Cina tra passato e futuro

Nadia a Pechino e Shanghai...
Scritto da: nadia tarantino
cina tra passato e futuro
Partenza il: 17/08/2009
Viaggiatori: in coppia
Per quanto curata, fedele e particolareggiata possa essere una descrizione della Cina, non lo sarà mai abbastanza da dare un’idea di ciò che è questo pezzo di terra. Ci sono luoghi e persone e usanze da raccontare, ma ancor di più ci sono gli odori, i rumori, i colori e perfino lo smog che in certi giorni inghiottisce i grattacieli. Pechino e Shanghai rivelano in tutto il loro clamore lo sviluppo che la Cina ha messo in moto negli ultimi dieci-quindici anni. Ma se la seconda ha virato in modo deciso verso la cultura occidentale, la capitale ha cercato di mediare tra passato e futuro. Né a Pechino né a Shanghai esiste il presente. Ovunque c’è una gru, un cantiere aperto, un grattacielo in costruzione, una sopraelevata che si affaccia su un passaggio pedonale multipiano, una strada a sei corsie quando non a otto. Il traffico impazza ad ogni ora, i grandi schermi sulle facciate dei grattacieli trasmettono immagini giorno e notte, il rumore di sottofondo è assordante anche nel cuore nella notte e anche se si dorme in una stanza di un ventunesimo piano. Per Pechino e Shanghai si potrebbero usare tutti gli aggettivi del vocobolario, tutti troverebbero una giustificazione. Tutti, tranne uno: cosmopolita. Quasi esclusivamente occhi a mandorla. Pochissimi occidentali e quasi tutti turisti, rarissimi i neri; in Cina il turismo di massa è in mano agli asiatici. Pechino ha dimensioni colossali. Tutto è enorme: piazze, strade, palazzi, centri commerciali, templi, parchi. La conoscenza della capitale comincia da Wangfuying (distretto di Dongcheng), la strada centrale che per una parte è chiusa al traffico. Centri commerciali, negozietti di artigianato locale, case del tè, alberghi e ristoranti si concentrano nella via attraversata da altre grandi arterie e, nella parte più periferica, dagli hutong. Gli hutong sono quanto di più cinese possa esserci a Pechino: vicoli tortuosi con casette a due piani, minuscole, arroccate una sull’altra. Ogni porticina è l’ingresso ad un cortile sul quale si affacciano più abitazioni che sono tante quante i contatori della luce collocati all’esterno. Abitano qui le famiglie più povere e gli anziani. Si contano sulle dita delle mani le case con i servizi igienici; le altre hanno bagni pubblici in comune, ce ne sono molti negli hutong ma anche nelle altre parti della città. Lungo la parte più centrale di Wangfuying si trova Dashmao hutong: un labirinto di vicoli dove sono stipate bancarelle di souvenir e cucine che preparano spiedini di vermi, formiche, scorpioni, rane, granchi, lucertole, bozzoli, cavallette, interiora di animali e altri ingredienti a noi sconosciuti. L’odore non è gradevole per niente. I cinesi prendono d’assalto le cucine e se ne vanno a passeggio gustando gli spiedini con la stessa golosità con cui noi gustiamo il gelato. L’atmosfera pechinese è senza tempo. I risciò invadono le strade e si offrono come alternativa al taxi: un modo più veloce per spostarsi, considerato il volume del traffico, ma rischioso perché quasi sempre i conducenti sono abusivi e non esitano ad infilarsi tra i tram in movimento. Comunque un’esperienza, a patto che si tolleri il malcostume di chi guida e chiede cifre esorbitanti per pochi metri. Per evitare discussioni, occorre trattare prima e dopo la corsa e a volte neppure basta. Piazza Tienanmen ha dimensioni indescrivibili e la si raggiunge facilmente a piedi in circa un’ora partendo da Wangfuying. Si accede alla piazza, completamente pedonalizzata, attraversando un sottopasso al termine del quale si trova il check-in per il controllo di borse e zaini da parte della polizia. Su un lato il palazzo del Governo, sull’altro il museo di Storia cinese, e ai lati della parte centrale i monumenti agli Eroi del popolo, ossia ai martiri della rivoluzione comunista. La piazza ospita anche il mausoleo di Mao Zedong e la Torre della freccia. Dall’altra parte della strada l’ingresso alla Città proibita sulla cui facciata campeggia l’immagine di Mao. La riproduzione della foto non è molto grande ma incredibilmente è ben visibile anche da lontano. Con 60 yuan (6 euro e una manciata di centesimi) si entra nel maestoso complesso che racchiude nei suoi 700mila metri quadrati pagode e costruzioni risalenti al 1300. Occorrono alcune ore per visitare gli oltre 800 palazzi imperiali delle dinastie Ming e Qing. Finita la visita, ci si trova all’ingresso del giardino Jing Shan (costo d’ingresso 5 yuan!!). Scale molto fitte portano alla Torre della Porta da cui si ha una vista sull’intera Città proibita che per quanto bella quasi stordisce. Ciò che infastidisce tantissimo è la mancanza di educazione ambientale e senso civico degli orientali: aiuole, sentieri e muretti sono trattati alla stregua di cestini dei rifiuti e per fortuna il grande dispiegamento di spazzini con granate, pinze e cassette in spalla salva l’immagine dei luoghi.

Uno spuntino in uno dei banchi etnici che si trovano nei dintorni è un’esperienza da non mancare per dire di essere riusciti a cogliere il vero senso di Pechino. In vendita scatole di riso e verdure, pollo o pesce che – non si capisce come – cominciano a cuocere e in otto minuti possono essere aperte e consumate. Roba da non credere. Guai a saltare l’appuntamento con l’anatra pechinese, il piatto per eccellenza delle cucina locale. Servita in tutti i ristoranti, viene portata al tavolo intera e tagliata dallo chef (circa 180 yuan per un’anatra). Il punto in cui la muraglia cinese è più facilmente accessibile è certamente Badaling, distante un paio di ore di macchina da Pechino. Qui è attiva la funivia che con 60 yuan porta fino alla vetta da cui poi ci si può muovere a piedi per passeggiare lungo un pezzettino degli 11mila chilometri della straordinaria opera che si perde in mezzo alla montagna. La passeggiata, in realtà, è un’impresa quasi impossibile: la folla è di proporzioni inammaginabili e a perdita d’occhio solo una distesa di ombrellini colorati che si muovono avanti e indietro e riparano dal sole le migliaia di visitatori che ogni giorno arrivano a Badaling. Il traffico è impressionante e al confronto i nostri esodi estivi fanno davvero ridere. Poco distante da Badaling si trova la tomba dei Ming: 65 yuan per il giardino dal quale si arriva fino alla pagoda e all’ingresso del mausoleo che si trova dieci piani sotto terra. A 20 chilometri da Pechino si trova il Palazzo d’estate (ingresso 30 yuan). Il parco è affollatissimo ogni giorno e il lago che lo attraversa è un concentrato di barchette e pedalò. Suggestivi gli angoli del lago in cui crescono ninfee e fiori di loto bianchi e rosa. Da visitare, questa volta in città, anche il Tempio del cielo (35 yuan) costituito da pagode e templi immersi in giardini enormi, e il Tempio di Confucio (aperto dalle 9.00 alle 16.30, 25 yuan). Quest’ultimo è molto bello e già da fuori si respira fortissimo l’odore di incenso che viene bruciato davanti alle pagode delle diverse divinità. Le strade sono un condensato di bancarelle e negozietti che vendono incenso e nessun visitatore conquista l’ingresso al tempio senza prima aver acquistato fasci di omaggi da bruciare. Nelle vicinanze del Tempio del cielo si trova il centro commerciale del falso: borse, orologi, occhiali, cinture, magliette. Di tutto e di più, riprodotto fedelmente e anche su richiesta. Trattare il prezzo richiede tempo e soprattutto molta, molta pazienza. Infine, la Torre della campana e la Torre del tamburo che si trovano una di fronte all’altra in un’area periferica trasformata nel parcheggio dei risciò e dei taxi e nella quale si trovano gli unici locali che vendono cappuccino e caffè, davvero introvabili in centro.

Pechino non finisce mai di stupire. La città è ricca di parchi e giardini molto frequentati dai pechinesi soprattutto la mattina per fare ginnastica utilizzando gli attrezzi per l’allenamento di braccia, gambe, addominali e spalle, le cyclette e i tapis roulant e gli attrezzi per il massaggio (palestre a cielo aperto si trovano anche negli hutong); nei parchi la gente si riunisce anche per ballare, suonare, cantare, meditare. La metropolitana è stata integrata con nuove linee tra il 2006 e il 2008 in occasione delle Olimpiadi e il costo per ogni spostamento è al massimo di 4 yuan. Le stazioni non sono capillari e capita spesso, una volta raggiunta la zona che si intende visitare, di dover camminare a lungo prima di arrivare nel punto che interessa. Le distanze sono enormi e neppure la cartina della città più curata potrà mai essere fedele alla realtà. Shanghai è molto più moderna, dinamica e scintillante di Pechino. E’ la città più popolata della Cina con i suoi 18 milioni e passa di abitanti (più di 10 milioni residenti nella zona centrale). Che si tratta di una vacanza fuori dal comune lo si capisce subito; basta mettere piede fuori dall’aeroporto di Hong Qiao – quello per le tratte nazionali – per venire immeditamente catapultati in un mondo che supera ogni immaginazione. La fiumana di persone è incredibile e tutti sono alla ricerca di un taxi. Il servizio è organizzato nei dettagli: si segue una fila lunghissima e si viene smistati in uno dei sei-settecento taxi diretti in città. E’ utile – e questo vale anche per Pechino e per tutta la Cina in generale – avere a portata di mano l’indirizzo di destinazione scritto in cinese per essere certi di essere portati nel posto giusto. Shanghai è scintillante con i suoi grattacieli altissimi, lo skyline che corre lungo il Bund e, dall’altra parte del fiume, a Pudong, la zona degli affari e della finanza. Impossibile contare il numero dei cantieri aperti in preparazione dell’Expo di maggio 2010: la metropoli è stata completamente ridisegnata nonostante sia nuova di zecca. A Shanghai non si mette mano a qualche strada e a qualche facciata, non ci si limita a realizzare l’ennesimo grattacielo o a rincorrere il record di altezza che ormai è saldamente appannaggio dell’Asia, ma si rifà tutto daccapo. Incredibile. La strada principale, quella dello shopping e delle attrazioni, è Nanjing Road. Lunga cinque chilometri e mezzo, la via è un susseguirsi di negozi, centri commerciali dalle dimensioni impressionanti, locali, ristoranti. Da qui si raggiunge People’s Square su cui si affacciano teatri e musei e che, ai quattro lati, ospita i più vecchi centri commerciali della città e in qualche caso della Cina. Si trova qui, per esempio, il primo centro commerciale dotato di ascensori, realizzato negli anni ‘30. Proseguendo verso il fiume Huangpu, si arriva dritti al Bund, vale a dire al lungofiume da cui partono imbarcazioni per raggiungere l’altra parte della città, Pudong. Ma sull’altro lato ci si può arrivare anche in taxi o con la metropolitana, oppure con un fantascientifico trenino che attraversa un tunnel sotterraneo pieno di luci psichedeliche, bagliori, figure gonfiabili e altre diavolerie che solo i cinesi potevano inventarsi. Il tunnel panoramico costa 50 yuan andata e ritorno, e copre la distanza in pochi minuti. Da non perdere per scoprire la sconfinata fantasia di questo popolo. Pudong è la zona degli affari. Una distesa di grattacieli: si trova qui il secondo palazzo più alto del mondo, il Shanghai World Financial Center. Alto 492 metri, ha un osservatorio che offre la migliore vista possibile su tutta la mteropoli. Il biglietto costa 150 yuan e la visita si divide in tre tappe: 94° piano a 423 metri, 97° a 439 e, infine, 100° a 474 metri. Spettacolare. L’ascensore segna i metri che si stanno scalando e si arriva alla vetta nel giro di una manciata di secondi. Il grattacielo è quanto di più moderno si possa immaginare, con una struttura che ha la forma di un apribottiglia con una enorme fessura sull’estremità più alta. Ma a sorprendere, più di tutto, è l’aspetto che cambia a seconda dell’angolazione da cui lo si osserva: ora una freccia puntata al cielo, ora un parallelepipedo, poi una piramide. Tornando al Bund e percorrendo circa 3 chilometri in direzione della periferia, si arriva al giardino bazar di Yu Yuan. Si tratta di un caratteristico concentrato di costruzioni tipiche cinesi con al centro un lago artificiale in mezzo al quale si trova la Casa del tè. Per riuscire a visitarla, a sorseggiare una tazza di tè e a comprare qualche miscela preparata al momento, occorre mettersi in fila e aspettare un paio d’ore, quando va bene. La passerella è sempre invasa dai turisti che si fermano a buttare cibo ai tanti pesci e alle tartarughe che vivono nel lago, e a fotografare i gondolieri. Tutto intorno negozietti di souvenir, ristoranti, gelaterie e le immancabili catene internazionali di Starbuks e Kfc che, onestamente, stonano e non poco. Nel complesso, il bazar di Yu Yuan è un magnifico esempio di vita commerciale cinese, perfetta antitesi nei negozi di lusso che a Shanghai, più che altrove, abbondano. I grattacieli sono il riferimento per chi perde l’orientamento, ma ritrovare la strada è cosa tutt’altro che facile. Le strade sono a più corsie e, come a Pechino, riuscire a raggiungere il marciapiede opposto si trasforma spesso in un’impresa impossibile. Anche qui pare esistere la regola della “selezione naturale del pedone”: non si riesce a capire come, quando e in che modo vale il semaforo verde. Molto meglio salire un po’ di scale e attraversare tramite i giganteschi ponti pedonali.

Shanghai offre molti polmoni verdi. I parchi, curatissimi, sono meta degli abitanti del quartiere che passano ore a ballare, ascoltare musica, meditare, fare ginnastica, leggere. Il parco Fuxing è uno dei pochi rimasti tra quelli voluti dai francesi nei primissimi anni del 1900 e si trova nella zona della concessione francese. Una passeggiata aiuta a calarsi ancora meglio nella realtà locale e a rendersi conto che la metropoli offre più facce: quella frenetica del Bund e di Pudong, quella più chic di Nanjing road, quella più colorita dei mercati e delle periferia, e questa tranquilla e beata dei parchi dove tutto assume un andamento rilassato e flemmatico, quasi pigro. La metropolitana di Shanghai è simile a quella di Pechino. Qui le biglietterie sono automatiche e basta scegliere la destinazione per stampare il biglietto dopo aver inserito i soldi. Si tratta di un mezzo di trasporto efficientissimo, il guaio sta nelle migliaia di persone che si riversano nelle stazioni e che si muovono come correnti impazzite che un po’ disorientano.

Si potrebbe dire che tanta gente è nelle strade e nelle piazze, altrettanta nei centri commerciali e nei parchi, ma, se possibile, molta di più si trova in metropolitana. E, a proposito di metropolitana, dalla stazione di People’s Square si accede al più grande mercato sotterraneo della città. E’ enorme, si trova di tutto ma una volta che si comincia a percorrere le varie strade diventa complicato guadagnare l’uscita; insomma, una specie di labirinto. Al centro di People’s Square si trova una fontana che entra in funzione alle otto della sera e che è uno dei giochi preferiti della gente che aspetta di fare la doccia. La fontana non ha una vasca ma è realizzata in modo da risultare al piano strada e i suoi getti, sotto luci colorate, sono potenti e alti. Bambini, giovani ma anche anziani passano la sera a rincorrersi sotto l’acqua. Immancabile una tappa al Nanpu Bridge, a sud del Bund, infrastruttura dalle dimensioni colossali. Somiglia moltissimo ad un ponte americano ma la differenza sta nella straordinaria grandezza. Da vedere, a Shanghai, gli shikumen: si tratta degli hutong pechinesi, realizzati con mattoncini rossi. Le scale che portano alle varie abitazioni sono molto strette, quasi girano su se stesse, e solo l’abitudine dei cinesi li rende abitabili. Gli shikumen si affacciano direttamente sui grandi marciapiedi delle strade e non è raro vedere le famiglie che cenano all’aperto in mezzo agli impiegati che rientrano dal lavoro, alle persone che aspettano il taxi o l’autobus, o ai turisti che passeggiano curiosi. A circa 70 chilometri da Shanghai si trova Zhou Zhuang, villaggio sull’acqua che ha una storia vecchia di oltre 900 anni. Marco Polo definì “Venezia cinese” questo meraviglioso angolo fatto di ponti, di vicoli, di casette minuscole. Il villaggio si visita a piedi e con la gondola: oggi è solo un’attrazione turistica con tanto di souvenir e artigianato locale, con canali navigabili, alcuni dei quali di dimensioni così piccole che a malapena due imbarcazioni riescono a scambiarsi. Gli abitanti – oltre due milioni – vivono nella città costruita a ridosso del villaggio. Con qualche altro chilometro di macchina, si arriva a Suzhou, quasi tre milioni di abitanti, centro della lavorazione della seta. Grattacieli e traffico, oltre alla fabbriche della seta che impiegano la maggior parte delle donne della città e creano un giro d’affari che supera il 70 per cento dell’intero volume economico locale. A Suzhou sono tre le cose da visitare: una fabbrica della seta; il Grand canal, il più grande e lungo corso d’acqua del mondo che collega Pechino al mar Cinese e che oggi è navigabile solo per una minima parte dei suoi 1800 chilometri; il The Lingering Garden, giardino divenuto recentemente patrimonio dell’Unesco, realizzato con marmi e rocce. Il giardino, detto dell’indugio, è meta di pittori che trovano riparo dal sole sotto le pagode, e di suonatrici di pianoforti cinesi che con le loro melodie creano un’atmosferia magica, fuori dal tempo. La Cina insegna molto. Un viaggio fuori dal comune, alla scoperta di tradizioni millenarie e di un popolo che non conosceremo mai abbastanza. Lo spirito di adattamente è d’obbligo, come sempre quando si affrontano esperienze molto lontane dai nostri mondi. Vale la pena, eccome! (nadia tarantino)



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