Verso Kashgar

Marco Polo arrivo' a Kashgar da ovest, con suo padre e suo zio. Era il tredicesimo secolo, l'Italia del Duecento fioriva letterariamente ed conomicamente, nonostante la Cristianita' avesse perso i regni d' Outremer conquistati con le crociate, e con essi Gerusalemme. Venezia controllava gran parte dei mercati del Mediterraneo orientale, dove...
Scritto da: KillingTime
verso kashgar
Viaggiatori: da solo
Marco Polo arrivo’ a Kashgar da ovest, con suo padre e suo zio. Era il tredicesimo secolo, l’Italia del Duecento fioriva letterariamente ed conomicamente, nonostante la Cristianita’ avesse perso i regni d’ Outremer conquistati con le crociate, e con essi Gerusalemme. Venezia controllava gran parte dei mercati del Mediterraneo orientale, dove comprava la seta da rivendere in Italia ed in Europa. La seta arrivava con le carovane, gia’ filata, tessuta e colorata, dal lontano oriente fino ai mercati di Stambul, Cairo, e Damasco. Nessuno sapeva come fosse prodotta. Si credeva fosse una fibra vegetale, o una magia…

[Battiato: Nomadi] Marco Polo risali’ la via della seta verso oriente, ne segui’ il ritorno delle carovane (nota per me stesso: che cosa cavolo portavano le carovane al ritorno? certo non viaggiavano scariche…Devo informarmi…

Anche senza un atlante e’ facile vedere con gli occhi della mente il percorso delle carovane. Dalle coste della Palestina, da Tiro, da Sidone, da San Giovanni D’Acri i mercanti e i loro cammelli ripartivano verso la Siria, attraversavano il Giordano e si inoltravano verso oriente. Facevano sosta a Damasco per rifornirsi di datteri e farina prima di affrontare il deserto che si stende fra la Siria e la terra in mezzo ai fiumi. Dopo il deserto c’era Baghdad, e piu’ oltre gli altopiani della Persia. I cavalli prendevano il posto dei cammelli, i sacchi e gli involti di merce trasbordati da un animale all’altro. E poi di citta’ in citta’ attraverso la Persia, fino alle terre degli Afghani. Qui le carovane piegavano a nord per evitare le montagne di quella terra e si tenevano lungo il bordo meridionale delle steppe dell’Asia centrale. Banditi e predoni erano preferibili alle orribili piste meridionali attraverso le terre degli Hazara per Kabul. Ma le montagne non si potevano evitare per sempre: nel cielo d’ oriente, in faccia ai carovanieri, come un muro alto fino al cielo si ergevano, allora come oggi, i picchi innevati dell’Hindu Kush, l’ Uccisore di Indu’.

Ancora una volta la mercanzia veniva scaricata dai cavalli, e ricaricata, questa volta su muli, asini, o portatori. I passi scoscesi e i sentieri delle montagne uccidevano uomini ed animali in larghe quantita’. Arrivare ai piedi delle montagne troppo tardi nell’annata significava dovere aspettare la fine dell’inverno per poter passare, o cercare invece la strada del sud verso la valle dell’Indo attraverso il passo del Khyber, l’unica arteria transitabile in inverno fra L’Afganistan e l’India, dove ancora nel diciottesimo secolo un’intero esercito inglese fu completamente distrutto dalle tribu’…Ma cosi’ si allungava di mesi…

[Litfiba: Istanbul] Le carovane impiegavano settimane a passare le montagne, deviando il piu’ possibile a nord. Dritto verso oriente c’e l’Himalaya, dove non si passa, la strada non c’e’. Invece girando a sinistra si scavalcavano le selle fra il Pamir ed il Karakoram, passi a cinquemila metri, e in relativamente poche settimane di altopiano si ridiscendeva finalmente verso terre piu’ consone alle carovane. Le montagne finalmente alle spalle, si aprivano davanti agli occhi dei viaggiatori i bassopiani infiniti del Teklamakan, che avebbero condotto al deserto del Gobi e oltre, fino alla sorgente della seta, “il regno del mezzo”, la terra di Kublai Khan, il favoloso Catai, la Cina.

Dopo le montagne si ridiscendeva finalmente al piano. E li, con i suoi bazar colorati e i minareti di marmo, i bagni pubblici, le taverne piene di vino (nonstante i minareti), gli innumerevoli ed accoglienti bordelli, piena di genti Kirgise, Ugiure, Tagiche, Mongole, Tartare, Turcomanne ed altre, ad attendere i carovanieri e i mercanti stanchi, affranti e semiassiderati c’era, allora come oggi, Kashgar, la citta’ giardino.

La via della seta divenne obsoleta non molto tempo dopo i Polo, quando due furbi mercanti persiani rubarono ai cinesi qualche baco da seta, ed i semi del gelso, l’albero che i bachi adorano, e li portarono fuori dal regno. Fine del monopolio cinese sulla seta. Un po’ come fecero piu’ tardi gli inglesi col caucciu’ del Congo Belga…

Naturalmente io sogno…A Kashgar ci sto arrivando dall’altra direzione, ed in aereo. Questo e’ un volo nazionale, l’aerolinea e’ cinese, il vecchio Airbus 300 trema e vibra come un treno, i sedili di economica sono stretti e pigiati fra di loro..Meno male che i cinesi sono piccoli… Ritorno alla realta’…Come al solito insomma, scomodo, lunghissimo, pieno di sorprese e di cose nuove. Come piace a me in fondo.

Intanto i voli sono domestici: da Hong Kong a Shanghai, e da qui a Urumqi, capitale della regione autonoma dello Xinjiang sono due ore piu’ sei di volo. Otto ore, e siamo sempre in Cina. Arrivero’ ad Urumqui stasera, giusto in tempo per prendere un altro aeroplanino (o forse un dromedario bactriano) per Kashgar, altre due ore di volo. Dieci ore. Come da Roma a Citta’ del Capo. Questo paese e’ dannatamente grande.

..Dieci ore piu’ tardi. Avviso: sto postando sotto l’influenza dell’alcool, I’m PUI, so very much PUIssimo…

[Lucio Dalla: Anna e Marco] Albergo della Posta di Artushi, un’ora di strada da Kashgar. La favolosa Kashgar non l’ho vista neanche di passaggio. Ad aspettarci all’aeroporto (i miei tre colleghi di Shanghai e me) c’era il direttore dell’ospedale di Atushi. Lui e’ un Kirghiso, capelli e occhi neri, ma naso come il nostro e faccia indoeuropea. Gli stiamo dando soldi per costruire l’ala di oftalmologia pediatrica dell’ospedale (la piu’ vicina e’ a Islamabad, in Pakistan, duecento chilometri ma aldila’ delle montagne ed irraggiungibile d’inverno) e per stabilire un servizio oculistico itinerante per i nomadi dell’ altopiano: costoro in citta’ non si avvicinano proprio, e rimangono ciechi, sopratutto i bambini, per carenza di vitamina A e per il deserto. E se Maometto non va alla montagna…

La valle dove sorgono queste citta’ doveva essere una volta un grande mare interno: c’e’ sabbia e solo sabbia, mischiata a pietre lisce e rotonde, all’infinito, fino all’orizzonte ad occidente, dove si intravedono i primi contrafforti delle montagne da dove scendevano le carovane…Poi, in una larga depressione a fondo valle, il giardino: il verde si estende fra le case e i cortili di mattoni ocra, un’oasi non dissimile da quelle del grande Erg…Eucalipti invece di palme…Mi fanno vedere un obelisco, fuori citta’. Indica il centro geografico dell’ Asia, o in altre parole, il posto piu’ lontano dal mare che esista su questo pianeta…Ma tutto questo verde in mezzo alla sabbia significa acqua. E da dove viene questo fiume che irriga i frutteti e le vigne? Dovro’ scoprirlo.

Ci hanno portati all’ “albergo della posta”, due stelle. Carino, nuovo, pulito. Moquette rossa sulle scale attaccata con le spille di sicurezza. Stanza enorme, come sembra essere la regola da queste parti. Sul tavolino davanti al divano, invece del solito vassoio di frutta, 3 vassoi: fichi bellissimi, maturi e succosi…Gialli. Mai visti fichi gialli…Pesche, albicocche e susine. Sul tavolino un coltellaccio tipo machete, due palmi di acciaio rilucente. Questo mi ha incuriosito…”a che servira’ mai?” pensavo, rigirandolo in mano e saggiandone il filo “certo non per le pesche”…Poi ho scoperto che per terra, al lato del divano, c’e’ anche un melone cantalupe da due chili ed una anguria striata intera…Ospitalita’, o cosa? Ci hanno portati a cena. Tavolo girevole alla cinese, bastoncini e tazzine di te verde…Poi arriva la birra. Una cassa intera di Tsingtao, e siamo solo sette… Il mangiare: pescetti di fiume minuscoli, fritti, da prendere coi bastoncini e mangiare interi…Creste di pollo arrosto, spellate ed arrostite. Non male, non male affatto, un po’ callose forse…Quelle di gallo sono enormi, bisogna magiarsele a morsi dai bastoncini)…Poi un magnifico stufato di funghi shiitake col resto del pollo (zampe e testa comprese), aglio e prezzemolo, saporitissimo…Lo spezzatino di manzo e patate era una meraviglia, insalata verde, lattughe bollite a minestra…Insomma, buonissimo tutto, e non scherzo. E’ proprio vero che al mondo esistono solo tre cucine fondamentali: quella cinese, quella indiana, e quella italiana of course…

E i brindisi: qui mangiano e brindano, con discorsi e tutto. Il direttore dice la sua, cin cin con tutti e tracanna il bicchierozzo di birra. Poi tocca a me dire la mia, fare cin cin e tracannare…Poi ad uno ad uno tutti gli altri…Il tipo deve essere uno che gli piace questa cosa. Continuava a farmi riempire il bicchiere, e a tracannare…E lui pure…Una cosa interessante e’ osservare quando si toccano i bicchieri durante il brindisi: l’altezza relativa del bordo di un bicchiere rispetto all’altro riflette lo status sociale di coloro che stanno brindando…In altre parole il bicchiere del capo sporgera’ sempre di un paio di dita in alto durante il brindisi…

[flashback=Africa, molti anni fa]. “…Abituati all’alcool”, mi diceva il frate cappuccino, sorriso di avorio nella faccia nera. “Gli affari si fanno a cena, bevendo, non in ufficio. Abituati all’alcool…”[/flashback].

[Franco Battiato: Voglio vederti danzare].

Non so quando riusciro’ a postare questo. Ma d’altronde non e’ questo il motivo per cui scrivo. Perche’ scrivo? mah…Forse perche’ vorrei che chi legge fosse qui (well, NON tutti. ..Solo alcuni…O forse anche di meno di alcuni…Forse solo una..).

O forse per soddisfare la mia vanita’, come al solito…

“..Siamo solo umani…” “questa, mio caro, non e’ mai stata una scusa…” [Wilson Pickett: Everybody needs somebody to love (Jake&Elwood version)] Domani giornata piena: riunioni e discussioni dalle otto di mattina alle nove di sera…Ma non voglio pensarci ora…Nonostante la birra non ho sonno. Sara’ stato che ho dormito su tutti gli aerei…

Mercoledi’ pomeriggio.

Sono come gli ispanici qui. Mi piace. Si lavora dalle otto all’una, si mangia fino alle due e poi si siesta fino alle quattro…Ho trovato un internet cafe’ e avrei voluto postare questo, ma al posto della presa USB c’era un buco con fili penzolanti…La connessione pero’ c’era.

Tutta la mattina in ospedale. Dozzine di bambini: cataratta congenita, cornea distrutta da incidenti, strabismo orribile…Stanno cominciando ora a trattare i bambini. I medici hanno il camice, ed in testa un ridicolissimo cappello bianco da cuoco…Il primo che ho visto ho pensato “sara’ il cuoco della mensa…Guarda che pulitino che e’…” invece era il direttore del reparto oculistica (eheheheheh). Discussioni a non finire per tutta la mattina, pianificazione, budget…Non vi annoiero’.

A pranzo ci hanno portati in un posto Ugiuro tradizionale: fuori un braciere a forma di grondaia, da un lato una caldaia piena di carbone ardente. Le braci rosse cadono nella grondaia, e sopra dozzine di spiedini di ferro: agnello al peperoncino…Ne devo avere mangiato una dozzina credo…Poi minestra di spaghetti cinesi con agnello brasato, involtini di agnello e spezie cotti al vapore, e da bere enormi tazze di te’ verde con petali di gelsomino…

Sono tornato in albergo per la siesta ma sto scrivendo invece…Tendenze masochistiche o cosa…Per terra accanto al divano ci sono ora due meloni cantalupe, e l’anguria…Il che mi fa venire un’idea…Dove sara’ quel coltellaccio…Yumm…A piu’ tardi.

[Annie Lennox: Why] Sempre mercoledi’, sera. Pomeriggio surreale, riunione di lavoro, i miei tre colleghi che spiegavano in Mandarino a venti medici ed amministratori dell’ospedale le regole del gioco per avere i soldi da noi: cosa possono e non possono fare, come e quando mandare le relazioni finanziarie e i rapporti di progresso, inclusioni, esclusioni, clausole, questo e quello…Quattro ore solide di chiacchiere in Mandarino…Io seduto al tavolo con gli altri…Sentivo le palpebre pesanti…Ho pensato “cosa farebbe Joliet Jake in una situazione come questa?..” ispirato, mi sono steso bene sulla sedia, ho inforcato i fidi Wayfarer neri e mi sono appisolato…Mi sono svegliato alla fine, ho chiuso la riunione e siamo andati a cena…Ancora agnello, arrosto. Il grasso succulento e morbido e’ qualcosa di speciale. I cinesi poi non si possono tenere quando mangiano: fare rumore con la bocca e’ la regola, lo fanno tutti: slurp slurppp, closh, blupp, frupp, squish, gnam, glup…E brindano. Stasera c’erano anche le dottoresse e la direttrice finanziaria dell’ospedale…Bevono tutte come il LandCruiser 4500 cc, che fa quattro chilometri al litro…

…E continuavano a riempirmi il bicchiere. E cosa faccio, rifiuto? potrebbero pensare che sia una petunia. Beviamo. Brindisi ai direttori finanziari. Brindisi agli oculisti. Brindisi alla via della seta. Brindisi alla convertibilita’ dello yen. Brindisi alle minoranze etniche, specialmente agli Ugiuri…Una cosa che non finiva mai…Meno male che di agnello saporito e succoso ce n’era in quantita’…

[Annie Lennox: stay by me] I telefonini: come da noi, tutti camminano col telefonino, o anche due, appesi alla cintura o in borsa. La differenza sono le suonerie: uno spettacolo vedere venti dottoroni e affini, gente seria, scuotersi di colpo al suono della musica de Il Padrino, ciinguettii di uccellini, ruggiti di tigre, arie di Mozart, pop cantonese, acqua che scorre, tuoni…Una cosa da morire dal ridere, ma loro seri, si alzano, vanno a parlare fuori…

Me ne vado all’internet cafe’…Vediamo che succede sul forum…A piu’ tardi..

[Carmen Consoli: Fiori d’Arancio] Sono fradicio: mentre tornavo dall’Internet cafe’, in mezzo a centinaia di cinesi che passeggiavano il loro struscio serale come in una qualunque isola dell’Egeo i cieli si sono annuvolati e poi aperti. Tuoni e pioggia a raffiche: acquazzone estivo nell Asia centrale…

Giornata pienissima: stamattina mi sono sentito come si devono sentire i politicanti quando vanno ai convegni: cerimonia di firma del contratto nell’aula magna dell’ospedale. Tavolo sul palco per gli ospiti: segnaposti coi nomi, microfoni…Discorso. AHAHAH non vi annoiero’ col discorso. Me l’ero scritto, un farfuglio sull’amicizia fra i popoli e la solidarieta’…Al momento di parlare ci ho ripensato e ho buttato via il foglio (come John Belushi quando butta l’accendino dalla macchina) ed ho improvvisato…Ho raccontato all’aula piena di Marco Polo e di Ibn Battutah di Tangeri…Di come l’ospitalita’ dei popoli dell’Asia centrale, il loro cibo, le loro donne fossero famose nel mondo antico…E di come oggi, ottocento anni piu’ tardi le cose non siano cambiate…E di come il progetto con l’ospedale sia come un albero di pesco, le radici noi e loro e il governo, i fiori i bambini che vedranno di nuovo, i frutti la loro vita futura, il sole il lavoro duro, l’acqua la buona volonta’ di tutti…Credo che gli sia piaciuto, dagli applausi. Ma a me e’ piaciuto, quindi chissenefrega? Poi il taglio del nastro, la scopertura della placca con l’iscrizione, altri discorsi dal capo del governo locale, dal capo del Partito…Come quale partito? Non e’ che ce ne siano molti in Cina…Poi le foto di rito, l’intervista per la tv locale, altre foto…Qui e’ stato quando le tutte e venticinque le graziosissime infermiere hanno voluto la foto con me…Dice che mai avevano visto un italiano…Ahahaha…Pensavo: dove sono i femminari italiani quando mi serve aiuto?. Questo posto e’ un incrocio di razze: fra le infermiere ce n’erano che sembravano cinesi, ma anche tartare, indiane…Ce n’era una coi capelli rossi e la pelle bianchissima, e gli occhi a mandorla…

Poi, naturalmente, a pranzo. Questa volta offre il governo, miglior ristorante della citta’. Accanto al posto a tavola (piattino, tazzina per il te’, bastoncini, salvietta calda profumata, bicchiere per birra, bicchierino per brandy) pacchetto di sigarette e accendino, omaggio della casa…Civilizzati o cosa…

Solo che, prima di andare a pranzo, il mio collega mi fa: “Ti aspettano alla polizia” “Cosi’ presto? Minchia, non ho ancora fatto niente..Non ho neanche toccato le infermiere…” “ahahahah, formalita’. Tutti gli stranieri devono farsi registrare alla polizia” “OK andiamo, sbrighiamoci che ho fame” E infatti. Il sergente grassoccio, capelli a zero, gentilissimo, penna stilo e foglio.

“Nome?” “KillingTime” “Nazionalita’?” “Italiana” “Eta’?” “43” “Perche’ sei venuto qui?” “Mi hanno invitato” “Che lavoro fai?” “Fattelo spiegare dal mio collega qui…” “Aha…Bene bene…Gruppo etnico?” gruppo etnico??? “Siciliano” “Siciliano? ahah…Mafia! Mafia! ahaha” Firma, impronta del dito, arrivederci.

“Ciao sergente, (fanculo, scemo)” [Guccini: Canzone dei Dodici Mesi] A mangiare.

Al tavolo, oltre ai gia’ nominati pezzi grossi locali, tre ufficiali dell’Esercito di Liberazione del Popolo: camicie verde palude, stellette e capelli come i marines…E il capo del Partito non faceva altro che fare brindisi ai soldati…

Il tipo del ministero: “Vedo che sai usare i bastoncini” “Sto imparando…” “Vediamo se ce la fai a prendere un fagiolo” Immediatamente qualcuno fa girare il tavolo, mi mettono i fagioli al prezzemolo davanti. Allungo i bastoncini, chiudo gli occhi…

“Ahahah bravo, bravo! Da noi si dice che chi sa usare i bastoncini bene riesce ad acchiappare una mosca al volo!” “E poi se la mangia cruda, o la fa cucinare?” “ahahahahahaha…Riempite il bicchiere allo straniero!!” (neanche cinque minuti dopo vado per prendere un pezzo di pollo dal tegame, lo afferro, lo sollevo..Aahh…Splash!!! in mezzo al pesce…) Pranzo ottimo: anatra affumicata, pesce al vapore, agnello fritto, arrostito, bollito. Verdure, pesce impanato col sesamo e fritto, peperoncini…Quando ci sono i peperoncini io me la spacchìo sempre: dopo dieci anni in Etiopia, dove mangiano il fuoco dell’inferno tutti i giorni col pane, qualunque altro peperoncino mi sembra acqua fresca, e non scherzo. Funziona cosi’: “Questa e’ una specialita’ locale, piccante” “Ah Bene! mi piace il piccante” “Attento che per gli stranieri e’ troppo forte’ “Dammi, dammi, fammi provare” Mi riempio la bocca, assaporo il piccante sulla lingua e sul palato, inghiotto, ne mangio ancora…Dopo tre o quattro bocconi alzo la testa. Non mi lacrimano neanche gli occhi. Con espressione interrogativa dico: “E’ molto delicato come piatto…Buono. Ma il peperoncino dov’e?” Dovreste vedere le loro facce…Lo scherzo non gli e’ riuscito…

Dopo pranzo, visita guidata alla moschea e alla tomba si qualche sultano locale morto nell’anno 952…

La moschea e’ bella. Le scarpe si tolgono, ma entrano tutti, uomini e donne, scollate e coperte. Una cosa buona del governo cinese e’ che tiene fuori il fondamentalismo islamico. La Cina investe massicciamente qui: strade, infrastrutture, servizi. Addirittura le minoranze etniche hanno diritto ad avere due figli invece di uno…Ma e’ nuova la moschea. Penso alla Moschea Azzurra di Istanbul. Ci siete stati, vero? Avete notato, entrando, che i tappeti per terra formano uno strato alto mezzo metro? Da mille anni quando si consumano invece di rimpiazzarli li coprono con tappeti nuovi…Ci devono essere bokhara e shiraz di valore incalcolabile, li’ sotto…

La tomba e’ un deja vu: completamente rivestita di azulejos, le mattonelle smaltate bianche decorate con disegni geometrici e floreali interamente in azzurro…Come in Spagna, come nelle case nobili in Sicilia…E nel mezzo della tartaria, come ci saranno arrivate? Mah..Il giro turistico si prende tutto il pomeriggio e si conclude in un posto fuori citta’. Pergolati coprono i vialetti dove panchine e tavolini invitano a sedersi al fresco. Grappoli di uva bianca maturano al sole della pianura. Ad occhio direi che a settembre saranno pronti…Fra gli alberi appare un padiglione al centro di un laghetto. Entriamo, via le scarpe. All’ ingresso una ragazza versa acqua da una brocca d’argento su un catino, per lavare le mani agli ospiti…Ahi ahi…Questo vuol dire altro cibo…

Dentro e’ come le mille e una notte: una vasta sala decorata magnificamente in stile islamico circonda un lungo tappeto coperto di vassoi di frutta, focacce ed altre leccornie. Attorno, cuscini multicolori di broccato aspettano gli ospiti…

..Vi risparmio un’altra descrizione di gente che si abbuffa…Abbiamo fatto le undici di sera…Tornato in citta’ volevo telefonare al mio amore ma la telecom era chiusa…Quindi internet cafe’. Fuori la piazza e’ piena di gente, c’e’ un palco con musicisti e ballerini in costume tradizionale, venditori di frutta e di gelati si aggirano con le biciclette…La notte e’ viva in questo angolo di Asia.

Ora a nanna, domani si parte alle sei per andare a visitare i villaggi dei nomadi dove il progetto dovra’ lavorare, per parlare coi capi villaggio, e per renderci conto della situazione, vedere come fare…Pare che dormiremo per due notti nelle tende di feltro dei cammellieri AAARRGHGHGH!!!!! ma lo sapete come puzzano i cammelli??? e le pulci??? e te’ al burro rancido a colazione???. Mi viene da piangere…



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