Il meglio del Canada Occidentale di prima parte – Vancouver City

Un viaggio che mi ha portata a realizzare più di un grande desiderio
Scritto da: francesca ricci
il meglio del canada occidentale di prima parte - vancouver city
Partenza il: 28/07/2013
Ritorno il: 23/08/2013
Viaggiatori: 1
Spesa: 3000 €
Un viaggio che mi ha portata a realizzare più di un grande desiderio!

PRIMA PUNTATA: 28 LUGLIO-1 AGOSTO: VANCOUVER CITY (seguono altre tre puntate)

Partenza da Bologna, volo Lufthansa su Vancouver (1200 euro andata e ritorno, prenotato a inizio giugno online col sito skyscanner.it) con una stop a Monaco di 4 ore, dove incoraggiata da altri che lo fanno, approfitto di un angolino tranquillo con poltrone morbide per una dormitina. Già sono in viaggio! Il volo lungo, che mi spaventava perché era il mio primo transoceanico, fa scivolare le sue 9 ore tra una chiacchierata con la mia dolcissima Parto, una signora turca residente in Canada, di ritorno da Ankara, che era seduta vicino a me; un film sul minischermo; varie mangiate; qualche tentativo, inutile, di sonno. Volare verso ovest è stranissimo: seguiamo la rotta del sole quindi il sole è sempre più o meno nello stesso punto, con la stessa intensità luminosa. Arrivo a Vancouver, quindi, alla stessa ora della partenza, cioè a metà pomeriggio.

Accoglienza della mia amica Norah, conosciuta al Festival flamenco di Jerez de la Frontera lo scorso febbraio, e di sua nipote Neha, traslocata in Canada dal Rajastan diversi anni fa. Con la macchina, mi portano al Queen Elizabeth Park, a sgranchire gambe e polmoni, a godere la prima occhiata di enormi alberi, lussureggianti aiuole di fiori, scorci di oceano e grattacieli. Sono contenta! Qui è caldo: penso che forse ho portato con me cose troppo pesanti. Mi dicono che l’estate qui è stata meravigliosamente soleggiata e calda. Bene, speriamo che lo rimanga! Tour in macchina lungo Spanish beach e Gerico beach, poi nella zona universitaria, letteralmente immersa nel verde. Se non fosse che mi stanno dicendo che per il resto dell’anno qui piove sempre, sto già progettando un trasloco.

Dormo 4 notti a casa di Neha, che mi offre la sua camera migliore, con letto grande e bagno privato, mentre la cara Norah si sistema sul divano letto. Mi sento una principessa! Tre giorni volano: passeggiata a Downtown, dove scopro di non amare le strade chiuse tra grattacieli, noleggio bici e tour della ciclabile di Stanley Park, con lunga sosta nel punto in cui sono esposti parecchi totem poles, a cui dedico tempo e letture. Scopro che non erano oggetti di culto, ma narrazioni, racconti, carte di identità di individui e famiglie. Con fattezze anche grottesche, enormi, colorati, mi si presentano gli animali selvatici che spero di poter incontrare in carne e ossa: l’aquila, regina dei cieli; il lupo, signore della terra; l’orso, padrone dei boschi; la balena, regina dela mare; l’orca, reincarnazione degli avi; la rana, mediatrice tra terra e acqua e genio del cambiamento. E, last but not least, the Raven, il corvo, colui che, secondo la cultura dei nativi (le First Nations), ha fatto nascere i primi esseri umani. Su questa ciclabile passano in tanti, turisti e non. I ritmi sono rilassati, è caldo, ci si ferma spesso a godere della vista di monti mare grattacieli (belli da lontano!).

Me la godo tutta e mi fermo su una panchina a godere sole e brezza oceanica, pranzando con un’insalata di pollo speziata meravigliosa, comprata per pochi dollari al supermarket.

PARENTESTI SUI DOLLARI: il nostro euro ha un buon potere d’acquisto qui, perché è un dollaro punto tre.

Musei visitati: la Art Gallery, in centro, in cui vado solo per vedere i quadri di Emily Carr, vibranti, e il Museum of Anthropology, da non perdere per la location e per le bravissime guide che gratuitamente portano i visitatori davanti ai pezzi più belli e li spiegano.

La dolce Parto, conosciuta in aereo, mi chaperoneggia nella zona di North Vancouver, dove si trova la riserva di una tribù nativa, quella degli Squamish. Case più dimesse e povere delle altre, la gente indiana che vive qui, non ama mescolarsi ai bianchi. Ascolto con tristezza quello che già sapevo, alcolismo, droghe, sono il prezzo dello sradicamento culturale, anche se l’orientamento dell’elité intelletuale dei Nativi è quello di recuperare identità, tradizioni, salute spirituale dei loro popoli. La casa di Parto, dove ci fermiamo per una ricca merenda, è a West Vancouver, sul fianco di una montagna. Lo scorso novembre Parto ha visto nel suo giardino un black bear che si grattava soddisfatto il pancione dopo essersi sgolfanato delle mele del suo albero! Non ho avuto questa fortuna, solo uno scoiattolo marrone, veloce e goloso, il mio primo incontro con la wild life locale. Avrei anche potuto incrociare una fauna umana di non poco interesse, perché mi dice Parto che

Tom Cruise possiede un apartement in questo quartiere, dove viene 3-4 giorni ogni anno. 3-4 giorni. Gasp!

DETTAGLIO TECNICO IMPORTANTE: i cellulari dual-band qui non funzionano. Ho dovuto prenderne a prestito uno four-band e comprarmi una sim locale. Costo globale dell’operazione 75 dollari (52 euro, più o meno).

Il pomeriggio del quarto giorno con Norah e Neha mi imbarco sul traghetto alla volta di Victoria (costo biglietto 15 dollari), capitale della British Columbia e città principale di Vancouver Island. Passiamo più tempo ad attendere l’imbarco che sul traghetto (meno di due ore!). Conviene non avere l’auto, perché per chi arriva all’imbarco col bus il passaggio è garantito; se si ha l’auto, invece, si rischia di aspettare uno o due turni. Paesaggio incantevole: si viaggia in un arcipelago di isolotti, allungando lo sguardo nella speranza di intravedere qualche orca!

(continua nella seconda puntata)



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