Festival di S.Maria e poi? S.Vicente e S.Antao

Il mio viaggio a Caboverde è stata un’esperienza divertentissima ma al tempo stesso istruttiva, come lo sono quei viaggi che ti permettono di entrare a contatto con popoli diversi, non solo di osservarli di sfuggita da un finestrino. Ho fatto diversi tipi di viaggio in uno! Dal villaggio all inclusive alla pensione a gestione familiare e...
Scritto da: stramarta
Partenza il: 07/09/2003
Ritorno il: 21/09/2003
Viaggiatori: da solo
Il mio viaggio a Caboverde è stata un’esperienza divertentissima ma al tempo stesso istruttiva, come lo sono quei viaggi che ti permettono di entrare a contatto con popoli diversi, non solo di osservarli di sfuggita da un finestrino.

Ho fatto diversi tipi di viaggio in uno! Dal villaggio all inclusive alla pensione a gestione familiare e addirittura alla casa privata… E anche se viaggiavo da sola ho conosciuto un sacco di gente e personaggi interessanti.

Ma andiamo per ordine. Innanzitutto sono partita il 07.09 da Bergamo e con mia grande sorpresa il volo, quasi completo, era popolato solo da ragazzi/e giovani come me. Arrivata a Sal mi sono accorta che tutto il villaggio era pieno di giovani, idem per i villaggi vicini e via dicendo… Per la prima settimana ho alloggiato al villaggio Djadsal. Grazie ai primi 3 giorni di pioggia tropicale incessante la sera di mercoledì ho potuto trovarmi in una scena fiabesca, selvaggia e paradisiaca: quasi al tramonto, aveva smesso di piovere, passeggiavo sulla spiaggia e mi ero seduta a guardare il pontile di S.Maria: sotto i bambini giocavano con le onde del mare in burrasca, sul pontile i genitori li controllavano, tutte le barche colorate dei pescatori erano tirate a riva. E all’improvviso compare un meraviglioso arcobaleno, un arco perfetto, che partiva dal paese di S.Maria e finiva nel mare. Incredibile. L’arcobaleno più luminoso che abbia mai visto.

E quando spunta l’arcobaleno si sa che il giorno dopo… C’E’ IL SOLE! Giovedì quindi mi sono rosolata sulla spiaggia.

Purtroppo a causa della pioggia molti voli sono stati cancellati e non mi è stato possibile fare l’escursione a Boavista come volevo. Ho fatto quindi solo una escursione: il tour dell’isola. Ne vale sicuramente la pena, costa poco e in un giorno si può vedere gran parte di quello che l’isola offre (almeno geograficamente parlando). Le saline, Espargos, il deserto, le dune sul mare, le piscine naturali. E la guida capoverdiana! Un ragazzo di una bellezza così travolgente che non sto neanche qui a descriverlo tanto sarebbe inutile!!! Venerdì è iniziato il festival di S.Maria. Durante la notte erano sorti accampamenti ovunque sulla spiaggia, e famiglie continuavano ad arrivare con coperte e materassi sulle spalle, bambini legati sulla schiena delle mamme… tutto per non perdere un minuto di festival.

Il festival mi ha sconvolto. E’ come una grande festa qui da noi, ma elevata all’ennesima potenza. Per 3gg il paese di S.Maria è coinvolto solo in quello, discoteche, bar, banche e ufficio postale sono chiusi, tanto tutto quello che ti serve lo puoi trovare in spiaggia! I negozi del paese, dove di solito pur di venderti un batik farebbero carte false, alla frase immancabilmente rispondevano . E’ molto sentito e interamente trasmesso in diretta TV. E’ quasi impossibile trovare dei voli interni in quei giorni perché i capoverdiani arrivano da tutte le isole dell’arcipelago per vedere il festival.

Finalmente il festival ha inizio: tutto comincia venerdi sera al tramonto e i gruppi musicali si alternano sul palco fino alle 10 di sabato mattina, poi si riprende sabato al pomeriggio fino a domenica mattina e ancora domenica sera fino a mezzanotte. Al Festival c’era musica dal vivo, (bellissima musica capoverdiana, quanto ho ballato…), chioschi che vendevano cibo e soprattutto birra birra birra e grogue grogue grogue. C’erano anche i bagni, molto puliti (il water era direttamente sulla sabbia) e con tanto di signora senegalese all’ingresso che distribuiva carta igienica e ogni tanto dava una pulita e disinfettata a tutto.

Il palco era grande, rivolto verso il mare, attrezzato e del tutto moderno, se non altro perché ampiamente sponsorizzato dai villaggi turistici italiani che si affacciano sulla spiaggia…

Dietro al palco erano proliferati banchetti di ambulanti che vendevano dalle sigarette agli accendini alle caramelle, alla frutta e snack di ogni genere.

A fianco del palco invece c’erano i chioschi, disposti a semicerchio aperto verso il mare, dove oltre a vendere da bere si faceva anche da mangiare. Allora ecco dei grandi bidoni dai quali ogni tanto spuntava una fiammata, e lì sapevi che si stava grigliando la carne.

A tutte le ore del giorno e della notte il tratto di mare davanti alla festa era pieno di gente che faceva il bagno, mentre nei tratti di spiaggia vicino al festival non illuminati c’erano gruppetti che fumavano erba e coppiette aggrovigliate.

Tutte le immondizie si buttavano rigorosamente per terra… Tutte le pulizie si fanno dopo il festival! Da vedere le facce da zombie dei camerieri e dei cuochi che in quei giorni lavoravano alla mattina in hotel!! E’ evidente che la festa è fatta per i capoverdiani e non per i turisti, tanto che non ci sono bancarelle di souvenirs e artigianato, e tutto il festival è presentato in criolo (o portoghese? Non lo so). I turisti ci sono, italiani ovviamente essendo a Sal, ma solo in minima parte e solo fino ad una certa ora, dopo le 3 di notte iniziano a diminuire. Oltre tutto non mancava il chiosco degli italiani trasferiti a CV, dove convogliavano quasi tutti gli italiani del Djadsal e del Viladofarol. Nel festival ho ritrovato il sapore d’Africa che a CV va e viene, quell’atmosfera di grande felicità e grande tristezza, di tutto e di niente, quell’odore di sale, di capra, di carbone per il fuoco, di carne bruciata e spezie, di fertilità e di vita. Quell’odore che per chi ha il mal d’Africa significa: sono tornato a casa. Chiaro che per chi il mal d’Africa non ce l’ha significa ma dove cavolo sono capitato! Domenica il festival è finito. Lunedi era il giorno di S.Maria, quindi poste e banche ancora chiusi, tutto il paese a letto a smaltire la sbornia fino al pomeriggio, poi Messa e processione. La mia prenotazione al Djadsal scadeva il 14.09 quindi le notti di domenica e lunedi ho dormito alla pensione Sakaroulè, di proprietà di un’italiana e un francese, carinissima, molto pulita ed accogliente. Un po’ difficile da trovare, nessuno la conosce, ma x fortuna ho incontrato in paese Francisco, un cameriere del Djadsal che, essendo capoverdiano quindi africano quindi ospitale, è stato molto gentile ed ha sprecato metà del suo giorno libero ad accompagnarmi in giro a cercarla.

Martedi mattina sono partita per S.Vicente. Ho alloggiato a Mindelo a casa di Paolo, un ragazzo milanese che si è trasferito a CV da 3 anni con la moglie e il figlio ed affitta una camera sul terrazzo di casa sua: un po’ in collina, terrazza gigante con stuoia e cuscini x guardare le stelle di sera e meravigliosa vista sulla baia di Mindelo. Non so se di quel terrazzo mi manca di più guardare il sole che tramonta rosso tra le due isole (S.Vicente e S.Antao) o distendermi di notte sulla stuoia e vedere le stelle così vicine da poterle toccare… Paolo organizza escursioni ed è un’ottima guida, da lui ho acquistato un’escursione di due giorni a S.Antao. Siamo partiti mercoledi mattina: 5 signori di Milano, 3 ragazzi di Roma, io e Paolo. La traversata dura circa 40min e x mia fortuna dal 1 settembre hanno messo un traghetto nuovo che arriva dalle Canarie, quindi è stato confortevole.

L’isola di S.Antao è incredibile!!!! Ci sono montagne di 1300mt direttamente a strapiombo sul mare e spiagge di sabbia NERA finissima. Canyon scavati nella roccia. Un minuto prima sei sulla cima della montagna e guardi giù la scarpata, 10min dopo sei nel canyon e davanti a te hai una muraglia di roccia alta oltre 1000mt. La vegetazione è rigogliosa e stranissima: a valle cactus vicini alle felci, sui monti palme insieme agli abeti! E ovunque cespugli di bouganville rossi e gialli! E’ l’unica isola fertile, quindi hanno coltivato ogni centimetro, persino l’immenso cratere del vulcano spento, ma la montagna è ripida, quindi hanno terrazzato tutto. Il paesaggio che ne deriva assomiglia moltissimo al Perù (non ci sono stata, riporto quello che mi hanno detto quelli che erano con me). Aggrappati alle pareti delle montagne si intravedono, tra le piantagioni di canna da zucchero e i bananeti, piccoli villaggi con case in parte di pietra e paglia, le più nuove in muratura.

Ci fermiamo ogni tanto per fare qualche foto, e nel giro di qualche minuto arrivano sempre i bambini del villaggio più vicino. Sono sempre timidi, si siedono a qualche metro di distanza e ci guardano curiosi e un po’ imbronciati. Ma appena gli rivolgi la macchina fotografica ecco che arrivano i sorrisi e qualche pollice all’insù! E poi hanno questi occhi così grandi e intensi… Ti penetrano…

Al termine della giornata siamo arrivati a Ponta do Sol, dove c’era la pensione presso la quale dovevamo pernottare. All’arrivo il proprietario, un francese trapiantato, ha spiegato a Paolo che la pensione era piena, quindi poteva accogliere solo alcuni di noi, mentre per me e per Beppe (uno dei ragazzi di Roma) c’era alloggio in un’altra pensione a 2 passi… Ma appena entrati abbiamo visto che non era una pensione!!!! Si trattava di una casa privata, con tanto di vestiti negli armadi e fotografie dei parenti appese ai muri!!!! La mia camera da letto era piena zeppa di santini e icone sacre appese ai muri, rosari e ceri rossi. Sicuramente un alloggio tipico, con tanto di panchina in muratura sotto casa, dove sedersi alla sera e guardare la strada, alla maniera africana! Nel palazzo alloggiavano altre famiglie, ma non abbiamo capito quante fossero, sentivamo solo chiaccherare dietro le porte! E’ stato un inconveniente tutto sommato simpatico, che mi ha permesso di alloggiare per una notte in una abitazione capoverdiana sicuramente autentica! Il giorno dopo…Ancora pioggia. Nel pomeriggio siamo tornati a S.Vicente. Alla sera sono uscita con Marco, Alessandra e Beppe e ci siamo buttati nella notte mindelense. Musica ovunque! Era la settimana del Mindelact, e al termine delle rappresentazioni teatrali neanche a dirlo, c’era musica musica musica e possibilità di ballare. Attratti da un potente suono di tamburi siamo andati al centro culturale portoghese, c’era un gruppo di percussionisti bravissimi e davanti a loro tutti che ballavano scuotendosi come indemoniati. Mio Dio come picchiavano su quei tamburi!! Sentivamo il ritmo che ci rimbombava nello stomaco, ma nessuno di noi ha avuto il coraggio di buttarsi nella mischia a ballare, per paura di fare la figura dei bianchi imbranati e che “il ritmo nel sangue” proprio non ce l’hanno.

Il giorno dopo abbiamo noleggiato una macchina e girato l’isola. Il giro si fa in un’ora! Ci sono delle belle spiagge e dei bei paesaggi, ma non ci siamo fermati a lungo da nessuna parte perché anche quel giorno pioveva a catinelle. La città di Mindelo dopo poche ore di pioggia era completamente allagata, non ci sono scarichi ne tantomeno tombini, visto che la pioggia è rara e solitamente poco intensa. Quel giorno invece eravamo proprio nel mezzo di una pioggia tropicale calda e pesante, e la città… Era in festa! La gente era tutta in strada, e ridevano e ballavano, i bambini giocavano nelle pozzanghere a schizzarsi e a fare la doccia con le onde create dalle macchine che passavano! Mi hanno fatto anche passare il malumore della giornata di tintarella mancata! Alla sera x fortuna ha smesso, quindi ultima serata a ballare (o guardare).

S.Vicente è completamente diversa da Sal. A Sal è pieno di italiani, i villaggi sono italiani, capoverdiani e senegalesi parlano italiano. Tutta l’isola è un po’ un villaggio turistico, un “divertimentificio” e anche se io stessa cercavo tutto tranne questo, comunque a Sal ti senti protetto, sicuro, tranquillo. Lì il turista è sacro, è l’unica fonte di reddito. Lì il turista può trovare tutto quello che vuole, comprese droga e prostituzione, ma anche queste rientrano in un certo senso nel programma all inclusive, sono camuffate in un contesto di divertimento, per quanto discutibile ciò possa essere. A S.Vicente invece no. Li i turisti sono pochi. Nessuno parla l’italiano, pochissimi l’inglese, si parla criolo o portoghese. E’ una città di porto, con tutto quello che si dice sulle città di porto, c’è prostituzione, droga e anche microcriminalità. Nella misura in cui queste sono presenti nelle nostre città, o anche meno, ma contrastano con la visione paradisiaca che si ha di Cabo venendo da Sal. Credo che tre giorni non siano sufficienti per entrare nello spirito di S.Vicente e capirla. A me è piaciuta molto, ma mi ha lasciato nel cuore la sensazione di averla solo sorvolata…

Il sabato mattina rientro a Sal. Per due settimane ho aspettato di poter prendere il sole in santa pace e di fare un bel bagno in acqua non piovana e adesso… Dopo un’ora già mi rompevo! Cena, un paio d’ore a letto e poi al Pirata a salutare tutti. Fino alle 05.30. Poi partenza per l’aeroporto e rientro a casa.

In conclusione posso dire che Cabo non ha deluso le mie aspettative. Anche se Sal è del tutto turistica e pullulano le agenzie immobiliari per le case vacanza, non è ancora tutto perduto! Infatti i turisti che si aspettano il divertimento standard si annoiano da morire.

Trovo che sia una perfetta via di mezzo tra Africa ed Europa, e ha in sé cose positive e negative di entrambe le culture.

E’ un miscuglio di razze, di religioni, di idee e di modi di vivere. Una realtà ricca di contrasti e di contraddizioni. Quelli che dicono che a Capoverde non c’è niente non so dove sono stati, o meglio, dove si sono fermati. Io ho trovato una grande ricchezza sia dal punto di vista naturalistico che, soprattutto, dal punto di vista umano. C’è l’Europa e la grande Africa, c’è il deserto e c’è la vita, la pigrizia e la voglia di fare e migliorarsi, allegria e malinconia… È tutto bello e tutto uno schifo. Non so spiegarmi meglio di così, probabilmente chi è malato d’Africa come me può capire. E in aggiunta posso solo dire… Andateci!



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