Dall’impero del Sol Levante a quello del Grande Dragone

Viaggio fai da te attraverso il Giappone, fatto di tante realtà che non riescono mai a svelarsi completamente, e la Cina, un mondo che spazia dalle metropoli moderne alle praterie epiche passando per deserti, vette sacre, grotte straordinarie e rovine imperiali
Scritto da: luciana57
dall'impero del sol levante a quello del grande dragone
Partenza il: 11/04/2017
Ritorno il: 01/05/2017
Viaggiatori: 6
Spesa: 3000 €
Quest’anno abbiamo scelto una meta estrema, un tour tra Giappone e Cina, un giro veramente impegnativo! Tam tam tra tutti i nostri compagni di viaggio, stavolta saremo in sei e la prima cosa da fare è come al solito prenotare il volo: andata Roma-Tokyo, ritorno Pechino-Roma. Emirates ed il suo Airbus 380 ci accompagnano come al solito! Mesi di preparazione, di studio accurato e alla fine, grazie all’aiuto di tutti riusciamo a imbastire un canovaccio sul quale stendere la vera e propria mappa del nostro ambizioso viaggio. Quante aspettative: la preparazione nozionistica, le speranze nell’attesa di avventure nuove, il desiderio di assaporare emozioni e culture diverse, tutto infonde nell’animo un piacevole stato di allerta. Si vive per qualcosa che sarà di sicuro interessante e unico, come unici sono stati tutti i viaggi che abbiamo fatto finora. Arriva finalmente la data della partenza e la nostra avventura ha inizio.

11 Aprile 2017: SI PARTE!

Sorvoliamo il Golfo Persico, l’Iran, il Pakistan, l’India, la Birmania e la Cina. La maggior parte dei passeggeri sonnecchia avvolta nelle coperte. Alcuni guardano un film in una lingua incomprensibile, altri leggono con la propria luce pagine di ideogrammi indecifrabili. Altri ancora come me cercano di ingannare il tempo: mi alzo per fare due passi nel corridoio scansando teste ciondolanti e piedi maleodoranti di varie nazionalità, ma presto devo tornare al mio posto. Guardo l’orologio e la gioia è la sensazione che provo mentre l’aereo sta scendendo su Tokyo in un limpido pomeriggio di Aprile. Finalmente! Sfiniti da tante ore di volo, incastrati nelle poltrone della classe economica, ci scopriamo all’improvviso circondati da persone che parlano una lingua che non conosciamo, mentre scendiamo sull’ignoto. Conosco questa sensazione, questo vuoto nello stomaco ed un brivido piacevole mi attraversa, un brivido misto ad un senso di euforia e adrenalina: siamo arrivati, stavolta in Giappone, un luogo quasi mistico, ammantato da un’aura di mistero e di impenetrabilità. Appena atterrati al Narita Airport tutto comincia ad avere il magico odore dell’efficienza; espletiamo le formalità doganali e ci mettiamo in cerca del Keisei bus che ci porterà, speriamo nei pressi del nostro hotel, l’Apa Hotel & Resort Makuhari, ma il resto della strada dobbiamo farla a piedi con le valigie al seguito. Traballiamo un po’ per la stanchezza ma alla fine arriviamo alla meta. La nostra sembra la stanza dei sette nani e dobbiamo organizzarci per far passare le valigie che devono rimanere per forza chiuse se vogliamo riuscire a muoverci! Però ci sono il kimono, le pantofole e il mitico wc ipertecnologico con i vari tasti che corrispondono a funzioni ancora misteriose. Ne rimango affascinata! Una doccia veloce, una pizza e di corsa a nanna, siamo svegli da non sappiamo più quante ore! Domani abbiamo appuntamento con la nostra free-guide alle 9,30. Buona notte, davanti a noi l’Oceano Pacifico!

TOKYO

Puntuale come un orologio svizzero la Sig.ra Reiko Shimba arriva e ci conduce alla stazione centrale di Tokyo. Le luci, le scritte in giapponese, la folla di impiegati che si aggira per le strade ci stordiscono un po’; vaghiamo per dieci minuti senza proferire parola e pensando… Ma dove caspita siamo finiti? Ai semafori centinaia di pedoni attendono il verde per sciamare verso l’altro lato della strada. Le automobili in circolazione sono relativamente scarse! Shimba, in un italiano perfetto, ci racconta un po’ della vita dei Giapponesi a Tokyo e delle differenze con l’Italia che lei ha visitato qualche anno fa. Ci guarda stupita quando le assicuriamo che se in Italia dimentichi qualsiasi oggetto su un treno sei quasi certo che non lo ritroverai mai più. Ci sgrana gli occhioni assicurandoci che a Tokyo c’è qualche caso di furto, ma è un’eventualità molto rara. Intanto arriviamo a Shibuya, quartiere commerciale e usuale meta di giovani, sede di numerosi grandi magazzini e negozi alla moda. All’uscita della metropolitana c’è la statua di Hachiko, il cane che ha aspettato alla stazione per sette anni, tutte le sere, il suo padrone ormai deceduto. La sua fedeltà, in un paese dove questa qualità è assai apprezzata, ha colpito l’immaginario popolare a tal punto da essere celebrato ancora in vita. Poco oltre si trova il famoso incrocio di Shibuya: il rosso dei semafori scatta contemporaneamente per tutte le auto ed all’istante una fiumana di persone si riversa sulla strada per guadagnare il marciapiede opposto. Seguendo il flusso della gente, utilizzando la linea circolare Yamanote compresa nel Japan Rail Pass, raggiungiamo per un picnic il parco di Ueno con i suoi viali di ciliegi, la principale meta dell’hanami di Tokyo. Ci guardiamo intorno, tantissime persone sono sedute per terra su teli di plastica a bere e a consumare pietanze: famiglie, gruppi di amici, colleghi d’ufficio in giacca e cravatta che si sono precipitati fin qui direttamente dal lavoro mentre un filo di vento scuote le chiome dei ciliegi provocando una debole e indimenticabile pioggia di petali. Che meraviglia! Anche noi approfittiamo di un tavolo libero e della piacevole atmosfera che ci circonda per sgranocchiare qualcosa! Shimba ci accompagna poi nel quartiere di Asakusa per visitare il tempio Sensoji: incombe un’imponente lanterna rossa , forse uno dei simboli più noti della città recante gli ideogrammi in dimensioni cubitali. Dall’altro lato si apre la Nakamise-dori, la strada che conduce al tempio: un percorso di circa 300 metri costellato di bancarelle di tutti i tipi con dolciumi, souvenir, abiti, maschere, valigie, piatti, un bazar nato spontaneamente in tempi antichi per soddisfare le esigenze dei pellegrini. Grazie Shimba per averci dato il benvenuto in Giappone; sei stata il nostro primo assaggio dell’infinita gentilezza di questo Paese, della sua efficienza e della sua attenzione maniacale nei confronti del prossimo. È tardi, siamo stanchissimi, l’i-phone di Giulio ci ricorda che oggi abbiamo percorso 17 km a piedi. È ora di andare a dormire!

KYOTO

Da oggi siamo soli, dovremo arrangiarci! Lasciate le valigie in hotel ci trasferiamo alla Tokyo station per prendere lo shinkansen, il treno proiettile che in 2 ore e 40 minuti ci porterà a Kyoto. Qui inizia la meravigliosa avventura con i treni giapponesi: capiamo che è possibile che i trasporti pubblici funzionino alla perfezione ed è inevitabile fare il paragone con il nostro paese! Inoltre, tanto per dovere di cronaca, i treni vengono puliti regolarmente prima di far salire i passeggeri, nei bagni pubblici c’è sempre un dispenser di igienizzante per disinfettare i sanitari e nonostante i pochi cestini per i rifiuti sulle strade non c’è traccia di sporcizia. Persino i petali di fiore caduti dagli alberi vengono spazzati via dai giardini.

Il nostro hotel, l’Heian No Mori ha belle e confortevoli stanze, l’unica pecca è il bagno diviso in due piccoli locali: in uno troneggia un avveniristico water elettronico con tavoletta riscaldata, bidet automatico ed altre funzioni azionate mediante una plancia posta a lato. Su comando dell’utente l’acqua esce già tiepida da alcune cannelle per il lavaggio delle parti anteriori e posteriori. Il getto è regolabile in vari gradi d’intensità. Nell’altro locale una inquietante, piccola e profonda vasca interrata nel pavimento! Che angoscia! Onnipresente è il bollitore dell’acqua con le bustine del the.

Lasciate le valigie prendiamo un bus per andare in centro a visitare la tanto attesa Kyoto, custode di templi e santuari millenari. Dopo solo quarantasei fermate raggiungiamo la Matsubara-dori, una strada costellata di negozi che conduce, dopo una ventina di minuti di cammino, fino alla scalinata d’ingresso del tempio Kiyomizu-dera. La folla è numerosa: questo è uno dei luoghi più amati della città. Il sole declina e molti abitanti di Kyoto salgono fin quassù per godersi lo spettacolo del tramonto, molti vestiti addirittura in kimono ! Meraviglioso spettacolo, è proprio come la immaginavamo! È piacevole osservare i giapponesi: sono timidi e riservati, un po’ solitari, ma anche coloratissimi e sorridenti. Le ragazze hanno tutte le guance rosa, i capelli lisci e i tacchi vertiginosi anche alle 10 del mattino, mentre portano i cani abbigliati con vestiti estrosi, a spasso nel passeggino. Gli anziani ti guardano e ti sorridono, sempre, e i bambini sono così belli che li vorresti mangiare di baci. Camminiamo all’infinito gustandoci ogni angolo ed assaporando le sensazioni che questo posto ci trasmette! L’imbrunire si avvicina: lasciamo il Kyomizu scendendo da varie stradine: è ora di mettere qualcosa sotto i denti e Mc Donald ci sembra proprio una buona idea! Dopo cena passeggiamo verso Gion, il quartiere tradizionale di Kyoto, dove si concentrano le poche strade che ancora ricordano l’atmosfera della città vecchia. Camminando ci inoltriamo per una strada fiancheggiata da case di legno e ciliegi in fiore, ai margini di un ruscello. L’atmosfera notturna con gli alberi illuminati dai fari e la luna sullo sfondo in un luogo così suggestivo ci regalano una bellissima emozione: un sapore rétro apparentemente autentico come ce lo aspettavamo , persiane abbassate, vicoli e vicoletti, canali d’acqua, selciati di pietre, lanterne rosse che segnalano case da the e ristoranti,! Ci sentiamo dentro un film! L’ultima strada, Hanami-koji , è conosciuta per le vecchie case da the dove risiedono le poche geisha che ancora esercitano questa antica professione. La geisha non è una sorta di meretrice perché è lei stessa a decidere se e quando concedersi, cosa che può avvenire non prima di lunghissimi periodi di frequentazione, ma che può non avvenire affatto. Torniamo esausti in hotel.

Il mattino seguente di buon’ora decidiamo di andare alla Kyoto station, una monumentale opera in vetro e acciaio per raggiungere in treno il Fushimi Inari, tappa obbligatoria per uno dei templi più belli del Giappone. Il tragitto è breve e arriviamo in soli dieci minuti Il santuario è dedicato a Inari, dea del riso e della prosperità. Stupiti camminiamo in mezzo a migliaia di torii rosso arancio che si inerpicano sulla collina. Sono così fitti che camminando ci sembra di essere in un tunnel. C’è un’aria speciale in questo luogo: la mattina vibra, risplende! Fa molto caldo.

HIROSHIMA

Prima di prendere il treno ci attardiamo un po’ per salire sulla terrazza panoramica della fantastica stazione. Una serie di scale mobili conduce fino sul tetto: un’opera grandiosa, piove. Qui deve essere bellissimo di sera, sostare tranquillamente seduti sulle panchine a godersi la serata chiacchierando e contemplando il panorama di Kyoto puntinata di luci! Oggi andiamo ad Hiroshima, una tappa inevitabile con una vicenda tristemente nota, quasi per rendere omaggio alle vite dei semplici cittadini che sono state sacrificate sull’altare della follia bellica. Non si è mai vaccinati a sufficienza verso quelle immagini di distruzione: per ogni individuo che abbia un minimo di coscienza è inevitabile un momento di riflessione. Purtroppo stavolta la mitica precisione dei Giapponesi ci si rivolta contro e perdiamo la possibilità di entrare nel cuore del Museo per un solo minuto di ritardo rispetto a quello consentito per l’entrata: veniamo dall’altra parte del mondo, lasciateci entrare, ma le nostre richieste cadono nel vuoto. Il ritorno verso l’albergo è stranamente silenzioso. Tutti noi solitamente loquaci siamo chiusi ora in un silenzio che esprime più di molte parole. Anche i nostri visi sono rabbuiati mentre camminiamo nella sera di Hiroshima, il freddo atmosferico si unisce a quello dell’anima!

Ormai siamo agli sgoccioli, rientriamo a Tokyo perché domani si parte per Shanghai da dove inizierà il nostro tour della Cina. Ci è piaciuto moltissimo il Giappone. La prima cosa che ci ha colpito è stato il silenzio, silenzio che si nota ovunque in metro, per strada dove non abbiamo mai sentito suonare clacson o accelerare con energia un motorino scoppiettante perché anche nelle più affollate stazioni il rumore prevalente è quello degli annunci. Altra cosa che stupisce è l’estrema cortesia che sembra finta talmente è palesata ma che con il passare del tempo scopri essere connaturata nella loro educazione e cultura. La pulizia dei luoghi pubblici è maniacale tanto che per le strade è proibito fumare per evitare cicche e cenere a terra; si fuma solo in apposite smoking area.

Abbiamo assaggiato quello che si può definire a grandi lettere un PAESE CIVILE e il giro in Cina è stato un pochino più difficile anche per questo. A prescindere dalle profonde differenze culturali e religiose, dalla mentalità e dai lati negativi che sicuramente non mancheranno l’istantanea che abbiamo nel cuore di questo Paese è superlativa e sarà difficile scalfirla. Per scherzo, durante il viaggio, inviavo messaggi scrivendo “Ciao, vi scrivo dal futuro”, e non solo per le sette ore di fuso orario ma perché se un futuro migliore può esserci, io lo vorrei esattamente così, nel rispetto del prossimo.

DA TOKYO A SHANGHAI

Da Tokyo un aereo della China Eastern Airlines ci porta a Shanghai. Appena atterriamo ci accoglie una città di circa 20 milioni di abitanti, estremamente moderna e occidentale, frenetica, sempre in movimento, con macchine ovunque e luci al neon di qualsiasi tipo. Superato lo shock iniziale e la sensazione di schiacciamento dovuta ai palazzi altissimi, decidiamo di servirci del Maglev, il treno a levitazione magnetica che viaggia in aria e percorre la tratta dall’aereoporto di Pudong alla città (esattamente alla stazione di Longyang Road) in soli 7 minuti, alla velocità di 450 km orari. Con due taxi raggiungiamo il nostro hotel, il Golden Island, triste e squallido e ci accorgiamo subito che il personale della reception non parla e non capisce una sola parola d’inglese! Vicino all’ascensore un distributore di profilattici ci induce a pensare che forse è un albergo a ore, ma non diamo spazio a questi pensieri e ci affrettiamo ad uscire per esplorare la città. Shanghai è una megalopoli nuova, un fiorire di grattacieli che solo di rado lasciano spazio a fazzoletti di case basse con un destino segnato ed un futuro breve. In questi vicoli tutte le figure classiche che ci si aspetta di vedere in Cina: venditori di bacchette, pittori, calzolai con attrezzi sparsi sul ciglio della strada e sarti con sgangherate e polverose macchine da cucire, un mondo che giorno dopo giorno sta inevitabilmente perdendo il sole.

Restiamo due giorni nella sfavillante Shanghai! Passeggiamo per la Naijing Road, centro pulsante della città, visitiamo le viuzze della Concessione francese, sgraniamo gli occhi nel giardino del mandarino, saliamo al 350° piano della Oriental Pearl Tower e ci godiamo una passeggiata lungo il Bund per catturare la magia dello skyline della città di notte. Siamo sbigottiti e senza parole!

GUILIN E YANGSHUO

Stavolta un affollato volo della Shanghai Airlines, stracolmo di rumorosissimi cinesi in vacanza ci porta a Guilin dove ci attende il van mandato dalla nostra agenzia locale, la Yangshuo Private Tour-Day. Arrivare a Guilin è come essere catapultati in una favola. Le differenze con la Cina vista finora sono evidenti, addirittura sono diversi i tratti somatici della gente del posto. È come essere al mare, la gente è rilassata, vestita diversamente, ci sono meno macchine e più biciclette, si può girare tutto a piedi! E soprattutto c’è meno inquinamento. Alloggiamo al Zizhou Panorama Resort, uno splendido hotel che si trova all’interno di un parco naturale al centro della città. Ci sentiamo al settimo cielo!

Domani andremo a vedere le Longsheng Rice terrace, sulla schiena del drago. Di buon’ora lasciamo l’hotel per un’escursione magnifica! I villaggi di questa zona sono abitati dall’etnia Hongyao, famosa per le donne dai lunghi capelli. Le incontriamo lungo la strada, vestite nei loro splendidi abiti tipici, che vendono manufatti tradizionali con una gerla sulle spalle. Siamo in mezzo alle terrazze di riso, in una quiete quasi irreale e camminiamo per ore, nessuno si lamenta: siamo troppo affascinati dall’atmosfera bucolica alla quale non siamo più abituati! Percorriamo a piedi salite, discese osservando con esitazione persone (per lo più anziane, ma forse lo sembrano soltanto ) che optano per la più comoda soluzione di farsi portare da una lettiga trasportata faticosamente da due uomini. Il posto intorno a noi è fantastico, sempre diverso, sempre uguale e cambia a seconda delle stagioni e della luce della giornata! Immaginiamo i solchi che si riempiono d’acqua creando giochi di luce e riflettendo i colori dell’arcobaleno, poi nel periodo della semina il paesaggio che si tinge di verde e poi di giallo! Deve essere magnifico!

Scendiamo mentre orde di turisti stanno arrivando e risaliamo sul minivan per continuare il nostro tour. Siamo a due passi dalla città, ma l’ambiente è quello della campagna e per un sentiero che si arrampica con le scale arriviamo alla Grotta del Flauto di canna. Entrati, davanti a noi uno spettacolo di stalattiti, stalagmiti e colonne. Alla mancanza di colore hanno sopperito con una assurda illuminazione artificiale. La parte più ampia della grotta ha un piccolo specchio d’acqua e presenta ciclicamente uno spettacolo di luci e suoni, sembra più di essere a Disneyland che in una grotta naturale! Torniamo felici al nostro hotel, un vero paradiso! Domani proseguiremo per Yangshuo con il van e con Mr. Peter, la nostra gentilissima guida. Lungo la strada, davanti a noi si apre un fiabesco paesaggio di verdi guglie che assumono di volta in volta fisionomie particolari. Rapiti passiamo davanti a piccoli villaggi di pescatori e campi per il pascolo mentre barche di tutte le misure solcano le tranquille acque del fiume Li. Non siamo gli unici a pensare che il posto sia incantevole, ci sono degli sposi che vengono qui per farsi fotografare. Un’inaspettata finestra su un meraviglioso angolo di Cina rurale: campi arati, guglie, un pescatore con cormorani che solca il fiume su una piccola barchetta di canne di bambù. Raggiungiamo il nostro hotel, il Yangshuo Mountain Nest, un gioiellino alla fine del paese. Veniamo accolti nella hall con un cocktail di benvenuto fatto di ottimo the allo zenzero! Stanze molto carine e personale gentilissimo e accogliente. Ci fanno sentire a casa e ci regalano persino una lezione di autentica cucina cinese! Andiamo in centro! Devo essere sincera, la prima impressione appena ci siamo infilati nelle viuzze pedonali piene di botteghe è stata quella di trovarmi in un posto bellissimo ma estremamente turistico. Sarà anche perché per la prima volta vediamo in giro un sacco di facce occidentali. Ci sono birrerie tedesche, inglesi. Ristoranti italiani, francesi. Qui tutto sembra essere fatto su misura per un turismo che trova rassicurante replicare le proprie abitudini anche dall’altra parte del mondo. In ogni angolo si affittano biciclette, la città è perfetta da girare su due ruote, specialmente la collina circostante. Tra i tanti negozietti di souvenir noi non possiamo resistere . Siamo carichi di pacchi e pacchetti e cerchiamo un taxi ma intorno a noi non se ne vedono. Miracolosamente passa da lì una sorta di motoretta cabinata, saliamo! Certo, gli abbiamo dato un piccolo contributo per il passaggio ma ci ha riportati in hotel tra le molte risate.

La sera, accompagnati dalla nostra guida, ci dirigiamo in uno straordinario anfiteatro naturale dove assistiamo allo spettacolo “Impression” di Sanjie Liu, tanto bello da togliere il fiato, in un contesto scenografico da favola! Emozione unica veder apparire dal buio le montagne che circondano l’enorme palcoscenico ed ancora le oltre 600 comparse che sembrano camminare sull’acqua del fiume in un’atmosfera onirica. A fare le valigie ormai siamo velocissimi, un attimo prima c’era roba sparpagliata per tutta la stanza, un attimo dopo è tutto chiuso nel trolley. Domani raggiungeremo la penultima tappa del nostro viaggio, Xi’an, l’asso nella manica dell’industria turistica cinese. Voleremo con Air China: sedili comodi e grande gentilezza del personale di volo.

XI’AN

Arriviamo piuttosto tardi al nostro hotel, il Bell Tower che si trova proprio al centro della città ed è molto confortevole! Usciamo in cerca di qualcosa da mangiare: a noi non piace molto il cibo cinese, Pizza Hut fa al caso nostro. La pizza è accettabile, ma quasi nessuno dei camerieri parla inglese ed è difficile persino far intendere che vogliamo anche qualcosa da bere! Xi’an è anche l’ennesima metropoli cinese con un bel quartiere musulmano e un caratteristico mercato, praticamente una gastronomia a cielo aperto con bancarelle, negozi e ristorantini dove si cucina a pieno ritmo di tutto e di più, meglio non indagare! Ma a una sola ora di bus c’è l’ottava meraviglia, l’Esercito di terracotta! Seimila soldati dall’aspetto fiero e bellicoso a guardia della tomba di un imperatore morto duemiladuecento anni fa, ognuno con armi ed un volto suo, diverso dagli altri, un esercito schierato pronto per andare in battaglia: fanti a piedi, cavalieri, generali alti un metro e ottanta, tutti impettiti e severi, in marcia per affrontare la guerra. File e file, in formazione da battaglia con in pugno alabarde e lance affilate ormai dissolte dal tempo. È uno spettacolo veramente unico e impareggiabile, un crescendo di emozioni nel capannone in cui migliaia di soldati sono pronti a ricevere ordini e a rompere le file serrate mantenute per migliaia di anni!

PECHINO

Questo è l’ultimo dei nostri voli interni. La China Eastern Airlines ci conduce serenamente a Pechino dove splende un magnifico sole. Ad aspettarci con un van Liu, la nostra fantastica guida che parla correttamente l’italiano (ggannie_liu@126.com). Lungo la strada un traffico pazzesco. I motorini non seguono nessuna regola, si buttano sui marciapiedi e non danno mai precedenza ai pedoni. La prima certezza che abbiamo avuto è stata che esistevano delle regole stradali non scritte secondo le quali la precedenza apparteneva sempre al più grosso, quindi era compito dei pedoni quello di evitare di farsi schiacciare, visto che comunque anche le strisce pedonali non sarebbero state una garanzia. Lasciamo i bagagli in hotel, il Novotel Xinqiao Beijing, ben posizionato all’uscita della metropolitana e ci dirigiamo a Piazza Tienanmen.

La prima cosa che notiamo è la gente. Tanta, ovunque. I cinesi sono tantissimi e spesso siamo travolti non da una massa di turisti occidentali, ma da una folla infinita di turisti cinesi che vengono da altre zone. Piazza Tienanmen è lo specchio della grandezza di Pechino, la piazza più grande del mondo di cui quasi non si riesce a scorgere la fine, di fronte l’accesso alla città proibita e il volto di Mao protetto dalla guardia dei soldati. Qui, come in nessun altro luogo della Cina che abbiamo visitato, si percepisce l’impronta di uno stato comunque autoritario. I livelli di sicurezza della piazza sono altissimi: per accedervi è necessario mettersi in fila e passare sotto un metal detector. All’alba e al tramonto le cerimonie dell’alzabandiera!

La Città proibita, così chiamata perché ne fu vietato l’accesso al mondo esterno per 500 anni, ci appare come un’oasi fiabesca e irreale: tetti spioventi, portali elaborati, archi dai quali intravedere i muri con i draghi verdi. Ogni particolare è stato progettato in maniera sontuosa per l’abitazione del figlio del cielo che qui viveva con la sua corte ed è ancora vivo e tangibile qui, tra i giardini lussureggianti, i cortili, i padiglioni e le grandi sale del palazzo l’antico mondo di bellissime concubine e leggendari imperatori, di eunuchi e di enormi ricchezze!

Anche negli Hutong, racchiusi da mura e da porte di legno dipinte con colori vivaci, poco più tardi ci è parso di cogliere una Cina vecchia, che ha un sapore antico, e certamente non la Cina che avanza, che conosciamo bene per la spregiudicatezza che ha mostrato spesso e non solo negli ultimi anni sui mercati europei. Entrare nei vicoletti di questi piccoli quartieri è un’esperienza indimenticabile che vale la pena di fare anche se spesso le case sono ormai squallide e poco vivibili e la vita si svolge prevalentemente all’aperto.

Con il nostro van siamo andati a Badaling, dove la Grande muraglia si mostra in tutta la sua imponenza: il muro corre lungo la cresta delle montagne in un serpeggiare continuo ed infinito Lo spettacolo che ci si presenta una volta arrivati in cima vale decisamente qualsiasi sforzo: è un sentimento difficile da descrivere quello che si prova camminando su questo pezzo di storia, una piccola porzione della muraglia, migliaia e migliaia di chilometri che dividevano due mondi profondamente diversi, un confine che ora non esiste più ma che è ancora carico di miti, leggende e significati: i cinesi raccontano che i cadaveri dei morti sul lavoro venivano gettati nella costruzione e le loro anime vagano ancora nella notte sulle colline spoglie che segnano il confine tra impero e Mongolia. Intorno il paesaggio è brullo, cosparso solo di cespugli a perdita d’occhio senza case o tracce di vita umana!

Pechino è ancora legata alle sue tradizioni, ma il nuovo cerca di farsi strada ed i cantieri fioriscono vicino ai vecchi quartieri. La città è grandissima ma abbiamo imparato a muoverci in metropolitana, dotata di un sistema di riciclaggio dei biglietti efficientissimo. A ogni ingresso della metro c’è il controllo bagagli, come in aeroporto, si passa di coda in coda, di spintone in spintone, circondati spesso da persone che cercano di passarti avanti senza vergogna. Abbiamo imparato che i cinesi, anche in metropolitana sono un vero disastro in quanto a file da rispettare. Tutti scalpitano per entrare e non è pensabile esitare e poi sputazzano senza nessun ritegno tanto da suscitare aspri rimbrotti da parte della nostra guida. Ogni volta che le porte della metro si aprono c’è una gara per chi riesce a salire prima di far scendere i poveri malcapitati che sono giunti alla loro fermata. E allora sì che le spinte si sprecano!

Oggi è la volta del Tempio del Cielo, un nobile esempio di architettura del regno di mezzo, del periodo Ming. Qui il figlio del cielo trascorreva una notte di digiuno e preghiera prima di dedicarsi alle cerimonie sacrificali che sarebbero servite, nel solstizio d’inverno a ringraziare per il buon raccolto . Per nostra fortuna visitiamo anche il Tempio dei Lama (Yonghegong) al tramonto: c’è incenso ovunque e l’aria che si respira è magica. Seduti sotto un portico è stato facile dimenticare la realtà e assaporare la squisita lentezza che richiede il tempo. Assolutamente indimenticabile! Prima di rientrare in hotel raggiungiamo il famoso Silk Market, cinque piani di borse, scarpe, vestiti di grandi firme, tutte rigorosamente taroccate, dove contrattare è d’obbligo. Domani si torna a casa!

Il Giappone è una finestra sul futuro, un paese estremo per rigore, igiene, disciplina, efficienza, organizzazione, fatto di tante realtà che non riescono mai a svelarsi completamente, un insieme unico ed inimitabile che difficilmente si può dimenticare!

La Cina è uno dei paesi più difficili da raccontare, così grande, così diversa dal nostro rassicurante mondo occidentale, piena di aspetti e differenze interne tra una regione e l’altra. Non è solo un paese, è un mondo che spazia dalle metropoli moderne alle praterie epiche passando per deserti, vette sacre, grotte straordinarie e rovine imperiali. È un sogno a tratti un po’ delirante questo viaggio cinese: mura lunghe migliaia di chilometri, città grandi come nazioni, eserciti di terracotta che sorvegliano il sonno di imperatori e terrazze di riso sulla schiena di un drago!

Sono trascorsi venti giorni, il nostro viaggio volge al termine, è stato un vortice di emozioni, di stati d’animo che si susseguono uno dopo l’altro, un continuo cambiare di culture, popoli, paesaggi, stupore, eccitazione e senso di libertà. Un viaggio faticoso sia fisicamente che mentalmente perché i ritmi sostenuti sono stati abbastanza alti, quasi ogni giorno valigie, aerei, van e cambi di hotel, ma siamo felici, portiamo via con noi i ricordi che abbiamo immortalato nei nostri occhi e in quello di vetro della macchina fotografica, ma soprattutto siamo coscienti ormai della nostra “febbre” che si ripresenta ogni volta che finisce un viaggio e scompare quando stiamo per partire per un’altra avventura da sogno!



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