Alla scoperta delle Canarie: Lanzarote e Fuerteventura

Non solo le classiche spiagge paradisiache, il mare cristallino e il forte vento: un itinerario di viaggio di una settimana per scoprire le parti più autentiche e incontaminate delle Canarie
Scritto da: Francy''86
alla scoperta delle canarie: lanzarote e fuerteventura
Partenza il: 15/08/2014
Ritorno il: 24/08/2014
Viaggiatori: 2
Spesa: 2000 €
Dove andare ad agosto senza morire dal caldo? La voglia di mare ci ha portato a scegliere le Canarie come nostra destinazione. Dopo aver consultato i diari di viaggio di altri TPC, decidiamo di visitare Lanzarote allettati dalle bellezze naturali dell’isola lasciata più selvaggia, per poi trasferirci per una breve tappa a Fuerteventura con le sue magnifiche spiagge. Per risparmiare il più possibile prenotiamo con molti mesi in anticipo e scegliamo di volare con la Ryan Air (400€ per due persone ed un solo bagaglio in stiva) e prenotiamo gli hotel con Booking (qui risparmiando moltissimo, circa 500 euro a coppia inclusa la colazione).

Partiamo da Milano il giorno di Ferragosto e dopo circa 3h e mezza atterriamo ad Arrecife a Lanzarote, dove abbiamo prenotato un’Opel Corsa presso la Cicar (ottime tariffe, ma necessaria assolutamente la prenotazione altrimenti non si trovano auto). Costo 107€ per 4 giorni con riconsegna in hotel.

Ci dirigiamo verso Playa Blanca e ci sistemiamo nello splendido hotel 4 stelle “Hesperia Playa Dorada”: veramente magnifico e ottimo rapporto qualità/prezzo (330€ a coppia per 5 notti con colazione). Rimaniamo subito colpiti dall’incredibile paesaggio brullo e davvero “lunare” dell’isola.

Primo giorno

In mattinata restiamo nella spiaggia davanti all’hotel (attrezzata, ma in buona parte anche libera) ovvero Playa Dorada e rimaniamo colpiti dalla limpidezza dell’acqua. Il vento c’è (sarà una costante di questa vacanza), ma non è fastidioso, l’ombrellone appena comprato regge.

Verso metà giornata la spiaggia inizia ad affollarsi, quindi decidiamo di dirigerci verso una delle famose spiagge nere dell’isola: Quemada.

Questa è composta di diverse calette di fine sabbia nera e di rocce, raggiungibili con la bassa marea oppure grazie a sentieri che si inerpicano sulle montagne a picco sul mare. Noi sfruttiamo la bassa marea e arriviamo alla prima caletta di finissima sabbia nera. Il vento è tremendo e non proviamo neanche ad aprire l’ombrellone. Il mare è agitato, ma un bel bagnetto non ce lo toglie nessuno. La spiaggia è poco affollata e noi ci sistemiamo in uno dei ripari dal vento che presto diventeranno a noi molto famigliari: delle semi-lune di pietre vulcaniche costruite sulle spiagge.

Secondo Giorno

Giornata dedicata a Caesar Manrique, il Gaudì di Lanzarote. A questo poliedrico architetto/artista si deve l’aspetto dell’isola e la sua salvaguardia come patrimonio naturale. Manrique valorizzò numerosi luoghi che sono oggi vere e proprie attrazioni turistiche, sempre nel rispetto dell’ambiente.

Per risparmiare decidiamo di acquistare un biglietto combinato di 30€ a testa che comprende l’ingresso a 6 diversi monumenti e dura 15 giorni, acquistabile in una qualunque delle attrazioni incluse (Giardino dei Cactus, Mirador de Rio, La Cueva de los Verdes, Jameos de Aqua, Parco Naturale di Timanfaya e Museo di arte contemporanea del Castello di San Jose ad Arrecife). Decidiamo di concentrare tutte le attrazioni (tranne Timanfaya) in un unico giorno perché sono a circa 15 minuti di distanza tra loro. Non compresa nel biglietto è la nostra prima tappa, la quale però è assolutamente consigliata per iniziare a conoscere la personalità e le idee di Manrique: la Fondation Caesar Manrinque, ospitata nella casa in cui l’artista visse per un certo periodo della sua vita (ingresso 8€). L’edificio è una vera e propria opera d’arte, costruita su bolle di lava generate dall’eruzione vulcanica del 1700. E’ una celebrazione dell’architettura che si integra nella natura circostante.

Lasciata la fondazione, ci dirigiamo al Jardin de Cactus dove acquistiamo il biglietto combinato. Non immaginavo che ci fossero così tante varietà di cactus, disposti come fiori a creare un immenso giardino. Ancora inebriati dalla bellezza che la natura ci offre, ci dirigiamo a Jameos de Aqua (consigliabile la visita mattutina per evitare lunghe code). Si tratta di una grotta scavata dalla lava nel suo percorso dal vulcano verso il mare (Jameos) ed ospita una colonia molto rara di granchietti albini che vivono nell’acqua di mare intrappolata nella grotta stessa. Appaiono come tanti puntini bianchi, molto difficili da fotografare però!

Appena usciti dalla grotta ci troviamo di fronte ad un’immensa piscina di acqua blu con una palma. Aspettate a salire le scale, perché vi perdereste una visione magnifica: l’auditorium che Manrique ha realizzato nella lava e che è ancora usato per concerti. Salendo poi le scale, si trova l’ingresso del museo sull’attività vulcanica dell’isola e sulla sua flora e fauna.

Usciamo guardando con sollievo la lunga fila che si è intanto creata all’ingresso e, ringraziando di esserci svegliati presto, ci dirigiamo instancabilmente a La Cueva de los Verdes. Qui si entra solo con una visita guidata che dura circa 1h. Il gruppo è molto numeroso ma la guida (parlando prima in spagnolo e poi in inglese) fornisce più volte le indicazioni per dare modo a tutti di sentire. Queste grotte sono state scavate dalla colata di lava partita dal vulcano La Coruna. In questo caso Manrique non c’entra nulla, è tutta opera del miglior artista di tutti i tempi: la natura. Nelle caverne createsi ci sono tutti i colori tranne il verde…quindi? La guida ci spiega che il nome deriva probabilmente da un vecchio proprietario dei terreni dal cognome Los Verdes. Il giro è meraviglioso, attenzione alla testa e poi c’è la sorpresa finale! Non capita molte volte nella vita di essere dentro ad una colata di lava… imperdibile.

Siamo un po’ stanchi ma determinati a terminare il giro, quindi ci dirigiamo al Mirador de Rio sulla punta più a Nord dell’isola, da cui si ha una visione meravigliosa dell’isolotto La Graciosa. Manrique qui ha potuto dare il meglio di sé, creando un Mirador dentro ad un dirupo sul mare.

Visitiamo infine anche il Castello di San Jose ad Arrecife con il suo minuscolo museo di arte contemporanea: niente di che ma è incluso nel biglietto. Abbiamo scoperto che in realtà non è un vero e proprio castello, ma una torretta. Questo perché i reali di Spagna non ci hanno mai soggiornato, ma era una commissione per dare lavoro agli abitanti dell’isola. Non stupitevi quindi per le dimensioni! Il ristorante ai piedi del castello ha una bella vista sul mare. Torniamo a casa molto soddisfatti della giornata.

Terzo giorno

Visita del Parco Naturale del Papagayo: si trova a circa 10 minuti di auto da Playa Blanca. Per poter entrare nell’area protetta con l’auto si pagano 3€, quindi occorre percorrere 5 minuti di sterrato fino a comodi parcheggi che servono le diverse calette (in totale 6). Non ci sono costruzioni a parte un bar/ristorante ricavato in un vecchio edificio a livello di Playa del Papagayo (quindi è consigliato un pranzo al sacco). Playa Papagayo ha colori stupendi, però a metà giornata è molto affollata e abbiamo riscontrato la presenza di alcune meduse. Decidiamo quindi di passeggiare lungo la costa sui sentieri che si inerpicano sulle scogliere, vediamo dall’alto le altre calette e salutiamo dall’altra parte del mare la nostra prossima meta: Fuerteventura. Ci fermiamo poi in una lunghissima distesa di sabbia dorata, meno affollata rispetto alla precedente e che abbiamo scoperto essere anche quella preferita dai nudisti (Caleta del Congrio). Il vento non è fastidioso e la tranquillità regna sovrana. Rimaniamo in quel paradiso per il resto della giornata.

Quarto giorno

Ci alziamo molto presto per poter andare a visitare l’ultima attrazione inclusa nel nostro biglietto e anche la più famosa dell’isola: il vulcano del Parco di Timanfaya. Dopo aver attraversato una parte di questo parco caratterizzato da kilometri e kilometri di lava (sembra che l’eruzione vulcanica sia avvenuta solo qualche mese prima), alle 9.30 siamo davanti all’ingresso e non facciamo più di 5 minuti di coda. A tal proposito, evitate gli orari centrali della giornata o vi aspetteranno più di 3 ore di fila. Parcheggiamo di fianco al ristorante progettato da Manrique “El Diablo” da cui si gode di una bellissima vista sul panorama vulcanico circostante. Gli operatori presenti ci indicano il parcheggio e poi ci fanno salire su uno dei numerosi autobus che partono a distanza di pochi minuti. Il giro dura circa mezzora e una voce registrata in diverse lingue (non in italiano) ci racconta la storia delle eruzioni, fino ad arrivare sulla sommità dei crateri che si possono ammirare in tutta la loro immensità. E’ incredibile pensare che la natura sia l’artista dietro a tutto ciò. Per concludere il giro in questo panorama lunare (mai termine fu più azzeccato), ci mostrano come erbacce secche prendano fuoco al solo contatto con la terra in una buca profonda due metri o come si formano dei geyser d’acqua quando questa è gettata in piccole fessure. Infine, se avete tempo potete gustare le famose grigliate di carne del ristorante, che ha la particolarità unica di sfruttare il calore del vulcano per cuocere le carni.

Prima di lasciare il parco visitiamo anche il Centro des Visitantes e Interpretacion sull’attività vulcanica e vediamo la simulazione di un’eruzione (i bambini potrebbero apprezzare). La cosa più bella è stata a nostro avviso la passeggiata su una passerella in mezzo all’immensa distesa di lava vulcanica che ricopre ogni cosa nell’arco di chilometri. Dopo la foto rituale di fianco al diavoletto simbolo del vulcano, salutiamo i cammelli che smontano dal turno in rigorosa fila indiana (c’è la possibilità di fare un’escursione nel parco vulcanico a bordo dei cammelli) e ci dirigiamo a Teguise. Questa cittadina dalle casette bianche è sovrastata da un enorme altopiano con una piccola fortificazione che ospita il museo della pirateria. Inoltre, qui si tiene ogni domenica un famoso mercato. Noi sfortunatamente non riusciamo a visitarla di domenica, ma ci sono comunque un sacco di botteghe artigiane carinissime, dove spendere tutti i nostri risparmi. Compriamo alcuni prodotti all’Aloe (in assoluto la coltivazione più abbondante dell’isola) e alcuni manufatti artigianali.

Prima di ritornare sui nostri passi, passiamo da Famara per ammirare la ventosissima spiaggia perlopiù frequentata da surfisti. La fine sabbia bianca del deserto arriva fino al mare (e ti colpisce anche) e la spiaggia è bellissima, ma il troppo vento ci scoraggia a fermarci. E’ una sorta di assaggio delle spiagge e del panorama che vedremo a Fuerteventura.

Decidiamo di chiudere l’itinerario della giornata visitando alcune bellezze naturali della costa sud-occidentale. Ci fermiamo ad ammirare il lago verde ad El Golfo: splendida gemma dal color smeraldo su una spiaggia nera finissima; le meravigliose scogliere laviche scolpite dal mare e dal vento “Los Hervideros” e infine le immense saline.

Quinto giorno

Salutiamo Lanzarote per andare alla vicinissima Fuerteventura. Prendiamo un traghetto che dal porto di Playa Blanca ci porta in circa 30 minuti a Corralejo (non sono frequentissimi, quindi gli orari sono da controllare, ma non occorre prenotarlo in anticipo). Noi prendiamo l’Armas Navias (più a buon mercato dell’altra compagnia Fred Olsen) e paghiamo circa 75€ in due. A mezzodì arriviamo a Corralejo e prendiamo la prima fregatura della vacanza. Vogliamo infatti noleggiare un’auto, ma da Cicar ci fanno sapere che senza prenotazione non è possibile. Rimaniamo di stucco dal non trovare altri autonoleggi nel porto e ci rassegniamo a prendere gli autobus. Inizia così un pellegrinaggio di circa 3h: prima raggiungiamo Puerto del Rosario, qui cambiamo autobus e finalmente approdiamo a Caleta de Fuste. L’autobus si ferma continuamente e per questo motivo il viaggio è lungo, ma degno di nota, i conducenti sono stati gentilissimi e disponibili a fornirci tutte le indicazioni. A Caleta de Fuste troviamo subito la nostra pensione “La Casita di Fuerte”, super-consigliata per gli ottimi voti. La location è semplice e ben tenuta, molto particolare: le camere si raggiungono con una scaletta di legno dal cortile interno. La gestione è italiana e una ragazza ci accoglie nel migliore dei modi. Oltre a consigliarci tutti gli itinerari a Fuerte, si propone di trovarci l’auto per il giorno dopo e, infatti, nel giro di 2h ci rimedia una vettura per i restanti giorni. Insomma, ci hanno fatto sentire come fossimo a casa.

Nel pomeriggio passeggiamo per Caleta e incontriamo quelli che diventeranno i nostri compagni durante tutto il viaggio sull’isola: sono piccoli scoiattoli che vivono liberi ovunque, nelle scogliere, nei sassi nel deserto, sulle montagne. Ci chiediamo come facciano a sopravvivere in queste condizioni ostili, ma probabilmente i turisti spesso danno loro una mano in questo…avete presente gli scoiattoli al Saint James Park a Londra?

La spiaggia di Caleta è carina e attrezzata con ombrelloni, docce e bar. L’acqua è limpidissima e piena di pesciolini che ti nuotano intorno. Il centro ricorda molto un villaggio turistico, non presenta connotati caratteristici del territorio a cui appartiene, ma è un posto come tanti pieno di negozi, ristoranti, pub inglesi. Quello che in generale ci colpisce di Fuerte è che è stata sicuramente molto più trasformata dallo sviluppo turistico rispetto a Lanzarote. La maggior parte dei paesi sulla costa sono nati per essere turistici e quindi non hanno niente di tipico, oltre al fatto che i principali ristoranti sono ad hoc per gli stranieri, soprattutto di cucina inglese o asiatica.

Sesto giorno

Ritiriamo da Payless car una Panda 4×4 all’aeroporto di Puerto del Rosario (raggiunto con l’autobus in 15 minuti da Caleta) e spendiamo 90€ per 3 giorni. Ci dirigiamo ad El Cotillo nella parte nord dell’isola. Approfittiamo della Calima, una sorta di cappa di sabbia che blocca il vento che tanto caratterizza Fuerteventura. La temperatura intorno ai 28°C rimane comunque accettabile. Noi ci riteniamo fortunati perché l’assenza di vento ci dà la possibilità di apprezzare al meglio spiagge che normalmente sono meno godibili a causa del forte vento (non a caso Fuerte è il paradiso dei surfisti). La spiaggia di El Cotillo ci incanta: i colori, il mare e la sabbia fine bianca ci circondano. Consiglio la spiaggia La Concha tra le diverse presenti sulla costa.

Ci dirigiamo quindi al Parco Naturale delle Dune di Corralejo. Prima però ci fermiamo per una breve sosta nel piccolo paesino de La Oliva dove per pochi euro visitiamo la casa del los Coroneles (vecchia dimora aristocratica dei governatori spagnoli) ristrutturata da pochi anni e la chiesetta del paese.

Giunti al parco di Corralejo, siamo subito colpiti dallo scempio più grande compiuto sull’isola: la costruzione di due enormi ecomostri della Riu nel bel mezzo del litorale che ospita le dune. La costruzione di questi hotel è stata permessa prima di istituire il parco naturale. Se non fosse per questi edifici, la lunghissima spiaggia offrirebbe una vista totalmente priva della mano dell’uomo: un paradiso naturale incredibile. Nonostante ciò, non si può andare a Fuerte senza visitare questo luogo unico al mondo. Lasciando l’auto a lato della strada, camminiamo per circa 15 minuti tra le dune giungendo direttamente ad uno splendido mare. Prendiamo posto in una delle semilune sulla spiaggia per proteggerci dal vento e ci godiamo il panorama. Il mare è molto mosso e quindi preferiamo una lunga passeggiata tra le dune.

Settimo giorno

Il sud dell’isola ci aspetta e ci dirigiamo a quella che è stata senza dubbio la mia spiaggia preferita: Sotavento. Questa lingua di sabbia, portata dal vento dal Sahara, collega le due parti vulcaniche dell’isola. Da qui inizia la penisola di Jandia, con alcune delle spiagge più rinomate. In particolare, andiamo a Risco El Paso (dove si sono appena conclusi i mondali di Windsurf). Per fortuna la Calima persiste e il vento è clemente, quindi riusciamo anche ad aprire l’ombrellone per poche ore. Arriviamo alla spiaggia verso le 11 di mattina e ci godiamo il panorama: un’enorme distesa di spiaggia bianca e mare azzurro cristallino. Decidiamo di camminare un po’ prima di piazzarci al sole. Notiamo che l’acqua risale velocemente e siamo testimoni di uno spettacolo mozzafiato: i pesciolini corrono sulle lingue d’acqua che avanzano sulla sabbia, i gabbiani tentano di fare un lauto pasto e la spiaggia nel giro di pochi minuti scompare sotto l’acqua spinta dalla marea. Ci giriamo e la spiaggia è scomparsa! Torniamo indietro e finalmente ci sdraiamo nella parte riservata alla balneazione (divisa da quella dedicata al windsurf). Dopo alcune ore l’acqua si è ritirata e si sono create delle splendide piscine naturali sulla spiaggia.

Abbandoniamo quel paradiso per affrontare una nuova avventura. Decidiamo infatti di sfidare una strada sterrata di un’ora e mezzo per raggiungere una delle spiagge più incontaminate dell’isola: Cofete.

La strada asfaltata arriva fino al porto della straturistica Morro Jable e da lì diventa sterrata, inerpicandosi sulle montagne fino a arrivare dall’altra parte della penisola di Jandia. Questo lato dell’isola è totalmente naturale, con pochissime costruzioni, nessuna strada asfaltata e molte pecore. La vista su Cofete è però impagabile. Qui il vento è fortissimo e il mare è molto agitato, così da rendere la balneazione molto difficile. Alle spalle le montagne fermano le uniche nuvole che abbiamo visto in tutta la vacanza. Sembra di essere su un’isola deserta, non ci sono case ed i turisti sono pochi. Se siete alla ricerca della pace, questo posto ne vale assolutamente la pena, nonostante l’agonia del percorso. Consiglio: abbiamo visto che noleggiano quad per escursioni verso Cofete, la strada è molto più adatta a questi mezzi, ma non sappiamo se effettivamente arrivino fino a Cofete o vadano in un altro punto di Jandia. Ad ogni modo, gli escursionisti incontrati lungo il tragitto sembravano molto divertiti dallo sterrato (noi meno).

Ottavo giorno

Per il nostro ultimo giorno, decidiamo di visitare la parte centrale dell’isola. Ci dirigiamo verso la cittadina più caratteristica: Betancuria.

Facciamo due tappe lungo la strada e ci fermiamo prima a Pozo Negro, spiaggetta di sassi neri molto graziosa, poi al Mirador de Morro Velosa da cui si gode di una splendida vista e c’è un piccolo museo gratuito sulla geologia dell’arcipelago delle Canarie. La strada passa di fianco anche a due enormi statue rappresentanti i re Mahon (indigeni) dell’isola. Di statue come queste ce ne sono ovunque a Fuerteventura, ognuna con un diverso soggetto e perfettamente in sintonia con il posto in cui si trova (pescatori, artigiani, soldati, bambini, animali).

Dopo numerosi tornanti arriviamo a Betancuria: questa è caratterizzata da casette bianche, vegetazione (sì, abbiamo rivisto il verde) e persone vestite in modo tradizionale che ci danno il benvenuto in questa splendida cittadina. Finalmente respiriamo un po’ di territorialità e tipicità. Alcuni vendono oggetti, altri suonano strumenti, cucinano el gofio (piatto tradizionale a base di farina di mais). Visitiamo la bella chiesetta e il museo archeologico (gratuito).

Proseguiamo verso Pajara, la strada è tutta in salita e in alta montagna, con tornanti e passaggi ad alta quota. Ci fermiamo in un punto panoramico al confine della giurisdizione di Pajara e dopo le foto di rito, facciamo anche un breve percorso tra le rocce per arrivare ad un punto più in alto. Bellissima la vista sottostante.

Arriviamo con il cuore in gola a Pajara e ci stupiamo della fiorente vegetazione, scopriamo anche il letto di un fiume secco (probabilmente in questa zona c’è un po’ di acqua naturale). Visitiamo la chiesetta e poi proseguiamo perché il paesino è piuttosto piccolino.

Ultima tappa della giornata, consigliatoci dalla nostra guida all’hotel, è Ajuy. Queste poche casette circondano una bellissima spiaggia nera, da cui parte uno splendido camminamento di circa 15 minuti sulla scogliera. Qui il vento e l’acqua hanno plasmato sculture nella pietra lavica e ci sono delle cavità utilizzate un tempo per ricavare la calce. La passeggiata prosegue fino ad un’insenatura dove ci sono barchette che pescano e la costa rivela la presenza di alcune grotte, una in particolare visitabile proseguendo il percorso. Questo itinerario è impagabile e vale tutta la strada percorsa per arrivare a questa parte dell’isola. Da notare che occorre l’auto per giungere a Ajuy perché gli autobus arrivano in modo irregolare, i taxi non passano proprio: infatti noi abbiamo soccorso due poveri italiani che non sapevano come tornare indietro!

Concludiamo la giornata a Las Playitas dove ci gustiamo una splendida cena di pesce in riva al porto, salutando così questo bellissimo mare.

Di tutta la nostra vacanza consiglierei alcuni ristoranti tipici dove spendendo relativamente poco, abbiamo mangiato bene e con porzioni abbondanti.

A Lanzarote consigliamo “Casa Rafa” ad El Golfo, che vale assolutamente la pena per l’ottimo pesce, la paella e la gentilezza del proprietario; “Blue Note” a Marina Rubicon (di fianco a Playa Blanca) dove abbiamo cenato splendidamente in un’atmosfera jazz; infine “La Bodega” a Puerto del Carmen che è probabilmente uno dei posti migliori dell’isola e si distingue rispetto ai locali eccessivamente turistici della zona.

A Fuerteventura consigliamo invece “Las Playas” nel porto del Las Playitas, con il suo pesce favoloso a prezzi bassissimi, e il ristorante “555 Wine and Tapas” a Caleta de Fuste per gli ottimi piatti di cucina marocchina.



    Commenti

    Lascia un commento

    Leggi anche