Vancouver, Seattle, Rockies e Calgary

L'itinerario riguarda tre Stati del Nord America: British Columbia e Alberta (Canada) e Washington (Usa) 12 agosto Appoggiato sul gomito mi godo l’ultimo sonno prima di arrivare a Fiumicino. Si trattiene il fiato. Sono le dieci, si decolla per Londra. Pluff. Prima di arrivare l’aereo ha una discesa brusca, una hostess impreca per...
Scritto da: Sergio Notari
vancouver, seattle, rockies e calgary
Partenza il: 12/08/2004
Ritorno il: 25/08/2004
Viaggiatori: fino a 6
L’itinerario riguarda tre Stati del Nord America: British Columbia e Alberta (Canada) e Washington (Usa)

12 agosto

Appoggiato sul gomito mi godo l’ultimo sonno prima di arrivare a Fiumicino. Si trattiene il fiato. Sono le dieci, si decolla per Londra. Pluff. Prima di arrivare l’aereo ha una discesa brusca, una hostess impreca per l’emozione provata. Penso che la messinscena è stata perfetta, gli ultimi attimi sono molto emozionanti. Acquisto all’aeroporto inglese un adattatore elettrico per usare le prese europee in Canada. Dopo una sosta di tre ore a Londra ripartiamo alla volta di Vancouver. Alla Gate, una hostess mi chiede se viaggio in prima… No, madam. Mi allontano per studiare il fenomeno. Non tutti vengono fermati. Chissà perché io, sì. Cmq si tratta di un’offerta per un servizio riservato a chi viaggia in first. Accendo il cellulare tri-band. A Londra funziona, speriamo bene in Canada. Più penso a come far trascorrere il tempo, più divento ansioso. Prendo posto sull’aereo. Metto lo zainetto, con le mie cose, sotto in sedile anteriore. Trascorro il tempo alternando la lettura di un libro, l’ascolto di un CD… ma non è sufficiente. Arrivo anche a girovagare lungo i corridoi dell’aereo. Pranzo con un petto di pollo, una slide di cheese-pizza e una coppetta di gelato. Dopo circa dieci ore arriviamo. Sono le 16 e 10 locali. Mi guardo intorno, tutti abbiamo delle facce distrutte. Compilo il modulo bianco per il visto e dopo la solita fila superiamo i controlli doganali. Ma non è finita. Con il carrello proseguiamo alla ricerca della Hertz, per andare a ritirare l’auto prenotata via Internet. Seguiamo le indicazioni, occorre uscire dall’aeroporto ed entrare nell’edificio di fronte. Appena messo piede fuori, penso che sono arrivato in Canada…, la prima impressione è che non fa molto fresco. Ci viene offerto un Transit 4×4 allo stesso prezzo della classe inferiore prenotata. Undici giorni, con tutte le assicurazioni, kmetraggio illimitato, due guidatori, rilascio dell’auto a Calgary per a 818 Euro. Accettiamo senza esitazione. Dobbiamo aspettare l’auto che non è ancora pronta. Dopo un quarto d’ora arriva. Ha otto posti, e noi siamo in tre. Il bagagliaio? Lo stretto indispensabile per far entrare due valige e uno zaino. Il conta-km segna 24.373. Dopo le prove del cambio automatico si parte alla volta dell’albergo prenotato via Internet. L’albergo è in pieno centro, è il Sutton Hotel. Five Diamonds. Appena arriviamo riconosciamo un attore hollywoodiano. Veniamo presi da risate isteriche. L’attore è famoso quanto è tirato, ma non ricordiamo il nome. Il viso ormai è una maschera. L’albergo è lussuosissimo. Ci viene domandato se vogliamo il giornale in camera la mattina. Chiediamo un rollway-bed, oltre alle due queen size, che risulta essere comodissimo (157 Euro la notte). Appena arrivati tiriamo un sospiro. Non ci sembra vero… sono le 19 ore locali, le 10 a.m. nella nostra testa. Ci facciamo coraggio ad andar a acquistare una bottiglia d’acqua. In un supermercato dietro l’angolo. Riconosciamo Starbucks. Ma siamo in Canada o negli States?. Ormai la catena dei cappuccini più buoni al mondo è sbarcata anche in Canada. Domani mattina sappiamo dove andare. Trovo la forza di comprare un drink a base di latte con cacao e nocciole (so che mi faccio del male) ma che ci posso fare? Troppo dolce. Siamo andati a dormire alle 9 di sera per la stanchezza.

13 agosto

Mi sveglio all’alba, forse mancano pochi minuti alle 5. Mi siedo sulla poltrona ad ammirare l’arrivo delle prime luci. La stanza dell’albergo si affaccia sulla Street principale. Nonostante l’ora c’è abbastanza traffico. Scatto qualche foto con il cavalletto. Fa alquanto fresco, l’aria condizionata lavora alla grande. Ritorno a fare un ultimo pisolino sotto la trapunta, Tra poche ore passerò la frontiera americana. Colazione da Starbucks. Seduto sui tavolini all’aperto mi godo il flusso dei canadesi al lavoro lungo Robson Street. Il Frappuccino Mocha, un cappuccino frappé aromatizzato con sciroppo di cioccolato, è squisito e il Muffin impeccabile; la misura-size Venti è circa 0,4 litri!!!. Alcuni minuti dopo le 9 siamo in viaggio verso Seattle. Percorriamo la statale n.5. Alle 10 e 30 arriviamo alla frontiera. Ci controllano i documenti e ci fanno scendere. Dentro l’ufficio dobbiamo compilare il modulo verde per il visto. Si pagano 6 dollari per le spese burocratiche, si ritira il visto e il passaporto bollato. Siamo nello Stato di Washington. Passiamo per Anacortes per prenotare il viaggio di ritorno verso l’isola di Victoria. Le prenotazioni sono solo on-line e via telefono, ovviamente con pagamento anticipato con carta di credito. L’acconto della prenotazione è di 30 dollari. Alle 13 e mezza ripartiamo per Seattle. Ci sono 20 gradi. Lungo la strada notiamo che ci troviamo nel periodo della campagna elettorale. Cartelloni con i nomi di Bush e Kerry, ci fanno compagnia. Alle finestre delle abitazioni vengono attaccati enormi cartelli con le intenzioni di voto. I vote for Kerry. A Seattle non abbiamo prenotato da dormire. Appena arrivati cerchiamo un Visitor Center. Parcheggiamo l’auto per un paio d’ore (2 dollari) vicino a Pioneer Square. Sono le 16 e 45. Ad un Travel viaggi, di fronte ad una vecchia pergola di Pioneer Square, ci dicono che l’ufficio del turismo si trova all’interno del Washington State Center. Andiamo a piedi, anche perché in Downtown il traffico inizia a farsi intenso. Nella piazza c’è un totem e parecchi homeless. La 1th avenue è piena di gallerie d’arte, librerie, negozi di antiquariato, pub e ristoranti. Arriviamo fino al Pike Place Market. Qui è l’anima di Seattle. Risaliamo Pike Street fino al WSCenter. Un giapponese, forse di nome Jean, ci assiste alla ricerca di un letto per la notte. Ci avverte che il weekend è sempre pieno. Inizia a telefonare e ad attaccare il telefono in quanto tutto occupato. Ci chiede se siamo disposti ad andare a dormire fuori downtown. Chiediamo di provare a cercare in centro. Intanto dietro di noi si forma una fila. Continua a telefonare. Inizia a impazientirsi. Ci chiede di aspettare per dar accoglienza alle persone in fila. Pensiamo di controllare in Internet la disponibilità dei posti. Gli diciamo che torniamo tra dieci minuti. Nel frattempo stanno scadendo le due ore del parking. Occorre andar a prendere la macchina. Ci dividiamo. C’è un Internet Café all’interno del Center, 10 dollari per navigare un ora. Constato su un paio di siti che effettivamente a Seattle stasera non si dorme. Mi appunto gli indirizzi di alcuni alberghi fuori dal centro che hanno disponibilità. Ritorno dal giapponese. Sono appesa passate le 18, l’ufficio ha già chiuso. Che delusione. Mi dirigo all’ingresso del Center dove avevo notato dei telefoni. Prendo le Yellow Page per trovare il telefono degli alberghi appuntati. Che fare, andare con la macchina o prenotare a scatola chiusa. Il tempo passa. Stefania decide di telefonare. Serve la carta di credito. Almeno la prima notte a Seattle è salva. Aspettiamo di fuori che ritorna Leandro. La zona del Center è molto commerciale. Noto con grande gioia che di fronte c’è il ristorante della catena Cheese Cake Factory. Intanto arriva a piedi Leandro. Decidiamo di andar a prendere la macchina per prenotare le due notti disponibili a downtown. Prenotiamo per le due notti successive un albergo alquanto squallido. Cena dal mitico Cheese. Il dessert è sempre memorabile. Dopo aver cenato andiamo alla ricerca dell’alloggio poco fuori Seattle. Dopo aver preso la 405 e la 90, superato due ponti, essersi persi in mezzo ad un parco, troviamo l’albergo tanto sospirato. In dettaglio si tratta di un mini appartamento, con spazio cucina, tinello e divano letto, oltre a due queen size.

14 agosto

Scendiamo a pagare pronti a traslocare. Ci viene comunicato che la colazione is free. I bagagli sono subito parcheggiati da una parte. In televisione vengono trasmesse le immagini delle olimpiadi di Atene. Mi diverto a preparare dei pancake con delle formine. Assaggio dei cinnamon rolls. Prima meta della giornata lo Space Needle. La torre è visibile da tutta la città, è un punto di riferimento. All’ingresso ci vengono controllate le borse, anche la torre è a rischio attentati. Appena giunti sotto la torre si viene accolti con una foto con lo sfondo la skyline di Seattle, che all’uscita diventerà una cartolina, un magnete o un calendario. Il magnete costa 9 dollari. Nei pressi dello Space c’è il Museo della Musica. Una struttura futuristica che accoglie in uno spazio una mostra sui Nirvana, e tutto quello che occorre per fare musica. Ci sono sale per strumenti acustici, batterie, sale di incisione disponibili a tutti, sala dove registrare uno spettacolo live!!!. Folgorati dal point of view, ci dirigiamo a visitare il Kerry Park per vedere lo skyline della foto appena fatta. Visitiamo il quartiere elegante di Magnolia e l’annesso Discovery Park.

Al ritorno visitiamo il Pike Place Market, un mercato con centinaia di agricoltori e floricoltori. Dappertutto pesce, pesce e ancora pesce… C’è in un banco di pesce all’ingresso del mercato un bel gioco, quello di tirar in faccia ai clienti un salmone fresco. Alla fine si scopre che è finto… ma intanto si è riso come matti. Abbondano i chioschi che vendono marmellate, caffè, tè e miele, salse piccanti. All’interno è bello scoprire passaggi e scale che portano a spazi commerciali particolari, pub, banchetti di crepe e sandwich. Facciamo una sosta ovviamente da Starbucks di Union Street angolo 6th, con il solito Frappucino Mocha. Dalla vetrina si assiste alla sfila di giapponesi che portano dei regali per una cerimonia. E’ pittoresco vedere le donne giapponesi con tacchi a spillo e abito lungo. Cena da FOX, il ristorante della famosa rete televisiva bombardati da immagini di ogni tipo. La sala è piena di enormi televisori che trasmettono programmi sportivi diversi, Olimpiadi, Baseball (Mariners), Football, un simpatico frastuono ti avvolge. E’ bello vedere come gli americani partecipano agli eventi sportivi che riguardano i loro sport preferiti. Per il dessert ritorniamo da Cheese Cake Factory. Decidiamo di andar a prendere la macchina per ritornare al Kerry Park. Nel parking la temperatura è da infarto: 46°. Lo spettacolo dello skyline notturno è mozzafiato. E’ quasi mezzanotte, rientriamo all’albergo fermato ieri. Appena arrivati scopriamo che la prenotazione è andata smarrita. Ci fanno aspettare almeno mezzora per preparare una stanza. L’organizzazione fa alquanto desiderare, e ci dobbiamo stare due notti. Per la cronaca è il Qualit y In & Suites Seattle, stanza 322.

15 agosto

La colazione è a buffet dentro una stanza. Dove occorre sgomitare per prendere un bicchiere di latte con del muesli. Mancano addirittura i muffins. L’ambiente è familiare, dobbiamo anche sparecchiare. La mattinata è trascorsa presso Alki Beach, un’estensione di sabbia di fronte a Seattle. Facciamo una sosta nei pressi del molo che collega la penisola con Seattle. La giornata è soleggiata. Il luogo è frequentato da giovani sommozzatori che fanno lezioni in gruppo. La vista della baia di Seattle è spettacolare. Probabilmente qui sbarcarono i primi pionieri. Alle mie spalle preziose casette colorate fanno da sfondo. Hanno deliziosi terrazzini ricoperti di piante e vasi di fiori. Il sole splende e dal mare arriva una bella brezza che ci accarezza. Proseguiamo fino alla spiaggia. Il luogo è affollato da giovani per una manifestazione di musica in corso. Ci ferma per strada una signora alquanto singolare, ci chiede di firmare una dichiarazione di voto a favore di Kerry. Il primo pomeriggio ritorniamo a WCCenter per verificare su Internet la disponibilità di soggiorno a Kamloops che dovremmo raggiungere fra pochi giorni. Il resto della giornata la dedichiamo allo shopping dei negozi aperti. Nike tower, Adidas… Leggiamo sulla guida che Chinatown di Seattle è un importante distretto dell’America del Nord. Pertanto facciamo un giro in Cina. Più tardi ci ritroviamo, per caso, da Starbucks vicono allo Stadio dei Mariners. Assistiamo all’uscita dallo stadio dei tifosi verdeblu dei Mariners. Proseguiamo la giornata presso il SAM, Seattle Art Museum, 15 dollari. E’ in corso un’interessante mostra “Van Gogh to Mondrian”. Assistiamo al tramonto presso i Piers e Waterfront di Seattle. C’è molta gente per un imminente concerto rock. Ultima cena americana da Cheese Cake Factory. Senza parole!!! Serata di nuovo al molo visto la mattina. Ammiriamo le gesta dei pescatori, la maggior parte sono asiatici. Tira vento. Chiudo bene la giacchetta a vento ultraleggera, meno male che l’ho portata. Mi siedo su una panchina ad ammirare la notte di Seattle. Il travaglio digestivo non si è ancora esaurito. Il point of view è affascinante.

16 agosto

Sveglia alle 8. Dalla finestra si nota un traffico intenso. E’ lunedì. Ancora colazione con lotta di gomiti per prendere del latte con corn flakes. Il caffè americano fa alquanto schifo. La giornata è nuvolosa e fuori ci sono 18 gradi. Lasciamo Seattle alle 10 e 30 dopo aver atteso l’apertura dei negozi per acquistare un paio di scarpe. Prendiamo la 5 Hway direzione Nord. La strada è percorsa quasi esclusivamente da una fauna assurda da camion con le sagome assurde. Il loro passaggio è sottolineato da imponenti rombi. Dopo lo Skagit River prendiamo la statale 20 West per Anacortes. Il traghetto prenotato parte alle 14. In auto ascoltiamo a palla Shut Up dei Black Eyed Peas. Arriviamo a Anacortes alle 12. Piccola colazione da Starbucks con il solito Frappuccino, 3,65 dollari. Strano a dirsi ma vendono perfino i chewingum per un after-coffee. Ammazzo il tempo passeggiando nell’annesso supermercato. C’è una sala d’attesa con brochure su attrazioni turistiche della zona. Entro e mi cerco un posticino. L’unico che trovo è compreso tra un motociclista che dorme di traverso e una corpulenta ragazza. Si respira una pesante aria d’umanità. Acquisto un dolce alla cannella, prendo alcuni depliant e mi ritiro in auto sulla banchina di sosta. In fila ci sono molti stranieri. L’auto davanti alla nostra sono di due sposini, non tanto giovani, in viaggio di nozze. Partiamo alle 14 e un quarto. Il panorama è delizioso. Sono attento ad avvistare qualche orca; ho letto su un depliant che si organizzano tour per avvistarle. Alle 17 e 30 arriviamo a Sidney (non siamo in Australia). Le solite formalità doganali, senza alcun modulo da compilare, ma con molte domande: Alcool, Tabacco, Work. Prendiamo la statale 17 Sud. Alle 18 arriviamo a Victoria. La periferia è molto estesa e alquanto squallida. Il downtown è molto piccolo. Facciamo un giro in auto per la cità prima di raggiungere l’albergo prenotato via Internet. L’albergo per fortuna si trova in una pittoresca zona residenziale a sud del centro. The James Bay Inn, stanza 323. Rimaniamo amareggiati per la mancanza dell’aria condizionata della stanza. La stanza è calda in quanto è esposta verso il tramonto. Usciamo per andar a prendere il fresco in centro. Passeggiamo partendo dal mitico Express Hotel. Nel breve itinerario conosciamo il quieto centro, l’incantevole porticciolo. Notiamo che la città è affollata da persone di una certa età che vengono a prendere gli ultimi caldi di stagione in questo luogo raffinato e curato con zelo dove i grattacieli sono pochi e i fiori sono molti. I locali la sera non sono molto affollati. Facciamo fatica a trovare un locale per andar a mangiare con gli abitanti del posto. Per fortuna i negozi sono aperti fino a tardi, pertanto la ricerca del locale è meno noiosa. La sorte ha scelto il The Rose Garlic che si è subito svuotato per l’orario tardo. La scelta è caduta su tre Big Pizza sul modello della deep pizza di Chicago. Il cameriere, un poco invadente, rimane sorpreso della nostra scelta. La pizza è veramente troppa, ci prepara i pacchetti per portarla a casa. Dalla vergogna di rientrare in albergo con il pacco, la lascio vicino ad un cassonetto per gli homeless. La notte è alquanto umida. Andiamo a dormire con il timore della sudarella per la mancanza di aria condizionata nella stanza.

17 agosto

Alzataccia. Apprezziamo con stupore che la notte è passata senza sorprese di caldo. L’aria condizionata sarebbe stata superflua. L’albergo si trova nei pressi dell’Oceano. Lasciamo l’albergo a digiuno alle 9. La colazione non è compresa nel prezzo. Decidiamo di lasciare la città attraversando la Ocean Drive, una strada che costeggia tutta la penisola di Victoria. Rimaniamo estasiati dalle bellissime ville costruite a picco sull’oceano. Tutte hanno un magnifico prato all’inglese, e sono senza recinzione. Di questa strada le guide non fanno menzione. Il paesaggio suggestivo ricorda la mitica strada di 14 miglia nei pressi di Monterey. Lasciamo la città alle 9 e 45. Prendiamo McKenzie Avenue verso Ovest. Incrociamo la statale 17 presa all’andata per prendere la 1 Hway direzione Nord destinazione Nanaimo, dove un altro traghetto ci aspetta: quello che ci riporta a Vancouver. Prendiamo la scenic drive Mill Bay, fitta foresta di abeti lungo un fiordo. Alle 11 circa ci ricordiamo che dobbiamo ancora far colazione. Ci fermiamo a Dunchan presso il Country Grocer. Il cappuccino è densamente affogato con panna. Fuori inizia a far caldo: 24 gradi. Proseguiamo il viaggio. Arriviamo al porto alle 12. Decidiamo di far benzina. L’imbarco costa dollari canadesi 33,75 per l’auto e 10,25 per persona. Ci mettiamo in fila. Siamo tutti accampati in attesa di imbarcarci. Mega starnuto da svegliare i vicini – “Bless you”. Alle 14 e 40 lasciamo Horseshoes Bay. Appena approdati sulla terra ferma ci rendiamo conto che ci troviamo a pochi chilometri dal Capilano Canyon con lo spettacolare ponte-passerella sospeso che con i suoi 137 metri di lunghezza è il più lungo nel suo genere al mondo. Strano a dirsi ma si paga per passeggiare su un ponte che oscilla a 76 metri dal fondo e per sfidare la paura e le vertigini. Delle giovani giapponesi si divertono a far ondeggiare il ponte, con lo scopo di far provare il mal di mare ai poveri malcapitati, vero Stefania?. Facciamo una sosta nel parco di abeti per finire gli avanzi di pizza della sera prima. Vengo rimproverato per aver lasciato la pizza a Victoria. Alle 16 e 30 lasciamo il ponte. Fa caldo, fuori dall’auto ci sono 26 gradi. Decidiamo di non fermarci a Vancouver, ci sarà tempo al ritorno, e di proseguire fino a Hope. I chilometri non sono pochi, ma forse la passeggiata sul ponte e il pranzo ci ha dato energia. Prendiamo la Trans-Canada Hway attraversando la secca area interna della Columbia Britannica. Il tragitto si dipana lungo il Fraser Canyon. Ci rendiamo subito conto delle difficoltà che i pionieri hanno incontrato quando si sono avventurati in queste zone nella ricerca dell’oro. Lungo il tragitto siamo accompagnati dal Fraser dove in alcune gole diventa incazzato. Una necessità impellente mi fa arrestare lungo il tragitto. Il panorama è affascinante. Il cielo è limpido. Mi appoggio ad una recinsione per evacuare. Osservo il silenzio. Il limite di velocità sulla 1 Hway è di 100 km/h. Per raggiungere Hope un cartello indica Exit 170. Prendiamo da dormire presso BW Heritage Inn, decidiamo di dormire di lusso con un mini appartamento con tre Queen Size. Siamo in un motel vicino alla strada principale, di quelli che si vedono nei film, dove si dorme a piano terra con l’auto parcheggiata davanti. Di fronte, oltre la statale, c’è un supermarket. La cittadina non offre molto per la cena, a parte un family restaurant che risulta affollato da un pullman di turisti. Prendiamo le Yellow Page per trovare qualcosa di alternativo. C’è una catena di Pizza Take Away sulla 4th. PANAGO. Cena in camera con pizza, vino e gelato. Vicino al family restaurant c’è un negozio di vino. La scelta cade su un vino canadese, rosso della Okanagan Valley. Al supermercato prendiamo un gelato. Strano a dirsi ma tutta la gioventù del posto passa per Panago. Ci sono tre giovani che mangiano seduti su degli sgabelli e un signore che prenota una strana pizza a base di pastafrolla che mangerà seduto al tavolo. Arrivano anche quattro giovani tutti sudati, vestiti come pompieri, che portano via delle pizze, forse sono quelli che lavorano sull’idrovolante che sta spegnendo un incendio sopra Hope.

18 agosto

Colazione a base di latte, caffe americano e muffin. Lasciamo il motel con direzione una tappa alquanto anomala. Il Tunnel dove Stallone ha girato alcune scene del film Rambo I. Si tratta in particolare di un vecchio tunnel costruito e mai terminato, con un sentiero che passa vicino al fiume Fraser. Lasciamo Hope alle 12 non prima aver ammirato un piccolo lago nei pressi. Dopo 20 minuti arriviamo a Yale, minuscola cittadina, dove non vale la pena fermarsi. Proseguiamo verso Hells Gate, una gola dove il Fraser River crea un canyon spettacolare. Si scende ai piedi della gola con l’Airtram dove si passeggia sopra una passerella a pochi metri dal Fraser. La sosta è durata circa un’ora. Ripartiamo alle 13,30. Per la cronaca l’ingresso ammonta a 13 dollari canadesi. Alle 14 e 15 arriviamo a Lytton con 36 gradi. Secondo le statistiche il posto più caldo del Canada, situato tra l’azzurrissimo Thompson e il torbido Fraser. Dopo un’ora arriviamo a Cache Creek. La natura si dirada fino ad un ambiente semidesertico. Lasciamo la 1 Hway per la statale 97 South. Fa ancora caldo, fuori ci sono 33 gradi. Veniamo sorpresi da un forte temparale che abbassa la temperatura fino a 19 gradi. Alle 16 arriviamo a Savona, si proprio Savona!!!. Siamo nei pressi del lago Kamloops. Per fortuna ha smesso di piovere. Alle 16 e 30 usciamo a Kamloops, per far benzina. Facciamo un giro nella cittadina, ma il caldo è micidiale. Siamo andati via alle 17 con 35 gradi. Decidiamo di proseguire, del resto non abbiamo prenotato da dormire. Speriamo di arrivare a Revelstoke in tempo per trovare da dormire. Superiamo Salmon Arm, una minuscola cittadina che non si fa mancar nulla: Blockbuster e Boston Pizza. Qui il fiume sembra un fiordo simile a quello di Geiranger. A Canoe la vegetazione si fa più folta. Si sale di altitudine e il panorama è più intrigante. Alle 18 e mezza lasciamo il fiordo, superiamo la cittadine di Sicamous. Revelstoke ci aspetta alle 19 e un quarto. Scendiamo al Regent Inn vicino al centro. Anche questa volta ci assale l’ansia di mancanza di condizionatore. Nella piazza principale c’è un complesso di giovani musicisti che fa da sfondo al magnifico panorama. Ci fermiamo per la cena da Grizzly Sport. Un giovane pub dove vengono trasmesse immagini di sport. Soprattutto le imprese dei canadesi alle Olimpiadi di Atene. Onion Rings e Spicy Beef allietano il mio stomaco. Al ritorno passiamo dietro l’albergo e ci accorgiamo che la finestra si affaccia sulla ferrovia. Nel notare questo ci accorgiamo che sotto la finestra c’è il bocchettone dell’aria condizionata. Appena arrivati in stanza, ci rendiamo subito conto che l’impianto era nascosto (volutamente ?!?) da una enorme poltrona. In televisione vengono trasmesse le immagini dell’uragano che sta invadendo la costa orientale degli States

19 agosto

Colazione ben organizzata, grande salone, diverse confezioni di corn flakes, muffin e cornetti. Lasciamo Revelstoke alle 9,45 con 18 gradi fuori. Alle 11 e 30 arriviamo al centro visite del Glacier National Park. Nel centro ci viene spiegato che l’escursione è solo a piedi e che occorre mezza giornata per effettuarla. Decidiamo di proseguire verso Lake Louise. Del resto la notte è già stata prenotata. Non mancheranno escursioni e panorami da scoprire nelle Canadian Rockies!!! Alle 13 entriamo nel Yoho Nazionale Park. La Trans-Canada 1 sale parallela alla ferrovia fino al Kicking Horse Pass, che con i suoi 1625 m di altezza è il punto più alto del percorso. Dei cartelli indicano i celebri Spiral Tunnels, meraviglia dell’ingegneria ferroviaria. All’inizio non riusciamo a capire di che cosa si tratta fino a quando apprendo dalla guida che si tratta di una ferrovia a forma di “8” costruita all’interno della montagna al fine di ridurre la pendenza del tragitto che in quel tratto aveva causato molti incidenti. L’opera produce lo spettacolo di vedere una locomotiva che usciva dal tunnel mentre l’ultima deve ancora entrarci. Decidiamo di andar al Lago O’Hara, ma per l’escursione occorre prenotare con anticipo. Si arriva solo con il bus. Cerchiamo di convincere una ranger ad accompagnarci al lago ma non si fa intimidire. Proseguiamo verso Emerald Lake. La strada passa accanto a un punto di sosta da cui si può ammirare un ponte naturale, dove il fiume Kicking Horse River ha portato via i fragili depositi di argillite, lasciando un arco di calcare. Il Lago Emerald con le sue acque acque verde-blu si adagia fra alti picchi, attorniato da una rigogliosa foresta. Prendiamo un sentiero che permette di girare intorno al lago. Quasi per caso ci imbattiamo di fronte un Orso Grizzly che sta raccogliendo delle bacche. Basta poco che già siamo circondati da tanti turisti che si fermano per scattare la foto della conquista della giornata. A quanto pare l’Orso sembra essere abituato alla vista dell’uomo. Si alza, ci osserva… poi prosegue a carponi alla ricerca di altre bacche. L’unico punto vendita presente, a parte il bar, è un negozietto che propone souvenirs in legno di pregiata fattura. Alle 18 arriviamo a Lake Louise. L’albergo prenotato via Internet è il Mountainer Lodge. Ci Staremo per due notti, nella stanza 39. Il Lodge è ben organizzato. La stanza si affaccia davanti ad un boschetto di abeti, che nascondono la ferrovia. Ci rendiamo subito conto che qui l’aria condizionata è un optional al quale si può fare a meno. Si cena in un ristorante nei pressi del Lodge. Apprezzati sono sempre i springs rolls, hamburger e vino bianco. Ad un certo punto la quiete del locale è rovinata da un folto numero di turisti che iniziano a fare un caos per organizzare i tavoli per stare tutti insieme. Come immaginavamo sono italiani. La cameriera ci chiede scusa per il caos. Gli rispondiamo che sono italiani come noi, e che pertanto siamo noi a scusarci. Sorride. Addirittura i nuovi arrivati si mettono a brindare all’Orso visto al Lago!!! Ci sbrighiamo a uscire in cerca di pace. Nel frattempo ha iniziato a piovigginare, la temperatura e scesa di nuovo. Prima di prendere sonno facciamo conoscenza del treno della Canadian Pacific. Ci ricordiamo che dobbiamo aggiornare il fuso orario in quanto siamo nello stato dell’Alberta. Notte. La finestra è aperta.

20 agosto

Il gran giorno è arrivato. Colazione al bar della cittadina. Fa ancora freddino: 11 gradi. C’è una enorme folla davanti al bar. Per fortuna che una parte di quei turisti sono in fila per il bagno. Sono quelli dei viaggi organizzati, delle soste programmate per far colazione e per andare al WC. Colazione con cappuccino e muffin (5,95 dollari canadesi). Alle 9,50 sono a Lake Louise. C’è un sacco di gente. E’ uno di quei posti che suscita per metà commenti del tipo “questo è il mio posto per stare tranquillo, vorrei avere una casa qui!”, e per metà “ma ci pensi a stare qui d’inverno? Dopo un po’ ti spari…”. Il lago è verdissimo, forse per effetto delle montagne circostanti. Nel fondo c’è il ghiacciaio. Un gruppo di giapponesi mi prega di spostarmi per farsi fotografare e riprendere da telecamera Betamax. Dobbiamo andare perché cose da vedere oggi sono tante e il cielo è minaccioso. Poco distante c’è a Lake Morraine. Dalle 12 alle 13 siamo sui campi da sci di fronte a Lake Louise. Per arrivarci dobbiamo prendere la funivia. E’ nuvoloso. Sulla seggiovia vivo un brivido. Mi aggrappo alla struttura. Mi attraversano brevi ondate di emozioni, vorrei fermarmi qui per un mese senza veder nessuno. Tira bell’aria. Il vento agita e scompiglia gli alberi sotto di noi. Ripartiamo alle 13 e mezza, prendiamo la mitica statale 93 direzione Jasper. L’ingresso pagato ammonta a 93 dollari canadesi. Un acquazzone ci fa compagnia per 15 minuti. Ci fermiamo sotto l’acqua di fronte a Bow Lake. Dalle 14,30 alle 15 siamo a Peato Lake, per raggiungere il Poinf of View occorre fare un percorso a piedi di 15 minuti. Solo ai pulmann è permesso arrivare al point of view. La vista del lago è impressionante. E’ infinito. Alle 16 ci fermiamo a The Crossing, centro ristoro della statale. Consumo un gelato mentre ammiro il sole far capolino. Lungo la strada avvistiamo un Orso, questa volta di quelli neri, con tre cuccioli al seguito. Dopo una piccola sosta a Lake Louise ci dirigiamo verso Banff per la cena. Sirloir e vino bianco al mitico The Greg. Banff è una cittadina con tanti negozi per turisti, gioiellerie, gift shop, ristoranti e alberghi. Alla fine risulta alquanto noiosa. Troppo viva. E’ notte fonda a Lake Louise.

21 agosto

Colazione allo stesso posto di ieri. Un poco più tardi per preparare i bagagli. Oggi attraverseremo le Canadian Rockies, nostra meta è Jasper. Spunta il sole. Ritorniamo al lago, per l’ultimo addio. Alla fine lasciamo il posto alle 10,50. Ancora è soleggiato e la temperatura misura 14 gradi. Alle 12,45 arriviamo al ghiacciaio. Con lo Snowcoach si arriva direttamente sul ghiacciaio, dopo aver attraversato una ripida discesa mozzafiato lungo la morena laterale (29,95 $ canadesi). Ci accompagna una giovane guida, Monika Sorokowsky, che ci spiega la storia del ghiacciaio. Si ha un’esperienza a tu per tu con il ghiacciaio, si passeggia sul ghiaccio ammirando un paesaggio dell’Era glaciale. Una serie di paletti segnala la misura in cui il ghiacciaio si è ritirato nel corso degli anni. Alle 15,45 andiamo via. Dalla strada ammiriamo il Kitchener e lo Stutfield Glacier. Alle 17,00 arriviamo alle Sunwapta Falls. Le acque del fiume Sunwapta si tuffano in una gola calcarea in cui si infila un sentiero che conduce ad una serie di rapide. Dalle 18,00 alle 18,30 facciamo sosta alle Athabasca Falls. Le cascate di 21 metri forniscono un potente spettacolo di acque tumultuose, spuma e nebbiolina. Inizia a piovere. 11 gradi. Alle 19 arriviamo a Jasper. Preparo un caldo Nescafé nella camera n.1615 del Marmot Lodge. Piove. Cena, mezz’ora dopo, in un locale giovane e animato, il Jasper Pizza Place. I giovani di Jasper li riconosciamo in quanto girano in maglietta e senza ombrello, per loro è estate. La città si estende lungo tutta la ferrovia e attraversarla a piedi è un piacere. In giro per gli acquisti (in genere souvenirs). Gia vendono gli addobbi per gli alberi di Natale. Veniamo fermati da un immigrato italiano, Mr Forabosco. Ci racconta delle sue origine friulane, e dell’emigrazione canadese, della sua famiglia, della moglie olandese, dei suoi affari e soprattutto della vita a Jasper. Piove ancora. I negozi chiudono alle 22. Siamo ritornati al Lodge alle 22,30. Fa freddo.

22 agosto

Domenica. Siamo svegliati dal freddo, 5 gradi e dall’acqua, piove. Colazione a buffet (10 dollari + tasse e servizio) al Caledonia Bar Restaurant. Alle 9,45 partiamo per Maligne Lake, più ci avviciamo alla metà più il freddo si fa intenso per l’umidità. Il paesaggio è surreale, il cielo è pieno di nuvole bianche che vengono riflesse sul fiume affianco alla strada, la luce è intensa. Ammiriamo il Medicine Lake. Arrivati al Maligne Lake, la temperatura è scesa a 0 gradi. Facciamo una piccola passeggiata lungo il lago per ripiegare allo chalet , con annesso negozio di maglioni e impermeabili, per scaldarci. Alle 13 partiamo da Jasper, la temperatura segnalata dalla centralina dell’auto indica 8 gradi. Ripercorriamo la Icefields Parkway fino a Lake Louise per proseguire fino a Calgary passando per Banff. La Icefields si annovera fra le più belle strade panoramiche del mondo. Entrati nel parco inizia a piovere alquanto insistentemente. Dopo mezz’ora, passate le cascate di Athabasca, entriamo in una nuvola. Siamo avvolti da nebbia e pioggia intensa. Alle 14 circa siamo davanti al ghiacciaio, e notiamo che nonostante la pioggia qualcuno ha il coraggio di salire a piedi. 3 gradi !!!. Alle 15 meno un quarto facciamo una sosta al The Crossing. Alle 15 e 40 siamo di nuovo al Lago Bow per l’n-esima foto. Smesso di piovere. Alle 16 siamo a Lake Louise. Prendiamo l’uscita 60 per l’Hwy 1. Proseguiamo per Banff. Il cielo è sempre scuro e non promette bene. Alle 18 arriviamo a Calgary. La città è deserta. Cena al sacco in camera. Sandman Hotel. Acquistiamo pizza a taglio da un albanese e insalata russa al supermarket. La camera al 17 piano ha solo vetrate e la vista sulla città è intrigante.

23 agosto

Siamo di nuovo svegliati dal freddo. Colazione da Starbucks, caffè mocha + muffin 5,45 dollari canadesi. In giro per down town e centri commerciali. La città è affollatissima al contrario di ieri. Il caos della città è avvolgente e accelerante. Seguo il flusso. Rimbalzo qua e là. Mi perdo dentro Out There Adventure Centre, un negozio per gli escursionisti, con tantissimi accessori interessanti. Gli edifici del centro sono collegati da ponti, che attraversano le strade. Pertanto cammini da un centro commerciale all’altro senza uscire all’aperto. C’è un flusso di gente che cammina come in Via del Corso a Roma la giornata del sabato. Ci ritroviamo all’albergo alle 14 per organizzarci a rilasciare l’auto e prendere il volo per Vancouver. Lasciamo l’auto con il conta-km che segna 27.579. Prendiamo puntualmente alle 17 l’aereo per Vancouver. Appena arrivati (18,30) abbiamo nostalgia dell’auto. Prendiamo un taxi per downtown (30 dollari canadesi). L’albergo è il Sandman Suites, in pratica un appartamento su un grattacielo al 1160 di Davie Street. Cena presso ristorante cinese alquanto elegante nei pressi di Alberni Street. Vicino a noi siedono una decina di ragazze. cinesi o giappo, che ricordano la squadra di combattimento di Kill Bill vol. 1. Assistiamo grazie a loro alla scelta di quale aragosta dovrà essere bollita per la cena. Assaggiamo dei strani cibi consigliati dalla cameriera. La quale ci fa notare che i piatti sono alquanto sostanziosi e pertanto ci invita a ridurre le ordinazioni. Buonissimo il gelato al tè verde. La cameriera ci fa capire che “…usually in Canada” la mancia è del 15%, e che mancano, calcolatrice alla mano, 5 dollari canadesi + o – 3 euro. Passeggiata notturna fino al Vancouver Convention e IMAX Theatre, sembra un gran veliero in procinto di prendere il largo. La vista notturna della città è alquanto suggestiva in quanto i grattacieli sono a ridosso. Ritorniamo all’albergo a piedi.

24 agosto

Colazione sempre da Starbucks, caffè mocha + muffin 5,65 dollari canadesi, nei pressi di Burrard Street. In giro per down town nonostante la pioggia. Attraversiamo tutta Robson Street, per poi proseguire lungo mare ad ammirare le abitazioni costituite da grattacieli tutti vetri verdi e acciaio. Alle 13 saliamo sulla Torre. La vista della città è perfetta. Assistiamo ad un documentario sullo Stato del BC. Proseguiamo dopo verso Gas Town, quartiere costituito da una via elegante e raffinata. Poco distante China Town, molto colorata e pittoresca. Tra le due zone vige una sorta di Homeless Town. A dir il vero per raggiungere Gas Town ci siamo smarriti in questa zona, che rappresenta un ghetto malfamato di barboni con pochissimi negozi e locali. Per caso entriamo in un grande magazzino dove vendono di tutto, dal materiale per la pesca, a indumenti di tela impermeabile, da tutto per il camping a elettrodomestici per il riscaldamento. Ci fermiamo su Alexander Street , via elegante di Gas Town con boutique, negozi di souvenirs, ristoranti, per acquistare gli ultimi ricordi canadesi. Proseguiamo verso est a camminare per Chinatown. Celato da alte mura si apre il Dr.Sun Yat-Sen Garden, una riproduzione d’un paesaggio d’epoca Ming. Torniamo indietro a prendere il Seabus per raggiungere il Nord della città e ammirare lo sky-line. Purtroppo la giornata è uggiosa e la vista non rende quanto dovrebbe. Ritorniamo indietro e mi dirigo su Robson Street per acquistare una t-shirt da Roots. Non riesco di impedirmi di comprare l’n-esimo ricordo canadese. Sulla via ci viene offerta la nuova Coca Cola C2. Free. Per la cena decidiamo un porta party, andiamo a prendere la pizza da Panago e il gelato e il vino allo Shoppers Drug Mart, di fronte all’albergo. Ceniamo guardando alla TV la gara di tuffi. Faccio tardi per preparare i bagagli. Ammazzo il tempo prima di prendere sonno studiando le persone che entrano al market aperto 24 ore di fronte al nostro alloggio.

25 agosto

Mattinata al Vancouver Art Gallery, con una mostra su Andy Wharrol. Interessante è la collezione di opere di Emily Carr dove viene dipinta l’intensità della fitta foresta della Columbia Britannica. Poi di corsa all’aeroporto in taxi per tornare a Roma via Londra. Strano a dirsi ma il tassinaro ci chiede da dove veniamo e appreso che siamo di Roma ci chiede informazioni su Totti. Vancouver è una città stupenda, estrema e piena di sfaccettature, ma alla fine dei conti viene sempre la voglia di scappare.



    Commenti

    Lascia un commento

    Leggi anche