopo cena, i bagagli all’aeroporto sembrano non arrivare mai, quando ci accorgiamo che il nostro ritiro-bagagli è altrove.

In Lada fino alla casa particular nel quartiere Centro Habana trovata con www.Casecuba.Com.

In quel momento le stanze per i turisti sono tutte piene, così un ragazzo dopo un po’ arriva in salotto con un materasso sulla spalla, sfrattato. Salutiamo Maritza e Enrique (i padroni di casa) e andiamo ad occupare bellamente la stanza con aria condizionata da cui è stato uscito il cubano.

21 Giugno 2004 La Habana Colazione da 3 USD comprensiva di latte, caffè, pane, miele, tortilla, piattone di frutta dolcissima, succo di frutta, formaggio preparata da Maritza davanti a noi.

I cognati di Maritza e Enrique ci registrano sui documenti ufficiali per 6 notti.

Andiamo sul Malecon e rimaniamo affascinati dalla quantità di autobus, parcheggiati su tre file, pieni di studenti, cadetti della marina, soldati; probabilmente erano in attesa di andare ad ascoltare quelle sette o otto ore del discorso in Plaza de la Revoluciòn del lider maximo.

Un jinetero ci abborda e ci porta a fare un giro lunghissimo comprensivo di sosta in un locale di Chinatown per tre Mojitos della mattina alla “modica” cifra di 12 USD. Da quel momento e per circa tre ore, il ragazzino prova a convincerci a prendere pesos convertibili in cambio di dollari. Quando finalmente capisce – dopo essere passati per Avenida Italia, Chinatown, la Catedral de Nuestra Senora de la Asuncion e un centro commerciale in dollari alla ricerca di acqua – che non sarebbe riuscito nel suo intento, se ne va portandosi via sei dollari spiegazzati a mo’ di “mancia” (una cifra astronomica, avremo scoperto poi).

Torniamo a casa stremati per la passeggiata sotto il sole.

A seguito della pausa, passeggiamo sul Prado fino ad arrivare al Capitolio. Particolarmente bello ma anche caro per le nostre tasche, decidiamo allora di cercare di conoscere le strade lì intorno: ci fingiamo sordi per evitare altri jineteros e iniziamo a camminare. Finiamo in una strada molto “chic” con i negozi per turisti che però presenta un punto a suo favore: una splendida caffetteria, in cui si paga in moneda nacional, che ci permetterà pasti da 40 pesos nel momento in cui capiremo come entrarne in possesso. Via Obispo ci porta in Plaza des Armas.

Di qui al Malecòn sono due passi. Quando ci fermiamo sul muretto per ammirare la baia ci si avvicinano quattro cubani armati di chitarre, percussioni e maracas con cui intonano una serenata.

Siamo stanchi: cena a casa a base di pollo e poi a nanna.

22 Giugno 2004 La Habana Ci svegliamo molto tardi (più per la pigrizia che per il fuso orario a nostro favore di sei ore). Dopo la solita colazione abbondante ci incamminiamo verso il Museo de la Revoluciòn attraverso il Prado.

Passiamo casualmente davanti ad un agenzia turistica e – dato che c’era l’intenzione di fare immersioni subacquee – decidiamo di entrare e chiedere di qualche pacchetto “todo encludido” per Cayo Largo. Dopo qualche incomprensione con la simpatica impiegata alla reception sul chi fossimo e sul cosa volessimo, riusciamo finalmente a vedere due offerte; rimaniamo d’accordo che saremmo ripassati la sera per avere informazioni sulla disponibilità.

Riusciamo a disperdere un jinetero – questo ci fa sentire finalmente un po’ meno turisti sprovveduti – ed entriamo nel Museo de la Revoluciòn ricavato nel palazzo presidenziale di Batista.

Le stanze a tema illustrano, con documenti e reperti, i diversi momenti della storia cubana, passando dalla fondazione delle colonie ad opera degli spagnoli alle due guerre di indipendenza, dalla rivolta contro Machado a quella contro Batista. Alla rivoluzione dei barbudos è dedicata più di una stanza, con approfondimenti sulle tecniche di guerriglia, plastici sulle zone di combattimento, spiegazioni sulle varie tappe: l’assalto fallito alla Moncada, l’incarcerazione di Fidel Castro e di altri combattenti del M-26-7, l’amnistia, la spedizione del Granma dal Messico, la permanenza sulla Sierra Maestra, l’ingresso trionfale alla Habana.

Ad Ernesto “Che” Guevara e al suo tentativo rivoluzionario in Bolivia è dedicata un’intera ala del palazzo e un bel modello a dimensioni reali che lo raffigura insieme a Camilo Cienfuegos.

Dal museo passiamo poi al Memorial Granma, costruito per esporre l’imbarcazione che, sovraccarica a dir poco, portò i guerriglieri del M-26-7 dal Messico a Cuba, con diversi giorni di ritardo a causa delle impervie condizioni di navigazione. Intorno ad essa si possono ammirare aerei militari, la fusoliera di un aereo spia americano abbattuto, un camion usato dai rivoluzionari dell’assalto alla Moncada crivellato di colpi, trattori blindati usati come carri armati.

Senza rendercene conto usciamo dal museo che sono passate più di tre ore e, digiuni come ormai d’abitudine, rientriamo a casa godendoci una passeggiata all’ombra del Prado.

Dopo una breve sosta tecnica – della durata di un pomeriggio – sentiamo un po’ di appetito e decidiamo quindi di dirigerci verso uno di questi famosi paladar (il nome deriva da una soap opera in voga quando ne fu permessa l’apertura). Passiamo sul Malecon e ammiriamo la città illuminata che si riflette sul mare. In un posticino carino troviamo cibo (pollo frito) e bevande (Cerveza Bucanero). Mentre mangiamo di gusto un ragazzo disegna e ci regala una caricatura. Paghiamo i nostri 13 USD – le birre ne costano 1 – e andiamo a letto un po’ più rivoluzionari del giorno prima.

23 Giugno 2004 La Habana Sono due giorni che vogliamo fare un giro a La Habana Vieja. Abbiamo programmato tutto, “Sam” “ci ha consigliato” tutti i posti da visitare in zona, “ci ha detto” quanto si spende, “ci ha detto” dove mangiare. Sentiamo che questo può essere il “nostro giorno”.

Ovviamente ci stavamo sbagliamo alla grande: appena usciti di casa dopo una lauta colazione e una spesa di 250 USD per il viaggio che faremo a Cayo Largo, una coppia ci abborda e ci porta a fare lo stesso identico tour del ragazzino del primo giorno, dicendoci le stesse identiche cose. Non siamo interessati alla Casa de la Musica ma ci facciamo convincere a bere un Mojito appena alcoolico mentre lui fuma un sigaro e lei racconta di essere una Santera. Ci regalano una moneta da tre pesos cubani recante l’effige del “Che” e noi ovviamente offriamo loro i drink. Ecco altri 16 USD che se ne vanno.

Una volta usciti dal locale lui ci propone di comprare dei sigari – visto che lavora in una fabbrica – e lei si propone di farci las trenzas (le treccine). Cercando di capire quanti preziosissimi dollari ci sarebbe potuto costare il mostrare un’acconciatura fantastica, ci ritroviamo davanti ad un agropecuario dove ci propongono di cambiare dollari con pesos convertibili con un cambio di 1 a 2 (nel cambio ufficiale sono alla quota fissa di 1 a 1). Ci ricordiamo delle raccomandazioni circa questa truffa che ci aveva fatto l’autista del taxi la prima sera e mostriamo alla coppia insistente che non abbiamo più di 15 USD. Sconsolati ci accompagnano ancora un po’ e prima di congedarsi ci chiedono i soldi per comprare il latte per il loro bambino, visto che i negozi per comprarlo sono chiusi ora. Diamo loro quello che vogliono – 5.25 USD !! – e torniamo a casa sentendoci un po’ idioti.

Decidiamo di cambiare zona di azione e, nel pomeriggio, ci dirigiamo verso la Feria de Artesania dove nel giro di un attimo una gentile donna di colore ci si avvicina per propormi las trenzas per 8 USD. Accettiamo e filmiamo parte dell’operazione. La donna aiutata dalla madre ci intreccia i capelli ad una velocità sorprendente creando effetti deliziosi. (Intanto un ragazzo, scroccando una sigaretta e dopo aver fatto la domanda di rito per una coppia di turisti, “sposati o fidanzati?”, sentendosi rispondere “nessuno dei due” decide di farsi avanti usando una tattica un po’ goffa: mi dice che anche il suo sogno è sposare una bianca cicciona come me. Mi sento un po’ Moby Dick insomma) Con la testa dolorante – senza parlare del portafogli più leggero – scegliamo una strada e la seguiamo fino ad arrivare a Plaza Des Armas piena di bancarelle con libri, cartoline, giornali, ogni genere di paccottiglia sulla rivoluzione e sul “Che”. Da buoni italiani non ci possiamo esimere dal portare almeno un paio di cianfrusaglie a casa e iniziamo quindi a guardare una bancarella. Un vecchiettino arzillo inizia a parlarci di quanto sono belli i libri che ha; ce ne mostra alcuni illustrati – editi in Italia – ci mostra orgoglioso le cartoline e ci mette in guardia sulla truffa dei sigari – riposti in una scatola su più strati, solo quello superiore è buono, gli altri sono scarti.

Questa mattina ci sbagliavamo, infatti quasi con le lacrime agli occhi riusciamo a raggiungere La Habana Vieja: Plaza Vieja è molto suggestiva e la cattedrale asimmetrica è affascinante. A due passi da lì si trova la Bodeguita del Medio, resa celebre da Heminguay, dove decidiamo di mangiare. Restiamo impressionati dalla quantità di scritte che ricoprono i muri da cima a fondo. Prendiamo i piatti più “barati” (economici) presenti sul menù (che ovviamente sembra una maglietta “Io non ho votato Berlusconi” per la quantità di lingue in cui è tradotto) più due Mojitos – non si può entrare qui senza prendere il celebre drink – e dell’acqua che tarderà molto ad arrivare. Finito di mangiare prendiamo provvedimenti per rimanere anche noi nella Storia e occupiamo il nostro angoletto di Bodeguita: due storditi in giro per il mondo.

Dopo una necessaria passeggiata verso casa, sentiamo di dover finalmente andare ad assistere alla cerimonia del cannone al Morro – una fortezza difensiva sul mare risalente all’epoca coloniale. Fermiamo un taxista – giustamente fino a quando volevamo andare a piedi, sembrava pieno, mentre ora non se ne vede uno – e contrattiamo 4 USD per la traversata. Finalmente passiamo dal tunnel e, dopo pochi minuti, siamo dall’altra parte. Il posto è molto bello, specialmente alla luce del crepuscolo. Paghiamo il biglietto d’ingresso (5 USD !!!) e ci avviamo verso il punto in cui si svolgerà la cerimonia. Si spengono le luci: un ragazzo in abiti ottocenteschi si incammina chiedendo silenzio, accende una serie di fiaccole che emanano una leggera luce soffusa. Appena accesa l’ultima fiaccola, da un portone escono in fila indiana cadetti dell’esercito cubano che, a ritmo di tamburi, marciano nella nostra direzione. Salgono su un parapetto, si avvicinano ad un cannone e, con un rituale abbastanza articolato, lo caricano. Il cannone è pronto, sono le nove, fuoco! Il gesto era un tempo utile ad avvisare le navi che il porto stava per essere chiuso, ora si è trasformato in uno spettacolo per turisti.

E’ il momento e nel posto giusto per scattare qualche bella foto dell’Habana in notturna, con le sue luci sulla baia. Al ritorno prendiamo un altro taxi abusivo che, per la stessa cifra dell’andata, ci riporta a casa. Andiamo a dormire un po’ frastornati dall’esplosione del cannone ma contenti.

24 Giugno 2004 La Habana La regolarità della pianta del quartiere del Vedado è impressionante, così, dopo quella che sarà la nostro ultima colazione a casa, ci dirigiamo a passo di marcia pronti a camminare per molto tempo verso la nostra meta. Un po’ per la strada lunga, un po’ per la sveglia in ritardo, un po’ perchè siamo masochisti, ci ritroviamo a mezzogiorno a passeggiare davanti alla gelateria all’aperto Coppelia. Avremmo anche mangiato volentieri un fantastico gelato da pochi pesos se non ci fossero state le code davanti agli ingressi che hanno reso celebre questo locale avanero.

Di fronte alla gelateria c’è un cinema in cui proiettano “Los diarios de la motocicleta”, peccato averlo appena visto, perché in spagnolo all’Avana sarebbe stata tutta un’altra cosa.

Camminando ancora sotto il sole, zigzagando per varie strade riusciamo finalmente a trovarci di fronte al faccione del “Che” sul muro di un palazzo affacciato su Plaza de la Revolucion.

Fa un certo effetto trovarsi nella piazza in cui ogni anno nelle date importanti (1 gennaio, 1 maggio, 26 luglio) il “lider maximo” arringa la folla di migliaia di cubani per svariate ore. Unico problema della piazza è il sole che ci colpisce dritti sulla testa. Pensiamo di visitare il monumento Josè Martì per alleviare la calura, ma desistiamo immediatamente appena venuti a conoscenza del costo del biglietto che cozza decisamente con i nostri portafogli in rapido sgonfiamento. Torniamo a casa seguendo una strada diversa da quella dell’andata e iniziamo ad informarci sui metodi di spostamento verso le altre città. La macchina sembra essere il migliore compromesso, ma nel primo autonoleggio in cui chiediamo ci propongono solo macchine da 50 dollari o più al giorno: no way baby.

Un cubano ci abborda mentre stiamo riposando appoggiati ad un muretto sotto l’ombra delle fronde di alcuni alberi e inizia a raccontarci un po’ di storie. E’ un “elettricista di classe A” nonché uno dei tanti volontari partiti per una delle missioni internazionaliste promosse dal governo cubano: era stato in Angola. Mi regala un paio di sigarette cubane e mentre camminiamo gli chiediamo informazioni sulle divise scolastiche. Vorrebbe portarci a bere una cerveza da 1 USD, ma alle tre del pomeriggio non abbiamo mangiato e non ci sembra il caso. Gli regaliamo un gommino per i capelli e un paio di caramelle e imbocchiamo Avenida Italia.

Qui facciamo la nostra prima esperienza con la moneda national (1 USD = 25 pesos). Vinciamo la timidezza che ci aveva tenuti sempre lontani dai baracchini lungo le strade e ordiniamo due pizze. In 10 minuti in cambio di 1 USD otteniamo due pizzette e 5 pesos. Galvanizzati da questa nuova scoperta ci facciamo più intraprendenti e compriamo anche due lime che ci saranno utili insieme all’acqua.

A seguito di una lunga pausa e di un’altrettanto lunga doccia usciamo in cerca della nostra prima cajita, cena cubana costituita da un piatto di carne accompagnato da verdure e riso con fagioli da mangiare nel locale in piedi o da portare via in scatole di carta. Riusciamo a mangiare con meno di 2 USD e a comprare pesos cubano per l’equivalente di 10 USD.

Con portafogli falsamente gonfi ci avventuriamo in un giro all’Habana Vieja di notte passando per il porto, “Dos hermanos”, Plaza Vieja che acquistano un fascino ancora maggiore grazie alle luci soffuse. Ci innamoriamo di un giardinetto comprensivo di fontanelle. Non potendo dormire lì, torniamo nella nostra cameretta con l’aria condizionata.

Andiamo a dormire stanchi ma con un chilo e mezzo di carta in più in tasca.

25 Giugno 2004 La Habana Ancora eccitati per la scoperta fatta il giorno prima decidiamo di avventurarci per le strade dell’Habana e risparmiare i 6 USD di colazione. Finiamo in Calle Obispo (già da noi detta “via della Spiga” a causa della sua innaturale eleganza) in una caffetteria sullo stile statunitense degli anni cinquanta. Prendiamo due “pan y tortilla” (panini con omelette) e proviamo dei fritti strani consistenti in un impasto tipo pane, mischiato a verdure o presunte tali. Niente male per 1 peso a pezzo.

Dopo questa botta di calorie affrontiamo il caldo avanero per dirigerci a Plaza Vieja per visitare la Camara Oscura. Arriviamo nel punto indicato dalla nostra fidata guida e iniziamo a salire le scale di una delle torri più alte della città perché ovviamente l’ascensore non funziona: una goduria con questo clima. Via via che saliamo di piano iniziamo a renderci conto della vista di cui avremmo goduto in cima. In effetti ci aspettavamo un semplice mirador, un punto in alto da cui osservare tutta la città, un po’ come potrebbe essere la Torre di Pisa, e invece ci stavamo sbagliando di grosso. Pagati i nostri 2 USD per entrare ed atteso il nostro turno, varchiamo la porta di una stanza chiusa, senza finestre e con una parabola posizionata orizzontalmente in mezzo ad occuparne tre quarti dello spazio disponibile. Un foro di qualche decina di centimetri di diametro è nel soffitto in corrispondenza del centro. Una guida cortese e spiritosa ci fa sistemare in piedi intorno al grosso piano e, spente le luci, rimaniamo stupefatti da quello che vediamo: tirando delle corde, girando dei pomelli ed alzando e abbassando la parabola all’altezza giusta è possibile avere una nitida visione della città. Sembrava un quadro, con l’unica differenza che le macchine si muovevano nel traffico, le persone camminavano e il mare ondeggiava. La guida intanto scorreva varie inquadrature della capitale cubana descrivendo minuziosamente i particolari architettonici e raccontando diversi aneddoti sulle varie costruzioni, prima in inglese per noi e per una turista anglosassone ansiosa di scoprire per ogni palazzo quanto fosse distante e in che direzione, e poi in spagnolo per una famigliola composta da mamma, papà e figlioletto. Esaurito il nostro tempo nella Camara Oscura, felici e desiderosi di costruircene una nelle nostre casette, rimaniamo al piano più alto del mirador per scattare qualche fotografia.

Scesi dalla torre in maniera molto più rilassante della salita, ci infiliamo a vedere la mostra fotografica di J. Mc Donald, o meglio io ad ammirare le foto e Andrea a stravaccarsi su una sedia sotto il sole: sono gusti.

A questo giro decidiamo intelligentemente di non trovarci sotto il sole del mezzogiorno cubano passeggiando per le strade della capitale, così facciamo ritorno a casa e attendiamo un momento meno assolato.

Nel tardo pomeriggio usciamo di casa e cerchiamo qualcosa da mangiare nei dintorni. Troviamo un baracchino della pizza, ne prendiamo due e arriviamo sul Malecon. Dopo essere stati abbordati da un giovane desideroso di fornirci un po’ di fumo, ci sediamo sul muretto a guardare il mare. Sotto di noi alcuni ragazzi fanno il bagno e appena ci vedono arrivare iniziano a chiederci penne, caramelle, monete. Gettiamo loro quello che abbiamo sentendoci un po’ come dei bambini viziati che lanciano il cibo ad un branco di foche allo zoo. Terribile.

Consapevoli della distanza del Vedado fermiamo un Ovotaxi e ci facciamo portare davanti all’Hotel Habana Libre (ex Hilton) facendoci rubare 0.50 USD dal tassista. Entriamo e saliamo in ascensore al 25esimo piano cercando un punto da cui si possa vedere la città, ma troviamo solo corridoi e porte chiuse. Sconsolati scendiamo alla piscina e rimaniamo ad osservare gli allenamenti di una squadra di nuoto sincronizzato… Usciamo da questo simbolo del capitalismo trasformato in simbolo della rivoluzione e di nuovo in simbolo del capitalismo e facciamo due passi a piedi. Ci ritroviamo di fronte all’Università dell’Habana, o meglio, di fronte alla sua “fondamentale gradinata” su cui Andrea mi ha fatto una testa tanto. Scattate un paio di foto e intimati a non avvicinarci da un poliziotto che consiglia di ripassare l’indomani, ci avviamo a piedi per le vie di questo quartiere che non ha un decimo del fascino dell’Habana Vieja. Sostiamo un paio di volte per un refresco da un peso (hugo de mango) e proseguiamo. Il compagno di viaggio inizia a lamentarsi, così fermiamo un bicitaxi e con “faccia impassibile” contrattiamo il viaggio per casa per 2 USD da 4 che ci erano stati chiesti.

Andiamo a dormire sentendoci degli sfruttatori.

26 Giugno 2004 La Habana Ultimo giorno all’Habana prima della partenza per Cayo Largo. Usciamo in strada ad un’ora quasi decente e facciamo quattro passi fino al Capitolio. In strada si sta svolgendo una maratona, peccato avere dimenticato la batteria della Canon a casa. Dopo esserci persi reciprocamente, incontriamo a casa Ignacio, il nostro contatto con casecuba.Com, che ci illustra i vantaggi di ogni possibile itinerario attraverso l’isola, e ci fornisce contatti per alcune casas particulares a Trinidad.

Dopo notevoli disavventure (senza lieto fine) alla ricerca di denaro contante presso bancomat ed affini, torniamo alla Caffeteria per un lauto pranzo a base di panini e Tropicola.

Giriamo per le strade dell’Habana Vieja alla ricerca di buoni soggetti per le fotografie fino ad arrivare alla stazione. Di qui prendiamo un bicitaxi fino al Capitolio per visitare l’ex parlamento. Scoraggiati dal prezzo del biglietto restiamo ad ammirarne l’architettura esterna. Di fronte c’è un cinema: decidiamo di comprare i biglietti per lo spettacolo seguente: “Monster” per la ragguardevole cifra di 2 pesos a testa, si può fare.

Torniamo a casa, relax e rinfrescata e poi di nuovo al cinema. C’è un’unica sala enorme, con aria condizionata. Il film praticamente è un divx per la qualità, ed è in inglese con i sottotitoli in spagnolo. Riusciamo comunque a seguire discretamente l’evolversi della situazione.

Torniamo dal nostro cambiavalute di fiducia per due cajitas, ma questa volta da asporto. Portiamo le nostre scatole di carta fino a Plaza des Armas dove gustiamo la cena su una panchina mentre il sole tramonta. Senza posate di alcun genere dobbiamo un po’ arrangiarci, arrotolando alla bell’e megliodue pezzi di cartone a mo’ di cucchiai. Come dessert, un gelato soft al gusto di bigbobble.

Andiamo a dormire con una cultura cinematografica ampliata e con una medaglia delle giovani marmotte appuntata sul petto.

27 Giugno 2004 La Habana – Cayo Largo Sono le 5 di mattina. Sei dall’altra parte del mondo. In vacanza. Che cosa stai facendo? Stai forse tornando da una notte pazza di divertimento sfrenato? No, ti stai alzando per prendere un pullman alle 6, fortunatamente in un hotel vicino a casa.

Arriviamo al luogo dell’appuntamento con dei bagagli minimi, comprensivi praticamente solo del costume da bagno e di uno spazzolino da denti. Con puntualità cubana. Il nostro mezzo con 20 minuti di ritardo arriva e poco dopo carica una coppia romanticissima: lui italiano-schiavista-turista-del-sesso, lei ragazza carina dell’est con tanto autocontrollo da non spaccargli la faccia contro un finestrino. Ci fingiamo non-italiani per evitare di dover scambiare qualche parola con questa soave coppia e guardiamo dai finestrini: passiamo tutta l’Habana da est a ovest, fin oltre il Miramar – il quartiere residenziale, ora sede di numerose ambasciate. Nel piccolo aeroporto in cui arriviamo ci passano i costumi da bagno al metal detector, poi, non paghi di farci aspettare una vita per il volo, decidono di infierire passando, nei piccoli schermi in sala d’attesa, una serie di videoclip allucinanti, chiaramente frutto di qualche rete p2p. Windows Media Player conferma.

Dopo 45 minuti di bielica atterriamo all’aeroporto internazionale di Cayo Largo, e piove. Conosciamo il nostro nuovo amico, Friend-Freddy che dopo dieci minuti ci raggiunge all’Hotel Sol Pelicano. Ci aiuta a fare il check-in all’albergo – comprensivo di braccialettino dell’All-Inclusive, altra cosa terrificante – quindi ci consiglia di andare a fare colazione che viene servita solo per altri trenta minuti e ci dà appuntamento a più tardi per scoprire tutto ciò che c’è da sapere sul resort.

Ci affrettiamo per non perdere un pasto già pagato, quindi rifocillati torniamo da FF. Scopriamo che alle tre del pomeriggio passa l’autobus diretto al diving center, mi sembra che non ci siano dubbi sul fatto che farò un’immersione.

Ci godiamo i confort del nostro resort a quattro stelle: una mezz’ora nell’idromassaggio, un tuffo nella piscina salata, una fuga sulla spiaggia. La sabbia è bianca e il mare verde-azzurro, una cartolina. Spinti dallo spirito sportivo prendiamo una canoa, e, nonostante la prestazione disastrosa, incontriamo una tartaruga. Optiamo quindi per lo snack bar sul bordo e partiamo per il diving. Noleggio strumenti, pinne e via sulla sulla barca. L’immersione divertente e rilassante, profondità massima 12 metri, corrente molto forte, acqua caldissima. Flora e fauna spettacolari: mi do alla fotografia subacquea. Alla sera buffet all-inclusive strafogandoci, quindi usciamo e saliamo sulla torre campanaria del resort per scattare qualche fotografia. Cazzeggiamo ancora un po’ qui parlando con una signora snob che il mese prima era stata a Santo Domingo e che trovava il popolo cubano “molto dignitoso”. Tessera magnetica per entrare in camera e finalmente il tanto atteso sonno ristoratore.

Andiamo a dormire sentendoci meno cubani e più turisti europei a Rimini.

28 Giugno 2004 Cayo Largo Colazione abbondante tanto per gradire e poi di corsa a noleggiare un motorino. Paghiamo in contanti e ci troviamo di fronte ad un cassonetto con le ruote tutto scassato, accensione a pedalina. L’andata non dà problemi, riusciamo ad arrivare a Marina e lì a visitare l’allevamento di tartarughe. Soliti problemi con la banca ed il prelievo di contanti.

All’altezza dell’aeroporto abbiamo una brutta sorpresa: il motorino si spegne. Proviamo ad avviarlo in ogni modo ma non c’è verso. Un ragazzo ci viene incontro e prova a farlo partire ma non ci riesce. Telefona all’autonoleggio del nostro resort e in quindici minuti arriva il nostro amico con un motorino funzionante.

Ci dirigiamo verso la penisola di Playa Sirena e Playa Paraiso, due delle spiagge più belle dell’isola turistica. Sulla strada per queste due ne troviamo un’altra deserta, è molto bella e decidiamo di ribattezzarla Playa Estrellita. Dopo un bagno in questo piccolo angolo di paradiso risaliamo sul motorino e arriviamo alle spiagge più blasonate. Sono molto più vuote di quello che avrei pensato. Bagno anche qui e poi di ritorno all’hotel che è ora di restituire lo scooter.

Pranziamo allo stesso snack-bar di ieri sul bordo della piscina, quindi ci tuffiamo nella bassa acqua salata, alta al massimo un metro. Un altro idromassaggio lunghissimo che non guasta mai. Doccia rilassante in camera e poi a giocare a scacchi giganti. Affrontiamo il peso di visitare una parte per noi inesplorata del resort e ci avviamo verso il bar aperto 24 ore su 24. Prendiamo due cuba libre e giochiamo a biliardo.

Un tuffo in piscina e poi un bagno in mare al tramonto. Doccia in camera e Rai International da cui apprendiamo le ottime notizie sulle elezioni provinciali di Milano. Un telefilm ci appassiona a tal punto che quasi rischiamo di perdere la cena. Corriamo al buffet e ci saziamo.

Dopo lunghe partite a carte ci addormentiamo, finalmente abbronzati.

29 Giugno 2004 Cayo Largo – La Habana Sveglia ad un orario decente per prendere il pullman di mattina per il Diving center da cui attrezzata di tutto punto mi preparo alla mia seconda immersione nel mar dei Caraibi. Una barca porta ci porta a Black Hole. Un’immersione a -33 metri della durata di 45 minuti, molto bella, l’ambiente è completamente diverso rispetto all’immersione precedente.

Dopo i soliti problemi con la banca, torniamo in hotel e ci godiamo le ultime ore da turisti prima di tornare a fare i viaggiatori, tra biliardo (stracciati da un bambino francese), biciclette e piscina.

All’aeroporto salutiamo Friend Freddy e passiamo una serie di controlli a dir poco esagerati per un volo di soli turisti Cuba-Cuba: metal detector, perquisizione dei bagagli, metal detector a mano sulle persone e agenti armati un po’ ovunque.

Volo breve ed atterraggio all’Avana sotto la pioggia. Ci facciamo lasciare tra il Prado e il Malecon e non ci possiamo esimere dal fare qualche foto al tramonto dal lungomare. Torniamo l’ultima notte nella Casa Particolar che ormai ci è tanto familiare.

30 Giugno 2004 La Habana – Matanzas – Varadero Oggi è il gran giorno, ci siamo decisi a partire in macchina: entriamo nell’ufficio dell’autonoleggio e prendiamo la macchina con cui faremo più di un migliaio di chilometri per Cuba: una Atos rossa. Dopo qualche difficoltà a capire il traffico avanero, passiamo da casa a ritirare le valigie, chiediamo indicazioni per la strada e partiamo.

Prendiamo il tunnel con l’idea di viaggiare fino a Trinidad sull’Autopista Nacional, ma passando vicino a Playas del Este decidiamo di fare una deviazione per il mare. Non avevamo considerato l’assenza di indicazioni stradali così ci perdiamo e invece di ritrovarci su una spiaggia andiamo a finire in collina in mezzo a paesini sconosciuti. Chiediamo indicazioni e riprendiamo una strada diretta a Matanzas. Dopo cento chilometri arriviamo nella città e ci fermiamo per una sosta tecnica per cercare delle cajitas. Un’occhiata fugace alla città e ripartiamo.

Varadero è vicina perciò decidiamo di farci un salto. Per entrare nella penisola dalla strada su cui siamo dobbiamo pagare ad una specie di casello 2 USD. Trovato con qualche fatica un posto molto economico per dormire (una casa particolar abusiva, rarissima merce nella Rimini caraibica). Via alla spiaggia, lunghissima (modello adriatico, giustamente) con sabbia bianca e mare (ovviamente) caraibico, con un piacevolissimo vento fresco. Carina, per carità, ma non si spiega razionalmente la scelta di tanti europei di passare qui le vacanze.

Per cena troviamo solo un baracchino in dollari per i turisti, comunque riusciamo a cenare con bistecca di pollo, succo e patatine per non più di 10 USD e con una serenata prolungata.

Andiamo a dormire stanchi stanchi ma un po’ più piloti di rally.

1 Luglio 2004 Varadero – Santa Clara Dopo un piccolo tour alla luce del mattino per fare qualche foto, e una fantastica cajita in pesos, ripartiamo alla volta di Santa Clara. Naturalmente ci perdiamo in direzione Martì sotto una pioggia torrenziale finendo in paesini con strade sterrate, fossi profondi decine di centrimetri e mucche in mezzo alla strada. Chiediamo indicazioni ad una giacca gialla che ci indica di tornare a Cardenas e da lì prendere una strada migliore attraverso Colon e Santo Domingo. : non senza fatica imbocchiamo la strada indicataci. Il percorso è circondato da immense piantagioni di platanos, camion molti dei quali carichi di persone e militari, biciclette, cani e trattori, un Carmageddon in carne e ossa, ci prendiamo gusto.

In tre ore e trecento chilometri arriviamo a Santa Clara e prendiamo una stanza in una casa particular segnalataci dal primo jinetero che incontriamo, mossa solitamente stupida ma siamo troppo stanchi per economizzare ulteriormente.

La città di Santa Clara ebbe una notevole importanza ai tempi della guerriglia sulla Sierra Maestra, trovandosi al centro geografico dell’isola. La seconda colonna rivoluzionaria, guidata da Ernesto “Che” Guevara e da Camilo Cienfuegos aveva proprio l’incarico di liberare la città per dividere in due il paese e facilitare la lotta.

Usciamo di casa e prendiamo un calesse da 1 peso per il Mausoleo e il monumento del “Che”, costruiti nel 1987 in occasione del 20esimo anniversario della sua morte. Nel mausoleo è presente dal 1997, da quando fu restituito il corpo del guerrigliero argentino, una fiaccola eterna accesa da Fidel Castro.

Il museo purtroppo è chiuso così ci accontentiamo di osservare la piazza e il più grande monumento eretto all’eroe della rivoluzione cubana.

Torniamo in centro con un altro calesse. Ceniamo in un posto in dollari e, una volta rifocillati, giriamo in cerca di un angolo di città che meriti di essere fotografato, per esempio le viuzze con le casette piccine e in colori pastello, tra cui spicca il rosa. Troviamo la strada di casa e constatiamo che la macchina è ancora dove l’abbiamo lasciata e con ancora tutte le ruote.

Andiamo a dormire sentendoci un po’ più rivoluzionari.

2 Luglio 2004 Santa Clara – Cienfuegos – Trinidad Sveglia presto e visita al monumento del “Tren Blindado” in mezzo ad una scolaresca della Escuela Primaria in divisa lì per le foto di fine anno.

A questo punto pensiamo un po’ a noi e andiamo al centro estetico “El mundo de la fantasia” dove ci massaggiano la schiena per 40 minuti a testa per la spaventosa cifra di 15 pesos (in due, circa 0,60 USD). Una volta prolungato il contratto di noleggio dell’auto all’Hotel Santa Clara Libre, facciamo i bagagli e facciamo per ripartire, quando, uscendo dal parcheggio nella stradina strisciamo contro il parafango metallico sporgente di una jeep pseudomilitare (idioti!), sradicando anche un pezzo di plastica dalla portiera della Atos. Subito una decina di cubani si prodiga ad aiutarci: spostano la macchina di dieci centimentri in mezzo alla strada, sistemano il parafango della jeep, riattaccano il pezzo di plastica. Il proprietario – o presunto tale – della jeep ci dice che va “todo bien” quindi ringraziamo, facciamo manovra e rientriamo in strada.

Facciamo benzina e prendiamo l’Autopista Nacional da Santa Clara con l’intenzione di uscire per Ranchuelo. Ovviamente nessun tipo di cartello indica le uscite, quindi perdiamo la nostra. Dopo qualche chilometro decidiamo di fare inversione ad U sull’autostrada – manovra standard, a Cuba – e, ritrovata la nostra uscita, prendiamo una specie di statale in direzione Cienfuegos passando per Cruces. Sulla strada ci fermiamo a mangiare degli orrendi panini ad un baracchino dove ci derubano sul cambio in US dollars.

Poco dopo Cienfuegos carichiamo il nostro primo autostoppista per gli 80 chilometri di terribile strada tutta buche per il bivio da Trinidad a Topes de Collantes. Pare di giocare a “A Need For Speed”… Il campismo ultraeconomico a cui miravamo in mezzo a nebbia, montagne e zanzare è pieno di cubani in vacanza, così carichiamo un altro autostoppista che ci porta a Trinidad in una casa particular immensa con due stanze.

Usciamo a piedi che manca un’ora al tramonto. Il centro coloniale di Trinidad è meraviglioso, ogni angolo è un paesaggio “da cartolina” e le montagne nebbiose che le fanno da sfondo aggiungono un tocco particolare. Scattiamo foto e facciamo filmini finché non fa buio (tra l’altro c’è la luna piena) schivando gli infiniti jineteros che propongono “langosta”. Alla fine ne abbordiamo uno chiedendo un posto molto economico per mangiare, il quale ci porta a casa sua dove, dopo aver svegliato i genitori, li invita a cucinarci qualcosa da mangiare. Ottima cena mangiata direttamente nella loro cucina con un micino e un cagnolino che ci giravano intorno. Il tutto per 4 USD, si può fare.

E’ tardi. Andiamo a dormire sentendoci un po’ immersi nella Cuba del seicento.

3 Luglio 2004 Trinidad – La Boca – Valle de los Ingenios – Cienfuegos Sentiamo il bisogno di una vera colazione quindi mangiamo nella casa di Trinidad e, tanto per gradire, imboschiamo il pane rimasto e lo “zumo de mango” per il lungo viaggio che ci aspetta.

Tentiamo di telefonare all’Habana a Maritza ma suona a vuoto.

Visitiamo la casa della Santeria, quindi andiamo al Museo de Historia Municipal e poi su al Mirador da cui si riesce ad avere una completa visione di tutta la città, con le montagne da un lato e il mare dall’altro.

Quando facciamo per pagare il padrone di casa, sua moglie ci mostra il taglio sul ventre di un recente parto cesareo, e ci racconta che dopo l’operazione è tornata a casa senza poter curare infezioni e dolore a causa della mancanza di medicinali in tutta Cuba. Le lasciamo soldi, antibiotici ed antidolorifici in cambio di una copia del Granma, chiediamo la strada e partiamo.

Tentiamo di andare a fare un bagno rilassante a La Boca, che non riusciamo a concederci da qualche giorno, ma appena arrivati abbiamo la spiacevole sorpresa del parcheggio a pagamento. Facciamo manovra quindi e ritorniamo per la nostra strada fermandoci per una pausa sugli scogli e poi dirigendoci a la “Valle de los Ingenios” (patrimonio dell’umanità per l’Unesco), valle in cui erano presenti gli antichi zuccherifici. Dal mirador la vista è molto bella. Un ottimo punto da cui scattare alcune fotografie.

Facciamo altri 25 USD di “gasolina especial” per essere sicuri e poi via alla volta di Cienfuegos, dopo aver caricato un autostoppista. Sceso questo carichiamo una simpatica vecchina e prendiamo due pizze in pesos per attenuare la fame durante il viaggio.

Arrivati a Cienfuegos troviamo una casa particular fuori dal centro e andiamo in città.

Nella piazza principale inizia a piovere e ci ripariamo sotto un porticato. Ci si avvicina a questo punto una vecchiettina arzilla che ci parla della bontà del socialismo e della sua diversità dal comunismo che “no è bueno”, divertentissima.

Visto che la pioggia non si decide a calare di intensità, entriamo in una caffeteria in pesos. Ceniamo con due panini e un ottimo refresco di piña carbonatada.

Smette di piovere, prendiamo la macchina e ci dirigiamo verso il mare. Spiaggia per cubani, molto bella. Un ottimo sito per dare un saluto al mare di Cuba.

Torniamo a casa, stanchi e portandoci dietro un autostoppista ubriaco, che ad un certo punto apre la portiera ed esce per parlare con qualcuno.

E’ la nostra ultima notte a Cuba, andiamo a dormire sentendoci un po’ tristi.

4 Luglio 2004 Cienfuegos – La Habana – Madrid – Milano Ci svegliamo presto e partiamo alla volta dell’Habana sull’Autopista Nacional. Il viaggio va abbastanza liscio, a parte un incidente (un camion riverso sulla strada e milioni di mangos ovunque) che ci costringe ad invadere la corsia opposta: dei pazzi in autostrada contromano, la normalità di Cuba.

In prossimità dell’Habana la spia della riserva inizia a lampeggiare. Ci ritroviamo in una zona a noi sconosciuta della capitale e decidiamo che prima di rimanere a piedi, sia il caso di fare benzina. Visto che il benzinaio non vuole accettare la carta di credito, ci limitiamo a “dos dolares” di “gasolina especial”. Seguiamo la cupola del Capitolio come fosse la stella polare e riusciamo a riportare el coche all’autonoleggio. Lo sprovveduto della Transtur certifica che è tutto a posto nonostante la guarnizione della portiera posteriore sinistra sradicata…

Portiamo i bagagli attraverso il Prado fino alla casa di Marita, che ce li custodisce fino alla sera, quando arriverà il nostro Lada per l’aereoporto.

Contrattiamo con un coco-taxi per el Cementerio de Colòn (4 USD). Paghiamo il biglietto di ingresso e diamo un’occhiata. E’ molto carino. Una guardia di sicurezza si improvvisa guida e ci illustra tutte le tombe più importanti, compresa quella che ospiterà i fratelli Castro Ruz insieme a vari esponenti della rivoluzione. Ci congediamo spiegandogli che non abbiamo soldi (il che è vero, ma ci fa comunque sentire cattivi).

Torniamo al Malecon con un autobus da 1 peso e restiamo a fissare il mare dell’Habana per l’ultima volta già pieni di nostalgia. E’ già l’ora di andare.

Arrivederci, Cuba.



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