Natale 2003 tra bradipi, Imperiali e Centenari

Prologo – tra Salto di Fondi (LT) e Roma La nostra avventura in Costa Rica comincia per caso in una calda giornata di fine estate, nel bel mezzo del litorale pontino, dove ci fermiamo per un panino in prossimità di un chiosco sulla spiaggia. Uno scambio di sorrisi ed è subito amicizia con Johnatan, un ragazzo Costaricano che,...
Scritto da: Massimo Marzo
natale 2003 tra bradipi, imperiali e centenari
Partenza il: 24/12/2003
Ritorno il: 03/01/2004
Viaggiatori: in coppia
Prologo – tra Salto di Fondi (LT) e Roma La nostra avventura in Costa Rica comincia per caso in una calda giornata di fine estate, nel bel mezzo del litorale pontino, dove ci fermiamo per un panino in prossimità di un chiosco sulla spiaggia. Uno scambio di sorrisi ed è subito amicizia con Johnatan, un ragazzo Costaricano che, nell’armeggiare con bufala e pachino, ci fa una breve quanto convincente promozione di questo paradiso terrestre latinoamericano. Il nostro piccolo chef si trova in Italia soltanto da un mese, ospite della famiglia che gestisce l’adiacente Martino Club Hotel e che è titolare di un omonimo resort in Costa Rica, immediatamente visitato attraverso una brochure che ci viene lasciata insieme all’augurio di rivederci presto e magari dall’altra parte del mondo… Magari! Tornati a Roma l’euforia da tropici dura ancora pochi giorni, accompagnata da frenetiche consultazioni di mappamondi e di atlanti e da navigazioni sul web che ci vedono approdare al sito di Tutisti per Caso e a quello del Resort Martino e delle sue cinque stelle (irraggiungibili per chi, come noi, si muove con lo zaino in spalla e la tenda al seguito). Il Costa Rica viene poi sepolto e dimenticato con il sopraggiungere dell’inverno, del freddo, del lavoro, eccetera, eccetera, fino a martedì 23 dicembre, quando ottenuta la conferma delle tanto richieste ferie, entriamo decisi nella prima agenzia di viaggio e ne riusciamo poco dopo con due biglietti dell’Iberia, destinazione San Josè Costa Rica, partenza l’indomani mattina! Tornati a casa facciamo appena in tempo a preparare due zaini alla bella e meglio (50% abiti 50% libri) e si fa subito ora di chiudere gli occhi.

Mercoledì 24 dicembre – da Roma a San Josè Soltanto a poche ore dalla partenza realizziamo di non avere uno straccio di prenotazione neanche per la prima notte e di non disporre di una Lonely Planet da consultare: aiuto! Superato il momento di panico Rossella resuscita la brochure del Martino; dapprima chiamiamo invano il Resort Martino e poi proviamo con l’albergo di Salto di Fondi, dal quale, dopo averci spiegato che a causa del fuso orario (che imbecilli!) non è possibile contattare subito i familiari in Costa Rica, ci rassicurano sul fatto che in un modo o nell’altro troveremo qualcuno all’aeroporto di San Josè che saprà fornirci indicazioni per passare indenni la notte della vigilia; il tempo di ringraziare ed è già ora del check-in da Fiumicino, si parte!!! Dopo troppe ore di volo, arriviamo a San Josè che sono le 20 locali, neanche il tempo di uscire dall’aeroporto e ci viene incontro Johnatan in persona che, dopo i saluti di rito, ci trasporta in dieci minuti alla nostra prima sistemazione: il Resort Martino, dove ci aspetta il titolare, Adriano, un ragazzo in jeans e adidas che ci fa subito sentire a nostro agio; il tempo di una doccia e ci abbandoniamo nelle braccia di Morfeo (di jet lag neanche l’ombra) in una stanza più grande e accogliente del nostro bilocale romano: che lusso! Giovedì 25 dicembre – La Garita de Alajuela La mattina seguente ci presentiamo per il breakfast con un po’ di imbarazzo, non abbiamo ancora chiarito quanto ci costerà questa pazzia, ne sappiamo se possiamo o dobbiamo restare e per quanti altri giorni, del resto la famiglia Martino si è dimostrata così gentile che non sappiamo come spiegare ad Adriano di voler essere solo di passaggio… Per fortuna ci pensa lui e ci fa sapere di avere disponibilità al massimo per altre quattro notti, il prezzo della stanza è 100 dollari a notte (per noi un salasso) e per il resto della vacanza (fino al 2 gennaio) ci affida una copia della sua Lonely Planet, da restituire una volta tornati in Italia a uno dei fratelli: non potevamo pretendere di meglio!!!! Passiamo tutto il resto del giorno in pieno relax in albergo con qualche libro in mano, decidiamo di restare un altro paio di giorni, abbiamo bisogno di riposare e questo sembra il posto ideale: il resort che ci ospita si trova in località La Garita de Alejuela, in mezzo alla foresta, su un altopiano di 1000 metri dove è sempre primavera, la struttura è molto grande e difficile da spiegare: si articola in un corpo centrale su due piani che accoglie alcune strutture comuni (tra le quali il ristorante e il casino) e che si affaccia su una grande piscina, seguita a sua volta da un secondo edificio a due piani, dove si trovano le stanze (tutte con ingresso indipendente e patio privato). Alle spalle, tra piante e animali di tutti i tipi, seguono altri tre edifici sempre a due piani: la palestra, il centro benessere med&spa e gli appartamenti/suite, intervallati da diversi spazi sportivi e di ristoro, nonché un originalissima grande area centrale adibita alla riflessione…Un paradiso che scopriamo essere stato ideato e realizzato dal padre di Adriano, il signor Alfonso, che se ne è andato appena un estate fa e che, a quanto pare, amava fare le cose per bene.

La giornata si conclude con la programmazione del viaggio sulle pagine della Lonely Planet, nonché sui vari depliant dell’albergo, dai quali scopriamo di poter organizzare gite di un solo giorno. Venerdì 26 dicembre – tra il vulcano Poàs e il fiume Sarapiqui Ci avventuriamo per la nostra prima gita con una bella alzataccia (ma non dovevamo riposarci?) e cominciamo il tour “4 in 1”. La gita è in pullman e la compagnia non è delle migliori (statunitensi un po’ chiassosi), ma entriamo subito in contatto con la Costa Rica e i suoi simpatici abitanti, passiamo per le piantagioni di caffè e ci fermiamo per un breakfast con degustazione del tanto rinominato caffè 100% arabica e della prima “specialità” locale, il Gallo Pinto, che scopriamo non essere molto differente dal Cristianos y Moros di tutto il centroamerica. Il giro continua con la visita del Parco Nazionale Poàs e dell’omonimo splendido vulcano, 2500 metri di altitudine, fa un po’ freddo ma siamo fortunati, non c’è un filo di nebbia e quello che ci aspetta è un lago color smeraldo che si è formato sul cratere: meraviglioso! Si risale sul bus, le strade non sono delle migliori, visitiamo gli splendidi giardini delle cascate La Paz, piene di colibrì e farfalle coloratissime, tutto bello, ma che fame! Ci aspetta un pranzo veloce nello stesso parco e ancora una volta siamo delusi dalla cucina locale, mi sa che stavolta ci dovremo arrendere e consolarci con la cucina italiana che ci aspetta in albergo. Ricominciamo a macinare kilometri fino a ritrovarci catapultati sul versante atlantico, fa molto caldo e c’è molta umidità, improvvisamente ci rendiamo conto di essere quasi all’equatore, ci imbarchiamo per una gita in barca sul fiume Sarapiqui verso il confine nicaraguese, in compagnia di scimmie, iguana, tucani e coccodrilli… Una compagnia originale per chi è abituato a vivere tra palazzi e cieli grigi. Si ritorna distrutti in albergo, e si fa conoscenza con il cuoco Pietro, che ci da il benvenuto con una delle sua specialità, il filetto alle cipolle, accompagnato da un vino Mater Matuta e focaccia fatta in casa, tutto degno di essere inserito nelle Ricette Immorali di Pepe Carvalho! Sabato 27 dicembre – Punta Leona tra una birra Imperial e un rhum Centenario Seconda gita, voglia di mare, ci viene consigliata la costa pacifica e più precisamente il Parco Nazionale di Manuel Antonio che include diverse e bellissime spiagge. Durante il viaggio due sorprese, la prima buona (passiamo sul ponte del fiume Tàrcoles e avvistiamo decine di coccodrilli in libertà), la seconda un po’ meno: una gomma bucata ci costringe a ripiegare per una meta di riserva, la Playa Blanca in località Punta Leona (alla quale si accede liberamente alla seconda traversa a destra dopo l’omonimo resort, che invece richiede una tariffa giornaliera di 20 dollari). Approdiamo su due splendide spiagge divise da un promontorio roccioso e invase da palme immediatamente sul mare, si può fare il bagno e l’acqua è calda e calma, anche perché la spiaggia si trova di fronte a un piccolo golfo chiuso dalla penisola di Nicoya; ci aspetta una giornata di tutto relax che si chiude nel vicino villaggio di Jacò, dove riproviamo con la cucina locale in un ristorantino sulla spiaggia (El Bohìo), un’altra delusione parzialmente mitigata dalla birra del posto, l’Imperial: quello che ci vuole in posti caldi come questi!. Torniamo in albergo dove ci aspetta Adriano per due chiacchiere (si vede che gli manca l’Italia) e una bevutina, con la scoperta della seconda specialità del posto, il rhum Centenario, che va giù che è una meraviglia! Domenica 28 dicembre – intorno all’Arenal Terza gita, l’ennesimo bus ci porta per una escursione di Canaping, esperienza da fare assolutamente: si viene imbracati e legati a una carrucola che scorre su un cavo d’acciaio fissato in cima alla foresta primaria e via! Si passa da un albero all’altro ad un’altezza di almeno cinquanta metri: brividi e al tempo stesso possibilità di vedere questi posti con il punto di vista di un primate.

A questa splendida gita, segue il pranzo in un piccolo ristorante dove assaggiamo l’ennesima specialità locale, il Casado, tanto buono da farci riconciliare con la cucina Costaricana. Risaliamo sul bus e dopo un po’ ci ritroviamo nei pressi dell’Arenal, vulcano ancora in attività, sarebbe anche possibile vedere le sue continue sbuffate ed eruzioni, ma a causa della foschia ce le possiamo soltanto immaginare… Ci aspetta il premio di consolazione, una visita all’omonimo lago, pieno di splendida fauna, oltre alle solite scimmie e tucani (dopo un po’ non ci fai più caso: è più difficile incontrare un gatto) avvistiamo famiglie intere di strani animali (quepo o qualcosa di simile), sono carini e sembrano piuttosto intelligenti, mangiano avidamente le banane che offriamo loro dalle nostre mani. Segue un bagno alle terme calde nei dintorni di Fortuna. Tornati in albergo, il tempo di assaggiare la famosa focaccia, che Pietro e Johnatan ci catapultano nella divertente notte di San Josè, andiamo in una specie di centro commerciale (così lo hanno definito) dove si susseguono una infinità di locali, in alcuni si paga l’ingresso, in altri no, ne giriamo uno dopo l’alto, tanta allegria, tanta musica, tanto rhum, per fortuna che non guido io…

Lunedì 29 dicembre – Caraibi! Comincia la seconda parte del nostro viaggio, questa volta tutta all’insegna dello zaino in spalla, decidiamo di spostarci con i mezzi pubblici (lo consigliamo vivamente a tutti, sono molto efficienti, costano veramente poco e sono puntualissimi, l’unico neo è reperire le informazioni sufficienti per capire da dove partono, da dove arrivano e soprattutto quando passano, però basta chiedere…), prendiamo un taxi per il capolinea Caribe (da dove partono i bus per la costa caraibica), il taxista però quando arriva a San Josè ammette di non conoscere la destinazione, per fortuna abbiamo la Lonely Planet con relativa piantina della città. Dopo una corsa folle (tralasciamo i particolari), l’autista del bus più pazzo del mondo ci porta diretti a Cahuita, dove troviamo le Cabinas Palmer, che ci accolgono a 15 dollari a notte. La struttura è povera ma dignitosa, le camere sono in legno dipinto di allegro celeste e c’è anche un giardino comune (che la prima sera condivideremo con dei campeggiatori) con tanto di patio e amaca personale: uno spettacolo! Cahuita è un villaggio particolare, sembra dimenticato dal progresso, ricorda le foto dei vecchi album di Bob Marley, le strade non sono asfaltate, i ritmi sono lenti e la popolazione è prevalentemente di origine jamaicana, qui fa molto più caldo che sull’altopiano centrale, ma si sta da dio. Se i Costaricani sono gente simpatica questi neri della costa sono addirittura fantastici: appaiono un po’ burberi ma sono di una gentilezza esagerata, ti salutano tutti e più di uno ci da il benvenuto. La giornata è un po’ grigia e ci aspetta anche un bell’acquazzone (il primo da quando siamo arrivati), la serata termina in un ristorante ai margini del centro abitato il Miss Edith, dove dopo un attesa di più di un ora (qui le cose si fanno con calma) veniamo sorpresi dalla cucina locale: formidabile! Aragosta alla salsa caraibica e pesce alla noce di cocco, una prelibatezza! Ci dispiace per la comitiva di italiani che dopo una mezz’oretta se ne è andata scocciata e senza assaggiare alcunché, ancora un po’ di pazienza e sarebbero stati anche loro in paradiso.

Martedì 30 Dicembre – Cahuita e dintorni Affittiamo due bici al ferramenta vicino al Safari Food Store (raccomandiamo di chiedere quelle con i freni e preferibilmente le mountain bike, fondamentali per andare sulla spiaggia) e ci avventuriamo alla scoperta del Parco Nazionale di Cahuita. Entriamo dall’ingresso di Kelly Creek, dove ci si registra e si lascia una offerta libera per l’ingresso. Il parco è stupendo, la prima parte si può percorrere con tranquillità in bici, si costeggiano bellissime spiagge e si oltrepassa un piccolo fiume. Nella seconda parte il sentiero si allontana di un centinaio di metri dalla spiaggia, le cose diventano un po’ più difficili, c’è molto fango e bisogna scendere dalla sella per spingere la bici, in compenso incontriamo un bradipo, il primo di una lunga serie che viene ospitata tra Cahuita e Manzanillo, 25 km di paradiso. La nostra passeggiata continua e veniamo premiati per la fatica da una piccola spiaggia con un mare smeraldo, protetta dalla barriera corallina che impedisce alle onde di raggiunger la riva; questa è la spiaggia più bella in assoluto che abbiamo visto, si sta tutto il giorno in acqua, la sabbia è bianca, la vegetazione a ridosso della riva è da cartolina e si vedono anche dei pesciolini gialli (non abbiamo le maschere: peccato!). Sulla strada del ritorno salutiamo gli ultimi bradipi e veniamo accolti dal secondo temporale, cinque minuti di mare che scende dal cielo, mamma mia! La sera proviamo un altro ristorante, da Roberto, buono ma niente a confronto con le prelibatezze della sera prima e poi passiamo la notte nel Cocos Bar al ritmo di reggae e al gusto di Imperial e Centenario.

Mercoledì 31 dicembre – Puerto Viejo de Talamanca Prendiamo un bus che ci porta nella vicina Puerto Viejo, il colpo d’occhio è molto diverso da quello di Cahuita, il paese è grazioso, si dispone sul litorale, chiara la vocazione turistica con numerosi ristoranti e alberghi, sullo sfondo alte onde e tanti surfisti. Facciamo un ottima colazione da Miss Sam e poi cerchiamo un posto dove passare la notte, ma questa è l’ultima dell’anno e Puerto Viejo sembra al completo; alla fine troviamo il Lizard King, un ristorante messicano che ha delle stanze al piano superiore, paghiamo 80 dollari, un vero e proprio furto se consideriamo che il posto è una modesta struttura in legno direttamente sulla strada, meno accogliente delle Cabinas Palmer e cara quasi quanto il Resort Martino (senza alcuna possibilità di confronto) e poi i gestori sono piuttosto antipatici, insomma se potete evitate. La sera affittiamo le bici e cerchiamo un posto per passare l’ultimo dell’anno, ci consigliano il Cariblue, un bella struttura appena fuori Puerto Viejo sulla strada di Manzanillo, gestita anch’essa da italiani (ma stanno tutti qui?) che ci regalano una piacevole serata al ritmo di Calypso e Mento accompagnata da cucina italiana (anche se avrei preferito cenare da Miss Edith); festeggiamo il capodanno con un bel black out, molto comune da queste parti (portate con voi sempre una torcia) e poi in giro per gli affollati locali sulla spiaggia di Porto Viejo che ci regalano tanto buon reggae da ballare.

Giovedì 1 gennaio – da Manzanillo a San Josè Prendiamo un bus che ci porta dritti a Manzanillo, altro parco, altra spiaggia, qui però il bagno è un’impresa un po’ più difficile a causa delle alte onde. Dopo aver cercato invano di superare il Rifugio Nazionale di Manzanillo (impresa impossibile senza un adeguato paio di scarpe da ginnastica che oggi abbiamo lasciato negli zaini), assistiamo a una partita di calcio sulla spiaggia, un classico e divertente maschi contro femmine, e poi torniamo indietro per una passeggiata a piedi alla ricerca di spiagge, tra le quali citiamo Punta Uva e Playa Chiquita, peccato per l’ennesimo temporale. Alle 16 torniamo a Cahuita per il nostro ultimo bus caraibico (sigh) che ci riporta direttamente a San Josè, dove ci fermiamo per l’ultima notte nel modesto Hotel Central.

Venerdì 2 gennaio – da San Josè a Roma Al risveglio, prima di ripartire, ci concediamo un breve giro per San Josè, che si rivela piuttosto deludente, la capitale ci appare povera sia a livello di architettura coloniale che per testimonianze precolombiane, per fortuna che di cose belle ne abbiamo viste già tante. Infine l’ultimo taxi per l’aeroporto (che scopriamo essere più vicino ad Alajuela) e si riparte per Roma così come si era partiti, con gli zaini in spalla e gli occhi pieni di felicità, ma con un po’ di malinconia e con qualche bottiglia di rhum in più).



    Commenti

    Lascia un commento

    Leggi anche