Costa Rica in libertà

Costa Rica in libertà (novembre-dicembre 2004) Sono le 4.15 di lunedì 22 novembre 2004 e siamo in partenza per Nizza, comincia una nuova avventura di viaggio. La grande novità è che quest’anno si viaggia al di fuori del periodo natalizio con grande risparmio economico sul volo (700 € invece dei 1200 richiestici per il periodo di punta)....
Scritto da: David 8
costa rica in libertà
Viaggiatori: in coppia
Spesa: 2000 €
Costa Rica in libertà (novembre-dicembre 2004) Sono le 4.15 di lunedì 22 novembre 2004 e siamo in partenza per Nizza, comincia una nuova avventura di viaggio. La grande novità è che quest’anno si viaggia al di fuori del periodo natalizio con grande risparmio economico sul volo (700 € invece dei 1200 richiestici per il periodo di punta). Alle 7.00 ci imbarchiamo sul CRJ della Air Nostrum con destinazione Madrid. Nella capitale spagnola abbiamo circa 4 ore di attesa per prendere il 747 dell’Iberia delle 12.05 che ci porterà a Miami. Dopo un volo molto tranquillo arriviamo a Miami nel pomeriggio e, tra un controllo passaporti ed un altro, le pratiche di immigrazione comprensive di impronte digitali di entrambi gli indici (un dito di Monica si rifiuta di lasciare la sua impronta e intanto la coda si infittisce!) e fotografia del volto, attendiamo le 19.32 per il volo dell’American Airlines per San Josè. Arriviamo alle 21.30 ora locale dopo circa 22 ore di viaggio (comprese le 7 di fuso orario), siamo distrutti; attendiamo i bagagli, uno zaino è arrivato, dell’altro per ora nessuna traccia. Dopo qualche minuto spunta solitario anche se da un altro nastro, è andata bene anche questa volta, c’è tutto. Passiamo le formalità burocratiche per l’immigrazione tra cui il controllo ai raggi x del bagaglio… Strano, non lo abbiamo mai fatto in entrata in un paese del centroamerica. Cerchiamo subito un taxi “arancio”… ci dicono che sono quelli “ufficiali” e, come ci aveva scritto Cecilia, la proprietaria dell’albergo che abbiamo prenotato dall’Italia vista l’ora tarda in cui saremmo arrivati, diciamo all’autista che vogliamo andare all’Hotel Pacandè ad Alajuela e che paga l’hotel. Sulla Lonely Planet leggiamo che è un posto discreto, la stessa cosa ci ha confermato Giorgio, un ragazzo italiano che vive in Costa Rica nella stessa città. Giorgio, con la sua gentilezza e disponibilità, ci è stato utilissimo nel pianificare il viaggio. Lo abbiamo “rimorchiato” su internet. Arriviamo all’hotel ma sembra che la nostra prenotazione non ci sia… Dopo alcune telefonate il ragazzo della reception ci fa strada nel dormitorio a 8 letti (non c’è nessun altro) e ci fa accomodare per la notte. L’hotel non è il massimo (meno male che doveva essere discreto!), la camera ha il bagno privato (se lo volgiamo chiamare bagno!) e l’acqua calda ma è un po’ squallida e non pulitissima, forse un po’ poco per 35 USD anche se comprensivi del taxi dall’aeroporto a qui e della colazione. [Martedì 23 novembre] Stravolti dalla stanchezza e dal fuso orario riposiamo poco e alle 6.00 siamo già in piedi. Facciamo le telefonate di rito a casa per dire che siamo arrivati e andiamo a fare colazione. Il tizio del mattino è molto gentile, chiacchieriamo un po’ con lui, ci conferma l’orario del bus per Fortuna e ci consiglia di andare in banca a cambiare un po’ di Colones per le piccole spese. Alle 8.00 la banca è aperta, senza problemi cambio 200 USD di T.C. (cambio 452,68). Tornato in albergo, lasciamo le riviste che abbiamo portato per Giorgio (misera ricompensa per tanta disponibilità… ma forse per chi vive lontano da casa è molto!) che passerà a ritirarle e ci avviamo verso la fermata dell’autobus che si trova in avenida Central dopo la pompa di benzina della Shell. Di giorno Alajuela non è malvagia, ieri sera era deserta e non ci aveva fatto una grande impressione. Alla fermata telefono a Giorgio per salutarlo e dirgli di andare a ritirare le riviste, lui è sempre gentilissimo, ci augura buon viaggio e spera che il Costa Rica ci piaccia. Alle 9.30 arriva il bus, non è male, paghiamo 2700 Colones a testa fino a Fortuna (130 km). Il viaggio dura circa cinque ore, il tempo è molto variabile, sole, nebbia, pioggia. Il panorama è mozzafiato, vediamo delle cittadine e molti villaggi, delle valli bellissime… I costarricensi non sembrano passarsela male. Arriviamo finalmente a Fortuna nel primo pomeriggio. Prendiamo una camera alle Cabinas Las Tinajas, un posticino discreto, 25 USD per la doppia con bagno con acqua calda. Lasciamo i bagagli e andiamo a mangiare, abbiamo una fame! Ci fermiamo sulla strada principale (che poi è il cuore del paese) in una Soda dove mangiamo discretamente per 2700 C. Io assaggio il primo casado (pollo, fagioli neri, riso, insalata di cavolo e platano fritto) della vacanza (il primo di una lunga serie… qui non si fa che mangiare casado!). Dopo esserci rifocillati perlustriamo il paese per farci un’idea di come impiegare il pomeriggio e cosa fare l’indomani. Ci sono molte attività da fare tra le quali il Canopy (ma noi lo vorremmo provare a Monteverde dove ci dicono che è super!), la gita al vulcano Arenal, le terme ecc. Purtroppo come accade quasi sempre, ci dicono, la giornata è nuvolosa e il vulcano è immerso nella nebbia, pare che pochi fortunati riescano a vederlo, pare anche che noi non siamo fra quelli! decidiamo di “consolarci” con una gita alle terme di Baldì (quelle di Tabacon molto decantate dalla guida pare abbiano perso popolarità, oltre ad essere molto più care. Ci facciamo portare in taxi (1000 C) alle terme dove si paga l’entrata di 10 USD a testa per tutta la giornata. Lo stabilimento termale consiste in una serie di 10 piscine di acqua calda che va dai 64 ai 42 gradi. Nella prima è impossibile resistere, si riesce a fare un bagnetto ma poi si deve ripiegare per quelle più “fresche” perché la temperatura dell’acqua è insopportabile. La piscina più bassa è dotata di banco bar con i sedili a mollo e i camerieri che preparano cocktail dal lato asciutto. Il tutto contornato da piante e fiori di ogni tipo e una meravigliosa vista, o meglio intuizione, sul vulcano Arenal (certo… è una cosa un po’ da turisti ma vi assicuro che dopo 22 ore di viaggio è un’ottima soluzione!) . Dopo alcune ore di assoluto relax acquatico torniamo in Hotel per una doccia e cena. Abbiamo deciso di non tentare nemmeno la visita al vulcano, riproveremo forse con il Poas alla fine del viaggio visto che si trova vicino a San Josè e di prenotare il trasporto jeep-boat-jeep per Monteverde. In autobus infatti bisogna cambiare una volta e ci vogliono circa 6/7 ore, ce lo sconsigliano, mentre in questo modo ci impiegheremo “solo” 3 ore e magari sarà anche più carino. Abbiamo comprato i biglietti all’agenzia Parada (di fronte alla fermata dei bus) che si vanta di avere i prezzi migliori della città. In effetti le terme di Baldì le vendono tutti a 12 dollari (direttamente allo stabilimento termale il prezzo è addirittura di 17 USD!) e il trasporto dai 18 ai 21 mentre qui lo fanno pagare 15 USD, le stranezze di questi Paesi… A cena andiamo al Lava Rocks Cafè, ceniamo abbastanza bene con 5500 C e, dopo una breve passeggiata, andiamo a dormire, siamo molto stanchi, speriamo di dormire bene questa notte. Ripensandoci… non riusciamo MAI a dormire bene durante i nostri viaggi in centroamerica e infatti… Questa notte siamo in buona compagnia… Alle 2 del mattino qui cominciano a cantare i galli… (i galli alle 2 del mattino?… Ma io sapevo che cantavano con il sorgere del sole… Bha!).

[Mercoledì 24 novembre] Ci alziamo di buon’ora dato che alle 8.30 ci vengono a prendere con il minibus; facciamo colazione e una breve passeggiata per qualche fotografia al vulcano che questa mattina presto si vede quasi sgombro di nuvole. È uno spettacolo ed è vicinissimo, si nota anche un pennacchio di fumo dal cratere. Puntualissimi siamo sul minibus che passa nei vari hotel a raccogliere i turisti.

Nei sedili dietro di noi ci sono due ragazze che parlano una strana lingua: sono sicuramente europee, ma non riesco a capire di dove, sembrano parlare un misto di tedesco e olandese e una delle due (forse ha capito che siamo italiani) dice anche una frase nella nostra lingua. Costeggiamo il vulcano e ci dirigiamo con il minibus verso la Laguna Arenal, un lago artificiale creato con una diga per scopi idroelettrici; arriviamo alla fine della diga dove c’è l’imbarcadero e ci accomodiamo sulle lance. Il panorama tutto attorno è stupendo, la vegetazione lussureggiante, il viaggio è piacevole e in circa 30 minuti siamo sull’altra sponda. Saliamo nuovamente su dei minibus e iniziamo il lento e “disagevole” viaggio verso Monteverde: la strada non è asfaltata e non lo sarà fino a destinazione (scopriremo poi che l’asfalto non è proprio di casa qui…Purtroppo). Ci vogliono più di due ore per percorrere una trentina di chilometri a passo d’uomo, ci consoliamo con il panorama che è bellissimo, ci sono molti pascoli con vacche libere di pascolare e che sono grasse la metà di quelle europee, ai pascoli si alternano tratti di foresta. Arriviamo a Monteverde (per la precisione a Santa Elena) e vediamo che la famosa Pensione Santa Elena viene presa letteralmente d’assalto da tutti i turisti arrivati da Fortuna. Sembra sia un posto molto gettonato qui dai viaggiatori fai da te! Noi allora decidiamo di provare all’Hotel Colibrì dove prendiamo una doppia molto spaziosa con un bellissimo bagno per USD 25 a notte. L’hotel è molto carino, aveva ragione la guida a dire che sembra un po’ di essere su un albero. Alla pensione S. Elena ci andiamo dopo a chiedere informazioni sulle escursioni. Ci sono molte agenzie e molti procacciatori in giro (un po’ come a Fortuna), ma qui hanno fama di essere molto bravi. Parliamo con Shannon, una texana che vive e lavora in Costa Rica da un paio d’anni (scopriremo poi che il giorno dopo avrebbe rilevato la gestione del posto), è informatissima e ci spiega un sacco di cose. Ci consiglia di fare il Canopy la mattina presto (poi vengono le nuvole sennò come farebbero a chiamare la foresta Bosque Nuboso!) con la Sky Trek che pare essere la compagnia migliore. Ci consiglia anche l’escursione notturna nella foresta perché è facile avvistare gli animali e, per il pomeriggio, ci suggerisce di andare con il bus fino alla riserva e poi tornare indietro a piedi. Detto fatto! andiamo a prendere il bus che con 1 dollaro a testa copre i 5/6 km di strada sterrata in mezz’ora fino all’ingresso del parco naturale. Ci mettiamo in cammino e subito incontriamo la galleria dei colibrì di cui parla al guida. Non è superlativa ma vale la pena vederla: una serie di mangiatoie riempite con acqua zuccherata attira un numero immenso di colibrì di tantissimi colori e dimensioni diverse, un vero spettacolo. Arrivano a mangiare con il classico ronzio e succhiano il nutrimento sospesi in aria, tenuti su dal loro frenetico battito d’ali. Facciamo un sacco di fotografie visto che questi uccelli hanno dei colori fantastici; fotografiamo anche un uccello diverso dai colibrì, sembra più una specie di passero, ha trovato dell’acqua al centro di una bromelia e si fa tranquillamente il bagno. Proseguiamo il percorso e arriviamo alla famosa Lechera, un caseificio dove fanno un milk shake da urlo (non mancate di provarlo!!). Ancora qualche chilometro e siamo finalmente a Monteverde. Vogliamo tornare da Shannon a prenotare il canopy per domattina e la gita nella foresta per questa sera. Come al solito la pensione è piena di gente, è un posto non troppo ordinato e pulito, un po’ per “fricchettoni”, ma l’atmosfera è piacevole e sembra essere l’ombelico si Santa Elena. Prenotiamo e paghiamo le escursioni e chiediamo come poter raggiungere Playa Tamarindo, che sarà la nostra meta successiva. Shannon ci dice che con il bus bisogna partire alle 6.30 e cambiare sull’Interamericana, in tutto ci vogliono circa 7/8 ore. In alternativa c’è Interbus a 38 USD o si può noleggiare un minibus per 8 persone a 120 USD se troviamo da dividere con altri turisti, ci penseremo. Rientriamo in albergo a riposarci un paio d’ore e alle 20 siamo di nuovo davanti alla pensione per andare nella foresta. Percorriamo alcuni chilometri in jeep e arriviamo Bosque Eterno de Los Niños, una riserva gestita senza fini di lucro, che è stata realizzata con il contributo dei bambini di tutto il mondo; il biglietto di ingresso è di 15 USD e i soldi ricavati servono alla conservazione ed estensione della zona protetta. Ci spiegano che qui spesso della foresta se ne fa un utilizzo indiscriminato per ingrassare le tasche di qualcuno e ci piace l’idea allora di contribuire anche noi invece alla sua conservazione. Purtroppo progetti come questi sono piuttosto osteggiati e difficili da realizzarsi.

La foresta di notte è molto suggestiva per via dell’oscurità e del silenzio in cui siamo immersi. Ogni tanto la guida ci dà delle spiegazioni o ci indica con la sua pila degli animali da avvistare. Veniamo subito accolti da una bradipo che giace appollaiato proprio sopra le nostre teste. Vediamo un serpente giallo/verde che dorme su un albero, una rana grande quanto l’unghia di un mignolo e completamente trasparente, un tucano appollaiato che dorme, le tarantole nelle loro tane nella terra e l’insetto stecco che si mimetizza fingendosi un ramoscello. Il percorso non è faticoso, non fa freddo e non ci sono neanche zanzare. E’ un’esperienza da provare, anche se in effetti non sono molti gli animali che avvistiamo. D’altra parte non bisogna avere l’aspettativa distorta che questi stiano lì ad aspettarti al tuo passaggio, ma comunque vale la pena. Torniamo a Santa Elena e andiamo a cena da Bernardo’s, un discreto ristorante. Stremati dalla giornata andiamo a letto presto, domani ci aspetta una interessante avventura. [Giovedì 25 novembre] Ci alziamo presto perché alle 7 si parte per il Canopy (45 USD a testa compreso lo Sky Walk) che inizia alle 7.30, il tempo non è il massimo, ci sono delle nuvole ma non molto minacciose, d’altronde qui a Monteverde pare ci siano sempre. Arriviamo sul posto e subito ci fanno indossare le imbracature da montagna e ci consegnano caschetti da alpinista e guanti (l’equipaggiamento rilascia strano odore! Diciamo che probabilmente non è molto PULITO…). Dopo un po’ di spiegazioni sul funzionamento del canopy percorriamo il sentiero per arrivare al primo cavo, uno dei primi tre definiti di apprendimento. Siamo di nuovo in compagnia delle due ragazze con cui condividiamo involontariamente il viaggio, questa volta scattano le presentazioni, sono Nicole e Franziska dalla Svizzera tedesca (ecco che lingua era quella che sentivamo parlare sul minibus), sono in vacanza in Costa Rica per un mese. Nicole parla bene italiano perché ha fatto l’Erasmus a Firenze. Mentre ci presentiamo sentiamo un’altra ragazza che ci chiede se siamo italiani, lei è Victoria, è londinese e parla italiano perché ha vissuto a Como per alcuni anni, è in Costa Rica con Angela, anche lei londinese. Dopo alcune chiacchiere comincia l’avventura vera e propria, siamo un po’ in apprensione perché non è proprio cosa da tutti i giorni lanciarsi nel vuoto in mezzo alla foresta attaccati con una carrucola ad una cavo di acciaio teso. La sensazione è meravigliosa, dopo la paura iniziale si provano delle emozioni molto intense, alcuni passaggi sono molto lunghi, a destra, a sinistra e sotto si vede la foresta fittissima lasciare posto a panorami di vallate verdissime. È pura adrenalina! I cavi si fanno man mano più lunghi e ad altezza maggiore dal suolo, ma ormai c’è confidenza col mezzo e le sensazioni sono solo positive. L’unico momento un po’ critico è la salita della torre di 24 metri con un vento fortissimo. Gli ultimi tre cavi li facciamo in coppia a causa del vento forte, c’è anche tanta nebbia ma il panorama si riesce a vedere lo stesso abbastanza. L’arrivo del circuito dei cavi (dura circa 2 ore) è su una piattaforma molto alta da terra. Ora riconsegniamo l’attrezzatura e siamo liberi di fare lo Sky Walk, che sarebbe un trekking ad anello in mezzo alla foresta attraversando dei ponti sospesi per avvistare gli animali e ammirare la foresta. Siamo in compagnia delle nostre nuove amiche alle quali proponiamo di dividere il minibus per Tamarindo, sono d’accordo, al nostro rientro a S. Elena andremo a prenotarlo, per ora godiamoci la camminata. Il percorso è molto bello, le passerelle si snodano nella foresta che è veramente lussureggiante, gli alberi sono tutti ricoperti da piante rampicanti e bromelie, vediamo due bei branchi di scimmie ragno di cui una con il piccolo sulla schiena, facciamo un po’ di fotografie anche se la distanza è notevole e le scimmie si muovono da un ramo all’altro nascondendosi spesso. Continuiamo a camminare e avvistiamo diversi tipi di uccelli ma non molto colorati, poi inizia a piovere, MOLTO, rimaniamo in compagnia delle svizzere sotto l’acqua. La pioggia è intermittente ma copiosa e noi siamo senza mantelle perché ci avevano detto di tenerci leggeri per fare il canopy. Meno male che siamo quasi alla fine e possiamo rientrare nella reception del parco per rifocillarci e aspettare la navetta per S. Elena. Mangiamo pranzo alla Soda Central (4100 C) ma il posto è bruttino e il cibo non è molto buono, anche se consigliata dalla guida. Il pomeriggio lo passiamo a bighellonare per S. Elena scrivendo le cartoline e passando un po’ di tempo sulla terrazza di un caffè. A cena siamo da Morphos dove mangiamo bene senza spendere una fortuna, facciamo due passi e, prima di andare in hotel, passiamo dalla pensione a vedere se c’è qualcuno con cui fare due parole. Troviamo Nicole, Franziska e un ragazzo canadese che era con noi al canopy e che domani ritorna a casa. Chiacchieriamo un po’ con loro e prendiamo gli ultimi accordi per il trasporto del giorno dopo. Andiamo a dormire, siamo stanchi e domani si parte alle 8 per Tamarindo con il minibus. [Venerdì 26 novembre] Dopo una bella dormita riposante andiamo alla panaderia di fronte alla banca di cui ci hanno parlato ieri sera i ragazzi, facciamo una abbondante colazione per 1300 C e andiamo a recuperare gli zaini. Puntualissimo il minibus arriva alla pensione Santa Elena dove ci dicono che pagheremo solo 15 USD a testa perché hanno trovato altre due persone che vanno a Tamarindo (questi due ragazzi ci diranno poi di avere pagato 25 USD a testa, ma nessuno di noi ha capito il perché).

La prima parte del viaggio è su strada non asfaltata a passo d’uomo. Da Las Juntas in poi la strada è pavimentata e il percorso si fa più sopportabile anche se fa molto caldo, siamo scesi dalle montagne e più andiamo verso l’Oceano più sale la temperatura. Ci mettiamo circa 4 ore per percorrere i 200 chilometri per arrivare al mare. Siamo a Tamarindo in tarda mattinata, fa un caldo allucinante, il nostro autista ci scarica in centro (!!!) e se ne va. Lascio Monica con gli zaini e mi incammino con Nicole e Franziska alla ricerca di un hotel. Vaghiamo un po’ per la strada principale di Tamarindo alla ricerca dell’Hotel Mono Loco, abbiamo letto sulla guida che è un buon posto (anche se la descrizione non rende giustizia, la sistemazione è molto più carina di quanto dicono) non molto caro per il posto in cui siamo. Contrattiamo un po’ con la proprietaria e ci accordiamo per due doppie per due notti con ventilatore e bagno privato (con acqua calda) al prezzo di 33 USD a notte. Il posto è molto grazioso, ristrutturato di fresco, le camere carine con un bel bagno, c’è anche una piccola piscina. Vado a recuperare Monica che in un bar ha conosciuto la prima barista italiana di Tamarindo (ce ne sono molti), ci dissetiamo con una carissima! limonata e ci dirigiamo zaini in spalla verso l’albergo con un sole impietoso sulla testa. Ci sistemiamo in camera e poi usciamo a fare un giretto ma soprattutto a cercare un posto dove mangiare. Andiamo sulla spiaggia e ci sediamo da Pedro’s dove mangiamo abbastanza bene a base di pesce per 5100 C. Trascorriamo il pomeriggio tra la spiaggia (che non è speciale) e il paesino che ci lascia alquanto insoddisfatti, ci aspettavamo un posto carino tipo la Playa del Carmen di metà anni 90 e invece questo è un paese senza capo ne coda, con strada polverose e non asfaltate, con pochissima illuminazione pubblica, infrastrutture inesistenti e condomini e hotel di pregio in mezzo al fango. Qui tutti vengono per fare il surf (soprattutto gli americani), sembra che faccia tendenza! ma noi non abbiamo visto nemmeno grandi onde che meritino il viaggio (ci chiediamo se il surf non sia per il Costa Rica un grande spot ad uso e consumo delle frotte di americani che arrivano e portano i dollaroni)… Noi non siamo interessati a questa disciplina, siamo qui per fare un po’ di mare e per cercare di fare l’escursione al parco delle tartarughe. Andiamo alla banca perché stiamo finendo i soldi; c’è una coda terribile e decidiamo allora di prelevare con il bancomat allo sportello ATM (dall’estratto conto in Italia scopriremo che ci è anche convenuto in quanto il dollaro si è ulteriormente indebolito con l’euro, ritiriamo 100.000 C per 169 Euro). Adesso che abbiamo la pancia e le tasche piene ci dedichiamo a capire qualcosa di questa cittadina dall’urbanistica molto incerta. Reperire informazioni è abbastanza difficile, rispetto a Santa Elena e Fortuna, dove le agenzie abbondavano, qui non se ne vedono proprio, forse il turismo qui è di tipo diverso. Chiediamo informazioni in un paio di agenzie che incontriamo lungo la strada per l’escursione delle tartarughe, ci rispondono che costa 48 USD a testa e comunque per i due giorni seguenti non c’è posto. Avevo letto su internet e sulla guida che il prezzo era di 26 dollari, qualcosa non quadra! Cerchiamo altrove ma non sembra facile, troviamo un tizio che affitta motorini e vende escursioni che ci chiede 28 dollari, ma quando telefona per prenotare non trova posto: siamo un po’ scoraggiati, siamo venuti qui apposta… Decidiamo allora di telefonare al nostro hotel e chiediamo alla signora Silvia se può prenotarci lei l’escursione. Ci risponde di si, ma cerca in tutti i modi di dissuaderci perché le hanno riferito che vedere le tartarughe è difficile, l’attesa è lunghissima e anche nel caso dell’avvistamento bisogna stare a 50 metri di distanza!…Decidiamo di chiederle comunque di informarsi e INSPIEGABILMENTE domani notte pare ci sia posto a 26 USD a testa! (bravo chi riesce a capirci qualcosa!?). Gironzoliamo un po’ sulla spiaggia, scattiamo qualche foto e decidiamo di provare ad andare a Playa Conchal domani, autobus permettendo (pare ci voglia molto tempo e come al solito gli orari non si capiscono bene). Stiamo in spiaggia fino al tramonto. Dopo un riposino in hotel usciamo per la cena, abbiamo deciso di andare al ristorante Pachanga che si trova sotto l’hotel Mamiri (quello dell’italiano dove avevamo telefonato). Mangiamo bene, ma il conto è un po’ salato: 11000 C. [Sabato 27 novembre] Ci alziamo con comodo, dopo colazione chiediamo a Silvia se sa a che ora dovrebbero venirci a prendere, ammesso di andare al parco marino… Non abbiamo ancora confermato, non sappiamo che fare, alla fine decidiamo che si va, speriamo in bene! Anche Nicole e Franziska hanno prenotato per questa sera. Andiamo a prendere il bus per Brasilito da dove proseguiremo a piedi per Playa Conchal. Paghiamo 750 C in due e impieghiamo circa due ore per percorrere 17 km (incredibile!). Da Brasilito (che ha una spiaggia a dir poco mostruosa!) ci sono solo dieci minuti a piedi. Superiamo uno sperone di roccia ed ecco una meravigliosa insenatura che prende il nome di Playa Conchal (conchiglia) dal momento che la spiaggia è interamente fatta di conchiglie spezzate, un vero spettacolo. Oggi è nuvolo e quindi fa un po’ meno caldo, riusciamo quindi a stare in spiaggia senza farci scotennare dal sole e ci facciamo anche un bel bagno. L’acqua è bella calda. Ci fermiamo solo un paio d’ore in quanto non abbiamo capito molto bene gli orari dei bus per il ritorno e non vogliamo fare molto tardi visto la nottata che ci aspetta. Rientriamo a Brasilito e troviamo subito il bus per Tamarindo, il prezzo per il ritorno è 520 C, vai a capire il perché di queste differenze… sarà a discrezione di quanta cresta decide di farci su l’autista? Arrivati a Tamarindo andiamo a mangiare qualcosa da Pedro’s e poi andiamo a prenotare il minibus della Interbus per Manuel Antonio (Quepos) per domani mattina alle 10.30 e torniamo in hotel a fare un bagno in piscina. Per cena siamo in compagnia delle svizzere, andiamo a mangiare in centro a tamarindo in un ristorante piuttosto anonimo, come il cibo che servono, ma almeno ce la caviamo con 6500 C. Torniamo in hotel e aspettiamo che arrivino le 22.30 e che le guide del parco ci vengano a prendere. Inganniamo l’attesa leggendo sulle amache nel patio dell’hotel, ma non è una buona idea perché veniamo divorati dai mosquitos. Finalmente arriva il minibus. Dopo aver recuperato altri turisti ci dirigiamo verso la foce del fiume dove ci attendono le guide per darci alcune informazioni. Ci dicono che la stagione è avara di avvistamenti e quindi se qualcuno vuole può tornare indietro ed essere rimborsato, altrimenti bisogna prendere una barchetta per attraversare il fiume, una volta sull’altra sponda non sarà possibile il rimborso. Restano tutti. Arrivati finalmente al Parque Nacional Marino las Baulas de Guanacaste ci spiegano che l’accesso al parco è consentito a quattro gruppi di trenta persone per notte e ogni gruppo deve attendere, per un tempo imprecisato, l’arrivo di una tartaruga. A fare da avvistatori ci sono biologi, guide e volontari disseminati lungo i 4 km della spiaggia del parco che è stata divisa in settori numerati. La serata è molto bella e limpida con tanto di luna piena, l’attesa è molto lunga e snervante e man mano che il tempo passa la sfiducia si fa largo. Il gruppo prima di noi parte, è arrivata la tartaruga, noi dobbiamo ancora aspettare, c’è chi dorme sulla sabbia, io preferisco ascoltare le radio dei guardaparco che ad un cero punto gracchiano “…Llegando una tortuga…”, forse ci siamo. Infatti ci dicono che la quarta tartaruga è arrivata, bisogna attendere che esca dall’acqua, salga sulla spiaggia e trovi il posto dove deporre le uova prima di andare a vederla. Dopo circa 20 minuti siamo in marcia in fila indiana dietro la guida verso il posto indicato, camminiamo per circa 15 minuti e durante il tragitto vediamo un’altra tartaruga rientrare in acqua dopo avere deposto le uova: è grandissima! E dicono che sia anche abbastanza inconsueto riuscire a vederla rientrare in acqua… Finalmente arriviamo nei pressi della tartaruga, la guida ci spiega che saremo portati vicino 15 alla volta, potremo vedere l’animale da vicino ma non toccarlo e fotografarlo, saremo illuminati solo dalla sua torcia schermata, per fortuna che la luna rischiara tutto. Lo spettacolo della tartaruga che scava la buca per deporre le uova è strepitoso, questo gigante preistorico di un peso stimato intorno ai 500 Kg muove le pinne posteriori alternativamente per scavare un buco di circa 80/100 cm e deporre un centinaio di uova. Le uova di questa tartaruga però vengono recuperate da una volontaria sotto la supervisione di una biologa perché sono state deposte troppo vicino alla battigia e il mare potrebbe spazzarle via. Verranno fatte schiudere nel laboratorio del parco e poi liberate le tartarughine. L’animale viene anche misurato (128 cm) e la biologa le spara con una pistola il chip di identificazione nella pinna anteriore perché questa tartaruga è un nuovo arrivo a Playa Grande, dove ci sono già censite 2600 sue simili. Non gradisce molto, sebbene ci dicano che mentre depone le uova cade in una sorta di trance, la puntura la infastidisce molto e la sentiamo sbuffare vivacemente. Dopo avere deposto le sue uova ricopre la buca con la sabbia e comincia a girarsi per tornare al mare.

E’ ora per noi di andare, dobbiamo lasciarla in pace, il trance è finito e non bisogna disturbarla o impaurirla, dovrà tornare sulla spiaggia altre 5/6 volte per terminare la stagione della riproduzione. Ritorniamo verso il gabbiotto delle guide tutti contenti ed ancora emozionati per questo spettacolo straordinario al quale abbiamo avuto la fortuna di assistere, la buona sorte ci ha assistiti, meno male che non abbiamo dato troppo retta a Silvia e alle sue notizie non del tutto veritiere. Ne è valsa veramente la pena, siamo stanchissimi, ma felici. Per tornare a Tamarindo dobbiamo nuovamente attraversare il fiume, ma la marea è salita e la barca non è più alla foce ad aspettarci, dobbiamo inoltrarci nella giungla per raggiungere un punto sulla sponda del fiume. Camminiamo parecchio al buio in un delirio di zanzare che ci divorano le gambe e le braccia, a poco serve una spruzzata di repellente al volo. Finalmente arriviamo alla barca e traghettiamo, all’arrivo sbarchiamo a piedi nudi in mezzo alla fanghiglia (che schifo… chiudiamo gli occhi e preghiamo di non prenderci qualche strana malattia!) del fiume sotto lo sguardo interessato di due coccodrilli!! che ci osservano da poca distanza… Sono solo dei cuccioli, dicono, NIENTE PAURA.. Sarà… Ci riaccompagnano in hotel, siamo distrutti e sporchi, sono le tre e mezza del mattino, una doccia veloce e via a letto, domani alle dieci c’è il minibus per Manuel Antonio.

[Domenica 28 novembre] Ci alziamo un po’ rintronati dalla nottata, facciamo colazione e aspettiamo che ci vengano a prendere quelli dell’Interbus, ci aspetta un viaggio di 340 chilometri (30 USD a testa). Dopo aver salutato le amiche svizzere che non hanno trovato posto per venire con noi oggi (partiranno domani), partiamo alle dieci e mezza alla volta di Quepos in compagnia di altri 6 turisti. Il viaggio è lungo e l’autista tiene l’aria condizionata a manetta per poi spegnerla ogni tanto con l’effetto di paurosi sbalzi termici. Avvicinandoci alla nostra destinazione il panorama si riempie di palmeti, l’autista si improvvisa cicerone e ci spiega che si tratta di coltivazioni per l’estrazione di olio di palma. La strada è buona anche se negli ultimi chilometri attraversiamo diversi ponti che non si capisce come stiano in piedi: sono ammassi di ruggine e rottami di ferro sui quali sono stati appoggiati spezzoni di binario ferroviario per ricavare la sede stradale, al passaggio dei mezzi si verifica una pericolosissima danza di pezzi di ferro… cominciamo a farci strane fantasie di poter precipitare e finire maciullati in fondo al canyon…! Arriviamo verso le 15.30 e ci facciamo lasciare in centro a Quepos, la guida dice che qui c’è il paese e le sistemazioni più convenienti mentre su a Manuel Antonio ci sono solo alberghi cari (in realtà la guida non è aggiornata, adesso ci sono sistemazioni carine e economiche anche vicino al parco). Ci accorgiamo subito che a Quepos il livello degli hotel economici è davvero basso e l’acqua calda è praticamente inesistente, tutti ci dicono che è già abbastanza calda la temperatura dell’aria… in effetti! Giriamo molto e alla fine, esausti, finiamo per accettare e pagare una stanza (7000 C) in un hotel squallidissimo. Prendiamo possesso della stanza, ma non siamo convinti della sistemazione, così usciamo e giriamo ancora un po’ per la città, andiamo a vedere l’Hotel Ceciliano dove hanno un stanza molto più decente e confortevole della precedente, la fissiamo per una notte, per domani abbiamo adocchiato un nuovo hotel/ostello molto carino con piscina dove dovrebbe liberarsi una stanza domani. Paghiamo 8000 C per una doppia con bagno e acqua calda e torniamo al tugurio a riprenderci i bagagli. La padrona è visibilmente seccata, ma a noi non importa e d’altronde ha incassato i soldi e non può lamentarsi. La cittadina non ci ha fatto una buona impressione, ma oggi è domenica ed è tutto chiuso, ci è già capitata la stessa cosa in altre città. Usciamo per cena e constatiamo che ci sono molti ristoranti e bar carini frequentati da turisti. Ceniamo al ristorante Gran Escape, mangiamo discretamente con 9500 C, poi una passeggiatina e via a nanna, il viaggio è stato particolarmente stancante, purtroppo dormiamo poco e male in quanto c’è un continuo andirivieni di gente cha fa chiasso fino a tardi e la mattina presto idem con macchine messe in moto alle 4 con la radio a manetta e magari spostate solo un’ora dopo. [Lunedì 29 novembre] Oggi è una giornata di attesa e riposo, il parco è chiuso e aspetteremo domani per visitarlo. Intanto pensiamo di cambiare nuovamente alloggio e ripassiamo al Wide Mouth Frog dove si è liberata la stanza che fissiamo per due giorni (25 USD a notte con bagno privato e acqua calda). Prima di trasferirci andiamo a fare colazione (3750 C) al Caffè Milagro, un locale molto carino di nuova apertura dove oltre a molti tipi di caffè, si possono degustare ottime colazioni e alla sera si può anche cenare. Dobbiamo riconoscere che Quepos con i negozi aperti e la gente in giro per strada fa un altro effetto e non sembra così malvagia come ieri sera. Facciamo il trasloco e, mentre Monica mette a posto gli zaini, vado in banca a cambiare un po’ di soldi. In una banca freddissima per l’aria condizionata cambio 300 USD di T.C. In 150 dollari e il resto in C (cambio 453,75). Una volta sistemati i bagagli prendiamo il bus che parte da Quepos ogni 30 minuti e arriva all’entrata del parco di Manuel Antonio. Oggi però facciamo solo metà del percorso dato che vogliamo andare a visitare il Mariposario (giardino di farfalle) che si trova nei pressi dell’hotel Si Como No. La visita dura circa un’ora (15 USD a testa), praticamente si entra in una immensa gabbia dove le farfalle vengono allevate e fatte riprodurre. Ci sono centinaia di farfalle dai colori stupendi che ci svolazzano intorno, visitiamo anche la zona laboratorio dove la guida ci spiega tutte le fasi della breve vita delle farfalle e ci mostra le uova, le pupe ecc. Una farfalla mi si aggrappa ai bermuda e devo lottare non poco per mandarla via, sembra piacerle molto il posto. Conclusa la visita riprendiamo il bus per tornare a Quepos e andare a mangiare un panino al L’Angolo, una gastronomia gestita da un italiano e una costarricense che fa ottimi panini (2900 C). Purtroppo oggi è lunedì e la famosa gelateria italiana di cui tutti parlano è chiusa, non ci resta che tornare in hotel e goderci un po’ la piscina, fa molto caldo e un po’ di ristoro è quello che ci vuole. Per cena ci facciamo tentare da Dos Locos, una specie di ristorante messicano, ma la cucina non è niente di speciale (6500 C). Dopo cena quattro passi per digerire e via a nanna, speriamo di recuperare qualche ora di sonno, dopo le iguane che correvano sul tetto in lamiera del Mono Loco a Tamarindo e i casinisti della scorsa notte, avremmo desiderio di una bella dormita. Dopo aver ucciso una bella cucaracha sul muro, prendiamo sonno, ma verso l’una siamo svegliati dal casino di alcuni ospiti dell’hotel che fanno il bagno in piscina e schiamazzano, è una maledizione! [Martedì 30 novembre] Ci alziamo presto perché abbiamo letto che la visita al parco è meglio iniziarla di prima mattina sia per il caldo sia per le maggiori possibilità di avvistamento di animali. Andiamo con il bus e siamo all’ingresso intorno alle 8.30. Entriamo finalmente al Parque Nacional Manuel Antonio (7 USD a testa) e subito siamo rapiti dalla bellezza della spiaggia che si trova subito dopo l’ufficio (Playa Espadilla sur). Ammiriamo un po’ di panorama e, dopo aver scattato un paio di foto, cominciamo la camminata anche se subito dobbiamo interromperla per un mio bisogno fisiologico urgentissimo, mi sa che devo smetterla di mangiare così tanti fagioli! Dopo poco cammino incontriamo i primi animali, si tratta di un branco di pecari, una specie di maialino. Continuando il sentiero vediamo alcuni grossi uccelli grigi e un picchio molto bello con la testa rossa intento a cercare prede sul tronco di un albero. Ma il bello sta per arrivare infatti cominciamo a vedere scimmie (cebo cappuccino) in gran quantità. Sono abituate ai turisti e si avvicinano molto. Starle ad osservare è molto divertente, fanno un sacco di evoluzioni, si rincorrono, giocano e si azzuffano, si potrebbe restare così per ore; ci sono adulti ed anche qualche cucciolo. Arriviamo alla spiaggia che viene citata come la più bella del parco (Playa Manuel Antonio) e riusciamo ad osservare da molto vicino e dal basso il branco di scimmie di poco fa. La spiaggia è meravigliosa, la sabbia bianchissima e, visto che fa già un caldo terribile, decidiamo di fermarci un po’ e fare un bagno in compagnia di Nicole e Franziska che abbiamo incontrato proprio qui in spiaggia. L’acqua è molto calda ma non molto limpida (in effetti questo oceano pacifico non è che ci abbia incantato!), il bagno però è una delizia… peccato che un procione e poi anche una scimmia cominciano ad interessarsi un po’ troppo ai nostri zaini… BRUTTE DISPETTOSE!… Stanno aprendoci la cerniera, forse cercano da mangiare… Presto! Dobbiamo uscire di corsa dall’acqua e cacciarle via!… Chiacchieriamo un po’ con le svizzere e ci scambiamo un po’ di opinioni sul posto e sulle sistemazioni alberghiere, loro hanno scelto di dormire a Manuel Antonio ed hanno trovato un hotel carino e non caro. Stare al sole non è possibile in quanto i raggi sono troppo forti e scottano la pelle, molto meglio stare all’ombra delle palme. Chi invece non fa una piega, oltre a procioni, pizote e scimmie, sono due iguane che prendono il sole vicino a noi. Mangiucchiamo qualcosa al sacco e poi riprendiamo la passeggiata per i sentieri del parco, salutiamo le nostre amiche con l’intento di rivederci più tardi fuori del parco, ma purtroppo questo sarà il nostro ultimo incontro con queste due simpatiche compagne di viaggio. Dopo aver visto un bradipo, o perezoso come lo chiamano qua, ci dirigiamo verso le altre parti del parco e le altre spiagge. Arriviamo alla prima delle Playas Gemelas e qui incontriamo delle altre simpatiche scimmie, decidiamo di non andare oltre perché siamo molto stanchi e provati dal gran caldo, torniamo indietro e percorriamo un lungo sentiero che porta all’uscita del parco. Ci fermiamo in un chiosco a bere qualcosa, ma scappiamo quasi subito dato che tengono la musica a palla e ci stanno perforando i timpani. Con il bus torniamo a Quepos e finalmente andiamo a mangiarci un bel gelato al Escalofrio, un locale molto carino di proprietà di un genovese che fa gelati e pizze. Scambiamo quattro chiacchiere con il proprietario mentre mangiamo un buon gelato, ci facciamo anche tentare dalla pizza, chissà forse questa sera… Prima di tornare in hotel per riposarci facciamo tappa alla stazione degli autobus e prenotiamo il diretto delle 9.30 di domani per San Josè, abbiamo deciso di tornare nella capitale e da li fare ancora un paio di gite, non abbiamo abbastanza tempo per allontanarci molto visti anche i trasporti così faticosi. Chiamiamo anche un ostello di cui abbiamo visto la pubblicità e prenotiamo una camera doppia con bagno privato per il momento per una notte, poi vedremo. In hotel ci riposiamo un po’ in piscina e leggiamo in giardino fino all’ora di cena, la pizza del genovese e i commenti positivi circa la pizza che si mangia in Costa Rica ci hanno solleticato, andiamo da Escalofrio. Mangiamo bene, la pizza è buona, meglio sicuramente di tante pizze che si mangiano in Italia e i prezzi sono abbastanza bassi. I soliti quattro passi e poi a nanna sperando in bene per la notte… Giusto il tempo di prendere sonno che i nostri “amici” riprendono i tuffi in piscina e il chiasso, sono le due del mattino e, con la carogna sulle spalle, esco in mutande in giardino e dico loro “di tutto” in inglese. Mi rispondono “we are sorry” e la cosa mi imbestialisce ancora di più. Torno a letto, devo essere stato convincente infatti il rumore cessa di colpo e riusciamo a prendere sonno. [Mercoledì 1° dicembre] Ci alziamo con comodo, facciamo colazione e prepariamo gli zaini, alle 9.15 siamo alla stazione dei bus. L’autobus è abbastanza puntuale ed è in buone condizioni. Partiamo poco dopo le 9.30 e ci impiegheremo circa 4 ore per fare 180 km (1950 C a testa). Non siamo quasi neanche partiti che l’autista si ferma poco prima di uno dei famigerati ponti e ci informa che dobbiamo stare fermi circa un’ora, pare infatti che stiano facendo manutenzione al ponte… ADESSO !?… saldano il ponte adesso che dobbiamo passare noi??… Dopo circa 45 minuti si riparte, il caldo è soffocante, ma man mano che ci allontaniamo da Quepos la strada sale e il caldo si fa meno opprimente. Arriviamo a S. Josè verso le 13.30, il bus ci lascia al terminal della Coca Cola e prendiamo un taxi per arrivare al Gaudy’s che si trova nella parte ovest della città vicino al parco della Sabana. Il posto si trova in una bella zona residenziale, non è malvagio, forse non è il massimo della pulizia, ma la stanza e il bagno sono decenti (20 USD), pensiamo di tenerla anche per le restanti due notti. È un ostello che ha anche i dormitori, le parti comuni, la cucina in cui tutti possono farsi da mangiare, la sala tv e un computer con accesso internet libero. Ci facciamo una doccia e poi usciamo a mangiare qualcosa e a fare un giro per la città. San Josè ci appare subito molto caotica, con un traffico pazzesco, ma al tempo stesso vivibile e non pericolosa. C’è molta gente in giro per la strada, molti giovani, molte famiglie… E molta polizia, la cosa ci rassicura! I negozi sono riforniti di tutto, dalle scarpe di tutte le fogge agli oggetti di elettronica, davanti ai negozi di abbigliamento ci sono molti ragazzi vestiti tutti uguali che ti invitano ad entrare a vedere la merce. La città è bruttina, non ci sono bei palazzi, gli edifici sono molto anonimi e grigi, gironzoliamo quasi senza meta cercando di fare anche noi i josefineros. A sera rientriamo in hotel e facciamo un salto nei dintorni per mangiare qualcosa in un fast food vicino, la zona dove siamo è tranquilla, ma non offre molte opportunità per mangiare, bisognerebbe prendere un bus o un taxi per spostarsi, ma non ne abbiamo voglia. Una volta in hotel leggiamo un po’ nella veranda e poi andiamo a dormire. Qui sull’altopiano a 1150 m di altitudine fa freschetto, alla sera ci vuole una maglia. [Giovedì 2 dicembre] La notte è trascorsa a meraviglia, il posto è veramente tranquillo e finalmente abbiamo fatto una bella ronfata. Alle 8.15 siamo già in centro, dobbiamo prendere il bus per il Volcan Poas che parte alle 8.30 (2100 C a testa). La giornata non è molto bella e man mano che saliamo e ci avviciniamo al vulcano il tempo peggiora. All’entrata del parco ci fanno pagare un biglietto per turisti e uno per residenti (7 USD e 600 C) come sconto per compensare il fatto che c’è una nebbia incredibile e sarà molto difficile vedere il cratere. Infatti non si vede una emerita mazza! e finiamo per passare la giornata al gelo della caffetteria del parco in attesa di poter ritornare in città. Facciamo un paio di tentativi di vedere il cratere che si trova a soli 500 metri dal centro visitatori, ma il tempo è pessimo e la visibilità pessima. Inganniamo l’attesa con la lettura, l’acquisto di alcune fotografie del cratere e la telefonata all’American Airlines per la riconferma del volo…Insomma… di tutti questi vulcani non siamo riusciti a vederne nemmeno uno… destino infame! … dopo l’Arenal, non abbiamo visto neanche il Poas. Finalmente arrivano le 14.30 e risaliamo sul bus per fare ritorno a San Josè. Ci mettiamo circa 3 ore a tornare, la bellezza del paesaggio mitiga in parte la delusione per non aver visto il vulcano. In compenso vediamo piantagioni di caffè a perdita d’occhio e talvolta delle coltivazioni di fragole: pare che alle pendici di queste montagne crescano entrambe le colture particolarmente bene. Arrivati a S. Josè facciamo un giro in centro e andiamo in banca a cambiare ancora un po’ di soldi, prendiamo 100 USD e l’equivalente di altri 100 in Colones (cambio 454,2). Facciamo qualche acquisto e poi ce ne torniamo in hotel. Per cena andiamo in un ristorante abbastanza carino nel quartiere, mangiamo discretamente per 6900 C. Uno sguardo alla tv all’hotel e poi a nanna. [Venerdì 3 dicembre] Oggi è l’ultimo giorno di Costa Rica, domani si parte. Questa mattina prendiamo un taxi e ci facciamo portare al palazzo dell’ Instituto Nacional de Seguros dove c’è il famoso Museo de Jade. Saliamo all’undicesimo piano di questo palazzo e, pagati 2 USD a testa e lasciate le macchine fotografiche, entriamo nel museo. La collezione di giade è vasta ed è molto bella ed interessante, peccato che l’allestimento, sebbene pare che sia stato rifatto di recente, risulta molto scadente e poco curato, le vetrine sono polverose e piene di ditate. Peccato perché i reperti sono affascinanti, ma presentati in questo modo non si riescono ad apprezzare. Dal palazzo si gode una bella vista della capitale. Scendiamo e, dopo un giretto nella zona, torniamo al terminal dei bus per Alajuela nei pressi della chiesa della Merced, vogliamo andare a Sarchì e dobbiamo cambiare bus. Il viaggio è lungo, ci impieghiamo circa 3 ore e quando arriviamo è più o meno l’una e la nostra delusione è forte. Quello che ci era stato descritto dalla guida come “il centro dell’artigianato più importante ed affascinante del Costa Rica”, si rivela ai nostri occhi come una sorta di centro commerciale anonimo, i cui negozi “identici”, vendono gli stessi oggetti che non paiono certo “prodotti artigianalmente” e molti sono anche di origine guatemalteca… Non ci aspettavamo una copia di Chichicastenango, ma qui le cose sono prive di qualsiasi fascino e con prezzi di tutto riguardo. Non ci resta che mangiare qualcosa in un ristorante deserto (come tutto il resto!) e, dopo un rapido e poco interessante giro, tornare a prendere il bus. La delusione di Monica è ancora più grande della mia, lei ci teneva proprio a fare un po’ di acquisti per sè e per le amiche, speriamo di riuscire a tornare in tempo a San Josè al mercato degli artigiani dove aveva visto delle cose carine che le piacevano. Il viaggio di ritorno è lungo e stancante. Arriviamo verso le 17.30 e andiamo diretti al mercato ma è oramai tardi e le bancarelle stanno cominciando a chiudere… ACCIDENTI!… abbiamo trascorso l’ultimo giorno di vacanza quasi interamente in pulman e PER NIENTE! Ripieghiamo sul caffè: il Costa Rica è uno dei maggiori produttori e porteremo questo agli amici come souvenir. Per consolarci di Sarchi ci prendiamo un bel milk shake (davvero buono!) da Pops in centro e poi ce ne torniamo in hotel. La sera rimaniamo in hotel a vedere un po’ di tv e poi andiamo a dormire, peccato che questi ultimi due giorni di vacanza siano stati così improduttivi. [Sabato 4 dicembre] Prepariamo i bagagli e alle 10.30 ci facciamo portare in aeroporto dal proprietario dell’hotel che fa servizio taxi per 12 USD. Ne abbiamo abbastanza dei mezzi di trasporto locali! In aeroporto paghiamo la tassa di uscita di 26 USD a testa, facciamo alcune telefonate e aspettiamo che arrivino le 12.42 per partire alla volta di Miami con un 738 dell’American Airlines. Negli USA dobbiamo attendere le 20.10 per imbarcarci sul volo per Londra. Inganniamo un po’ l’attesa presi come siamo dai ridondanti controlli di sicurezza, metal detector, impronte digitali, fotografie ed altre amenità. Mangiamo qualcosa e finalmente ci imbarchiamo sul 777 dell’AA. Appena a bordo ci rendiamo conto che questo tipo di aereo è molto più spazioso dei 747 dell’Iberia e anche molto più confortevole. Arriviamo a Londra alle 9.30 del 5 dicembre e alle 11.55 ci imbarchiamo sul volo della British che, in un paio d’ore di volo, ci porterà a Nizza. Stanchi come somari arriviamo a Nizza alle 16.00 e abbiamo la sorpresa di recuperare un solo zaino, per l’altro, dopo un’improduttiva attesa, scattano le procedure di denuncia di smarrimento. Speriamo che lo ritrovino.. Sarebbe la prima volta che ci capita!… Monica si ricorda di aver messo proprio in quello zaino i rullini delle fotografie… OPS! Il tempo di pagare il salasso del parcheggio (85 Euro) e siamo in macchina verso casa. La valigia per fortuna arriverà il giorno dopo portata direttamente a domicilio da un addetto dell’aeroporto. Che dire del Costa Rica: sicuramente una bella nazione, tranquilla e a misura di turista. Abbiamo visto molte scuole ed ospedali, non sappiamo molto di come stiano le cose ma già queste presenze lasciano un po’ di speranza. Gli spostamenti non sono molto agevoli, un po’ per la condizione delle strade, un po’ per la rete di trasporti pubblici, efficiente nelle tratte da e per S. Josè, molto lenta e macchinosa per il resto. La natura è incredibilmente rigogliosa, pare anche ben tutelata, le esperienze che si fanno e le emozioni che si provano sono irripetibili. Manca però di tradizioni, di cultura, di folclore, tutte cose che fanno da corollario ad un viaggio, ti fanno immergere pienamente in un Paese, ti danno belle sensazioni anche quando semplicemente cammini per strada.



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